MFL w w w. m f f a s h i o n . c o m
Magazine For Living
n. 42. GIUGNO/luglio 2018. Solo in abbinamento con MF/Mercati Finanziari - IT Euro 5,00 (3,00 + 2,00) trimestrale
INTERVIEWS/campana brothers, stefano boeri e michele de lucchi projects/spazi sperimentali per una dimensione green
Supplemento al numero odierno di MF/Mercati Finanziari. Spedizione in abbonamento postale L. 46/2004 art. 1 C. 1 DCB Milano
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new paradise L’architettura trova sintesi nella natura. per dare risposte alle tematiche future dell’abitare
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new paradise by STEFANO RONCATO
Un Eden possibile e un Eden perduto. La natura incontaminata. Esuberante. Prolifica. Entra prepotente, fiorisce nel nuovo numero di MFL-Magazine For Living, che indaga tutte le sfaccettature della sostenibilità progettuale, dell’eco-design e della nuova edilizia urbana. A partire dalla 16ª Biennale di architettura in corso a Venezia, che celebra il concetto di Freespace come luogo libero, dedicato alla sperimentazione e all'esplorazione di nuovi scenari abitativi. I materiali di recupero, i fiori e gli animali. Ridefiniscono la creatività dei designer emergenti, che da sempre si raffrontano con il concetto di etica ambientale. New and now. Come raccontano i fratelli Campana, da sempre guardiani di un’estetica green. O Stefano Boeri e Michele De Lucchi, ovvero i grandi protagonisti di un’architettura capace di aprire i propri orizzonti a nuovi mondi e di dare oggi risposte ai quesiti del futuro. Si sognano luoghi magici che producono energia, si creano architetture che si integrano nel paesaggio. Mimetizzate e vive. E il giardino di Adamo ed Eva si declina in oggetti-culto che inneggiano alle corolle di fiori, ai cocoon e ai prati variopinti. La casa incontra il verde e vi si immerge. Accade nel rifugio incorniciato da pareti di vetro, nel cuore della foresta del Queensland, in Australia. E in una dimora messicana, simbolo della grande rivoluzione, rivisitata da uno studio di design francese. Paradise lost, diceva John Milton. Ora l’Eden è ritrovato.
in cover e sopra, il divano bay della collezione b&B italia outdoor e il tavolino-pouf TABOUR, disegnati da Nipa Doshi e Jonathan Levien. Artwork, giorgio tentolini
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contents
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NELLE FOTO, alcuni scatti tratti da «A tribute to flowers-plants under pressure» di Richard Fischer (teNeues)
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floating on the moon Sara Rezk
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il giardino incantato Cristina Cimato
66 a 69 seasonal tips Cristiano Vitali
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flower parade Cristiano Vitali
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la luce che non c’è Nicole Bottini
70 a 77
26 a 30 face to face Nicole Bottini e Cristina Cimato
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il cerchio magico Cristina Cimato
78 a 83 exotic mansion Barbara Rodeschini Foto Babi Carvalho
32 e 33 facecool Chiara Chiapparoli
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microclima in vetro Nicole Bottini
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family business Chiara Chiapparoli
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fratelli campana Margot Zanni
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quick chat Arianna Bassi
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worldwide Margot Zanni
58 a 60 stefano boeri Cristina Cimato 62 e 63 michele de lucchi Arianna Bassi
42 a 44
in uno spazio libero Nicole Bottini
64 cool since 1974 Nicole Bottini
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my house is a jungle Angelo Ruggeri
84 a 92 secret garden Cristiano Vitali 94 a 100 supernatural Cristiano Vitali Artwork Giorgio Tentolini 103 e 104
italian lifestyle Sara Rezk
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Per chi ama il benessere e la raffinatezza un materasso Simmons è di casa. Lo straordinario comfort e l’incomparabile fascino assicurano un riposo impareggiabile. La cura meticolosa dei dettagli, la scelta dei materiali più nobili e la manifattura artigianale più scrupolosa, esclusivamente made in Italy, sono gli elementi caratterizzanti dell’indiscussa qualità Simmons. Perchè i materassi non sono tutti uguali e per dormire bene c’è bisogno di Simmons.
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evergreen
2009
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floating on the moon by Sara rezk
Sontuoso, avvolgente, soffice. Il divano Chester moon di Baxter è il frutto dell’unione indissolubile tra lavorazione artigianale e puro design. Ossia ciò che meglio interpreta e traduce la grande passione per il cuoio di Luigi e Paolo Bestetti, i due imprenditori che nel 1990 hanno fondato in Brianza un’azienda 100 per 100 made in Italy. Una storia che parte dall’interpretazione del gusto inglese e si evolve attraverso l’arte di lavorare la pelle plasmandola al meglio e realizzando collezioni uniche, che hanno contribuito a rendere questa realtà una delle più riconosciute al mondo nel settore dell’arredo. Chester moon è un prodotto nato in casa Baxter nel 2009, grazie al progetto della designer e arredatrice di interni torinese Paola Navone, e ben presto divenuto iconico e simbolo di eccellenza per l’azienda di arredi lombarda. Il progetto del divano proviene dalla rilettura di uno schema classico, rifacendosi al passato per quanto riguarda la storia delle tecniche necessarie per il suo sviluppo, ma legandosi anche all'universo moderno per la semplicità e la pulizia delle linee che riassumomo l’importanza dell’equilibrio delle forme. Realizzato con un’estrema cura delle pratiche artigianali, questo sofà, disponibile in una vasta gamma di colorazioni e motivi, è caratterizzato da una lavorazione capitonné, una tecnica che prevede impunture
alternate sui rivestimenti degli imbottiti, con il fine di rendere più stabili sia il rivestimento sia l’imbottitura stessa. Le vaste dimensioni di questo oggetto, il cui nome richiama il satellite che ne ha ispirato le forme, comportano l’impiego di più pelli per la realizzazione di un singolo prodotto. Inoltre, spicca tra le altre caratteristiche di questo divano l'intera superficie sulla quale è previsto un lavoro di impuntura senza soluzione di continuità tra braccioli, sedile e schienale. Tuttavia, le giunte sono abilmente nascoste dalle pieghe che vengono eseguite a mano singolarmente. Anche l’applicazione dei bottoni, caratteristici di Chester moon, vengono infilati uno a uno a mano. La lavorazione, infatti, necessita di processi artigianali per cui l’esperienza e l’abilità sono fondamentali al fine di riuscire a ottenere un divano di questa qualità. Tutto questo è possibile grazie all'accurata selezione delle pelli più pregiate e lavorate in modo da riuscire a mantenere le qualità di un materiale naturale, traspirante, elastico, resistente e soprattutto piacevole al tatto. Tutte le pelli utilizzate dagli artigiani di Baxter provengono dai più importanti distretti di conceria italiani, così come da quelli nascosti fra le montagne del Nord Europa. Essi forniscono il cuoio che, poi, viene lavorato secondo la fantasia dei designer.
in alto, il divano chester moon di baxter (foto Andrea Ferrari)
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follie
flower parade by cristiano vitali
Galeotta fu una visita in un vecchio museo della città di Delft, in Olanda. Da allora, dal momento cioè che mise gli occhi sui dipinti del XVII secolo di Jan van Huysum, l’ossessione della studentessa di belle arti Linda Nieuwstad sono stati i fiori. E l’accuratezza con cui Jan riuscì a riprodurne freschezza e caducità. Studiarli ogni giorno da vicino, ben presto, non le è bastato più. E siccome il sogno era quello di viverci dentro, come faceva Mary Poppins con i disegni a gessetto sul selciato di Londra, Linda si è attrezzata. Dal niente si è quindi specializzata in fiori giganti come Alice dopo il liquido che la rimpicciolisce, creando un business che in breve l’ha resa una delle più apprezzate set designer del settore. Anche perché, a differenza della concorrenza, i fiori di Linda non sono esemplari immacolati. Ma contro ogni buona regola del provetto fiorista, presentano imperfezioni da seconda scelta, volute e ricercate. Nelle corolle, nei gambi, nei colori non uniformi: «Voglio che i miei fiori
abbiano le foglie mangiucchiate dagli insetti, che siano un po’ spenti. Un fiore deve avere carattere, un’anima», racconta Linda Nieuwstad. Nonostante questa apparente fragilità, i suoi tulipani e rose hanno tuttavia caratteristiche solidissime. Uno scheletro in metallo piegato e saldato a mano. Nonché petali, pistilli e foglie cuciti utilizzando i teli in pvc per le coperture dei camion. Su cui spiccano tocchi iperrealisti in lana, velluto e carta. Ironia della sorte, Linda è un pessimo pollice verde. Le persone pensano che possegga un giardino ben curato, o al limite un angolo dove si dedichi alla coltivazione dei suoi fiori preferiti, invece nella sua casa si trovano solo delle succulente: le piante che in assoluto richiedono meno attenzione. Quello che interessa a Linda dei fiori non è la loro bellezza, ma il modo in cui le persone reagiscono alla loro presenza: si usano per celebrare specifiche ricorrenze, per scopi meramente decorativi o per esprimere le proprie emozioni.
In alto, la composizione floreale «Flores arte compositi 2» di Linda Nieuwstad
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Tropical Cabinet di Chris Wolston Non a caso inserito in una mostra recente della design week newyorkese intitolata «Lost in Paradise», questo armadio Tropical cabinet è un pezzo esuberante e divertente (a destra). Tattile, e per i colori accesi e lo stile naïf, decisamente disneyano. Disegnato da Chris Wolston, designer di Brooklyn appena tornato da un viaggio di ricerca in Colombia, unisce tecnica contemporanea a ispirazioni che lui definisce «ultraterrene», con un intervento di mimesi naturale sulla forma che lo trasforma in una creatura, in apparenza, germinata dalla terra. L’esterno, rivestito con motivi tropicali in alluminio laccato incastrati come in un puzzle, è il risultato di un lavoro di intaglio che ha l’obiettivo di rendere la superficie dinamica e viva. Mentre l’interno, in accordo con il linguaggio sincretico di Chris Wolston, che si situa a metà tra il vernacolare e il fantastico, è realizzato in midollino. E in puro stile fiabesco, ha i vani portaoggetti a forma di foglie.
Le sculture pop di Genesis Belanger Il riferimento non è immediato, ma l’effetto morbido di questo vaso in ceramica con fiori di Genesis Belanger (a sinistra) prende ispirazione da una tecnica cinematografica primordiale, la claymotion: ovvero la plastilina animata a passo uno. L’appropriazione, assieme ai tratti somatici dei Simpsons e al lavoro di Dorothea Tanning e Fernando Botero, trova ragione nell’umorismo con cui Genesis vuole denunciare la manipolazione consumistica della società. Prendendo ispirazione dalla Pop art, rende gli oggetti più attraenti del modello originale. Ma anche più conturbanti, perché il soggetto da colpire è l’anima corrotta del desiderio. Che Genesis traduce aggrovigliando mani e bocche a fiori, lampade, ma anche hot dogs. In un gioco surreale che denuncia la falsità della seduzione, compreso quello di una composizione floreale. Come nella pubblicità. Campo di cui Genesis, avendoci lavorato, conosce tutte le tecniche.
Arcadia di Sara Ricciardi Highlight della design week milanese, Arcadia è stato per sette giorni l’indirizzo dell'ultimo fuorisalone dove raggiungere sicuri un aldilà magico e rilassante (a destra). Anche se era un’installazione larga pochi metri quadrati e anche se si poteva accedere pochi alla volta, proprio lì tutti volevano andare: a sferrare colpi contro una sfera leggera e fluttuante decorata con una fantasia di ramoscelli e fiori. Non proprio generici, ma quelli specifici di una carta da parati presente al castello austriaco Schloß Hollenegg. In cui la curatrice e proprietaria Alice Stori Liechtenstein ha invitato la designer Sara Ricciardi a trovare il modo di interpretarne la lunga storia. Aiutata dalla musiche composte da Alfredo Dunisi e dalla fragranza agli agrumi studiata ad hoc con il marchio Culti, Sara ha lavorato dunque sulla leggerezza. Mostrando come l’eredità possa diventare un gioco che cattura i sensi e la percezione.
