dmc - N. 1_2012

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dmc

nº. 1 del 2012

Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

direttore Ugo Canonici

DM & Comunicazione Organo d’informazione del Club C3

&

Marketing

Interactive Marketing

Poste Italiane S.p.A. Sped in a.p. - d.l. 353/2003 conv. l. 46/2004. art1.c.1 - LO/MI - Mensile - 5 Euro

Comunicazione

Dormirci sopra

Multimedialità La TV al tempo del web

Comunicazione con i cani

Abituarli a gestire lo stress


CLEIS è una Società di Comunicazione d’impresa specializzata nell’organizzazione di Eventi aziendali. Cosa facciamo: CREATIVITA’ Grafica - Web Presentazioni Audiovisivi

STRATEGIA Marketing & Comunicazione

COACHING

Cleis

EVENTI E MEETING In Out Motivazione

UFFICIO STAMPA Newsletter

FORMAZIONE Formazione finanziata

CLUB AZIENDALI GESTIONE FORNITORI GESTIONE AMMINISTRATIVA Fin dal 1998 ha acquisito la certificazione di qualità UNI EN ISO 9001: 2000 per i sistemi di gestione della qualità nella progettazione ed erogazione di servizi di comunicazione d’impresa e di servizi di formazione aziendale. Cleis Spa - via Lazzaro Spallanzani 10, 20129 Milano - Tel 02 7422 221 - cleis@cleis.it - www.cleis.it



dmc

Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

Le uscite di dm&c •n.1 febbraio •n.2 aprile •n.3/4 luglio •n.5 ottobre •n.6 dicembre

&

w w w. d m c o n l i n e . i t dm&c è anche in tempo reale DM il Direct marketing è una strategia di marketing che utilizza la comunicazione per rivolgersi, con strumenti interattivi, a un pubblico mirato onde ottenere risposte misurabili Marketing tutte la attività che vengono svolte da un’azienda per giungere alla vendita dei prodotti/servizi offerti (dalla ricerca alle indagini di mercato, dal lancio del prodotto alla post-vendita) Comunicazione D’impresa un processo che utilizza in modo integrato gli strumenti della comunicazione per far conoscere efficaciemente al mercato l’offerta e determinante il posizionamente I lettori di dm&c da un’indagine del Dicembre 2011 A QUALI AZIENDE APPARTENGONO

QUALE FUNZIONE HANNO IN AZIENDA

Utenti di comunicazione

67,2%

Titolari, presidenti, amministratori

18,5%

Agenzie di comunicazione e meeting planners

22,4%

Commerciali, marketing

48,9%

Concessionari, editori

2,7%

Direzione pubblicità, responsabile Rel. Est.

28,2%

Associazioni professionali, Pubblica Amministrazione Varie

6,3%

1,4%

Media

1,5%

Creativi - direttori

1,8%

Varie Aziendali

1,1%

dm&c è media partner di: www.clubdellosso.it www.site-italy.com

www.rapalloonia.com

www.labuonacomunicazione.it

Per ottenere la copia cartacea di dm&c basta un click www.miabbono.com/dmc


Sommario Anno 25 - no 1 del 2012

EDITORIALE 7

Sulla via di Damasco di Ugo Canonici

LA NOTA 8

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Grande, la Vespa Special di Guido Montacchini

COMUNICAZIONE 10 13 20 24 28 30 33 36

La Tv al tempo del Web di Grazia De Benedetti Le parole e le cose di Ugo Clima Dormirci sopra di Ugo D.Perugini “New Internet”e futuro dell’economia di Carlo Cremona Agire in conflitto di Manuele De Conte Ricordate il Direct marketing? di Bruno Calchera Il colore dell’oceano di Maurizio Quarta Cervello? Tracce di Pier Giorgio Cozzi

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COMUNICAZIONE CON I CANi 40 No stress! di Davide Canonici

MARKETING 15 18 22 28

Interactive Marketing di Paolo Carnevale Baraglia - Sabrina Bellodi Per vincere il ristagno economico di Axel Lo Guzzo La cortesia non è un optional di Barbara Coralli L’importanza delle regole di Marco Maglio

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RUBRICHE 42 45 48 50 52

Fatti & Persone Informalibri Comunicazione Sociale Comunicazione & Benessere Club dell’Osso

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PENSIERO LIBERO 54 La goccia erode la montagna di Alessandro Lucchini

I partner di questo numero: pag. 27

pag. 41 pag. 56

pag. 55

pag. 2


dmc Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

&

Amico lettore, dm&c viene realizzato sia su supporto cartaceo sia su supporto digitale. Se desideri ricevere la Rivista, gratuitamente, via e-mail, invia la richiesta a: direzione@dmconline.it segnalandoci le tue corrette coordinate. Se ritieni che anche un tuo amico sia interessato alla lettura di dm&c aggiungi anche le sue coordinate. Per ricevere la versione su carta puoi collegarti a www.miabbono.com/dmc.

Scrivici Subito!!! direzione@dmconline.it

La rivista, diretta da Ugo Canonici, si propone come testata leader nel settore del marketing, direct mar­keting e comunicazione d’impresa. Una marcia in più per chi vuole muoversi senza problemi nel difficile mondo del lavoro.


Editoriale

Sulla via di Damasco “I giovani per trovare lavoro devono solo decidere di andare all’estero”. E’ un coro che sale sempre più. Io vorrei dire la mia. Per chi ne vuol parlare la mia mail è proprio qui sulla destra. Nei giorni scorsi non sono andato a Damasco ma a Londra. Ad un master ho parlato di marketing e comunicazione. Dopo la teoria, un po’ di pratica e mie considerazioni, ho fatto un giro di tavolo con i ragazzi. E naturalmente la lingua è andata a battere sul dente indolenzito: il futuro e il lavoro. Dopo uno, due, tre che evidenziavano la necessità di lasciare i patri lidi pensavo che proprio tutti fossero (fossimo?) convinti che non c’era altro da fare. Ma una giovane ha detto “Io penso di tornare a casa. Abito in una terra particolarmente bella e piena di attrattive. Non ci credo che non potrò darmi da fare per trovare un’attività, magari nel turismo o nel congressuale o nella comunicazione, che mi permetta di lavorare con soddisfazione”. Ascoltavo e mi si accendeva una lampadina. Io stesso poco prima avevo invitato a cercare, dove possibile, una attività non consueta, innovativa, in cui buttare spirito imprenditoriale. E lo dicevo convinto, affermando che in questo mondo in cui tutto cambia non si può voler continuare a fare i mestieri di prima. O meglio come li si facevano prima. Se a casa nostra questi mestieri mancano è giusto andarli a cercare (questi stessi mestieri) da altre parti? Allora ho raccontato alla classe un fatto vero. In un paesino meraviglioso, dove la Natura non si è risparmiata nel profondere bellezze e unicità, c’era un fotografo. Ha sbarcato il lunario fino all’avvento del digitale che lo stava relegando in situazioni sempre più complicate. Un certo giorno, casualmente, gli chiedero un servizio fotografico per un matrimonio di due giapponesi che avevano scelto quella splendida terra per sposarsi. Poi capitò ancora. E poi furono cinesi, brasiliani, russi. Le cose andavano meglio. Ma il fotografo pensò “Se questi vengono sin qui a sposarsi, forse farebbe comodo loro avere sul posto qualcuno che possa dare di più di un servizio fotografico.” E così divenne “wedding planner” (facendosi aiutare, ovviamente, da chi ne sapeva di più). E vide che funzionava. E migliorava. Dopo un po’ si qualificava come “wedding designer”. E adesso mi dicono che stia cercando una definizione del tipo “il poeta dei matrimoni”… Di esempi come questo ce ne sono tanti. Certo bisogna avere gli occhi aperti, osservare, prepararsi. Avere il coraggio. Fare le cose nuove, quelle più complicate. E magari si scopre che queste cose si possono fare anche a casa. Allora, se si deve scegliere, esaminiamo anche la possibilità di non emigrare. Così ho osato concludere con i ragazzi, con un invito, attraverso una citazione (scusami Steve): stay hungry, stay foolish … (and why not?) stay at home.

Ugo Canonici Ugo_Canonici@cleis.it

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La Nota Guido Montacchini

A guardarla con attenzione l’automobile è un potente veicolo di comunicazione che ci fa comprendere pensieri e comportamenti del suo conducente

L’automobile è un mezzo di trasporto o di comunicazione?

Grande, la Vespa Special! -Muovendomi quotidianamente nel traffico milanese in motorino ho imparato, per spirito di sopravvivenza pacifica nella selvaggia giungla urbana, a leggere il linguaggio delle automobili. E’ incredibile quanto un’automobile sia in grado di comunicare a proposito del suo conducente: della sua personalità, del suo stile di guida, delle sue intenzioni, in modo da consentire addirittura di anticipare le successive manovre. Messaggi da decifrare

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Marca, modello, anno di immatricolazione, a volte anche il colore sono messaggi che opportunamente decifrati ci aiutano a convivere meglio con il traffico. Facile incominciare dal grande SUV tedesco (le altre marche ricadono sotto diverse tipologie), modello sempre aggiornato, massimo 3 anni, bianco, grigio, nero, rivela indiscutibilmente un carattere dominante (automobilisticamente parlando); la precedenza vale solo in base alle dimensioni e non accettano contraddittori; non amano intralci nel loro

percorso e tengono una distanza di non più di 5 centimetri dall’auto che precede. Ma con il cofano così imponente riescono veramente a capire dove finisce il loro paraurti e dove inizia il mio posteriore? Meglio non scoprirlo e lasciarli passare. Lunga station wagon metallizzata, nuova e pulita, conducente in abiti formali: sicuramente auto aziendale con manager alla guida; il tempo è denaro e quindi inizia a lavorare appena sale in macchina. Stili di guida Lo stile di guida è a singhiozzo: veloce e dinamico appena parte, rallenta leggermente non appena è impegnato nella prima conversazione telefonica, si distrae per inoltrare la e-mail appena ricevuta sul palmare e riparte con sprint appena si libera per qualche secondo. In questi casi occorre flessibilità e cogliere l’attimo per allontanarsi. Chi poi è alla guida della piccola city car a 2 posti molto alla moda è uno sportivo; è convinto di essere alla guida di una moto da strada, a volte


di una bicicletta da corsa, e quindi si comporta come tale: supera la fila di macchine al semaforo per piazzarsi in prima fila, svolta a destra con il rosso, qualche breve contromano e mai le frecce; attenzione. La golf è una categoria a sé; non c’è differenza di versione, anno, colore ma nemmeno di età, sesso, nazionalità, estrazione sociale del conducente. Chi è alla guida di una golf deve sempre stare davanti. Non vi preoccupate quando la vedete sparire dallo specchietto retrovisore, non ha svoltato, vi ha superato. Anche i furgoni I piccoli furgoni da trasporto, rigorosamente bianchi, stanno lavorando, loro, e quindi devono passare a tutti costi oppure fermarsi dove preferiscono. “Sono qui per lavorare, io!” imprecano ad ogni suggerimento di spostarsi che gli venga mosso. Tutti gli altri lì in mezzo all’ingorgo sono venuti invece in vacanza per godersi il panorama? Le utilitarie, italiane ed anche giapponesi, mezza età la macchina e mezza età la conducente, colorate, nonostante il traffico nevrotico mantengono serenità ed equilibrio, si difendono per non farsi sopraffare ma non aggrediscono; se concedi loro la dovuta precedenza, ti rispondono con un sorriso che aiuterà sicuramente ad incominciare meglio la giornata. Chi è al volante Per altre vetture è importante riuscire a vedere chi è alla guida; il comportamento dell’auto varia molto in funzione dell’età, del sesso del suo autista e delle attività collaterali svolte nel frattempo: tipicamente telefonate, sms, trucco, lettura dei quotidiani gratuiti. Il grado di attenzione da tenere, e quindi la distanza di sicurezza, deve adattarsi al grado di distrazione sti-

mato del conducente. Anche il ragazzotto in motorino con gli specchietti retrovisori puntati verso il cielo, seduto tutto storto sulla punta della sella con il casco slacciato cerca di segnalarci: “fai attenzione, ho la testa tra le nuvole” anche se nel suo linguaggio giovanile lui vorrebbe dire “Aho, guarda quanto so’ figo”. Anche la politica comunica attraverso le automobili: il governo Monti pensiona le precedenti lussuose auto blu tedesche per rispolverare le più vecchiotte berline italiane; è questa una delle primissime azioni messe in atto per mostrare attraverso le immagini amplificate dai media le linee guida del nuovo esecutivo. Equilibri nei rapporti In ambito professionale poi è determinante l’automobile come primo punto di contatto per meglio definire gli equilibri nei rapporti; nelle grandi organizzazioni l’auto aziendale è considerata il modo più esplicito ed efficace per affermare la propria posizione nella gerarchia interna, e quindi diventano importanti non solo marca, modello e cilindrata, ma la vera sfida si gioca sugli optional, gli accessori. Le auto sono lì, allineate nel parcheggio interno, dove tutti possono vedere chi conta davvero. Nel rapporto fornitore-cliente è sempre delicato capire quale può essere il modo migliore di presentarsi; un’auto piccola e datata potrebbe dare un’immagine di scarsa solidità; meglio forse una macchina di rappresentanza, recente ed elegante, ma cosa può succedere poi se è più bella di quella del cliente? Un fornitore che si presenta in Ferrari potrebbe invece suscitare qualche perplessità, meglio tenerla in garage. Ed io? Preferisco spostarmi con il mio motorino canticchiando: “ma com’è bello andare in giro per i colli bolognesi, con una Vespa Special che ti toglie i problemi”…

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Comunicazione Grazia De Benedetti

Una comunicazione sempre più multiforme e complessa dove Internet, in crescita a due cifre, assume un ruolo determinante tra vecchi e nuovi strumenti

La televisione si declina in rete

La Tv al tempo del Web - Strumenti e forme di comunicazione si moltiplicano e si connettono, invitando la pubblicità a sfruttare nuove opportunità. Dall’Ifa di Berlino 2011 e dall’edizione 2012 del CES (Consumer Electronics Show) di Las Vegas, che prospetta un video advertising online e interattivo in continuo sviluppo, l’ondata d’innovazione del settore TV manda un messaggio chiaro: se il tablet è stata la mania del 2011, il 2012 è l’anno delle nuove TV, sempre più “intelligenti” e connesse in rete. Web TV Smart TV

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Con le nuove tecnologie, la televisione non solo si relaziona col web, ma vi si immerge. Il discorso si fa complesso e rivoluzionario. La Web TV utilizza la rete, usufruendo non solo di tutte le emittenti ma anche di una interconnessione globale, con riproducibilità dei contenuti e interazione molto elevate. Per

i costi ridotti e il rapporto diretto coi cittadini, ne fruiscono anche le Istituzioni. Con la Smart TV il concetto è capovolto. Grazie alla presenza di un chip e d’un sistema operativo interno, i televisori vanno su internet come un normale PC, pescando i contenuti multimediali e porgendoli, su uno schermo più grande, nel salotto di casa. Il pregio è di fornire un accesso tv personalizzabile e vario: da Facebook a Youtube, dallo shopping a musica, film, videogiochi, chiamate Skype. Un ibrido polivalente e versatile, con funzioni aggiuntive, come ingressi di vari tipi, dalla fotocamera al lettore. Strategy Analytics riporta una stima di oltre 400 milioni i dispositivi Smart TV in uso alla fine del 2011 e 1,6 miliardi previsti nel mondo entro il 2014. Ma finora, in assenza di uno standard comune tra i produttori di televisori, ognuno ha sviluppato la propria piattaforma di SmartTV, senza un dialogo tra l’una e l’altra.


