dm&c

Page 1

dmc

Anno 23 - nº. 3 del 2010

Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

Poste Italiane S.p.A. Sped in a.p. - d.l. 353/2003 conv. l. 46/2004. art1.c.1 - LO/MI - Mensile - 5 Euro

direttore Ugo Canonici

DM & Comunicazione Organo d’informazione del Club C3

&

Marketing

L’approccio formativo Comunicazione

Il pensiero creativo

Noi comunichiamo così pag. 29-36

Comunicazione

Raccontare delle storie


CLEIS è un’Agenzia di Comunicazione d’impresa specializzata nell’organizzazione di Eventi aziendali. Cosa facciamo: CREATIVITA’ Grafica - Web Presentazioni Audiovisivi

STRATEGIA Marketing & Comunicazione

COACHING

Cleis

EVENTI E MEETING In Out Motivazione

UFFICIO STAMPA Newsletter

FORMAZIONE Formazione finanziata

CLUB AZIENDALI GESTIONE FORNITORI GESTIONE AMMINISTRATIVA Fin dal 1998 ha acquisito la certificazione di qualità UNI EN ISO 9001: 2000 per i sistemi di gestione della qualità nella progettazione ed erogazione di servizi di comunicazione d’impresa e di servizi di formazione aziendale. Cleis Spa - via Lazzaro Spallanzani 10, 20129 Milano - Tel 02 7422 221 - cleis@cleis.it - www.cleis.it



dmc Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

Le uscite di dm&c: • febbraio • aprile • giugno • agosto • ottobre • dicembre

&

www.dmconline.it dm&c è anche in tempo reale DM

il Direct Marketing è una strategia di marketing che utilizza la comunicazione per rivolgersi, con strumenti interattivi, a un pubblico mirato onde ottenere risposte misurabili.

Ma r k eti n g

tutte le attività che vengono svolte da un’azienda per giungere alla vendita dei prodotti/servizi offerti (dalla ricerca alle indagini di mercato, dal lancio del prodotto alla post-vendita).

C om u n i c a z i on e d ’ i mp r e s a

un processo che utilizza in modo integrato gli strumenti della comunicazione per far conoscere efficacemente al mercato l’offerta e determinare il posizionamento.

I lettori di dm&c da un’indagine del Maggio 2010 A QUALI AZIENDE APPARTENGONO

Utenti di comunicazione Agenzie di comunicazione e meeting planners

61,3 %

26,7 %

QUALE FUNZIONE HANNO IN AZIENDA

Titolari, presidenti, amministratori

21,8 %

Commerciale, marketing

46,1%

Direzione pubblicità, responsabile Rel. Est.

24,2 %

Concessionari, editori

2,4 %

Associazioni professionali, Pubblica Amministrazione

Media

3,2 %

5,9 %

Creativi - direttori

2,6 %

Varie

3,7 %

Varie aziendali

2,1%

Per abbonarsi con un click www.miabbono.com/dmc GESTIONE OPERATIVA ABBONAMENTI Direct Channel S.r.l Via Pindaro 17 - 20128 Milano abbonamenti@directchannel.it L’abbonamento partirà dal primo numero raggiungibile. Per il rinnovo attendere l’avviso di scadenza.

Servizio cortesia : 02.252007.200 Abbon am en t o: 6 n u m e r i d i d m & c ( 2 5 Eu r o ) Informativa ai sensi dell’art.13, D. lgs. 196/2003: I suoi dati saranno da noi trattati, manualmente ed elettronicamente al fine di gestire il Suo rapporto di abbonamento. A tal fine ci avvaliamo della collaborazione di Direct Channel Srl – Via Pindaro, 17 – 20128 MILANO. Ai sensi dell’art.7 d.lgs, 196/2003 potrà esercitare i relativi diritti, fra cui consultare, modificare, cancellare i suoi dati od opporsi al loro utilizzo per fini di comunicazione commerciale interattiva, rivolgendosi a Direct Channel Srl – Via Pindaro, 17 – 20128 MILANO. Preso atto dell’informativa, abbonandomi esprimo il mio consenso al trattamento dei miei dati personali per le finalità in essa espressamente indicate.


Sommario Anno 23 - no 3 del 2010

EDITORIALE 7

Come una squadra di Ugo Canonici

LA NOTA 8

Almeno un gatto nero di Guido Montacchini

13

COMUNICAZIONE 10 13 18 26 40 44

Ritorno al futuro di Grazia De Benedetti The economics of storytelling di Rick Ray Il pensiero creativo di Ivonne Porto Il marketing della scienza di Emiliano Ricci In taxy, a scuola di marketing di Pier Giorgio cozzi Un mondo dietro le bollicine di Domenico Matarazzo

MARKETING 16 20 22 46

L’importanza della competenza di Ugo D. Perugini Affiliazione: strumento di marketing di Axel Lo Guzzo L’approccio formativo di Mario Silvano Le ricerche di mercato di Antonio Ferrandina

26

MOTIVAZIONE 24 Motiviamo anche i motivatori di Fabrizia Vania Calzavara

NOI COMUNICHIAMO COSì 29 Case Histories

COMUNICARE CON IL DIGITALE 37 La Rete e il Marketing di Carlo Cremona 42 QR Code di Grazia Aversano

COMUNICARE CON I CONVEGNI 56 Voltando le spalle al mare di Giovanna Risso 58 Il valore delle emozioni di Erminia Casadei

37

RUBRICHE 48 50 52 54 60

Informalibri Fatti & Persone Comunicazione & Benessere Comunicazione Sociale Club dell’Osso

PENSIERO LIBERO 62 Dalla radazione alla relazione di Alessandro Lucchini

42


dmc Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

&

Amico lettore, dm&c viene realizzato sia su supporto cartaceo sia su supporto digitale. Se desideri ricevere la Rivista, gratuitamente, via e-mail, invia la richiesta a: direzione@dmconline.it segnalandoci le tue corrette coordinate. Per ricevere la versione su carta puoi collegarti a www.miabbono.com/dmc. Se ritieni che anche un tuo amico sia interessato alla lettura di dm&c aggiungi anche le sue coordinate.

Scrivici Subito!!! direzione@dmconline.it

La rivista, diretta da Ugo Canonici, si propone come testata leader nel settore del marketing, direct marketing e comunicazione d’impresa. Una marcia in più per chi vuole muoversi senza problemi nel difficile mondo del lavoro.


Editoriale

Come una squadra Era da un po’ di tempo che ci stavo pensando. E già parecchie volte ero stato sollecitato a fornire il mio parere. “Qual è il miglior strumento per comunicare, oggi.” A una domanda così è difficilissimo rispondere. Tutti ci rendiamo conto che nel generale principio del “tutto sta cambiando, tutto è cambiato”, anche la comunicazione deve guardarsi dentro e darsi dei nuovi riferimenti. A partire dalle più approfondite riflessioni sui target cui ci si deve rivolgere, per finire a quali strumenti è più profittevole utilizzare. Mi veniva difficile rispondere perché è chiaro che oggi non si può ignorare il digitale e tutto quanto gli è legato, ma mi sembra altrettanto evidente che non si può cancellare di colpo ciò che ci ha sin qui accompagnato. E nella mia testa, un po’ confusamente, girovagava un’idea: convivere si può. E una bella dimostrazione l’ho avuta quando ho tenuto tra le mani una copia di maggio di Panorama. Sfogliando il settimanale, pubblicato sul tradizionale supporto cartaceo, ci si imbatte in un inserto in cartoncino dove ci sono alcuni pulsanti. Schiacciando un pulsante compare su un piccolo schermo uno spot pubblicitario a colori e con tanto di sonoro. Forse ai giovani può sembrare una cosa normale. A me ha fatto un grande effetto. Andando avanti a curiosare tra gli articoli se ne incontrano alcuni corredati di QR (Quick Response). I più smart già sanno tutto. Si tratta di fotografare col proprio cellulare (sul quale è stato caricato un programmino) un quadrato con dei segnetti ( che è l’evoluzione del codice a barre). Questo ti collega a un sito web dove si possono trovare ulteriori informazioni. Ma altre pagine presentano ancora dei quadrati che hanno all’interno segni diversi. Si tratta di AR (Augmented Reality): la possibilità di accedere con la webcam del pc ai contenuti speciali della rivista. Insomma in un continuo passaggio da un supporto ad un altro è possibile rendere disponibile una informazione più completa e più fruibile. Una comunicazione multimediale che permette di “esser avanti” e che soprattutto sfrutta “il meglio” di ogni strumento, non accantonandone nessuno. La sintesi che mi viene alla mente è quella del “gioco di squadra”. Ma siamo individualisti, siamo campanilisti, facciamo fatica a “lavorare insieme”. E invece tutti ci dicono che se vogliamo ottenere buoni risultati dobbiamo far convergere le individualità nel collettivo. Potrei fare esempi nel campo calcistico. Ma me ne astengo. Mi interessa solo ribadire che la tecnologia mette a disposizione della tradizione nuove possibilità. Facciamole lavorare insieme. Come una squadra.

Ugo Canonici

Ugo_Canonici@cleis.it

no3 - 2010 - dm&c

7


La Nota Guido Montacchini

Le indagini di mercato, i questionari per misurare questo o quello sono ormai una pratica diffusa. Sul web ma anche fuori casa. Diventa difficile riuscire a sottrarsi

Va bene esere disponibili, ma...

Almeno un gatto nero - In aeroporto, la ragazza carina con la cartelletta in mano mi punta, l’ho riconosciuta da lontano, fingo indifferenza e tento di nascondermi dietro l’americano corpacciuto che attraversa la sala di attesa, dribblo, ma niente da fare… preso! “Buongiorno signore, posso rubarLe solo 2 minti del suo tempo, mentre attende la partenza del Suo volo?” Sì, sono sempre la loro vittima prescelta, sarà la faccia da bravo ragazzo (di un tempo…) o forse la cravatta seria. Sono cacciatori di feedback, questionari promossi dalle aziende per misurare la soddisfazione del Cliente e migliorare il servizio offerto. Lo so, lo fanno per me, per il mio bene e la mia piena soddisfazione, ma l’ ennesimo questionario è per me onestamente motivo di profonda insoddisfazione. Primo round

8

dm&c - no3 - 2010

Ma alla fine la ragazza era simpatica, le domande poche e tutto sommato ho ingannato un paio di minuti della mia attesa.

Finalmente l’aereo decolla dopo il gesticolare delle hostess che illustrano le misure di sicurezza dell’aereo. Dopo l’aperitivo ecco che inizia la distribuzione dei moduli da compilare per velocizzare l’ arrivo. Li conto, un, due, tre: il modulo per l’immigrazione, il modulo per la dogana, e il terzo? Noooo, un questionario! E’ sufficiente lo spazio a sua disposizione? E’ comodo il sedile? E i pasti? Lo infilo nella tasca del sedile di fronte determinato a lasciarlo in bianco, ma poi, dopo la lettura di un libro, la visione di un film, un po’ di noia, mi intenerisco, inizio a leggerlo e alla fine lo compilo. Secondo round Giusto in tempo, la hostess sta iniziando il giro per ritirarli e si riprende pure la penna logata che speravo di portare in regalo alle mie bimbe (dopo aver imboscato anche quella del vicino mentre sonnecchiava). Finalmente atterrato. All’immigrazione il funzionario mi scruta con attenzione, verifica il passaporto e


mi guarda ancora; un po’ di timbri, qualche dato inserito sul PC e poi ecco che quattro lucine iniziano a lampeggiare: sono 4 faccine che vanno dalla verde sorridente alla rossa incavolata nera. E’ il feedback sulla soddisfazione della procedura di immigrazione svolta dal funzionario di cui è chiaramente identificata la matricola. Terzo round Premo la faccina verde sorridente, non si sa mai… Ma intanto mi interrogo sul senso. Sarà forse uno strumento di controllo delle nascite misurando la regolarità del ciclo delle operatrici di frontiera? Arrivo in albergo giusto in tempo per verificare le e-mail prima di cena. Qualche piccola imprecazione prima di riuscire a collegarmi alla rete, ed ecco finalmente la posta. Lì in cima all’elenco della posta in arrivo c’è già un e-mail della compagnia aerea che mi chiede di collegarmi a un sito per compilare un questionario su come mi sono trovato su quell’aereo da cui sono appena sceso… solo 10 minuti, e posso anche scegliere la lingua che più mi si conviene. Quarto round Rientro in camera stanco dopo una rapida cena e trovo il letto affettuosamente preparato per la notte dalla cameriera di turno, e sul letto? Ovviamente un questionario sull’albergo, la camera, i servizi, l’accoglienza… Lo lancio sul tavolino con un gesto liberatorio, ma il rituale si ripete ahimè identico tutte le sere. Fino all’ultimo giorno in cui, oltre al questionario sul letto apparecchiato, trovo all’ingresso una busta, a mio nome. E’ il direttore che mi scrive, mi chiede se mi sono trovato bene e mi invita a compilare il questionario. Stanno facendo leva sui miei sensi

di colpa; lo compilo e come da istruzione del direttore lo consegno al momento del check-out. Risposta: un impercettibile movimento della testa che interpreto come un ringraziamento. Una domanda Ma una domanda mi attanaglia. Io Vi fornisco tutte queste preziose (per Voi) informazioni, a volte comunico i miei dati personali, Vi dedico del tempo, e Voi? Mi aspetterei un gesto simbolico, non certo una ricompensa, del resto in fondo in fondo anch’io potrò forse beneficiare di un miglioramento del servizio effettuato anche grazie alle mie segnalazioni. Magari una caramella, un adesivo, la penna logata con cui è stato compilato il questionario, un buono sconto simbolico, una manciatina di punti fedeltà… e invece nulla, forse un sorriso e magari: grazie. Forse attribuisco troppo valore alle informazioni che sono disposto volentieri a condividere nell’ottica di un reciproco interesse, ma è forse proprio il concetto di reciprocità che difficilmente si riesce a percepire quando i questionari vengono proposti in maniera anche un po’ invadente e ci si trova piuttosto un po’ come di fronte ad un compito in classe. Un gatto nero Mi viene in mente il ritornello della canzone “volevo un gatto nero”: Non era una giraffa di plastica o di stoffa ma una in carne ed ossa e l’avrei data a te, ma i patti erano chiari: una giraffa a te e tu dovevi dare un gatto nero a me. Volevo un gatto nero, nero, nero, mi hai dato un gatto bianco ed io non ci sto piu’.

no3 - 2010 - dm&c

9


Comunicazione Grazia De Benedetti

Oggi, nonostante la richiesta di comunicazione e creatività, si rinuncia a formare. Ma la realtà del mondo pubblicitario richiede conoscenze specifiche

Recuperare il know how

Ritorno al futuro - Una ghiotta occasione per una panoramica sulla pubblicità ieri e oggi è la presentazione dell’ultimo libro di Marco Lombardi. Il presidente di Young & Rubicam Italia, da 40 anni nella famosa agenzia e attento lettore delle dinamiche sociali anche come docente, ha un osservatorio privilegiato per parlare non solo della situazione attuale e del futuro, ma per proporre nuove angolazioni su territori già conosciuti. Il libro “La strategia in pubblicità” spazia sui vari aspetti dell’argomento, per offrire tutte le conoscenze di cui oggi gli addetti ai lavori dovrebbero essere in possesso. Imparare dal passato per affrontare il nuovo