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atmosfere
face to face Materna e accogliente o nemica pericolosa, imponente avversaria. La natura svela tutti i suoi volti più reconditi attraverso lo sguardo che posano su di lei i designer. Per l’artista slovena Nika Zupanc, può diventare un inno alla nostalgia di un tempo passato, come nella sua collezione outdoor Summertime. La designer, il cui stile dimora in un limbo di punk elegante, socialismo glam e techno chic, cerca nuove espressioni per trasgredire il razionalismo, l’utilitarismo e il buonsenso pratico. Composta da una lampada, una sedia pieghevole con cuscini ricamati in oro rosso e un tavolo dai toni noir e un meccanismo simile alle ricariche di un giocattolo, Summertime è caratterizzata da un design malinconico e dall’eleganza delle atmosfere dei primi anni 60, con pezzi dalla bellezza inquietante e magnetica. Come la lampada Bubble, dichiaratamente ispirata ai lampioni veneziani, che fonde un elemento classico del passato con il design moderno, grazie all’uso del colore rosa antico del vetro di Murano.
nella foto, la designer Nika Zupanc con le lampade della collezione outdoor SUMMERTIME, esposte a milano alla Galleria Rossana Orlandi
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Cos’hanno in comune un orso polare, un orangotango, una balena blu, uno squalo bianco e un bradipo? Sono tutti in pericolo. «Endangered» è il titolo del progetto presentato dall’artista sudafricano Porky Hefer per l’ultima edizione di Design Miami/Basel (12-17 giugno). Commissionate da Sfa Advisory per finanziare la Leonardo DiCaprio foundation, le sculture realizzate con materiali ecofriendly e riciclati impongono, anche grazie alle loro dimensioni, una riflessione sull’importanza di proteggere specie a rischio d'estinzione in
giro per il mondo. «Sono preoccupato per il futuro delle prossime generazioni e per lo stato del mondo che troveranno. Prenderci cura degli animali e della terra è importante, ma lo è anche anche preservare le umane attitudini e le tradizioni», ha spiegato l’artista. Hefer è da sempre affascinato dalle reazioni e dall’energia che gli oggetti possono generare nello spazio e dall’uso delle tecniche tradizionali e dell'artigianato per preservare gli antichi saperi così che non vengano perduti.
Nella foto, l'artista porky hefer nelle fauci di uno squalo per Il progetto «Endangered». (courtesy southern guild e Sfa advisory. Foto antonia steyn)
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atmosfere
La natura che sa aggredire l’uomo, come nel film Gli uccelli di Hitchcock, è stata trasformata in una fonte di luce dal tocco romantico dalle mani di Ingo Maurer, designer tedesco di ampia fama e Compasso d’oro alla carriera nel 2011, che nel 1992 ideò la sua prima lampada Lucellino. Da allora sono seguite numerose versioni di questo poetico sistema luminoso, fino al più recente modello al Led. La natura è fonte costante di ispirazione per l’artista che, nel tempo, si è lasciato sedurre dalla leggiadria delle libellule, dai serprenti a sonagli, dalle conchiglie e dagli
anemoni di mare. La bellezza delle farfalle è stata la base per il progetto Biotope, per una residenza privata, in cui gli insetti colorati, realizzati a mano dall’artista Graham Owen, fluttuano su una struttura di muschio. All’ultimo Salone del mobile di Milano, Maurer ha presentato, presso il Circolo filologico milanese, il progetto Between humour and serious creation. Tra le novità esposte, le luci Luzy, composte da guanti blu con le lampadine sulle punte delle dita. Nicole Bottini e Cristina Cimato
nella foto, ingo maurer con le sue lampade lucellino. la prima versione risale al 1992. (foto di markus tollhopf)
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MATERIALI BIO, ARCHITETTURE A FORMA DI NIDO, WALLPAPER CHE TRASFORMANO STANZE IN BOSCHI: LA NATURA RACCONTATA ATTRAVERSO LO SGUARDO DI DIECI GIOVANI TALENTI TRA DESIGN, DECORAZIONE e limited edition. BY Chiara Chiapparoli
ALBERTO BELLOTTI, STEFANO PIATTI e GIULIA RUZZENENTI foto Jessica Soffiati
Quando un materiale smette di essere rifiuto industriale, in mano a tre giovani creativi può diventare assoluto protagonista. Alberto Bellotti, Stefano Piatti e Giulia Ruzzenenti, designers di 33 e 34 anni specializzati nel sondare il confine tra natura e progettazione e fondatori del progetto collettivo Reiecta (da Res Iecta, materia gettata), hanno trovato decine e decine di bellissimi piani in marmo abbandonati in un bosco e deciso di riutilizzarli, lasciando intatti tutti i segni che la natura ha impresso durante gli anni di permanenza all’aperto. Crepe, macchie di umidità, radici e spaccature diventano così il tratto distintivo di ogni oggetto e ne fanno un unicum.
foto bugionovi
foto Alberto Bellotti
foto Jessica Soffiati
work as: designers / for: REIECTA / where: PECETTO DI VALENZA, ALESSANDRIA
BENEDETTA BRACHETTI PERETTI works as: designer / for: herself / where: rome
foto alexandru iatan
foto Mel Bergaman
foto Gionata Xerra
foto Sara Magni
«Mi lascio ispirare da ciò che vedo viaggiando, e dalla natura. Ho respirato creatività fin da quando ero bambina, passando il tempo con mia zia Elsa Peretti, designer di Tiffany», racconta Benedetta Brachetti Peretti, che coniuga la passione per il disegno e l’incisione di oggetti in materiali preziosi, come il vetro di Murano, l’oro e l’argento, all’amore per le piante, che sono tra i suoi soggetti preferiti. Ama particolarmente i fiori, tanto da creare un’intera collezione ispirata ai loro significati segreti. Ha esposto nelle ambasciate Italiane di Londra, Parigi e Berlino, e ha creato una serie di pezzi unici per l’arredo degli store Cartier di tutto il mondo.
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SERENA CONFALONIERI works as: ART DIRECTOR AND DESIGNER / for: herself / where: milan Classe 1980 e una casa a Milano, Serena Confalonieri è un'art director e designer dal tratto inconfondibile: i suoi oggetti, siano essi lampade, vasi, tappeti, tessuti, tavoli o altro, risultano sempre perfettamente studiati sia dal punto di vista formale che grafico e sono accompagnati da una profonda ricerca sulle superfici. Tra le aziende con cui ha collaborato: Altreforme, Archiproducts, Carpet edition, cc-tapis, Coin Casa, Crate&Barrel Usa, Malìparmi, Mason editions, My home collection, Nodus, Porro, Sambonet, Swatch, Wall&decò. Cosa le piace? «Il mio cane Fausto, giocare a tennis, suonare, tessere e i film con Marcello Mastroianni».
MICHAL FARGO works as: designer / for: herself / where: berlin Israeliana classe 1984, Michal Fargo si è laureata presso la Bezalel Academy of arts and design di Gerusalemme, si è specializzata al Royal college of art di Londra e si è spostata poi a Berlino, dove attualmente vive e lavora. Nel processo di ideazione dei i suoi oggetti, ciò che la interessa in particolar modo è il legame tra utilizzo di nuove tecnologie e imitazione della natura attraverso forme, superfici e texture. I suoi oggetti dai colori vivaci sono spesso ispirati direttamente dalle forme di elementi naturali, come la serie di vasi in porcellana Tom Tom, la cui sagoma è estrapolata dalla forma di un pomodoro.
Stefano Fusani e Clara Hernández work as: ARTISTS AND DESIGNERS / for: STUDIO LA CUBE / where: madrid Pur appartenendo a due mondi all’apparenza distanti, riescono a fare della diversità un grande punto di forza; ciò che unisce Stefano Fusani, milanese, 29 anni, specializzato in industrial design e Clara Hernández, nata a Salamanca nel 1990 e con una formazione principalmente umanistica (nei campi della storia contemporanea e della storia dell’arte) è il concetto di produzione responsabile, che li spinge a realizzare principalmente limited edition e oggetti unici anche attraverso collaborazioni con maestranze locali. «Abbiamo scelto Madrid perché mescola tradizione, arte, fermento e ora anche il design si sta affermando fortemente. E poi qui è molto piacevole vivere».
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Vlasta Kubušová e Miroslav Král foto Dana Tomeckova
Realizzano oggetti totalmente biodegradabili, compostabili a livello industriale in soli 90 giorni utilizzando una bioplastica sviluppata con la Slovak university of technology di Bratislava, oil free e proveniente da materie prime rinnovabili, come il mais. Vlasta Kubušová e Miroslav Král si sono incontrati frequentando l’Academy of performing arts della capitale slovacca, hanno fondato il loro studio nel 2016 e da allora si dedicano all’ideazione di oggetti, tra ricerca, ultime tecnologie, artigianato e produzione industriale, all’insegna della sostenibilità e della trasparenza. Il loro prossimo traguardo? Progettare oggetti da poter compostare direttamente da casa.
foto Igor Smitka
work as: founder / for: CRAFTING PLASTICs / where: BERLIN AND BRATISLAVA
MARCO LAVIT NICORA works as: ARCHITECT AND DESIGNER / for: ATELIER LAVIT / where: PARIS
EMANUELA SALA works as: founder and designer / for: PIATTO UNICO / where: milan Che si tratti di oggetti unici vintage a opera di storiche manifatture, o di articoli creati da abili artigiani italiani sui quali lei interviene, Emanuela Sala parte sempre dalla ricerca e dal rispetto. Sono queste le basi di Piatto Unico, studio di product design che ha fondato nel 2016. Designer con laurea in architettura e antropologia, si concentra sulla decorazione di oggetti per la tavola, mescolando innovazione e tradizione, spunti presi da libri fuori produzione ed esperimenti. Tra i suoi lavori, la serie Mammiferi esclusi dedicata agli animali, con illustrazioni ricavate da fonti dell'800: uccelli, rettili, anfibi, pesci e invertebrati, la cui classificazione tassonomica è sempre un'avventura.
GUNILLA ZAMBONI works as: founder and designer / for: gupica / where: bologna
foto SISTO LEGNANI
Si definisce «molto inclusiva caratterialmente, sempre viva e piena di entusiasmo». Sara Ricciardi, 28 anni, art director e designer, ha frequentato Naba-Nuova accademia di belle arti a Milano, dove attualmente insegna social design e tecniche performative. Negli oggetti che realizza è spesso ispirata dalla filosofia del Giappone, conosciuta attraverso i viaggi, l’approfondimento della danza butoh e la tecnica dell’ikebana, che le ha regalato una nuova visione sul rapporto con la natura: la possibilità di poterne immortalare la bellezza per sempre. Tra le aziende con cui collabora ci sono Giorgetti e Culti. Le sue passioni? Correre e cucinare la parmigiana.
foto Diego Steccanella
works as: designer and art director / for: herself / where: milan
foto Mattia Iotti
SARA RICCIARDI
foto LAURA BAIARDINI
Con una formazione presso l’École Spéciale d’Architecture di Parigi e il Royal Melbourne Institute of Technology, e forte di un’esperienza nello studio di Riccardo Blumer, Marco Lavit Nicora, classe 1986, ha fondato nel 2014 il proprio atelier nella capitale francese. Nominato Rising talent 2018 da Maison et objet, ama le strutture che si amalgamano con il contesto naturale senza intaccarlo. Ha progettato la suite Origin, tree house con conformazione a nido nel parco del Château de Raray, alla quale si accede esclusivamente attraverso una serie di passerelle sospese tra gli alberi, e dieci stanze galleggianti per l’Eco-Hotel di Châteauneuf–du-Pape, nei pressi di Avignone.
Laurea in letterature straniere a Bologna, studi specialistici a Firenze sulle tecniche dell’affresco e della pittura murale, master in peintre et décor a Versailles, specializzazione in interior designer allo Ied-Istituto Europeo di design di Milano. Gunilla Zamboni ha un curriculum eccellente e ha fatto dell’approccio multisciplinare uno dei punti di forza del suo studio. Nel suo lavoro unisce arti decorative, design d’interni e di prodotto, alto artigianato e ricerca e si ispira molto spesso a temi naturali, da cui prende spunto per creare sia oggetti che decorazioni murali. Tra le sue collaborazioni troviamo, tra gli altri, nomi come Nilufar, Mutaforma e Wall&decò.
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Family BUSINESS Q&A with GamFratesi
Creatività capace di fondere tradizione e innovazione, approccio sperimentale alle tecniche e ricerca di nuovi materiali; Stine Gam ed Enrico Fratesi descrivono il loro mondo, una miscellanea perfetta tra Danimarca e Italia, in cui progettazione, amore per le arti e momenti da ricordare convivono in piena armonia. Essere una coppia nel lavoro e nella vita sembra meraviglioso e difficile allo stesso tempo. Com’è? Stine: Può anche essere difficile, ma credo che alla fine sia una grande fortuna, sia per la vita privata che per quella lavorativa; abbiamo un rapporto molto stretto, quindi possiamo essere molto aperti e franchi tra noi. Anche quando non la vediamo allo stesso modo, ogni volta risolviamo. Enrico: Credo sia un grande vantaggio. Perfino nei litigi, c’è sempre un ritorno positivo. Nelle discussioni siamo molto onesti, e anche se all’inizio qualche volta è stato difficile, perché ci si tocca nel profondo, cambiare prospettiva diventa molto utile, oltre che interessante. Inoltre, quando c’è una così grande intimità si può essere molto sinceri, perché alla fine ciò che conta è ciò che ci lega: l’amore e i sentimenti. È bello perché c’è sempre qualcosa di positivo che accade, non siamo mai gelosi dei successi dell’altro, non ci preoccupiamo di chi debba iniziare o finire un progetto, siamo una squadra. Siamo fortunati. E quando c’è un problema, abbiamo qualcuno con cui dividerlo, una persona che ti capisce perfettamente. Nell’ideazione dei vostri progetti c’è qualche interesse verso altre discipline? S: Arte contemporanea e classica, letteratura, cultura in genere... Anche se non prendiamo direttamente ispirazione, sono percorsi paralleli che ci interessano molto. E: Pensando a nuovi progetti spesso cerchiamo stimoli da fonti storiche, a volte anche al di fuori dell’ambito del design, mentre altre volte cerchiamo di captare un comportamento o una sensazione e cerchiamo di esprimerlo attraverso i nostri mobili.