In Italia la partenza, meno supportata dai servizi, è più lenta e la nostra lingua non aiuta, alcune realtà si vanno però consolidando. La pubblicità deve prepararsi a nuove possibilità. Minisiti d’approfondimento Un esempio di come si può declinare la comunicazione crossmediale sono le campagne di .Fox, network internazionale di pubblicità online, che offre contenuti televisivi di qualità in rete. -La Tv ci sarà sempre, con un posizionamento strategico anche nelle nuove tecnologie. -afferma Francesco Barbarani, Head of .Fox Networks & Digital e una lunga esperienza nel mondo internet e new media. -Il contenuto parte dalla Tv, ma ha una forte declinazione in digitale, attraverso l’interazione tra utenti e piattaforme disponibili. Lo chiamiamo “metamedia”, cioè orizzontale: i driver sono i contenuti, l’interazione è fondamentale e con i minisiti completiamo l’esperienza dei telespettatori. L’obiettivo è di essere sempre più vicini a loro e di interagire con i nuovi clienti digitali-. La formula affianca a una serie Tv un approfondimento online che valorizza il brand: progetti caratterizzati da formati ad alto impatto e strumenti all’avanguardia, quali skin brandizzata e box nel minisito, video e formati pre-roll nelle pillole della trasmissione. Un successo è stato il programma Sos Tata. Tra le ultime campagne, tutte supportate da un minisito online su FoxLife (canale 114 di Sky), il docureality settimanale, Tesoro Salviamo i Ragazzi, dedicato al benessere dei più piccoli, sponsorizzato da Be-Total (integratori). -La scelta di Be-total dimostra l’importanza di legare il proprio brand a contenuti di qualità per un target specifico, e conferma il potere del video nel coinvolgere e fidelizzare i consumatori-. commenta Barbarani -Il nostro obiettivo è di supportare le aziende nello sviluppo

di strategie di digital advertising, che promuovano in modo efficace marca e prodotti, e di raggiungere gli utenti con alti livelli di intrattenimento, facendo leva su ciò che li appassiona-. Contenuti e intrattenimento Interessante l’abbinamento tra Sex Education Show (cosa si sa, non si sa, va saputo sul sesso), andato in onda su FoxLife, e il sito web, sponsorizzato da Durex (profilattici). Il minisito dava accesso ad estratti, video inediti, backstage e alla community, più la possibilità di interagire nel forum con una psicologa e formati box e leaderboard su Myspace e sui siti di altri canali Fox. -La campagna è un esempio innovativo di comunicazione online legata ai contenuti, unisce la dimensione social del forum all’intrattenimento: consumatori e brand si confrontano su argomenti che vanno trattati in modo serio e professionale, ma anche con un approccio ironico e giocoso-. spiega Barbarani.

Vocabolarietto Preroll : video spot visualizzato prima della fruizione del contenuto scelto dall’utente Postroll: video spot al termine della fruizione del contenuto scelto dall’utente Skin: home page dedicata al brand in tutti i suoi aspetti Splash page: pagina promozionale che accoglie l’utente prima di accedere al sito vero e proprio Leaderboard: banner pubblicitario che compare all’apertura di ogni nuova sessione


Un esempio: Tesoro Salviamo i Ragazzi In supporto al docu-reality Tv su una corretta alimentazione, il minisito offriva una scheda show, a misura del cliente verso un certo target, e contenuti extra brand, per arricchire l’intrattenimento: prima di ogni puntata TV, l’accesso a estratti anticipatori, per incuriosire e fidelizzare. Nello spazio web, “pillole” video del conduttore, che da “chef-scienziato” proponeva una ricetta tradizionale con ingrediente alternativo. Un confronto interattivo invitava a postare la propria ricetta, basata su uno dei “magnifici 20” alimenti indicati. Alle 20 ricette più originali, in premio una copia del libro di ricette. Inoltre, nel portale Fox di benessere e spettacolo, lo speciale Crescere Sani, e nei siti del network con target entertainment/femminile, box e leaderboard cobrandizzati e video pre-roll.

L’importanza del web -Le aziende sono attratte dal contenuto delle trasmissioni e dalle declinazioni possibili, forum, contest, richiami alle puntate, e cominciano a capire l’importanza del web per tutto ciò che nasce in Tv. Un anno di web equivale a sette di un altro mezzo. -continua Francesco Barbarani. -La “generazione del click”, soggetto del futuro, prefigura nuove tecnologie. Dobbiamo capire quale sarà il nostro posizionamento. Strategica per noi è “Flop TV”, la televisione web che va su tutti i device, curata interamente da Fox, compresi i video: in meno di 3 anni ne sono stati visti 15 milioni.

Piace a un target trasversale, specie maschile, fino agli “over 40”. I suoi contenuti umoristici “unconventional” sono d’un certo livello, non per la risata facile. Gli inserzionisti hanno una forte interazione coi social network, di cui possono misurare il gradimento. E’ un laboratorio sperimentale che ci dà grandi soddisfazioni. Tra le produzioni, parodie di oggetti inesistenti e Super G, supereroi omosessuali-. Nell’offerta di .Fox anche documentari National Geografic e concerti, organizzati con My Space, il “secret show”(origine USA), che stuzzica la curiosità: annunciato un mese prima, si rivela a rate, fino allo svelamento. La campagna dello sponsor ha il pregio d’uscire dal web e diffondersi nel territorio. Invito alla creatività I risultati di .Fox nel 2011 testimoniano che la scelta del format pubblicitario video, in costante aumento, continua a rivelarsi d’impatto e vincente. La pubblicità online in Italia vale 1,7 miliardi di euro e il video advertising nei primi 4 mesi 2011 ha avuto un aumento dell’80%. -Le Smart TV aprono un mondo di opportunità per gli inserzionisti. -affermaLuca Di Cesare, Managing Director Italia di smartclip, leader europeo per il video advertising. -La presenza del brand su più piattaforme consentirà soluzioni adv sempre più mirate ed efficaci. Dalla gamification alla rivoluzione dell’advertising partecipativo, il valore aggiunto dell’interattività dei contenuti sta arrivando a maturazione, verso contenuti più sofisticati. Gli annunci pubblicitari dovranno essere coinvolgenti e significativi per il target, spingendo i brand a diventare più creativi-. Il discorso continua.


Comunicazione Ugo Clima *

Le parole che utilizziamo mostrano segni di evoluzione e di involuzione. Il linguaggio sta diventando povero e a volte patetico

Una lingua in continuo cambiamento

Le parole e le cose - Viviamo tempi strani. La lingua che parliamo mostra segni di decomposizione e usa registri sempre meno compatibili fra loro. I giovani, alla crescente povertà del loro linguaggio, uniscono un gergo nato dai telefonini e dalla tecnologia, il turpiloquio dilaga nella televisione, negli spettacoli e nelle famiglie, l’eufemismo pretende di cambiare la natura delle cose, i luoghi comuni imperversano. Tempo fa un’amica mi chiedeva come mai in nessuna circostanza, io dicessi parolacce. Domanda imbarazzante Domanda imbarazzante. Forse per anticonformismo? Sono troppo diffuse. Per estetica: non le trovo eleganti. Per ottusità psicologica: non provo il bisogno liberatorio della coprolalia per ritrovare il mio equilibrio psichico. O forse temo una improbabile regressione verso la pubertà e l’adolescenza? Fatto sta che da molto tempo ho deciso di non dire parolacce e finchè sarò libero di non farlo, non lo farò.

Continuerò a subirle dagli attori di cinema, dai comici più o meno “cozzaloni”(vedi Checco), dalle presentatrici che sbagliano la battuta e dalle liceali che conquistano così la loro emancipazione. Tentativo patetico Mentre questo avviene, è stupefacente e patetico il tentativo di addolcire le brutture dell’esistenza, chiamandole con un altro nome, o con circonlocuzioni temerarie, come il “politicamente corretto” impone. Così un “non udente” dovrebbe essere più felice di un sordo, un ”non vedente”di un cieco, un “paramedico” di un infermiere e un “non docente”, cioè ciascuno di noi, di un bidello. Parlando di disgrazie umane bisogna essere prudenti, perché il rischio di passare per cinici è grave. Ma è curioso percorrere il tortuoso itinerario attraverso il quale si è arrivati a definire “diversamente abili” coloro che sono colpiti da gravissime infermità. Nel mondo classico, i romani, gente

* Presidente Mercurio Misura. Esperto di management, marketing e comunicazione diretta, ha tenuto conferenze in numerosi congressi nazionali e internazionali, oltre ad aver diretto innumerevoli corsi di management per dirigenti e quadri

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Comunicazione

spiccia e crudele, dicevano “cave signatos” , cioè “guardati dagli storpi”, perché li consideravano sgraditi agli dei, che avevano così provveduto a renderli riconoscibili. Non mostravano alcuna “pietas”, pur avendone inventato il termine nel senso religioso di solidarietà umana. Ma, per fortuna c’è stata una evoluzione di questo modo di pensare e, diciamolo, una umanizzazione. Un mondo soffice Nel nostro contemporaneo mondo, com’è noto infinitamente più soffice e solidale, si cominciò con handicappati, che parve subito poco incisivo e venne mutato in “portatori di handicap”, senza accorgersi subito che li si gravava di un ulteriore carico. Si arrivò così al “disabile”, che infine sbocciò nell’attuale “diversamente abile”. Senza sapere di essere precursore di un andazzo che avrebbe raggiunto il suo apice qualche decennio dopo, un certo Aldo Navarro, vincitore del concorso di poesia dialettale Rugantino nel 1987, scrisse un sonetto che avrebbe meritato maggiore notorietà:

Michele, penza un po’ che grande onore Fa l’edile, nun fa più er muratore. Armando che faceva lo scopino Mo’ te l’hanno promosso netturbino. Tutto è cammiato per er sor Arvaro Ch’è idraulico e nun fa. più lo stagnaro, e Pippo è paramedico: è un piacere pe’ lui sapè, che nun è più infermiere. Nun fa la serva più la sora Rosa Ma fa la corfe, tutta n’antra cosa. Arturo era bidello e mo’ se sente Tutto “parà” (scolastico, s’intende). Ma er mestiere più bello e più felice Lo fa la Nena, che mo’ è passeggiatrice E cammianno lavoro, cosa strana Nessuno può più dì ch’è ‘na puttana

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L’ipocrisia che trasuda dal linguaggio definito “politicamente corretto”, è

insopportabile. Soprattutto considerando che va di pari passo con la lussureggiante parassitaria fioritura di luoghi comuni e tic verbali che intossicano la maggior parte dei colloqui fra persone. Cervello in folle Per cui, uno comincia un qualsiasi discorso con un “Niente…”, seguito dal fatto che è “ha avuto un’emozione”, ma che farà una riflessione “a 360 gradi”, perché la situazione di “questo paese”, (con la p minuscola perché la frase vuole indicare l’estraneità di chi parla allo stato deplorevole del Paese in cui si trova, e lo dice guardando verso terra con sguardo leggermente schifato), per concludere con un “sarò sincero…”, esplicita confessione di abituale disonestà solo eccezionalmente interrotta, per concludere con un inevitabile “quant’altro”, che va bene in qualsiasi circostanza. Per concludere, di fronte allo sguardo leggermente perplesso del suo interlocutore, con un “assolutamente sì” o “assolutamente no”, espressioni di granitica sicurezza in ciò che si dice. “Assolutamente forse”, per quanto consigliabile, non è contemplato. Sappiamo che il luogo comune offre il grande vantaggio di mettere il cervello in folle e permette di non pensare. Ma è proprio questo che rende insopportabili i “luogocomunisti”.


Marketing Paolo Carnevale Baraglia * Sabrina Bellodi **

Avviare un percorso di marketing interattivo aiuta le aziende a rispondere al mercato in modo coerente personalizzando le comunicazioni

Per realizzare un dialogo continuativo attraverso più canali

Interactive marketing - In un contesto in rapida evoluzione, la maggior parte delle aziende deve competere per sostenere interazioni efficaci con la propria audience. Anzi, a volte capita che le aziende utilizzino ancora strategie di comunicazione senza una valutazione attenta dei messaggi e del target di riferimento. Al contempo, il mercato mette sotto pressione le aziende pretendendo delle attività di marketing affidabili e in grado di dimostrare un ritorno dell’investimento. Oggi sono disponibili nuove modalità per raggiungere e coinvolgere i propri clienti e prospect, con comunicazioni tempestive, appropriate e piacevoli. Si tratta dell’ Interactive Marketing. Avviare un percorso di Interactive Marketing aiuta le aziende a rispondere al mercato in modo coerente, sfruttando la straordinaria possibilità di personalizzare e rendere interattive le comunicazioni. Ma cosa significa realmente Interactive Marketing? Significa coinvolgere i consumatori/ utenti all’interno di un dialogo di

comunicazione continuativo attraverso più canali (email, direct marketing, advertising, mobile, social). Questo flusso di comunicazioni deve essere però basato sui comportamenti passati o presenti dei clienti, che vanno quindi accuratamente monitorati, compresi e indirizzati. Con il declino dei tradizionali canali di marketing, infatti, e grazie allo sviluppo dei canali online e dei social network, i clienti hanno un maggiore controllo delle interazioni con le aziende. Inoltre, i profondi cambiamenti in atto impattano sulla capacità di avviare campagne commerciali di successo.

* Manager of Demand Programs, Digital & Database Marketing IBM Italia ** Demand Program Manager IBM Italia

La crescita dei canali online, mobile e dei social network Virtualmente tutti i canali marketing, dai siti web ai motori di ricerca, supportano comunicazioni con i clienti mirate e personalizzate. Anche i canali di mass market, come la televisione, offrono programmi on demand, e la geo-localizzazione sta crescendo di pari passo con l’uti-

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Marketing

lizzo degli strumenti mobili. Inoltre, gli ultimi studi di mercato mostrano come i consumatori, quando devono effettuare un acquisto, si fidino molto di più dei suggerimenti degli amici e della “voce” del web piuttosto che della comunicazione aziendale istituzionale. Comportamenti nuovi

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I clienti hanno sempre più potere e adottano comportamenti radicalmente nuovi. Sempre più, quindi, i clienti hanno la possibilità di accedere facilmente alle informazioni attraverso diversi canali, e questo ha permesso loro di ottenere un maggiore controllo nei rapporti con le aziende e sulle informazioni, e spesso sono le aziende a farne le spese. Le aziende devono essere quindi in grado di comprendere, per ogni canale a disposizione, il tipo di reazione che i clienti possono avere rispetto alle comunicazioni ricevute. Attraverso un approccio di Interactive Marketing, sia tecnologico che culturale, è possibile quindi dare al destinatario della comunicazione l’informazione giusta, al momento giusto e attraverso il canale corretto. Per promuovere questo approccio servono alcuni requisiti tecnologici. Esamineremo i primi 2 in questo ar-

ticolo, per poi concludere l’analisi nel prossimo numero. Questi requisiti sono dunque: 1. Consapevolezza del cliente; 2. Processo decisionale centralizzato; 3. Gestione crosschannel; 4. Attività di marketing integrate. Consapevolezza del cliente Ascoltare attivamente significa comprendere i punti di vista di un cliente. I responsabili marketing devono essere in grado di identificare i comportamenti dei clienti attraverso tutti i canali a disposizione, off e online. Per poter utilizzare queste informazioni, e per rispondere in modo coerente alle future richieste, è necessario avere a disposizione una tecnologia in grado di ottimizzare e di tenere traccia dei comportamenti e della situazione attuale di un cliente; ma anche di individuare le preferenze, avvisare quando ci sono opportunità relative a un potenziale cliente e prevedere i risultati delle attività di marketing. Per far si che tutto questo sia possibile, una soluzione di Interactive Marketing deve integrare: • analisi per valutare il comportamento, le preferenze e le opportunità relative ai clienti, e per suddividerli in gruppi da coinvolgere in iniziative di marketing mirate, passando velocemente dalle richieste alle azioni;


• analisi del traffico sul web per comprendere come n a v i gano i clienti all’int e r n o del sito aziendale, partendo da analisi self-service, che permettono di migliorare l’efficacia delle iniziative di marketing • analisi previsionali sviluppate per gli specialisti del marketing, non per esperti di statistica: strumenti semplici per segmentare il mercato, prevedere le risposte, le attività di cross-selling e la durata dell’offerta commerciale • rilevazione di eventi per monitorare i modelli di comportamento dei clienti, e avviare azioni quando si verificano modifiche significative che possono suggerire nuove opportunità, come ad esempio quando un cliente abbandona un carrello durante un acquisto online. Conversazioni significative Cosa accadrebbe se durante una conversazione tra due persone una di esse non si ricordasse più cosa ha detto l’altra un minuto prima, oppure se entrambe si ricordassero solo parte della discussione, come ad esempio quello di cui si è parlato al telefono, ma non quello che è accaduto durante il pranzo? Una conversazione di questo tipo farebbe sentire i due interlocutori molto frustrati.

