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dmc

Anno 24 - nº. 1 del 2011

Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

direttore Ugo Canonici

DM & Comunicazione Organo d’informazione del Club C3

&

Comunicazione

Comunicare è vivere

Poste Italiane S.p.A. Sped in a.p. - d.l. 353/2003 conv. l. 46/2004. art1.c.1 - LO/MI - Mensile - 5 Euro

Marketing

Compro o non compro

La nota La maledizione della conoscenza

Comunicazione

Tra il vero e il falso...


CLEIS è una Società di Comunicazione d’impresa specializzata nell’organizzazione di Eventi aziendali. Cosa facciamo: CREATIVITA’ Grafica - Web Presentazioni Audiovisivi

STRATEGIA Marketing & Comunicazione

COACHING

Cleis

EVENTI E MEETING In Out Motivazione

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FORMAZIONE Formazione finanziata

CLUB AZIENDALI GESTIONE FORNITORI GESTIONE AMMINISTRATIVA Fin dal 1998 ha acquisito la certificazione di qualità UNI EN ISO 9001: 2000 per i sistemi di gestione della qualità nella progettazione ed erogazione di servizi di comunicazione d’impresa e di servizi di formazione aziendale. Cleis Spa - via Lazzaro Spallanzani 10, 20129 Milano - Tel 02 7422 221 - cleis@cleis.it - www.cleis.it



dmc Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

Le uscite di dm&c: • febbraio • aprile • giugno • agosto • ottobre • dicembre

&

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il Direct Marketing è una strategia di marketing che utilizza la comunicazione per rivolgersi, con strumenti interattivi, a un pubblico mirato onde ottenere risposte misurabili.

Ma r k eti n g

tutte le attività che vengono svolte da un’azienda per giungere alla vendita dei prodotti/servizi offerti (dalla ricerca alle indagini di mercato, dal lancio del prodotto alla post-vendita).

C om u n i c a z i on e d ’ i mp r e s a

un processo che utilizza in modo integrato gli strumenti della comunicazione per far conoscere efficacemente al mercato l’offerta e determinare il posizionamento.

I lettori di dm&c da un’indagine del Maggio 2010 A QUALI AZIENDE APPARTENGONO

Utenti di comunicazione

61,3 %

Agenzie di comunicazione e meeting planners

26,7 %

QUALE FUNZIONE HANNO IN AZIENDA

Titolari, presidenti, amministratori

21,8 %

Commerciale, marketing

46,1%

Direzione pubblicità, responsabile Rel. Est.

24,2 %

Concessionari, editori

2,4 %

Associazioni professionali, Pubblica Amministrazione

Media

3,2 %

5,9 %

Creativi - direttori

2,6 %

Varie

3,7 %

Varie aziendali

2,1%

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Sommario Anno 24 - no 1 del 2011

EDITORIALE 7

Come il Bombo di Ugo Canonici

LA NOTA 8

La maledizione della conoscenza di Guido Montacchini

COMUNICAZIONE 10 12 24 26 29 34 36

Verso nuovi scenari di Grazia De Benedetti Comunicare è vivere di Ugo Clima Una corsa per donare di Laura Patrito Silva Tablet, Smartphone e Cloud Computing di Carlo Cremona Il business del divertimento di Domenico Matarazzo Quando il falso è d’autore di Marco Maglio I Green Graffiti di Filippo Borghesi

8

COMUNICAZIONE CON I CANi

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38 Comunicare con i cani di Davide Canonici

MARKETING 16 18 20 22 32

Compro o non compro di Ugo Perugini Web marketing per l’arte di Pier Giorgio Cozzi Secondo pensionamento di Maurizio Quarta Come rilanciare l’attività di vendita di Mario Silvano Fare sistema di Claudia Fraschetti

COMUNICARE CON I CONVEGNI 46 Alla ricerca del massimo 48 Congressi con vista di Giovanna Risso

50 Italia... questo nostro fantastico Paese di Erminia Casadei

18

RUBRICHE 39 41 42 44 52

Informalibri Fatti & Persone Comunicazione & Benessere Comunicazione Sociale Club dell’Osso

PENSIERO LIBERO 54 150 d’Italia e d’italiano di Alessandro Lucchini

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dmc Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

&

Amico lettore, dm&c viene realizzato sia su supporto cartaceo sia su supporto digitale. Se desideri ricevere la Rivista, gratuitamente, via e-mail, invia la richiesta a: direzione@dmconline.it segnalandoci le tue corrette coordinate. Se ritieni che anche un tuo amico sia interessato alla lettura di dm&c aggiungi anche le sue coordinate. Per ricevere la versione su carta puoi collegarti a www.miabbono.com/dmc.

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La rivista, diretta da Ugo Canonici, si propone come testata leader nel settore del marketing, direct mar­keting e comunicazione d’impresa. Una marcia in più per chi vuole muoversi senza problemi nel difficile mondo del lavoro.


Editoriale

Come il Bombo Ugo Canonici

Sapete cosa è un Bombo? Il Bombo è una specie di vespa, anzi di vespone; quasi come un calabrone. Ha il corpo tozzo e pesante e due ali piccole piccole, trasparenti e sottili. E’ stato a lungo studiato dagli esperti, ed i grandi professoroni di fisica, quelli che sanno tutto sull’aerodinamica, hanno giurato e spergiurato che il Bombo non può volare. E’ contro tutte le leggi della fisica. Ma il Bombo ha una grande fortuna: quella di non capire cosa dicono gli scienziati. E vola. Passa di fiore in fiore, svolgendo una importantissima funzione di impollinazione in natura. Agita forte le sue piccole ali e, contro tutte le regole dell’aerodinamica, vola. E per questo ha conquistato la mia simpatia. Quante volte mi son sentito dire (ci siamo sentiti dire) non si può fare. Non ci riuscirai mai. E’ inutile insistere. E magari noi, testardamente, incoscientemente, con tanta volontà abbiamo volato. Solo chi vuol vincere, vince. Ma la volontà è una condizione necessaria, ma non sufficiente. E allora proviamo a vedere quali sono le altre condizioni cui bisogna dare una risposta. Ah, non l’ho ancora precisato, ma il contesto a cui mi riferisco è l’attuale situazione del mercato, con riferimento specifico alla comunicazione. Si sa che la comunicazione, nei suoi vari aspetti e con i suoi vari strumenti, è tra le prime cose ad essere sacrificate nei momenti di ristrettezza. E quindi coloro che hanno fatto della comunicazione la loro professione vivono tempi, diciamo così, di tensione, se non di viva preoccupazione. Quando poi si sentono dire dagli esperti che non si vede ancora la luce in fondo al tunnel, possono essere presi da sconforto. E pensare di non poter più volare. Allora vediamo di riprendere le altre condizioni, oltre alla volontà, per vincere la sfida: 1.Professionalità (non bisogna “tirar via” solo perché non c’è entusiasmo); 2.Grinta; 3.Attenzione (non sbagliare); 4.Innovazione (le cose fatte le abbiamo già fatte, e le fanno anche gli altri); 5.Creatività (dare emozione e messaggi forti); 6.Lavoro di squadra (da soli non si va più da nessuna parte); 7.Fiducia (anche se il passato ci ha insegnato che fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, dai, riproviamoci). Ce ne sono altre, ma fermiamoci qui. Non è un decalogo ma non vi sembrino cose banali. Credo che anche i cervelloni di cui sopra, se fossero riusciti a entrare nei pensieri del Bombo, forse ci avrebbero trovato le cose suesposte. E forse, avrebbero sentenziato che anche il Bombo ce l’avrebbe fatta a volare.

Ugo_Canonici@cleis.it

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La Nota Guido Montacchini

Quante occasioni perdiamo ogni giorno perché non ci capiamo? La tecnologia ha esasperato ancora di più il divario tra specialisti e utenti (communication divide)

Tre o quattro piccole “storie” di vita quotidiana

La maledizione della conoscenza

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- Carla, insegnante in pensione, capelli bianco candido ed occhialini sulla punta del naso; di buona cultura e discreta – per l’età - propensione per la tecnologia: ha un pc che usa per e-mail e video-chiamate con Skype per tenere i contatti con il cugino in Canada; 2 volte a settimana è in palestra per il corso di pilates; del resto i nipoti la costringono a tenersi in forma e sempre aggiornata. Il forno della cucina, rinnovata oramai da 15 anni, in occasione dell’uscita di casa dei figli “bamboccioni”, inizia a dare segni di cedimento. Entra un po’ spaesata in un grande negozio di elettrodomestici. Si avvicina un ragazzotto con sorriso di ordinanza. “Cercavo un forno… ad incasso… per la mia cucina”. “Ecco signora, questo è il top di gamma: cottura automatica mutlifunzione elettronico, pirolitico, efficienza energetica A, touch control, LCD interattivo multilingue, termosonda, ventilazione tangenziale di raffreddamento – oppure in alternativa, se vuole spendere qualcosina di meno si può prendere in considerazione questo, che però non ha il touch control”. “Grazie,

ci penso…” Carla esce pensierosa, non ha capito molto; a lei del resto serve un forno per preparare la torta di mele quando vengono a trovarla i nipoti. Si chiude la porta del negozio alle spalle e… “Ops, mi scusi tanto, ero sopra pensiero”; si scontra accidentalmente con Luigi che si scusa a sua volta e la aiuta a raccogliere i depliant caduti nello scontro. Dopo Carla, Luigi e Sabina Luigi è ingegnere, rappresentante di strumentazione scientifica; forse ha un po’ più di 35 anni. Abbronzato ed elegante, ha comprato l’i-pad a New York, ad una settimana dal lancio in America. Sta andando a prendere un caffè con Sabina, biologa, responsabile di un centro diagnostico che si trova nello stesso palazzo del negozio di elettrodomestici. Sabina deve comprare un nuovo strumento per analisi di laboratorio di routine. Luigi ha passato un’ora ad esporre dettagliatamente funzioni, caratteristiche tecniche, specifiche di uno strumento potentissimo e sofisticato in grado di identificare la minima


traccia di qualsiasi sostanza nelle condizioni più estreme. Sabina, sfinita e confusa dalla presentazione, accetta l’invito a prendere un caffè pur di liberarsi di Luigi. Saranno i tecnici del suo laboratorio in grado di utilizzare uno strumento così sofisticato, per fare quotidianamente solo sempre la stessa analisi? Si domanda mentre escono dal portone. Luigi, sicuro di poter concludere l’affare e, con un po’ di presunzione, anche di poter azzardare un invito a cena con Sabina. Sale sulla sua auto sportiva parcheggiata di traverso, mezza sul marciapiede e parte sgommando. Ovo e il papà Pietro - detto Ovo dagli amici (per la forma della sua testa) - sta attraversando la strada con lo skateboard e per poco non viene travolto; ha le cuffiette a tutto volume con la musica Fabri Fibra, e, incurante di tutto quello che succede intorno, sta ciondolando verso casa. Ovo è adolescente; un ciuffo curatamente spettinato copre qualche brufolo sulla fronte. È iper-tecnologico e iper-connesso, Facebook sempre attivo sul telefonino; sta correndo a casa perché suo padre, commercialista, gli ha chiesto aiuto: si tratta di modificare una regolazione del sistema domotico installato nell’appartamento lussuoso in centro. La casa è stata da poco ristrutturata con tutti i canoni tecnologici più moderni. Ogni stanza è riscaldata ad una temperatura diversa a seconda dell’ora e del giorno e di chi è presente in casa. Il bagno padronale è però un po’ troppo freddo alla mattina e il papà si aspetta che Pietro, uno smanettone, riesca ad intervenire sulla centralina per aumentare di un paio di gradi il riscaldamento nel suo bagno. Niente da fare; anche con il supporto telefonico del tecnico esperto, Pietro dovrà desistere. “Parla ‘anziano’, non lo capisco”, sentenzierà dopo. Il tecnico utilizzava invece un linguag-

gio informatico specialistico, incomprensibile ai non addetti ai lavori. Il padre chiamerà poi il tecnico stesso per disattivare quell’aggeggio. Occasioni perdute Quante occasioni perdiamo ogni giorno perché non ci capiamo? La specializzazione di ciascuno porta a parlare con un linguaggio specifico, quasi gergale, semplice per chi lo esprime, ma incomprensibile per chi, non del “mestiere”, ascolta: la ‘maledizione’ della conoscenza! Quanto è difficile spiegare in modo semplice a non addetti ai lavori un argomento che conosciamo alla perfezione, nell’ambito del quale svolgiamo la nostra attività! La tecnologia ha spinto ancora più agli antipodi il divario tra specialisti di prodotto ed utenti finali, divisi da un muro di incomunicabilità. Questo offre opportunità di crescita ad un mercato che si pone tra chi sviluppa il prodotto tecnologico e chi lo usa: lo sviluppo e la implementazione delle applicazioni. L’applicazione è un termine vago e generico che descrive principalmente un software, un metodo, una serie di istruzioni semplici con comandi intuitivi e risultati espliciti e chiari, che consente all’utilizzatore finale di utilizzare l’oggetto tecnologico per fare quello che gli serve. Anche questo è un settore di specialisti, con un loro linguaggio, un loro approccio e non sempre il dialogo con il mondo esterno risulta facile. Dovremo immaginare in futuro dei corsi di “lingua” per permettere di dialogare settori differenti? Quante nuove ed inimmaginabili opportunità si potrebbero spalancare se solo biologi ed architetti, medici ed ingegneri, esperti di marketing ed avvocati, informatici e filosofi riuscissero a parlare una lingua reciprocamente comprensibile? Tanto è stato sicuramente fatto, ma quanto si potrebbe ancora fare colmando il “communication divide”.

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Comunicazione Grazia De Benedetti

Una giornata di ascolto, riflessione e soprattutto proposte sulle prospettive dei creativi nel complesso mondo della pubblicità di oggi

Un convegno sul comparto Comunicazione

Verso nuovi scenari

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- Quale sarà il modello di agenzia del futuro? Se lo è domandato Diego Masi, presidente di AssoComunicazione, introducendo l’incontro Qualità, governance e lavoro, il nuovo ruolo dell’associazione, sorta di “stati generali” delle imprese di comunicazione per fare il punto sulle trasformazioni del settore. Secondo Masi, il 2011 sarà “l’anno in cui iniziare un nuovo processo e in cui elaborare un modello di sviluppo da un lato e dall’altro preparare la nuova governance”. Si è iniziato dalle esperienze delle omologhe associazioni inglese e francese. L’inglese IPA ha la struttura a piramide e un sistema dinamico caratterizza la comunicazione con il vertice. Tra gli obiettivi principali: la promozione del valore e lo sviluppo continuo della professionalità delle agenzie. All’IPA queste godono di una forte rappresentatività e di un’attenzione scrupolosa, così da fruire a tutto campo dei servizi offerti, giustificando la quota d’iscrizione. Diversa l’organizzazione della AACC francese, che punta al valore professionale del marchio e a offrire alle agenzie anche un luogo di riferimento per scambi, dialogo, azione.