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Il Paradiso. Che cos’è per voi? E: Può essere un momento, mentre siamo insieme, l’attimo di silenzio tra una frase e l’altra, quando tutto sembra quasi sospeso, immobile. Oppure quell’istante in cui c’è una luce bellissima e l’atmosfera giusta, e sei con le persone a cui vuoi bene, magari sta succedendo qualcosa di interessante, come una discussione, o nulla, ma è la sensazione che si prova. Può accadere anche camminando in una strada anonima chissà dove, magari a Shanghai, senza un avvenimento particolare. È qualcosa di astratto. S: La cosa interessante è che sono frammenti che arrivano quando non te lo aspetti, ma rimangono. È qualcosa di sempre diverso, che ogni volta accade in modo differente, ma in modo diretto, nello stomaco. Se non foste stati dei designer? Il famoso piano b... E: Personalmente non eccello in niente di particolare, nessuna disciplina, o sport… Per fortuna ho trovato nel design qualcosa che so fare! Per Stine è diverso, lei è brava in tutto: suona benissimo il piano, fa attività fisica, qualsiasi cosa provi a fare le riesce bene. Ammiriamo molto chi può esprimere se stesso senza nessun aiuto esterno, come scrittori, musicisti o artisti. S: Apprezziamo molto le persone che non hanno bisogno di nient’altro e nessun altro all’infuori di loro stessi per esprimere la loro emotività. Nel design invece ci sono tantissime componenti da organizzare; non è immediatamente legato alle emozioni, ma più analitico, molto legato all’architettura. Devo dire che ci piace molto proprio per questo. Il vostro oggetto preferito? S: Il tavolo. È un pezzo molto speciale, intorno al quale si riunisce tutta la famiglia, puoi stare seduto, puoi parlare, puoi giocare, non sei distratto dalla televisione. E: Ce ne sono tantissimi, perché siamo una sorta di collezionisti in questo senso. Abbiamo moltissimi oggetti, a volte senza una particolare funzione, a volte acquistiamo cose che poi non usiamo, solo per il valore intrinseco. Chiara Chiapparoli
stine gam ed enrico fratesi (Foto Marco Brienza Sfelab)
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point of view
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Intervista doppia a due coppie creative che hanno scelto l’Eco Design come teatro per le loro creazioni. Plastica e materiale organico come punto di partenza per il riciclo della materia. by Arianna Bassi
alcarol Andrea Forti ed Eleonora Dal Farra
ecopixel Claudio Milioto e Jan Puylaert
Il materiale a cui siete più legati e che meglio si addice alla vostra idea di design? ll materiale organico. Poter leggere una storia attraverso l’osservazione di una materia prima è l'aspetto più importante per lo sviluppo di un nuovo progetto, è il punto di partenza attorno al quale costruiamo tutto il resto.
La plastica!
Come è nata la vostra passione per l’eco design? La nostra attuale ricerca è tutta incentrata su studio, interpretazione e valorizzazione del nostro incredibile e variegato territorio, che va dalle montagne delle Dolomiti fino alla laguna di Venezia. Dunque è risultato assolutamente naturale per noi utilizzare con parsimonia e attenzione i materiali organici di recupero, che spesso nascondono interessanti e insoliti aspetti dell'ambiente che li ha generati.
La termoplastica è stata «progettata» per essere rimodellata ogni volta che si scalda. Questo è un imput semplice per un designer che lavora in un’epoca nella quale come soluzioni di riciclo dei materiali viene lanciato un invito a reinventare il mondo in modo produttivo. Ecologia oggi non è più una tendenza o una passione ma un nuovo modo di vivere. I prodotti usa e getta non fanno più parte del pensiero di nessuno.
Quale aspetto della progettazione vi rende riconoscibili? Crediamo che ogni nostra creazione sia caratterizzata da un'estrema ricerca di essenzialità, dove il materiale e la sua storia si trovano meritatamente a recitare come protagonisti, lasciando al fruitore una propria personale e specifica interpretazione, emozionale oltre che scientifica e naturalistica.
Il materiale Ecopixel si presenta pixelato per sua natura. La qualità visiva superficiale è talmente evidente che spesso il design della forma sparisce.
Ci sono dei limiti imposti dall’utilizzo di materiali naturali e di riciclo? La prerogativa dei materiali naturali che utilizziamo è la loro varietà nella forma, nel colore e nella texture. Questa varietà per l’industria potrebbe essere considerata un difetto, invece nel nostro caso cerchiamo di valorizzarne l'assoluta unicità. Ecco che il valore può raggiungere vette tra le più elevate, dove la storia e i sentimenti positivi che questi materiali possono tramandare sono spesso ineguagliabili.
Ecopixel si presenta meglio della plastica vergine, almeno in rigidità. Le imperfezioni delle superficie vengono fuori in modo più deciso ma, seguendo la teoria del designer olandese Dirk van der Kooij, non le chiameremmo difetti, bensì la naturale caratteristica della plastica.
L’artigianalità tipica dei prodotti made in Italy quanto conta nel vostro processo creativo? Alle spalle di ogni creazione risiedono sperimentazioni e attenzioni artigianali adattate alle caratteristiche di ogni singolo pezzo. Anche le finiture sono «sartoriali».
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Tutto. Crediamo che solo in Italia si possa capire il processo di lavorazione del materiale Ecopixel, che quasi come il legno viene modellato in vari fasi.
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Le novità più hot dalle fucine del design. premi e nomi clou, anteprime, inaugurazioni, progetti e visioni future dell'abitare. di un panorama in perenne trasformazione. BY margot zanni
dubai grandiosa Si chiama The frame, letteralmente La cornice, il nuovo super edificio che domina Dubai. Alto 150 metri e largo 93 è composto da due torri connesse tra loro da un ponte di vetro che offre una vista a 360° sulla città. Disegnato dall’architetto Fernando Donis, il progetto si candida a diventare una delle maggiori attrazioni degli Emirati.
ESCAPE FROM THE CITY Inhabit Woodstock assomiglia a una casa sull’albero. Porta la firma dell’architetto Antony Gibbon che dedica il suo lavoro alla responsabilità ambientale e alla perfetta integrazione con il paesaggio originario. Anche in questo caso la treehouse è rustica ma confortevole, il materiale è un legno dai toni caldi e la forma trapezoidale è armonica con l’ambiente circostante. Si trova a Woodstock, nello Stato di New York.
MILLEnNIAL PINK Colore must delle ultime stagioni il millennial pink viene preferito anche nei progetti di interior design. Parah ha scelto Forte dei Marmi per presentare al pubblico il restyle delle sue nuove boutique tra velluto rosa, marmo e color avorio. Firmato da Forostudio, astro nascente dell’architettura milanese, il progetto è concepito come uno scrigno, come se la boutique fosse il portagioie e i costumi i gioielli.
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TROPICAL GARDEN A BROOKLYN Piante giganti, piastrelle fatte a mano e decori in legno si ispirano alle atmosfere colombiane per questo nuovo caffè cittadino progettato dallo studio LOT Office for architecture per la catena Devoción. Una foresta urbana formata da 35 specie di piante tropicali tipiche del territorio sudamericano.
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RED DOT AWARD 2018 Iconic fridge di KitchenAid si è aggiudicato l’ambito Red dot award 2018 assegnato ogni anno ad Essen, in Germania. Ispirato alle linee morbide e allo stile inconfondibile dello storico impastatore, questo frigo è stato concepito per affermarsi come nuovo classico del design.
JAPANESE BOX A MILANO Si chiama Tenoha ed è il nuovo place-to-be milanese. Uno spazio di 2.500 mq in via Vigevano che comprende un lifestyle store, un ristorante, uno spazio di co-working, un ambiente destinato agli eventi e uno spazio pop up. L’idea nasce sul concept di Tenoha Daikanyama, fondato nel 2014 a Tokyo, e vuole raccontare l’essenza del Giappone contemporaneo evidenziandone le caratteristiche e i trend attuali.
PADOVA CELEBRA GAETANO PESCE HAPPY BIRTHDAY PORADA Per i suoi settant’anni Porada si regala una nuova apertura milanese nel cuore del Quadrilatero della Moda. Quattro vetrine luminose affacciate su via Borgospesso. Lo showroom ospiterà i pezzi più rappresentativi delle ultime collezioni.
Più di 200 opere, un percorso che attraversa 60 anni di carriera, un progetto espositivo pensato per un’esperienza personalizzata da parte del visitatore. «Il tempo multidisciplinare» è il titolo scelto dal geniale architettodesigner-artista e il progetto espositivo è stato da lui ideato appositamente per la città patavina, cui è legato da un sentimento di affetto fin dalla giovinezza. Padova, Palazzo della Regione, fino al 23 settembre 2018.
ALDO CIBIC CONQUISTA TORINO Dagli inizi con Ettore Sottsass alla Biennale di Architettura passando per Memphis. Aldo Cibic è il nuovo presidente del Dipartimento di Interior design dello Iaad-Istituto d’arte applicata e design. L’università, fondata a Torino nel 1978, rappresenta uno dei poli dell’alta formazione in Italia e in Europa, un vero e proprio incubatore di talenti.
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SUSTAINABILITY
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in uno spazio libero by nicole bottini
Una mostra più generosa, umana e di facile comprensione. Quasi materna. Forse perché a curarla sono proprio due donne: gli architetti irlandesi Yvonne Farrell e Shelley McNamara. La 16ª Mostra Internazionale della Biennale di Architettura a Venezia, che rimarrà aperta al pubblico fino al 25 novembre prossimo, pone al centro dell’attenzione la questione dello spazio libero e gratuito, che può essere generato quando il progetto è ispirato, appunto, dalla generosità. Freespace è il manifesto, il punto di riferimento e di partenza per la realizzazione della mostra, inteso come la capacità dell’architettura di offrire in dono spazi liberi e supplementari a coloro che ne fanno uso; di enfatizzare gli elementi della natura come la luce, l’aria, la forza di gravità e i materiali che ci offre il nostro fragile pianeta; di riesaminare il nostro modo di pensare, per inventare soluzioni in cui l’architettura provvede al benessere e alla dignità di ogni essere umano. Sono 71 i partecipanti, cui si affiancano 63 presenze nazionali che espongono scenografiche installazioni tra i Giardini e l’Arsenale, cornice che già di per sé vale il prezzo del biglietto. Sei sono i paesi presenti a Venezia per la prima volta: Antigua & Barbuda, Arabia Saudita, Guatemala, Libano, Pakistan e Santa Sede, con un padiglione tutto suo sull’Isola di San Giorgio Maggiore. Curato da Francesco
dal Co, che lo ha sviluppato in un percorso espositivo articolato in 11 architetture concepite da altrettanti progettisti di fama internazionale (come Andrew Berman, Norman Foster e Eduardo Souto de Moura, solo per citarne alcuni), Vatican chapels parte dal modello della Cappella nel bosco, progettata nel 1920 dall’architetto Gunnar Asplund nel Cimitero di Stoccolma, per riflettere sul tema della cappella, definita dall’architetto svedese «come luogo di orientamento, incontro, meditazione e saluto». Una biennale davvero «site specific» quella di quest’anno, come hanno spiegato le curatici stesse: «Abbiamo affrontato questa mostra in qualità di architetti, considerando gli edifici come luoghi specifici, come il nostro contesto. L’abbiamo progettata in modo da rivelare le qualità delle Corderie, delle Artiglierie e del Padiglione centrale. Siamo arrivate a credere che gli edifici stessi siano diventati i primi partecipanti di Freespace. Era nostra intenzione che la dimensione eroica delle Corderie, con la loro struttura ripetuta in mattoni e la loro luce malinconica, contrastasse con la luminosità della luce allo zenit nel Padiglione centrale. L’atmosfera così diversa all’interno di questi edifici ha influenzato e arricchito la nostra strategia curatoriale. Ci è piaciuto l’effetto che, grazie a queste loro qualità, gli spazi hanno avuto sulle nostre scelte e sulla
in alto, l'installazione conditions icefiord center di dorte mandrup (foto andrea avezzù) all'arsenale di venezia
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Da sinistra in senso orario, il padiglione cinese intitolato Building a Future Countryside (foto francesco galli), una parte della mostra ÂŤmultiforme, declinazioni tra spazio e tempoÂť di alcantara; stigma, il padiglione del guatemala (foto andrea avezzĂš) e Vertigine Orizzontale, tematica del padiglione argentino (foto francesco galli)
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collocazione dei partecipanti». Tra le esposizioni più attese, quella del Padiglione Italia alle Tese delle vergini in Arsenale, sostenuto e promosso dal ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, e curato da Mario Cucinella, con il titolo «Arcipelago Italia - Progetti per il futuro dei territori interni del paese». Attraverso video, interviste, pannelli descrittivi appesi alle pareti e al soffitto e disegni e modelli disposti su cinque tavoli-isola in legno, Cucinella conduce il visitatore in un viaggio alla scoperta del territorio Italiano meno conosciuto, svelandone ricchezza e potenzialità. Suddivisa in otto aree, corrispondenti ad altrettante zone montuose del territorio, la mostra propone una riflessione su temi di attualità, come la salvaguardia dell’ambiente, le periferie e la mobilità. La Biennale Architettura 2018 è poi accompagnata per tutto il periodo di apertura da un programma di conversazioni: i Meetings on architecture, a cura di Farrell e McNamara, costituiscono l’opportunità di discutere le diverse interpretazioni del Manifesto Freespace e di ascoltare dal vivo le voci dei protagonisti
della mostra. L’intera città di Venezia viene inifine invasa da mostre e installazioni collaterali, che seguono il tema scelto per questa edizione. Come «Multiforme, declinazioni tra spazio e tempo», l’esposizione site specific di Alcantara nella cornice di Palazzo Rocca Contarini Corfù. Il curatore Davide Quadrio ha selezionato tre installazioni della collezione aziendale, tre opere complesse che ripensano lo spazio e il tempo, allargano i confini dimensionali nel dare corpo a luoghi fisici, poeticamente interattivi, e realizzati da tre talenti: Krijn de Koning, Nanda Vigo e Zeitguised. Un percorso multisensoriale, capace di accompagnare il visitatore lungo la scoperta di inedite modalità di fruizione dell’arte e della creatività contemporanee. Tra gli eventi collaterali della Biennale, il progetto Dream and nature_Catalonia in Venice dello studio Rcr che ha vinto il premio Pritzker nel 2017. Attraverso uno spazio situato nella tenuta La Vila, in Vall de Bianya, gli architetti raccontano un’utopia in costruzione, un progetto in divenire per ripensare il rapporto dell'uomo con il mondo.