10 dm&c - n 3 - 2010 3

-Sulla disciplina del nostro lavoro non esiste niente. -Afferma Marco Lombardi. -Per questo ho pensato a un progetto editoriale, che da un lato ha una finalità didattica e dall’altro rivolge uno sguardo indietro, perchè bisogna imparare dal passato per affrontare il nuovo. All’inizio le agenzie avevano voglia di insegnare, oggi

non più, così le conoscenze si perdono per strada: sono come dei Crociati che man mano abbandonano le loro armi. In questo momento c’è una forte richiesta di comunicazione e creatività, ma non c’è né voglia né budget per formare nessuno. Oggi si ricorre allo stage per non avere il costo fisso di un corso-. Lombardi indica negli anni dalla metà degli Ottanta alla fine dei Novanta un periodo di decadenza, che ha causato un gap ora da colmare. Dopo l’era primitiva, infantile, di Carosello, negli anni Ottanta nascono le Tv private, Fininvest. E’ il periodo in cui da un lato il consumatore impazzisce nell’eccesso di offerta, dall’altro tutti possono accedere alla


Quanto vale il marchio Italia? Tv, ma per i comunicatori è solo un’illusione, la dimensione che sfruttano è irreale: chi comunicava dal piccolo schermo si considerava arrivato, ma più marche uguale più affollamento e la pubblicità divenne illeggibile. La sbronza TV

Da 20 anni il Brand Asset Valuator, BAV, di Young & Rubicam, valuta lo stato di salute delle marche e costituisce la più grande banca dati sul tema. Anche per il marchio Italia la BAV rappresenta un barometro che periodicamente legge il trend, con 800mila interviste in 50 paesi del mondo, Cina e Brasile compresi. Nell’indagine 2009, i principali paesi europei più la Russia confermano il loro amore per l’Italia, malgrado qualche cedimento nella stima (specie l’UK), ora in recupero. Invece nei fattori inerenti alla razionalità, pensiero e sostanza, specie in quest’ultima, l’Italia è debole. La sua immagine conferma lo stereotipo, in cui vince l’aspetto emozionale, ma anche qui altri paesi, specie la Spagna, stanno superando il nostro. Nel resto del mondo, l’Italia non ha più posto tra le grandi nazioni: in Usa e Giappone, anche le marche importanti che avevano una leadership straordinaria stanno perdendo statura e carattere; quanto ai paesi emergenti non è entrata nella loro sfera di interesse. -L’Italia si sta provincializzando ed è come una zattera abbandonata dal resto del mondo. -Afferma Marco Lombardi. -Nell’era della globalizzazione ci stiamo localizzando e siamo deboli come marca. Gli stereotipi sono duri a morire e i luoghi comuni degli stranieri sull’Italia sono peggio della realtà.. Noi comunicatori possiamo o sfruttare l’immagine che gli altri hanno o cercare di riequilibrarla-.

-Io la chiamo “la sbronza TV”. -dice Marco Lombardi. -E’ l’era dell’eccesso televisivo a cui contrappongo il percorso armonico, quello degli anni ‘60/’70, ripreso nel 2000. Ora c’è la “granularità”, ovvero tanti piccoli oggetti che corrispondono a tanti strumenti multimediali, i-pod, play-station, cellulare, computer. Se durante la sbronza TV la pubblicità era interruzione e imposizione (l’audience ne era prigioniera), nella proposta armonica si parla di “ingaggio”, nel senso di impegno e dell’attesa di una reazione. Il target allora era solo quello Tv, non segmentato, mentre prima e ora si parla di multitarget, sicuramente da ascoltare: “Noi non siamo l’arte del parlare, bensì dell’ascoltare” dicono gli Americani. Anche la marca cambia: se negli Ottanta era “affettiva”, caricata di valori emozionali, oggi è una marca “totale”, sostenuta da 4 pilastri, performance, portfolio, alleanze, reputazione, che combatte a diversi livelli, recuperando i sistemi comunicativi di una volta, dai “movie shop”, camioncini che ricordano l’arrotino o il venditore itinerante nei paesi, all’esperienza del social web, all’incontro fisico, con una persona, che fa l’ “apostolo”-. Grimaldello declinabile Il confronto continua. Allora primeggiava il mondo dello spettacolo,

ora vale l’idea. Allora c’era la supremazia del trattamento della parte estetica, che dimentica i concetti; oggi bisogna trovare un grimaldello declinabile nei vari tempi. Il claim era “wrapup”, non si ricordava, perchè finiva con il film, la storia del regista, che contava più del creativo. Adesso il claim è la missione. Come negli anni ‘60/70, è l’idea, luogo fisico, sia concettuale che formale, della marca. -Dobbiamo brandizzare il brand. -Afferma Marco Lombardi. -Ciò che conta è l’approccio diverso, un “ritorno al futuro”: l’idea è il concept, non la storia. Un’idea così forte da accompagnare ogni strumento in cui viene declinata, dal tea party al camioncino alla TV. E l’idea può venire da chiunque. Posso andare sul web, dove tutti partecipano: esistono siti, che offrono a chiunque la possibilità di dare un contributo, come ha fatto Upim, e l’intelligenza della folla è usata per creare un’idea, ma non c’è nessuno a garantire.

no2 - 2010 - dm&c

11


Comunicazione Il primo libro del progetto “La strategia in pubblicità” nasce con il fine d’offrire ai giovani, già avviati alla professione o ancora all’università, una guida sulle tecniche multimediali in campo pubblicitario, colmando così il vuoto in questo campo. I temi che abbraccia sono molteplici, per rispondere alla domanda “come si fa oggi comunicazione” e dare significato all’evoluzione della pubblicità, mostrando come si sono strutturati i percorsi nel tempo e quali sono oggi le alternative disponibili. Questo libro è il primo del progetto, che si completerà in autunno con “La creatività in pubblicità”. E’ un sistema da vedere in prospettiva. Se è vero che oggi la complessità è tale per cui non ci si può occupare di pubblicità in modo indifferenziato, allora non si può non avere una conoscenza specifica. La scrittura di un marchio significa caratterizzare quel marchio-. Percorso armonico Il percorso dev’essere armonico e multinarrativo ed evolversi senza tradire il profilo genetico del brand, ma molte aziende si rifiutano di applicare il nuovo modello, perchè significa affrontare una realtà sconosciuta e complessa. Negli scenari della creatività non c’è nulla che venga dall’Italia, mentre spiccano Israele, Inghilterra, Francia. L’Italia non produce più, sta perdendo energia e va avanti per inerzia. Tra le varie cause di attrito: la non chiarezza del sistema economico, l’incapacità di molti manager di

12 w - n 3 - 2010 o

capire l’esigenza di formare, un’offerta digitale basata su sensazionalismo e tecnologia, i giovani che entrano nel digitale senza essere stati educati alla ricerca dell’idea. -Le agenzie digitali ti presentano tecniche, ma non idee. -Continua Lombardi. -Il tecnicismo è così di moda e cambia così in fretta! All’offerta conviene usarlo con un po’ di mistero, ma è basato sul nulla, perchè il difficile è trovare l’idea. E la domanda non è ancora pronta, le aziende non hanno voglia di pagare il giusto prezzo e l’expertise. Le idee vengono da ciò che è “below the line”. Il digitale sta aprendo le strade ai giovani, legittima il loro ingresso. Nelle nostre unità digitali specializzate io rivedo gli anni ‘60/70: giovani arrabbiati, che ascoltano e si fanno imprenditori, ma stanno ancora imparando. Le agenzie di comunicazione vanno rinnovate, portando nel digitale gli stessi livelli della TV. Allora ci sarà equilibrio. Ci vogliono un’offerta intelligente e una domanda aperta e che capisca-.


Comunicazione Rick Ray

Una storia può portare un grande contributo a una campagna. Infatti le storie catturano gli ascoltatori e i lettori più di qualsiasi altra cosa

Ovvero, quando il gioco si fa duro, i duri fanno una brand story

The economics of storytelling - Quando si lavora in pubblicità o nelle pubbliche relazioni, nel marketing diretto o nel new media, è probabile che già si conosca il valore che una storia può portare a una campagna. Le storie catturano gli ascoltatori e i lettori più di qualsiasi altra cosa e rendono i messaggi più duraturi e memorabili. Quello che forse tutti non apprezzano fino in fondo, però, è il valore che le storie possono dare alle marche stesse. Se una storia funziona per una singola campagna, immaginate quanto valore aggiunto può portare a tutte le attività che supportano il brand.

squadra, moltiplicando il ritorno degli investimenti di comunicazione e di marketing. Non è mai stato così cruciale, specie in tempi duri come questi, vivere e lavorare rispettando questo principio. Ecco un esempio supportato da recenti risultati di business. Quando London & Continental Railways ha finalmente completato i binari che collegano Londra, Bruxelles e Parigi, nel 2007 e ha poi trasferito i servizi Eurostar nella rinnovata stazione di St. Pancras, ha investito molti miliardi di euro nell’interesse di molteplici stakeholder.

Il primo principio

Incontriamoci a St. Pancras

Questo è il primo principio di brandstory economics. Se il vostro brand ha una storia ben definita – chiamiamola strategia con un volto umano – ogni singola attività del brand potrebbe catturare i suoi stakeholder nello stesso modo. E tutti i rappresentanti della marca, il marketing, le vendite, l’agenzia diventano storyteller, tutti nella stessa

Abbiamo posizionato St. Pancras come “Europe’s Destination Station” con una brand story intitolata “Incontriamoci a St. Pancras” e tutte le attività del brand, le sue agenzie e i suoi stakeholder si sono agganciati a questa storia. Le previsioni di crescita delle entrate erano molto prudenti. Eurostar, invece, ha registrato una crescita di più

no3 - 2010 - dm&c

13


Comunicazione

del 25% nei primi sei mesi dell’anno rispetto all’anno precedente. Tutto bene, certo, ma, e questo è ancora più interessante per gli studenti di economia, nel secondo anno – l’anno del fallimento di Lehman Brothers per intenderci – i profitti dei suoi 55 negozi, bar e ristoranti sono cresciuti più del 20%, in barba alla recessione. Il secondo principio Il secondo principio di brandstory economics è che niente esporta meglio oltre i confini internazionali di una buona brand story. Purtroppo, ci sono ancora troppi specialisti di marketing molto tradizionali, a cui non piace l’idea di importare storie da lontano (a meno che non siano loro stessi a esportarle). Quando brandstory italia ha aperto a Milano, un noto pubblicitario vecchio stile, che avrebbe dovuto capire meglio, ha espresso forti dubbi sul fatto che gli uomini di marketing italiani avrebbero apprezzato l’approccio di raccontare le storie, fino a quando gli è stato ricordato di un famoso narratore (e esportatore) italiano, un certo Dante. Una domanda

14 w - n 3 - 2010 o

A questo punto potrebbe sorgere spontanea una domanda, cosa hanno in comune brand come Castelli, Levoni e New Holland? Mobili per ufficio, salumi e strumenti agricoli. Tre brand molto diversi in tre settori molto lontani fra di loro. Tutti, però, con un forte patrimonio italiano, e tutti con una storia da raccontare per guidare le loro attività di marketing, anche oltre i confini nazionali. Castelli oggi fa parte di Haworth, un leader americano in workspace solutions, ma ha mantenuto tutta la sua integrità di brand perché le sue radici nel design italiano si legano benissimo alla storia Haworth, la storia dello “spazio di lavoro organico”.

Storia che nasce dal concetto di “design da dentro” come troverete nel loro sito, da Bologna a Shanghai e al palazzo più alto dell’Asia. I salumi Levoni sono fatti oggi come sempre, con carni di maiali lombardi di qualità eccelsa e seguendo gli standard di lavorazione più esigenti, quelli della famiglia Levoni. Per la famiglia accettare compromessi su questi standard sarebbe come se ai maiali crescessero le ali. Ed è così che la brand story Levoni spiega l’inaspettato simbolo che trovate su ogni prodotto. Una storia curiosa Una storia curiosa e intrigante, raccontata da ammiratori di lingua inglese di un cibo con l’anima assolutamente italiana (e forse un modo per capire come mai l’ex capo dell’esportazione è stato promosso a responsabile dell’intero business). New Holland Agriculture è molto più di un nome sulla maglia della Juventus. E’ una realtà aziendale che dà lavoro a oltre 30,000 addetti nel mondo e vende macchine agricole in più di 90 paesi. Nata da una serie di acquisizioni internazionali del Gruppo Fiat, le diverse società sono state riunite sotto un solo marchio ma, fino a non molto tempo fa, non si sentiva l’esigenza di raccontare una storia capace di unificare le diverse componenti dell’azienda. La sua brand story prende spunto dal fatto che i diversi fondatori delle diverse aziende erano tutti dei veri pionieri nel loro settore e avevano una grande visione in comune: rendere il lavoro agricolo più facile e, quindi, più produttivo. Ora New Holland può raccogliere i frutti di una brand story ovunque sia presente nel mondo. Il terzo principio Quest’ultima storia ci porta al terzo principio di brandstory economics.


Se non c’è una forte condivisione della brand story all’interno dell’azienda non si potranno mai raccogliere appieno i benefici di investimenti esterni, a prescindere da quanto una campagna pubblicitaria possa essere convincente. Per questo motivo brandstory dedica così tanto tempo a riunioni interne, raccontando la storia a tutti i dipendenti dell’azienda, molto prima che questa venga condivisa con le agenzie di pubblicità, di design, di marketing diretto e di relazioni pubbliche. Un cliente negli Stati Uniti chiama queste riunioni “back yard barbecues”, un altro in Inglilterra “ambassador workshops”, ma qualunque nome venga utilizzato queste riunioni di condivisione sono da ritenersi fondamentali. Riescono a creare un effetto ondulatorio che supera geometricamente i risultati delle “relaunch conference” di antica memoria. Da impiegati a missionari Perché i partecipanti a questi incontri passano da impiegati a storyteller, da stakeholder a missionari. Dopo uno di questi incontri, con Conad – il nostro supermercato preferito – in cui abbiamo condiviso una storia in celebrazione delle loro varietà di provenienza, un manager responsabile per le marche commercia-

li ha confessato: “E’ da più di due anni che sto lavorando 15 ore al giorno, 6 giorni alla settimana, ma questa è la prima volta che mi sono reso conto davvero per chi sto lavorando, e perché.” Un brand che può mettere in campo una squadra così credente e un brand con un vantaggio competitivo considerevole. Raccontare la storia giusta Questa è l’economia di storytelling: raccontare la storia giusta può realmente migliorare il ritorno degli investimenti pubblicitari anche oltre i confini nazionali e motivare con più forza tutti gli stakeholder. Raccontare le brand story è la nostra professione. Siamo specialisti, e non siamo in concorrenza con le agenzie di comunicazione di marketing. Anzi, il nostro lavoro è assolutamente complementare e vuole dare una mano alle agenzie a sviluppare meglio le proprie campagne e trarne i dovuti benefici. Benefici preziosi specialmente di questi tempi. Perché quando il gioco si fa duro, i duri fanno una brand story.