Spunti per riflettere Marco Cremona, presidente di Art Directors Club Italiano, ha introdotto spunti interessanti, a cui si sono riferiti anche altri relatori: «Il lavoro dei creativi sta giocando un ruolo fondamentale, ma ci stiamo evolvendo in ritardo. Con l’allargamento dei media, per noi è complicato adeguarci: c’ è uno spazio che va riempito e cose da imparare. Sapersi muovere nei nuovi scenari è drammatico, bisogna capire problemi e aspettative del consumatore, che non è più solo portavoce di desideri, ma può pretendere, provocare, costringere chi produce a cambiare strategie». Dal negativo al positivo Esemplare il caso di un’azienda americana con 125mila dipendenti, che ha perso milioni di dollari per un video di un minuto e mezzo in rete, che screditava i suoi prodotti. Ma l’azienda ha reagito, creando un focus group, a cui ha chiesto cosa non andava nelle pizze che produceva e consegnava a domicilio, e poi un video in cui faceva gustare la nuova pizza ai “critici”, ora soddisfatti. Ha


La pubblicità in Italia

Variazioni % gen-set 2010 sullo stesso periodo 2009

TV -3,7

fonte: Nielsen

6,9 Quotidiani

-7,3

Periodici 11,2

Radio

Insieme è meglio L’intervento dei presidenti delle tre principali associazioni del comparto ha posto le basi per un rapporto più costruttivo negli anni futuri. Ha iniziato Beppe Facchetti di As-

17,6

Internet 6,2

Affissioni

7,1

Cinema Totale

4,3

sorel: «E’ giunto il momento di comunicare tra noi, di adottare una federazione di filiera, non solo dal lato burocratico, ma che dia a noi tutti spazio e visibilità». E’ andato oltre Lorenzo Strona di Unicom: «Le nostre tre associazioni rappresentano 450 imprese, hanno senso tre rappresentanze diverse? I soldi dei nostri associati possono essere usati meglio. Un conto è rappresentare un terzo del comparto, altro è rappresentarlo tutto: bisogna azzerare e costituire una nuova realtà. Difficoltà? I personalismi». Favorevole all’apertura Diego Masi, che ha proposto di partire con una federazione in Confindustria e d’iniziare col contratto collettivo. Per Ennio Lucarelli, vicepresidente vicario di Confindustria Servizi, l’uso spinto di Internet è il nuovo traguardo, fondamentale per l’export. Necessario quindi l’aggiornamento professionale di oltre 100.000 addetti delle varie aree, inoltre «Gli imprenditori italiani, così capaci ad anticipare i trend in paesi affini al nostro, sono chiamati a una sfida globale per conquistare i mercati delle economie emergenti, in crescita tumultuosa anche sull’online, ma più difficili da raggiungere e tutti da scoprire. In Italia siamo agli inizi di questo fenomeno ma in netta crescita: più 18% la pubblicità in rete gennaio/agosto 2010 sullo stesso periodo del 2009, contro il 4,8% di crescita totale e oltre il 10% l’incidenza (nostre stime), quasi 900 milioni di euro di raccolta». Le nuove figure professionali devono lavorare sempre più con le tecnologie online per individuare i trend, studiando i comportamenti dei consumatori e analizzando i grandi basi dati contenuti. L’obiettivo è comunicare con i potenziali clienti in modo personalizzato e “a doppio senso”, come nel Web 2.0».

EDI

così usato l’effetto negativo per migliorare il prodotto e ricreare la propria immagine. «Bisogna imparare a giostrarsi di nuovo. -ha affermato Cremona. -Ai creativi l’interdipendenza con un team orizzontale crea complessità (necessario quindi il dialogo) e incertezza. Due i modi per reagire. Uno è rifugiarsi in un “silos”: delegare qualcuno a fare il nuovo che non si conosce, ma così si resta chiusi, si passa da leader assoluto a obsoleto. L’altro è abbracciare la nuova realtà: oggi ci sono meccanismi che non sono più i nostri, perciò dobbiamo intervenire su quelli vecchi e creare un nuovo spazio per una situazione diversa. Le più flessibili sono le agenzie piccole e medie. Ci vuole la capacità di orizzontalizzare, di lavorare in squadra ed essere umili, che però è molto difficile, perché l’umiltà spesso manca. E ricordarsi che usare i nuovi media non vuol dire avere idee su di loro». Tra le altre osservazioni: la scelta vincente di Amazon di non costringere più il potenziale acquirente a registrarsi, così questi non si sente intrappolato; le gare per campagne pubblicitarie diventate lotterie, con troppe agenzie partecipanti; le aziende che diventano “verdi” all’improvviso, di cui Cremona sorride: è solo un’esca per i consumatori che lo richiedono, ma quanto a esserlo davvero...anche BP ha il logo ecologico! Molto meglio una campagna legata all’ambiente e non all’azienda. «La società italiana è basata sull’individualismo,-ha concluso Cremona -c’è bisogno di cambiamenti. Manca la partecipazione ai valori, bisogna scrivere le regole e farle rispettare. Oggi per arricchire il nostro portfolio siamo persino disposti a lavorare gratis».

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Comunicazione Ugo Clima *

La nostra comunicazione è condizionata dalla nostra personalità che è condizionata dagli accadimenti della nostra vita, spesso non pilotabili da noi Lavorare su noi stessi per rapportarci meglio con gli altri

Comunicare è vivere * Presidente Mercurio Misura. Esperto di management, marketing e comunicazione diretta, ha tenuto conferenze in numerosi congressi nazionali e internazionali, oltre ad aver diretto innumerevoli corsi di management per dirigenti e quadri

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- Pochi ammetterebbero che la propria personalità sia un problema. Ci si pensa poco, perché ci conviviamo da sempre, è come l’orologio che portiamo al polso. Ci accorgiamo solo della sua mancanza. Il problema della nostra personalità si pone solo quando, in situazioni difficili, non ci aiuta come vorremmo. Come quelle di dover parlare in pubblico, o in cui dobbiamo comunicare, magari in stato di conflitto, con un superiore o una persona influente, o durante un esame, o quando vogliamo sostenere una tesi controversa. Cessata la tensione, però, ce ne dimentichiamo subito, e talvolta leccandoci le ferite ci diciamo: “Beh, poteva andar peggio. In fin dei conti sono fatto così, non posso farci niente. In ogni caso è passata”. E così finiamo per subire le pressioni degli eventi, senza accorgerci che questi ci cambiano a nostra insaputa e nostro malgrado. La chiamiamo esperienza senza capire che l’esperienza è nelle cose che accadono dentro di noi, non fuori: di cui siamo consapevoli, che entrano a far par-

te del nostro patrimonio culturale. Quante volte una “lunga esperienza”, non è che l’esperienza di una settimana ripetuta un numero infinito di volte. Quanti sostengono di aver girato il mondo, perché sono stati negli Holiday Inn dei cinque continenti? Tornando esattamente come erano partiti, salvo il possesso di innumerevoli fotografie da infliggere ad amici e conoscenti, in serate interminabili e narcotiche. Certamente la personalità sarebbe un problema minore, se almeno sapessimo definirla. Chi siamo? Cosa non facile, perché è un concetto dinamico. Siamo quello che siamo stati, che siamo e che diventeremo. Ma ieri è passato e domani deve ancora arrivare. Ed è contraddittoria: è ciò che crediamo di essere, o ciò che gli altri credono che noi siamo? Quante volte siamo costretti a recitare il copione che gli altri c’impongono? Mia moglie mi dice: “non sei più


l’uomo che avevo sposato”. Bella scoperta. È passata un’eternità. Ma lei pretende di essere ancora la donna che io avevo sposato. I nostri atti c’inseguono, ma quanto profondamente segnano la nostra personalità? Molti dimenticano che il termine “Personalità” indicava la maschera che nel mondo classico caratterizzava i personaggi teatrali (per-sonare). Ed era quindi il mediatore della comunicazione fra l’attore ed il pubblico. Siamo ciò che gli altri vedono di noi? Non c’è dubbio. Belli, brutti, alti, bassi, bianchi o neri, il nostro aspetto siamo noi. Novità e continuità È stato detto che dopo i trent’anni ognuno ha la faccia che si merita. A parte quelle cerebrali, sembra che ogni sette anni sostituiamo tutte le nostre cellule, eppure tra noi e lo sconosciuto che eravamo c’è una continuità sconcertante. Il nostro aspetto, ciò che mostriamo, è il vaso che contiene il nostro terreno biologico: la nostra struttura fisica, le caratteristiche bio-chimiche, la qualità della nostra salute, l’efficienza del nostro metabolismo ecc. Così come, su un piano più metafisico, costituiscono la nostra personalità i semi del nostro sviluppo, le attitudini innate, i nostri geni, le abilità naturali, le forme della nostra intelligenza. Il nostro potenziale inespresso. Un giorno, per caso, due gameti si sono incontrati, offrendo ai nostri genitori la prima, e talvolta l’unica soddisfazione. Si sono incontrati, ed hanno messo insieme il vaso, la terra e i semi. E ci hanno fatto nascere una prima volta: la nascita cellulare, che ci ha donato il nostro bagaglio genetico, precedendo di circa nove mesi la nascita fisica, quando abbiamo superato il trauma del parto e della respirazione polmonare. Ed infine, la terza nascita, quando abbiamo cominciato a percepire la

differenza tra noi e il mondo esterno. La nascita psicologica, con le prime carezze e le prime bastonate. Secondo tutti gli studiosi di scienze umane, le prime esperienze infantili hanno segnato indelebilmente la nostra personalità. Come l’”imprinting” di Konrad Lorenz, il nostro cervello ha immagazzinato le prime sensazioni, soprattutto in termini di piacevole, spiacevole, caldo, freddo, dolce, amaro, permesso, proibito, pericoloso, obbligatorio, desiderabile ecc. C’è qualche dubbio sul fatto che le nostre esperienze infantili abbiano influenzato indelebilmente la formazione della nostra personalità? Basta pensare ai primogeniti detronizzati, ai figli plurimi, al figlio unico. Perché mai un figlio unico dovrebbe rubare la cioccolata se gliene danno a barattoli? È più economico fare un capriccio. Nella sua famiglia sono rari i “non toccare” e numerosi i “non andare con quei ragazzacci”. Gli “studia sennò vai a lavorare” sono tipici delle famiglie numerose. “Questi insegnanti non capiscono niente” sono frequenti quando il figlio è unico. Le prime esperienze sociali, che hanno convissuto per un pezzo con quelle familiari, hanno plasmato il nostro carattere spesso a nostra insaputa. Eric Fromm ha detto che la maggiore occupazione dell’uomo è partorire se stesso. Infatti, il numero d’aborti è ragguardevole. È l’età dei bisogni d’appartenenza e di differenziazione. Il gruppo sociale diventa determinante. Conformisti/anticonformisti Per proclamare il proprio anticonformismo, i giovani si vestono tutti uguali, si bucano e si tatuano allo stesso modo, mostrano l’orlo delle mutande che gli stilisti hanno trasformato in cinture del dottor Gibaud e si ritrovano perfettamente conformati nell’ anticonformismo.

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Comunicazione

È il tempo della ricerca di se stessi. Ricordate il travaglio per decidere la nostra firma? Se lo svolazzo doveva essere sopra o sotto? O come si sono originate le nostre posizioni politiche? O la nostra religione? Come abbiamo scelto la nostra scuola? Se siamo sinceri con noi stessi, dobbiamo ammettere che non abbiamo deciso quasi niente: non il nome, la razza, il luogo di nascita, il ceto sociale, i nostri primi amici, il secolo nel quale nascere. Non abbiamo scelto nemmeno i nostri genitori, anche se poi abbiamo finito per amarli. Come abbiamo finito per amare il nostro nome, talvolta inflittoci dai nostri genitori in modo lietamente persecutorio, o il luogo, talvolta abominevole, dove siamo nati. Le convinzioni fondamentali

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Come ci ha magistralmente spiegato Eric Berne, l’inventore dell’analisi transazionale, ognuno di noi ha vissuto l’età durante la quale tutti erano più grandi di noi, più colti di noi, più bravi di noi. Quando ci dicevano “non ci riuscirai mai, sei un pasticcione, guarda tuo cugino com’è bravo”. Quando eravamo sempre troppo piccoli per fare certe cose e troppo grandi per farne altre. Ed erano sempre quelle che ci piacevano di più. Berne ci dice che in questo periodo si sono formate le convinzioni fondamentali della nostra vita. Quelle pessimistiche, che portano a dire di se stessi: “Io non sono nessuno, forse non valgo niente, ma gli altri non mi capiscono e quindi valgono anche meno di me”. O quelle compensatorie, situate all’opposto, che come le prime ci complicano la vita. È facile constatare quanto raramente siamo in equilibrio con noi stessi e con gli altri. Fin da ragazzi, questi atteggiamenti hanno caratterizzato le nostre comunicazioni col prossimo, filtrando dai nostri discorsi e dai

nostri gesti senza che ce ne accorgessimo. E quando, da adulti, siamo entrati nella meteorologia dell’esistenza, pilotando il nostro guscio di noce nel sole e nella tempesta, col vento e la bonaccia, sotto la pioggia o con la siccità, l’idea che ci eravamo fatti del mondo ci ha accompagnato come un’ombra. E spesso ha rafforzato i nostri atteggiamenti iniziali. Se ne abbiamo voglia, ne possiamo trovare tracce evidenti nella qualità delle nostre comunicazioni col prossimo. La nostra vita è stata un susseguirsi di avvenimenti, dominati dal caso, di cui abbiamo controllato solo una piccola parte. Non abbiamo determinato in nessun modo i grandi avvenimenti storici che abbiamo attraversato, non abbiamo deciso noi chi sarebbe stato il nostro partner. Pensiamo a come abbiamo conosciuto la persona con la quale condividiamo il letto. Anche il lavoro che facciamo l’abbiamo scelto per caso, per l’imprevedibile gioco delle coincidenze, tanto che non ha quasi mai corrisposto ai nostri studi accademici. La passeggiata dell’ubriaco È duro accettare la casualità degli eventi, l’imprevedibilità della vita che, come dice il fisico Leonard Mlodinov nel suo splendido libro, è una “Passeggiata dell’ubriaco”. Così come è duro accettare il marchio che la nostra professione ci imprime, plasmando la nostra personalità giorno dopo giorno, facendoci diventare molto diversi da come avremmo potuto essere. Facendoci parlare in un modo molto diverso da come avremmo potuto esprimerci. Per cui un medico, o un avvocato, o un poliziotto finiscono per parlare un linguaggio spesso del tutto arbitrario. E il medico, poiché trova che il cristallino dell’occhio sia troppo banale, lo fa diventare “cristàllino”, l’avvocato sente il dovere della cita-


zione latina e il poliziotto, per dire che un tale ha ammazzato qualcuno, si sente in dovere di dire che “il soggetto ha posto in essere un’azione delittuosa”. Ci consideriamo arbitri della nostra vita e non ci accorgiamo di essere patetici. Quelli che non lo capiscono, cadono nella fabulazione, si raccontano delle storie, ingannano se stessi. Ho sconfitto il cancro”, quando hanno solo trovato, per puro caso, un buon chirurgo. “Non l’ho fatto perché non ho avuto tempo”, quando ci si è fatti fagocitare da una quantità di cose futili. “Gli altri me l’hanno impedito”, vedendo congiure dove non ci sono. Le persone equilibrate, non hanno paura di chiamare le cose col loro nome, anche quando sono spiacevoli. Per le altre, l’attrazione per l’eufemismo diventa irresistibile. Il conformismo, cioè l’ipocrisia, trionfa pienamente. Vedi le metafore del decesso. “È mancato”, “È scomparso”, “ Si è spento”, “Ci ha lasciato”, “Ci è stato rapito” “È tornato al Padre” e così via. La morte è probabilmente il concetto con il maggior numero di sinonimi. Ma nella vita di tutti i giorni, il ricorso agli eufemismi supera spesso il ridicolo. Perché un sordo dovrebbe sopportare meglio la sua infermità se viene chiamato “non udente”, anche se non lo saprà mai perché non ci sente? Affiora la personalità È immaginabile che mentre il turpiloquio, con la sua esplicita brutalità, imperversa alla televisione e tra le fanciulle in fiore, un handicappato debba sentirsi più felice se viene chiamato “diversamente abile” e non si senta invece preso per i fondelli? Sono solo pochi esempi di come la nostra personalità affiori, quando comunichiamo con il nostro prossimo. Cioè sempre. Perché comunica-

re è vivere. Il nostro linguaggio ci tradisce tanto più spesso, quanto più siamo sotto stress, come in pubblico o in situazioni di conflitto. Ma questo del linguaggio e dei suoi accessori non verbali sarebbe un argomento da approfondire in altra occasione, perché la casistica è ampia e ci sono più cose da evitare che precetti da seguire. A cominciare dai luoghi comuni, le frasi fatte, le espressioni che diventano di moda perchè permettono di non pensare, per cui ogni problema è sempre affrontato a “360 gradi”, si cita il “territorio” per indicare la gente che ci vive sopra, e quando si vuole rievocare qualcosa, immancabilmente la si “rivisita” come se fosse una vecchia zia. Per non parlare del “di tutto”,che ormai non sussiste se non abbinato al “di più”. O che l’Italia, quando è citata da politici di ogni colore, diventati “questo paese”, con la “p” rigorosamente minuscola, come se si trattasse di qualcosa che li riguarda marginalmente. Per non parlare delle comparsate delle attricette in televisione, che avvengono non perché pagate con inspiegabile prodigalità, ma solo perché danno “emozioni” e per “divertimento”. Migliorare la comunicazione Ebbene, se vogliamo migliorare la nostra comunicazione, prima di pensare agli altri, ci conviene lavorare su noi stessi, pensare alla nostra personalità e chiederci che tipi siamo, qual è il nostro lato migliore, e scegliere i mezzi più adatti per mostrarlo. O almeno, e spesso è più che sufficiente, imparare a nascondere i nostri lati peggiori, che si manifestano nostro malgrado nel nostro linguaggio e nel nostro modo di offrirci agli altri. E ricordarsi che, come ha detto qualcuno, tutti gli uomini nascono come originali, ma la maggior parte muoiono come copie.