Da sinistra in senso orario, arcipelago italia (foto di francesco galli); Una cappella nomade di Javier corvalan (foto di alessandra chemollo); Una croce modellata di norman foster (foto di alessandra chemollo) e another generosity al padiglione dei nordic countries (foto italo rondinella)
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il giardino incantato by cristina cimato
Il giardino in una stanza. O meglio, in un’immensa serra, dove le tecnologie più evolute in fatto di efficienza energetica dialogano con un’utopia, ossia riunire insieme tutti i giardini del mondo. Più di 30 progettisti del verde si incontreranno, dal prossimo 21 luglio al 3 agosto, in occasione dell’appuntamento biennale con il Singapore garden festival, giunto alla sua settima edizione. In questa occasione si potranno ammirare vaste collezioni di orchidee, sculture di fiori provenienti da tutto il globo e installazioni luminose nel verde. Ma lo stupore risiede nel fatto che il microcosmo del festival entra nel macrocosmo di uno dei giardini urbani più scenografici del mondo, il Gardens by the bay, situato sull’isola città-stato della Malesia. Qui la bioarchitettura ha fatto un piccolo miracolo. Questo immenso spazio verde, che sorge su un terreno di più di 101 ettari sul confine con la marina della metropoli, è nato come parte di un progetto di ridefinizione della città con una visione più olistica, vicina alla natura. Sviluppato inizialmente come un progetto promosso dal National parks board, è cresciuto negli anni tanto da diventare fulcro di un’organizzazione indipendente. I giardini ospitati all’interno della struttura si suddividono in baia sud, la prima a essere stata costruita e la più grande, incentrata sulla flora tropicale. Definita architettonicamente da due biomi di vetro, denominati Cloud forest e
Flower dome, replica il clima delle regioni tropicali montane e, al tempo stesso, quello secco del Mediterraneo. Le tecnologie utilizzate per questa struttura sono sostenibili e forniscono una soluzione efficiente, dal punto di vista energetico, per il raffreddamento dell’ambiente, il passaggio delle radiazioni solari e del calore. Nella baia troneggiano anche i cosiddetti Supertrees, ossia strutture che mimano gli alberi, ispirate alle piante della foresta pluviale. Variano, in altezza, da 25 a 50 metri e fungono da giardini verticali in cui sono messe in mostra bromelie, felci e piante fiorite rampicanti. Simulano forma e funzione di alberi secolari, alcuni hanno pannelli fotovoltaici sull’estremità per radunare l’energia solare e rendere i giardini indipendenti dal punto di vista energetico. I giardini orticoli comprendono sia la collezione Heritage, con esemplari indiani, malesi, cinesi e coloniali, sia World of plants, basato sulla biodiversità di fiori e frutti. Ci sono anche laghi artificiali e i canyon, con giardini rocciosi. La baia est ospita, invece, parchi naturali acquatici, cascate e microclimi che sembrano evocare una continuità con la marina all’esterno. Qui trovano dimora fiori di loto e castagne d’acqua cinesi, ovvero piante perenni commestibili. La baia centrale, infine, è un ponte tra le altre due e si affaccia per 3 chilometri sulla promenade della città. Insomma, un Garden with a view.
In alto, un'immagine del progetto gardens by the bay a singapore
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la luce che non c’è by nicole bottini
Progettare una luce per lo spazio pubblico senza una lampada, che quando non è in uso sia il più impercettibile possibile e nella quale l'illuminazione appaia solo on demand. È da questo pensiero che nasce «O», prodotta da Artemide. «Immaginiamo una serie di dischi attivati dal movimento delle persone, capaci di illuminare lo spazio adiacente solo per un periodo di tempo limitato. Oscurità e immaterialità sono il contributo di «O» alla natura e agli spazi pubblici», ha spiegato Alejandro Aravena, direttore esecutivo di Elemental, che realizza interventi di urbanistica ed edilizia sociale pubblica e che ha firmato il progetto per l’azienda italiana. Cileno, classe 1967, architetto e professore universitario, è una delle figure più affascinanti della progettazione mondiale. Nel 2006 ha curato la 15ª edizione della Biennale di architettura a Venezia ed è proprio qui che ha incontrato Ernesto Gismondi e Carlotta de Bevilacqua di Artemide e si è avventurato nel terreno della fotonica. Ovvero, l'utilizzo della luce nelle sue interazioni con la materia. All'ultimo Salone del mobile ha presentato con l’azienda milanese il progetto «O» e Huara, una sfera elettronica scura attivata dal tocco. «Non mi interessa il concetto di luce, né ciò che rappresenta», ha spiegato Aravena. «Mi interessa il fenomeno, la sua conseguenza sul corpo, sul mondo, i fatti che genera e dai quali è generata. Nel mio lavoro, il
rapporto tra progetto e l'essere umano è tutto. Se non c’è, meglio non fare niente. La difficoltà è che la natura di quel rapporto va dalla dimensione più concreta e pragmatica (necessità) fino alle dimensioni più intangibili (desideri). E la sfida è proprio quella di integrare tutto invece di scegliere una o l’altra». Progettazione a 360° declinata in chiave sociale, dunque. Perché l'architettura deve migliorare la vita delle persone. «Il costruito è una scorciatoia verso l’uguaglianza. Progetti di abitazione o spazio pubblico, d’infrastruttura o trasporto possono migliorare la qualità della vita senza dipendere dallo stipendio di ciascuno. Il ruolo dell’architettura è quello di dare forma ai luoghi dove le persone vivono». Nel 2016 Aravena ha vinto anche il Pritzker Prize, l’Oscar dell’architettura. Un incoraggiamento a fare sempre meglio. «Quando con il mio studio abbiamo vinto il Pritzker», ha continuato, «ho scelto con cura le parole per ringraziare. Ed ho usato la parola libertà. Un premio così ci permette di rischiare di più, di andare dove la sfida è più grande. E più complessa è la domanda, maggiore è il bisogno di sintesi. Quindi forse non faremo meglio, ma saremo più sintetici». A chi si affaccia oggi a questo mestiere, dice: «Bisogna studiare e imparare in fretta. Non per un mero sapere, ma con l’occhio di chi avrà davanti il problema del foglio bianco o dello schermo del computer vuoto».
In alto, «o, elemental» di alejandro aravena per artemide (foto pierpaolo Ferrari)
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il cerchio magico by cristina cimato
La data fissata per l’inaugurazione è il 2021 e il suo nome, in antico norvegese, significa nero/ blu notte, come le profondità del ghiacciaio che lo osserva dall’alto. Svart è il primo Powerhouse hotel, denominazione scaturita dalla collaborazione tra lo studio di progettazione Snøhetta e istituzioni come Zero emission resource organization, e che identifica gli edifici capaci di essere autonomi dal punto di vista energetico. Il nuovo albergo ridurrà, infatti, il consumo annuo dell’85%, lasciando così un’impronta minima sull’ecosistema della natura norvegese. La sua forma circolare che si estende dal litorale fino ai piedi del monte Almlifjellet, nel mezzo del fiordo Holandsfjorden, offre una vista panoramica di tutta l’area circostante e un avvicinamento simbiotico con la natura. Il progetto ha tratto ispirazione dalle vernacolari architetture locali a forma reticolare utilizzate per essicare i pesci e alle case dei pescatori. La struttura portante di Svart si sostiene con una serie di pali di legno resistenti alle intemperie, che affondano per svariati metri sotto la superficie del fiordo, come fossero palafitte, e hanno anche una passerella circolare, vicino al bordo dell’acqua che funge da camminamento. Il contesto naturale intorno all’hotel è raggiungibile solo dall’acqua e nei piani c’è anche l’introduzione di barche non inquinanti che colleghino la città di Bodo alla struttura ricettiva. Gli
architetti hanno svolto un lavoro di analisi meticoloso sulla radiazione solare così da ottimizzare l’immagazzinamento di calore e, dunque, di energia. Il tetto circolare è costellato di pannelli solari che beneficeranno delle lunghissime giornate di luce estiva. I materiali con i quali è stato progettato l’hotel hanno un basso consumo di energia grigia, ossia quella necessaria per produrre, trasportare, edificare e smaltire il prodotto nel suo fine vita. L’uso del legno minimizza l’impatto sull’ambiente anche a livello produttivo e grazie all’uso di pozzi geotermici anche il riscaldamento dell’edificio è sostenibile. Alle spalle di Svart, che è anche un luogo da sogno, dal quale poter osservare l’aurora boreale, così come il sole di mezzanotte, c’è Arctic adventure of Norway, partecipata da Miris Eiendom, società di real estate la cui ambizione è quella di diventare pioniera del turismo sostenibile nel Nord della Norvegia. Tra i progetti dello studio di design Snøhetta c’è anche un’altra mirabolante opera architettonica, ossia Under, il primo ristorante subacqueo d’Europa, la cui inaugurazione è prevista per il 2019. La struttura monolitica funge anche da centro ricerche sull’ecosistema marino ed è un chiaro tributo alla fauna selvaggia dei mari della Norvegia e alla sua costa rocciosa. Anche in questo caso il nome è evocativo, visto che in norvegese il termine può significare anche «meraviglia».
In alto, il progetto dello studio snØhetta per l'hotel svart in norvegia, che verrà inaugurato nel 2021
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microclima in vetro by nicole bottini
Un vaso in chiave design che permette di creare e coltivare mini giardini fai-da-te all'interno delle proprie case. Presentato alla scorsa edizione di Maison et objet, fiera parigina dedicata al decor, il vaso Plant è uno degli ultimi progetti di Tom Dixon, designer britannico da sempre attento alla sostenibilità ambientale. Si tratta di una collezione di oggetti in vetro progettata per la cura di composizioni floreali e micro ecosistemi e per accogliere veri e propri terrari. Disponibile in diverse forme, ogni vaso varia per dimensioni e spessore del vetro, ma tutti sono soffiati artigianalmente a bocca per creare oggetti unici e preziosi. Simili a piccoli velieri, sembrano gonfiati a dismisura, quasi a sottolineare l’alta qualità dell'artigianato contemporaneo e la libertà di espressione delle forme. Ogni vaso, realizzato in vetro trasparente proprio per avvolgere le piante e creare un piccolo angolo verde, è caratterizzato da linee organiche e da un doppio ingresso; questo permette da una parte di soddisfare un gusto estetico, dall’altra di ricreare veri e propri microclimi; è infatti la particolare conformazione «a doppia apertura» ad aiutare la formazione di un microecosistema adatto al benessere del terrario. Sul sito dell’azienda (tomdixon.net/story/post/ terrariums-how-to) ci sono tutte le istruzioni per realizzare un terrario in sette facili passi. La
collezione Plant, però, è pensata per essere versatile e può anche essere usata come un semplice vaso per fiori recisi. Dichiaratamente autodidatta, scoperto da Giulio Cappellini all’inizio degli anni ’90, Tom Dixon ha sempre improntato ogni suo progetto sull’ecosostenibilità ambientale ed energetica e, in particolare, sull’utilizzo di materiali riciclati. Leggenda narra che, dopo un incidente motociclistico, il designer britannico imparò a saldare per riparare la sua moto e, appassionatosi a questa tecnica, tra il 1983 e il 1985 la utilizzò per riciclare rottami trasformandoli in mobili dall’aspetto postindustriale e scultoreo. Nel 2002 ha poi fondato l’azienda che porta il suo nome, specializzata, in particolar modo, nel settore dell’illuminazione. Negli anni il suo ruolo si è sempre più allontanato da quello di un designer puro, portandolo ad occuparsi dell'intero processo produttivo, dall'invenzione all'ingegnerizzazione, fino al marketing. Ora l’eclettico Tom Dixon si prepara a spostare il suo headquarter da Portobello a King’s Cross, in un’ex fabbrica di carbone di oltre 5.000 metri quadrati, datata 1851. I nuovi uffici saranno un vero e proprio hub per giovani designer e artisti. Inoltre, l’area di King’s Cross darà presto vita a un quartiere dello shopping dedicato a moda, artigianato e design.
