LINGUAGGI AUDIOVISIVI — IL FASCINO PER L’ESTETICA ARCAICA DI MARTIN SCORSESE: L’IRIDE E LA DOMINANZA CROMATICA DEL ROSSO — TITLE-DESIGN: HANNIBAL
Politecnico di Milano corso di laurea in Design della Comunicazione A.A. 2018/19 corso di Storia dell’Arte Contemporanea e linguaggi della comunicazione visiva Claudia Giannotti 870933
MARTIN SCORSESE — L’IRIDE
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MARTIN SCORSESE — L’IRIDE
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MARTIN SCORSESE — L’IRIDE
L’amore e la conoscenza della storia del cinema di Martin Scorsese sono ben noti e vanno oltre il semplice studio. Il suo fascino per l’estetica arcaica, in particolar modo per il film muto, gli permette di trasmettere effetti stilistici attraverso i suoi film. Uno in particolare è il raccordo di montaggio a iride, che consiste (analogicamente) nell’oscuramento progressivo dello schermo, ottenuto con un diaframma circolare applicato all’obbiettivo, e che produce un’apertura o chiusura circolare dell’immagine. Un’iride fissa era un
modo per focalizzare l’attenzione del pubblico su una particolare porzione dell’immagine o spesso, veniva usato per immedesimarsi nel punto di vista di un personaggio che guardava attraverso un cannocchiale o un buco. Un diaframma a apertura graduale era un modo standard per iniziare una scena, mentre al contrario indicava la chiusura di essa o di tutto il film. Nell’ottica cinematografica di Scorsese, l’utilizzo dell’iride ricorda allo spettatore chi sta servendo (e quindi inquadrando) la scena. Spesso l’iris out sono veloci 8
e penetrano la scena catapultando lo spettatore nell’azione. Nei film di Scorsese l’iride è anche uno strumento che orienta lo sguardo, è lì che bisogna guardare: il pubblico viene veicolato. A volte trova altri metodi per ottenere un effetto visivo. In New York, New York è l’illuminazione intelligente, che utilizza dei faretti, a ottenere effetti simili all’iride. Altre volte è appena percebile, grazie a maschere semitrasparenti di post produzione, come in The Age of Innocence e Hugo le maschere sono semitrasparenti. In Lezioni dal vero si
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dedica completamente all’utilizzo della tecnica e l’iride diventa un motivo visivo ricorrente che sottolinea la visione egocentrica della vita del personaggio principale. Nell’uso dell’iride da parte di Scorsese, la storia del cinema è tornata al punto di partenza. Non solo infonde nuova vita in una tecnica antiquata, ma la usa per riconquistare la pura gioia di guardare - e mostrare - immagini in movimento.1
Titolo: Scorsese Circled realizzato da: Filmscalpel link: https://vimeo.com/137572675 filmografia (titoli in lingua originale): What’s a Nice Girl Like You Doing in a Place Like This? [cortometraggio]. USA, 1963. 9 minuti. New York, New York [lungometraggio]. USA, 1977. 155 minuti. “Life Lessons”, New York Stories [film collettivo]. USA, 1989. 45 minuti. The Age of Innocence [lungometraggio]. USA, 1993. 139 minuti. Casino [lungometraggio]. USA et al., 1995. 178 minuti. Lady by the Sea: The Statue of Liberty [documentario]. USA, 2004. 55 minuti. The Departed [lungometraggio]. USA et al., 2006. 151 minuti. ‘Boardwalk Empire’, [programma televisivo]. USA, 2010. 72 minuti. Hugo [lungometraggio]. USA, 2011. 126 min.
http://www.filmscalpel.com/scorsese-circled/ 1
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MARTIN SCORSESE — L’UTILIZZO DEL COLORE ROSSO
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MARTIN SCORSESE — L’UTILIZZO DEL COLORE ROSSO
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MARTIN SCORSESE — L’UTILIZZO DEL COLORE ROSSO
Durante la sua carriera di regista, Martin Scorsese, è riuscito a resuscitare la tecnica di viraggio o meglio, l’impatto visivo che essa può avere. Il viraggio è un procedimento chimico (ormai obsoleto) utilizzato per conferire una colorazione aggiuntiva alle pellicole (fotografiche o cinematografiche) attraverso appositi bagni. Tanti dei suoi film presentano intere scene dove la tavolozza dei colori è ridotta a una tonalità, producendo immagini sorprendentemente monocromatiche; il suo colore prediletto?