Ed è proprio così che si sentono i clienti quando interagiscono con le aziende attraverso diversi canali di contatto. Con un approccio marketing tradizionale e decentralizzato, il contact center aziendale potrebbe avere regole interne di cross-selling, il sito internet potrebbe basarsi su diverse regole di comportamento per focalizzarsi sulle attività di comunicazioni più adatte, mentre il direct marketing potrebbe basarsi su un’altra tipologia di offerta. Comunicazione caotica La conseguenza migliore per una strategia di questo tipo sarebbe una comunicazione caotica, mentre la peggiore potrebbe essere l’irritazione del cliente, che risentirebbe della mancanza di uno storico delle proprie interazioni con l’azienda. Ecco perché per una corretta strategia di Interactive Marketing è fondamentale avere un dialogo continuativo con i clienti, e per tutti i canali di comunicazione disponibili. Un processo decisionale centralizzato permette alle aziende “di pensare prima di parlare” ai propri clienti, e di parlare basandosi sullo storico delle conversazioni tenute con il cliente fino a quel momento. Questo è essenziale per coinvolgere i clienti all’interno di un dialogo efficace. (continua)

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Marketing Axel Lo Guzzo

Un semplice spazio commerciale che nasce dal nulla, rimane aperto per breve tempo con campagne che sembrano eventi, e infine chiude Il “Temporary shop”

Per vincere il ristagno economico - Il temporary shop è il derivante diretto del retail di tipo tradizionale, fortemente influenzato della nostra quotidianità frammentata e della voglia d’occasioni. Si tratta di un semplice spazio commerciale che rimane aperto per un breve periodo, ben determinato. Rafforzare le relazioni

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Al suo interno non si svolge un’attività commerciale così come generalmente concepita, piuttosto un qualcosa di più simile a un evento artistico indirizzato a rafforzare la relazione tra prodotto e consumatore. Il fine è lo stesso di quello di una tradizionale campagna pubblicitaria, ma l’effetto ultimo per il visitatore è di avere la sensazione di partecipare a un vero e proprio evento. Decidere di aprire un temporary shop, significa voler entrare nella fase più moderna del marketing dove si cerca di cogliere e sviluppare le sfumature di ogni tendenza per comprendere e sedurre, in breve tempo, il visitatore. Quella che è proposta all’utente fina-

le è un’esperienza unica, singolare; basata su un elemento importante: il tempo, ma non solo; ci si sente fortunati ad avere saputo del nuovo negozio e felici di poter fare un’esperienza originale e irripetibile, che tornandoci alla mente è in grado di suscitare un senso di gradevole malinconia. A fianco alle classiche tecniche di marketing sono generalmente abbinati, degli studi a carattere di psicologia ambientale per rendere al massimo l’impatto dell’ambiente sulla sensibilità dei visitatori che si recano nel punto vendita. Strumento apprezzato Questi sono gli elementi che hanno reso il temporary shop, uno strumento di comunicazione commerciale molto apprezzato dalle aziende che si stanno organizzando ad affrontare la rapida evoluzione del nuovo modo di fare economia. Nati quasi per caso negli Stati Uniti circa sette anni fa, i temporary shop hanno visto la loro comparsa in Italia solo da poco; e ora, come del resto in tutto il mondo, sono per cosi dire


esplosi. Se andiamo, però, ad analizzare i fondamenti psicologici su cui si basa questa particolare tecnica di marketing, ci accorgiamo che sono caratterizzati da fattori interpersonali quali ad esempio, l’urgenza che ricopre una posizione molto importante. Una cometa Il temporary shop, è visto come se fosse una cometa che si avvicina, passa e poi svanisce. Questo crea nell’inconscio del consumatore una sorta di “paura di perdere l’affare o l’occasione”, timore che limita il fattore critico-logico togliendo tempo ed energia alla razionalizzazione e soprattutto al noto meccanismo del “però, ci devo pensare sù”. L’elemento sorpresa, inoltre, anche per gli utenti più razionali assume un valore irresistibile. Cosa, più del temporary shop, può raffigurare l’imprevedibile e la novità? La comparsa repentina di un evento efficacemente spettacolarizzato è considerata come un magnete sociale capace di accentrare con efficacia l’interesse dei consumatori. Inoltre, l’esclusività di un prodotto è avvertita come attraente e allettante quanto più è proposto come esclusivo e per pochi. L’esperienza offerta dal temporary shop è capace di fare leva perfettamente su questo principio. Fuggire la monotonia Infine, tutti siamo alla ricerca di momenti e occasioni per fuggire dalla monotonia della quotidianità e immergerci in situazioni anche ad alto contenuto emozionale. Oltre alla realtà commerciale del temporary shop, con la caratteristica innovativa di avere per la chiusura un

tempo dettato da giorni, ore e minuti, hanno fatto comparsa anche i” web temporary shop” in grado di sfruttare le potenzialità dell’e-commerce all’ultima moda nelle strategie di marketing e di proporre prodotti e offerte a tempo limitato. Le aziende possono pubblicizzare sul proprio sito un prodotto che costituisce, quindi, una singola offerta, esclusiva disposta ad esempio all’interno di una più ampia vetrina di prodotti. In questo modo il web temporary shop si presenta come un canale di vendita diverso per le aziende in grado di sfruttare le potenzialità della rete per la loro crescita e diffusione presso il proprio pubblico di riferimento. Una buona idea Per un commerciante, pensare di aprire un temporary shop in questo particolare periodo di stasi economica è probabilmente una delle idee migliori che possa avere; il vantaggio principale che si può ottenere è sicuramente rappresentato dall’abbattimento dei costi di gestione, molto inferiori rispetto a quelli di un classico esercizio commerciale. Inoltre, si ottiene un livello di gradimento elevato da parte dei consumatori per questo tipo di proposte che rendono lo shopping più piacevole e affascinante. Le ragioni che spingono ad aprire un temporary shop possono essere delle più svariate. Si passa dalla semplice esigenza di voler pubblicizzare il proprio brand aumentando la propria visibilità e organizzando eventi temporanei in un’area a elevato traffico pedonale, alla necessità di presentare nuovi prodotti e promuovere svendite particolari, oppure il bisogno di testare il gradimento di un nuovo prodotto presso i consumatori.

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Comunicazione Ugo D. Perugini

Un buon pisolino, prima di prendere decisioni complesse, diventa importante per dare spazio oltre all’analisi razionale anche all’inconscio

Anche nei momenti più difficili, anzi, soprattutto lì

Dormirci sopra - Per decidere in maniera efficace e trovare soluzioni a situazioni complesse, è necessario avvalersi sia della parte cosciente della nostra mente che permette un’analisi razionale - che della parte incosciente – che permette all’intuito di fornire le sue elaborazioni. Ecco allora che un pisolino prima di prendere una decisione diventa un momento importante per dare spazio anche all’inconscio, permettendogli di fornire anche il suo punto di vista! Ricerca attendibile

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Secondo una ricerca molto attendibile, dormirci sopra è proprio la soluzione più corretta quando ci troviamo di fronte a decisioni complesse e delicate. Ognuno di noi, quotidianamente, deve prendere decisioni, alcune delle quali anche non semplici. Soprattutto perché dobbiamo tenere conto di diverse varianti, considerare il peso di pressioni esterne e perché non ci fidiamo di dare ascolto al nostro istinto, che spesso è molto rapido, ma indubbiamente altrettanto

superficiale. Che fare allora? Meglio dormirci sopra o prendere una decisione “a caldo”, in modo impulsivo? Gli psicologi che studiano il comportamento umano e il processo decisionale non hanno dubbi: chiunque, di fronte a decisioni difficili, è giusto che si prenda un momento di riflessione, anziché dare una risposta troppo affrettata o d’istinto. Un esperimento Maarten Bos ha realizzato di recente un esperimento, pubblicato sul “Journal of Consumer Psychology”, coinvolgendo una serie di potenziali acquirenti di autovetture ai quali ha sottoposto una lunga serie di informazioni, realizzate allo scopo di “confondere” i soggetti. Alcune auto di scarsa qualità erano descritte esaltando aspetti positivi, anche se del tutto marginali, mentre altre auto, pur avendo maggiori qualità, venivano rappresentate in modo molto più semplice e “dimesso”. Coloro che hanno dovuto prendere una decisione immediata hanno


scelto auto di bassa qualità ma molto pubblicizzate, mentre gli altri, ai quali è stato concesso più tempo e hanno potuto, per così dire, distrarsi dalla decisione da prendere, hanno optato per le auto di buona qualità, compiendo quindi una scelta più corretta.

rivedendola attentamente, anche perché l’inconscio ha molte qualità, ma è impreciso e approssimativo. (Se dormi pensando di risolvere un problema matematico, difficilmente ti alzerai con la soluzione in tasca!)

Tre consigli

È evidente che non tutti possono farsi un pisolino prima di prendere una decisione. Talvolta, manca il tempo. Allora, basta distrarsi: evitare di pensare al problema per qualche momento, ascoltare un po’ di musica, svolgere qualsiasi attività che allontani il pensiero dal nostro “chiodo fisso”. E, poi, tornare a rifletterci. Di solito, in questo modo vi sono molte più possibilità di scegliere la soluzione giusta per i nostri problemi! A proposito: non tutti sanno che Barak Obama, prima di prendere la decisione di autorizzare il blitz che avrebbe ucciso Osama Bin Laden, ha voluto dormirci sopra. Eppure, molti non l’hanno apprezzata. Qualcuno lo ha definito addirittura irresponsabile e poco sensibile nei confronti dei propri collaboratori. Fortunatamente, sono poche le persone che si trovano ad affrontare problemi tanto delicati come l’eliminazione di un terrorista.

Quali le conclusioni da trarre? Tre consigli anzitutto da seguire sempre, quando ci si trova di fronte a decisioni complesse e delicate: 1. Raccogliere tutti i dati e le informazioni necessarie per poter valutare in modo obiettivo la scelta da compiere. La mente cosciente ci deve aiutare a svolgere una analisi razionale della questione, sfrondando già da subito quelle soluzioni che possono essere scartate. Ad esempio, “quell’auto costa il doppio di quanto io possa permettermi”. 2. Chiedere aiuto all’inconscio. L’attenzione cosciente, infatti, è limitata e se ci si affida solo ad essa si rischia di creare corto circuiti senza vie d’uscita. Quindi, il consiglio è di “dormirci su”. 3. A mente fresca, dopo aver lasciato lavorare l’inconscio, occorre tornare sulla decisione che è stata elaborata,

Quando manca il tempo

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Marketing Barbara Coralli

L’argomento Call Center è complesso e articolato. Forse è arrivato il momento di ripensarlo e tornare al rispetto dei fondamentali

L’elementare educazione di base è un “must”

La cortesia non è un optional

Barbara Coralli Managing Director e Senior Partner di Studio Telemaco – Milano Opera da oltre 20 anni nel settore della comunicazione d’impresa. Esperta di Comunicazione PNL per i testi DM, web marketing e script di marketing telefonico. Nel 1988 fonda Telemaco Strategie S.r.l., società prevalentemente incentrata sul marketing telefonico B2B per azioni di alto profilo Nel 1993 fonda Studio Telemaco, più focalizzata su consulenza e formazione per il Customer Care coralli@studiotelemaco.it

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- Abbiamo parlato dell’uso perverso dell’ IVR (Interactive Voice Response), l’albero di navigazione che dovrebbe avere la funzione di indirizzare l’utente all’interno di una struttura in base alle sue esigenze. Sappiamo bene che gli italiani non amano parlare con le macchine, infatti basta analizzare le nostre caselle vocali. Allora la miglior soluzione è un addetto in carne ed ossa? Si, a patto che ci siano una certa predisposizione, una formazione specifica e una base elementare di buona educazione; in una parola: professionalità. A tutti è capitato di scontrarsi con operatori inadeguati: maldestri, poco chiari o addirittura maleducati. Se poi si tratta di addetti stranieri, il più delle volte è quasi impossibile capire e farsi capire. L’argomento call center è complesso e articolato: serviranno alcuni appuntamenti per focalizzarne tutti gli aspetti. Il servizio clienti -inteso come assistenza post vendita- andrebbe gestito separatamente ed in modo diverso dal telemarketing, cosa che raramen-

te avviene: obiettivi differenti, quindi diverso approccio, tranne che per una cosa: la qualità del contatto, che è imprescindibile e quindi partiamo da questo aspetto, o meglio da un elemento di esso: la cortesia. L’immagine dell’azienda E’ sempre più frequente, infatti, che si inneschino situazioni conflittuali, fino ad arrivare agli insulti, in certi casi-limite. Su questo punto va fatta una considerazione: al di là del risultato concreto, l’addetto sta operando per nome ed in conto della società, che verrà quindi valutata in base alla qualità del contatto che, se scadente, produrrà effetti negativi sul medio o addirittura lungo periodo. Sembra però che non si tenga nella dovuta considerazione questo aspetto. Non è la signorina tal dei tali che ci perde la faccia, ma l’azienda e, tra l’altro, gli addetti non si presentano nemmeno: al massimo usano il nome di battesimo, in barba alle regole di best practice che nessuno osserva più.


La cortesia pare essere diventata un optional, almeno nel nostro Paese. Ma è proprio vero? Siamo, al solito, gli ultimi della classe? Ho trovato una discussione lanciata in un gruppo americano di Linkedin dedicato alla qualità e alla formazione in ambito call center. Vediamola. Una discussione Alys chiede: “pensate sia importante l’uso di ‘per favore’, e ‘grazie’ o li classificate come formule di cortesia vecchio stile?”. La questione non sarebbe nemmeno da porre. Ha ragione ed infatti “grazie” e “per favore” non rientrano nel campo delle formule di cortesia né ‘buona’ educazione: si tratta solo di semplice “educazione”, quindi sono essenziali. Ho analizzato le risposte, date da formatori e team leader: su 13, solo uno le considera inutili e/o non determinanti sui risultati immediati e due “non sufficienti” a garantire una buona comunicazione. Ho estrapolato alcune osservazioni: − l’uso dei convenevoli può sembrare ridondante a chi deve usarli molte volte al giorno, ma sono assolutamente necessari e il cliente se li aspetta, quindi non sono un’opzione; magari non li nota, mentre sicuramente si accorge quando mancano. Naturalmente è importante anche il “come” si usano: il tono e l’inflessione sono importanti, non devono suonare falsi. Trovando operatori scortesi, il cliente sceglierà altri metodi di comunicazione oppure semplicemente cambierà fornitore. Il risultato non cambia: che cali il numero di clienti o l’uso del telefono come mezzo di dialogo, caleranno anche i posti di lavoro (e questa è un’osservazione che gli addetti dovrebbero considerare...n.d.r.) − Può essere difficile convincere gli addetti ad essere gentili in mancanza di una naturale predisposizione, però ritengo che sia essenziale per comunicare efficacemente. Mi chiedo se la mancanza di atten-

zione a questo aspetto sia solo un fenomeno estremamente diffuso o se si tratti proprio di un cambiamento culturale. Ad ogni modo, continuerò a formare gli addetti secondo le mie convinzioni e spero che alla fine la cortesia tornerà ad essere un elemento fondante del servizio clienti, com’è giusto che sia. − L’uso di formule di cortesia si riflette sull’intero comportamento dell’addetto e, dulcis in fundo: − Il bisogno primario del cliente è sentirsi ascoltato e importante. La discussione ha portato Alys a convalidare le sue convinzioni sull’importanza delle più elementari formule di cortesia e continuerà a richiedere che vengano usate. La qualità del contatto Questa discussione presuppone un modo di operare che da noi s’è perso del tutto: penso alla realtà della maggioranza dei nostri call center ed al fatto che la valutazione del singolo operatore è ormai un retaggio del passato, con un team leader ogni 50 o più operatori e che, invece di stare costantemente in sala operativa per monitorare la qualità della comunicazione, resta chiuso in un ufficio ben isolato, limitandosi agli aspetti organizzativi e al calcolo dei risultati: pare che la qualità del contatto abbia perso ogni importanza. Eppure, anni fa, non era così. Forse è arrivato il momento di ripensare il call center e tornare al rispetto dei fondamentali, se non proprio alla “ortodossia” della comunicazione telefonica, perché il Customer Service è un eccellente strumento per coltivare il parco clienti, ma se gestito male produce l’effetto contrario. Molte sono le cause che hanno determinato il declino della qualità del contatto, comune a telemarketing e servizio clienti: prima fra tutte, la mancanza di formazione adeguata; l’argomento merita un approfondimento: ne parleremo.