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Marketing Ugo Perugini

È importante tener presenti tutte le informazioni razionali, è utile farsi guidare da suggerimenti emotivi, ma spesso chi decide è il “colpo d’occhio”

Per procedere a un acquisto o prendere una decisione: intuizione e buon senso

Compro o non compro - Dopo molti studi, compresi i più recenti che si avvalgono delle neuroscienze, di una cosa siamo certi e cioè che per procedere a un acquisto, scegliere un investimento ma anche prendere una decisione importante in ambito aziendale, ci affidiamo soprattutto all’intuizione, al buon senso, frutto della esperienza che è in grado di farci arrivare a decidere, in tempi comunque ridotti e utilizzando informazioni quasi sempre insufficienti. Processi decisionali

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Esistono numerosi studi sui processi decisionali e quasi tutti arrivano a una costatazione forse un po’ deludente ma indubbiamente vera: e cioè che il decisore non utilizza tutte le informazioni di cui dispone, non analizza tutte le alternative che conosce; non tiene conto di tutte le conseguenze possibili e, talvolta non gli sono nemmeno chiari gli stessi obiettivi e le preferenze cui orientarsi. L’ideale sarebbe che la qualità di una decisione dipendesse dalla comple-

tezza e affidabilità delle informazioni che si riesce a raccogliere, oltre che dalla capacità di elaborarle. Questo, però, è vero solo in astratto. In realtà le cose vanno diversamente. Le nostre “routine mentali” sono piuttosto difettose sia durante la raccolta delle informazioni che nella fase della loro elaborazione. Il nostro cervello, in altri termini, adotta delle scorciatoie, utilizza delle semplificazioni che spesso si rivelano veri e propri trabocchetti, che gli inglesi definiscono con il termine “bias” (deviazioni). Per ragioni di spazio ci limitiamo a indicarli senza entrare nel merito: i presupposti riduttivi, l’attenzione selettiva, la memoria, le distorsioni della comunicazione, l’incompletezza dell’informazione. La razionalità delle scelte Tutto ciò incide in modo evidente sulla razionalità delle scelte. D’altra parte, studi abbastanza recenti (Elliot, Damasio 1995) ci dicono che se separiamo “fisicamente” la razionalità dalle emozioni, la raziona-


lità non viene più esercitata. Proviamo ad elencare in modo asettico i pro e i contro di ogni alternativa, avvalendoci esclusivamente della razionalità. Ebbene, se fossimo in grado di farlo non sapremmo poi ordinare le preferenze. E, considerato che le decisioni razionali sono derivate dalle preferenze e le preferenze, a loro volta, sono, per così dire, intrise di emozioni, allora è evidente che nella razionalità entrano a pieno titolo anche le emozioni. Cervello e cuore Quindi, qualsiasi decisione è composta di una parte razionale e una emotiva. Non c’è razionalità senza emozioni. E la componente emotiva non è per nulla secondaria perché, come abbiamo visto, le emozioni introducono elementi di valutazione che : intuizione e buon sensoconsentono di prendere decisioni razionali. Superata la dicotomia razionale/irrazionale, dobbiamo “accontentarci” di un’idea di razionalità che ingloba le categorie con cui interpretiamo il mondo e le attese che queste sollecitano, avvalendoci di tutti gli strumenti procedurali ed espressivi di cui disponiamo. Consapevoli, purtroppo, che non

saremo mai in grado di “vedere” simultaneamente tutte le informazioni, tutte le alternative, tutte le conseguenze, tutti gli obiettivi, ma che potremmo esplorarli sequenzialmente, trascurando così facendo, sia per mancanza di informazioni o a causa dell’abitudine o di presunzioni, cose essenziali. L’albero delle decisioni, le check-list possono mettere ordine ai processi di analisi dei problemi ma spesso chi deve decidere non ha il tempo materiale per svolgere in modo analitico l’intero percorso, l’analisi delle alternative, la previsione delle conseguenze, e nemmeno quello per chiedersi quali siano i reali obiettivi da soddisfare. E allora torna alla mente quello che dice lo studioso Piattelli Palmarini: “Quale cacciatore per quanto esperto di balistica, si metterebbe mai a calcolare con carta e penna la traiettoria del suo proiettile avendo di fronte un leone inferocito? Basta saperlo Il cacciatore, e noi con lui, preferisce azzardare una risposta al problema nel più breve tempo possibile, piuttosto che essere sbranato dal problema prima di aver trovato la risposta giusta. Ma quel “colpo d’occhio” mentale che ci rende quotidianamente tanti servigi è anche la fonte principale dei nostri errori. Anzi, in un numero frequentissimo di casi ci induce sistematicamente in errore senza che noi ne siamo consapevoli e, ciò che è più sconcertante, del tutto indipendentemente dal nostro grado di istruzione o competenza specifica”. Forse, basta saperlo!

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Marketing Pier Giorgio Cozzi *

Con una sottoscrizione su Internet il museo del Louvre raccoglie il milione di euro necessario per l’acquisto di un capolavoro di Lucas Cranach Marketing museale e marketing sportivo

Web marketing per l’arte * giornalista e docente di corporate communication

Lucas Cranach “Le tre grazie”

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- Tecnicamente, le due notizie non sarebbero comparabili. La prima riguarda il Museo del Louvre e la sottoscrizione pubblica di un milione di euro lanciata via Internet per l’acquisto di una tela del 1531 di Lucas Cranach il Vecchio, intitolata “Le tre grazie” messo in vendita da un privato francese a quattro milioni di euro. La seconda, la trattativa per l’acquisto, per cinque milioni di euro, di un fuoriclasse del calcio italiano. In ottica di comunicazione e di marketing le due notizie si assomigliano e inducono a più d’una riflessione: entrambe le news, infatti, compaiono nello stesso giorno, nelle pagine dello stesso quotidiano e occupano il medesimo spazio. Diverse, ovviamente, le rubriche: cultura la prima, calcio la seconda. Segno forse che il quotidiano che le ha pubblicate reputa i suoi lettori ugualmente interessati alle due notizie? Vediamo più da vicino le due notizie. L’iniziativa di raccogliere fondi per aumentare le collezioni dei musei stimolando il senso civico dei cittadini

che abbiano a cuore il patrimonio storico e culturale della Francia: con lo slogan “Tutti mecenati”, giornali e web (dunque una strategia di comunicazione simultaneamente tradizionale e on-line: www.troisgrace. fr) pubblicavano un appello popolare invitando a sottoscrivere, secondo disponibilità e generosità individuale, la somma di un milione di euro. Che aggiunti ai tre, messi a disposizione dal primo museo di Parigi, avrebbe permesso l’acquisto di quell’opera considerata di fondamentale importanza. Risposta all’appello Con versamenti da uno a 40mila euro, e prima della scadenza, in cinquemila hanno risposto all’appello: semplici cittadini, imprese francesi e straniere, professionisti. Grazie alla loro sensibilità, “Le tre grazie” andranno ad arricchire il patrimonio dei capolavori del Louvre. E molti visitatori potranno gustarselo con l’orgogliosa consapevolezza di aver ‘donato’ un pezzetto di quel prestigioso dipinto.


Marketing museale Da noi sull’arte e sul marketing museale si disquisisce dottamente. Tutti discutono di Cultura (maiuscola d’obbligo). Di marketing museale, per fare solo due esempi (ma se andate su Internet, alla voce museo, marketing trovate decine e decine di pagine), Franco Angeli ha pubblicato (2009) un bel manuale di Fabrizio Baldassarre, “Il museo: organizzazione, gestione, marketing”. E l’università di Milano Bicocca, ospita un corso dedicato a “Sociologia e marketing dei musei”. Due casi in cui l’argomento museo e il marketing gestionale ad esso applicato trovano consapevole applicazione e analizzano le positive ricadute economico-sociali per l’impresa museo, per il territorio e per i suoi cittadini. Spesso però, nel nostro Paese questo dibattito sulla cultura conservata e visitabile (i musei) finisce per coinvolgere esclusivamente i ministeri dei Beni culturali (e dell’Istruzione) e la loro bolgetta, come dimostrato dalle recenti polemiche sui ‘tagli’ imposti a scuola e cultura dall’ultima manovra Finanziaria. Le cui conseguenze sono state: plurimi scioperi studenteschi, sestogradisti segretari di partito impegnati a scalare tetti, alcuni episodi di feroce guerriglia urbana, numerose roventi interpellanze parlamentari, le immancabili raccolte di firme degli intellò de’ noantri, lenzuolate di articoli sui media, e persino un invito (ah, la moral suasion!) del Presidente della Repubblica a rivedere le decisioni poste in bilancio (budget, nella lingua del marketing). Come si vede, l’argomento del valore sociale dell’arte - e del sostegno dovutole - è tutt’altro che lontano dalle nostre italiche menti. Tuttavia da noi il mecenatismo è praticamente scomparso (paura dei controlli della Guardia di finanza?), e il marketing dell’arte non coinvolge come sarebbe auspicabile ministri e

ministeri istituzionalmente vocati a studiarne e applicarne con efficienza ed efficacia (e anche un po’ d’immaginazione) le strategie: defiscalizzazione delle opere d’arte, per esempio; apertura decisa agli sponsor; gestione affidata in esclusiva ai privati, per dirne alcune. E il peso della questione dei beni culturali continua a rimanere solo sulle spalle dello Stato. Un modello esportabile? Il modello francese, si chiede il giornalista dell’articolo, da noi avrebbe funzionato? “Difficile dirlo. Certo per comprare un centravanti alla Juve o pagare lo stipendio a Cassano è probabile che i tifosi di calcio si sarebbero mobilitati”. Non sembra però che tanta diffusa generosità si sia resa necessaria; nello stesso giorno, come detto, lo stesso giornale, con il titolo “Per Cassano al Milan mancano 5 milioni” informa i suoi lettori che il problema sono appunto i cinque milioni di euro (un milione di euro in più rispetto al dipinto di Cranach), da versare alla squadra proprietaria in cui milita il giocatore. Chi li sborsa? L’azionariato popolare diffuso? I tifosi qui come là gli amanti dell’arte? Non proprio. La soluzione è affidata semplicemente alla domanda e all’offerta: la squadra che vende (che riduce le sue pretese) e quella che compera. E all’atleta in questione, che si riduce iMarketing museale e marketing sportivol suo ingaggio Fine del problema. Che, riconosciamo, tecnicamente appartiene al marketing sportivo (sponsorizzazione e via elencando). Eppure i due esempi hanno in comune gli stessi mezzi della “cassetta degli attrezzi di marketing”, come dimostrano alcune parole chiave buone per entrambi: pubblico, target, pubblicità, promozione, sponsorizzazione, gadgetting, diritti d’immagine, mass media, Internet, Roi… Che sia un problema di cultura (c rigorosamente minuscola)?

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Marketing Maurizio Quarta

Recuperare le professionalità over 50. Molti sono coloro che si trovano impreparati a situazioni di prepensionamento. Bisogna prepararsi in tempo

Managing Partner, Temporary Management & Capital Advisors

Secondo pensionamento Per approfondimenti www.temporary-management.com

- Esiste oggi sul mercato un gran numero di risorse di notevole seniority, non solo anagrafica, che difficilmente riesce a trovare una collocazione di tipo tradizionale, ma che trova uguale, se non maggiore difficoltà, ad inserirsi con successo nei mercati della consulenza o in quello emergente del temporary management (di seguito TM), in quanto, pur avendone le potenzialità, non offre un “prodotto” che il mercato sia disposto ad acquistare. Una pericolosa sindrome

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Il rischio è la cosiddetta “sindrome da secondo pensionamento”, ovvero un pesante senso di inutilità e frustrazione che colpisce il manager pensionato/pensionando che non riesce a trovare sbocchi in attività nuove, e che perciò diviene pensionato, soprattutto emotivamente e psicologicamente, una seconda volta. Il bacino potenziale di energie da preservare e rendere utile è ampio: basta applicare la cosiddetta “regola (inglese) del 50/50”, secondo cui un manager di oltre 50 anni che guada-

gni più di 50.000 sterline annue è uno dei primi obiettivi di qualsiasi programma di riduzione costi, riorganizzazione o ristrutturazione. Considerando poi l’aumento della longevità intellettuale ed operativa dei manager (anche solo fino a 65 anni), ecco che sul mercato si riversa, e si riverserà in maniera crescente, una quantità significativa di conoscenza e di voglia di fare da incanalare correttamente e salvaguardare. Anche i dati demografici sono preoccupanti: nei prossimi anni, infatti, la popolazione over 60 aumenterà di oltre 3,5 milioni di unità. Discontinuità personale Oggi però un gran numero di manager arriva impreparato ad affrontare questa grande discontinuità personale: in troppi iniziano a muoversi solamente qualche mese prima di andare in pensione, o, peggio, qualche settimana prima di dover forzosamente lasciare l’azienda, con la profonda convinzione che il pedigree acquisito sia sufficiente per un loro immediato riutilizzo.


Quanto detto porta a riflettere su un punto particolarmente delicato e sensibile a livello personale: essere stati “lasciati a casa” non è in sè un elemento indicativo del fatto di essere un cattivo manager, ed è capitato a molti di essere stati espulsi dal sistema produttivo per motivi totalmente slegati dalla qualità del proprio lavoro. Licenziati dentro E’ il modo in cui viene vissuto e metabolizzato un fatto comunque traumatico che crea la differenza e le premesse per una rinascita professionale: quello che conta veramente è non sentirsi “licenziati dentro”! Come far sì che risorse di qualità non vadano disperse, ma diventino appetibili per le imprese? Ci sono sostanzialmente due modi di guardare al fenomeno e alla sua soluzione: uno mirato alla ricollocazione tout court del maggior numero possibile di manager, agendo su leve di natura economica e finanziaria (sgravi contributivi, finanziamento per interventi di temporary management e consulenza nelle PMI); un secondo improntato a concreto pragmatismo, secondo cui il driver principale è costituito dal mercato, sulle cui esigenze va costruito un conseguente programma di riconversione e di re-skilling. Parlando di TM, è possibile riconoscere, nel grosso bacino costantemente alimentato da manager in fine carriera, manager in pensione, e manager di prossima espulsione dal sistema produttivo, tre categorie: • chi può intraprendere una nuova professione da subito senza grosse difficoltà di riposizionamento (pochi) • chi ha le potenzialità, ma necessita di un indirizzamento di base, di una preparazione preliminare e di un rafforzamento di determinate competenze (la popolazione più vasta) • chi non potrà mai farlo (pochi). A livello di sistema economico un

approccio pragmatico dovrebbe partire dalla considerazione di dare priorità a quelle risorse più facilmente ed immediatamente riconvertibili in funzione dei bisogni del mercato (la prima categoria). E’ però solo lavorando bene sulla seconda categoria che si può ottenere un impatto sociale più ampio ed efficace e sviluppare capitale sociale attraverso la costituzione e la riproduzione di relazioni sociali durevoli, costruire anche un modello di successo replicabile. Operare per tempo Perchè ciò avvenga è necessario operare per tempo sui manager “a rischio”, per evitare che essi arrivino tardi e impreparati alla decisione di intraprendere una professione alternativa, con la conseguenza o di sprecare tempo ed energie per entrare in un mercato le cui barriere all’ingresso non saranno comunque in grado di superare, oppure di dover affrontare un lungo periodo di gestazione prima di riuscire ad essere operativi. Ciò va fatto a diversi livelli: •quello personale, in quanto il manager deve farsi parte attiva nel predisporre un sistema individuale di salvaguardia della propria rivendibilità personale •quello aziendale, in cui l’azienda, nell’ambito del più ampio tema della responsabilità etico-sociale, diventa parte attiva nella definizione di un piano di scivolamento soft verso la pensione o verso un’uscita anticipata •quello del sistema economico, che deve porre in essere una serie di meccanismi tali da rendere più facile la soluzione del problema ai due livelli precedenti.