In alto, plant, il progetto di tom dixon per creare mini giardini tra le mura domestiche
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fratelli campana interview by margot zanni
Ispirati dalla street life brasiliana e dalla cultura del Carnevale, i Fratelli Campana uniscono oggetti di uso comune come frammenti di legno, scarti di ferro e tessuto con la tecnologia più avanzata. Il risultato è un approccio al design unico, vibrante, energico e tipicamente brasiliano che da più di 30 anni influenza il design mondiale. Humberto e Fernando lavorano insieme ininterrottamente dal 1983 nel loro studio di San Paolo. Il design non è stato la prima scelta per nessuno dei due. Humberto ha abbandonato gli studi di legge per diventare scultore e Fernando ha studiato architettura per poi unirsi al fratello e progettare mobili di design. Si sono fatti conoscere nel 1991 con la seduta Favela, fatta di schegge di legno provenienti dallo slum di San Paolo. Nello stesso periodo hanno dato vita ai loro pezzi più iconici come le sedute Vermelha (che ancora oggi è il loro bestseller assoluto) e Cone e la lampada Estela. I Fratelli Campana sono stati notati per la prima volta dai media nel 1998 quando il MoMA di New York li ha scelti come primi designer brasiliani a esporre il loro lavoro all’interno del museo. Il timido Humberto era presente all’ultimo Salone del Mobile nel nuovissimo Connection Lab di Vibram in Zona Tortona per parlare del Vibram Tropical Carrarmato, un progetto ancora in progress che celebra gli 80 anni dell’azienda con le in-
fradito di gomma disegnate proprio dai celebri designer. Il design riprende l’iconico disegno della suola Carrarmato, creata nel 1937 da Vitale Bramani, il fondatore di Vibram.Oltreoceano, anche il fratello Fernando ha spiegato la genesi di questo importante progetto. Raccontateci il progetto per Vibram. Fernando: Per l’80° compleanno l’azienda ci ha chiesto di progettare una super suola adatta ai climi più tropicali. Humberto: Ovviamente ci siamo ispirati alla Carrarmato che è davvero fenomenale e l’abbiamo rigenerata per un altro clima. Quali sono le sinergie che avete trovato con questa azienda dall’approccio sempre rivolto al futuro. F+H: Vibram ha l’innovazione nel suo Dna. Sperimenta continuamente. Qual è la vostra metodologia di lavoro? Come comincia il processo creativo? H: Lavoriamo a turno, dipende sempre dalle abilità richieste da ogni progetto. Per me il lavoro è un tentativo di organizzazione mentale. Per Fernando, invece, il lavoro è piacere. Io sono più intuitivo e Fernando più razionale. Fernando porta in ogni progetto una certa
in alto, da sinistra, fernando e humberto campana (Courtesy of Estudio Campana. foto di Fernando Laszlo). nella pagina accanto, una Residenza privata a San Paolo (Courtesy of Estudio Campana, foto di Leonardo Finotti)
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organizzazione pratica al lavoro. Le nostre creazioni sono sempre a metà in termini di collaborazione tra i due. Io sono molto più coinvolto nel processo fisico, lavoro con le mie mani perché è così che ho imparato. Fernando si aggiunge una volta che c’è il prototipo e comincia da lì. I vostri progetti si rifanno spesso all’heritage estetico del Brasile. Che cosa vi ispira del paese? H+F: Per noi il Brasile è un’importantissima fonte di ispirazione. Il multiculturalismo brasiliano nutre letteralmente le nostre creazioni. Tradurre l’identità brasiliana nel design è una delle nostre maggiori sfide ma oggi troviamo ispirazione in ogni luogo in cui andiamo. Spesso nella magnificenza della vita, nella natura e nelle tradizioni artigiane che stanno scomparendo. Se vi dico Eden che cosa vi viene in mente? Quanto lo associate al concetto di design e architettura? H+F: L’Eden interpretato come il Paradiso è un luogo dove nulla accade e dove la mente dovrebbe essere vuota. Un luogo dove non si deve pensare perché il pensiero «uccide». La nostra mente è una scatola nera. Non dovremmo avere preoccupazioni e dovremmo essere liberi anche dall’architettura e dal design. Lavorate sempre con materiali differenti. Quali preferite e quale vi dà più soddisfazione? H: Li consideriamo tutti e ci piace giocarci e mescolarli tra loro. La nostra ricerca va verso forme ibride.
F: Ce ne sono così tanti. Ogni materiale emette il proprio segnale e ci dice come vuole essere trasformato e sta a noi dargli una seconda pelle in modo che possa diventare nobile, divertente o funzionale. A oggi il nostro studio ha al suo interno vere e proprie divisioni che si occupano dei materiali diversi e che più ci piacciono. A me ispirano molto le realtà bucoliche come una fiera di San Paolo dove si respira un fortissimo senso di fantasia, molto diversa dai luoghi più industriali dove va spesso Humberto. Ma non c’è una logica precisa per la scelta di un materiale. Per esempio, quando sono andato da Alessi mi sono ispirato ai materiali di scarto. Seguite una filosofia particolare per i vostri progetti? H: Descriverei la nostra filosofia come spirituale, giocosa, funzionale e alchemica. F: La nostra filosofia è un dialogo tra i materiali e il nostro studio. Si tratta di trovare una comunione armoniosa ma anche una controversa trasformazione di un oggetto, pensato inizialmente con una specifica funzione, in altro. Come se si volesse cambiare il Dna di una persona… Quali sono i vostri più importanti progetti per il futuro? A che cosa state lavorando? H+F: Il nostro futuro è l’Istituto Campana. Il futuro dovrebbe essere dedicato al futuro e allo sviluppo delle prossime generazioni, specialmente verso le persone ai margini della società. Stimolare l’inclusione sociale. Con chi vi piacerebbe lavorare? H+F: Top secret.
dall'alto A SINISTRA, in senso orario, la Credenza Aquario per BD Barcelona, le Infradito Vibram Tropical Carrarmato, un tavolino della Bamboo Collection di Alessi e uno scorcio del progetto per la Fazenda Catuçaba, in Brasile. nella pagina accanto, l'Installazione Maloca in legno e rafia sintetica che ha decorato l’ingresso del MAXXI di Roma nel 2011 in occasione della mostra «RE-CYCLE» (foto di Sebastiano Luciano, courtesy Fondazione MAXXI)
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SUSTAINABILITY
Road to
milano fashion global summit 2018
stefano boeri interview by cristina cimato
È necessario fare costante ricerca e anticipare gli interrogativi che verranno domani, perché un progetto è destinato a durare più a lungo rispetto ai quesiti attuali. Così Stefano Boeri intende il suo lavoro di architetto, una filosofia costruttiva che sta diventando simbolo di un’avanguardia rivolta verso la sostenibilità e della natura come fonte di ispirazione ed elemento fondante di un’idea. Lavora nella sua città del cuore, Milano, dove insegna al Politecnico e dove è stato nominato presidente di Triennale. Indossa gli occhiali a mezza fronte e ha lo sguardo rivolto al futuro, all’Asia e all’amata New York, ma anche a Matera e a Roma, una città che ha al suo interno già tutto ciò che serve, la biodiversità, le tecnologie e l’antichità. Ma, soprattutto, Stefano Boeri ha un’idea molto seria del ruolo della natura nella progettualità. «Un albero non deve mai essere solo un elemento decorativo», spiega. Una delle sfide più interessanti di questo momento è quella di ripensare l’edilizia urbana. Come la immagina e quali progetti ha in atto? Stiamo lavorando con il Politecnico e il Comune di Milano al progetto di un parco metropolitano, a partire da una campagna per la forestazione urbana. L’obiettivo è di piantare 3 milioni di alberi nei prossimi dieci anni e trasformare Milano da fanalino di coda a una delle città più verdi d’Europa. Per questo vanno forestati i percorsi che dividono i campi agricoli, i bordi delle città. Si devono aumentare parchi, giardini, il verde dei viali e dei cortili, il numero dei tetti e degli edifici con le facciate green. Tutto ciò porta a un incremento delle superfici vegetali, riducendo la porzione minerale della città. In questo modo si assorbono CO2 e polveri sottili e si riduce la temperatura, che scende almeno di 7 gradi nelle zone alberate. Si deve però partire da un presupposto, ossia la riduzione delle macchine parcheggiate in strada. Le superfici di lamiera generano calore e sottraggono spazio al verde e alla popolazione. Il concetto di sostenibilità è molto cavalcato negli ultimi anni, in alcuni casi a livello più teorico che pratico. Dove risiede secondo lei la vera leva del cambiamento? Le campagne per la sostenibilità funzionano solo se c’è partecipazione collettiva. Ci sono città in cui sono stati fatti importanti cambiamenti, penso a San Francisco, New York, Pechino e Parigi con i tetti verdi. Ma i progetti devono avere una spinta dal basso. A Tirana, per esempio, abbiamo fatto un masterplan che guardava al 2030 e in cui c’era un importante progetto di forestazione. Accanto a esso, l’idea di 20 scuole nuove, aperta 365 giorni all’anno, tutte le ore del giorno e per tutte le età. Tutto ciò è in pieno atto. Tirana era una
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città d’asfalto e cemento e sta diventando un arcipelago verde. Il Bosco Verticale è un bestseller. Primo edificio ad aver trasformato un’intera area di Milano e attuato un mutamento estetico. Dove vorrebbe vedere il prossimo? Ne stiamo costruendo svariati. Molti vengono fatti dai nostri colleghi perché su questo progetto non abbiamo messo il copyright. Siamo contenti se viene copiato e anche se qualcuno riesce a fare meglio di noi. A me piacerebbe vederlo a New York. Non ci siamo ancora riusciti, ma siamo vicini. Nel frattempo sarà a Parigi, Shanghai, Nanchino, Eindhoven, Tirana, Utrecht, Losanna, Nuova Delhi, San Paolo e Cancún. Nell’aeroporto Sky Jungle a Pudong ha tratto ispirazione dalla giungla creando un luogo in continuità con l’esterno. Qual è la strada da intraprendere soprattutto nei territori in pieno sviluppo e inquinati come quelli delle megalopoli cinesi? Un tema importante oggi è quello degli interni. La qualità dell’aria dentro gli edifici è spesso peggiore di quella all’esterno. L’uso del verde e di sistemi di aspirazione che filtrano attraverso la terra e le radici i veleni dell’aria interna è un tema su cui architetti e aziende stanno lavorando. È come se una questione da sempre concentrata sull’esterno si stesse spostando all’interno. A Pudong l’idea è stata quella di portare una porzione di natura in uno spazio artificiale ad alta prestazione tecnologica. La cosa fondamentale è arrivare a introdurre la natura vivente dentro l’architettura. Gli elementi naturali di cui si nutre l’architettura sono spesso rielaborati e non viventi, come legno, terracotta e pietra. La natura vivente, invece, è un elemento cangiante, variabile e impone un atteggiamento diverso. Cerchiamo di non usarla mai come elemento solo decorativo, bensì costitutivo dello spazio. In che modo viene concretizzato questo principio? Quando progettiamo un Bosco Verticale partiamo dalla selezione delle piante e disegnamo le facciate in base all’evoluzione tridimensionale di ognuna di esse. Il loro spazio vitale è il primo elemento della nostra architettura. Un tempo si lavorava a partire dall’habitat degli abitanti e oggi è come se considerassimo gli alberi alla stregua di abitanti. All’ultimo Salone del mobile di Milano lei ha lanciato il progetto-provocazione di una nuova Shanghai su Marte. Come le è venuta questa idea e quanto è percorribile? All’Università Tongji dove insegno, si è parlato dell’evoluzione di Shanghai e dei rischi di inondazione che molte città costiere rischiano di sperimentare a partire dal 2050 a causa
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nelle foto, dall'alto a sinistra in senso orario, stefano boeri (foto CHIARA CADEDDU), il progetto seeds on mars 2117, il bosco verticale di milano (foto Davide Piras) e un dettaglio dell'idea di colonizzazione dedicata al pianeta rosso
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dell’innalzamento delle acque. Tra le proposte per cercare di anticipare questo processo, oltre alla creazione di barriere, coperture e capsule che riparano le città, si è prospettata l’idea di una migrazione di una parte della metropoli. L’idea è nata come provocazione, ma ci siamo resi conto che questo tema è attuale non solo in altri studi di architettura, ma aanche in importanti centri di ricerca e agenzie spaziali. Immaginare forme di colonizzazione di Marte è un punto al centro dell’agenda, oggi. È come se il futuro si fosse avvicinato. Questo è insieme inquietante e affascinante. Come vede il mondo dell’achitettura tra dieci anni? Ho partecipato come giurato a un contest internazionale di architettura e ho selezionato dieci progetti di giovani nel mondo. Otto su dieci sono asiatici e questo è un segnale molto importante. Ormai il mondo dell’architettura è veramente globalizzato. Dallo scorso 8 febbraio lei è il nuovo presidente di Triennale. Il tema della prossima esposizione internazionale sarà Broken nature. Cosa significa? Il tema costituisce anche il fuoco del mio lavoro come architetto. Sono felice che a curarla sia una donna straordinaria come Paola Antonelli, anche perché la 22ª Triennale sarà un esempio di quello che vorremmo costruire nei prossimi anni. Uno spazio che lavora con tutte le istituzioni grandi del mondo, come il MoMa, partner di questo progetto, e un luogo aperto al parco, area che potrà ospitare alcuni padiglioni internazionali come accadeva un tempo. Inoltre, stiamo progettando di aprire un museo permanente del design. A quale suo progetto è più legato? Gli edifici di Norcia e Amatrice, fatti in grande emergenza e fulcro di vita e aggregazione. E poi Villa Méditerranée, l’edificio polifunzionale di Marsiglia. Ora stiamo facendo un importante intervento a Matera. Realizziamo la piccola stazione che collega Bari alla città dei sassi. Qual è la sua città del cuore? Milano. Ma anche Roma. Se dovessi investire su una città per i prossimi anni, sarebbe Roma. Ha un potenziale unico e ha già dentro di sé il futuro: biodiversità, tecnologia e antichità. Quale progetto avrebbe voluto realizzare? ... Lo stadio dell’Inter! Con quale architetto del passato avrebbe voluto lavorare? Ce ne sono molti. Forse, tra tutti, Frank Lloyd Wright.