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Comunicazione Carlo Cremona

Entro l’anno 2016 il numero degli Utenti della Rete si suppone che supererà i 3 miliardi (oggi sono 2), quasi la metà della popolazione mondiale

ABC Internet

“New Internet” e futuro dell’economia (prima parte)

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- Non è facile rendersi conto della velocità con la quale può crescere una funzione esponenziale. Proviamo allora, per cercare di farcene un’idea, a rispolverare un antico apologo. Secondo una delle tante leggende che riguardano la sua origine, il gioco degli scacchi fu inventato in India da un modesto bramino di nome Sessa. Il sovrano dell’epoca, dopo aver provato il gioco per qualche tempo, fu preso da tale ammirazione per il suo inventore che volle premiarlo promettendogli, come ricompensa, qualunque cosa del suo regno - palazzi, giovani schiave vergini, oro, gioielli - che avesse desiderato. Sessa chiese invece solo del riso, e precisamente tutto il riso necessario a riempire la scacchiera mettendone un chicco nella prima casella, due nella seconda, quattro nella terza, e così via fino alla sessantaquattresima, raddoppiando ogni volta il numero dei chicchi. Il sovrano, magari un po’ irritato per una richiesta che dovette sembrargli fin troppo modesta, ma forse compiaciuto all’idea di potersela cavare con molto poco, diede ordine di esaudire il deside-

rio del bramino. Salvo poi restare allibito quando i suoi consiglieri lo informarono che la quantità di riso risultante era di gran lunga superiore alle risorse del suo regno, rendendo impossibile soddisfare la richiesta del bramino. I chicchi di riso che il sovrano - il quale evidentemente non conosceva le funzioni esponenziali - avrebbe dovuto dare a Sessa, sarebbero stati esattamente 18.446.744.073.709.551.615, ovvero 2 elevato alla 64^-1. Ora, sapendo ad esempio che la produzione mondiale di riso odierna si aggira attorno ai 700 milioni di tonnellate, e che 16 grani di riso pesano 1 grammo, è facile calcolare che, pur con questa produzione, sarebbero necessari oltre trecento anni per mettere insieme una tale quantità di riso. Dall’India favolosa al World Economic Forum di Davos Ciò premesso, ritorniamo ai nostri tempi, e precisamente all’ultima settimana dello scorso mese di gennaio. In quei giorni si è tenuto a Davos


(Svizzera) il World Economic Forum ovvero il consesso a maggior concentrazione di potere e denaro al mondo - nel corso del quale, ogni anno dal 1971, una schiera (2600 erano questa volta i partecipanti) di leader politici, di alti funzionari governativi, di economisti, banchieri, grandi industriali, intellettuali e consulenti di ogni tipo viene richiesta di distillare l’oroscopo del nostro futuro. Ma quest’anno il Forum di Davos è stato un vero fallimento, al punto da far dire a molti commentatori se un consesso così evidentemente propenso a conservare l’ordine esistente sia davvero il più adatto ad affrontare il compito che gli era stato proposto: “La grande trasformazione, come formare nuovi modelli”. La riunione di questi 2600 personaggi è parsa in effetti del tutto incongrua, sia per la sua limitatezza (salvo per la percentuale di denaro mondiale che ad essa fa capo), sia per la sua effettiva rappresentatività. Guardare al futuro Il dubbio che sempre più si insinua è se le élite che si riuniscono a Davos siano davvero tali, se cioè, data la loro incapacità di trovare risposte adeguate alle domande del presente, siano realmente in grado di esercitare la loro funzione d’avanguardia per quanto riguarda il futuro. È infatti del tutto improbabile che le decine di teste coronate presenti in Svizzera (si, c’era anche l’87nne Abd Allah re dell’Arabia Saudita) siano ancora capaci di rappresentare i loro sudditi, per non parlare dei leader politici ed economici attuali e passati, ugualmente presenti in massa. Come dimenticare che sono stati loro a pilotare in modo fallimentare le economie oggi in crisi, rendendo lecito il chiedersi se dei piloti falliti siano capaci di proporre nuovi e validi modelli di sviluppo. Insomma mai come a Davos si è vista rappresentata la crisi attuale nella sua essenza: in un mondo che è in

difficoltà perché non sa rinnovarsi, coloro ai quali si chiede di promuovere il cambiamento sono proprio quelli che non cambiano, i leader politici, intellettuali ed economici di sempre. Come ha chiosato l’italiano Francesco Guerrera, caporedattore finanziario del Wall Street Journal di New York: “Siamo come pesci in un acquario, giriamo e rigiriamo senza toccarci e senza andare da nessuna parte.” L’Internet e la tecnologia salveranno il mondo? In verità non tutto ciò di cui si è parlato a Davos è stato deprimente: in due delle 260 sessioni di lavoro - quelle dedicate al mondo di Internet - si sono avanzate prospettive più ottimistiche. Stando infatti alle previsioni contenute nel rapporto “The Digital Manifesto: How Companies and Countries Can Win in the Digital Economy”, presentato dal Boston Consulting Group, entro l’anno 2016 il numero degli utenti della Rete, che alla fine del 2011 ha sfiorato i 2 miliardi, supererà i 3 miliardi - quasi la metà (esattamente il 45%) della popolazione mondiale - e il valore dell’Internet economy nei paesi del G-20 raggiungerà i 4.200 miliardi di dollari, raddoppiando la sua dimensione attuale. Una crescita le cui conseguenze non potranno essere ignorate né a livello delle nazioni né a quello delle imprese. “Il fatto - come recita testualmente il rapporto - è che ‘siamo ormai entrati nella seconda metà della scacchiera’, dove la scala e la velocità del cambiamento, sul quale influirà in modo decisivo lo sviluppo dei mercati emergenti, la diffusione dei dispositivi mobili, e la crescita dei social network, modificheranno indelebilmente nei prossimi cinque anni la struttura e il modo di fare business delle aziende, dando luogo a opportunità che dovranno essere assolutamente colte.”

Francesco Guerrera


Comunicazione L’altro rapporto, presentato dalla McKinsey e intitolato “Online and up-coming: The Internet’s impact on aspiring countries,” prende invece in considerazione le conseguenze della diffusione di Internet in 30 dei cosiddetti “mercati emergenti”. In questi Paesi la Rete sta già dando un contributo pari all’1.90 % dei loro PIL (vale a dire 366 miliardi di dollari nel 2010) (*), mentre nei 6 Paesi studiati in maggior dettaglio - Ungheria, Malesia, Messico, Taiwan, Turchia e Vietnam sarebbero già stati generati 2 milioni di nuovi posti di lavoro. L’alba della “New Internet” I due rapporti sopra citati - la cui elaborazione sembra aver richiesto più di un anno di lavoro ciascuno - non si limitano a dare numeri di tipo generico, ma spiegano perché, per quanto riguarda la Rete, il fatto di essere ormai entrata nella seconda metà della scacchiera consentirà la completa espressione di tutto il suo potenziale, anche quello economico, al punto di far parlare di “New Internet”. Secondo il Boston Consulting Group stanno infatti emergendo, nella natura e nell’uso dalla Rete, alcuni importanti fenomeni che non sono ancora stati ben compresi né dal mondo della politica né da quello dell’imprenditoria. Internet non è più uno strumento per pochi, come nell’ultima decade del secolo scorso, ma è ormai diffuso ovunque. Nel 2016 il 70% dei suoi utilizzatori nell’area G-20 apparterrà ai “mercati emergenti” (del G-20 fanno parte anche Cina, India, Brasile, Turchia, Sud Africa...). E solo la Cina ne conterà oltre 800 milioni, un numero pari a quello degli utenti di Francia, Germania, India, Giappone, Gran Bretagna e Stati Uniti messi assieme. Mentre il contributo dei mercati emergenti all’Internet Economy passerà da meno del 25% a più del 33%. Sempre nel 2016 i dispositivi mobili, e in particolare gli smart-phone (nel 2011 ne sono stati venduti 487 milioni contro 414 milioni di PC) ori-

gineranno l’80% di tutto il traffico a banda larga nei Paesi del G-20. Anche i Network sociali stanno modificando i vecchi modelli di comunicazione: un fenomeno che interessa tutta la Rete che da “passiva” si sta trasformando in “partecipativa”. In Paesi quali l’Argentina, il Brasile, l’Indonesia e il Messico sono state addirittura saltate un paio di tappe in questa evoluzione. e ai Network sociali accede ormai il 90% dell’utenza della Rete, in modo dunque molto più ampio di quanto non è ancora avvenuto nei Paesi economicamente più sviluppati. I Social Network Una delle conseguenze è che nei Paesi del G-20 (i quali rappresentano il 65% della popolazione e l’87% del PIL mondiale) oltre 1.300 miliardi di dollari di beni sono stati ad esempio acquistati “off-line” dopo essere stati cercati e individuati “on-line”. Infine le aziende - il Boston Consultin Group ne ha analizzate oltre 15.000 tra medie e piccole - che usano in modo esteso la Rete, ivi compresi i Network sociali, per vendere, fare marketing e interagire con clienti e fornitori, crescono più velocemente di quelle che non stanno sfruttando questa opportunità. Negli Stati Uniti le aziende molto presenti nella Rete sono cresciute, nel periodo che va dal 2007 al 2010, in media del 4,1%, ovvero sette volte più velocemente di quelle poco o non presenti. Un trend che è stato riscontrato esistere in tutti i Paesi presi in considerazione dall’analisi, a prova del reale contributo che la Rete sta dando alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro. (*) nei Paesi sviluppati il contributo al PIL della “Internet economy” raggiunge mediamente il 3.4%. Per quanto riguarda l’Italia nel 2015 l’Internet economy del Paese rappresenterà tra il 3,3% e il 4,3% del PIL per un valore totale pari a 59 miliardi di euro. Il che sta a significare che per ogni euro di crescita del PIL circa 15 centesimi saranno da attribuire alla Rete.



Comunicazione Manuele De Conti

Quando, a causa di obiettivi diversi, si origina una discussione la cosa non va considerata negativamente ma foriera di stimoli creativi

Un modello per la gestione consapevole di un momento complicato

Agire in conflitto Prima parte

Managerial Grid (Blake e Mouton, 1969)

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- Il conflitto, inteso come incompatibilità di obiettivi, ha un ruolo fondamentale nelle organizzazioni: se non considerato negativamente, e quindi represso, la sua gestione può condurre a un ambiente stimolante, meno stressante, creativo e produttivo. Nel raggiungere questo traguardo la comunicazione svolge un ruolo indispensabile. È infatti attraverso d’essa che il conflitto può essere esplorato e affrontato. Comunicare in modo efficace, tuttavia, non è sempre semplice. Spesso, infatti, è la stessa situazione conflittuale a influire su di noi e sul

nostro modo di comunicare conducendoci a reazioni inopportune: l’impiego di osservazioni offensive, la svalorizzazione dell’interlocutore, del suo discorso o delle sue idee, oppure la delegittimazione dell’interlocutore a prendere il turno di parola, sono tutti elementi costitutivi della comunicazione conflittuale che possono condurre il conflitto a intensificarsi e a diventare sempre più intrattabile. Come dobbiamo comportarci, quindi, in situazioni conflittuali? La managerial grid e il modello del duplice interesse Un modello teorico per orientare l’analisi e la pratica è quello che si rifà alla managerial grid o “griglia di gestione” elaborato da Robert Blake e Jane Mouton. Questi autori, nell’ambito della gestione delle organizzazioni, indicarono che gli stili di direzione di un’organizzazione, assunti dal manager, variano in rapporto a due fattori: il primo è l’importanza riconosciuta dal manager alle persone o risorse


umane; il secondo è l’importanza riconosciuta da esso alla produzione. Al variare dell’importanza attribuita a questi due fattori non varia solo il modo con cui il manager gestisce l’organizzazione ma anche la modalità con cui comunica e affronta i conflitti che emergono con il personale, identificando, più o meno esplicitamente, cinque differenti comportamenti comunicativi: la soppressione del conflitto, la riconciliazione o l’accomodamento, l’evitamento del conflitto, la ricerca del compromesso e il problem solving. La logica presentata da Blake e Mouton attraverso la “griglia”, e che oggi è spesso utilizzata nell’ambito del cooperative learning per indicare i possibili atteggiamenti in un contesto collaborativo, fu ripresa e rielaborata in seguito da Rahim Afzalur. Quest’ultimo individuò negli “interessi per sé” e “interessi per l’altro” i fattori in base ai quali differisce lo stile comunicativo con cui è affrontato un conflitto. Nasce così la teoria del dual concern o “duplice interesse”: un alto disinteresse per gli obiettivi della controparte e un alto interesse per i propri obiettivi conducono all’adozione di uno stile dominante e alla soppressione del conflitto; uno scarso interesse per gli obiettivi della controparte e uno scarso interesse per i propri obiettivi, possono condurre a evitare il conflitto; un alto interesse sia per i propri obiettivi sia per quelli della controparte, conduce invece all’adozione del problem solving o integrazione. Dagli stili alle strategie Mentre Blake e Mouton nel loro The Managerial Grid presentavano i vari comportamenti del manager come stili, molti degli autori a essi successivi parlano invece, e soprattutto, di strategie. Gli stili sono i comportamenti agiti continuativamente e inconsapevol-

mente e pertanto considerabili come influenzati dalla situazione conflittuale; le strategie, invece, sono comportamenti consapevolmente agiti, sempre nell’ambito della situazione conflittuale, per raggiungere qualche particolare obiettivo. Lo sviluppo di quest’impianto teorico, verificato anche empiricamente, permette pertanto non solo di analizzare come i nostri comportamenti comunicativi variano secondo l’interesse per i nostri e gli altrui obiettivi, ma anche di orientare tali comportamenti consapevolmente in base al risultato e al “clima relazionale” che si desidera ottenere.

Gli stili adottabili in un conflitto.

Conclusione Orientarsi nelle situazioni conflittuali non è mai semplice; non tutti, infatti, sono dotati per natura delle competenze di base per affrontarle. Tuttavia anche ai più favoriti, oltre che ai meno fortunati, avere modelli di riferimento elaborati da anni di studi e prove empiriche non potrà che essere d’aiuto: comprendere che per risolvere, gestire o impostare più correttamente il conflitto, è possibile adottare varie strategie non potrà che condurci a sfruttare più efficacemente le risorse e i comportamenti che spesso già agiamo in contesti non appropriati riorientando così anche il nostro comportamento comunicativo. Illustrare queste strategie sarà l’argomento dell’articolo del prossimo numero. (Continua)

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Comunicazione Bruno Calchera*

Una risorsa che non ha ancora trovato un suo giusto riconoscimento. Valida per instaurare una relazione purché si sappiano rispettare le giuste regole La comunicazione mirata è una risorsa da ritrovare

Ricordate il Direct Marketing?

* Direttore Generale del Banco Informatico e membro delegato del Tavolo del Terzo Settore della Regione Lombardia.