RICK RAY Consulente di Strategia del Brand Nato e cresciuto a Chicago, con il suo MBA in Marketing Management dalla Kellogg School of Management, Rick è un ex-Account Manager / Strategic Planner / e Coordinatore Europeo per un importante gruppo multinazionale di comunicazione di marketing. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti, in Francia, in Belgio e in Italia e ha lavorato / viaggiato molto attraverso tutta l’Europa, il Middle East e l’Asia. Come ex-CEO in Italia, Rick ha collaborato a livello strategico con molte delle aziende brand-oriented più famose nel mondo: da Procter & Gamble a Microsoft; da Knorr a Sony; da Philips al Gruppo Fiat; da Gillette a Sergio Tacchini; ecc. La sua profonda e pratica esperienza di brand-building in Europa e in America l’ha ben preparato per la sua attuale attività professionale come Managing Partner di brandstory in Italia, un consulente “leading edge” di brand strategy in Europa… “perché la gente preferisce i brand, con una storia.” Oggi brandstory lavora con un elenco ristretto di cliente B2C e B2B in Italia, in Europa, negli Stati Uniti e in Asia, mostrando che l’approccio brandstory è davvero sans frontières.


Marketing Ugo D. Perugini

La meritocrazia, soffocata tra competitività e competenza, potrebbe esprimersi in modo vincente attraverso la responsabilità...

Per migliorare la qualità dei servizi

L’importanza della competenza sociale - Se c’è un termine su cui sembra si sia raggiunta l’unanimità nel nostro Paese questo è “meritocrazia”. I responsabili delle istituzioni lo considerano uno strumento indispensabile per migliorare la qualità dei servizi. Gli imprenditori sono convinti che occorra puntare su di essa per ottenere una crescita che ci porti fuori dalla crisi. I partiti politici, di destra e sinistra indifferentemente, concordano sul fatto che finalmente vada applicata per riconoscere e premiare le qualità professionali più genuine, superando ingiustizie o favoritismi. Naturalmente, a un esame più approfondito si scopre che il termine ormai è diventato ambiguo e si è caricato di numerose contraddizioni. Un passo indietro

16 dm&c - n 3 - 2010 o

Forse, sarebbe il caso, a questo punto, di fare un passo indietro e richiamare alla mente le definizioni più appropriate che studiosi di economia e sociologia hanno attribuito a questo termine.

Per Amartya Sen in cima al principio di meritocrazia c’è la capacità di conciliare libertà e conoscenza. La “capability” di Sen non comporta solo mobilità professionale e sociale, ma rappresenta l’opportunità di costruire nella persona le condizioni per realizzare se stessa, “governando” il proprio lavoro. Concetto espresso con forza anche da Martha Nussbaum per la quale il principio della capacità individuale della persona va intesa come fine, per farla diventare unico arbitro dei propri bisogni e non mero numero di un ragionamento statistico. Competenza e competitività Se vogliamo affrontare concretamente il concetto di meritocrazia, dobbiamo anche soffermarci su due termini che nella realtà delle nostre aziende lo condizionano in modo pesante: competenza e competitività e riflettere se e in quale modo è possibile conciliare questi due aspetti del lavoro. Secondo le opinioni correnti la risposta è negativa. Quando in un’impre-


sa prevale lo stile competitivo non è detto che venga valorizzata la competenza e la professionalità. Analizziamo da vicino alcuni punti. La competitività tendenzialmente produce livelli elevati di ansia e tensione. E’ quello che in genere si chiama stress organizzativo che può essere positivo (eustress) quando l’energia è ben utilizzata e ciò permette una maggiore sintonia dell’individuo con l’ambiente. O negativo (distress) quando si crea vero e proprio disagio organizzativo che impedisce sistematicamente il raggiungimento degli obiettivi aziendali e arriva a incrinare la salute psico-fisica delle persone coinvolte. Tanto da provocare in queste ultime reazioni per spingerle a farvi fronte attraverso un insieme di risposte funzionali (chiamate strategie di coping organizzativo). Altro problema Altro aspetto problematico della competitività è che orienta l’individuo al superamento dell’altro, cercando di aumentare le proprie abilità nel competere, anche ricorrendo in certi casi a mezzi non corretti e, nei casi estremi, perdendo di vista la finalità del proprio intervento. Analizzando gli effetti della competitività sul fronte psicologico ci rendiamo conto che questo modo di operare lega la stima di se stessi esclusivamente al raggiungimento dei risultati, dimostrando di essere migliori di qualcun altro con conseguenze inevitabili a livello emotivo e relazionale. Lo stile competitivo, in sintesi, produce effetti negativi nel rapporto con le persone proprio perché possono esserci solo vincitori o sconfitti. Competenza sociale Quali conclusioni trarre da queste considerazioni? Per ottenere il successo personale e professionale nell’ambito di un’azienda che ab-

bia un forte stile competitivo appare fondamentale non solo l’abilità tecnica ma anche e soprattutto la competenza sociale. E’ risaputo che a parità di Q.I. (quoziente d’intelligenza) i risultati scolasticamente migliori vengono raggiunti proprio da coloro che possiedono migliori abilità sociali. Sulla competenza sociale si è scritto molto. Uno tra gli autori più divulgativi è Daniel Goleman, che nel suo saggio “Lavorare con intelligenza emotiva” definisce la competenza sociale come il modo in cui gestiamo le relazioni con gli altri, riconoscendo che essa comporta sia la consapevolezza dei sentimenti, delle esigenze e degli interessi altrui sia l’abilità di indurre negli altri risposte desiderabili. Responsabilità sociale Lasciatemi finire andando un po’ oltre e dicendo che la competenza sociale è molto vicina al concetto di responsabilità sociale che, in estrema sintesi, riguarda qualsiasi azione tendente a migliorare il benessere di una persona o di un gruppo di persone, senza che vi siano pressioni esterne, quali la promessa di una ricompensa o la minaccia di una punizione, o obblighi dovuti al proprio ruolo. Ma qui si rischia di finire nel campo dell’utopia e allora è bene fermarsi…

no3 - 2010 - dm&c

17


Comunicazione Ivonne Porto *

“Non si può risolvere un problema con lo stesso modo di pensare che ha provocato il problema”. (Albert Einstein)

Per una soluzione diversa e innovativa bisogna stravolgere il ragionamento

Il pensiero creativo * Consulente aziendale ivonne.porto@libero.it

- Che cosa vuol dire pensare? Il vocabolario della lingua italiana riporta le seguenti definizioni: possedere e utilizzare precise facoltà mentali e razionali, riflettere attentamente, ragionare in base a determinati criteri, considerare ed esaminare. In realtà, Edward de Bono, scrittore maltese, considerato la massima autorità nel campo del pensiero creativo e dei meccanismi della mente, afferma che se si affronta un problema solo con il metodo razionale della mente, si ottengono dei risultati concreti, ma limitati dalla rigidità dei modelli logici tradizionali. Quando una soluzione deve essere diversa ed innovativa, cioè che contribuisca ad un reale step evolutivo, si deve stravolgere il ragionamento. La difficoltà del pensiero

18 dm&c - n 3 - 2010 o

Pensare è la massima risorsa dell’uomo, una delle conquiste più recenti dal punto di vista biologico, una facoltà ancora giovane. La maggiore difficoltà che si incontra nel pensare è la confusione. Emozioni, informazioni, logica,

aspettative e creatività si mescolano fra loro offuscando la chiara visione delle cose e rallentando i processi decisionali. Anche le menti migliori possono rimanere intrappolate in un pensiero negativo, in una routine, in una reattività quotidiana. Il metodo Lo studioso, insegna a dividere i vari tipi di pensiero e portarli a termine separatamente attraverso una tecnica che è stata adottata dalle più grandi aziende ed educatori del mondo. Può essere utilizzata ad esempio nelle riunioni, dove di solito si perde molto tempo in discussioni inutili invece di trovare soluzioni alternative. Il metodo consiste nell’indossare a turno, metaforicamente, sei cappelli di colore diverso, che corrispondono a sei modi di pensare e di conseguenza a differenti approcci al problema di riferimento. Perché il cappello? Perché questo accessorio ha spesso un significato simbolico, anche se oggi è una rarità, specialmente per gli uomini, tende a


definire un ruolo specifico, come ad esempio nelle uniformi, si può togliere ed indossare con estrema semplicità. Sei cappelli per pensare, risolvere e creare Il capello bianco corrisponde all’obiettività, alla logica, all’analisi. È la fase della ricerca dei dati, precise risposte a precise domande, informazioni controllate. I fatti vanno comunicati senza un’interpretazione personale, con imparzialità e concretezza. Il cappello rosso è l’opposto di quello bianco. Va indossato per esternare le proprie emozioni come: paura, rabbia, gioia, invidia ecc., ma anche per esprimere percezioni iniziali o giudizi di valore, è indispensabile renderli visibili per non esserne influenzati. In questo cappello rientrano anche le intuizioni che a differenza delle emozioni sono, nella maggioranza dei casi, opinioni complesse basate sull’esperienza e sulla competenza acquisita. Sembra che scienziati, strateghi e imprenditori di successo siano dotati di questa capacità di sentire le situazioni. Nella nostra cultura è opinione comune credere che le emozioni ostacolino il pensiero, invece decidere è quasi sempre una questione emotiva. Il cappello nero è il giudizio critico, il punto di vista pessimistico, l’analisi delle problematiche e dei rischi. Valuta i motivi per cui un’idea potrebbe non funzionare, le ragioni per cui una cosa è destinata a fallire, le proposte vengono messe alla prova. A differenza di quello rosso, esprime sì un pensiero negativo, ma logico, pertinente, razionale e non emotivo. Risponde alle seguenti domande: la premessa è valida e fondata? La conseguenza è corretta? Che cosa potrebbe accadere? Il cappello giallo prende in consi-

derazione gli aspetti positivi di una questione, i vantaggi. Non rappresenta l’ottimismo insensato, ma un atteggiamento costruttivo e propositivo. Anticipa le situazioni, individua i possibili guadagni e benefici, esplora in varie direzioni, individua l’ipotesi più vantaggiosa. Il cappello verde libera la creatività, rappresenta le nuove idee, concetti e percezioni, è l’orientamento verso il cambiamento. La creatività serve quando ogni altro sforzo è risultato inutile e quando si percepisce la necessità di un metodo più semplice e migliore per far funzionare le cose. Prende in considerazione anche le idee illogiche, più si dedica tempo alla ricerca di alternative più aumenteranno le possibilità di trovarne. Il cappello blu è l’organizzatore di tutti gli altri pensieri, il moderatore e il programmatore. Definisce il problema, stabilisce gli obiettivi, osserva, riassume e sintetizza i contenuti del discorso, formula le domande, appiana le controversie, delinea il quadro complessivo e orienta all’azione. Una tecnica da sperimentare Decidere di sperimentare questa tecnica vuol dire fare il primo passo verso una forma di pensiero attivo, d’azione, consapevole, basato sulla flessibilità … un pensiero totalmente creativo. Lettura consigliata: Sei cappelli per pensare di Edward de Bono

no3 - 2010 - dm&c

19


Marketing Axel Lo Guzzo

Per quale ragione un’azienda con un sito web dovrebbe scegliere di creare un programma di affiliazione? Molti sono i vantaggi diretti e indiretti Collegamenti tra siti web

Affiliazione: strumento di marketing ax.loguzzo@gmail.com

- I motivi alla base della decisione di iniziare un “affiliation program” possono essere diversi e rientrare in strategie di marketing anch’esse non sempre immediatamente individuabili a priori. Il concetto di “affiliazione” è molto semplice; immaginate di avere un sito web e di inserire un link al sito di un’azienda che vende prodotti e servizi sul web. Voi mandate visitatori al sito di quell’azienda, se comprano, l’azienda vi paga una commissione. Fin qui nulla di nuovo; in pratica un “programma di affiliazione” serve a creare e gestire una rete di vendita in cui gli affiliati sono i “classici” agenti di commercio. Aspetto innovativo

20 dm&c - n 3 - 2010 o

L’aspetto veramente innovativo è che il web consente di ridurre drasticamente i tempi necessari per costruire la rete di vendita e di controllare in tempo reale i risultati della rete vendita a un costo veramente contenuto. Allestendo un programma di “affilia-

tion marketing”, l’azienda punta innanzitutto a creare un network di siti sui quali esporre il proprio marchio e, soprattutto, sui quali pubblicizzare i propri prodotti. Consapevolezza di un marchio Da questo punto di vista dunque, il primo obiettivo per un’impresa è di aumentare la cosiddetta “brand awareness”, in altre parole la consapevolezza di un marchio da parte dei consumatori e con la creazione del traffico sul sito, l’acquisizione di nuovi clienti fidelizzando, quelli già esistenti. E, non per ultimo, grazie a sistemi di misurazione dei risultati analizzare le vendite effettive (nel caso si tratti di un sito e-commerce), oppure (se sono in gioco obiettivi di branding o promozione di prodotti), qualità e tipo di feedback dagli utenti finali. Modelli di affiliazione sono in costante evoluzione, ma si possono comunque fissare alcuni punti di riferimento che spingono le aziende ad attuarli. Disponendo anche di soli 100 affiliati


motivati in un “affiliation marketing program”, cioè collaboratori preparati e di successo nel promuovere i servizi di un affiliante, si avrebbe lo stesso valore nell’avere 100 venditori in gamba per un’azienda tradizionale con la retribuzione legata esclusivamente al risultato ottenuto. Diversi strumenti Sulla base del risultato concordato per il pagamento della commissione, si possono individuare diversi strumenti; “Pay per click” quando si paga per il traffico ricevuto; “Pay per action”, quando si paga per una determinata azione compiuta dai visitatori (registrazione newsletter, iscrizione a un servizio, download di documenti, etc...); “Pay per lead”, quando si paga per l’acquisizione di nominativi; “Pay per sale” quando si paga una percentuale o commissione fissa per le vendite generate o in fine a tipo “misto” quando si predilige una combinazione basata sui diversi modelli. Grazie al successo delle strategie di affiliazione sono nate, in seguito, agenzie specializzate di “affiliate solution provider”; consulenti che gestiscono in outsourcing le procedure di affiliazione per conto dei siti loro clienti accelerando i processi e semplificando la ricerca dei partner più “appetibili”. Queste agenzie di solito hanno già un database di potenziali affiliati e possono impostare piani di promozione incrociata. L’aspetto positivo è che rivolgendosi in outsourcing a un’agenzia si ottimizzano tempi e i risultati.

te attenti. Molti affiliati potrebbero, infatti, indurre in errore o falsificare la pubblicità, al fine di ottenere la commissione di vendita. L’affiliato potrebbe, infatti, fare promesse in merito al prodotto che sono completamente sbagliate o esagerate. Se questo accadesse, l’affiliato di solito riceve delle denunce e potenzialmente la perdita di clienti. Altro caso riscontrabile potrebbe essere legato all’azienda promotrice che in fase di start up promette commissioni elevate ai suoi potenziali affiliati per poi in un secondo momento abbassare il tasso di commissione dopo averli acquisiti. Infine, e non per questo meno importante, aziende disoneste potrebbero chiudere il loro programma, magari senza dirlo all’affiliato e senza pagare loro la commissione dovuta, o ancor più grave, la possibilità che il link dell’affiliante sia deviato al fine di impossessarsi della commissione che l’affiliato pensa di ricevere.