nelle foto, dall'alto, lo spazio centrale di oasi, progettata per aran cucine (foto Marco Menghi) e trudo vertical forest a eindhoven
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michele de lucchi interview by arianna bassi
Michele De Lucchi, classe 1951, si autodefinisce «un costruttore di oggetti». Non solo un architetto, non solo un designer, non solo un artista, ma tutto questo insieme, per dare vita a disegni che rispecchino i bisogni antropologici e immaginativi delle persone che ne fruiranno. È stato protagonista delle più importanti pagine della storia del design italiano con il gruppo Alchimia e Menphis, ha firmato progetti con le più importanti aziende italiane come Olivetti, Enel, Poste Italiane e Telecom Italia. È suo il progetto del nuovo centro commerciale di Arese (Milano), là dove c’era lo stabilimento dell’Alfa Romeo. Ha vinto il suo primo Compasso d’Oro nel 1989 grazie alla Tolomeo, disegnata per Artemide, ancora adesso un grande best seller dell’illuminazione italiana. Ha saputo trasformare il suo ruolo di progettista in artista contemporaneo: «Se il ruolo dell’artista nel tempo antico era far vedere la bellezza della natura, il ruolo del designer oggi è fare vedere la bellezza dell’industria». Qual è il ruolo dell’architetto oggi? Un architetto non deve accontentarsi di progettazioni banali e senz’anima, ma offrire delle visioni. Sicuramente un progetto deve nascere da valutazioni tecniche, funzionali e normative ma, secondo me, un’architettura ha valore se diventa un simbolo in grado di testimoniare immaginazione e trasmettere emozione. Se potesse scegliere un territorio da riqualificare, quale sarebbe? Le periferie milanesi. Vorrei demolire tutte le brutture che deturpano il paesaggio e ledono la qualità della vita. Servirebbe un grande progetto, pensato non per danneggiare i proprie-
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tari, ma per restituire dignità a quei luoghi dell’abitare. La tecnologia si è ormai impossessata del mondo della progettazione. Come ha vissuto il cambiamento dal disegno a mano a quello al computer? Mi è sempre piaciuto disegnare e la scelta di diventare architetto è derivata anche dal desiderio di tenere sempre la matita in mano. Il mio primo studio sembrava l’atelier di un artista, era pieno di rotoli di carta, tecnigrafi e pennini che oggi sono stati sostituiti da macchine sempre più potenti. In questo mondo digitalizzato, la mia salvezza sono i quadernini da disegno dove da sempre annoto le idee e registro le forme. Non potrei farne a meno. Il design rischia di diventare altro rispetto alla sua concezione originale a causa della tecnologia? No, se utilizziamo il grande potenziale tecnologico e le libertà progettuali che ne derivano per sviluppare l’ingegno, l’immaginazione e la creatività. Qual è il materiale che predilige usare? Il legno, eccezionale ma molto difficile da trattare. Non è mai fermo, si ossida, si crepa, «invecchia» e diventa bello con la patina dell’uso, ma proprio per questi motivi è molto complesso da utilizzare perché devi sempre prevedere come si comporterà. Il sapere artigiano è ancora la chiave del successo del made in Italy? Il design italiano è noto per la sua creatività che non sarebbe possibile senza il contributo dell'artigianato. Nei laboratori degli artigiani si lavora per sviluppare le idee che altrimenti
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rimarrebbero solo disegni e si sperimenta, senza paura di sbagliare. Quanto è importante l’aspetto ecologico e sostenibile nei suoi progetti? È importantissimo e da esso dipende la salvaguardia del nostro pianeta. Per fortuna, oggi la sensibilità ecologica è sempre più condivisa da progettisti, istituzioni, cittadini e siamo consapevoli che la natura vada tutelata sulla base di una regolamentazione ufficiale. L’attenzione all’ambiente e la tecnologia formano un binomio che funziona? Rappresentano un binomio che deve funzionare perché non possiamo più prescindere né dall’uno né dall’altra. Consapevoli che un uso sconsiderato della tecnologia ha effetti negativi sull’ambiente, le scelte progettuali devono privilegiare le tecnologie più amiche della natura che garantiscano una maggiore efficienza a minor impatto. È ancora possibile disegnare un oggetto che entri a far parte della storia?
Certo! L’uomo ha per sua natura il desiderio di superare ciò che è contemporaneo, di immaginarsi quello che c’è subito dopo rendendolo tangibile. Che sia un progetto di architettura, un libro, una canzone o un prodotto di design il tentativo sarà sempre quello di portare avanti la modernità ed evolverla. Per questo sarà sempre possibile creare nuovi oggetti iconici, l’importante è che siano così forti da penetrare nell’immaginario comune. C’è un progetto a cui è maggiormente legato? Le Earth stations, il nuovo progetto sviluppato con il mio studio e presentato alla Design week 2018. Si tratta di una ricerca sull’architettura dei luoghi di lavoro nel futuro, quando le intelligenze artificiali libereranno l’uomo dalla incombenze burocratiche e ripetitive. Le Earth stations non sono uffici con scrivanie o strutture di produzione, bensì spazi di incontro e condivisione dove far crescere le idee e continuare a programmare la vita futura.
in queste pagine, dall'alto, in senso orario, un ritratto di michele de lucchi (foto di Giovanni Gastel), il progetto Earth Stations - Crown Station, l’evoluzione della biblioteca (foto Filippo Bolognese images), la sede di garage italia nell'ex stazione Agip Supercortemaggiore (foto di tom vack) ed Earth Stations - Floating Souk Station, il mercato delle idee (foto filippo bolognese images)
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making of
COOL SINCE 1974 by nicole bottini
«Un buon oggetto di design deve durare almeno cent’anni». È da questo assioma che Vico Magistretti, tra i più grandi maestri del design italiano del secolo scorso, partiva nel disegnare qualsiasi oggetto di arredo. E forse anche di più, nel caso di Maralunga, progettato per Cassina nel 1973 e prodotto nel 1974, vincitore del compasso d’oro nel 1979 e tuttora nella collezione permanente del Moma di New York. Leggenda narra di un pugno sferrato da Cesare Cassina a un prototipo del Maralunga presentato dall’architetto milanese che non riusciva a rispondere in maniera esaustiva a una richiesta di un comfort estremo. La conseguente rottura dello schienale mal riuscito illuminò Magistretti, che individuò nel maldestro movimento un intuitivo criterio per rinnovare una tipologia tradizionale. Ne seguì la frase: «Ecco, benissimo, così mi sembra perfetto!». E il mercato internazionale diede loro subito ragione. Maralunga è un divano rivoluzionario ma al contempo dall’aspetto accogliente, rassicurante e famigliare. Il dettaglio che permette l’innovazione? Una semplice
catena di bicicletta. L’estrema funzionalità sta tutta nello schienale, con movimento di apertura che offre la possibilità di due posizioni di comfort: seduta e relax. Una produzione industriale che richiede accuratezza e manualità nel rivestire la morbida imbottitura, in modo da assicurare una perfetta vestibilità. «Con Maralunga», diceva Vico Magistretti, «ho inteso progettare un oggetto rappresentativo di tutta un’architettura d’interni di sapore familiare. Un posto caldo, confortevole e raccolto, dove sentirsi a proprio agio e ritrovare l’atmosfera delle vecchie, comode, protettive poltrone da lettura poste vicino al fuoco di un camino o di una finestra. Due posizioni, due possibilità d’uso, due occasioni per crearsi il proprio spazio all’interno di una stanza». Cassina, ancora oggi, continua a rendere omaggio a uno dei divani più celebri di tutti i tempi. Un percorso che racconta la storia di un mito, che parte dalla sua realizzazione negli anni 70, per arrivare oggi ad una rivisitazione, il divano Maralunga 40, presentato con un rivestimento sfoderabile in tessuto. Un vero long seller.
dall'alto, maralunga 40 e alcune fasi di lavorazione delLO STORICO divano disegnato da vico magistretti nel 1974 per cassina (foto lavorazione: Stefano De Monte)
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must-have
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my house is a jungle L’abitazione, progettata da Jesse Bennett Studio, è un trionfo di modernità e sostenibilità. perfettamente immersa nel verde della foresta tropicale nel nord del Queensland in Australia, tra pareti in vetro, tocchi anni 50 e detox creativo
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Nella foto, la vista della cucina, uno spazio pensato per una totale condivisione, dominato, come tutta la casa, dall'uso del vetro . In apertura, uno scorcio su planchonella house, situata nello stato del queensland, in australia, e progettata dallo studio jesse bennett
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a prima cosa che si prova guardandola è il senso di libertà. Grandi pareti in vetro che permettono di vedere oltre, ampi spazi, una luce che illumina tutte le stanze... Planchonella house rappresenta il mix perfetto tra architettura e natura, tra forme geometriche e ribellione creativa, tra classicità e coraggio estetico. Situata nel nord tropicale dello stato del Queensland, in Australia, la dimora è stata progettata da Jesse Bennett Studio, fondato dall’architetto Jesse Bennett e dalla interior designer Anne-Marie Campagnolo nel 2013. Un progetto sperimentale, ardito, contro ogni limite e di grande effetto. La casa è abbracciata in tre lati dalla foresta pluviale, un inno alla natura incontaminata e rigogliosa, presente in modo massiccio nel paese australiano. Il quarto lato, quello principale, si affaccia sul vuoto e sulla valle. I materiali con i quali è realizzata sono principalmente due: cemento grezzo e vetro. Quest'ultimo è il materiale dominante, utilizzato per costruire tutte le facciate (quelle dei due bagni comprese) della casa che si sviluppa su ben 280 metri quadri per un totale di 4.818 metri quadri di sito. L’effetto
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è quasi surrealista. La luce avvolge ciascuno spazio, che sia una brillante ed estiva o più gentile e autunnale. In questo modo, coloro che abiteranno la dimora, potranno godere di tranquillità, relax e una privacy ininterrotta, di un «detox psicologico» invidiabile. Di più, potranno apprezzare il silenzio naturale interrotto solo da qualche scroscio di cascata o verso di animale. L’abitazione, formata da tre stanze da letto, due bagni e la zona giorno, si inserisce perfettamente nell’habitat naturale esterno: non rompe l’armonia e diventa un tutt’uno con l’atmosfera. Sembra quasi fosse sempre stata lì, in quel punto della foresta, come la casa di un Tarzan 2.0. Il progetto nel 2015 ha ricevuto l’Australian institute of architects award, il premio Robin Boyd award for residential architecture, per il quale lo studio è il più giovane ad aver mai ricevuto tale riconoscimento, e quello di House of the year & regional project of the year. La casa celebra lo stile minimal del design e dell’architettura anni 50, ovvero pulizia nelle forme e nei contenuti, fino all’essenzialità, con qualche tocco tropical, funny e ipercolorato, tanto amato dal duo di Bennett-Campagnolo, che realizza un mix &
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nella foto qui sopra, la casa e il grande terrazzo sul quale cenare. Nella pagina accanto, dall'alto in senso orario, l'ingresso in un giardino nascosto, uno dei bagni con le vetrate aperte sulla natura e la camera da letto, nella quale anche la carta da parati evoca l'ambiente esterno
match irresistibile. La living room è dominata dal legno naturale, intervallato da mobili con tessuto in velluto color rosa baby e pelle dalla tonalità crema. Questa stanza è dedicata all’ascolto della musica, al relax sui divani, alle chiacchiere con amici sulle poltrone rétro, alle cene in famiglia, vicino alla cucina, ampia e moderna con lampadari vintage che illuminano il tavolo dedicato alla condivisione. I bagni sono tutti realizzati con ceramiche di prima scelta e riflettono la tendenza più contemporanea: lavabi appoggiati su mobiletti sospesi di legno, rubinetti laccati grezzi e specchi squadrati appesi alla parete. Anche la camera da letto trasmette sensibilità e gusto. La parte sulla quale si appoggia la testata del letto è impreziosita da una carta da parati multicolor e tropical style, che ravviva la stanza. Il letto è minimal così come i comodini, dall’allure etnica. Notevole è anche la cabina armadio che, assieme al bagno, è collegata alla stanza matrimoniale. Il guardaroba che tutti vorrebbero avere presenta armadi, sedute simile al divano in salotto, tappeti puffy declinati in tinte chiare e lampade geometriche. Infine, il terrazzo, arredato con pezzi outdoor di fine anni 50
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è perfetto per cene o serate di barbecue tra la natura, osservando le stelle. Planchonella house è sicuramente una delle costruzioni e soluzioni abitative più affascinanti dell’ultimo decennio, soprattutto in fatto di tecnologie lo-fi e di «ritorno al passato». L'uso del vetro trasforma Planchonella house in un faro nella notte, che illumina la foresta di cui è circondata. Nonostate si trovi in un contesto immerso nella natura, la dimora è poco lontana dalla città di Cairns e dista pochi minuti di auto da attrazioni e vita pullulante. A soli sei minuti c'è l'aeroporto, le spiagge sono poco più lontante. Accanto alla casa c'è anche l'ingresso ai giardini botanici e ai percorsi di hiking della foresta. Per chi desidera una serata ancora più romantica di quella trascorsa tra le mura di questa casa, a pochi minuti di distanza ci sono i caffè e i ristoranti del quartiere di Edge Hill, sul quale sorge Planchonella. Ma anche il distretto dello shopping, i centri di yoga e le palestre aperte 24 ore al giorno. Infine, per immergersi nell'atmosfera di Laguna blu, a soli 15 minuti da casa sorgono le cascate naturali di acqua cristallina, dove immergersi in una totale simbiosi con la natura.