- Correva l’anno 1987 e quando partì DM (questa rivista così si chiamava all’origine) il mercato della comunicazione e del marketing si interrogava sul futuro di una disciplina di marketing molto nota negli Stati Uniti e che sarebbe dovuta esplodere in Italia: il Direct Marketing. Non solo v’erano agenzie specializzate, ma anche Aziende Pubbliche (SEAT in testa, e la consociata SARIN), che si facevano avanti per insegnare metodologie che erano innovative nel mercato italiano. C’era una associazione che le raggruppava tutte: l’AIDIM che con le sue settimane del Direct Marketing si poneva come crocevia per allargare la conoscenza di questo sistema di comunicazione. Termini particolari

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Interattività, Comunicazione diretta, Mail mirati: quantificazione delle redemptions dopo faticosi test effettuati con regressioni statistiche su Data Base precisi, composizione di una lettera commerciale, con scratch off e/o peel off ed anche la busta profumata, con accorgimenti per aumentare il tasso di ritorno della campagna, con tecniche per attirare

doppiamente l’attenzione del destinatario della mail. Anche il telefono – il telemarketing aveva le sue indicazioni: scripts, call sheet, adesione reale ed apparente, le domande di controllo, ecc… Un buon telefonista era un ottimo venditore e lo si capiva da come usava il tono della voce, da come dialogava, da come operava con perfetta conoscenza del prodotto/servizio che vendeva. Infine ce n’era anche per la pubblicità tabellare sulle riviste: il coupon doveva essere fatto in un certo modo, il Numero Verde, il posizionamento sulla pagine. E gli incontri personali dovevano essere preparati, attraverso Role Play precisi. Come pure un evento o una politica di incentive erano frutto di tecnica e grande attenzione manageriale. Su tutto: la relazione Il cuore del Direct Marketig è sempre stata la relazione. Un rapporto diretto tra produttore e consumatore. Mai banale, sempre improntato sulla franchezza, anche se a quel tempo c’erano i soliti furbi che vendevano


idee che erano un tranello per chi aderiva: ricordiamo il famoso “Hai Vinto!” e solo dopo uno scopriva che avrebbe, al meglio, partecipato ad un concorso. In tutti quegli anni c’era una “affermazione” che girava “ questo sarà l’anno del Direct Marketing…”. Lo si diceva convinti che alla fine si sarebbe potuto far concorrenza a quell’altro sistema di comunicazione: la pubblicità sia su carta che in televisione. Budget ingenti alla pubblicità, margini sempre ristretti al Direct Marketing. Il sogno di tanti era sperimentare un modo, molto meno dispendioso, veri processi commerciali vincenti. Si sognava una rivoluzione culturale nel marketing, passando dalla comunicazione di immagine o di impulso a quella relazionale, reale, con l’identificazione del prodotto giusto per il cliente perfetto. Dicono che tutto è cambiato con Internet. Requiem per il D.M.? Dicono pure che il Direct Marketing è defunto. E per certi versi hanno ragione. Infatti: i costi postali sono così alti per cui è difficile immaginare di fare mail. Prima le caselle di posta a casa erano piene di carta, oggi sono piene di bollette e fatture. L’unico mail che resiste. Poi è venuta la legge sulla privacy, le lettere con indirizzi acquistati sono divenute illegali. Il telefono è cambiato. Non più telefono fisso ma solo cellulari. Alti costi e su quale guida si potevano trovare i telefoni? La pubblicità, il famoso Direct Response, privo di Coupon, ma con immagini sempre più accattivanti, l’emozione. Lo scratch off ora impiegato in modo molto diffuso su biglietti delle lotterie o sui cartellini della sosta. Infine la lettera giusta e la telefonata professionale non si sa più

come comporla. Però anche oggi si mandano lettere e si fanno telefonate. Anche oggi si cerca in mille modi di comunicare per farsi notare dall’interlocutore. E’cambiato il mezzo: ora l’ email (o lo spam)…il banner , il sito internet. Le telefonate?… Ci sono infiniti Numeri Verdi … le segreterie telefoniche automatiche, che con diversi passaggi sfidano la pazienza dell’interlocutore che ha bisogno. Una privacy individuale, protetta e spesso discussa e discutibile. Numeri di telefono con pedaggio temporale ad alto costo. Trasmissioni televisive che inducono alla chiamata per l’acquisto. Le “solite” truffe … le “solite” promesse sui siti WEB, che come allora, non danno ciò che promettono. Attenzione alle affermazioni Ma il “Marketing Diretto” di Bob Stone può insegnarci ancora qualche cosa? Il “Metodo Dialogo” di S. Vogele ha qualche cosa da dire ancor oggi? (Sono due testi base per coloro che hanno studiato e messo in pratica le metodiche del Direct Marketing di allora) Il Direct Marketing non esiste più, è da cancellare come metodo della comunicazione 2012? Innanzi tutto il Direct è metodo, cioè un modo di operare, di lavorare, di fare comunicazione. Prima di affermare che non serve andrebbe guardato con attenzione. Queste linee di metodo hanno alcuni capisaldi: - la misurabilità innanzi tutto: cioè la possibilità di conoscere con alto tasso di probabilità statistica l’esito di una campagna di comunicazione (test, data base, statistica, mail). - il metodo dialogo insegna a scrivere le lettere: è opportuno che le lettere email vengano scritte

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Comunicazione

bene, con accortezze, magari inserendo quei suggerimenti che sono indispensabili per “una lettera di successo”, fatta di sottolineature ed immagini “captive”. In ottimo italiano, con parole semplici e una grammatica ben applicata. - la personalizzazione: conoscere l’interlocutore arricchendo la nostra banca dati per conoscere non solo alcune informazioni di profilo, ma di gradimento, dei prodotti e servizi che si propongono. Ad esempio il Direct Marketing sviluppa la post vendita. Il Fullfillment è sempre stata una parola chiara nel marketing. Un sito internet è una vetrina ad esempio, ma deve dialogare. Far vedere, ma rendere possibile facilmente un contatto personale. Si deve vedere l’interlocutore con cui si dialogherà. Un sogno? No. Una esigenza! Altri suggerimenti

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- la telefonata corretta: la prima domanda di controllo è sapere se è il momento opportuno per sapere l’opinione del destinatario sulla nostra proposta. Ora si parte in tromba sul filotto : “ siamo una azienda … che ha … e che desidera ... abbiamo previsto” – circa 2 minuti ininterrotti di proposta senza le famose domande di verifica, o di conoscenza. Come se il telefonista non sapesse “gestire” la relazione ma fosse un disco, anche ben registrato, fatto da una persona demotivata e poco propensa alla flessibilità nel modificare il proprio linguaggio, con uno script rigido, senza vie di recupero. - il Data Base aggiornato: non si fa marketing diretto senza un Data Base “vivo”. Deve in ogni caso essere “vissuto” cioè testato in più occasioni, arricchito. - Direct Respone: e se alla fine si puntasse di meno sull’emozione,

sulla apparenza, sull’immagine da offrire di sé al mondo, se la pubblicità parlasse di prodotto, delle qualità, delle ricerche che la società ha fatto e non burlasse l’interlocutore con parole inesistenti. - le fiere: grandi momenti di incontro. Oggi si assiste ad una proliferazione esagerata di incontri, di workshop, come pretesto per far andare gente a visitare la fiera. Il Direct insegna a costruire in modo interattivo anche il momento fieristico. Lo stand deve diventare un luogo dove si fa esperienza della vita e dei prodotti di quella società. - il telefono: che la multimedialità ha reso strumento multi uso, al punto da disperdere lo scopo originale (si telefona o si guardano/ e fanno le email?). La telefonata serve ma bisogna avere un linguaggio ricco, che più che far capire, faccia vedere … cosa si dice. Green communication Il Direct Marketing insegna come disciplina ancor oggi a comunicare. Si impara a fare i conti con i fondamentali della comunicazione che in prima battuta si riassumono nella parola Redemption. Fai comunicazione. Ma se serve deve darti ritorni. E’ necessario quantificare i ritorni. Ad esempio la verifica su Google Analytics delle visite al nostro sito deve trovare un parametro di riferimento. Una frazione: quante visite fratto quanti ritorni. Quante visite fratto quante telefonate informative o mail di richiesta dati. Insomma fare i conti con i numeri è una saggia pratica che il Direct Marketing ha introdotto in modo quasi maniacale, per non far perdere quattrini e cancellare ogni autoreferenzialità dai prodotti pubblicitari in genere. Direct Marketing è Green Comunication.


Comunicazione Maurizio Quarta

Il successo del Campionato mondiale Superbike (SBK) può essere riletto come una sagace applicazione della strategia “Oceano Blu”

Saper guardare dove altri non vogliono guardare

Il colore dell’oceano - La notissima strategia Oceano Blu di W.Chan Kim e Renée Mauborgne in estrema sintesi sostiene che dall’oceano rosso della competizione spietata bisogna cercar di passare all’oceano blu , calmo e senza concorrenza, dove per vincere bisogna innovare ed espandersi. Nel mondo del motorismo sportivo il Campionato Superbike (SBK) è un’ottima dimostrazione della visione ricostruzionista della strategia, secondo cui per trovare il proprio oceano blu non è necessario a tutti i costi creare qualcosa di assolutamente nuovo, ma “solo” essere capaci di dare un nuovo valore a cose che già esistono, reinterpretandole in maniera diversa. Ovvero, per dirla con le parole “premonitrici” del marketing SBK nel 2001: “noi sappiamo guardare dove altri non vogliono guardare”. SBK:, nato nel 1988, è regolamentato dalla FIM (Federazione Internazionale di Motociclismo) e gestito e promosso da Infront Motor Sports di Roma, evoluzione della struttura originariamente creata da Maurizio Flammini, tra i più noti e creativi

promotori di eventi motoristici. I mezzi sono derivati dalla produzione di serie e si tratta di moto 1.000 cc 4 cilindri o 1.200 cc. bicilindriche.

Foto “Rent a Journalist”

La strategia SBK Per inquadrare l’approccio di SBK, possiamo leggere il mondo del motorismo sportivo (automobilistico e motociclistico) secondo due chiavi • campionati con mezzi in qualche modo derivati dalle produzioni di serie e campionati disputati tra prototipi e/o mezzi espressamente creati per la competizione • globalità dell’evento percepita da parte del grande pubblico. In questo senso, campionati certamente sentiti come globali sono la Formula 1 e il Moto GP, mentre a forte connotazione nazionale sono ancora considerati DTM e NASCAR, tedesco uno e americano l’altro. Guardando poi a come le diverse formule hanno gestito nel tempo il trade off tra dimensione sportiva / popolare e dimensione legata al business, possiamo ancora distinguere tra almeno due fasi evolutive, quasi

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Comunicazione

due vere e proprie ere: • Una pioneristica, caratterizzata da grande presenza ed entusiasmo popolare sui circuiti, relativamente poche regole, grande confusione e spontaneismo (in senso positivo), grande presenza entusiastica di tanti sponsor anche piccoli e medi, compresenza di tanti team dal grande al medio piccolo • Una fortemente business oriented, favorita anche dallo sviluppo televisivo e multimediale, caratterizzata da una grande, e talvolta eccessiva, ricerca dell’ORDINE (in lettere volutamente maiuscole). ORDINE che si ritrova dappertutto: nei percorsi di accesso ai circuiti, nelle modalità di accesso a box e paddock, in strutture di controllo e gestione accessi costose e molto sofisticate, nella riduzione degli inserzionisti sui circuiti, nella gestione degli sponsor che divengono molto pochi e con budget decisamente impegnativi se non addirittura faraonici, nella creazione di barriere all’entrata per nuovi team, nel sempre più elevato livello di investimenti richiesto ai team che porta quasi naturalmente alla sopravvivenza dei soli più grandi, in una minore accessibilità complessiva di tutto il sistema. Formula originale

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L’originalità della formula SBK emerge chiaramente utilizzando lo schema diagnostico del quadro strategico presentato da “Strategia Oceano Blu”. In un primo quadro, riferibile al mondo dei campionati motoristici che utilizzano mezzi di derivazione dalla produzione stradale, i fattori chiave sono: • sofisticazione tecnica, che esprime l’investimento richiesto per poter essere anche minimamente competitivi • investimento complessivo richiesto ai singoli team per competere • investimento richiesto agli sponsor • accessibilità da parte del pubblico

a piloti, mezzi e all’ambiente che li circonda • Numero di case presenti • Globalità percepita • Copertura televisiva SBK, rispetto ad altre formule derivate dalla serie, ha trovato il suo oceano blu in una dimensione globale, ottenuta mantenendo comunque fede alle sue radici e al suo spirito di formula nata “minore”. Non è casuale che la Marketing Guide di SBK reciti testualmente: “ … il sistema integrato di studio e realizzazione di ciascun evento è finalizzato a massimizzare gli interessi di spettatori e Sponsor”. Fattore “globalità” Il fattore globalità ci porta quasi naturalmente al secondo quadro strategico, che si riferisce al mondo degli sport motoristici globali. In questo contesto sono stati considerati i medesimi fattori del quadro precedente, con la sola aggiunta della spettacolarità della formula, con cui si fa riferimento non tanto allo spettacolo godibile nel corso di ciascun evento, quanto a come il meccanismo agonistico (regole e struttura dell’evento) è disegnato per ottenere il massimo del godimento da parte del pubblico, sui circuiti e in televisione. Anche qui l’oceano blu di SBK emerge con notevole chiarezza. Dalle risultanze combinate dei due quadri strategici possiamo ridefinire cosa è SBK e in cosa sta la formula del suo successo: evento motoristico globale e accessibile. Un percorso complesso Sempre il modello di Kim e Mauborgne può aiutarci a capire il percorso compiuto in questi anni, attraverso lo schema dell’ eliminare - aumentare – ridurre – creare. Sono stati eliminati l’’eccesso inutile di tecnologia e strutture di controllo ridondanti e troppo onerose. Sono stati aumentati il numero di


case costruttrici e il numero di team in gara; la facilità di accesso al pubblico soprattutto al paddock; la spettacolarità delle gare (due nell’arco della giornata); la presenza attiva ed entusiasta dei piloti; la cura per gli interessi di spettatori e sponsor (punto particolarmente qualificante, specie se si pensa alle medie aziende, come tali portatrici di budget non elevatissimi in assoluto). Sono stati ridotti il numero di stelle tra i piloti e i costi in generale. E’ stato creato un evento per tutti e accessibile a tutti (es. il Paddock Show, definito “cuore e anima del paddock”) e soprattutto una mentalità aperta e disponibile ad offrirsi al pubblico. I risultati della SBK Logico misurarli in funzione del mantenimento della “promessa” di massimizzare gli interessi di pubblico e sponsor, specie di quelli medi. I circuiti sono sempre pieni e affollati, con punte da Formula 1 su alcuni circuiti e grandi sono il divertimento, il coinvolgimento e la soddisfazione da parte del pubblico, con una forte attrazione esercitata anche nei confronti di chi motociclista non è. Le componenti del mix spettacolo: • moto strettamente derivate dalle produzioni di serie con un alto gradimento degli appassionati, che possono veder correre i loro mezzi stradali in versione racing sui circuiti più prestigiosi • forte attenzione allo spettacolo e al mantenimento di una sana tensione agonistica. • un parco concorrenti ampio: oltre 20 piloti di otto nazioni, 7 case produttrici (con le italiane Aprilia, recente entrante e già vincente, e la veterana Ducati), una quindicina di team. A questi vanno aggiunti i piloti delle serie di contorno, Supersport e Superstock 1000 FIM • un calendario internazionale ricco e diversificato, con 13 gare in tre continenti: Europa, Australia, USA.

Un occhio agli sponsor Guardando agli sponsor: oltre alla numerosità, emerge con chiarezza una forte e significativa presenza di PMI. Per budget medio piccoli e orientati agli aspetti di relazione è stato quasi naturale muoversi verso uno sport dove era ancora possibile trovare spazi. A ciò si aggiunga il fatto che la congiuntura economica negativa ha sì avuto ripercussioni anche sugli investimenti pubblicitari (-10/15% a seconda delle stime), ma ha anche visto una ridefinizione del mix a favore delle sponsorizzazioni sportive rispetto ad altre forme. Molteplici sono le motivazioni che spingono aziende di medie dimensioni a valutare positivamente un investimento in SBK: • è uno dei tre eventi globali del motorismo sportivo, insieme a F1 e Motomondiale • una copertura televisiva globale, con oltre 2 miliardi di spettatori attraverso 90 televisioni in più di 170 paesi collegati. Solamente in Italia nel 2008 lo share su La7 è stato pari al 5.3% con tendenza in forte aumento • un milione di spettatori sui circuiti • oltre 550.000 contatti unici mensili sul sito ufficiale della serie. Elemento interessante Soprattutto, un elemento di particolare interesse per le aziende italiane è rappresentato dalla forte componente di italianità presente nel campionato a livello di piloti (cinque in SBK tra cui spiccano i nomi di Max Biaggi, Marco Melandri e Michel Fabrizio), di eventi (tre gare a Monza, Misano e Imola). Cui vanno aggiunti il solo fornitore ufficiale di pneumatici, la Pirelli, che ha festeggiato l’evento di Monza del cento cinquantenario con il tricolore sulle gomme e l’anima italiana (in Infront, attuale proprietario e organizzatore della serie, è infatti confluito l’FG Group, legato allo storico nome di Flammini).

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Comunicazione Piergiorgio Cozzi*

Non sappiamo più leggere né scrivere. Però pretendiamo di comunicare. Il 70 per cento degli italiani ha difficoltà con i testi scritti nella loro lingua

Il fenomeno dell’analfabetismo di ritorno

Cervello? Tracce *giornalista, docente di comunicazione d’impresa pgcozzi@fastwebnet.it

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- Tre esempi su cui riflettere. “Oggetto: Re: R: Re: R: Recensioni Appena mollo il pupo ti chiamo: presumibilmente tra le 9.15 e le 9.30”. “Strategia di marketing finalizzata alla promozione territoriale dei d’intorni (sic) di Roma”. “Destagionalizzazione, obiettivo primario degli operatori turistici della ricettività sul nostro territorio”. Tullio De Mauro, il noto linguista, ha lanciato l’allarme: il 70 percento degli italiani non è in grado di capire un testo italiano mediamente complicato. Non conosce il senso della parole né è in grado di afferrare quello della frase. Dunque si assiste a un analfabetismo di ritorno in un Paese di laureati brevi e lunghi, digital born, e dove la permanenza sui banchi di scuola delle classi medie superiori spesso supera l’età dei diciott’anni, burocraticamente la maggiore età. I tre esempi (reali) sopra riportati ne sono la testimonianza. Nella mia esperienza di docente di marketing e comunicazione a un master universitario per il turismo, mi sono imbattuto in quella tesi sul

rilancio turistico a favore del circondario romano; pensate forse che, al momento dello scrivere, l’autore si sia dibattuto tra lo scegliere fra “d’intorno loc. avv., loc..m. var. —> dintorno intorno a loc.prep.” e “dintorno avv., s. m. CO un paesino nei dintorni di Roma; non può essersi allontanato, deve essere ancora nei dintorni” (T. De Mauro, Grande dizionario della lingua italiana)? Troppa grazia santantonio! Difetto trasversale E che dire allora del comunissimo difetto, ché di difetto trattasi, trasversale a tutte le classi sociali funzioni aziendali, pubbliche e private, di utilizzare una remota se non addirittura remotissima e-mail per agganciare on-line un interlocutore su un tema per niente legato al soggetto originale (RE:, chissà poi perché no: Ogg.: e basta ?), frutto di una pigrizia disonorevole: non m’affatico a cercare vado il nominativo in rubrica @, ma “becco” direttamente l’ultimo contatto utile della persona con cui voglio corrispondere on-line.