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Marketing Mario Silvano *

“Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi.” (Albert Einstein)

Qualche consiglio, molte cose da meditare

Come rilanciare l’attività di vendita Due strategie per il 2011 1) Ricercare e acquisire nuovi Clienti 2) Recuperare i Clienti inattivi *Consulente Formatore. Autore del libro “Coaching per il Team di vendita” Edito da Il Sole 24 Ore

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OTTO RAGIONI PER ADOTTARE LE DUE STRATEGIE 1) Il numero di nuove aperture di Aziende è aumentato (385.000) rispetto alle attività chiuse o cessate (350.000). Fonte: TG2 - 8 gennaio 2001 2) La domanda è in calando. 3) La pressione della concorrenza si è intensificata (la politica dei prezzi). 4) Il mercato è cambiato. 5) Anche il Cliente è cambiato (più esigente e meno fedele). 6) Il Venditore, in passato, grazie alla forte domanda (ora non più) si è abituato (routine) a visitare prevalentemente i Clienti attivi. 7) Occorre reimparare a vendere per superare le sfide, non limitandosi a visitare i Clienti attivi ma gestendo il tempo di vendita. 8) I compratori sono sempre più preparati.

OCCORRE REIMPARARE, AD ESEMPIO, A SUPERARE MEGLIO ALCUNI DI QUESTI “NO”: • No per ora • No al vostro prezzo • No ho già i miei fornitori • No non conosco la vostra Azienda • No ho già conosciuto la vostra Azienda


E REIMPARARE, CON L’ADOZIONE DI UN METODO DI LAVORO: • Come telefonare per fissare un appuntamento. • Come superare i filtri e “puntare” su chi decide. • Come contattare in modo diverso il Cliente in fase di approccio (prima visita). • Come utilizzare un nuovo strumento in fase di approccio (il sales visual). • Come chiedere in modo diverso i nominativi “Referal”. IL MIGLIOR METODO PER REIMPARARE A VENDERE È OCCUPARSI CON METODO: • Dei Nuovi Clienti (da attivare) • Dei Clienti Inattivi o persi (da recuperare)

Un progetto originale di consulenza ideato e sperimentato da Mario Silvano 1. Benchmarking (La confrontazione) “Qualunque cosa i miei colleghi facciano meglio, m’impegnerò per farla almeno altrettanto bene”. “Non tutti conoscono l’esistenza di prassi migliori di gruppi omogenei ritenendo che il proprio modo di fare è indiscutibilmente il migliore”. “Cambiare è riuscire. Il modo migliore per promuovere un cambiamento efficace e veloce sta nell’imparare dall’esperienza altrui” (Socrate) “L’esame di sé non è possibile se non in stretta congiunzione con l’esame degli altri. Apprendimento di sé: insieme con gli altri, S’impara gli uni dagli altri” (Socrate) “Il vero principio nessuno te lo può dare: dobbiamo scoprirlo attraverso una percezione diretta” (J. Krishnamurti) “Cerca di vedere come rispondi e poi confrontati con un tuo simile domandandoti cosa ritrai di utile per te, per la tua pratica consapevoli del nostro rapporto con gli altri” (J. Krishnamurti)

2. Team Coaching (Autogestito) “Si tratta di aiutare il venditore ad aiutare se stesso, grazie a un’interazione dinamica - non si basa su un flusso unidirezionale di istruzioni” (Max Landsberg, Il Tao del Coaching) “Sbloccare il potenziale di una persona per massimizzarne le prestazioni non insegnando, ma aiutando ad imparare” (Tomothy Gallwey, nelle parole di Sir John Whitmore). Il Coach non fornisce le risposte, stimola le persone a trovare quelle risposte che già esistono dentro di noi. 3. Sales Visual Che cosa è e a che cosa serve. Il “Sales Visual” è uno strumento di vendita in fase di approccio. Serve a sollevare indicazioni di interesse da parte del Cliente. Serve a parlare dei suoi bisogni e non di “chi siamo, dove siamo, cosa facciamo”. Poche parole, grandi titoli. Il Cliente: “Ascolto e mi distraggo, vedo e mi interesso”

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Comunicazione Laura Patrito Silva

Rifacendosi alla London City Marathon, il più grande evento benefico del mondo, Iodono.com e la Milano City Marathon insieme per fare cultura della donazione Un moderno strumento digitale per raccogliere fondi

Una corsa per donare

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- Il 10 Aprile 2011 si terrà l’XI edizione della Milano City Marathon. Per il secondo anno consecutivo, insieme con la gara di 42 km partirà il Charity Program, un progetto benefico che permette a tutti i runner che partecipano, sia alla maratona individuale che alla staffetta, di correre per un’organizzazione no profit devolvendo metà della quota di iscrizione ad una specifica causa sociale. Sostenendo il programma si diventa ambasciatori della no profit scelta e si corre con il suo logo sul pettorale. Rcs Gazzetta dello Sport e il Comitato Organizzatore della Milano City Marathon hanno deciso di offrire alle Organizzazioni partner e a tutti i partecipanti alla gara uno strumento innovativo per la raccolta fondi: www.iodono.com Iodono.com è il primo portale in Italia di Personal Fundraising. Attraverso iodono.com chiunque lo desideri, per una qualsiasi occasione, potrà raccogliere fondi per le organizzazioni preferite coinvolgendo amici, familiari, colleghi… Gli iscritti alla gara individuale e i team che corrono la staffetta, po-

tranno utilizzare il portale per: - acquistare i pettorali direttamente online; - chiedere ad amici e familiari di farsi sponsorizzare la partecipazione alla gara, attraverso la donazione alla propria pagina di personal fundraising; - effettuare una donazione direttamente ad un’Organizzazione no profit, l’ideale per chi vuole partecipare moralmente alla maratona! Da dove nasce l’idea di fare raccolta fondi attraverso il personal fundraising abbinato ad un evento sportivo? Il format del Charity Program abbinato ad un evento podistico si rifà ad un modello anglosassone che vanta risultati strabilianti da oltre 30 anni: la London City Marathon, il più grande evento benefico del mondo. Nei suoi 30 anni di storia la Maratona londinese ha potuto raccogliere oltre 550 milioni di euro attraverso il Personal fundraising. Il portale di riferimento per il personal fundraising inglese è Just Giving;


attraverso di esso la scorsa edizione della London Marathon ha raccolto più di 26 milioni di euro per oltre 8.000 Organizzazioni no profit. La piattaforma di personal fundraising dello sponsor ufficiale della maratona, Virgin Money Giving, nata nell’ottobre 2009, in soli 6 mesi ha raccolto 11 milioni di euro. I dati confermano che l’80% dei runners partecipanti alla gara londinese ha aperto una pagina di raccolta fondi. Perché funziona il Personal Fundraising? Nell’era del web 2.0 e dei social network non ci si può permettere di non essere digitalizzati. Le opportunità che la rete ci offre sono innumerevoli e vanno colte per essere al passo con i tempi, per arrivare ovunque e per farsi conoscere da tutti. I portali di personal fundraising sono “incubatori” di competenze e garanzie relative alla raccolta fondi, messe a disposizione di privati, aziende e Organizzazioni no profit. Grazie a questi portali si crea cultura del fundraising e si eleva il livello di fiducia delle persone all’atto della donazione. Il fatto che un forte numero di Organizzazioni aderisca ad un portale di raccolta fondi è una garanzia di affidabilità. Il successo di Facebook e dei social network risiede in una compulsiva richiesta di visibilità e di protagonismo da parte della società. I portali di personal fundraising rappresentano un’ulteriore “vetrina” che permette di essere trovati con maggiore facilità, di farsi vedere, conoscere e di conquistare l’ennesima parte del web (attraverso la propria pagina personale). Non da ultimo va considerata l’importanza e la tendenza oggi, di un impegno nel sociale. Portali quali www.iodono.com permettono di valorizzare il proprio impegno sociale rendendolo evidente e pubblico e

trasformandolo in punto di forza nella relazione con il prossimo. E in Italia? Noi italiani siamo grandi donatori, siamo generosi, ma spesso diffidenti, e soprattutto riservati. Le donazioni ad enti benefici rientrano tutt’oggi in una sfera privata, che non va sbandierata. Ed è qui che sbagliamo. Se solo sapessimo metterci più in gioco e coinvolgere i conoscenti, gli amici, i familiari, potremmo allargare il cerchio e portare contributi maggiori alle Organizzazioni che già sosteniamo. Questo inoltre permetterebbe di creare cultura del fundraising e di elevare il livello di fiducia delle persone al momento del donare. Avere un amico che fa da “garante” permette di fidarsi maggiormente non solo dell’Organizzazione alla quale si sta donando, ma anche dello strumento web che si sta utilizzando. La speranza è che manifestazioni di eccellenza quali la Maratona di Milano vengano prese ad esempio da tutti, poiché solo grazie ad iniziative come queste si potrà fare cultura della donazione e sensibilizzare un sempre maggior numero di persone facendo comprender loro l’importanza che ognuno di noi faccia la sua parte e “allarghi il cerchio”.

Foto di Annabella Pascale

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Comunicazione Carlo Cremona

La rivoluzione della mobilità: non solo prodotti di tendenza ma strategie tecnologiche e commerciali che metteranno in secondo piano i personal computer

ABC Internet

Tablet, Smartphone e Cloud Computing - Si è tenuto a Las Vegas il tradizionale Consumer Electronics Show (CES) il più importante appuntamento annuale dedicato all’elettronica di consumo - dove oltre ad essere presentati i prodotti che saranno “di tendenza”, viene data alle aziende protagoniste del settore anche la possibilità di fornire indicazioni sulle loro strategie tecnologiche e commerciali di breve e medio termine. Un messaggio dal CES

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E quest’anno il messaggio giunto dal CES è stato molto chiaro: nel 2011, oltre agli smartphone di quarta generazione, saranno soprattutto i “tablet computer” a invadere il mercato. Sull’onda del successo dell’iPad, gli analisti prevedono infatti che nei prossimi dodici mesi di queste tavolette tattili, che consentono a chi le utilizza di operare muovendo semplicemente le dita sui loro schermi, ne verranno proposti decine di modelli di ogni forma e dimensione, e ne saranno vendute fino a 60 milioni. I tablet e gli smartphone non possono quindi più essere considerati

prodotti di nicchia, e gli analisti non hanno dubbi: entro i prossimi due anni le loro vendite cumulative potrebbero superare quelle dei PC. Un’evoluzione di cui si è resa conto anche la Microsoft che ha annunciato, proprio al CES di Las Vegas, di aver “quasi divorziato” dall’Intel, dopo un connubio esclusivo durato una trentina di anni. Le prossime versioni del sistema operativo Windows, il cui arrivo è previsto nel 2012, saranno quindi compatibili non solo con i chip Intel, ma anche con quelli dell’inglese ARM, i quali, a causa delle dimensioni ridotte e dei consumi più contenuti rispetto a quelli degli analoghi chip Atom della Intel, meglio si adattano a essere usati nei nuovi dispositivi “ultraportatili”. Insomma Microsoft, dopo averlo trascurato, si è resa conto dell’importanza che il mercato dei tablet e degli smartphone, nel quale è in pratica quasi assente, avrà nel futuro. Ma ora qualche lettore di queste note avrà incominciato a chiedersi che relazione vi sia tra il Cloud Computing del titolo, di cui abbiamo parlato in ABC qualche tempo fa, e la “rivolu-


zione della mobilità”. Eppure si tratta di una relazione abbastanza evidente. Se il futuro della Rete è “nomade”, in pochi anni la maggior parte degli accessi avrà luogo utilizzando dispositivi mobili più semplici e leggeri di un portatile o di un netbook, proprio come gli smartphone e i tablet, i quali hanno tuttavia un “difetto”: quello di possedere una capacità di archiviazione dati piuttosto limitata. Capacità di memoria A tutt‘oggi gli smartphone di taglia maggiore non superano infatti i 32 GigaByte, mentre le tavolette arrivano al massimo a 64. Capacità che potranno anche aumentare, ma non più di tanto, se non se ne vuole snaturare la “filosofia”, che è più quella del super terminale che del Pc. Un super terminale progettato per inserirsi in infrastrutture che dovranno consentire, a chi ne fa uso, di ignorare, come si fa per l’acqua o per l’energia elettrica, dove le loro risorse sono dislocate e come vengono rese disponibili. Inoltre le applicazioni per tali dispositivi, le cosiddette “web application”, che si stanno ormai sviluppando a tutto ritmo, saranno sempre più potenti e sofisticate, per cui diventerà difficile gestirle, assieme ai loro dati, in spazi di memoria limitati. Per cui non solo i possessori delle versioni base di queste apparecchiature si renderanno conto che è proprio il Cloud Computing la modalità che meglio si presta al loro impiego. Anche perché, se le applicazioni non risiederanno più sul Pc ma nella “nuvola” Internet, disporre di un sistema operativo super accessoriato diventerà sempre meno importante. Ed ecco che gli smartphone e i tablet si trasformeranno in una sorta di rubinetti capaci di far sgorgare dati e applicazioni archiviati da qualche parte su una “nuvola”: di fatto su schiere di server appartenenti al cielo della Rete. E a questo punto chiunque disponga di un’apparecchiatura

in grado di collegarsi al Web, potrà accedere a questa “nuvola” per utilizzare i servizi di cui ha bisogno. Con un ulteriore notevole vantaggio, perché le applicazioni e i servizi arriveranno sui terminali già pronti per l’uso e non sarà più necessario installarli e preoccuparsi della loro manutenzione. Le versioni dei software impiegati saranno sempre quelle più recenti, e non ci si dovrà nemmeno più proteggere dai virus o dallo spam, perché il loro filtraggio sarà eseguito direttamente dai fornitori dei servizi, e si adeguerà in tempo reale alle eventuali nuove minacce. Ma chi teme la “nuvola”? Ed ecco che delle idee, che fino a non molto tempo fa potevano sembrare velleitarie, si stanno invece rivelando realizzabili, perché non solo la Rete e le tecnologie necessarie sono ormai mature, ma anche il mercato sembra essere pronto ad accoglierle. I timori riguardanti la rinuncia, da parte degli utenti del Cloud Computing, circa la possibilità di esercitare un controllo diretto sui loro dati, si stanno infatti ridimensionando. Questi timori, che in prima battuta potevano apparire ragionevoli, e che qualcuno ha riassunto nella domanda: “Ha senso affidare i propri dati, anche quelli più sensibili, a una terza parte, con il rischio di non poterne rientrare in possesso quando e come si vuole o, ancora peggio, col rischio che altri vi possano accedere all’insaputa dei loro legittimi proprietari?”, non resistono a una riflessione più approfondita, e per un motivo in fondo banale, e cioè che questa privazione del controllo diretto sui dati non è poi una grande novità. A livello aziendale, l’outsourcing, che consiste nell’affidare a un for-

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Comunicazione

nitore esterno di servizi - anche, ma non solo informatici - attività direttamente connesse con la gestione dell’impresa, per motivazioni di vario genere, ma di solito basate sul principio che “è preferibile far fare ad altri le cose che sanno fare meglio di noi”, è una soluzione che continua a godere di un grande favore, e ha conosciuto un grande sviluppo nel corso degli ultimi 15-20 anni. Una soluzione che, se ben gestita e affidata a operatori specializzati e professionali, non solo è in grado di garantire un’efficiente esecuzione delle attività esternalizzate, ma non ha quasi mai dato origine a gravi inconvenienti, ma che anzi è stata spesso considerata una scelta necessaria alla sopravvivenza sul mercato delle imprese, indipendentemente dal tipo d’industria o dalle loro dimensioni. Una evoluzione

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Da queste considerazioni appare evidente che il Cloud Computing non è altro che un’evoluzione dell’outsourcing, e pertanto è in questi termini che deve essere in definitiva considerato. Certamente la perdita di controllo diretto sui dati non si può negare, e nemmeno l’esistenza del rischio di dover dipendere dallo specifico fornitore dei servizi, ma si tratta di pericoli che non sono diversi da quelli cui le aziende sono già abituate da tempo, quindi non ha molto senso demonizzare una soluzione che può sicuramente offrire grandi vantaggi all’IT aziendale. Se poi passiamo dalle utenze tipicamente aziendali a quelle che possono essere definite “miste” (sia aziendali sia private), a supporto della tesi della “non demonizzazione” del Cloud Computing esistono molti altri esempi, uno dei più convincenti dei quali è, a mio avviso, quello riguardante la posta elettronica: un servizio - a tutti gli effetti di tipo Cloud - enormemente diffuso. Forse non tutti sanno che, global-

mente, i servizi Hotmail di Microsoft, Gmail di Google e Yahoo!Mail contano alla data 700 milioni di utenti - vale a dire un terzo di tutti gli utilizzatori della Rete - e che il loro numero sta ancora crescendo a un tasso annuo del 15%, per cui potrebbe, teoricamente raggiungere il miliardo nel giro di tre anni. Crescita costante O che dire di Skype, leader delle applicazioni Voip (Voice Over Ip), che ha recentemente stabilito un nuovo record, quello degli utenti contemporaneamente connessi ed attivi in telefonate o chat: ben 27 milioni, un numero che conferma la crescita costante del servizio, conseguenza tra l’altro della moltiplicazione dei dispositivi utilizzabili. Ora Skipe consente infatti di effettuare telefonate gratuite e chiamate video anche tra cellulari connessi alla Rete via wi-fi. Inoltre nel solo 2010, i minuti di conversazione registrati su Skype hanno superato i 100 miliardi. Mentre la recente interruzione del servizio, durata alcune ore, non sembra abbia avuto effetti negativi sulla sua immagine. Ma anche facendo riferimento alle attività di tutti i giorni, queste considerazioni non cambiano. Ormai quasi nessuno nasconde più i propri soldi nel materasso, preferendo rivolgersi ad una o più banche, senza nemmeno porsi il problema di che cosa potrebbe accadere se queste non fossero più in grado di restituirli. E ciò è vero anche per i dati sui nostri redditi che passiamo ai commercialisti o le informazioni sulla nostra salute che affidiamo ai medici.Quello che non bisogna evidentemente fare è fidarsi ciecamente. Cosa portare e cosa non portare sulla “nuvola”, così come la scelta del fornitore, dipendono dagli obiettivi dell’operazione. Tenendo comunque presente che la causa dei problemi quasi sempre non sta negli strumenti o nelle tecnologie, ma nell’uso che ne viene fatto.


