Il caffè con una storia
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i chiamo Claudio Corallo, specializzato all’Instituto Agronomico per l’Oltremare di Firenze, sono partito per l’ex Zaïre nel 1974. Nel 1979 dopo aver lavorato nel mondo del caffé, affascinato dall’inattesa varietá di aromi e profumi di questo prodotto, tanto parlato ma in realtá, poco conosciuto, compro due vecchie piantagioni abbandonate nel centro del Paese. Lavoriamo con entusiasmo su antiche varietá di robusta cosí dolci e aromatiche che molti esperti stentano a credere trattarsi di questa specie. Siamo completamente isolati nel cuore della foresta e in piantagione riceviamo frequenti visite di bufali, elefanti e leopardi. Costruiamo una piccola pista di atterraggio ma per il pericolo di quei viaggi aerei comincio presto a spostarmi sui fiumi. Per ogni viaggio di andata e ritorno tra Kinshasa e le piantagioni percorro piú di 3200 km in piroga a motore. In parte sono i fiumi che Joseph Conrad descrive in “Heart of Darkness”, poi entriamo in piú piccoli corsi d’acqua serpeggianti sotto la volta della foresta equatoriale.
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avoriamo anche, e molto, con un grande numero di piccoli agricoltori che ci avevano chiesto di aiutarli, ma la continua svalutazione della moneta locale rende difficile qualunque tipo di sviluppo. -lo Zaïre-moneta negli anni pre rivoluzione, perdeva mediamente il 70% del suo valore all’anno- Intorno al 1985 per facilitare il lavoro nelle piantagioni e gli scambi commerciali con i villaggi vicini, creiamo una moneta che ha, come unitá di misura un sapone di marsiglia da 200 g, questo é subito definito dalla popolazione come “Unité”. I prezzi dei prodotti ed il costo del lavoro si stabilizzano al di là delle aspettative e l’Unité diventa in meno di un anno la moneta di riferimento in una zona di 75 mila chilometri quadrati (Zone di Bokungu, Mondombe e Ikela nel sud della regione dell’Equatore e Zona di Lomela, nel Nord della regione del Kasai Orientale).
Nel 1983, da un viaggio alle isole di São Tomé e Prìncipe, mia moglie riportó alcuni buonissimi campioni di cacao e caffè che ci appassionarono tanto da farci decidere che alla prima occasione saremo andati a visitare l’arcipelago. Per le guerre civili in Zaire l’occasione arrivò prima del previsto e nel ’93 ci trasferiamo con la famiglia a São Tomé e Príncipe.
“Avevamo ascoltato sapienti torrefattori raccontare come trovare le partite di buona qualitá, come miscelarle, come ottenere un determinato aroma con tecnologie piú o meno sofisticate ma mai nessuno ci aveva parlato di terreni, di potatura e di raccolta.... É come se avessimo sempre conosciuto solo cantinieri e avessimo incontrato per la prima volta un viticoltore”. Il Consenso,Seminario Permanente Luigi Veronelli, Marzo 1994
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TERREIRO VELHO – caffè Liberica el 1997 otteniamo una vecchia piantagione abbandonata sull’isola di Prìncipe, Terreiro Velho, dove avevamo ritrovato, disperse nella foresta che aveva tutto ricoperto, oltre agli alberi di cacao che stavamo cercando, anche alcune rare piante di caffé Liberica che si erano riprodotte spontaneamente. Ricomincia allora il lungo lavoro di recupero e selezione, questa volta facilitato da piú di 20 anni di esperienza sul terreno. Non avevo mai coltivato il caffé Liberica e presto comincio a riprodurre quelle poche piante impaziente di avere abbastanza frutti per studiare il modo migliore per lavorarli.
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NOVA MOCA 3 varietà di Arabica e 1 di Robusta ’anno successivo, nel ‘98, a São Tomé, cominciamo a lavorare sulla piantagione di caffè “Nova Moca”. Anche questa in stato di totale abbandono. Qui, in una zona pietrosa, esisteva ancora una piccola concentrazione di antiche varietá di caffè di diverse specie che -per la grande quantitá di pietre presenti sul terreno e per l’inagibilitá del luogo- era scampata ai numerosi progetti di sostituzione delle vecchie piante con ibridi moderni. Con l’avanzare dei lavori nei campi, marcavamo le differenti specie e varietá con con sigle per identificarle piú facilmente e permetterci di organizzare meglio, i lavori in piantagione, la raccolta selettiva e la preparazione dei frutti.
Per impedire l’erosione del terreno scosceso, coltiviamo su terrazze con muretti in pietra. Le rese delle piante sono incredibilmente basse (inferiori ai 200 kg/ettaro) ma ampiamente compensate dai sapori e profumi straordinari di questi frutti.
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on gli anni abbiamo messo a punto metodi di preparazione che ci permettono di usufruire, oltre ai sapori del chicco di caffé, anche dei profumi della polpa e della fermentazione di questa.
Le differenti varietá sono raccolte separatamente, chicco per chicco e solo a perfetta maturazione. Subito dopo le ciliegie (drupe), sono selezionate a mano per eliminare quelle difettose o meno mature raccolte incidentalmente.
Una volta selezionate, le ciliegie passano per una semplice macchina che libera i chicchi dalla buccia. Dopo questa prima sbucciatura il tegumento o pergamino, che involve i chicchi, é ancora ricoperto da un sottile strato di polpa del frutto. Per togliere gli ultimi residui di questa polpa, allo sbrigativo metodo industriale di eliminazione per sfregamento, abbiamo preferito, anche se pericolosa, la via piú elegante della fermentazione. I chicchi, costantemente sorvegliati, vengono fatti fermentare –ricoperti da un sottile strato di acqua della sorgente vicina- in apposite casse. Poi attentamente lavati sfregandoli tra loro. Questo é il profumo del caffé che meglio conosciamo. Fresco e pieno di vita non stanca mai e da sempre un brivido di piacere. Essiccati lentamente i chicci di caffé sono in fine decorticati (eliminazione del tegumento o pergamino), poi calibrati e di nuovo, uno ad uno, selezionati a mano. Claudio Corallo
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