Così, soprattutto nella corrispondenza aziendale, quando vai a cercare la risposta del tuo capo redattore circa la domanda su quali temi indirizzare la tua ricerca di libri da recensire, ti troverai a scoprire che detto giornalista è anche padre affettuoso, che prima di incominciare la sua faticosa giornata al giornale quotidianamente si occupa di trasportare personalmente il “pupo” all’asilo. Costretto a “scrollare” E tu, nel frattempo, sei costretto a “scrollarti” leggendole tutte, perché il ‘Re’ inganna, decine di e-mail prima d’incappare in quella ‘giusta’, fuorviato dall’Oggetto che non c’entra proprio col contesto. Proverbiale inefficienza personale e aziendale che vanifica il “supporto” della tecnologia? Pigrizia o, peggio, ignoranza tout court? Terzo esempio. Quando ai tempi delle baronie universitarie del secolo e millennio passati si studiava davvero, cioè quando l’insiemistica non aveva ancora fatto la sua comparsa e la geografia non era ancora stata cassata dai programmi in quanto “non strategica ai fini dell’apprendimento” (ministro della P.i. Berlinguer), coloro che sarebbero poi diventati docenti universitari nelle varie facoltà di Scienze turistiche (dipartimento di economia) ricorrendo a opportune strategie e tattiche di marketing, avrebbero invitato gli operatori turistici a prolungare, sviluppare, aumentare, estendere, ampliare, accrescere, dilatare, protrarre, allungare la stagione turistica. Giammai a “destagionalizzarla”. Perché sapevano che “destagionalizzare” - orrendo verbo ormai sulla bocca di tutti, ma proprio tutti, dal ministro del Turismo al più sprovveduto agente di viaggi e studente di marketing - significa: “non tener conto, nell’analisi del mercato o di fenomeni di lungo periodo, dei dati evidentemente condizionati dall’influenza economica di un preciso

momento dell’anno”, la stagione appunto (A. Gabrielli, Grande dizionario italiano, Hoepli). L’abc del marketing. Eppure…Confusione e ignoranza di base tengono ben viva e attuale la definizione dello storico economista C.M. Cipolla che recita, lo ricordo per i più distratti: “ recare danno agli altri senza produrre vantaggi per sé configura la terza aurea legge della stupidità umana”. Non sappiamo più parlare, né scrivere (guardate i rapporti e la comunicazione aziendale: c’è da inorridire). Perché viziati dagli sms e dalla tecnologia dilagante, certo. Però anche perché abbiamo perduto la capacità di analizzare ‘razionalmente’ un testo. Qualunque testo, non solo quelli ‘complicati’. Un test semplice Volete un esempio? Eccovelo servito sotto forma di test semplice semplice con il quale, se lo desiderate, potete misurarvi. «Un illustre primario di un noto centro di cura per le malattie mentali illustrava a una platea di specialisti della materia riuniti a congresso la sua tecnica di successo che, nel corso di lunghi anni di studi e di sperimentazione, aveva sviluppato con la sua équipe per individuare precocemente la pazzia umana. “Al momento del suo ingresso nella nostra struttura sottoponiamo ogni paziente al test della vasca da bagno. Lo portiamo in presenza di una vasca colma d’acqua e domandiamo quale mezzo sceglierà per vuotarla: • un cucchiaio da tavola? • una tazza da tè? • un secchiello come quello che i bambini usano in spiaggia al mare? A seconda della risposta, giudichiamo se il soggetto è pazzo oppure no”, concluse l’illustre studioso». Voi per svuotare una vasca da bagno quale mezzo utilizzereste? Se siete interessati alla risposta, domandatemelo. Scrivetemi.

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Marketing Marco Maglio

Chi crea programmi di fidelizzazione è bene che sappia che col gioco non bisogna esagerare e che questo deve essere solo uno degli ingredienti per ottenere la loyalty Fidelity Card e Giochi

L’importanza delle regole - E’ un principio che impariamo fin da bambini:“Ogni gioco ha le sue regole”. Ed è importante rispettarle per far si che il momento ludico raggiunga il suo obiettivo principale che è quello di divertire chi decida di prendervi parte, ricreando il suo spirito. Se applichiamo questo principio al mondo del marketing e delle fidelizzazioni le conseguenze sono sorprendenti. Gli studiosi di questi metodi di relazione ci insegnano che fidelizzare il cliente richiede sempre di più fantasia e innovazione. Meccanismi premiali

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Non basta adottare meccanismi premiali che inducano il cliente a mantenere la relazione con l’azienda. Occorre anche che il programma di fidelizzazione si trasformi in un’esperienza in sé, che sia piacevole e abbia elementi positivi per il solo fatto di prendervi parte. Se questa è la tendenza attuale dei programmi di fidelizzazione e del cosiddetto loyatly marketing si capi-

sce per quale motivo i programmi di fidelizzazione mescolino sempre di più le loro regole con giochi e meccanismi promozionali che hanno a che fare con il divertimento individuale oltre che con l’incentivazione a meccanismi di acquisto. Questo comporta che sempre più spesso i programmi di fidelizzazione entrino nel territorio del gioco e della competizione. Tutto bene, sotto il profilo della creatività. Confine sottile Ma è importante tenere presente, come ricordavo nella premessa, che anche in tale contesto le regole vanno rispettate e non bisogna travalicare il confine sottile che separa spesso le tecniche di marketing efficaci dai comportamenti illeciti e vietati dall’ordinamento. Occorre quindi tenere presente, quando si organizzano programmi di fidelizzazione, che la creatività e l’innovazione non devono superare i confini segnati dai divieti delle cosiddette prassi commerciali sleali.


avvocato.maglio@tin.it Avvocato in Milano e fondatore di Lucerna Iuris, il primo Network Giuridico Europeo formato da legali di tutti i paesi dell’Unione Europea esperti di questioni di marketing e di comunicazione. Insegna Diritto dei consumi e del marketing e Diritto della sicurezza Alimentare nelle Università di Milano e Parma. Dopo essere stato Consigliere Delegato di AIDIM (Associazione Italiana del Marketing Diretto ed Interattivo) per le relazioni istituzionali, le pubbliche relazioni e gli affari legali, dal 2004 presiede il Giurì per l’Autodisciplina nella comunicazione commerciale diretta e interattiva e nellevendite a distanza. E’ membro del Consiglio Direttivo di FEDMA (Federazione Europea del Direct Marketing) in rappresentanza dell’Italia.

Si tratta di quelle norme, contenute nel Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005) che sanzionano ogni pratica contraria alle norme di diligenza professionale. Sono quindi da evitare le iniziative idonee a falsare in misura rilevante il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio. In forza di tali disposizioni, queste pratiche sono vietate in particolare quando, tenuto conto delle caratteristiche e circostanze del caso, inducano o siano idonee ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Conseguentemente occorre stare molto attenti a questi aspetti quando si crea un meccanismo di fidelizzazione che intrattiene il cliente con elementi che hanno a che fare con giochi o con aspetti che possono alterare il rapporto diretto tra il consumatore ed il prodotto oggetto della promozione. Imprese e consumatori Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza 14 gennaio 2010 nel procedimento C-304/08, avente ad oggetto l’interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 maggio 2005, 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori. La questione era stata sollevata dal giudice tedesco nell’ambito di un procedimento che vedeva contrapposti, in Germania, un’associazione a tutela dei consumatori ed una società di vendita al dettaglio. Nel caso specifico con una mirata campagna promozionale denominata “Diventa milionario!” la società invitava il pubblico ad acquistare i propri prodotti, precisando che

l’acquisto avrebbe consentito agli acquirenti di accumulare punti; con almeno venti punti si partecipava gratuitamente a due estrazioni del lotto. Da qui la chance di diventare milionario, ma anche la denuncia dell’associazione e due condanne, in primo e secondo grado, per la società. Alla luce di questo precedente si può dire che anche la fidelizzazione ha le sue regole e che fidelizzare giocando è senz’altro efficace. Ma per evitare rischi occorre che il gioco sia chiaro e le norme che lo disciplinano siano trasparenti e non alterino il rapporto tra il gioco, il prodotto e la realtà. Insomma: niente di male nell’indurre i consumatori a rimanere fedeli ad un prodotto attraverso i meccanismi del gioco. Ma occorre evitare di allontanare troppo il consumatore dal contesto nel quale opera per fare le sue scelte di acquisto. Il legislatore vuole evitare che il consumatore sia indotto al consumo solo perché vittima di un meccanismo di gioco. Spunto di riflessione Lo spunto di riflessione è interessante e ci sarebbero molte osservazioni da sviluppare su cosa comporti questo criterio giuridico portato alle sue estreme conseguenze. Ma per chi crea programmi di fidelizzazione credo basti sapere, come criterio pratico, che col gioco non bisogna esagerare e che alla fine, è bene che questo sia solo uno degli ingredienti che vanno sapientemente miscelati per rendere efficace un sistema di loyalty. Anche perché, come insegna la saggezza popolare un gioco è bello quando dura poco. E i programmi di fidelizzazione invece, se sono efficaci, sono destinati a durare a lungo.

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Comunicazione con i Cani Davide Canonici

È importante evitare traumi inutili ma non si deve porre il cane sotto una campana di vetro. Gradualmente va abituato alla vita di tutti i giorni Per evitare fobie non controllabili

No stress!

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Tutti gli stress traumatici prolungati, vanno attentamente annullati allo scopo di evitare la loro trasformazione in vere e proprie fobie, difficilmente controllabili. Al fine di educare il cane e dandogli modo di fare esperienze utili, è necessario abituarlo gradualmente alla loro sopportazione ed eventualmente riproporli di tanto in tanto come ricordo non spiacevole. Approfitta della convivenza in casa per abituarlo al classico rumore della porta che sbatte, prima molto lentamente, poi in modo più violento. Durante le passeggiate, sosta spesso in prossimità di luoghi molto trafficati in modo che si abitui ai rumori cittadini. Se hai occasione, puoi riprodurre anche altri rumori possibili e ricorrenti nella vita quotidiana. L’apertura di un ombrello potrebbe spaventarlo, perciò abitualo alla sua presenza, muovendolo in casa dove passerebbe inosservato. Lo stesso metodo può essere usato con scatoloni o altri oggetti ingombranti. È utile frequentare ambienti con presenze umane sconosciute per avere un buon livello sociale ed anche perchè si renda conto che gli umani, solitamente sono innocui. Frequenta ambienti in cui puoi trovare altri cani con i quali può socializzare e giocare. Attento, quando vai al parco favorisci contatti con cani conosciuti o

sotto controllo del loro padrone per evitare lo stress da minacce o zuffe. Quando è cucciolo, bisogna anche abitualo a restare solo anche per pochi momenti, può essere utile a sopportare lunghe permanenze in casa senza la presenza dei padroni. Puoi fare una buona simulazione, quando sei in casa, chiudendolo in una stanza da solo per poi entrare, come per caso, nei momenti in cui non chiede di uscire. È anche importante che accetti di rimanere, senza problemi, con persone sconosciute utili in casi di emergenza. Fin da piccolo, è necessario abituarlo a piccoli viaggi in auto o se necessario su mezzi pubblici. Molti problemi di mal d’auto o di nervosismo da orientamento, sono dovuti alla inesperienza della precarietà del suolo ed alla mancanza di equilibrio fisico. Ritardare o anticipare volutamente la somministrazione del pasto, l’intervento sull’orologio biologico, ha lo scopo di rendere più elastiche le sue abitudini. Può essere utile abituare il cucciolo al contatto per quando si dovrà fare la visita dal veterinario, quindi controllare le orecchie, toccare le zampine e anche le parti intime. È importante evitare traumi inutili, non si deve porre il cane sotto una campana di vetro perciò, con il tempo, è necessario abituarlo a visite più tradizionali.



Fatti & Persone

- Viva la felicità Una ricerca evidenzia che l’attuale clima economico porta l’85% degli italiani a rivalutare ciò che è importante nella vita, alla ricerca del “lateral living”. La professione non è più l’unico indicatore dello status di una persona: solo il 28% giudica le altre persone per il lavoro che fanno, mentre il 77% ammira coloro che concretizzano le proprie ambizioni e i propri sogni personali. La famiglia occupa oggi un posto essenziale nel cuore degli italiani: per 7 Italiani su 10 viene prima della vita professionale e un terzo circa (33%) degli italiani in futuro vorrebbe trascorrere più tempo a casa con i propri cari. Più di un quarto degli Italiani (27%) vorrebbe riuscire a trovare un miglior equilibrio. Oltre la metà (58%) dice di aver riscoperto cose, persone e attività che aveva dimenticato Un nuovo trend globale emergente che indirizza lo stile di vita verso autenticità, coscienza ambientale e ricerca dei valori. Il 78% degli intervistati (circa 2000 italiani sopra i 16 anni) dichiara che l’attuale clima economico li ha portati a ripensare la propria carriera e il 19% sostiene che Internet è un’importante fonte di ispirazione per esprimere il proprio potenziale. Sicuri insieme

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Parte in questi giorni il progetto scuole promosso da Goodyear Dunlop Italia con la partecipazione attiva della Polizia Stradale e il patrocinio del Ministero dell’Interno e di quello della Gioventù.

La campagna coinvolgerà 71 istituti, 465 classi e oltre 12.000 studenti delle scuole secondarie di secondo grado di Lombardia, Lazio e Puglia. Si compie un ulteriore passo del progetto “Sicuri Insieme: Goodyear per l’educazione stradale”, iniziato la scorsa primavera con il lancio del cartone animato “Goodhero”. Obiettivo, contribuire all’educazione dei giovani sui temi della sicurezza stradale a partire da un linguaggio positivo e responsabilizzante. Al lancio del cartone erano seguiti la realizzazione di un sito web dedicato ai temi della sicurezza e di un’applicazione gioco per Facebook, iPhone e iPad. Quindi il progetto scuole. Le lezioni in classe vogliono offrire spunti di riflessione e apprendimento inerenti ai comportamenti stradali, suggerire accorgimenti utili per una circolazione corretta e coscienziosa, in un’ottica di autotutela e rispetto degli altri, favorire la presa di coscienza dei propri limiti e delle proprie capacità di reazione, approfondire il tema del valore della vita, dell’importanza dell’autonomia, della responsabilità e della convivenza civile. Professori d’eccezione di questa campagna sono gli stessi poliziotti che nei mesi scorsi hanno partecipato ad un’apposita formazione ad hoc che prevede il coinvolgimento attivo dei ragazzi. Giornalisti e social media L’impatto sociale dei Social Media è inarrestabile, così come la presenza nell’ecosistema dell’informazione. Ma qual è la loro effettiva influenza sul giornalismo e sui giornalisti? Quanto vengono considerati affidabili come fonte da sviscerare per costruire la notizia? Come sono utilizzati nel lavoro redazionale? E che ruolo hanno nella promozione dell’immagine di chi scrive? Uno dei nodi fondamentali del rapporto tra Social Media e informazione risulta essere l’affidabilità.