Comunicazione Domenico Matarazzo

Adesso in Italia boom di parchi a tema per andare a colmare una lacuna. Anche per i direct marketer è tempo di dar sfogo alla fantasia Dal nostro corrispondente negli Stati Uniti

Il business del divertimento - Lo scorso ottobre è stato inaugurato a Dubai il Ferrari World Abu Dhabi, il parco a tema destinato a diventare una meta per gli appassionati di motori, nonché vetrina internazionale dell’Italia dato che una delle attrazioni è un percorso simulato in cui si segue in volo una Ferrari che viaggia per l’Italia. Il prossimo aprile invece aprirà in Valmontone, nelle vicinanze di Roma, Rainbow Magicland, un nuovo parco a tema con un numero di visitatori che si prevede sarà di tre milioni all’anno, comparabile quindi ai piú grandi parchi a tema in Europa. Sempre vicino a Roma nel 2011 inizieranno i lavori per Cinecittà World, un parco a tema cinematografico sullo stile di Universal in Florida e basato sulla scenografia del film “Ben Hur” e sui film di Fellini. Alcune attrattive saranno accessibili dal 2012, ma i lavori saranno completati entro il 2014 con l’obiettivo di portare quattro milioni di turisti all’anno in questa zona. A fare da corollario vi saranno altri due parchi con scopo internaziona-

le: Cinecittá World 2 e Cinecittà Nature, con tema ecologico. Chi si trova nella capitale già ora puo visitare invece il nuovo parco marino di Zoomarine a Torvaianica, con acquari, scivoli ad acqua e montagne russe (oggi più note come roller coasters). Continua evoluzione Il settore dei parchi inoltre è in continua evoluzione alimentato da nuove tecnologie studiate per aumentare le emozioni dei visitatori, da successi cinematografici che vengono riposizionati in giostre (come i classici Back to The Future, Finding Nemo al più recente Harry Potter Park,) e da aree urbane decadute che vengono rilanciate attraverso strutture di divertimento. Negli ultimi anni anche le zone scii-

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Comunicazione

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stiche a corto di neve per le temperature più calde stanno riconvertendo le proprie strutture in spazi con giostre, piste di pattinaggio a rotelle e campi da golf. Non si tratta di un’ overdose di parchi ma di un gap che l’Italia sta lentamente colmando rispetto ad altri paesi. La nuova offerta non solo rallegrerà milioni di individui, ma farà piacere anche ai direct marketers dato che i parchi hanno una presenza importante in ogni forma di comunicazione. La prima buona notizia è che il settore è meno sensibile alle crisi. Secondo i dati SIAE in Italia nel 2009, in piena crisi economica, si erano venduti 500 mila biglietti d’ingresso in più rispetto all’anno precedente. Nei grandi parchi a tema di Orlando o della California, la crisi si è avvertita di più ma ciò è dovuto al fatto che queste sono mete di turisti che vengono da ogni parte del mondo e il loro afflusso è più soggetto ai periodi di crisi.

Di fatto le famiglie che non sono andate ai vari Disney World o Universal non hanno rinunciato completamente al divertimento, ma semplicemente hanno optato per parchi a carattere locale. Budget importanti I budget pubblicitari in questo settore sono di tutto rispetto. La tabella riporta i dati del 2004 ovvero un periodo in condizioni non di crisi, per dare un’idea più realistica del mercato. Soprattutto le nuove strutture tendono a privilegiare il direct mail. Quando The Blackstone Group apri le porte di Aquatica ad esempio, oggi uno degli acquapark piú grandi al mondo, nel 2008 comunicò l’apertura ai potenziali visitatori attraverso cartoline di dimensioni irregolari e patinate a tema marino per creare maggiore impatto. Sul retro di ogni cartolina gli utenti venivano invitati ad andare su Internet per aggiornare online i propri


dati personali e indicare le attrazioni preferite. Queste informazioni andavano ad arricchire il database giá esistente di SeaWorld (l’altro parco del gruppo) consentendo quindi ai responsabili marketing di effettuare promozioni mirate e premiare i clienti più fedeli durante l’intero anno. Messaggi da collezione Stessa creativitá promozionale viene usata da DisneyWorld con messaggi postali da collezione visto che hanno il formato del castello incantato. A rendere più attraente la comunicazione è il fatto che i parchi hanno a disposizione testimonials già noti e disponibili a piacimento. Dall’orca marina Shamu di SeaWorld ai personaggi della Marvel agli eroi in 3D di Toy Stories. In Italia il parco Oltremare di Riccione attraverso l’agenzia Ad Store, ad esempio, utilizza il delfino Ulisse in una comunicazione a 360° che include stampa, promozioni e varie attivitá di co-marketing e co-branding (come la partnership con Dufour) con l’obiettivo di raggiungere il grande pubblico delle famiglie e dei bambini. Gli stessi personaggi sono poi oggetto di contratti in licensing il cui volume d’affari è ben superiore ai dieci miliardi di dollari all’anno. I parchi a tema offrono anche lezioni di management che sono state al centro di libri di successo, come “The Disney Way” o “Whale Done! The Power of Positive Relationships” scritto da Kenneth Blanchard. Migliorare le relazioni In questo libro un manager illustra come è riuscito a migliorare la performance dei suoi collaboratori e le relazioni familiari dopo aver studiato il modo in cui viene addestrata l’orca Shamu a SeaWorld. Dove ci sono parchi di divertimento vi sono anche grandi alberghi e que-

sti negli ultimi anni hanno puntato su sale congressi per attirare l’utenza affari nei periodi di bassa stagione e mantenere quindi occupate le stanze. Kalahari Resort Sandusky nell’Ohio è un acquapark tra i più visitati negli Stati Uniti. Per la sua posizione geografica a cavallo tra diverse città e la composizione demografica, la cittadina è anche un punto di riferimento statistico per quanto riguarda i trends macroeconomici. Il complesso di recente ha aggiunto un centro congressi basato sulla cultura africana e include sia saloni tradizionali (con decor che richiama il continente africano), sia capanne tradizionali africane o “hut”. Stimolare la creatività Queste ultime sono studiate per le aziende che vogliono stimolare il team building e la creatività degli individui, due caratteristiche oggi ritenute essenziali per mantenere la competitività di un’azienda. Gli “hut” facilitano la creatività rendendo i meeting più informali e dando un senso di avventura. Per lo stesso motivo sono organizzati giochi nell’acquapark, lezioni di surf, mini-tornei sportivi. Attualmente il rapporto turismo affari/leisure è 20/80 durante l’estate. Fuori stagione il rapporto è 60/40. La regola più importante da seguire a detta dei responsabili, è di mantenere nettamente separata l’area congressi dall’acquapark.Al Kalahari in particolare una segnaletica piuttosto rigorosa avverte che è vietato entrare nell’area congressi... indossando soltano il costume.


Marketing Claudia Fraschetti

La partnership, tra aziende complementari, nasce dall’esigenza di offrire al Cliente una consulenza a 360 gradi fornendo l’opportunità di un unico referente

In un mercato sempre più esigente

Fare sistema

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- In un mercato che stenta a riprendere un passo di marcia che possa dar soddisfazione a tutti coloro che vi operano, sia nella parte dei consumatori sia in quella dei fornitori, non è difficile assistere a situazioni che a volte rasentano la schizofrenia. Creare un contatto professionale è difficile, mantenerlo è ancora più difficile. Chi ha l’opportunità di intravedere un lavoro, per paura di trovarsi intorno qualcuno che gli può insidiare la sua posizione, si dichiara abile e capace di fare tutto. Il cliente, per converso, alla ricerca di un risultato che tenda (giustamente) al massimo, richiede alte professionalità per ogni aspetto della prestazione. Ecco allora che chi intende rincorrere il giusto equilibrio e la reciproca soddisfazione, deve prestare attenzione ad una formula che, almeno a parole, ha trovato un buon successo negli scritti e nei commenti di molti “esperti” : fare sistema. Cosa vuol dire fare sistema? Partendo dal presupposto che è difficile pensare che uno sappia fare

tutto, riflettendo sul fatto che i lavori sempre più complessi richiedono differenti specializzazioni, fare sistema vuol dire costruire un “pool”, un gruppo di persone, ognuna delle quali sappia fare al meglio una cosa. Tutte queste singole eccellenze, opportunamente coordinate e gestite insieme, non potranno che dar luogo ad un risultato che sia la somma di tutte le eccellenze. Anzi, magari qualcosa di più. Si tratta solo (“solo” !) di convincersi che ognuno deve fare la propria parte, lasciando lo spazio agli altri compagni e interagendo per un unico risultato. Essere una squadra Lo so che l’esempio della squadra di calcio è banale. Ma lasciatemelo fare lo stesso. Abbiamo tutti visto, tifosi e non, esempi di squadre che, credendo nella forza del gruppo, e quindi facendo sì che i singoli lavorassero l’uno per l’altro, sono riuscite ad avere la meglio su avversari con all’interno dei supercampioni che pensavano di far


tutto da soli. Questo è stat testimonato anche da qualche campionato del mondo... Una notizia interessante Per questo mi ha colpito positivamente una notizia del mondo della Meeting Industry: “Nuova partnership tra Hotelplan Incentive (www. hotelplanincentive.it) e Cleis (www. cleis.it), agenzia di comunicazione specializzata in eventi. Per un servizio a 360 gradi. E’ diventato operativo, a partire da fine anno 2010, l’accordo finalizzato tra due eccellenze nel mondo dell’Incentive e della comunicazione del settore, Hotelplan Incentive/Congressi e Cleis, agenzia di Comunicazione di Impresa specializzata nell’organizzazione di Eventi Aziendali. La partnership nasce dall’esigenza di offrire al mercato e, soprattutto al Cliente, una consulenza a 360 gradi dando, inoltre, l’opportunità di interloquire con un unico referente. “Hotelplan Incentive – dichiara Enzo Vitale, Division Director – vanta un’esperienza trentennale nell’organizzazione di eventi, congressi e convegni, e fa parte della grande famiglia di Hotelplan Italia, tra i tour operator di punta sul mercato italiano. Stante queste premesse – continua Enzo Vitale – riteniamo che Cleis sia il partner ideale per garantire un servizio strategico e creativo, disegnato ad hoc sulle nostre esigen-

ze. E soprattutto sulle esigenze del Cliente”. “Fare sistema è diventato l’imperativo categorico – sostiene Sarah Canonici- per poter operare in un mercato sempre più esigente, alla ricerca di innovazione e di una comunicazione - la ragione profonda della realizzazione di un evento aggregativo – enfatizzata da quella emozione che è la molla che ne consacra il successo. Unire le professionalità, confermate da concrete esperienze sul campo, di due operatori complementari, è la chiave per raggiungere l’eccellenza per il Cliente.” In un mondo diverso Esempi di questo tipo se ne dovrebbero veder di più. In un mondo che si è allargato a dismisura, che cambia ad una velocità inconcepibile solo pochi anni fa, che richiede che tutti siano al passo con gli sviluppi tecnologici, che impone che si tenga conto del nuovo modo di sentire della gente, in un mondo così un singolo non ce la può fare a sapere tutto. Ecco allora l’importanza di un (ritorno?) alla specializzazione. A Milano c’è un modo di dire: “Ofelé fa ‘l to mesté “. La tentazione di essere tuttologi o capaci di far tutto è grande. Ma un sano senso dell’autocritica dovrebbe imporre una meditazione:faccio una sola cosa, ma la faccio molto bene. Se questo modo di pensare riuscirà a prendere piede credo che ne saremo tutti più contenti. E soddisfatti.

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Comunicazione Marco Maglio

La buona salute dell’economia si basa sulla correttezza delle informazioni che circolano e sulla possibilità di controllare fonte e indipendenza Il Blog, Pinocchio e il campo dei miracoli. Meglio il vero che il falso

Quando il falso è d’autore

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-Vi devo parlare di Blog. In particolare di blog falsi, cioè di quelle iniziative attraverso le quali una persona, ma più spesso un’azienda, cerca di diffondere in rete informazioni favorevoli, magnificando i propri prodotti o denigrando quelli dei concorrenti. Per essere più credibili alcuni “geni del marketing” hanno pensato di sfruttare al meglio le caratteristiche della rete creando dei blog, sotto mentite spoglie, e presentando le loro opinioni non come quelle dell’azienda ma come il punto di vista di un cliente, uno qualsiasi, uno sconosciuto. L’effetto è spesso sorprendente. Lo sconosciuto scrive, qualcuno risponde, si crea un caso e l’informazione si diffonde, con la forza che solo i virus conoscono, di bocca in bocca, di computer in computer, di click in click. Insomma, il metodo è efficace. Niente da dire. Basta essere bravi nella comunicazione, creare una situazione verosimile e il mare della rete si popola di pesci... che abboccano. Tutto bene, quindi? Direi di no. Tutto male, anzi malissimo.