È fondamentale aumentare la brand awareness di una impresa e rafforzare la fidelizzazione dei clienti

Occhio agli svantaggi Alcuni svantaggi però sono presenti e ad essi bisogna stare particolarmen-

Reti invisibili Quella dell’affiliazione è una delle migliori forme di marketing a disposizione su Internet oggi; la vera sfida per il marketing è creare ciò che si definiscono delle “reti invisibili” di affiliazione: instaurare un network di siti affini senza pagare ingenti commissioni di affiliazione. Questi sono i veri, forti motivi che spingono le aziende a investire in programmi di affiliazione, scegliendo una strategia che non sia troppo costosa e potenzialmente molto redditizia, la cui implementazione però, è meno banale di quanto possa all’apparenza sembrare.

no3 - 2010 - dm&c

21


Marketing Mario Silvano *

Il team: un piccolo gruppo di persone dotate di capacità complementari con in comune un fine e un complesso di obiettivi di performance “S.T.C. - Sales Team Coaching”. I 7 Pilastri

L’approccio formativo * Mario Silvano è unanimemente considerato il più importante tra i formatori e i consulenti italiani di manager nell’area vendite

Conoscere i parametri di vendita.

Rilevamento Risultati Finali Obiettivi Raggiunti.

7 (Dal libro “Come ottenere il massimo dalle vendite” - Editore Franco Angeli - Milano, 2005)

Confrontazione Con Partner. (2 Volte)

6

Autovalutazione. 100 Domande (Consapevolezza)

1

2

Metodo sales team coaching

3

Piano di Azione (Responsabilizzazione)

di Mario Silvano 5

Assistenza via mail a distanza.

4 Azione Sul Campo. (Applicazione Del Piano Di Azione) 20 Autovalutazioni Su 20 Trattative (2 Volte 30 Gg.)

Per un piccolo gruppo di Venditori, il Team Coaching. “È costituito da un piccolo gruppo di persone dotate di capacità complementari con in comune un fine e un complesso di obiettivi di performance. I componenti si impegnano alla collaborazione reciproca, tesa al raggiungimento degli obiettivi. Ognuno si considera pienamente responsabile (Abile a rispondere)” (John R. Katzenbach) 22 dm&c - n 3 - 2010 o


1) Gestione Del Territorio (Gestione Della Clientela Attiva O Anche Ricerca Nuovi Clienti E Attivazione Dei Clienti Inattivi). 2) Programmazione E Organizzazione Dell’attività Di Vendita (Gestione Del Tempo, Fissazione Degli Obiettivi, Piani Di Azione Su Obiettivi Temporali, Di Visita, Per Cliente E Valutazione Dei Risultati). 3) Il Piano Della Visita (Prima Dell’approccio). Quale Strategia? Quale Obiettivo? Quali Domande? Quali Ostacoli? Quale La Concorrenza? 4) L’approccio Con Il Cliente (Chi Domanda, GuiDa). Quali Domande? Parlare Di Lui? Come Ottenere Un Clima Positivo. La Strategia Con Il Nuovo Cliente. 5) L’analisi Dei Fabbisogni Del Cliente (L’analisi Delle Motivazioni Del Cliente). Quali Domande? Fabbisogni E/O Desideri. Problemi E/O Obiettivi? 6) La Proposta. La Soluzione. Riepilogo Delle Esigenze. La Soluzione

(Unica) Proposta. I Vantaggi Per Il Cliente. 7) Superamento Delle Obiezioni E Delle Resistenze. Ascolto Attivo. Quali Vantaggi? Cosa Mi Sta Chiedendo? Meglio Rispondere Che Confutare. 8) La Conclusione Della Trattativa (L’accelerazione Della Decisione). Sintesi Dei Vantaggi. Quando? L’ottenimento Di Segnalazioni (Referal). 9) Il Post-Vendita. Fidelizzazione Programmata. Nuove Opportunità Di Assistenza. 10) Automonitoraggio. Confronto: Previsioni - Obiettivi Risultati Ottenuti - Aree Di Miglioramento.


Motivazione Fabrizia Vania Calzavara *

Anche chi opera nel campo della motivazione, organizzando incentive, ha bisogno di riferimenti sicuri nell’ambito di un sistema affidabile

Alcune considerazioni dopo Eyjafjallajokull

Motiviamo anche i motivatori! * Managing Director di Heading South s.r.l. www.headingsouth.it President Elect V.P. Education

24 dm&c - n 3 - 2010 o

- Eyjafjallajokull . Il vulcano islandese è diventato l’argomento del giorno . Un nome così impronunciabile per noi, quanto indescrivibili sono le conseguenze della sua attività. Abbiamo ancora una volta sperimentato l’impotenza dei nostri sistemi tecnologici, l’inconsistenza delle previsioni e dei programmi elaborati secondo le nostre certezze, di fronte alla potenza immensa di un fenomeno naturale che per una volta tanto non dipende dall’ uso poco attento che quotidianamente facciamo delle risorse del pianeta . Siamo un sistema fragilissimo che deve convivere con problemi talvolta più grandi di noi. Tutti abbiamo visto ed anche sperimentato, anche la sottoscritta, i disagi e le difficoltà di lavorare in una situazione così limitante e difficile. Il nostro lavoro e le nostre organizzazioni sono state messe a dura prova da questa situazione che purtroppo ci fa capire ancora una volta la precarietà in cui dobbiamo operare ed agire . Ma non è di questo eccezionale fenomeno che desidero parlare anche

perché, bene o male, dobbiamo e dovremo convivere con tutto ciò che fa parte di questo meraviglioso pianeta Vorrei invece parlare di coloro che operando nel nostro settore nonostante tutto si ostinano a non capire e non apprendono nulla dalle esperienze che viviamo. Differenti sensibilità Del resto abbiamo differenti sensibilità e non possiamo pretendere che un problema di tutti venga anche condiviso equamente ci mancherebbe…. E qui entriamo nel concetto di sistema. Conosciutissimo nel totocalcio ed in tutti i giochi più o meno famosi del nostro tempo , sembra essere poco praticato quando si parla di economia, di lavoro di vita; anche nel nostro campo di organizzatori di eventi motivazionali. Sistema nella sua accezione più generica, è un insieme di entità connesse tra di loro tramite reciproche relazioni visibili o definite dal suo osservatore; così dice Wikipedia lo “Zingarelli” degli internauti.


Caratteristica del sistema è l’organizzazione e l’equilibrio dei suoi componenti cosa che lo rende stabile e capace di assolvere alle funzioni per cui è nato. Anche noi operatori dell’Incentive facciamo parte di un sistema con tutti i soggetti della filiera e come sistema dovremmo essere stabili e capaci di assolvere le funzioni per cui siamo nati come dice la definizione. Peccato che alcuni elementi si sentano parte di un sistema quando tutto va bene e si defilano quando sorgono i problemi. Il capo cosparso di cenere In questa particolare situazione in cui le ceneri vulcaniche cospargono il capo di tutti senza eccezione alcuna, ho avuto modo di sperimentare un atteggiamento poco in linea con quanto auspicato più sopra da parte di alcuni fornitori che hanno tentato di scaricare oneri e responsabilità su altri, in specie intermediari ed organizzatori, immaginando di non dover essere minimamente coinvolti anche loro in egual misura. Un gioco poco edificante che fa capire quanto poco futuro potrebbe esserci davanti a noi. Un gioco che rischia di farci perdere quella motivazione che, noi che motiviamo, dovremmo avere sempre al cento percento E’ necessaria una inversione di tendenza che ci riporti a collaborare nel vero senso del termine . Se esiste un problema che coinvolge tutti è giusto che tutti se ne prendano carico per la parte che compete, senza cercare di scaricare sugli anelli più deboli i problemi più pesanti. Durante questa emergenza ho avuto modo di constatare personalmente le

difficoltà di collaborazione tra i vari componenti del nostro sistema. Se da parte di alcuni soggetti, come le compagnie aeree, c’è stata disponibilità e flessibilità nel risolvere l’emergenza nonostante le pesanti perdite finanziarie, da parte di qualche Hotel abbiamo dovuto sottostare a condizioni e trattamenti penalizzanti per noi e per i nostri Clienti. Forza maggiore Forti del fatto che nei contratti siglati non si citava la clausola della “Force Majeure” alcuni hanno dimostrato una scarsa sensibilità ed una collaborazione limitata. Del resto ogni emergenza fa affiorare i limiti, i problemi, il peggio (ma anche il meglio) di ognuno di noi. In questo caso abbiamo assistito ad una varietà di comportamenti tra il responsabile, il superficiale ed il poco sensibile. Certo d’ ora in poi i contratti che sigleremo con i nostri Fornitori includeranno sicuramente la clausola “Force Majeure,” presente già da tempo nei contratti americani, ma questo non risolve il problema etico. Che sistema vogliamo costruire? Lo verificheremo alla prossima eruzione?

no3 - 2010 - dm&c

25


Comunicazione Emiliano Ricci *

“La comunicazione è parte integrante del processo di costruzione del fatto scientifico.” (Gustavo Guizzardi) Scienziati e comunicazione scientifica: un rapporto in evoluzione

Il marketing della scienza * Giornalista scientifico

- La scienza e il progresso scientifico e tecnologico trovano il loro fondamento non solo nel lavoro di ricerca, ma anche nella comunicazione, ovvero nella capacità degli scienziati di comunicare i risultati del loro lavoro (fra parentesi, da questa loro capacità di comunicare dipende anche in massima parte la loro carriera accademica). Solo a questa condizione è infatti possibile l’avanzamento delle conoscenze scientifiche. Non sempre questo fatto è stato ben riconosciuto dagli stessi scienziati. Ampio dibattito

26 dm&c - n 3 - 2010 o

Tuttora esiste in seno alla comunità scientifica un ampio dibattito sulla necessità o meno di diffondere i risultati delle scoperte scientifiche, su quali siano i modi e i tempi più opportuni per farlo, su che cosa si debba raccontare e si possa omettere. Questo dibattito, molto vivace, ha dato nel corso degli ultimi anni interessanti risultati, per esempio sul tema del libero accesso alle informazioni scientifiche, mettendo in

discussione tutto il processo di valutazione e pubblicazione dei risultati delle ricerche. E su questo specifico tema, occorre dire che proprio le nuove tecnologie per l’informazione e la comunicazione (TIC), e il Web in particolare, hanno contribuito in maniera significativa, fornendo proprio lo strumento di diffusione capillare e a basso costo che fino ad appena quindici anni fa mancava. Processo evolutivo Da questo processo evolutivo che ha coinvolto la scienza nel suo rapporto con la società non si è potuta naturalmente sottrarre la comunicazione scientifica, che da sorta di “comunicazione interna” di carattere specialistico nell’ambito delle comunità scientifiche, è diventata “comunicazione pubblica” a tutti gli effetti. Il pubblico di riferimento della comunicazione scientifica non è più (solo) il collega scienziato. Nell’era accademica della scienza questo poteva accadere perché le decisioni rilevanti per il lavoro dei


ricercatori venivano prese nell’ambito della stessa comunità scientifica, ragione per cui la comunicazione scientifica rilevante – ovvero quella ritenuta significativa come strumento di supporto alle decisioni – si manifestava tutta all’interno della comunità scientifica. In altre parole, la comunicazione rilevante era la comunicazione tra esperti. Pubblici diversi Nell’era post-accademica della scienza, invece, la comunità scientifica si trova costretta a confrontarsi con pubblici diversi e diversificati, tutti in qualche misura coinvolti nei processi decisionali che si sviluppano nell’ambito del discorso scientifico. Così, quella che abbiamo definito comunicazione rilevante non può più manifestarsi solo ed esclusivamente in seno alla comunità scientifica, perché diventa rilevante e significativa anche – se non soprattutto – la comunicazione verso gli altri pubblici costituiti dai vari gruppi sociali e, in particolare, verso la società intera. Comunicazione sociale Per esempio, un tipo di comunicazione scientifica rilevante è rappresentata dalla comunicazione sociale, quella cioè che vede primariamente coinvolti i gruppi sociali, le parti sociali, le organizzazioni della società civile e i molti attori a vario titolo interessati a determinati settori di ricerca (per esempio, le associazioni di malati cronici o le associazioni imprenditoriali). La comunicazione sociale non riguarda solo la produzione di consenso sui contenuti dell’attività scientifica, ma ha forti impatti anche sull’avanzamento della ricerca, implicando quello scambio di conoscenze tra diversi attori sociali che rendono possibile una contestualizzazione del

sapere scientifico. In questo senso, la comunicazione sociale precede e facilita il trasferimento di tecnologia, in quanto interviene prima che le traiettorie di ricerca si solidifichino in tecnologie specifiche. Questa componente appare dominante, per esempio, nei consorzi di ricerca che coinvolgono università e imprese. Comunicazione politica Un altro tipo di comunicazione scientifica orientata e particolarmente rilevante è la comunicazione politica, che naturalmente riguarda le relazioni tra comunità scientifica e società politica, vale a dire tutti quei soggetti (istituzioni politiche, amministrazioni pubbliche, organizzazioni politiche, movimenti politici ecc.)

no3 - 2010 - dm&c

27


Comunicazione

petenza. Magari lo sapremmo anche fare, potremmo scrivere parafrasando un pensiero comune fra gli scienziati, ma non sta certo a noi farlo. Eppure è così: se prima la comunicazione scientifica verso il pubblico non esperto era un “accessorio opzionale” – e spesso denigrato dalla stessa comunità scientifica, che vedeva negli “scienziati divulgatori” delle figure ibride difficilmente collocabili all’interno della comunità stessa – dell’istituzione scienza, adesso è diventata una necessità, sempre più impellente e incombente. Un passato non lontano

in grado di incidere sulle politiche pubbliche relative alla scienza e alla tecnologia. La rilevanza della comunicazione politica appare chiara se si considera quanto le politiche pubbliche, oltre ad avere un peso sull’allocazione delle risorse, veicolino anche interpretazioni della realtà che influenzano le posizioni dei differenti attori coinvolti. Nel caso della ricerca scientifica e tecnologica, ad esempio, le politiche pubbliche non solo contribuiscono a definire gli obiettivi della ricerca e a orientare l’utilizzazione dei risultati dell’attività scientifica, ma, in ultima istanza, sono portatrici anche di teorie in merito alla scienza, alla tecnologia, al loro uso e al loro funzionamento. Trauma inatteso

28 dm&c - n 3 - 2010 o

Un trauma forse inatteso per lo scienziato, che per il suo ruolo riconosciuto all’interno della società moderna di innovatore e di autorevole portatore di idee sulla conoscenza del mondo, riteneva probabilmente di essere affrancato dalla necessità di occupare parte del proprio tempo lavorativo a svolgere un mestiere non suo, o, come più frequentemente capita di incontrare, non di sua com-

In altre parole, se in un passato nemmeno poi troppo lontano lo scienziato accademico poteva comunicare la scienza al pubblico dei non esperti (spesso anche a rischio della sua dignità di scienziato e del suo “riconoscimento” in seno alla comunità di appartenenza), adesso lo scienziato, diventato post-accademico, deve comunicare la scienza a quel pubblico. Siamo quindi di fronte a un vero e proprio cambiamento di “status” della comunicazione scientifica, con il quale lo scienziato occorre che necessariamente si confronti. D’altra parte, la società ha bisogno di informazione scientifica. Se infatti la conoscenza scientifica è il motore principale del progresso non solo tecnologico, ma anche culturale e sociale, occorre riconoscere che uno degli elementi fondanti della democrazia – e pertanto esigenza sociale ineludibile – è proprio l’informazione scientifica. Il cui esercizio e la cui fruizione sono da ritenersi aspetti assolutamente decisivi perché la società dell’informazione e della conoscenza possa davvero ritenersi o, meglio, definirsi tale. E’ quindi particolarmente importante seguire i mutamenti e le trasformazioni che stanno investendo da circa venti anni la comunicazione scientifica, la cui evoluzione è ancora ampiamente in atto.


dm&c - Anno 23 - Numero 3 del 2010 Case History SAET:

Per essere in contatto con il mondo

Case History iodono.com:

Il sito di Personal Fundraising

Case History UniversitĂ Cattolica del Sacro Cuore:

Per raggiungere il target di riferimento

Noi comunichiamo cosÏ‌ Alcune case histories, di aziende di varia dimensione e tipologia, che ci presentano come hanno utilizzato strumenti di comunicazione diversi che permettessero di raggiungere obiettivi specifici


www.saetpd.it

Per essere in contatto con il mondo Saet Padova L’azienda

N

ata nel 1956 come azienda elettromeccanica SAET ha successivamente diversificato le sue attivita entrando nel settore della pesatura e dosaggio e, a partire dagli anni settanta, nel settore dell’automazione industriale di processo, acquisendo una più completa visione impiantistica. Negli anni 80 ha fatto parte di un importante gruppo multinazionale di ingegneria e di impiantistica e da questa provenienza le derivano la metodologia di lavoro, la capacità di assunzione di responsabilità di forniture “chiavi in mano” ed una visione internazionale. L’azienda dispone di un ufficio tecnico modernamente attrezzato, di una sezione di Automazione che sviluppa in proprio le applicazioni software, e di una ampia officina per l’attività costruttiva, per lo sviluppo prototipi e per il collaudo integrato.