Il rosso. Scorsese non usa però i processi arcaici della colorazione per ottenere questi effetti ma, si serve di metodi alternativi e artistici, come l’illuminazione impostata (combinata con la scenografia). Nell’universo su schermo di Scorsese, l’illuminazione rossa sembra obbligatoria in qualsiasi bar o ristorante. New York, New York, Mean Streets, Goodfellas, The Color of Money, sono tutti caratterizzati da bar dalle atmosfere rosso fuoco. Per le scene all’aperto, i fari posteriori di un’auto, le insegne dei negozi, le 12
sirene dell’ambulanza o i semafori, offrono un ottimo espediente sufficiente a immergere una scena in rossi saturi. Anche con scelte intelligenti di scenografia e costumi può ottenere l’effetto desiderato. Kundun potrebbe essere l’apice della creatività in questo senso: Quando il giovane Dalai Lama cerca rifugio sotto le vesti rosse dei monaci più anziani, il suo mondo si tinge di rosso. Non è così difficile trovare un significato simbolico nell’uso di Scorsese di questo colore. La sua tavolozza scarlatta sottolinea
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il disagio emotivo o l’eccitazione, il pericolo, la disperazione o la pura violenza dei suoi personaggi. Il colore rosso diventa un punto esclamativo visivo1, che segnala l’accrescere di uno stato d’animo. Questo è forse più chiaro quando Scorsese dissolve la scena completamente nel rosso, usando l’astrazione del colore per commentare lo stato emotivo dei suoi protagonisti. (O, come ne L’età dell’innocenza, usa la dissolvenza nel rosso per creare un collegamento mentale tra personaggi che sono fisicamente separati). 1
http://www.filmscalpel.com/scorsese-in-thered/
Titolo: Scorsese In The Red realizzato da: Filmscalpel link: https://vimeo.com/137573640 filmografia (titoli in lingua originale): The Big Shave [cortometraggio]. Nk, USA, 1968. 6 minuti. Mean Streets [lungometraggio]. USA, 1973. 112 minuti. Alice Doesn’t Live Here Anymore [lungometraggio]. USA, 1974. 112 minuti. Taxi Driver [lungometraggio]. USA, 1976. 113 minuti. New York, New York [lungometraggio]. USA, 1977. 155 minuti. Raging Bull [lungometraggio]. USA, 1980. 129 minuti. The Last Temptation of Christ [lungometraggio]. USA et al., 1988. 164 minuti. Goodfellas [lungometraggio]. USA, 1990. 146 minuti. Cape Fear [lungometraggio]. USA, 1991. 128 minuti. The Age of Innocence [lungometraggio]. USA, 1993. 139 minuti. Kundun [lungometraggio]. USA, 1997. 134 minuti. Bringing Out the Dead [lungometraggio]. USA, 1999. 121 minuti. Gangs of New York [lungometraggio]. USA et al., 2002. 167 minuti. The Aviator [lungometraggio]. USA et al., 2004. 170 minuti. The Departed [lungometraggio], USA et al., 2006. 151 minuti. The Key to Reserva [cortometraggio / pubblicità], Spagna, 2007. 10 minuti. ‘Boardwalk Empire’, [programma televisivo], USA, 2010. 72 minuti.
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TITLE DESIGN — HANNIBAL
Format serie tv
Anno 2013-2015
Durata ep. 44 min
Genere crime, drammaico,horror 14
Nazione USA
Regia Bryan Fuller
TITLE DESIGN — HANNIBAL
Quello che sembra del vino versato (per la precisione dell’ottimo Chianti d’annata) potrebbe in realtà essere del sangue. Una sequenza di titoli breve e inquietante progettata dallo studio di design londinese Momoco, ci immerge in uno sfondo completamente bianco per 20 secondi, durante i quali si viene sommersi da questo liquido rosso. Il vino (o sangue?) riempie dei volti, rivelando qualcuno di famigliare: Jack Crawford (Laurence Fishburne), Will Graham (Hugh Dancy) e Hannibal Lecter (Mads Mikkelsen), i tre personaggi principali della serie tv. E prima che proprio l’ultimo volto diventi perfettamente riconoscibile, si dissolve per mostrare il titolo: Hannibal.
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TITLE DESIGN — HANNIBAL
L’animazione di Momoco, che utilizza la fluidodinamica e la modellazione 3D, è una duplice metafora di quello che vedrà lo spettatore; il dualismo vino-sangue traduce due elementi di fondamentale importanza della serie, il cibo e i delitti: Lecter prepara in ogni puntata meravigliose ed elaborate pietanze d’alta cucina, ingrediente preferito? Ovviamente la carne (accompagnata sempre da un ottimo vino), procurata da (come afferma in una puntata) un “macellaio etico”: lui stesso. Ecco il legame con molti degli omicidi su cui Will Graham e Jack Crawford indagano: un’”artistico” squartatore che, una volta uccise le vittime, tiene per sé gli organi, lo psichiatra Hannibal Lecter. Quanto detto viene però celato da una narrazione che disorienta lo spettatore e si ritrova alla costante ricerca di verifiche, sperando che lo scenario peggiore sia solo frutto della sua immaginazione. E proprio come nel girato che introduce, la sequenza di titoli ci fornisce “schizzi” di connessioni e insinuazioni prima di esplicitare il disegno che vi è dietro: il vino fluttuante era sangue e l’assassino è Hannibal Lecter. 16
TITLE DESIGN — HANNIBAL
Production studio Momoco
Creative directors Nic Benns, Andrew Popplestone
Animation Rodi Kaya
Titles producer Tom Bromwich
Music Brian Reitzell
https://www.artofthetitle.com/title/hannibal/ 17