La buona salute dell’economia si basa sulla correttezza delle informazioni che circolano e sulla possibilità di controllarne la fonte e l’indipendenza. Un frutto avvelenato Voglio essere un po’ provocatorio, ma secondo me questo è il vero motivo per cui, al di là degli aspetti etici della vicenda, l’uso di questi strumenti è pericoloso. Il falso Blog è un frutto avvelenato. Mangiarlo dà effetti collaterali gravi. Non solo per i consumatori che vengono ingannati, ma anche per le aziende. Per capirlo basta guardare ad alcuni casi celebri di falsi blog. Il primo che mi viene in mente è quello che ha riguardato una società multinazionale, conosciuta nel mondo per la produzione di una bevanda gassata, la cui formula è stata sempre mantenuta segreta. Un blogger, che poi si è rivelato essere un fan dell’azienda concorrente, ha diffuso su un suo blog, creato appositamente per l’occasione, la notizia secondo la quale bere quel-


avvocato.maglio@tin.it Avvocato in Milano e fondatore di Lucerna Iuris, il primo Network Giuridico Europeo formato da legali di tutti i paesi dell’Unione Europea esperti di questioni di marketing e di comunicazione. Insegna Diritto dei consumi e del marketing e Diritto della sicurezza Alimentare nelle Università di Milano e Parma. Dopo essere stato Consigliere Delegato di AIDIM (Associazione Italiana del Marketing Diretto ed Interattivo) per le relazioni istituzionali, le pubbliche relazioni e gli affari legali, dal 2004 presiede il Giurì per l’Autodisciplina nella comunicazione commerciale diretta e interattiva e nellevendite a distanza. E’ membro del Consiglio Direttivo di FEDMA (Federazione Europea del Direct Marketing) in rappresentanza dell’Italia.

la bibita fosse nocivo per la salute, mentre quella del concorrente (la cui formula peraltro è parimenti sconosciuta) aveva effetti benefici. Grande clamore sul caso. Giornali e televisioni, in violazione delle regole elementari del giornalismo, pubblicano la notizia. Il risultato è stato un crollo delle vendite delle bibite gassate, non solo di quella descritta dal blogger, ma anche (sottile pena del contrappasso) di quella per la quale il blogger stravedeva. Evidentemente parlar male di una bibita gassata produce reazioni su tutto il comparto. Le bollicine sono molto instabili. Evidentemente. Il povero Bill L’altro caso riguarda Bill, un infelice bambino (o sedicente tale) che attraverso un blog (fasullo) raccontava al mondo la sua grama vita: i genitori rigidissimi, impedivano al bambino di usare i suoi giochi preferiti, privandolo di tutto quello che possa desiderare un bambino, ma in particolare dell’ultimissimo gioco appena prodotto da una nota multinazionale del giocattolo (ispiratrice del blog, come poi si è scoperto). Inutile dire che il blog si soffermava accuratamente sulle caratteristiche del gioco, esaltandone la bellezza e la desiderabilità. Anche qui l’effetto è stato sorprendente: alle migliaia di mail di solidarietà che hanno sommerso il blog, con la promessa di inviare a Bill l’atteso balocco, non ha fatto seguito l’esplosione delle vendite del gioco, ma la sua clamorosa rimozione dagli scaffali per mancanza di acquirenti. Gli psicologi del consumo hanno poi provveduto a spiegare che il gioco era stato identificato dal pubblico con una situazione negativa e che

nessuno aveva il coraggio di comprare il gioco pensando al piccolo Bill. Quindi non sempre i falsi blog sono un affare per chi li mette in scena e raramente permettono i miracoli che promettono. Saranno falsi d’autore, ma consola scoprire che non hanno quasi mai un mercato favorevole. Tutto questo mi fa venire in mente una cosa. Falsamente disinteressati Penso che molti di voi ricordino quel passo delle avventure di Pinocchio, in cui il burattino, alle prese con il Gatto e la Volpe, decide di sotterrare i suoi zecchini d’oro nel campo dei miracoli per vederli moltiplicare. E quando Pinocchio al colmo della contentezza per aver scoperto un segreto mirabolante che potrà arricchirlo, dice ai due truffatori che farà loro un bel regalo si sente rispondere “Noi non vogliamo regali. Ci basta averti insegnato come arricchirti senza fatica”. I falsi blog sono proprio così. Falsamente disinteressati. Il consumatore raramente abbocca. E questo è positivo. Ma ancora più positivo è constatare che alla fine il Gatto e la Volpe, arraffati i quattro zecchini d’oro solitamente fanno una brutta fine.


Comunicazione Filippo Borghesi

A chi fa solo del “Green washing” possiamo dire che utilizzando una semplice idea si possono evitare inutili sprechi per la stampa e per l’affissione

Una idea verde

I Green Graffiti

Green Graffito

- C’è chi l’obiettivo della eco-compatibilità lo ha sposato con piena convinzione e cerca tutti i modi per poter fare cose che vadano nella direzione di rispettare il Pianeta e quindi di non inquinarlo ulteriormente.

perché molti di noi sopportano proprio malvolentieri quelle scritte che inzozzano i muri delle nostre città. E forse sentendo “Green graffiti” storcono il naso pensando ai soliti graffiti fatti con la vernice verde. Niente di più sbagliato. Un concetto semplice

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Mentre però sono tanti coloro che si riempiono la bocca (anzi, se la sciacquano, come si dice) col Green e poi fanno ben poco, c’è qualcuno che si inventa cose che possono essere prese in considerazione. Avete mai sentito parlare di “Green Graffiti”? Di graffiti certamente si,

E allora, come funziona il concetto di Green Graffiti? Il concetto dietro GreenGraffiti® è molto semplice. Se passate con un dito su una qualsiasi superficie sporca o impolverata, l’effetto che otterrete è quello di creare un disegno per contrasto tra la superficie sporca e quella pulita che si è creata dopo il passaggio del dito. Immaginate adesso lo sporco delle nostre strade e dei nostri marciapiedi: l’unico modo di avere lo stesso effetto di un dito che pulisce una superficie impolverata, è quello di creare una forte e localizzata pressione per eliminare lo sporco sedimentato da anni. Pensate adesso di realizzare una scritta, una immagine, un logo “scavan-


Realizzazione

dolo” su una superficie. Se poggiate questa “dima” sulla zona sporca ed utilizzate un potente getto d’acqua, voilà il gioco è fatto. sulla zona individuata rimane la scritta, l’immagine, il logo. E non abbiamo in alcun modo aggiunto inquinamento all’inquinamento.

sterdam) in Olanda. Si noti come la parte più chiara è quella di marciapiede pulito, mentre la parte più scura è quella rimasta sporca e che indica il colore del marciapiede prima dell’ intervento. Il colore scuro non è altro che lo sporco sedimentato derivato da anni di passaggio pedonale ed inquinamento atmosferico. Economia di materiale

La ricerca della superficie

Come detto, per creare delle immagini ben dettagliate servono supporti intagliati che saranno utilizzati poi per l’intera campagna promozionale. Rispetto ad una normale campagna pubblicitaria si riduce quindi anche la quantità di materiale necessario;

Per prima cosa è importantissimo sottolineare come il metodo di GreenGraffiti® dipenda in buona parte dalle superfici delle città. Non tutte le superfici sono adatte allo scopo. Per questo prima di ogni campagna pubblicitaria, GreenGraffiti® si occupa di eseguire sopralluoghi e di indicare al cliente interessato le zone migliori. Inoltre per pulire queste superfici è necessaria acqua. Quindi, come si diceva, l’unico modo per creare impressioni su delle superfici molto sporche è quello di passarvi acqua a forte pressione. Al fine però di avere risultati precisi per loghi pubblicitari o promozioni di manifestazioni, saranno necessari dei supporti intagliati che creino una forma sulla quale passare con il getto d’acqua. Quello che si può vedere nell’immagine è un risultato ottenuto per la campagna di sponsorizzazione finanziata dall’Amsterdam Klimaat Bureau (Convegno sul clima di Am-

infatti per una normale campagna cartellonistica si ha la necessità di stampare numerose copie per i cartelloni o i manifesti, mentre per qualsiasi campagna di GreenGraffiti® è sufficiente una unica “dima” in alluminio. In questo modo GreenGraffiti® riesce a mantenere bassi i costi di produzione (quindi anche il prezzo finale) e allo stesso tempo riduce l’utilizzo di carta e di cartucce chimiche di stampa.

Didattica del metodo

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Comunicazione con i Cani Davide Canonici

È importante imparare a comunicare correttamente con il proprio cane. Ma prima di tutto vediamo come scegliere il cane adatto Alcune domande da farsi

Comunicare con i cani

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La scelta di adottare un cane può essere determinata da numerosi fattori sociali che vanno dal piacere di avere un amico fedele al proprio fianco, alla necessità di avere una compagnia per combattere la solitudine o solamente seguire una moda e passeggiare per le vie del centro con un cane di razza costato un patrimonio. Il Cane è una scelta di Vita non deve essere un regalo al figlio solo per fargli piacere e poi, come succede spesso quando arriva l’estate, il “padrone“ se ne libera e l’abbandona per la strada fregandosi di quello che gli accadrà. Quando si decide di prendere un cane si devono prendere delle responsabilità. Ecco alcune risposte che un futuro possessore di cane dovrebbe darsi: la mia famiglia è unanimemente d’accordo sull’adozione sono cosciente della responsabilità che mi sto assumendo mi sono informato sulle problematiche della razza, caratteriali e di mantenimento ho educato i miei figli a non trattarlo come un giocattolo sono consapevole che dovrò accudirlo per tutta la sua esistenza provvederò a stipulare una assicurazione che copra i rischi a cui andrò incontro conosco il regolamento comunale e sono disposto ad osservarlo

ho verificato che i vicini non saranno disturbati dalla sua presenza ho verificato che l’ambiente è adatto alle sue caratteristiche ho un giardino ma ho già provveduto a metterlo in sicurezza ho spazio a disposizione per una buona convivenza ho tempo a disposizione per evitare il suo isolamento sociale sono disposto ad educarlo personalmente, per la sua giusta socializzazione con altri cani e anche con le persone ho controllato se quando arrivano le vacanze il mio cane è il benvenuto ho possibilità economiche per fornire le vaccinazioni e le cure mediche ho molta pazienza per superare gli inevitabili problemi in particolare dei cuccioli accetto la sua natura senza tentare di umanizzarlo lo considererò a pieno titolo un componente della famiglia Ebbene prima di portarvi a casa un cucciolo riflettete o fatevi consigliare da un esperto, della razza che può essere adatta per voi o per la famiglia. Una scelta ben fatta vi renderà soddisfatti e senza problemi sconosciuti da risolvere. E ricordatevi: il cane è per sempre!


iNFORMALIBRI TURISMO & WEB Marketing e comunicazione tra mondo reale e virtuale di Pier Giorgio Cozzi - Franco Angeli - pp. 128 - Euro18,00 - collana Scienza e professioni del turismo

Il turismo è, per sua natura, una realtà dinamica che, a differenza di altri àmbiti commerciali, ha prontamente recepito le proposte della Rete ed oggi costituisce un modello di e-business di successo. Alla base di questo risultato stanno da un lato il progressivo affinamento della tecnologia Ict e la sua diffusione sempre più massiva, dall’altro la competitività — a favore degli utenti — dei prezzi ‘fai da te’ rispetto all’offerta turistica dei consueti canali di vendita. Studi e statistiche confermano che utilizzare la Rete per scegliere e pianificare i viaggi per gli utenti di Internet diventa preferibile rispetto ai canali distributivi tradizionali (tour operator e agenzie di viaggi). Testimoni di questo successo sono le agenzie on-line, i portali di viaggio, forum, newsletter, blog e photoblog, e-mail e messenger, il ‘passaparola’, le community e il social networking. Elementi tutti di un fenomeno che ha profondamente modificato (il cambiamento è tuttora in corso) strategie di marketing e di comunicazione, utilizzo e natura dei media, profili dei target dei viaggiatori-turisti, sistemi di informazione e prenotazione. Scritto con tecnica giornalistica, suddiviso in tre sezioni, il libro passa in rassegna e analizza il fenomeno attuale del turismo web e fa il punto su strumenti, aziende, consumatori e strategie di marketing; sulle sue molteplici applicazioni al comparto turistico, descrivendo casi di operatori e proposte di attività; sulla giurisprudenza e la privacy che norma-

Comunico …ergo sum Ugo Canonici

Comunico …ergo sum Se è importante saper fare, lo è altrettanto il far sapere. Utilizzando una buona comunicazione.

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no il marketing on-line. Corredano il testo due appendici: la nomenclatura della tecnologia maggiormente in uso nel Web e la webteca, un elenco online di indirizzi utili per collegarsi con il mondo del turismo on-line. Per queste sue caratteristiche, il volume si candida ad essere apprezzato dai numerosissimi operatori on e off-line della filiera turistica (TO e AdV), da quelli del marketing e della comunicazione (agenzie, media e consulenti) e, come strumento didattico, da docenti e studenti dei numerosi corsi di formazione professionale nell’area del turismo. Nelle sue pagine, i lettori trovano elementi di analisi e spunti di riflessione per fare business ‘navigando’ alla scoperta dell’economia digitale del turismo in cui, spesso, la realtà virtuale coincide con quella reale, quando addirittura non la sostituisca.

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La piccola libreria di Deus Editore www.miabbono.com/deus


iNFORMALIBRI STAI COME VUOI Manuale di equilibrio emotivo

di Claudio Maffei - Editore Falzea – pagine 207 – Euro 14.50 “La più grande scoperta della nostra generazione consiste nella facoltà che ha l’individuo di trasformare la propria vita cambiando i pensieri. Perché i nostri pensieri determinano il nostro destino”. (William James, filosofo e psicologo statunitense, vissuto fra il 1842 e il 1910). L’idea che sta alla base di questo libro è tutta nel suo titolo: “Stai come vuoi”. Se provi soddisfazione per come ti stanno andando le cose, indipendentemente dal giudizio che gli altri possono esprimere, se ti senti quasi sempre in pace con te stesso, vuol dire che hai già trovato il tuo equilibrio e non hai bisogno d’altro. Insomma, stai bene così come stai. Quando invece questo equilibrio si rompe, avverti una sensazione di disagio o di inadeguatezza, non sai come affrontare le sfide che ti si presentano ogni giorno, ti senti vittima degli accadimenti. Ogni capitolo ruota intorno a una parola chiave, che rappresenta una tappa all’interno di un percorso alla “ricerca dell’equilibrio perduto”. L’obiettivo è acquisire maggiore consapevolezza, per passare direttamente all’azione. Non c’è nulla di meglio che agire per avere successo ed essere finalmente in

grado di gestire i propri stati d’animo. Puoi stare come vuoi tu, piuttosto che come vogliono gli altri o come sembra ti sia imposto dalle tue vicende personali. I temi che l’autore affronta hanno a che fare con la libertà. Siamo liberi, o crediamo di esserlo, ma spesso non ci rendiamo conto delle catene che noi stessi ci costruiamo quando non siamo in grado di controllare le nostre stesse emozioni. Questo libro è un aiuto per imparare a decidere e a mettere in atto i comportamenti più adatti, in funzione degli eventi che li hanno determinati. E’ una lettura consigliata a tutti quelli che intendono gestire meglio la relazione con se stessi e con gli altri. Con la sua semplicità e chiarezza questo è un libro che potrebbe diventare il miglior amico di ognuno di noi. E’ scritto infatti, con magistrale bravura, da un grande comunicatore, che utilizza le tecniche che descrive, per poter arrivare a tutti. L’autore non si mette in cattedra per insegnarci qualcosa, ma ci parla come un amico e ci dà dei consigli per capire appieno l’importanza e i significati dei piccoli gesti che possono realmente cambiarci la vita.

COACHING PER IL TEAM DI VENDITA Come potenziare al massimo i risultati del team di vendita di Mario Silvano - Edizioni Gruppo 24ore

Il libro nasce dall’esperienza diretta dell’autore nell’area Vendite e Marketing. Il Metodo Coaching sostituisce ed integra tradizionali sistemi di formazione, aiutando a scoprire ed esprimere il proprio potenziale personale e/o professionale per ottenere dei risultati concreti e misurabili. Il Coach è un Formatore che guida le persone verso la crescita e la conoscenza, scoprendo le strategie più adeguate per il raggiungimento dei propri obiettivi. Quali attitudini, capacità e formazione

sono necessarie al Direttore Vendite per divenire un vero Coach? Le risposte si trovano in questa guida pratica, semplice ed efficace. Il libro è composto da sette parti. Si affrontano i temi di un mercato che cambia continuamente e quindi deve mutare anche il comportamento del Cliente. Si invita a superare alcuni limiti e per finire vengono presentati i “10 Parametri” per l’autovalutazione con i relativi “Piani di Azione” del “Sales Team Coaching”.


Fatti & Persone Le immagini si riferiscono al pittore Arcinboldo, cui è dedicata la mostra in corso a Milano

Arcimboldo comunica con gli ortaggi

Rapporto Bocconi sull’e-discovery

L’universo fantastico di Arcimboldo e il suo modo particolare di comunicare in mostra a Palazzo Reale. Dopo le mostre di Parigi e Vienna, Milano offre un taglio inedito del pittore, riportandolo nella sua terra e nel contesto del Cinquecento, dagli artisti lombardi e i disegni grotteschi di Leonardo al Caravaggio, che a lui s’ispirò per la sua natura morta. La mostra racconta l’ambiente in cui Arcimboldo si è formato e le varie fasi della sua pittura, soprattutto alla corte degli Asburgo. Qui egli sviluppò le famose Teste Composte, le “bizzarrie”: ritratti e volti formati da intricate composizioni di frutta, ortaggi o pesci, che celano allegorie politiche.

E’ “l’e-discovery: nuove forme di intelligence nel social web” il tema studiato dai ricercatori dell’Osservatori Business Intelligence della Bocconi. Il potere del web nell’era 2.0 e in un’epoca in cui l’economia globale continua ad arrancare sono stati gli elementi che hanno spinto i ricercatori a studiare casi di aziende che hanno investito nella rete, ricavandone risultati soddisfacenti, perché sono state capaci di utilizzare i dati forniti dalla propria attività web per studiare nuove strategie di marketing e comunicazione. «Dal 2000 anche il web è una rilevante fonte di dati da analizzare -osserva il responsabile scientifico dell’Osservatorio, Paolo Pasini. -per comprendere sia le modalità di navigazione, sia il comportamento di acquisto». Tra le case history scelte, raccolte in un volume di 115 pagine, consultabile nell’archivio dell’università, colossi industriali, Alcatel, Pirelli, Binda, Fiera Milano, ma anche la Erif Real Estate di Legnano, e istituzioni, il Comune di Torino e la Regione Piemonte.