L’obiettivo L’azienda opera non solo nel mercato domestico ma in tutto il mondo e ha individuato nel proprio sito Web il miglior modo di dialogare col proprio mercato. Estrema attenzione è stata rivolta alla sua realizzazione che ha seguito alcune linee guida: - un sito sobrio e professionale che rispecchi l’immagine della società, - risalto alle eccellenze SAET - contenuti tecnici, chiari ed immediati - affidabilita’ delle realizzazioni, - immediata visibilità sia per il mercato domestico sia per intercettare opportunità su nuovi mercati, nello specifico, mediterraneo e mediorientale.

La realizzazione Il sito web di SAET ha lo scopo di presentare al pubblico l’azienda, i prodotti e le attività correlate e di essere gestito in modo dinamico, cioè il più autonomamente possibile. E’ costituito da un’area pubblica fruibile dagli utenti internet e da 2 aree riservate: - il back office, accessibile solo agli utenti autorizzati, per la gestione dei contenuti del sito - l’area riservata ai clienti


L’area pubblica contiene le informazioni relative all’azienda, ai prodotti ed alle novità: il menu di navigazione è sempre presente in ogni pagina per evitare che l’utente si “perda” all’interno del sito. L’area pubblica viene suddivisa in 3 macro aree: “Energia e Ambiente”, “Automazione di processo” e “Material Handling”. Ognuna di queste 3 aree, riportate anche nel menu di navigazione, ha una serie di sottopagine dedicate ai prodotti specifici. Un’ulteriore sezione è rappresentata dalle news. Le ultime news sono pubblicate anche nella home page del sito, per far sì che gli utenti percepiscano che il sito è “vivo” e viene periodicamente aggiornato. Il sito web è realizzato in 2 lingue: italiano, inglese. La realizzazione del sito ha avuto come primo obiettivo l’originalità dei contenuti e della grafica, senza trascurare la leggerezza del sito e la facilità di navigazione e di fruizione dei contenuti stessi. La sua Brand Identity è stata applicata a tutto il materiale cartaceo on line dell’azienda per dare una grande riconoscibilità. Per rendere visibile il nuovo sito e permettere ai motori di ricerca di “rintracciarlo”, ci si è preoccupati di: • analisi della realtà dell’azienda, del mercato, della concorrenza e del segmento di appartenenza per estrapolare il maggior numero di parole chiave collegate o inerenti all’attività e per l’inserimento del sito nelle categorie o sezioni più appropriate dei motori di ricerca • ottimizzazione delle pagine e del codice del sito • stesura breve descrizione e parole chiave da inserire nei files del sito • registrazione del sito sui principali motori di ricerca gratuiti italiani e internazionali (Google, Yahoo, etc.) • attivazione di Google Analytics per visualizzare i risultati ottenuti dal sito nel tempo e monitorare il raggiungimento degli obiettivi stabiliti • creazione sitemap, cioè un file .xml costruito ad hoc per permettere ai motori di ricerca di effettuare la scansione del sito e delle informazioni in esso contenute in modo più efficiente.


www.iodono.com

Il primo sito di Personal Fundraising in Italia iodono.com Cosa offriamo alle Organizzazioni Noprofit (Onp)

I

odono.com vuole offrire gratuitamente alle Onp l’opportunità di aumentare la propria raccolta fondi nonchè i propri sostenitori avvalendosi di una piattaforma Web 2.0, mettendo a disposizione uno strumento di raccolta fondi economico, semplice e sicuro che permetta di scegliere direttamente la causa sociale da sostenere e di effettuare subito la donazione online. Viene offerta così la possibilità di dare a tutte le Onp la stessa opportunità di raccogliere fondi direttamente online, incluse le Organizzazioni più piccole, che hanno poche risorse da investire in tecnologie o in personale. Attraverso iodono.com è possibile effettuare donazioni online e promuovere delle vere e proprie raccolte fondi per le Organizzazioni noprofit che più interessano e stanno a cuore. L’idea nasce da Direct Channel, società milanese leader nei servizi di Database Management per il settore editoriale e il noprofit. Direct Channel supporta le Organizzazioni Noprofit attraverso la creazione e la realizzazione delle Campagne di promozione per la raccolta fondi, offrendo loro soluzioni di sviluppo, di gestione del Data-base donatori e soluzioni di analisi attraverso strumenti di Business Intelligence. Gli anni di collaborazione vissuti a fianco di numerose organizzazioni noprofit hanno fatto nascere l’idea di creare uno strumento che fosse di valido supporto alla raccolta fondi e che rappresentasse un canale alternativo al fundraising tradizionale. Il Personal Fundraising Il Personal Fundraising nasce nel mondo anglosassone e si sviluppa velocemente negli Stati Uniti a partire dall’anno 2000, con l’avvento dei primi social network e dell’era del web 2.0. Attraverso questa attività è possibile trasformare un donatore in un fundraiser, ovvero nel promotore e nel protagonista di una vera e propria raccolta fondi, senza intermediari e in modo trasparente.


Chiunque può diventare Personal Fundraiser e trasformare avvenimenti particolari o momenti di tutti i giorni in occasioni per sostenere la causa sociale e l’Organizzazione preferita; è sufficiente che una persona, o un gruppo di persone, crei una propria pagina all’interno di questi portali, definisca l’obiettivo di raccolta fondi e il progetto per cui raccogliere fondi e inviti i suoi amici e la sua comunità virtuale ad aderire alla campagna. Le numerose piattaforme di personal fundraising esistenti in Gran Bretagna e negli Stati Uniti testimoniano come questa modalità di fare del bene si stia diffondendo con grande velocità e con un forte riscontro nel pubblico senza distinzioni di età, sesso ed estrazione sociale. I siti di Personal Fundraising si avvalgono di piattaforme web 2.0 garantendo quindi interazione e scambio tra i propri utenti attraverso strumenti innovativi, quali ad esempio il widget. Il widget, o badge, o gadget, è una piccola applicazione web che permette di comunicare e distribuire, in maniera semplice, dei contenuti integrandoli su altri siti e blog. Il widget è quindi uno strumento di supporto indispensabile nell’organizzazione della propria campagna di raccolta fondi. iodono.com : come funziona? Compleanni, Liste nozze, Anniversari, Commemorazioni….ogni occasione è buona per diventare Personal Fundraiser. Aprire una pagina di raccolta fondi su iodono.com è semplicissimo, gratuito e bastano pochi minuti: - scegli l’Organizzazione noprofit a cui destinare la tua raccolta attraverso il nostro motore di ricerca - definisci l’obiettivo economico della tua raccolta fondi - personalizza la tua pagina con immagini e racconta la tua storia - invita tutti i tuoi amici, familiari, colleghi, conoscenti a visitare la tua pagina e a sostenere il tuo progetto. Attraverso iodono.com potrai anche effettuare donazioni dirette alle Organizzazioni noprofit, a progetti di altri Personal Fundraiser oppure acquistare direttamente online i biglietti per gli eventi benefici promossi dalle Organizzazioni iscritte. Donare su iodono.com è semplice, veloce e sicuro!


www.unicattolica.it

Per raggiungere il target di riferimento Alte Scuole dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

L

e Alte Scuole dell’Università Cattolica sono nate nel 1995 per rispondere alle sfide che i grandi mutamenti globali - soprattutto in campo economico-finanziario, politico, sociale, ambientale e ora sanitario, pongono ogni giorno al modo di pensare e organizzare il lavoro. Il punto di partenza è la formulazione di nuovi ‘saperi’ in grado di cogliere il senso delle trasformazioni in atto per poterle governare. L’interpretazione e la traduzione pratica di questo obiettivo detta di fatto 1’organizzazione delle diverse attivita all’interno delle Alte Scuole. Che cosa comporta tutto questo? Ad esempio, l’applicazione di nuove linee metodologiche di insegnamento e di progettazione dei corsi. Una delle caratteristiche delle Alte Scuole è la connessione tra attivita accademica tradizionale e spazi di insegnamento prossimi all’operativita, con docenti e testimonials provenienti dal mondo del lavoro. Un altro elemento distintivo è l’approccio multidisciplinare alle varie tematiche di studio, un vero dialogo tra ricercatori di settori differenti all’interno di ciascuna Alta Scuola. Un terzo fattore rilevante è la creazione di un network internazionale di docenti provenienti dai principali atenei e centri di ricerca mondiali, il che consente alle Alte Scuole un costante confronto scientifico e una continua innovazione della propria offerta formativa. Perche un neolaureato dovrebbe iscriversi a un’Alta Scuola? Nate in seno all’Università Cattolica, esse costituiscono un modello unico (e non


Le Alte Scuole ancora pienamente conosciuto) nel panorama universitario italiano. In primo luogo, il bacino di riferimento delle loro attività è più ampio dell’ambito universitario: le Alte Scuole non si rivolgono solo a neolaureati, ma anche a giovani professionisti e lavoratori desiderosi di approfondire temi e metodi del loro operare quotidiano. Una seconda distinzione riguarda il fatto che una persona non si iscrive a un’Alta Scuola, ma a un master o a un corso di un’Alta Scuola. Da questo punto di vista non c’è competizione con altre iniziative dell’Ateneo, ognuna si rivolge a un proprio pubblico. Le Alte Scuole sono dunque le strutture didattico¬organizzative di programmi di alta formazione quali master, dottorati, summer school, corsi di executive education, workshop, convegni

• ALMED: Media Comunicazione e Spettacolo • ALTEMS: Economia e Management dei Sistemi Sanitari • ALTIS: Impresa e Società • ASA: Ambiente • ASAG: Psicologia • ASERI: Economia e Relazioni Internazionali • SMEA: Economia Agroalimentare

e seminari.

I programmi formativi I programmi formativi proposti dalle Alte Scuole hanno target di riferimento ben precisi e facilmente identificabili. I prodotti formativi presentano punti di forza che appaiono subito evidenti a chi si appresta a cercare un buon master o un corso di perfezionamento. Non esiste un identikit unico di chi frequenta le Alte Scuole: notiamo una certa variety nel profilo dei partecipanti ai nostri corsi e questo costituisce per noi una ricchezza. Le variabili piu significative sono: • l’età, che spesso si coniuga all’esperienza professionale. Sono interessanti ad esempio classi di Master in cui la curiosity intellettuale del neolaureato si confronta con l’esperienza di un professionista adulto • il background accademico: spesso economisti, psicologi, filosofi, esperti di comunicazione si trovano a frequentare un medesimo corso, a cui contribuiscono con i loro approcci differenti • la provenienza geografica e culturale: molti master e corsi di alta formazione attraggono studenti da tutto it mondo. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un deciso incremento delle domande dall’estero. Le Alte Scuole costituiscono un modello particolare, anche a livello internazionale. Numerose relazioni sussistono con university e centri di ricerca di tutto il mondo. Esistono naturalmente anche convenzioni e partnership privilegiate con diverse istituzioni universitarie (ad esempio in Cina, India, Est Europa, Africa, America Latina) su progetti realizzati dalle Alte Scuole.



Comunicare con il Digitale Carlo Cremona

Il “marketing non convenzionale” è nato sulla spinta delle molte possibilità che offriva Internet. Ma necessita di una maturazione

ABC Internet

La Rete e il marketing - Quando si parla di Internet viene fin troppo facile usare l’aggettivo “rivoluzionario”, ma non c’è dubbio che nel corso degli ultimi dieci anni la Rete ha avuto un ruolo decisivo non solo nel rivoluzionare i modi di fare business, ma anche in quelli di comunicare e di fare marketing. È pur vero che ancora di recente, forse a scopo provocatorio, su “Copyblogger” http://www.copyblogger. com/, un autorevole sito dedicato alle strategie di Content marketing - si è affermato che la maggior parte delle nuove idee introdotte in tali attività hanno avuto il solo risultato di distrarre l’attenzione da quelli che sono da sempre i loro veri “fondamentali”, da quell’insieme di regole che per “centinaia di anni” sono state ritenute valide. Quasi che il mondo in perenne evoluzione in cui ormai viviamo, e soprattutto i nuovi modi di comunicare e collaborare che vengono di continuo escogitati, abbiano in sé qualcosa di troppo visionario, di poco comprensibile, e quindi di difficilmente accettabile. Ma forse questa diffidenza dipende dal fatto che in molte azien-

de si teme ancora molto il cambiamento, per cui le proposte della Rete, costituzionalmente innovative, stentano a essere prese in considerazione se non a supporto degli impieghi più convenzionali. Rapporti diretti Oggi, in realtà, instaurare rapporti diretti e personali con i vari attori del mercato sta diventando sempre più agevole grazie agli innumerevoli strumenti - forum, chat, blog, e-mail, motori di ricerca, network e media sociali - di cui Internet ha favorito la creazione e la diffusione, e il tutto a costi di gran lunga più accessibili rispetto al passato. Il fatto è che quando nacque la Rete, chi si occupava di marketing o di comunicazioni non sapeva né cosa fosse né come si potesse sfruttarne il potenziale, per cui i progettisti e gli sviluppatori dei primi siti Web furono degli informatici. Poi alcune delle applicazioni tra quelle che venivano via via rese disponibili, magari ideate con tutt’altri obiettivi, si rivelarono utili anche per

no3 - 2010 - dm&c

37


Comunicare con il Digitale

Ralph Wilson

quei tipi di attività, e le aziende più veloci nell’intuirne i vantaggi incominciarono a esplorarne l’impiego, mettendo talvolta direttamente nelle mani di chi poteva averne bisogno l’opportunità di usare il Web in modi fino allora considerati impensabili. Ed è così che ha avuto inizio la fioritura di un insieme di approcci inconsueti - definiti globalmente con il termine “marketing non convenzionale” - ad attività che erano state da sempre condotte usando metodi completamente diversi. Dal “passaparola” al “marketing virale”