Solo il 5% dei giornalisti intervistati ripone piena fiducia in questi mezzi, mentre all’opposto, l’8% non si fida minimamente. La maggior parte (62%) li considera attendibili, preferendo sempre e comunque verificarne la veridicità. Facebook, Twitter, blog e affini rappresentano strumenti di ampissima diffusione, in grado di selezionare, elaborare, aggregare e condividere le notizie: ma che ruolo hanno effettivamente nel lavoro quotidiano di redazione? Il 38% attribuisce ai Social Media il ruolo di fonte di informazione, da utilizzare unitamente a tutte le altre. Il 25% si serve dei vari post per confrontare i diversi punti di vista, mentre il 24% non li tiene nemmeno in considerazione. L’11% attinge dalle reti sociali dettagli e ricami per “farcire” le proprie storie, mentre rimane praticamente invisibile (2%) quella fetta di rispondenti che li utilizza come fonte primaria. Ma l’utilizzo dei canali Social nel lavoro di redazione per molti rappresentano un vero e proprio mezzo di promozione della propria immagine. Aziende “social” Secondo i dati emersi dall’indagine “Quanto è Social la tua Azienda?” - condotta in collaborazione da AIDiM, ANVED ed eCircle sull’utilizzo dei social media da parte delle aziende che operano sul territorio italiano - emerge come i social media sono considerati strumenti molto utili per aumentare l’interazione con i consumatori e per raccogliere opinioni/ feedback sul brand o sui relativi prodotti, ma mancano strategie chiare per sfruttarli efficacemente con l’obiettivo di raggiungere concrete opportunità di business. La ricerca ha raccolto pareri e opinioni di 315 responsabili marketing e direttori commerciali di aziende italiane che operano nei principali settori merceologici. Il dato sicuramente più significativo riguarda la percentuale di utilizzatori

dei social media: il 75% dei rispondenti ha infatti dichiarato di utilizzare già Facebook, Tw i t t e r, blog & Co. e, nel caso delle aziende di e-commerce, il dato raggiunge una percentuale quasi intera. Gli intervistati che affermano di non aver ancora sperimentato questo canale di comunicazione adducono come motivo principale quello di non avere ancora elaborato una strategia chiara sul mezzo. Di questi, il 22% prevede di sperimentarlo certamente nel futuro, mentre il 42% lo farà con ogni probabilità. Due terzi delle realtà aziendali che già hanno adottato questi nuovi strumenti sembrano avere ancora obiettivi generici e poco focalizzati. Facebook si conferma il social network più utilizzato dalle aziende italiane (84%) anche per il settore B2B, seguito a ruota da LinkedIn e Twitter; nonostante sia “appena nato”, anche Google+ registra un alto tasso di gradimento (il 25% delle aziende lo ha già scelto). Oltre il 60% delle imprese sceglie di promuovere il proprio brand o prodotto con una fan page e il 50% lo fa con un profilo, mentre solo il 30% sceglie di pianificare campagne pubblicitarie sui social media. Secondo il campione intervistato solo il 39% dei propri clienti interagisce con regolarità sui social media. I motivi dell’interazione sono chiari e precisi: scambio di opinioni sui prodotti con altri utenti (50%), ri-

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Fatti & Persone

chiesta di assistenza al customer care e feedback sul prodotto/servizio acquistato (oltre 30%). Impulsi e web Quante volte vi è capitato di cercare di resistere a quel tweet scritto in tarda notte o a voler controllare le email del lavoro un’ultima volta? La cattiva notizia è che secondo un nuovo studio che ha misurato i vari desideri e il loro manifestarsi nella vita quotidiana, gli impulsi legati al proprio lavoro e all’ intrattenimento sul web avrebbero la meglio sull’autocontrollo. Determinare come resistere ai propri desideri non è cosa facile. Nello studio sul controllo del desiderio, sono stati fatti indossare a 205 adulti dei dispositivi che hanno registrato un totale di 7.827 segnalazioni giornaliere sulle loro voglie e desideri. La voglia di dormire e di fare sesso si son manifestati i desideri più forti, mentre la voglia di utilizzare strumenti di comunicazione multimediale e i desideri legati al lavoro, si son dimostrati i più difficili da resistere. Nell’immaginario comune, il tabacco e l’alcool sono sostanze creanti forti dipendenze, eppure, lo studio ha dimostrato che i desideri associati a queste due sostanze sono stati i più deboli di tutti. Un’altra sorpresa per i ricercatori: il sonno e le attività legate allo svago rappresenterebbero le voglie più problematiche, in quanto esisterebbe “una tensione molto forte tra l’istinto naturale di riposo e la moltitudine di obblighi lavorativi e doveri della vita quotidiana”. Il “mobile” in Italia

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Il mobile advertising è uno dei fenomeni che hanno riscontrato, durante tutto il 2011, un’ascesa senza precedenti. In Italia il network InMobi ha regi-

strato una crescita delle impression mobili del 390% rispetto al 2010, ma il fenomeno che ha destato ancora più interesse è quello degli smartphone che crescono ben del 682%. Questi dati dimostrano che la pubblicità su mobile è in netto sviluppo, ma soprattutto sta aprendo le porte sempre a nuovi mercati, anche in ambito creativo. Si pensi solo al fenomeno della pubblicità all’interno delle applicazioni che con costi contenuti possono rag-

giungere target diversi e numerosissimi. Nel solo quarto trimestre del 2011 InMobi ha realizzato in Italia più di un miliardo di impression con una crescita sul trimestre precedente del 82%; questo testimonia che il mezzo mobile sta entrando a tutti gli effetti nei piani media di agenzie e investitori e non è che l’inizio. Nella top five dei produttori, sempre in termini di quote di impression, in testa Apple (36%), seguita da Samsung (33%), poi Nokia (11%), RIM (7%) e LG (4%) che subiscono un trend decrescente rispetto al trimestre precedente. Le tecnologie mobili, in particolare l’uso massiccio degli smartphone in Italia, hanno potenziato enormemente lo sviluppo dei mercati dei media e della pubblicità e spingono gli utenti ad accettare nuove forme di comunicazione attraverso canali nuovi ed emergenti.


iNFORMALIBRI

BUSINESS REVOLUTION Come organizzare l’ azienda per avere più tempo libero e più soldi di Lorenzo Ait - Sperling & Kupfer

La prima guida per essere imprenditori oggi, con migliori risultati e più tempo libero. Come ristrutturare la propria azienda Come guadagnare di piu’ Come trovare nuovi Clienti Come ottimizzare le risorse umane Come formare dei problem solver Come essere Imprenditori liberi dalla propria azienda. La maggior parte delle piccole e medie aziende sono “One Man Company ”, costruite da persone tenaci, a volte geniali, competenti e affette dalla malattia del “tuttofare ”: lavorano venti ore al giorno, sono grandi accentratori e quindi, diventano insostituibili. Queste società costruite con tanta fatica hanno un difetto: sono delle “aziende a orologeria ” pronte a saltare appena il titolare si allontana. Infatti: 80% delle aziende fallisce al terzo anno di attivita’ 90% muore al passaggio della seconda generazione,solo il 3% degli imprenditori ha un’azienda efficiente che si espande anno dopo anno “L’imprenditore vuole essere parte di ogni processo aziendale, persino nella scelta della macchinetta del caffè. Io ho fondato la mia prima azienda a 18 anni – dice Alfio Bardolla – ad oggi ne ho create 29. Ho capito rapidamente che il compito dell’imprenditore é di creare sistemi che permettano all’azienda di funzionare in modo autonomo. Le aziende sono come i figli, hanno bisogno di crescere e di essere indipendenti. Questo libro racchiude la mia esperienza e il mio metodo, messo a punto in 20 anni di attività imprenditoriale.” Alfio Bardolla, imprenditore, financial coach e autore di best-seller della finanza personale con oltre 150.000 copie vendute, e’ ora nelle librerie con il suo nuovo libro).

BUSINESS REVOLUTION contiene una riflessione attenta e puntuale sull’imprenditore di oggi che sogna di coniugare autonomia e maggiori guadagni, ma che si ritrova “incatenato ” al proprio lavoro. Dal business plan al controllo di gestione, dal marketing alle procedure di performance, al pensare di vendere un’azienda prima di costruirla, questo libro propone un sistema collaudato per il successo aziendale, che consenta all’imprenditore una miglior qualità di vita. “Ho conosciuto Alfio Bardolla nel 2010 – dice Luca Santoro, presidente di House & Loft, azienda di intermediazione di immobili di lusso, specializzata in cross selling in prime location internazionali Seguendo il metodo di Alfio, sono riuscito ad ottimizzare il mio business con meno dispersioni di tempo ed energie, guadagnando tempo libero“. BUSINESS REVOLUTION raccoglie tutti gli elementi utili agli imprenditori o a chi vuole mettersi in proprio, per creare una azienda vincente, produttiva ed indipendente.

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iNFORMALIBRI LA NUOVA ERA DELLA COMUNICAZIONE Human satisfaction, multicreatività, comunità di marca Marzio Bonferroni - Tecniche nuove - 24,90 Euro - pag. 364

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La comunicazione d’impresa com’è concepita oggi è in sofferenza. Le aziende non sono più in grado di destinare budget elevati in un’attività il cui ritorno è sempre più incerto. Questo libro è stato scritto per dimostrare che il problema sta, innanzitutto, nella logica con cui si concepisce il “consumatore” (customer) e lo si bombarda di messaggi. Il testo sostiene che il “consumatore” non esiste, esiste il cliente-persona (human) la cui ricchezza individuale va colta a tutto tondo, soprattutto nelle relazioni fra valore dell’impresa ed effettive ne-

cessità: dalla customer satisfaction alla human satisfaction. In questo processo sono coinvolti la multicreatività, prodotto del team multidisciplinare dove si uniscono più ambiti (non solamente di marketing) e la comunità di marca che è il mondo riconoscibile di ogni impresa. Il tema della human satisfaction viene affrontato anche attraverso gli autorevoli pareri di una quarantina di imprenditori e manager appositamente interpellati, nonché con capitoli di approfondimento fi rmati da specialisti. Non è pertanto un volume di cruda teoria, bensì una proposta concreta di comportamenti attivi e una provocazione volta a inaugurare un nuovo mondo di comunicazione di brand e d’impresa. Marzio Bonferroni, nato a Firenze, lavora a Milano. È fondatore e presidente di UniOne - Architetture di comunicazione, società consulenziale e operativa aderente ad Assolombarda. La sua visione della Human Satisfaction ha ottenuto pareri favorevoli da imprenditori, manager e opinion leader, fra cui Philip Kotler. Ha tenuto corsi, seminari e relazioni alla IULM e in altre Università. Ha firmato per anni la rubrica sulla Human Satisfaction per il mensile Mark Up.


GEOMARKETING I sistemi informativi territoriali (SIT - GIS) a supporto delle aziende e della pubblica amministrazione di Salvatore Amaduzzi - EPC Ediitore - 19,00 Euro - pag. 128

Una guida completa al geomarketing, un libro che colma un vuoto nel panorama informativo italiano. In Italia, del resto, la disciplina non è ancora molto diffusa mentre, all’estero, è sempre più praticata. Il geomarketing mette insieme le potenzialità della geografia con i vari aspetti del marketing, introducendo quindi i parametri geografici nell’interpretazione dei fenomeni del mercato e della comunicazione. Si cerca, insomma, di rispondere a domande chiave, ad esempio, quando si deve decidere dove posizionare una determinata attività produttiva: dove si localizzano i consumatori appartenenti a un determinato target, dove si trova la concorrenza, in che modo individuare sul territorio i potenziali clienti. Oppure ancora se si può differenziare la distribuzione dei beni in un’area geografica in base alla valutazione degli indicatori di reddito e in funzione di questi diversificare le politiche di prezzo. Il volume è dedicato a quelle figure professionali che non hanno uno skill tecnico specifico e intende fornire tutte le informazioni utili a valutare se il geomarketing possa essere un valido supporto alla propria attività. A questo proposito si descrivono i componenti, i principali fornitori e le modalità operative per lo startup di un progetto di geomarketing, presentando diversi casi studio relativi all’attivazione di progetti in aziende e pubbliche amministrazioni evidenziando motivazioni, obiettivi, tecnologie e risultati ottenuti. Viene inoltre allegato un DVD e la pos-

Comunico …ergo sum Ugo Canonici

Comunico …ergo sum Se è importante saper fare, lo è altrettanto il far sapere. Utilizzando una buona comunicazione.

Prefazione di Enrico Bertolino

Deus Editore s.r.l.

Sarò Breve

sibilità di iscrizione ad un portale che contiene molte utili risorse: filmati, documenti, articoli, link a risorse sul web e a innumerevoli webinar e podcast che consentono a p p ro f o n dimenti sui vari temi trattati. L’autore è Salvatore Amaduzzi. Laureato in Scienze dell’Informazione e in Informatica. Ricercatore di Geografia, insegna Geomarketing, Sistemi Informativi Territoriali e Geografia Economico Politica all’Università di Udine. Esperto di Sistemi Informativi Territoriali e Geomarketing è responsabile e coordinatore di diversi progetti per aziende e amministrazioni pubbliche. Fondatore e presidente di Tellus SPA (azienda leader nel settore dei SIT e Geomarketing). Membro del consiglio di CARTESIO (Centro Interdipartimentale di ricerca sul telerilevamento e GIS) per l’Università di Udine.

Organizzare eventi aziendali

Scrivere. Una fatica nera.

La piccola libreria di Deus Editore www.miabbono.com/deus


Comunicazione Sociale

Una opportunità per il mondo non profit: computer e attrezzature mediche perfettamente funzionanti a disposizione delle organizzazioni sociali

Il Banco Informatico Informazioni Informazioni: BITeB onlus Via W.Tobagi 30 20068 Peschiera Borromeo (Milano) Tel. 02 55300873 Fax. 02 55306025 info@biteb.org www.biteb.org www.techsoup.it

L’EDITORE

- Il biteb: una nuova Organizzazione Dal 2003 nel mondo del volontariato italiano opera il Banco Informatico Tecnologico e Biomedico. Lo scopo originale è stato quello di dare una seconda vita alla tecnologia informatica. Il Banco ritira Computer che le aziende ritengono obsoleti per le loro nuove esigenze, li revisiona e li mette a disposizioni delle Associazioni e delle Cooperative del III Settore. I volontari del Banco hanno distribuito nel 2011 circa 1500 computer revisionati e con un nuovo sistema operativo. Nel 2007 è stato dato avvio, con il Progetto “Dall’ospedale agli Ospedali” ad un’altra importante iniziativa: la cessione di attrezzature mediche, che venivano dismesse dagli Ospedali, principalmente quelli lombardi, alle ONG che operano nei paesi del Terzo Mondo, che hanno esigenze crescenti di tecnologia ospedaliera. Sono stati mandati in Africa, in Asia e nell’Europa dell’est oltre ai Computer, anche attrezzature mediche ancora funzionanti; il BITEB infatti avvia verifiche di sicurezza e di funzionalità prima di spedire questi beni all’estero. Come fare per ricevere questi beni E’ indispensabile avere i requisiti di appartenenza al Terzo Settore, essere una Associazione Non Profit, o una

Cooperativa ONLUS , andare sul sito . WWW:BITEB.ORG , accreditarsi, e poi vedere quali beni sono disponibili in quel momento o segnalare quale è il proprio bisogno. L’accreditamento è indispensabile per garantire che i beni non vengono rilasciati a privati o immessi irregolarmente sul mercato. Normalmente i costi richiesti sono quelli di trasporto ed una offerta, per i Computer, che copre la revisione della RAM e l’acquisto del sistema operativo e il programma di gestione da Microsoft. Una novita’ nel mercato delle onlus: techsoup Una grande Charity americana ha deciso di aprire, attraverso BITEB, la propria presenza in Italia, dopo aver avviato ben sedi in 45 paesi del mondo.Dal 2010 Techsoup Italia (WWW. TECHSOUP.IT) è presente sul territorio italiano con Prodotti Nuovi offerti alle ONLUS. Si tratta di Software assolutamente nuovo e rinvenibile nella Grande Distribuzione Organizzata della Microsoft, SAP, Symantech, e di Hardware della Cisco che sono messi a disposizione unicamente al Terzo Settore. Il prezzo di cessione supera il 90 % di sconto. Anche in questo caso occorre accreditarsi, dimostrare cioè di essere un Ente Non Profit, e accedere al Sito per vedere il catalogo dei prodotti che queste multinazionali mettono a disposizione.