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exotic mansion Costruita nel 1730, la dimora ha dato i natali a Don Mariano Michelena, tra i primi ispiratori della rivoluzione messicana. oggi rivive grazie al progetto di restauro firmato dallo studio di architettura francese Laplace
testo barbara rodeschini - foto babi carvalho
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È
uno dei segreti meglio custoditi del Messico. Morelia è la capitale della regione di Michoachàn, per anni famosa solo per la guerra dei Narcos. Dall’inizio degli anni 90 ha iniziato la sua risalita sociale anche grazie all’Unesco che ne ha dichiarato Patrimonio dell’Umanità il centro storico in stile coloniale. Proprio nel cuore della città sorge Casa Michelena, uno spazio unico edificato nel 1730, che deve il suo nome a Don Mariano Michelena, animatore della rivoluzione messicana che qui visse a lungo. Come in un romanzo di Isabel Allende, Casa Michelena è un tesoro da scoprire. Michelena è stata, infatti, testimone dello sviluppo del Paese centro-americano e oggi rivive grazie ad Alejandro Ramírez Magaña. Il magnate dell’industria cinematografica, che guida la catena Cinépolis ed è anche presidente dell’International film festival di Morelia, ha affidato il restauro a Laplace, lo studio di architettura parigino di Lui Laplace e Christophe Comoy, con un progetto di 4 mila metri quadrati, di cui 400 aperti al pubblico, dove trovano spazio il ristorante La Conspiración de 1809, il Café Michelena con il bookstore e la bakery Fortunata y Jacinta. E se l’area condivisa con il pubblico è un connubio tra stile coloniale e visione cosmopolita, la zona privata riesce a trovare una sintesi poetica dove heritage e influenze moderne si incontrano all’ombra di un patio. «Prima di iniziare i lavori abbiamo parlato a lungo con Alejandro, abbiamo discusso per almeno tre forse quattro mesi, perché volevamo capire cosa lo spingesse a voler rinnovare uno spazio fatiscente nella sua città natale da cui molti sono andati via», ha spiegato Laplace, che con Ramírez Magaña ha una conoscenza di lunga data avendo già realizzato il suo pied-à-terre a Parigi, «da questi colloqui è emerso chiaramente quanto il progetto fosse visionario e audace e abbiamo deciso di intraprendere questa avventura, andando spesso a Morelia per immergerci nella sua atmosfera e coglierne l’essenza». Un percorso che ha portato in primo piano l’eccellenza della manifattura locale e della capacità dei fabbri e degli artigiani di Morelia. «Questo tipo di architettura merita onestà e rispetto, il mio primo obiettivo è stato di preservarne la tradizione per riportarla all’antica grandezza nell’aspetto esteriore ma anche all’interno, cercando oggetti e mobili coerenti con il suo carattere. Casa Michelena è un progetto molto speciale che è stato possibile grazie a una serie di fattori, non ultimo la connessione che si è
nella foto, la living room con una poltrona di laplace antiques, il tavolino di lago df e, a sinistra, il tavolo tondo di jean-charles moreux. In apertura, da sinistra, l'ingresso principale della casa e il patio con vasi di ceramica messicana e un'antica credenza
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in questa pagina, il bar privato con il bancone di Alfonso Marina e sgabelli vintage di Börje Johansson. le poltrone sono anni 50. nella pagina accanto, la grande sala da pranzo con tavolo su misura di alfonso marina e murales alle pareti di jose Roberto Soto
creata tra noi, il cliente e tutti gli attori che hanno contribuito a portare a termine l’iniziativa», ha continuato il progettista argentino, «abbiamo lavorato traendo ispirazione dal contesto: i dintorni di un luogo sono parte integrante di un progetto perché solo comprendendoli e lasciandosi coinvolgere si riesce a dare un’anima autentica a uno spazio. Allo stesso tempo è importante tenere conto anche dei desideri e degli imput che arrivano dal committente, ed è proprio così che il sito acquisisce quella personalità unica». Casa Michelena, con i suoi spazi ora aperti e ariosi, ora più segreti e privati è uno splendido esempio di architettura del XVI secolo, dove le influenze spagnole incontrano la cultura indigena e dove l’intervento contemporaneo non ha stravowlto la sua essenza ma anzi l’ha proiettata in una dimensione fresca e capace di continuare a raccontare la storia e il tempo di cui è stata testimone per oltre 300 anni. «Lavorare in questa città è stato possibile anche grazie al sup-
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porto di tutta la comunità, che da un lato ci ha fatto scoprire aspetti della cultura che non conoscevamo, dall’altro ci ha portato a confrontarci con una sensibilità nuova e autentica. Ogni volta che iniziamo una nuova collaborazione sappiamo che dobbiamo dedicare molto tempo allo sviluppo del progetto specifico per la realizzazione, non lavoriamo applicando delle formule standard», ha concluso l’architetto che è al lavoro su progetti come la nuova galleria di Hauser & Wirth che aprirà a Minorca nel 2019, nuovi spazi residenziali tra Mexico City, Zurigo e Londra nonché il concept del ristorante del department store canadese Holt Renfrew a Montréal. «Oggi il mondo dell’architettura e dell’interior è in costante movimento. I nostri clienti, soprattutto i collezionisti d’arte, si aspettando grande attenzione nei confronti delle loro idee. Non cercano marchi noti o facilmente riconoscibili, bensì soluzioni pensate su misura che rispecchino la loro vita quotidiana in ogni dettaglio».
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secret garden by cristiano vitali
Meraviglia e stupore. Quando si tratta di creare un paradiso privato occorre puntare su queste caratteristiche. Le stesse che si trovavano in quello primordiale. Il modello è Ancora la natura. Ma aumentata, come nella realtà virtuale. Con effetti multicolor, dimensioni extra large e il recupero di forme intime e protettive. Alla stregua della piÚ fantasmagorica tra le location esotiche, le proposte d'arredo garantiscono un ambiente a dir poco divino. E da cui certo non si rischia di essere cacciati. Anzi
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Minotti
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Russel, divanetto imbottito con sviluppo avvolgente e base fissa a crociera in metallo color bronzo. Design Rodolfo Dordoni
wall&decĂ’
In tutto il servizio sono state utilizzate alcune porzioni di wallpaper Florianopolis, Lost paradise e Incanto
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Dilmos
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Nido, poltrona-cocoon a forma di nido realizzata attraverso l'uso di fili marroni in alluminio anodizzato. Design Andrea Salvetti
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Johnny B. Butterfly, lampadina con schermo bianco in politetrafluoroetilene termoresistente. La libellula e le due farfalle sono modelli fatti a mano
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Itlas – MTF Cersaie.pdf
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Kenneth Cobonpue
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Peacock, poltroncina con schienale alto realizzata in midollino blu e verde in finitura iridescente
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Adam Goodrum e Arthur Seigneur
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Bloom, mobile con contenitore e decorazione multicolor simile a un mandala realizzata in paglia di segale colorata
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Poliform
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Kensington, tavolo rotondo ispirato alle superfici delle fonderie d’arte, con base e piano in legno. Design Jean-Marie Massaud
slamp
La belle ĂŠtoile, sospensione led realizzata a mano in Cristalflex trasparente rivestito da una texture bianca stampata
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Milano City Home apre un nuovo punto vendita
A
due passi dalla stazione di Domodossola, con le vetrine che guardano le torri di City Life apre dopo 15 anni un secondo punto vendita in zona Fiera Milano City che si aggiunge allo Showroom di via Sebastiano del Piombo 17, dedicato alla zona Living e Bathroom. Lo spazio di 200 mq nasce dal desiderio di rappresentare la grande flessibilità progettuale di uno storico marchio di cucine, Copatlife LIFE IS AN EXPERIENCE: Milano City Home: spazio del pensiero, spazio delle relazioni. Un luogo con l’anima, uno spazio che accoglie la vita.
La vita è un’esperienza quotidiana, fatta di momenti, emozioni, relazioni. Il nuovo spazio di Milano City Home e il nuovo percorso del brand Copatlife verso la conoscenza, l’informazione e l’incontro, aprono i propri confini alla multisensorialità, e alla contaminazione. Un progetto di marketing innovativo che concilia l’esposizione del prodotto nel suo concept funzionale e progettuale, uno storytelling tra design ed emozioni tutte da gustare e da vivere. UN NUOVO MODO DI VIVERE LA CUCINA Il futuro inizia sempre adesso. Per guardare oltre servono impegno e determinazione, tratti distintivi
di Copatlife, un’azienda che ha saputo rompere gli schemi ed il modo di vedere la cucina. Copatlife ha cambiato le regole per raccontare una nuova storia d’innovazione, concretezza e attenzione al cliente. E’ una storia fatta di persone e design. Il desiderio è di uscire dagli schemi, come ad una nuova ed entusiasmante opportunità, quella che apre al cambiamento, per trasformare l’ambiente cucina in qualcosa di diverso: in uno spazio in cui le emozioni vivono. A scriverla sono linee, forme, superfici, è l’essenzialità applicata all’arte del saper vivere. A raccontarla sono tecnologie, progetti, intuizioni, il nostro modo di comprendere l’evoluzione dell’abitare contemporaneo.
Milano City Home Largo Domodossola 14 20149 MILANO MilanoCityHome.net – mch@milanocityhome.net
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Louis Vuitton
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Cocoon, poltrona sospesa con esterno in pelle, cuscini in tessuto. Collezione Objects Nomades. Design Fernando e Humberto Campana
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MF Living Focus
Igniagreen trasforma superfici urbane in spazi verdi Il marchio fa capo a Sacopa, società della holding Fluidra
L’
orto di Ca l’Arpellot di Manresa della struttura del Grup Llobet, il terzo piano della Scuola Superiore di Commercio Internazionale dell’Universitat Pompeu Fabra, l’Hotel Riviera del Gruppo Medplaya, Plaza de España di Móstoles (Madrid) e il giardino temporaneo della piazza Reina Mª Cristina a Barcellona, sono solo alcuni dei progetti più rappresentativi firmati da Ignigreen, il marchio di Sacopa, S.a.u, società della holding Fluidra, specializzato in soluzioni rispettose dell’ambiente per creare spazi verdi
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orizzontali e verticali in ambienti urbani. Nato nel 2014 il sistema Igniagreen si è subito distinto per la capacità di portare il tema della sostenibilità in una nuova dimensione. Tutti i prodotti del marchio sono infatti prodotti direttamente secondo le direttive qualitative ISO 9001:2008 e ambientali ISO 14001:2008 e sono certificati Emas- Eco-Management and Audit Scheme della Comunità Europea. Non solo, Igniagreen, che propone sistemi modulari per giardini urbani orizzontali e verticali nonché sistemi speciali di illuminazione
per piante, permette di acquisire i crediti necessari per conseguire le certificazioni Leed-Leadership in Energy & Environmental Design - US Green Building Council e Bream-Building Research Establishment Environmental Assessment Methodology - Building Research Establishment, UK. Già menzione speciale ai Premios Cataluña de Ecodiseño 2015, nella categoria prodotto, Igniagreen è la soluzione più interessante in un’ottica di architettura sostenibile all’interno di panorami urbani.