38 dm&c - n 3 - 2010 o

Fino a non molto tempo fa il modo prevalente di promuovere un bene, un servizio o un’idea, era infatti quello di ricorrere, a costi magari esorbitanti, a forme di comunicazione diffuse via radio, televisione, giornali, affissioni, distribuzione di cataloghi o depliant, la Rete stessa, anche se la pubblicità proposta dalle edizioni on-line dei quotidiani non ha caratteristiche diverse da quella che si trova nelle loro versioni cartacee. Ma oggi Internet offre, a chi si occupa di comunicazione di marketing, modi completamente nuovi di stabilire legami diretti e informali con tutti i target considerati interessanti. Prendiamo come esempio il “passaparola”. Questo riflesso istintivo che spinge i consumatori di un bene, qualunque esso sia, a raccomandarlo anche agli altri, non è per nulla una scoperta degli ultimi tempi, ma ha sempre avuto una notevole importanza come fonte di informazioni attendibili e disinteressate in grado di facilitare le scelte di vita e di consumo delle persone. Ebbene, di recente è avvenuto qualcosa che ha trasformato il passaparola in uno strumento promozionale di grandissima efficacia, tanto da farlo considerare la modalità di comunicazione più valida del nostro tempo, e costringere gli

addetti ai lavori a un approfondito riesame delle loro tradizionali strategie di marketing. Un “qualcosa” che non è solo la conseguenza dell’effetto amplificatore consentito dalla Rete - per cui, sfruttando strumenti adeguati, il passaparola di ieri, capace di coinvolgere un numero limitato di persone, può oggi raggiungerne migliaia se non milioni - ma perché tutto fa ormai credere che le maggiori potenzialità di sviluppo delle comunicazioni di marketing dipenderanno sempre più dalla loro evoluzione in senso partecipativo. E poiché uno degli aspetti più caratteristici di queste nuove forme di comunicazioni di marketing è la rapidità con la quale sono in grado di diffondersi - che assume il tipico profilo della funzione matematica che descrive il propagarsi delle infezioni provocate dai virus - al passaparola che sfrutta la Rete è stato dato il nome di “marketing virale”. Le regole del gioco del marketing virale Ralph Wilson - uno dei massimi esperti mondiali delle nuove forme di marketing e animatore del blog http://www.wilsonweb.com/, punto di riferimento riconosciuto di tutti gli interessati a questi temi - ha coniato una definizione di marketing virale che sintetizza bene quanto è stato detto sopra: “Con questo termine si descrive ogni strategia che incoraggia i singoli utenti della Rete a condividere un messaggio promozionale con amici e conoscenti, creando i presupposti per la sua crescita esponenziale”. Definizione alla quale si può aggiungere il seguente corollario: “Dicesi virale un marketing che, pur fatto con pochi soldi, produce grandi risultati.” Nessun’altra strategia di marketing ha infatti una capacità di diffusione paragonabile a costi così ridotti, tale da renderla la forma di comunicazione più conveniente in rapporto alla sua efficacia.


La magia del marketing virale Ma qual è la “magia” che si nasconde nel marketing virale? Qual è il segreto del suo successo? Quale il modo migliore di generare un passaparola virale? E che cosa rende davvero “virale” un contenuto? E a questo punto, come sempre accade quando si vogliono individuare i meccanismi che consentono di influenzare le scelte delle persone, le cose si complicano. Si potrebbe incominciare col dire che, nella sua modalità di base, il marketing virale può assumere forme completamente esplicite. A questo proposito si cita sempre il lancio del servizio di posta elettronica fatto nel 1996 da Hotmail. In quel caso la tattica adottata fu semplicemente quella di spedire delle e-mail che lo pubblicizzavano usando una frase del tipo: “Messaggio inviato attraverso il servizio gratuito di posta elettronica Hotmail”, seguita dall’indirizzo del sito dove ci si poteva registrare. Tutto qui? Sì, tutto qui. Ma bastò per rastrellare in pochissimo tempo 12 milioni di utenti, i quali - inviando a loro volta messaggi analoghi ad altre decine o centinaia di persone - contribuirono a pubblicizzare in modo straordinario il servizio (che fu successivamente acquistato da Microsoft e che oggi conta 360 milioni di utilizzatori). Il marketing virale può tuttavia essere ancora più efficace quando non è esplicito. Studi mirati di psicologia dei comportamenti hanno infatti messo in luce che la ricettività delle persone nei confronti delle comunicazioni promozionali è diversa a seconda della provenienza del messaggio. Gli spot pubblicitari proposti dai media tradizionali - come i giornali o la televisione - tendono a stimolare negativamente il senso critico degli individui indirizzati, consapevoli di essere sottoposti a qualche forma di manipolazione.

Se invece il messaggio proviene da una persona - amico, collega, parente - che gode della fiducia di chi lo riceve, è maggiore la disponibilità ad accoglierlo con minor senso critico. Il fatto che sia originato da una persona conosciuta, fa sì che ad esso sia inconsciamente attribuita una maggiore attendibilità. In definitiva la diffusione esplosiva di una comunicazione di marketing che sfrutta il Web dipende in modo diretto da coloro che, spesso inconsapevolmente, vi partecipano. Ed è proprio in questa sorta di “incoscienza” che si nasconde la forza del marketing virale. Ma bisogna anche fare attenzione. L’obiettivo di un buon marketing virale non è quello di creare artificialmente dei passaparola. Ed anche se attraverso i blog, i forum e i network sociali le persone possono scambiare segnalazioni e consigli su ogni tipo di beni e servizi è indispensabile, oltre a facilitare lo scambio di opinioni, dare a chi vi partecipa buoni motivi di parlare del bene o del servizio che vuole promuovere. Soddisfazione del cliente Tutte le tecniche più efficaci di marketing virale si basano sui concetti di soddisfazione del cliente, sul dialogo bidirezionale, su comunicazioni trasparenti capaci di coinvolgere i consumatori più portati a scambiare le proprie opinioni, mettendo a loro disposizione strumenti che non richiedano particolari sforzi per la divulgazione dei messaggi, e che utilizzino quindi sistemi comunicativi esistenti in grado di rendere la loro diffusione la più veloce possibile. Il marketing virale non è insomma un modo più sofisticato di manipolare i consumatori ma si basa sul riconoscimento della loro intelligenza e del loro potere, dando vigore a “conversazioni” i cui contenuti sono autentici, facilitando le condizioni in cui si svolgono, e amplificando la loro portata.

no3 - 2010 - dm&c

39


Comunicazione Pier Giorgio Cozzi*

Tutti i luoghi di contatto turistico dovrebbero essere presidiati da persone all’altezza della relazione con il pubblico. E’ una questione di immagine

E’ importante stabilire gli standard di servizio

In taxi, a scuola di marketing * giornalista e docente di comunicazione

40 dm&c - n 3 - 2010 o

- Gentile direttore, non è che questa volta abbia difficoltà con l’incipit, è proprio che voglio rinfrescarmi le nozioni partendo, com’è buona norma, dalle definizioni. La parola in oggetto è servizio. Comincio (non si sa mai) col dizionario della lingua italiana del De Mauro. Dove si legge: “Servizio: dedizione assoluta, impegno incondizionato a favore di una persona, di un’istituzione, di una causa, di un’ideale, ecc.; attività professionale svolta presso un ente pubblico o privato; atto utile e gradito, cortesia, favore…”. Proseguo col dizionario di marketing a cura di Walter G. Scott (Sole 24Ore): “Attività di scambio di natura essenzialmente intangibile, realizzabile anche con l’uso di beni materiali. È considerato come: a) un insieme di benefici e di soluzioni a un bisogno; b) un’attività di interazione e scambio fra cliente ed erogatore, di natura economica, informativa, emotiva, operativa e anche affettiva”. Anche fuori dai nostri confini, altri testi sostengono gli stessi concetti. Questo perché la mattina del 13 maggio dell’anno (di grazia?) 2010 leggo

sul Giornale questo titolo: “Il tassista parla inglese? La corsa è più salata”, ovvero: da luglio i conducenti delle auto bianche potranno aumentare le tariffe del 2% se dimostreranno di conoscere la lingua. Un benefit per il cliente In termini di marketing, parrebbe di capire, un benefit (oneroso) per il cliente trasportato. Così, il cliente che vorrà sapere se potrà permettersi una corsa sino a destinazione senza essere costretto ad accendere un mutuo (Milano ha le tariffe tra le più alte d’Italia), prima di salire a bordo delle vetture pubbliche, domanderà: do You speak English? Se la risposta che riceve è: “of course!” rischia, poveretto, di non avere abbastanza euro in tasca. E come faremo (tipico caso di digital signage) a sapere se quel taxi che ci accingiamo a fermare è poliglotta, visto che la sua livrea (trimming), se non fosse per la minuscola insegna sul tetto, non lo differenzia dagli altri milioni di auto bianche circolanti? E se l’autista fosse uno degli ultimi


milanesi superstiti, che si esprime solo in meneghino: ’se femm (romanesco: cche ffàmo)? Milano, per altro, non è nuova a queste ‘pittoresche’ forme di incentivazione del personale; i coristi della Scala, per esempio, percepiscono un’indennità “lingua” se la loro esecuzione canora avviene in lingua diversa dall’italiano (spero che il maggior onere, in questo caso, non si riversi, come nel caso del tassì bilingue, sul consumatore finale, che altrimenti verrebbe indotto a privilegiare i cori… muti – non solo nel senso del Maestro!). Altro esempio:i conducenti dell’azienda municipalizzata di trasporti, hanno ora la possibilità di frequentare un corso di educazione. Alimentare. Letto bene: a-li-men-ta-re. Riferisce il Giornale.it del 8 maggio: “Autisti di tram, autobus e metro più snelli e in forma. Per loro scatta l’ora di educazione alimentare. Da lunedì, in sette delle 16 mense dell’azienda di trasporti pubblici partirà il progetto «Star bene? È una questione di stili di vita». Un team di esperti dell’Asl di Milano scenderà in campo per promuovere la cultura di una sana e corretta alimentazione…”. Marketing dell’accoglienza A proposito di marketing dell’accoglienza, ché di questo vorrei parlare, mi sembra illuminante il pensiero di un collega giornalista, Paolo Stefanato, che nel Commento del Giornale del 8 aprile scriveva: «La Milano dell’Expo, che si appresta ad accogliere milioni di visitatori da tutto il mondo, deve mettere a fuoco il tema degli “standard” di servizio, ovvero i modelli di comportamento da offrire ai propri ospiti. Tutti i luoghi di contatto turistico dovranno essere presidiati da persone all’altezza della relazione con il pubblico: parliamo di spazi espositivi, mezzi di trasporto, alberghi e ristoranti, ma anche di vigili urbani, personale di mostre e musei. Perché, se è vero che anche l’ultimo

telefonista spende l’immagine della propria azienda, nel caso dell’Expo ogni commesso rappresenterà tutta Milano e, verso gli stranieri, tutta l’Italia […] Quando si tratta di servizi, specie se pubblici, all’educazione (personale, nda) suppliscono tuttavia i modelli aziendali di comportamento che sono frutto di un’attenta attività di formazione e di controllo. Sono gli “standard” a far si che i dipendenti delle catene di alberghi a cinque stelle o le hostess delle grandi compagnie aeree siano sempre all’altezza di qualunque richiesta e qualsiasi imprevisto. I mansionari e i corsi vanno oltre i limiti delle persone, e, attraverso un’approfondita analisi delle previsioni, “confezionano” comportamenti efficienti. Se il prodotto finale (l’educazione) è difettoso, la colpa è del processo produttivo (formazione, controlli, sistema aziendale). Obiettivi da raggiungere Per ottenere i risultati occorre consapevolezza e forte determinazione sugli obiettivi da raggiungere. Valga un piccolo esempio. Al casello di Udine dell’Autostrada Trieste-Venezia (società autonoma) i casellanti, a differenza di quanto avviene sulla gran parte della rete italiana, salutano e ringraziano l’automobilista che si ferma per il pedaggio. Persone educate, probabilmente.Ma la ragione è un’altra: “Ce lo insegnano al corso!”, ammettono. Fine del (mio) pistolotto. Ora avrei, direttore, qualche curiosità e domanda. La prima: per diventare soci MPI certificati, i candidati devono superare la prova di fluent English; che lo siano incide sulle tariffe professionali di agenzie e consulenti? La seconda: secondo te, i casellanti di cui sopra percepiscono un’ “indennità saluto”? La domanda, ora: due to English text above, for this article you ’ll pay me an extra fare?

no3 - 2010 - dm&c

41


Comunicare con il Digitale Grazia Aversano

Scattando una foto dal telefonino si è indirizzati su un sito che contiene materiali video, audio ed informazioni esaustive a complemento di quanto scritto

Un nuovo strumento per la comunicazione

QR Code - In questo ultimo periodo, sfogliando le pagine dei giornali e delle riviste, salta all’occhio che molte pubblicità contengono, oltre a testi e immagini, un quadratino fatto di puntini bianchi e neri. E’ il Quick Response code, più noto come QR code, l’erede intelligente del codice a barre, una forma di codifica bidimensionale che propone un codice a matrice e che si sta diffon-

42 dm&c - n 3 - 2010 o

dendo in tutto il mondo, contagiando i cartelloni e le pagine pubblicitarie, etichette di prodotti alimentari e di abbiglimento, inserzioni, biglietti da visita, magliette e opere d’arte. Un ponte tra carta e internet Il QR code è una sorta di ponte tra il mondo cartaceo e quello multimediale di internet.