Comunicazione & Benessere

Antonella Lucato

Il bianco è il colore che più rappresenta i momenti di passaggio esistenziali verso una nuova fase, nella vita personale e professionale

La fine per un nuovo inizio

Pagina bianca -

La pagina bianca, temuta da molti per il senso di vuoto, assenza, invisibilità, silenzio. Simbolicamente rappresenta l’inizio, qualcosa di nuovo che si affaccia all’orizzonte con tutto il potenziale creativo e vitale che porta con sé. Ansia e inquietudine

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Causa talvolta di ansia e inquietudine, come il tormento di portare alla luce qualcosa da tempo in gestazione dentro. Percepita come un ignoto sconosciuto può paralizzare sinché non si entra dentro le viscere del bianco per dar vita a un nuovo corso. L’atto del far nascere, del portare alla luce è un’energia vitale che altrimenti resterebbe intrappolata. Perché un nuovo ciclo possa aprirsi, non c’è altro modo se non accettare o determinare la chiusura di uno vecchio. Così come un nuovo anno inizia quando il vecchio finisce. Il bianco è il colore che più rappresenta i momenti di passaggio esistenziali verso una nuova fase, nel-

la vita personale o professionale. Il bianco è il colore simbolo della nascita, dei riti del battesimo, della cresima, del matrimonio. Puro e pulito Al bianco s’associa l’idea di puro, pulito, lindo: non a caso lavabi, vasche da bagno, elettrodomestici, lavatrici e involucri e immagini di cibi light sono in maggioranza preferiti di color bianco. Bianca è la neve, i paesaggi imbiancati trasmettono un senso di quiete, di ovatta mento dal frastuono del mondo, immersi nel bianco i toni urlati si abbassano, le inquietudini si chetano. Considerato il colore dell’illuminazione, della luce e della perfezione, il bianco contiene in sé tutti gli altri colori, comunica distinzione, raffinatezza ma anche lontananza dalle pulsioni violente. Talvolta usato come provocazione per attirare l’attenzione. Chi indossa un completo immacolato si nota infatti da lontano. Simbolo di distacco dalle cose mate-


Antonella Lucato La comunicazione nelle sue diverse forme espressive è il filo conduttore che accompagna studi, formazioni e attività di una vita. Il Gesto e la Parola, la Relazione tra comunicazione verbale e non-verbale è stato il tema della tesi in Relazioni Pubbliche all’Università Iulm di Milano. Master in linguaggi espressivi, psicologia della comunicazione e psicosomatica, un’intensa attività di comunicazione in note aziende multinazionali e l’insegnamento in prestigiose Scuole di formazione arricchiscono l’esperienza sino all’approdo alla scrittura. I libri pubblicati, diversi per genere, in comune hanno la ricerca interiore, l’arte sottile di scoprire e conoscere se stessi. Scrive per testate italiane ed internazionali.

riali, una barriera bianca mette una distanza tra sé e il mondo, non è un colore adatto a tutti e da indossare ad ogni circostanza. Poiché porta alla luce e mette in risalto, indossato si adatta meglio a corpi sottili e richiede attenzione, un bianco macchiato, ingiallito o impolverato trasmette un senso di trascuratezza, inadeguatezza o sciatteria. Una sfida Così come la pagina bianca è una sfida ad essere riempita, il vestirsi di bianco integrale sempre e comunque è indice di sfrontata o fiera provocazione. Specie se declinato al maschile. Il tutto bianco indossato in ufficio per un uomo è fuori discussione, proprio perché il bianco comunica lontananza e distacco dalle cose pratiche, vedere uomini d’affari vestiti integralmente di bianco è assai raro, perlomeno nella nostra cultura, infatti più si sale nella scala gerarchica dell’organizzazione aziendale più l’abito si fa scuro, segno di sobrietà, eleganza e potere. Nel linguaggio dei fiori il bianco ha un ruolo speciale: il fior di loto affonda le sue radici nel fango ma il suo fiore candido è simbolo d’armonia e illuminazione, non a caso certe divinità son ritratte sedute su fior di loto. L’elegante giglio bianco veniva utilizzato nei riti greci e romani sin dall’antichità: il sacerdote poneva sul capo della sposa la corona nuziale di gigli con spighe di grano simbolo di purezza e abbondanza.

E, come testimoniano le scritture della letteratura e l’iconografia religiosa, il giglio bianco fu associato a diversi Santi, come Sant’Antonio da Padova, patrono della procreazione, rappresentato con un bambino in braccio e il bianco fiore in mano. I tre petali del giglio bianco vennero ritenuti simbolici delle tre virtù: fede, speranza e carità e allusivi alla Sacra Trinità. Leonardo da Vinci dipinse l’Annunciazione, 1472-1475 ca., dell’Angelo Gabriele che recava il messaggio divino reggendo un giglio bianco con la mano sinistra mentre con la destra benediceva la Vergine Maria e anche Sandro Botticelli, 1489-1490, raffigurò il giglio nell’Annunciazione. Un linguaggio sussurrato La rosa, regina dei fiori, nella sua variante bianca è simbolo di fedeltà, eleganza, dolcezza, parla di sentimenti puri, da rivelare con delicatezza, di segreti da rivelare con discrezione, un linguaggio più sussurrato che urlato. L’anno che si è chiuso ha inciso pagine tumultuose sulla scena nazionale e internazionale, i suoi effetti continueranno a condizionare gli anni a venire. Pagina bianca è prendersi un tempo per ritrovare un attimo di quiete, reimpostare la direzione, comprendere, metabolizzare. E’ riprender fiato, per iniziare con energia un nuovo anno, i cambiamenti e le sfide che porterà. Pagina bianca è scrivere da protagonisti le pagine della storia personale. Pagina bianca è punto e a capo. Un nuovo anno, un nuovo inizio.

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Club dell’Osso

Demetrio Minutilli

Quando è troppo è troppo. Il ricorso eccessivo al PPT sta rendendo inviso lo strumento. Anche qui bisogna rinnovarsi

Power Point? Vietato!

www.clubdellosso.it clubdellosso@clubdellosso.it

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Tra le attività principali del Club dell’Osso, oltre a quella della partecipazione ad educational per scoprire e testare nuove location ed offerte, c’è la partecipazione ad incontri/discussioni su temi legati al lavoro del meeting planner. Nei giorni scorsi era giunta una notizia: “vietate le presentazioni in PowerPoint, sì invece alla sperimentazione e all’utilizzo di format più interattivi e adatti ai meeting dal vivo: sono le indicazioni che Meetings & Events Australia, ha dato agli speaker che interverranno alla prossima conferenza annuale”. L’argomento è sembrato ghiotto. Chi non ha a che fare, in qualsiasi tipo di riunione, con la necessità di proiettare delle immagini? Una volta erano i “flip chart”, grossi fogli appesi alle lavagne “portaflip”, con scritto ciò di cui si stava parlando. Poi furono le lavagne luminose con le pellicole trasparenti (per molto tempo). I più sofisticati utilizzavano le diapositive (le slide), colorate e ben costruite. Ma poi arrivò il dio-computer. E con lui un programma, che gli intimi chiamano PPT, il Power Point. Un miracolo della programmazione che permetteva di realizzare con poco sforzo, presentazioni colorate, con caratteri a scelta infinita, con sfondi, immagini e chi più ne ha... Ma qualcuno ha cominciato a percepire che forse se ne sta abusando. Sembra che ormai anche per dire nome e cognome si ha bisogno di un supporto in PPT. E non sempre l’utilizzo è tra i più felici: colori sbagliati e poco leggibili, caratteri di dimensioni improponibili, quantità

industriale di parole … Insomma, forse è il tempo di fermarsi un attimo e riflettere. Basta dunque a presentazioni con elenchi puntati, all’uso di grafici stereotipati, a format standardizzati e basta alla lettura delle slide dal podio, una modalità troppo rigida e superata dalle tecnologie per la quale può non valere la pena partecipare a un evento di persona. Secondo Meetings & Events Australia, la cui mission è anche quella di guidare i propri associati a comunicare più efficacemente con gli eventi, i relatori devono compiere ogni sforzo per innovare le modalità espositive, cercando di personalizzare gli interventi con l’utilizzo di video e foto, il racconto di case history, aneddoti e storytelling, muovendosi con agio all’interno delle sale e interagendo maggiormente con i partecipanti per potenziare l’impatto delle proprie presentazioni. Questo singolare appello, il primo di questo genere di cui si abbia notizia nel settore meeting ed eventi internazionale, vale per la prossima conferenza annuale dell’associazione, in programma dal 21 al 24 aprile al Sydney Convention and Exhibition Centre e per la quale sono attesi 900 delegati, ma vuole essere anche uno stimolo per i professionisti degli eventi che parteciperanno all’incontro affinché si facciano a loro volta promotori di format di eventi più efficaci, capaci di valorizzare meglio le possibilità offerte dagli incontri “live”. Forse, hanno concluso i soci del Club dell’Osso, potrebbe valer pena seguire con attenzione l’evoluzione…


dmc

Comitato scientifico Bruno Calchera Direttore Generale del Banco Informatico e membro delegato del Tavolo del Terzo Settore della Regione Lombardia. Già Direttore U.O. della Comunicazione Istituzionale della Regione Lombardia. Giornalista. Direttore Marketing in case editrici. Consulente alla Comunicazione in Enti pubblici e privati. Impegnato in attività del Terzo Settore da più di 30 anni. Marzia Curone Partner di “Relata”, Agenzia di Marketing e di Comunicazione di Relazione. Presidente del settore Direct Marketing di Assocomunicazione, Coordinatore del Comitato Interassociativo Marketing Diretto. Michele Faldi Direttore dell’Alta Formazione e delle Alte Scuole dell’Università Cattolica del S. Cuore. Ha lavorato presso centri culturali ed istituti di ricerca e formazione in Italia e all’estero. Da sempre si è occupato di Higher Education.

Chiara Grosselli Responsabile del Marketing e delle Comunicazioni per l’IBM in Italia, delle Relazioni Esterne e della Fondazione IBM Italia. Collabora con diverse associazioni per sostenere l’imprenditoria femminile. Ha vinto il Premio “Marisa Bellisario”.

Alessandro Lucchini Giornalista e copywriter, è autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi di business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano.

dmc

Fondato nel 1987 Rivista di Direct Marketing, Marketing e Comunicazione d’Impresa Autorizzazione tribunale n° 300 del 19/04/1991 Sped. abb. post. 50% - Anno 25 - n°1 del 2012 Prezzo di una copia 5 Euro Abbonamento annuale (6 numeri) 25 Euro - www.miabbono.com/dmc Direzione, Redazione, Grafica, Amministrazione: Via Spallanzani 10 - Porta Venezia - 20129 Milano tel. +39.02.74.22.22.1 - fax +39.02.74.22.22.23 e-mail: redazione@dmconline.it - www.dmconline.it Direttore Responsabile: Ugo Canonici (direzione@dmconline.it) Capo Redattore: Sarah Canonici Redazione: Carlo Cremona, Grazia De Benedetti Coordinamento Redazionale e Grafica: Davide Canonici (davide@dmconline.it) Editore Incaricato: Bruno Calchera Collaboratori: Giorgia Cipria, Ugo Clima, Pier Giorgio Cozzi, Barbara Coralli, Vittoria A. D’Apice, Manuele De Conte, Antonio Ferrandina, Axel Lo Guzzo, Antonella Lucato, Alessandro Lucchini, Marco Maglio, Domenico Matarazzo, Demetrio Minutilli, Guido Montacchini, Ugo Perugini, Maurizio Quarta, Margherita Ruggiero, Mario Silvano Pubblicità: Gestita direttamente dall’Editore (pubblicita@dmconline.it) tel +39.02.74 22 22.1 Iscrizione ROC: 16511 Deus Editore s.r.l.: via Turati, 26 - 20121 Milano - P.I. IVA 11422020153

Club C3:

Maurizio Nichetti Architetto, attore, sceneggiatore, regista di cinema, televisione e cartoni animati. Debutta nella regia cinematografica con RATATAPLAN a cui faranno seguito una decina di lungometraggi. Attivo anche nel teatro di prosa, nel teatro lirico e nel cinema d’animazione. Mario Pasquero Dopo esperienze in aziende leader del Largo Consumo (Ferrero, Diageo, Paglieri) in ambito Marketing e Commerciale entra in Poste Italiane come Direttore Marketing di Postel e poi nella Capogruppo Poste. Oggi è consulente specializzato in Direct Marketing e Product/Trade Marketing per il Largo Consumo. Bruno Patrito Silva Fondatore e presidente di Direct Channel - con oltre 30 anni di esperienza, maturata prima nell’ambito di prestigiose aziende leader dell’I.T. e trasformata successivamente in attività imprenditoriale.

Mario Silvano Presidente di Silvano Consulting, società di formazione, consulenza, marketing operativo, sviluppo quadri commerciali. Dal 1961 tiene corsi in Italia e all’estero. Autore di libri su marketing e vendita.

Roberto Vallini Già direttore della Comunicazione di AEM Milano, e vice Presidente della FERPI. Giornalista, è stato Portavoce del Presidente della Lombardia Roberto Formigoni, ha pubblicato il libro “Per una Lombardia federale”. E’ Direttore Editoriale e di informazione di Telereporter, Odeon Tv e Telecampione.

dm & comunicazione

Il club per chi opera nel mondo della comunicazione d’impresa, ha come missione una corretta divulgazione della cultura della comunicazione.

dm&c è l’organo d’informazione del Club C3 e-mail: clubc3@dmconline.it www.dmconline.it Fotolito e Stampa

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Qualora non vogliate ricevere più questa pubblicazione potete inviare una mail a redazione@dmconline.it specificando nell’oggetto “cancellatemi dal data base”.


Pensiero Libero

di Alessandro Lucchini*

Intervista a Roberta Cocco, direttore CSR Microsoft Italia, fondatrice del progettofuturo@lfemminile

La goccia erode la montagna *Alessandro Lucchini, giornalista e copywriter, Autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi business/ web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano. www.palestradellascrittura.it lucchini@msoft.it

Questa rubrica non ha mai ospitato un’intervista prima d’ora. L’occasione lo merita. A dicembre scorso, a Firenze, prima edizione del corso di comunicazione digitale organizzato dal Comune di Firenze e da Microsoft. Obiettivo: promuovere la partecipazione politica in chiave femminile. 120 giovani donne presenti hanno confermato l’interesse per le nuove forme di democrazia rese possibili dalla rete. Roberta Cocco, direttore CSR Microsoft Italia, ideatrice del corso: «Digital Democracy è un laboratorio di formazione per aiutare le ragazze, native digitali, a capire come sfruttare le loro capacità legate alla tecnologia e al mondo social per accrescere la partecipazione politica. Questo il punto di partenza: l’esperimento si sta poi rivelando ancora più ad ampio raggio, nelle prospettive e nella volontà delle ragazze che vi hanno partecipato.» Perché puntare sulle giovani donne?

Gli uomini usano la tecnologia più delle donne, ma nelle fasce giovanili la differenza si abbatte: le teenager ne fanno un uso più ampio e più maturo. I ragazzi le superano in quantità d’uso, ma più per entertainment: gioco, risultati sportivi, notizie. Le ragazze usano internet per più ragioni: comunicazione (Hotmail, Twitter, Facebook, email), ricerca d’informazioni specifiche (scuola, hobby, interessi privati, turismo), e altri scopi. Come entra in questo quadro la politica?

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C’è grande fervore nei movimenti giovanili, c’è interesse a muoversi per le cause: ma c’è poca proattività nell’offrire idee nuove e concrete. Nasce da qui Digital Democracy. Il Comune di Firenze intendeva valutare se le ragazze, più attive nelle cause sociali, possono farsi promotrici di una nuova era della

partecipazione digitale democratica. Noi facciamo la nostra parte con la tecnologia, formando le giovani donne a un uso più ampio e più consapevole di qualcosa che conoscono già, ma che possono usare ancora meglio per produrre nuove idee. I contenuti del corso?

Erano divisi in tre moduli. Una giornata sul web writing, con le tecniche linguistiche per potenziare l’interazione nei social network. Una su come usare professionalmente la rete in modo innovativo, con molti esempi e casi pratici. Una su come crearsi nuove prospettive di lavoro, legando le capacità digitali a una maggiore partecipazione alla società. Qual è stata la cosa che più ti ha sorpreso rispetto alle attese? La straordinaria partecipazione delle ragazze. Alla fine del primo giorno ho chiesto loro che ci mandassero uno scritto, al volo, entro la mattina dopo: un commento, un suggerimento, un’idea sul corso. La risposta è stata sorprendente. Le ragazze hanno scritto anche ai docenti. Abbiamo poi lanciato l’idea di scrivere a più mani un e-book sul tema, e stiamo raccogliendo molto materiale. C’è un mondo da esplorare. Quali gli sviluppi attesi?

Con il grande interesse dei media e di altre Amministrazioni, la notizia è girata molto in rete. Io sto lavorando per portare futuro@lfemminile nel mondo, ma ora voglio pensare soprattutto all’Italia. Anche nella giornata di fine marzo intitolata web@lfemminile, la “24h made in women”, il tema sarà la partecipazione, nel significato di incontro, attivismo, concretezza. Significa cambiare davvero le cose, anche partendo dal piccolo. La goccia deve erodere la montagna: la montagna è grande, ma anche la goccia non è messa niente male :)




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