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supernatural by cristiano vitali. artwork giorgio tentolini
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01 mogg. Amazzonio, lampada a sospensione con struttura in ferro e paralume realizzato in carta plastificata. Design Marcantonio; 02 giorgetti. Apsara, sistema di sedute componibile con base a doghe, collezione Open-air. Design Ludovica+Roberto Palomba; 03 coincasa. Fondali, vaso in ceramica di Grottaglie collezione Best of Italy. Design Roberto Sironi; 04 gervasoni. Bolla, lampade da terra con struttura in midollino naturale mĂŠlange; 05 flexform. Tindari, tavolini con struttura in tubolare di metallo, piano in marmo e cordino di cuoi intrecciato; 06 golran. Garden of Eden, tappeto in lana annodata a mano con profilo a zig-zag. Design India Mahdavi
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01 penta. M.O.M., lampade in vetro borosilicato con angoli smussati a effetto opaco; 02 elam. Vision, cucina con colonne in rovere fumigato e isola in acciaio, marmo Port Laurent e inserti in metallo brunito; 03 kitchenaid. Power plus artisan, frullatore a 11 velocitĂ e caraffa a controllo termico; 04 mabe. Ore24cgfssti, frigorifero side by side con dispenser acqua e ghiaccio e maniglie Ilve country style. Distribuito da Frigo 2000; 05 sonia pedrazzini. Le Morandine, vasi in ceramica colorata a mano ispirati ai quadri di Giorgio Morandi; 06 cantori. Malaga, tavolo con piano rettangolare in ceramica antracite e gambe in ferro; 07 busnelli. Zip, sedia imbottita in tessuto sfoderabile con braccioli e gambe in massello di frassino. Design Patrick Jouin
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LIVE HAPPILLY Andrea Bocelli, un’intera vita dedicata a perfezionare la voce, per offrire al mondo le sue migliori esibizioni. illy, più di 80 anni dedicati a perfezionare un unico blend di 9 origini di Arabica, per offrire al mondo il suo miglior caffè. Scopri il blend illy, unico come chi lo ama, su illy.com
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01 Mogg. Bice, kit di sei farfalle appendiabiti in fusione di ottone. Il kit si compone di farfalle con due misure e tre finiture. Disponibile su designrepublic.com; 02 clan milano. Officina, credenza realizzata in alta ebanisteria con superfici a effetto mimetico. Design Alessandro La Spada; 03 bolzan letti. Jill sottile, letto matrimoniale con piedini in metallo e testata imbottita; 04 molteni&C. Stripe, tappeto in lana annodata con effetto righe a contrasto. Design Vincent Van Duysen
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Posizione centrale tra la cittá ed i giardini botanici
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01 antrax. Zero-Otto, radiatore circolare in alluminio. Designer Francesco Lucchese; 02 luceplan. Lita, sospensione Led in vetro opalino lavorato, legno o alluminio verniciato bianco; 03 desalto. Quartz 308, specchio da parete asimmetrico con bordo bisellato. Design Arik Levy; 04 ex.t. Stand, lavabo in LivingTec montato su una struttura metallica con finitura ottone; 05 ames sala. La Che, tavolino realizzato con una tecnica artigianale che utilizza fibra della pianta Furcraea andina; 06 wall&Decò. Carta da parati raffigurante una tenda trasparente da cui si intravedono foglie di palma; 07 antonio lupi. Dune, vasca freestanding tonda con bordo sinusoidale in cristalplant
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HDsurface, materiali innovativi che si ispirano alla tradizione, un incessante lavoro di perfezionamento e ricerca. L’etica e l’architettura, per far diventare l’immagine protagonista di gesti stilistici originali. La semplicità, la facilità d’impiego e la rapidità di esecuzione, nel rispetto della durevolezza, sono alcune della caratteristiche dei nostri prodotti, pensati per essere impiegati da mani meno esperte, così come da maestri delle finiture.
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Renolit riscrive l’estetica del mondo outdoor con Alkorplan Touch L’unica membrana garantita per dieci anni che ha uno spessore di 2 mm. Composta da due lamine in Pvc, intersecate da un’anima di rete in poliestere, Alkorplan Touch è disponibile in esclusive stampe 3D che riproducono un effetto naturale
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ellezza ed efficacia. In una parola design. E’ Renolit Alkorplan Touch, la prima membrana rinforzata per rivestire piscine ispirate alla natura a rilievo dello spessore di 2 mm. Un progetto innovativo che nasce dall’esperienza di Renolit, società leader nella produzione di pellicole di plastica di alta qualità da un miliardo di euro di fatturato.Presentato per la prima volta nel 2012, Renolit Alkorplan Touch basa il suo successo su una formula efficace che unisce expertise e stile in una membrana armata che oggi è la più richiesta al mondo dal mercato privato, dagli hotel e dagli enti pubblici. In soli due millimetri, Renolit Alkorplan Touch comprende due lamine in Pvc flessibili e impermeabili saldate tra loro: una doppia garanzia per la totale impermeabilità della piscina. Inoltre, queste due lamine sono rinforzate dall’interno tramite una rete in poliestere molto resistente che funge da colonna vertebrale, facendo di questa membrana armata un prodotto robusto e incredibilmente duraturo. Non solo, a sigillare il successo del prodotto sono poi alcuni dettagli non da poco come la facilità di istallazione, il prezzo ragionevole, la sua totale impermeabilità garantita per 10 anni e l’impatto visivo. E proprio la capacità di rispondere alle esigenze anche estetiche della clientela è un assett distintivo di Renolit Alkorplan Touch che prevede sei tipi diversi di stile: Authentic con rifinitura in stile roccia; Relax ad effetto sabbia dorata e riflessi turchesi; Elegance nella versione azzurro profondo; Vanity in marmo bianco; Sublime in travertino dai riflessi dorati e Prestige ad effetto roccia vulcanica. Tutti i disegni Touch appartengono alla gamma Renolit Alkorplan3000 e rappresentano
un passo in avanti nello sviluppo di nuove membrane orientate all’aspetto estetico per dare stile e un carattere particolare alla piscina. Le caratteristiche esclusive del rivestimento Renolit Alkorplan fanno sì che possa essere applicato su qualsiasi tipologia di struttura: dalle piscine in cemento armato a quelle con pannelli metallici e con casseri a perdere, garantendo impermeabilità ed estetica assolute. E’ perfettamente idoneo anche nella riqualificazione di vecchie piscine a mosaico, piastrelle, verniciate e in vetroresina. www.alkorplan.it
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italian lifestyle by sara rezk
Lo stile italiano. Un punto di riferimento e un esempio da portare in tutto il mondo. È su questo cardine che si basa la filosofia di Higold Italia, un big player della distribuzione di kitchen hardware e arredo outdoor, che ha il preciso intento di traghettare l’eccellenza dello stile made in Italy verso i mercati del design e del lusso nel mondo. Per farlo si avvale di una continua e attenta ricerca di prodotti innovativi, che contribuiscono ad affermare la brand identity, nonché di preziose collaborazioni come quella con Pininfarina, con cui è stata realizzata la collezione Onda, parte della linea Higold patent design. E che va a sommarsi alle partnership con rinomati architetti come lo svizzero Nicolas Thomkins. Un percorso che ha portato l’azienda a crescere e a triplicare il suo fatturato negli ultimi tre anni. Luigi Benacchio, amministratore delegato dell’azienda italiana, ha spiegato a MFLMagazine For Living come è giunto a questo risultato. Quali sono i valori e punti di forza di Higold Italia? Questa azienda, oltre a distribuire sul territorio nazionale i propri prodotti, è incubatore di stili e tendenze. L’Italia oggi è la porta d’ingresso verso tutto l’Occidente per le aziende ad alto contenuto di design, moda e lifestyle e Higold Italia rappresenta tutto questo.
C’è desiderio di collaborazioni. Di recente ne ha realizzata una con Pininfarina... Sì, ho ricevuto la richiesta da parte di Higold Cina di presentare architetti, brand e designer validi per intraprendere nuove produzioni. Pininfarina era un esempio perfetto, ma non sarà l’unico. Mi piace l'idea di un legame con aziende che abbiano una forte brand identity. L'azienda raccoglie l'eredità di Valsugana mobili, fondata nel 1961. Oggi cosa rappresenta Higold? Ne raccoglie soprattutto il cambiamento. Nel primo dopoguerra le industrie Valsugana producevano mobili dal grande stile. Negli anni 80 rivendevano anche i prodotti di altri brand, ma il know-how è nelle teste di chi ha visto il mutamento dello stile e del mercato e che forse oggi può prevedere le tendenze. Attualmente Higold si basa su un concetto di visione, strategia e creatività. L’idea, quindi, di poter creare prodotti pensati per tutte le esigenze, le mode e le richieste del mercato, veicolati da uno stato di appartenenza. Ricreiamo una produzione vastissima con professionisti all’altezza del compito. In che modo riuscite a diversificare le vostre proposte? Oggi stiamo correggendo e scremando tutta l’offerta di prodotti di cui l’azienda dispone e
nelle foto, due modelli di poltrone onda by pininfarina e un ritratto di luigi benacchio
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che per questioni di stile, dimensioni, accostamenti di colore e materiale forse non erano accattivanti per un cliente occidentale. Puntiamo a vedere i risultati di questa diversificazione nel prossimo futuro. Qual è oggi il vostro prodotto più amato e richiesto? Sicuramente i divani e le poltrone della serie Onda by Pininfarina, un’azienda che apprezziamo e ammiriamo in quanto rispecchia quello che ricerchiamo: una design house emblema dello stile italiano nel mondo. Higold ha messo a segno una crescita economica importante negli utlimi tre anni, passando da 3,8 miliardi di dollari di giro d’affari nel 2016, a 10 miliardi di dollari
attuali. In che modo siete riusciti a raggiungere questo importante obiettivo? L’azienda sta crescendo molto. Questo è possibile grazie alla diversificazione delle nostre proposte e del nostro costante obiettivo di realizzare prodotti sempre più innovativi e di design. Ne è un esempio il brevetto ottenuto per il lavandino che cucina con onde elettromagnetiche o per la piastra che consuma 400 watt anziché 6Kwatt. Siamo focalizzati sull'arredo outdoor, ma stiamo cercando di proporre nuove categorie merceologiche. La solidità di tutto ciò sta sicuramente nella testa del giovane titolare, Alwin Ou, che ha ben presente ciò che sta facendo e che è consapevole che il futuro di questa azienda dipenderà dall’Italia.
nelle foto, dall'alto, il divano onda by pininfarina ambientato in un esterno e la seduta abbinata a un tavolino
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CONFINDUSTRIA CERAMICA
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il quotidiano dei mercati finanziari
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Direttore ed Editore Paolo Panerai Direttore ed Editore Associato Gabriele Capolino
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Magazine For Living
Caporedattore Stefano Roncato (sroncato@class.it)
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Presidente Giorgio Luigi Guatri Vice Presidente e Amministratore Delegato Paolo Panerai Amministratore Delegato Paolo Cuccia Consiglieri Delegati Gabriele Capolino, Angelo Sajeva Consigliere (Chief Luxury Coordinator) Mariangela Bonatto Concessionaria Pubblicità Class Pubblicità spa Direzione Generale: Milano, via Burigozzo 8 - tel. 02 58219522 Sede legale e amministrativa: Milano, via Burigozzo 5 - tel. 02 58219.1 Sede di Roma: via Cristoforo Colombo 456 - tel. 06 69760887 - fax 06 59465500 Presidente, Angelo Sajeva Vice Presidenti, Mariangela Bonatto, Andrea Salvati, Gianalberto Zapponini Vice Direttore Generale Stampa e Web, Business, Stefano Maggini Vice Direttore Generale TV e TelesiaTv, Consumer, Giovanni Russo Per Informazioni Commerciali: mprestileo@class.it Class Editori spa Direzione e Redazione 20122 Milano, via Burigozzo 5 - tel. 02 58219.1 - fax 02 58317429 Amministrazione e abbonamenti: 20122 Milano, via Burigozzo 5 tel. 02 58219285 - 02 5821929 - fax 02 58317622 Registrazione al Tribunale di Milano n. 210 del 19/4/86 Distribuzione Italia: Erinne srl - via Burigozzo 5, 20122 Milano - tel. 02 58219.1 Responsabile Dati Personali Class Editori spa, via Burigozzo 5, 20122 Milano Stampa: G. Canale & C. S.p.A. viale Liguria 24, 10071 Borgaro (To) Supplemento a MF - Spedizione in a.p. 45%, articolo 2, comma 20/b, legge 662/96 - Filiale di Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 266 del 14/4/89 Direttore responsabile Paolo Panerai
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