Una porta d’accesso a contenuti aggiuntivi che per la loro natura digitale non troverebbero spazio sulla carta e che invece arrivano, via web su piattaforma mobile, direttamente sullo schermo del telefono cellulare. Scattando una foto dal telefono si viene immediatamente indirizzati sul sito mobile che conterrà materiali video, audio e landing pages con approfondimenti. IBM è stata tra le prime aziende in Italia ad abbracciare questa nuova tecnologia nel 2009, utilizzandola per la campagna Smarter Planet con approfondimenti sul tema della Smarter City. Accesso a contenuti speciali Dalle pagine di un noto settimanale business, fotografando il QR code creato ad hoc per IBM, si poteva accedere direttamente alle pagine web su mobile, permettendo così la fruizione di contenuti speciali e di approfondimenti sulle soluzioni che IBM propone per rendere le nostre città più intelligenti. Il sito mobile di IBM Smarter City guida l’utente attraverso sei aree critiche comuni a tutte le città: trasporti, sicurezza urbana, sostenibilità, istruzione, sanità e sviluppo del ter-

ritorio e per ognuna di queste, propone soluzioni innovative attraverso testimonianze di clienti, videodocumentari e studi approfonditi. Oggi IBM ripropone l’uso del QR code in diversi ambiti della comunicazione e rientra nella scelta del media mix in maniera sempre più strategica. Nelle città e nei musei Oltre all’utilizzo nelle campagna pubblicitarie, IBM ha usato il QR code a Venezia, disseminando la città di mattonelle col codice nei luoghi turistici di maggiore interesse, permettendo ai turisti di accedere a contenuti approfonditi sul patrimonio culturale della città in tempo reale, e, con un solo clic del cellulare, le persone sanno dove si trovano e che monumento stanno ammirando. IBM applica oggi la stessa tecnologia nei musei e nei percorsi artistici più rilevanti del nostro Paese. I risultati di traffico generato sul sito mobile di IBM sono entusiasmanti: il numero di visite sono costantemente in crescita data la familiarità che sta acquisendo il codice e l’altissima penetrazione di cellulari con connessioni ad internet che caratterizza il mercato italiano.

no3 - 2010 - dm&c

43


Comunicazione Domenico Matarazzo

Le bevande gasate sono costantemente sotto controllo, accusate di essere tra le cause dell’obesità. Il marketing si deve dare molto da fare ... Dal nostro corrispondente negli Stati Uniti

Un mondo dietro le bollicine

44 dm&c - n 3 - 2010 o

- Uno degli ultimi infomercial che imperversano nelle tv americane ha come oggetto i frullatori. Non frullatori qualunque, ma elettrodomestici con elevata potenza, di uso commerciale, sponsorizzati da personalità televisive e con un prezzo intorno ai 400 dollari. Gli stessi tipi di frullatori sono oggetto di promozioni nei grossi centri acquisti, dove i consumatori sono invitati a provare una varietà di ricette tra succhi, spremute, frullati, brodi e creme ottenute in pochi minuti. Anche i frullatori tradizionali più economici vendono bene dato che, secondo la rivista Progressive Grocer, è una delle poche categorie che in tempo di crisi non ha subito cali di vendita. Presso Macy’s, uno dei principali retailers in USA, affianco ai frullatori appare anche un prodotto del tutto nuovo: Sodastream, ovvero la soluzione per chi vuole bevande gasate “fai da te”. L’unità è composta da un erogatore, una bomboletta contenente anidride carbonica e una bottiglia in plastica su misura per l’erogatore stesso. Una volta inserita la bomboletta nell’erogatore basta

schiacciare un pulsante per aggiungere l’anidride carbonica: più volte si schiaccia il pulsante, più bollicine si ottengono. L’acqua da usare può essere quella del rubinetto, ma da Sodastream è possibile anche acquistare estratti per creare bevande di diversi gusti, inclusa la cola. Oltre a limitare caffeina e zuccheri, Sodastream si qualifica come un prodotto verde in quanto elimina il consumo di bottiglie di plastica. Ridurre le calorie La popolarità di questi elettrodomestici è dovuta alla domanda crescente di un segmento di consumatori che vuole ridurre il numero di calorie, sperimentare nuovi gusti ed introdurre bevande più salutari nella propria dieta, come drinks a base di frutti esotici, ingredienti antiossidanti o anti-invecchiamento ad esempio. A sostenere questo trend ci si mette anche il Governo ed i media americani. Da diversi anni infatti i produttori di soda sono additati per essere responsabili in parte dell’obesità diffusa tra i giovani americani. La stessa


First Lady Michele Obama nel marzo scorso ha annunciato l’impegno per combattere il problema diffusissimo tra i giovani. Nello stesso periodo la CNN ha proposto in prima serata un servizio dove la diffusione dell’obesità è descritta quasi come un’epidemia. Tra i principali inputati i produttori di bevande gasate. Nel 2007 fu promossa una campagna “Global Dump Soda” contro Coca-Cola e PepsiCo con l’obiettivo di porre fine al marketing di queste bevande ai minori di 16 anni. In India sia Coca Cola che Pepsi in passato hanno ricevuto accuse (rivelatesi poi infondate) di avere usato acqua con tracce di pesticidi superiori ai livelli raccomandati. Crescenti preoccupazioni Per ovviare alle crescenti preoccupazioni, nel 2004 Coca-Cola ha dato vita a un’iniziative per la ricerca e formazione che porti allo sviluppo di bevande sempre più salutari. Successivamente, nel 2006 insieme a Pepsi, Cadbury-Schweppes e l’ American Beverage Association, ha deciso di eliminare la vendita di soda nelle scuole elementari e medie e di limitare la distribuzione nelle scuole superiori. D’interesse per i direrct marketers però è il fatto che là dove viene detto di non bere Coca Cola e simili, si aprono opportunità per nuovi prodotti che hanno mercati di nicchia quindi raggiungibili con tecniche di direct marketing. Ad esempio Nestlé ha già lanciato bevende mirate per i distributori nelle scuole dove è vietata la Coca Cola. Stessa cosa ha fatto Honest Tea, specializzata in tè organici con aromi naturali. L’inizio della fine? Il comportamento dei consumatori e nuovi prodotti “fai da te” segnano l’inizio della fine per Coca Cola? Assolutamente no. Coca Cola rima-

ne la bevanda favorita tra i giovani e con questi si instaura un legame affettivo che dura nel tempo. Sia Coca Cola Company che PepsiCo hanno inoltre lanciato sul mercato prodotti piu’ salutari. La sola Coca Cola Company oggi ha sul mercato più di 3000 tipi di bevande differenti, che, oltre alla soda, includono acque naturali, bevande al 100% di frutta, drink energetici e sportivi, teas, caffé, latte, ed altre con ingredienti salutari come la soia. Paesi emergenti I paesi emergenti come Cina, India e alcuni paesi africani inoltre offrono grosse opportunita’ di crescita. Non a caso il marchio Coca Cola è stato il principale sponsor della Coppa del Mondo di calcio. Sia Coca Cola che Pepsi inoltre stanno esplorando attivamente come comunicare con i nuovi consumatori “digitali”. Gli ingenti budget in comunicazione di queste aziende infatti puntano sempre più a relazione, comunità e, conseguentemente, ai mezzi online. Budget significativi sono invece stati destinati ad opere di beneficenza indicate dai consumatori. I suggerimenti sono sollecitati essenzialmente via Twitter e Facebook e rappresenta un altro sforzo da parte dell’azienda per conoscere meglio le comunità online e comunicare meglio con queste. Sul fronte della distribuzione tradizionale invece la rivoluzione sta avvenendo nel settore dei distributori automatici. Coca Cola infatti ha appena lanciato un distributore dove l’utente può creare la propria miscela schiacciando vari pulsanti. Ogni selezione effettuata con la nuova macchina viene documentata e in questo modo l’azienda ha la possibilità di lanciare nuovi prodotti basati sulle preferenze degli utenti. Fino ad ora il gusto preferito rende i manager di buon umore: Coca Cola Classic rimane la bevanda preferita.

no3 - 2010 - dm&c

45


Marketing Antonio Ferrandina

Per poter determinare quale combinazione, di un numero limitato di attributi di un prodotto, ha il maggior impatto sulle scelte dei consumatori Utili per un piano di lancio di un nuovo prodotto

Le ricerche di mercato www.piano-marketing.blogspot.com - Accanto al test di concetto di prodot-

46 dm&c - n 3 - 2010 o

to, altra tecnica utilizzata frequentemente per valutare l’accettazione di un nuovo prodotto/servizio da parte dei consumatori è l’analisi congiunta. L’obiettivo principale di un’analisi congiunta è quello di valutare l’influenza delle caratteristiche fisiche e percettive del prodotto sulle preferenze del consumatore. Lo studio degli effetti sui consumatori degli elementi che compongono un prodotto o un servizio permette di estrapolare l’importanza relativa di tali elementi. Tale metodo è diretto a determinare quale combinazione di un numero limitato di attributi ha il maggior numero di impatto sulle scelte dei consumatori, sia in termini di decision making che di comportamento di acquisto. I punti fondamentali del processo sono: 1. la scelta delle caratteristiche del prodotto da testare; 2. individuazione di un campione di potenziali clienti a cui mostrare le combinazioni tra le caratteristiche

del prodotto; 3. i potenziali consumatori classificano, votano o scelgono tra le combinazioni; 4. i dati del campione rappresentativo di potenziali consumatori vengono inseriti in un software statistico dotato di procedura di analisi congiunta. Il software produrrà funzioni di utilità per ognuna delle caratteristiche. 5. Incorporazione delle caratteristiche preferite in un nuovo prodotto. Un concept efficace Una volta individuato il tipo di concept più efficace, la fase di validazione prevede una serie di analisi preliminari per comprendere il potenziale di mercato, la capacità competitiva dell’impresa e quindi la fattibilità produttiva. L’impresa, quindi, effettua una ricerca di mercato diretta a determinare: − le dimensioni del mercato e il suo trend evolutivo; − le caratteristiche del mercato; − presenza di barriere all’entrata; − misura dei potenziali di mercato;


− l’accettazione e il potenziale dei nuovi prodotti; − le caratteristiche demografiche, sociali, economiche, psicologiche e comportamentali dei consumatori; − il grado di competitività in ordine ai concorrenti, ai clienti, ai fornitori, ai nuovi competitori, ai prodotti sostitutivi. Le fonti dei dati si suddividono in: • fonti primarie consistenti in dati elaborati direttamente dall’impresa; • fonti secondarie consistenti in : -fonti interne, -fonti pubbliche, -periodici, riviste specializzate, ecc.., - dati commerciali, - associazioni di categoria, - imprese di consulenza. Il potenziale di mercato Tra le finalità delle ricerche di mercato particolare importanza riveste la valutazione del potenziale di mercato. Il potenziale di mercato è la domanda di mercato conseguibile mediante un investimento infinito di marketing. Il potenziale di mercato è quindi il limite massimo cui può tendere la domanda di mercato. La domanda di mercato (domanda primaria) per un prodotto è il volume totale di vendite effettuabili in uno specifico ambito temporale, geografico e di marketing. Si assume che vi sia una domanda di mercato dipendente dagli investimenti di marketing e una parte indipendente (minimo del mercato). La domanda dell’impresa (domanda secondaria) coincide con la quota di domanda primaria rappresentata dalle vendite dell’impresa stessa, con riguardo al medesimo prodotto in esame, considerando i confini spazio-temporali determinati. In ogni fase temporale potrà sussistere un gap fra potenziale di mercato, la domanda di mercato e la domanda d’impresa. Il gap di potenziale dell’impresa può dipendere da:

− un gap di comunicazione: i consumatori non conoscono il prodotto; − un gap d’uso: i consumatori conoscono il prodotto, ma non le indicazioni per l’uso in più occasioni e/o diversi dosaggi; − un gap di prodotto: la differenziazione del prodotto non è adeguata alle attese del mercato (rientra in questa categoria il “gap del prezzo”; − un gap distributivo: la presenza nei punti vendita non è adeguata; − un gap concorrenziale: il prodotto dei concorrenti preferito rispetto a quello proposto dall’impresa. Il primo passo verso la determinazione operativa del mercato potenziale è comunque la sua delimitazione. La delimitazione del mercato consiste nel definire i termini di spazio e di tempo, cui ci si vuole riferire. Precisare i confini Occorre, infatti, precisare se si intende studiare il mercato passato, presente o futuro; oppure se il mercato comprende una provincia, una regione, l’intero paese od anche il resto del mondo. Nella delimitazione del mercato potenziale è necessario distinguere fra mercato potenziale globale e mercato potenziale come insieme di segmenti di mercato. La strada da seguire è quella di valutare la potenzialità di mercato nel suo insieme e poi procedere alla segmentazione del mercato e all’analisi di ciascun segmento di mercato. Per determinare la domanda attuale di mercato si distinguono diversi metodi. Per stimare il numero di acquirenti, in genere, si parte da un dato complessivo e si procede per sottrazione. Per esempio si comincia considerando la popolazione totale di una data area per poi sottrarvi quelle categorie di soggetti a cui il prodotto non è destinato. Un altro sistema è quello degli indici concatenati o della catena degli indici.

no3 - 2010 - dm&c

47


iNFORMALIBRI LE NUOVE FRONTIERE DEL MARKETING NEL TURISMO Giancarlo Dall’Ara, Franco Angeli 2009 - pag 336 - 25,00 Euro.

Nella società contemporanea, caratterizzata da instabilità del mercato, frequenti cambiamenti nelle decisioni dei clienti ed elevato sviluppo tecnologico, qualsiasi impresa, per poter raggiungere i propri obiettivi, deve necessariamente essere “marketing oriented”. A maggior ragione lo devono essere le imprese che operano nel settore turistico, dove il momento di produzione del servizio coincide con quello di erogazione dello stesso, e dove è notevole l’estensione temporale di contatto tra personale e clientela. Il turismo è quindi un bene tipicamente virtuale e il marketing a esso applicato risulta essere particolarmente aleatorio in quanto nel turismo è presente in notevole misura l’elemento dell’imprevedibilità e del cambiamento. Nella prima parte del testo l’autore cercano di chiarire i concetti che stanno alla base del marketing: i primi cinque capitoli sono interamente dedicati all’evoluzione del marketing, ai principi guida di questa disciplina, alle sue specificità nel settore dei servizi, e all’analisi delle peculiarità del settore turistico. Il sesto capitolo presenta un’attenta considerazione degli studi sul consumatore e sui suoi comportamenti di consumo. Nei successivi tre si prendono in esame

gli strumenti strategici e operativi del marketing, cercando di offrire al lettore la rassegna delle opportunità di sviluppo e di pianificazione delle attività promozionali, nonché delle nuove prospettive sull’attuale dibattito nella ripartizione dei costi per la determinazione del prezzo applicabile ai servizi turistici. Nel decimo capitolo s’individuano tra le nuove frontiere del marketing quelle più interessanti ai fini di uno sviluppo turistico compatibile per instaurare relazioni di spessore con ospiti e turisti. L’ultimo capitolo, infine, è dedicato al CRM che negli ultimi anni ha rappresentato una delle aree applicative più importanti dell’informatica aziendale. Queste applicazioni non rappresentano solo l’ulteriore applicazione tecnologica ma un vero e proprio cambio di gestione del settore. Le organizzazioni turistiche, hanno impiegato tali sistemi per innovare approcci e processi già consolidati. Le esperienze più recenti, sottolinea l’autore, hanno mostrato, però anche alcuni limiti nella pratica del CRM, limiti la cui analisi costituisce l’occasione per ridisegnare sistemi e percorsi più affidabili. Il volume è rivolto a studenti e operatori del settore; un valido aiuto per chi è alla ricerca un supporto di studio relativo alle materie turistiche.

MARKETING LOW COST

di Cristina Mariani– FrancoAngeli Editore – pp 184 - 21,00 Euro

48 dm&c - n 3 - 2010 o

In che modo sviluppare idee per nuovi prodotti? Come differenziarsi nella folla di concorrenti? E dove trovare le informazioni necessarie per anticipare i cambiamenti tecnologici dei mercati? A queste e ad altre domande fondamentali risponde questo libro, perchè il marketing non è solo costose ricerche di mercato e campagne pubblicitarie, ma anche le scelte che ogni giorno le aziende devono decidere per fronteggiare un mercato sempre più

complesso. Questa guida, essenziale e aggiornata, si rivolge alle medie, piccole e microimprese, nonché ai liberi professionisti, fornendo loro idee facili, che consentono di orientarsi e gestire in proprio un marketing praticabile e a basso costo. Sintesi di testi classici, studi recenti e dell’esperienza dell’autrice, il libro è corroborato da box, che esemplificano con casi reali, e da altri che propongono strade nuove e non ancora sfruttate.