Carta stampata sostenibile Continua nel 2011 la promozione della carta stampata. Per la prima volta, Print Power Italy, organizzazione coordinata da Assocarta, raccoglie tutti i rappresentanti della filiera della comunicazione su carta in Italia e si inserisce nel progetto europeo Print Power Europe, a cui aderiscono 12 paesi. Diretta a investitori pubblicitari, la campagna autunnale su quotidiani e periodici, ma anche tramite direct mailing, social networking e web marketing, parlava dei punti di forza della carta stampata, fisicità e permanenza del messaggio, che, integrata con i nuovi media, potenzia l’efficacia complessiva: stampa più Tv e rete aumentano la notorietà del marchio del 150% e la propensione all’acquisto del 50% (Fonte: Marketing Evolution USA). Da gennaio 2011, Print Power promuove anche “TWO SIDES - Il lato verde della carta”, che documenta la sostenibilità della comunicazione su carta presso il grande pubblico, sfatando i luoghi comuni su deforestazione e inquinamento.

Autoritratto

L’estate

Homeshopping o televendite? Le sue produzioni non sono televendite. Lo afferma QVC, uno dei maggiori canali TV degli USA e il più grande al mondo di home shopping. Si chiamano showcase e mostrano alcune differenze: sono trasmessi 24 ore su 24, in studi ad alto livello e live, con possibile interazione del pubblico a casa e l’intento di fare anche informazione. Ora anche i telespettatori italiani possono giudicare, perché QVC ha di recente debuttato sia sulla piattaforma Sky che sul digitale, trasmettendo dai nuovi studi di Brugherio(Mi). Gli Italiani, amanti dei prodotti di moda e qualità sono considerati da QVC un mercato importante e prioritario.

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Comunicazione & Benessere

Antonella Lucato

Con quale parola si può indicare quella cosa che ci permette di raggiungere il successo? Forse val la pena dare un giusto valore al nostro potere interiore

Chiamala “F” o chiamalo “C”

Il senso delle parole - E’ una giornata di pioggia torrenziale, suona il telefono, m’avvisano che è arrivata una lettera, anzi una raccomandata, per la precisione. “Chi la manda?” “E’ dell’Editore” m’informano. Stavano lavorando alla copertina del mio libro: Il “Fattore F”. Il senso della fortuna tra mito e realtà”. La fortuna la creiamo, era il concetto chiave del libro. L’editore mi stava informando della sua decisione di cambiare il titolo: da il “Fattore F” a il “Il Fattore C” con chiaro riferimento al “c…”. E mettere come sottotitolo: “Il ruolo della fortuna nella nostra vita. Esiste un perché se gli altri sono fortunati e tu no o è solo merito del c…?” Mancanza di chiarezza?

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Mi son chiesta se quanto avevo raccontato in oltre duecento pagine non fosse stato abbastanza chiaro, se fosse stato considerato che

il mio libro conteneva un concetto totalmente differente. Sta di fatto che mi ritrovavo con un titolo che stravolgeva completamente il senso del messaggio del libro. Quel “Fattore C” in copertina strideva come un’unghia sulla lavagna. Sviliva e mortificava le storie di “creatori di ricchezza” raccontate e anche la mia storia personale e professionale. Non ho avuto “Il Fattore C”, non l’ho inseguito né desiderato. Sono una visionaria che crede che la fortuna te la crei con il talento, il lavoro, la determinazione e l’impegno. La Fortuna come una dea Nel libro la fortuna era raccontata come viene dipinta nell’antico mito greco, una dea tanto invocata quanto poco affidabile poichè arriva quando vuole, spesso senza essere stata invitata, senza una logica o giusta ragione e così com’è venuta se ne può andare, senza avvisare, e rincorrerla è inutile, ha piedi alati e fugge veloce. Le storie di personaggi, imprenditori e aziende raccontate nel libro


Antonella Lucato La comunicazione nelle sue diverse forme espressive è il filo conduttore che accompagna studi, formazioni e attività di una vita. Il Gesto e la Parola, la Relazione tra comunicazione verbale e non-verbale è stato il tema della tesi in Relazioni Pubbliche all’Università Iulm di Milano. Master in linguaggi espressivi, psicologia della comunicazione e psicosomatica, un’intensa attività di comunicazione in note aziende multinazionali e l’insegnamento in prestigiose Scuole di formazione arricchiscono l’esperienza sino all’approdo alla scrittura. I libri pubblicati, diversi per genere, in comune hanno la ricerca interiore, l’arte sottile di scoprire e conoscere se stessi. Scrive per testate italiane ed internazionali.

erano esempi di chi aveva saputo creare fortuna mettendo a frutto le proprie abilità: doti e talenti, fiuto, ingegno, impegno e una visione che han saputo attuare nella realtà. Certo le condizioni favorevoli aiutano ma sarebbe riduttivo attribuire solo alla fortuna il successo e alla sfortuna l’insuccesso. Chiamalo “F”, ciamalo “C” le viene spesso attribuito più potere di quel che ha dimenticando di fortificare il potere interiore, quella risorsa preziosa sulla quale far affidamento in momenti di grazia e in quelli di difficoltà. Credere in sé Quella “raccomandata” annunciava che la mia proposta di cambiare il titolo per salvaguardare l’anima del libro non era stata accolta. O accettavo il “Fattore C” o niente. Al posto del mio libro ne sarebbe stato pubblicato un altro . Nove mesi di lavoro andavano in fumo, nonostante un contratto già in mano, per via di quel “Fattore C”. Di una parola insomma. Anzi di una iniziale... L’Editore nella sua logica commerciale asseriva che: “Il “Fattore C” è un titolo più provocatorio del “Fattore F” con maggiori possibilità di esser posizionato e vender copie sul mercato”. Forse, considerati i linguaggi che circolano in certa tv, radio, giornali e libri poteva anche aver ragione ma… immaginai di entrare in libreria e vedere sullo scaffale un libro con stampato quel titolo: una sensazione da voltastomaco. “Chi credi che colga la differenza tra Fattore F e Fattore C ? Fossi io ad

avere il contratto in mano di un editore che non chiede soldi per pubblicare non starei a pensarci tanto” era il pratico consiglio di Marco ma le parole di Francesca, un tempo mia allieva e ora amica mi risuonavano dentro “fai quel che mi hai insegnato: credi in te e nella dignità del tuo lavoro”. Quel “Fattore C” non c’era modo di conciliarlo con l’anima del libro pertanto rinunciai. Meglio una rinuncia A volte è meglio una rinuncia che uscire con un titolo che non ci rappresenta. E’ una forma d’amore per i libri, di rispetto per chi scrive e chi legge. Che cosa mi stava insegnando quell’esperienza? Ha ancora senso star a cercare le parole come gemme? Le domande ci costringono a guardare più a fondo. A trovare un senso a quel che accade. Quel “Fattore C” un senso l’ha avuto, ha messo in moto una svolta e un nuovo libro sta prendendo forma. Nuove spinte, energie, intuizioni, desideri e necessità premevano dentro per trovare una via di espressione. Ci son ragioni che van oltre il successo di vendita, ci son cose alle quali senti che non puoi far a meno di dedicarti, fan parte di un disegno più grande, del senso di sé e della vita. Successo o insuccesso, fortuna o sfortuna son sfaccettature dell’esistere, del nostro modo di leggere quel che accade. L’ansia di non riuscire a portare a compimento le idee che si accavallano come onde di un mare inquieto, ha lasciato posto a una nuova creatività. Vediamo dove porterà.

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Comunicazione Sociale ANT: la più ampia esperienza al mondo di assistenza socio-sanitaria domiciliare gratuita ai sofferenti di tumore

La buona vita Informazioni Fondazione ANT Italia Onlus, via Jacopo di Paolo, 36 40128 Bologna Tel. 051/7190111 Fax 051/377586 www.ant.it

- Chi siamo Nata a Bologna nel 1978 per iniziativa del professor Franco Pannuti, la Fondazione ANT Italia Onlus da oltre trent’anni fornisce assistenza socio-sanitaria gratuita a domicilio ai Sofferenti oncologici in fase avanzata. Il credo dell’ANT è sintetizzato dal termine “Eubiosia” (dal greco, “la buona vita”) intesa come insieme di qualità che conferiscono dignità alla vita, dal primo all’ultimo respiro. Cosa facciamo

L’EDITORE

ANT è presente in 9 regioni italiane e dal 1985 ad oggi ha assistito oltre 80.000 Sofferenti di tumore, 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno e in modo completamente gratuito. I Sofferenti assistiti nei 20 Ospedali Domiciliari Oncologici ANT (ODOANT) sono più di 3.300 ogni giorno, grazie a un’équipe di oltre 360 professionisti tra Medici, Infermieri, Psicologi, Nutrizionisti, Fisioterapisti, Operatori socio-sanitari, Farmacisti e Funzionari che portano al domicilio del Sofferente e alla sua Famiglia tutte le necessarie cure di tipo ospedaliero e socio-assistenziale. ANT dedica un’attenzione particolare anche agli aspetti sociali dell’assistenza, fornendo servizi a sostegno delle famiglie dei Sofferenti come cure igieniche, cambio biancheria, contributo economico alle famiglie in difficoltà, biblioteca e cineteca do-

miciliare. Il Servizio Porta-a-Porta permette il trasporto gratuito del malato dal domicilio alle strutture ospedaliere, per svolgere esami strumentali, ricoveri e trattamenti in Day Hospital. Infine, per permettere ai bambini di avvalersi delle prestazioni mediche, infermieristiche, psicologiche specializzate direttamente a casa, è nato Bimbi in ANT, il servizio pediatrico della Fondazione. All’attività assistenziale si affiancano progetti di prevenzione e di formazione, dedicati alla cittadinanza, alle scuole, ai professionisti del settore, al personale e ai volontari. ANT porta avanti campagne di informazione e controllo delle neoplasie che possono essere prevenute e diagnosticate per tempo. Tra queste ricordiamo: il melanoma (ANT ha già realizzato più di 28.000 visite dermatologiche gratuite, indirizzando al chirurgo, per l’asportazione di lesioni sospette, il 10% delle persone visitate), i tumori della tiroide e i tumori ginecologici. Come lo facciamo L’attività della Fondazione ANT è resa possibile dalle donazioni ed erogazioni di privati cittadini, enti pubblici, banche e fondazioni. ANT organizza inoltre diversi eventi e attività promozionali, sia locali sia nazionali, allo scopo di raccogliere fondi per sostenere le proprie attività.


Come sostenerci È possibile effettuare una donazione nei seguenti modi: • versamento sul Conto Corrente Postale n. 11424405; • versamento on-line con Carta di Credito, collegandosi al sito www.ant.it; • versamenti diretti presso le Sedi della Fondazione presenti in Italia, con rilascio di regolare ricevuta; • lasciti testamentari a favore di ANT (per informazioni contattare nicoletta.silvestri@ant.it); • con il 5x1000: codice fiscale della Fondazione ANT 01229650377


Comunicare con i Convegni

Vediamo di fare un esercizio per verificare come l’Excelsior Palace Hotel di Rapallo può rispondere alle tante esigenze di un organizzatore di eventi

I pezzi del puzzle che compongono un evento di successo hanno una risposta soddisfacente

Alla ricerca del massimo

Per informazioni E prenotazioni Tel. Centr.: 0185/230.666 Tel. Dir.: 0185/230.712 www.excelsiorpalace.thi.it e-mail: meetings.excelsior@thi.it

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- L’Excelsior Palace Hotel, storico ed elegante albergo , è collocato su una scogliera protesa nel mare azzurro della costa di Portofino, a Rapallo, nel cuore del Golfo del Tigullio e di fronte alla Baia di Portofino, prospiciente la marina “Porto Carlo Riva” a 500 m dal centro città e dalla Stazione Ferroviaria e 32 Km dall’Aeroporto di Genova. Immerso in una natura da tutti apprezzata. Descrivere le bellezze della Riviera ligure di Levante è del tutto superfluo e poi basta citare quella perla del turismo che è Portofino per non dover aggiungere altro. L’Excelsior è stato, nei numerosi anni della propria attività, la raffinata etichetta dell’Ospitalità turistico alberghiera del Golfo del Tigullio. La sua storia inizia nel gennaio del 1901, e lo scenario è davvero speciale: collocato su una sorta di piccola penisola, l’Hotel gode di una posizione invidiabile che gli consente di essere circondato su tre lati dal mare e dietro da una lussureggiante collina. E’ stato sede del primo Casinò italiano. E’ facile immaginare Eleonora Duse in uno degli ampi saloni dell’al-

bergo seduta su un’elegante poltrona, adorna di un grande cappello e con un libro di versi di D’Annunzio. Vi passarono i propri soggiorni anche il Duca di Windsor e Wally Simpson, Re Faruk, Re Hussein di Giordania, Re Costantino di Grecia, la rossa e bellissima Rita Hayworth, Ernest Hemingway e il premio Nobel per la Fisica Guglielmo Marconi che poco lontano di qui riuscì per la prima volta a trasmettere con il suo telegrafo senza fili. La scheda tecnica dice che l’hotel è un 5 stelle lusso, con 130 camere, due Ristoranti, due Bar, Health & Fitness Club con Beauty Farm, Beach Club privato, direttamente collegati alla struttura, Garage, Parcheggio. E’ dotato di un Centro congressi. All’’hotel Excelsior sotto il piano della hall, ma sempre con vista mare, si trova infatti il modernissimo Centro Congressi ‘Duca di Windsor’. Sono state ricavate nove sale meeting di metrature diverse, tutte con luce naturale e tutte collegabili tra loro, che danno origine ai saloni Windsor, Hemingway, Re Faruk predisposti per accogliere fino a 450 persone.


FORMULA AZIENDA 2011

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LA PROPOSTA “FORMULA AZIENDA” PREVEDE: Sistemazione in camera doppia classic Sala riunione gratuita (tutte le sale sono dotate di luce naturale) Materiale audiovisivo di base Accesso gratuito al Beach Club e al Fitness/Health Centre (piscina coperta e scoperta, idromassaggio, sauna, bagno turco, palestra) 2 coffee break Shopping Card

Solo due parole per ricordare che la cucina ligure è sempre da tutti mol-

to apprezzata, che è possibile occupare il tempo libero con escursioni indimenticabili o con lo sport (golf, sci nautico, vela, equitazione). Le proposte economiche sono certamente interessanti ed imperdibili. Naturalmente sono legate ai vari periodi dell’anno e c’è un’ampia possibilità di scelta. Basta leggere la tabella che riportiamo qui sopra. Insomma, chi è alla ricerca del massimo per il proprio congresso si può rivolgere con assoluta tranquillità all’Excelsior Palace Hotel di Rapallo. Ma chi volesse saperne di più si metta in contatto con la direzione marketing. Verificherà sin da subito la cortesia e la disponibilità.

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Comunicare con i Convegni Giovanna Risso

Il nostro viaggio alla scoperta dei borghi antichi e panorami suggestivi che si affacciano sull’imperiese ci porta ad un borgo medievale, unico nel suo genere Sempre convinti che un evento di successo ha bisogno anche di luoghi interessanti

Congressi con vista - Cervo, al confine tra la provincia di Savona e quella di Imperia, è uno dei pochi borghi medievali sul mare. Il nome deriva dalla scritta latina Servo (“offro servizi”) che campeggiava sulle insegne della originaria mansio romana che si trovava sulla Via Julia Augusta, nel luogo dell’attuale borgo. Nel tardo Cinquecento il passaggio dal latino al volgare ha determinato la corruzione del Servo originario in “Cervo”. Nella piazza si apre la maestosa e barocca Chiesa di San Giovanni Battista, detta “dei Corallini” perché edificata con i proventi delle compagnie di pescatori che esercitavano la pesca del corallo nei mari di Corsica e Sardegna. In realtà, le offerte per la fabbrica arrivarono da tutti gli abitanti - pescatori e marinai, armatori, possidenti, commercianti di olio, artigiani - che contribuirono anche a trasportare quassù dalla spiaggia, a spalla d’uomo, le opere d’arte e i preziosi marmi giunti via mare. Effetti scenografici

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L’originale facciata concava del tempio domina un ampio braccio di mare con straordinario effetto scenografico e la sera il suo campanile sembra un faro che indica l’approdo ai naviganti. Usciti dalla chiesa dei Corallini, si sale la gradinata a destra e s’imboc-

ca via Grimaldi-Salineri, percorsa da archivolti ogivali o a tutto sesto che ornano le entrate delle abitazioni. Tutta la zona conserva caratteristiche medievali. Molti sono i palazzi padronali che testimoniano la passata agiatezza della popolazione e inducono a vagabondare nei carrugi con gli occhi in su: quelli della Meridiana, della Merla e i settecenteschi palazzi Viale, De Simoni, Alassio e Arimondo. Ma è soprattutto il borgo nel suo insieme ad emozionare: i giochi d’ombra tra i vicoli stretti, gli alti archi, i saliscendi mozzafiato, gli accordi di pini e ulivi sullo sfondo, lo scoglio accarezzato dal mare trasparente, il mandorlo in fiore, il profumo del timo. Strutturati per gli eventi Anche Cervo è una località che può essere facilmente raggiunta da Loano. Ed è a Loano che è situato il complesso Loano2 Village, che sempre più sta dedicando attenzione per ospitare meeting ed eventi vari. La struttura è particolarmente attrezzata per la bisogna, la disponiblità di camere è tale da permetttere eventi di varia dimensioni, anche particolarmente importanti. Ma soprattutto la sua collocazione geografica permette di offrire ai partecipanti una vastissima gamma di località e borghi unici. (Ufficio Marketing Loano2 Village)



Comunicare con i Convegni Erminia Casadei

Essere ospiti di un meeting può comunque divenire una esperienza unica, al di là dei contenuti che vengono trattati, grazie alle bellezze offerte dal posto

A Nova Siri Marina presto una nuova struttura per ospitare congressi

Italia … questo nostro fantastico Paese! www.orahotelsgroup.eu

- Viaggiare è un’esperienza davvero unica, che ci permette di conoscere luoghi differenti, culture ed etnie diverse e arricchisce la nostra sete di conoscenza, di avventura! Non esiste un territorio che non abbia luoghi belli, interessanti e particolari da ammirare, che non ti lasci qualcosa dentro e resti un ricordo indelebile, intrappolato in uno scatto fotografico che catturi un’immagine incancellabile! Ma quanto conosciamo il nostro paese? Ve lo siete mai chiesto? Ci sono luoghi che probabilmente ancora non abbiamo mai visitato, che offrono paesaggi incantevoli, che non fanno parte delle mete turistiche tradizionali e che sono molto vicini a noi! Lucania o Basilicata

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Tra questi la Lucania … o Basilicata, dipende dai punti di vista. Una regione italiana che addirittura ha due nomi, deve avere per forza qualcosa di bello e di importante da vedere. E proprio da qui parte il nostro viag-

gio itinerante, attraverso una terra non ancora molto conosciuta, ma che ha delle risorse paesaggistiche, naturalistiche e artistiche di rara bellezza, con i suoi verdi orizzonti di spazi di una natura incontaminata, dalla montagna alla collina, alle splendide spiagge sabbiose del Mar Ionio e del Tirreno, unitamente alla ricchezza storico culturale del periodo greco: innumerevoli i siti archeologici di Taranto, Metaponto, Policoro, Tricarico, Vaglio, Venosa, Sibari e Crotone. I famosi “Sassi” E Matera, la splendida “città della pietra”, anch’essa importante sito archeologico. I famosi “Sassi di Matera” sono stati iscritti nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO nel 1993. Sono così chiamati, “i Sassi”, ma stiamo parlando di grotte naturali, architetture ipogee, cisterne, enormi recinti trincerati, masserie, chiese e palazzi, scavati e costruiti nel tufo, che costituiscono un paesaggio in parte invisibile e vertiginoso, perché


Rendering di ORA Hotel di Nova Siri Marina

va in apnea in dedali di gallerie dentro la pietra giallo paglierino del dorso della collina, e che sono stati per secoli la difesa naturale della città, una città che sembra uscire dal mistero di una fiaba orientale. I Sassi di Matera rappresentano un ecosistema urbano straordinario, capace di perpetuare, dal più lontano passato preistorico, i modi di abitare delle caverne, sino alla modernità e costituiscono un esempio eccezionale dell’utilizzo accurato nel tempo delle risorse della natura: acqua, suolo, energia. Un territorio da scoprire E tutto ciò è davvero così unico e si trova solo qui, in Lucania, una regione tutta da scoprire anche, grazie alle sue coste, dalla tirrenica alla ionica, con un mare incontaminato e tantissime località turistiche da esplorare e alle sue tradizioni, derivanti dalle diverse popolazioni che l’hanno attraversata come i Greci, i Sanniti, i Romani, i Barbari, i Normanni. Questa regione offre una ricca gastronomia e vini di pregio, come l’Aglianico del Vulture. E per continuare con l’aspetto più naturalistico, il Parco nazionale del

Pollino, dove possono essere organizzate bellissime escursioni in fuoristrada. Insomma, un territorio tutto da scoprire! Natura e solo natura Natura e solo natura anche nella scelta della location: Ora Resort Nova Siri Congress & Spa, nuovissimo resort che sorge su una collina, che declina dolcemente verso il mare della costa ionica, a Nova Siri Marina. Il complesso alberghiero, ben armonizzato con l’ambiente circostante, in una vera oasi di verde, offre un servizio unico ed innovativo nel suo genere, coniugando gli aspetti tipici della vacanza da villaggio (animazione, escursioni, intrattenimento) con quelli tipici dell’agriturismo (contatto con la natura, eno-gastronomia). Duecentosettanta unità abitative, camere classic, suite, appartamenti, ampio parco, piscina 1.550 mq con idromassaggio, centro benessere, percorso vita e area giochi, centro sportivo, centro congressi, shopping center. (Prossima apertura: estate 2011 www.orahotelsgroup.eu <http://www.orahotelsgroup.eu> ). Vale la pena di provare!!!!

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Club dell’Osso

Demetrio Minutilli

Il Principe di Savoia di Milano è il vincitore della ottava edizione del Premio. L’Hotel Maison Moschino si aggiudica il premio Design & Style

PREMIO OSSO 2010 Maison Moschino - Milano

www.clubdellosso.it clubdellosso@clubdellosso.it

Il Principe di Savoia - Milano

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Il PREMIO OSSO nel 2010 è giunto alla ottava edizione. Per riceverlo ci si deve confrontare con il giudizio “implacabile” degli addetti ai lavori del mondo congressuale. Come noto l’ intento del CLUB dell’OSSO è quello di contribuire costantemente alla qualificazione e riqualificazione del settore congressuale, dando un giusto riconoscimento ufficiale, da parte degli utilizzatori, a quelle strutture italiane che hanno saputo cogliere le richieste e rispondere in modo globale alle esigenze di coloro che organizzano gli eventi per le proprie Aziende. Dalla esperienza e verifica sul campo, ai Soci del CLUB dell’OSSO il compito di selezionare un certo numero di strutture, quali hotels, centri congressi, nonchè hotel di design e style. I criteri di valutazione delle nomination sono stati: immagine, ospitalità, servizio ed infine assistenza. Successivamente il compito di votare è stato esteso a tutti coloro che, operando nel mondo congressuale, si sono registrati al nostro sito web, da mail aziendali. Numerosissimi i voti espressi, che ci hanno permesso poi di stabilire i vincitori. Il PREMIO OSSO 2010 quale Hotel Congressuale che ha risposto meglio alle esigenze su indicate è stato assegnato all’ HOTEL PRINCIPE DI SAVOIA di Milano, gioiello italiano della Dorchester Collection. Il PREMIO OSSO 2010 quale miglior hotel di Design & Style è stato assegnato all’ HOTEL MAISON MOSCHINO di Milano. Dietro la facciata neoclassica della vecchia stazione

ferroviaria per Monza, in viale Montegrappa c’è il nuovo Hotel Maison Moschino, inaugurato durante la settimana della moda 2009. I vincitori degli ultimi anni 2005 Meeting/incentive 1 Park Hotel Cappuccini - Gubbio 2 The Westin Palace – Milano 3 Hotel Quisisana – Capri Design & Style Bulgari – Milano 2006/2007 Meeting/Incentive Hotel Federico II – Jesi Design & Style Una Hotel Vittoria - Firenze 2008 Meeting/Incentive 1 Grand Visconti Palace – Milano 2 Grand Hotel Dino – Baveno 3 Le Meridien Lingotto – Torino Design/Style 1 Nhow Hotel - Milano 2 The Chedi - Milano 2009 Meeting/Incentice 1 Enterprise Hotel – Milano 2 Marriott Hotel - Milano 3 Executive Hotel – Milano Design & Style 1 NH Fiera Hotel – Rho 2 Una Hotel Versilia 2010 Meeting/Incentice Pricipe di Savoia – Milano Design & Style Maison Moschino - Milano


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Comitato scientifico Bruno Calchera Direttore Generale del Banco Informatico e membro delegato del Tavolo del Terzo Settore della Regione Lombardia. Già Direttore U.O. della Comunicazione Istituzionale della Regione Lombardia. Giornalista. Direttore Marketing in case editrici. Consulente alla Comunicazione in Enti pubblici e privati. Impegnato in attività del Terzo Settore da più di 30 anni. Marzia Curone Partner di “Relata”, Agenzia di Marketing e di Comunicazione di Relazione. Presidente del settore Direct Marketing di Assocomunicazione, Coordinatore del Comitato Interassociativo Marketing Diretto. Michele Faldi Direttore dell’Alta Formazione e delle Alte Scuole dell’Università Cattolica del S. Cuore. Ha lavorato presso centri culturali ed istituti di ricerca e formazione in Italia e all’estero. Da sempre si è occupato di Higher Education.

Chiara Grosselli Responsabile del Marketing e delle Comunicazioni per l’IBM in Italia, delle Relazioni Esterne e della Fondazione IBM Italia. Collabora con diverse associazioni per sostenere l’imprenditoria femminile. Ha vinto il Premio “Marisa Bellisario”.

Alessandro Lucchini Giornalista e copywriter, è autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi di business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano.

Maurizio Nichetti Architetto, attore, sceneggiatore, regista di cinema, televisione e cartoni animati. Debutta nella regia cinematografica con RATATAPLAN a cui faranno seguito una decina di lungometraggi. Attivo anche nel teatro di prosa, nel teatro lirico e nel cinema d’animazione. Mario Pasquero Dopo esperienze in aziende leader del Largo Consumo (Ferrero, Diageo, Paglieri) in ambito Marketing e Commerciale entra in Poste Italiane come Direttore Marketing di Postel e poi nella Capogruppo Poste. Oggi è consulente specializzato in Direct Marketing e Product/Trade Marketing per il Largo Consumo.

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Fondato nel 1987 Rivista di Direct Marketing, Marketing e Comunicazione d’Impresa Autorizzazione tribunale n° 300 del 19/04/1991 Sped. abb. post. 50% - Anno 24 - n°1 del 2011 Prezzo di una copia 5 Euro Abbonamento annuale (6 numeri) 25 Euro - www.miabbono.com/dmc Direzione, Redazione, Grafica, Amministrazione: Via Spallanzani 10 - Porta Venezia - 20129 Milano tel. +39.02.74.22.22.1 - fax +39.02.74.22.22.23 e-mail: redazione@dmconline.it - www.dmconline.it Direttore Responsabile: Ugo Canonici (direzione@dmconline.it) Capo Redattore: Sarah Canonici Redazione: Carlo Cremona, Grazia De Benedetti, Luca Palestra Coordinamento Redazionale e Grafica: Davide Canonici (davide@dmconline.it) Editore Incaricato: Bruno Calchera Collaboratori: Ancrea Boscaro, Fabrizia Vania Calzavara, Erminia Casadei, Ugo Clima, Pier Giorgio Cozzi, Antonio Ferrandina, Valentina Guerra, Axel Lo Guzzo, Antonella Lucato, Alessandro Lucchini,Marco Maglio, Domenico Matarazzo, Demetrio Minutilli, Guido Montacchini, Ugo Perugini, Maurizio Quarta, Emiliano Ricci, Giovanna Risso, Margherita Ruggiero, Elena Schiavon, Mario Silvano Pubblicità: Gestita direttamente dall’Editore (pubblicita@dmconline.it) tel +39.02.74 22 22.1 Iscrizione ROC: 16511 Deus Editore s.r.l.: via Turati, 26 - 20121 Milano - P.I. IVA 11422020153

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Pensiero Libero

di Alessandro Lucchini*

Riflessioni in margine alle celebrazioni dell’unità

150 anni d’Italia e d’italiano *Alessandro Lucchini, giornalista e copywriter, Autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi business/ web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano. www.palestradellascrittura.it lucchini@msoft.it

54 dm&c - n 1- 2011 o

Epifania, rientro dalle feste, torno in macchina da Parigi. A ogni coda in autostrada un cartello informa sulla lunghezza della coda. Ma non la chiama queue, la chiama bouchon > tappo. Questo mi porta a ragionare (i tappicode sono lunghi e favoriscono la divagazione) sul rapporto tra causa-effetto: i francesi evidenziano la causa, il tappo, l’ingorgo; noi l’effetto, la coda.
 M’interrogo sul come mai, parto con elucubrazioni sulla cultura dell’Europa del nord e su quella del sud, ma non mi do soddisfazione. Mi viene in mente anche Wittgenstein e le sue lezioni proprio su causa ed effetto, ma non volendo procurarmi un mal di testa mi riconcentro subito sulle notizie sul traffico e sulla noiosissima musica francese trasmessa.
 Poi smanazzando, becco una radio italiana e sento che oggi il presidente Napolitano va a Reggio Emilia (lì nacque il tricolore) a inaugurare le celebrazioni dei 150 anni dell’unità d’Italia.
Ecco, lì il pensiero si ferma un po’. A pensare a questi 150 anni di Italia e di italiano.
 Già mezzo secolo fa, i primi 100 anni di unità, gli intellettuali dell’epoca scrittori, giornalisti, amanti della lingua - avviarono una riflessione su come un secolo di unità aveva influenzato la lingua. Famoso, nel 1965, l’intervento di Italo Calvino, con un articolo su Il giorno (3 febbraio) dal titolo L’antilingua: “Ogni giorno - spiegava - per un processo ormai automatico, centinaia di migliaia di nostri concittadini traducono mentalmente, con la velocità di macchine elettroniche, la lingua italiana in un’antilingua inesistente. Avvocati, funzionari, ministeri, giornali e telegiornali scrivono, pensano, parlano nell’antilingua. Caratteristica principale dell’antilingua è quello che definirei il ‘terrore semantico’, cioè la fuga di fronte a ogni vocabolo che abbia di per se stes-

so un significato”; e che quasi induce chi la parla ad avere “paura di mostrare interesse per le cose di cui parla. Crede di dover sottintendere: ‘io parlo di queste cose per caso, ma la mia funzione è più in alto di ciò che dico e che faccio, la mia funzione è più in alto di tutto, anche di me stesso’.”. Tra un bouchon e l’altro mi chiedo: si è sgonfiata, in questi cinquant’anni, l’antilingua? Siamo guariti dal terrore semantico, che non fa chiamare le cose con i loro nomi, che spinge a ricercare termini altisonanti e artificiosi, a rubare parole all’inglese o ai linguaggi settoriali, a tritare e ritritare vieti luoghi comuni, magari per coprire la mancanza di un vero rapporto con la vita, e forse uno scarso rispetto per se stessi? Rispolvero dalla memoria il repertorio degli anni Settanta (cioè, come dire, diciamo, voglio dire, nel senso che), poi degli Ottanta (fatemi capire, nella misura in cui), Ottanta (accattivante, in qualche modo), Novanta (performante e, naturalmente, nuovo millennio), ho un buco per il decennio appena trascorso ma mi riscatto con i tormentoni giornalistici di questi mesi, tra le colluttazioni violente nei talk show sulle performance del premier, le bufere (meglio, gli tzunami) della crisi, i video-choc sugli omicidi famigliari e così via. Sogno che le celebrazioni dell’unità d’Italia siano anche un’occasione per riflettere sulla nostra lingua. Dovessimo proprio abusare di qualche parola, propongo una lista, (in ordine alfabetico, solo per comodità): arte, bellezza, cultura, democrazia, diritti, etica, fiducia, gioventù, giustizia, lavoro, libertà, libro, linguaggio, natura, ospitalità, pace, parola, persona, politica, popolo, progresso, racconto, ricchezza, scrivere, scuola, solidarietà, stampa, storia, tasse, uguaglianza. Manca la Z, mannaggia. Meglio, la lista resta aperta.




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