BRAND MILANO Come e perché promuovere l’attrattività di una città con un’immagine piuttosto distorta da quella della sua nazione. Stefano Rolando - Franco Angeli Edizioni - 2009 - pag 248 - 18,00 Euro. Oggi città e territori che si offrono al mercato, come tutte le aziende, hanno sempre più bisogno di conoscere il mercato urbano-territoriale, adeguarvisi ed indirizzarvi progetti e servizi altamente qualificativi, dotandosi di valide tecniche gestionali, organizzative e di marketing per assicurarsi il positivo riscontro della domanda. L’apporto del marketing urbano-territoriale si rileva pertanto strategico anche se resta piuttosto debole; alla luce dei futuri scenari caratterizzati dall’assegnazione a Milano del ruolo di “città ospitante” dell’Esposizione Universale 2015, si può dire che al marketing urbanoterritoriale sia stato ritagliato il giusto significato e il giusto ruolo. L’autore identifica nel marchio “Milano” un brand di millenaria tradizione, frutto di sedimentazioni complesse, una città nella quale sono racchiuse una sintesi dei valori simbolico-identitari tra il percepito interno, il comunicato e il percepito esterno. Il Brand Milano è visto come un “prodotto città/territorio” distinto dagli interventi promozionali regolati, del marketing territoriale. E’ tempo che l’offerta urbano-territoriale esca dai ranghi politico-burocratico-amministrativi e grazie al marketing scopra il suo “mercato”. E’ proprio l’atmosfera competitiva che spinge città e territori a dotarsi dei giusti strumenti, delle giuste tecniche, dei giusti vantaggi per vincere la concorrenza urbano-territoriale, riuscire così a riscontrare ed attrarre in maniera ottimale la domanda. Il libro mette in evidenza da un lato il profilo di una città che trova nella po-

litica e nella amministrazione pubblica un punto di sintesi: l’area economica (investimenti, finanza, produzione, distribuzione, commercio, lavoro); l’area socio-urbanistica (organizzazione dello spazio della convivenza, servizi, infrastrutture e dinamiche sociali di adattamento); l’area culturale (arte, lingue, patrimoni, spettacolo, sport, creatività, educazione, scienza, ricerca). Di fronte alla necessità da parte delle amministrazioni locali, regionali, provincie e comuni, enti pubblici, aziende pubbliche nazionali e territoriali, comunità montane, camere di commercio, università, agenzie per lo sviluppo territoriale, di conoscere, segmentare il “mercato urbano-territoriale”, posizionarvi con efficacia l’offerta, comunicare e promuovere, organizzarsi, pianificare e controllare, si svolgono analisi, indagini, proposte attorno all’evento Expo 2015. Una buona lettura per professionisti del settore e coloro che intendono accrescere le specifiche conoscenze professionali in materia di marketing applicato al territorio.

no6 - 2009 - dm&c

49


Fatti & Persone

Pubblicità in ripresa Non è una crescita sfolgorante, ma anche in Italia la pubblicità nel 2010 è tornata in attivo, +2,7%, pari a 1,3 miliardi nei primi due mesi. Diverse le percentuali dei vari media: la radio vanta un +11% (58 milioni di fatturato) rispetto allo stesso periodo del 2009, un bel 23% il cinema, ma su ricavi molti inferiori, la Tv +4,9 (719 milioni) e i quotidiani +1. Dato questo non disprezzabile, sia perchè riguarda 197 milioni di fatturato in più, sia perchè la free press invece è crollata a -6,7% e i periodici addirittura a -14,1%. Stabile l’incremento di Internet, +3,8. I dati Nielsen sul I trimestre indicano +4% e un aumento delle aziende inserzioniste, comprese le PIM. Tra i settori che investono di più, l’alimentare (+14% per 303.242), le telecomunicazioni (+14%) e quello di finanza e assicurazioni (+10,8). Si vota per il premio Assorel Rien ne va plus. Si sono concluse le iscrizioni ed è ripartita la sfida delle campagne pubblicitarie per aggiudicarsi il XIII Premio Assorel, il più prestigioso riconoscimento del settore delle Relazioni Pubbliche in Italia. Collegandosi al sito de ‘L’Impresa’/ Gruppo 24 ORE - www.limpresaonline.net, partner dell’iniziativa, sino al 30 luglio 2010, è possibile votare la campagna ritenuta meritevole del premio a giudizio degli internauti. Ad essa verrà assegnato il “Premio Speciale L’Impresa”. “Bugiardini” istruzioni da semplificare

50 dm&c - n 3 - 2010 o

Qualche miglioria è stata fatta, ma le istruzioni per l’uso del farmaco nella confezione continuano a non avere un linguaggio comprensibile. Lo conferma una recente indagine sui farmaci da banco condotta dall’Ossevatorio della Comunicazione dell’Università di Pisa per conto

di Coop. Molti termini generano confusione così come le istruzioni sul dosaggio. Ma in Italia si è restii a semplificare il linguaggio (malgrado una circolare ministeriale del 1997) e anche a usare il “test di leggibilità”. E’ previsto da una direttiva europea del 2001 e da noi recepita nel 2006, ma non utilizzata. In altri paesi invece si verifica che le informazioni dei “bugiardini” siano chiare e utili, intervistando gruppi di persone, target di quel farmaco. Imprese in rete opportunità per le aziende Grande opportunità di cooperazione per le aziende, specie quelle piccole. E’ “Rete d’impresa”, l’iniziativa di Confindustria, volta ad ampliare le relazioni anche tra realtà molto distanti fra loro. All’agenzia creata da Confindustria hanno già aderito 21 federazioni di settore e associazioni di categoria o di territorio e altre 25 stanno per farlo. “Rete d’impresa” nasce per promuovere progetti da portare avanti insieme da parte di aziende che non potrebbero farlo singolarmente, e a cui vengono offerti servizi extra, ad esempio corsi di formazione. L’uso di Internet 2, la banda larga veloce, che costituisce parte del business, permette di allargare le attività, estero compreso, e di creare una piattaforma tecnica che mette in contatto fornitori e clienti. La fabbrica star del cinema Antonioni, Soldati, Blasetti, Alain Resnais: fino agli anni Settanta ci furono film che avevano per protagonista la fabbrica, spesso diretti e recitati da grandi nomi del cinema. Erano pellicole destinate a un uso interno e pubblicitario, ma importanti come politica industriale e per diffondere la valenza della fabbrica. Fiat, Ansaldo, Olivetti, Edison, Eni, tutte le grandi fabbriche contribuirono ad arricchire questo patrimonio, venu-


to alla luce solo da pochi anni. Ad esso è dedicata la rassegna Memoria contesa/Memoria condivisa. Il lavoro nei documenti filmati dell’impresa e del movimento operaio, che è stata esposta a Torino, Ivrea e Roma e che si propone come la prima edizione di un vero e proprio festival di cinema del lavoro da tenersi ogni anno per presentare opere originali, preziose e del tutto sconosciute. L’università garante dell’azienda Prima fu il dentifricio, poi il vino: un docente testimonial della qualità del prodotto ed ecco l’università è nel mondo degli spot. Una sinergia, in cui l’azienda mette un suo prodotto e l’ateneo nome e autorevolezza. Ma mentre per l’azienda questo sigillo è una garanzia prestigiosa, per l’università è anche un rischio. Da questa collaborazione può avere un ritorno di immagine e l’occasione per far conoscere i risultati di una ricerca alla gente e agli imprenditori per ulteriori contatti e ricerche. Un vantaggio è anche il ritorno economico da reinvestire: l’università di Bologna nel 2009 ha ricavato 20 milioni di euro da attività svolte per esterni. Il grosso rischio però è la perdita di credibilità se il prodotto non è di qualità, meglio allora se è frutto della ricerca dell’università. Sul web c’è lo“skin advertising” Tra le novità online, alcune imprese hanno incominciato ad adottare lo “skin advertising”, un nuovo modo di fare pubblicità, per cui gli annunci si dispiegano proprio come una pelle, avviluppando l’home page di un sito. C’è chi pensa che il visitatore del sito potrebbe viverlo come un disturbo, ma chi è favorevole obietta che l’intrusione viene facilmente perdonata, se il sito offre servizi gratis come fa, ad esempio, un quotidiano con le notizie.

Confindustria compie cent’anni La Confindustria ha celebrato in modo eccellente il suo centenario con una bella mostra, Cento anni di imprese, alla Triennale di Milano. Trecento fotografie potrebbero sembrare troppe, ma sono state suddivise in 23 aree tematiche e alternano documentazione storica e immagini di fabbriche, annotazioni sociali e quelle politiche. Un percorso molto evocativo e tanti modi di cogliere la realtà, spesso sorprendendo con i contrasti, una Lambretta in cascina, una sfilata di moda nell’ex Ansaldo, per rivisitare la storia dell’industria italiana e riflettere su chi eravamo e capire chi siamo ora: un’operazione necessaria in questo momento di grandi trasformazioni e perdita d’identità. Primo quotidiano italiano sull’iPad L’iPad é appena uscito e c’è già un giornale italiano che si può scaricare e leggere su questo minischermo. Dal 15 maggio era solo per i lettori negli Usa, ma dal 28, quando il prodotto è approdato sul mercato italiano e di altri 8 paesi industrializzati, si può leggere così anche nel nostro paese. E’ un’esperienza nuova e, per i primi mesi, gratuita: sullo schermo, usato in verticale (landscape) od orizzontale (portrait), il quotidiano compare in miniatura; basta il pollice destro per sfogliare le pagine, pollice e indice allargati per ingrandire l’articolo scelto, mentre uno dei tre pulsanti in basso apre una finestra con gli aggiornamenti in tempo reale dal sito. Con questa versione su iPad si spera di raggiungere un target di lettori digitali, anche perchè a breve questi potranno accedere anche a contenuti multimediali.

no3 - 2010 - dm&c

51


Comunicazione & Benessere

Antonella Lucato

La rivoluzione delle donne dal recente passato al presente per costruire un futuro migliore. Diamo uno sguardo sino agli anni 50

Passo passo sul percorso della evoluzione dell’universo femminile

Una strada ancora lunga Prima Parte

52 dm&c - n 3 - 2010 o

- “Il valore del pensiero femminile, una risorsa per l’economia mondiale” questo il titolo del primo Salone Internazionale dell’Economia e del Lavoro Femminile per rappresentare l’universo Donna. L’evento, dedicato all’illustrazione e all’analisi sociale ed economica del lavoro e del ruolo della donna nella famiglia, nelle professioni e nell’impresa è stata un’opportunità per presentare, confrontare e promuovere esperienze e conquiste, idee e progetti. In un mondo in cui le leve decisive del potere sono in mano agli uomini, in cui la ricerca scientifica, il diritto e la religione parlano ancora prevalentemente un linguaggio maschile, il lavoro è stato per le donne un percorso di trasformazione lungo, faticoso e contrastato. E continua verso nuovi orizzonti sino a pochi anni fa preclusi. Ieri filandere, mondine, braccianti, sarte e maestre oggi sono tante le donne che si battono in prima linea per cause sociali. Molte hanno vinto la sfida di conciliare vita professionale e vita priva-

ta, anche se nessuna posizione può considerarsi conquistata una volta per sempre. Pari opportunità Per le pari opportunità, intese come libero confronto di competenze e capacità la strada da fare è ancora lunga. Va cambiato il modo di esercitare il potere, meno conflittualità tra uomini e donne. Nei primi quarant’anni del Novecento per un’italiana della media e alta borghesia tutti gli accessi sia professionali che dirigenziali erano preclusi: procreare e allevare figli era pressoché l’unico compito consentito dalla società. Anche se aveva in tasca un fior di laurea non poteva, per esempio, entrare nella magistratura ordinaria, la legge che ha permesso l’ingresso alle laureate con parità di titoli degli uomini è stata varata solo nel 1963. E dello stesso anno è la legge che ha proibito la pratica del licenziamento per la donna che si sposava. Prima alle donne, al momento dell’assunzione veniva fatta firmare


Antonella Lucato La comunicazione nelle sue diverse forme espressive è il filo conduttore che accompagna studi, formazioni e attività di una vita. Il Gesto e la Parola, la Relazione tra comunicazione verbale e nonverbale è stato il tema della tesi in Relazioni Pubbliche all’Università Iulm di Milano. Master in linguaggi espressivi, psicologia della comunicazione e psicosomatica, un’intensa attività di comunicazione in note aziende multinazionali e l’insegnamento in prestigiose Scuole di formazione arricchiscono l’esperienza sino all’approdo alla scrittura. I libri pubblicati, diversi per genere, in comune hanno la ricerca interiore, l’arte sottile di scoprire e conoscere se stessi. Scrive per testate italiane ed internazionali. una lettera di dimissioni chiamata “clausola di nubilato”, in poche parole quando si sposava veniva licenziata. Salire ai vertici Progettare di salire ai vertici di un’azienda, spesso anche se era quella di famiglia, era quasi impossibile a meno che il padre fosse di ampie vedute, non ci fosse un fratello pronto a contenderle il posto o un marito che non la obbligasse a stare a casa a prendersi cura dei figli e di lui stesso. Molte le donne che s’industriavano e creavano piccole aziende familiari molto diffuse in particolare in Veneto e Toscana. Una sorta d’ imprenditrice di stampo nostrano che metteva insieme un talento manuale e un fiuto commerciale e formava microaziende con altre donne. Operose formichine che rimasero però dentro un ristretto orizzonte. Nelle grandi aziende i percorsi femminili portavano, nella maggioranza dei casi, verso la direzione del personale. Di self-made woman ancora neanche a parlarne. Senza la certificazione universitaria e una preparazione culturale e professionale elevata, anche la più intelligente e dotata delle impiegate non avrebbe mai potuto entrare nella stanza dei bottoni, il suo destino si fermava alla stanza dei campanelli. La scalata al patriarcato poteva essere facilitata dall’intervento di un uomo potente, soggiogato dal fascino della donna in questione, capitava che la segretaria fosse tanto più apprezza-

ta dal capo quanto più si fosse mostrata diligente e premurosa come una mamma, possessiva come una moglie, intuitiva e complice come un’amante. Nella seconda metà degli anni quaranta la società si divideva in due parti compatte: fuori gli uomini al lavoro e all’esercizio di potere, dentro le donne ad allevare i figli. Abbandonare la casa per andare a cercarsi uno stipendio era vista ancora come una rivoluzione, difficile sottrarsi al tradizionale predominio maschile. Le donne votavano ma non facevano le leggi e per almeno un altro paio di generazioni i maschi crebbero nella convinzione che una società sana richiedeva che le femmine restassero ad occuparsi della casa. Resisteva una legge del 1938 che limitava al massimo al 10% l’assunzione di donne nei pubblici uffici. Mosca bianca Negli anni cinquanta la donna che faceva carriera era una mosca bianca. Adele Racheli fu una delle primissime donne a laurearsi in ingegneria al Politecnico ma era l’eccezione che non poteva che confermare la regola: di ingegneri donna in contesti maschili ce n’era una e bastava. Professioniste, avvocatesse, medici, architetti che riuscivano a raggiungere livelli eccellenti erano rarissime e per giustificare il loro successo si raccontava che fossero strane creature, donne con attributi maschili. (continua)

no3 - 2010 - dm&c

53


Comunicazione Sociale All’Accademia “Anni Verdi” di Milano fanno riferimento molti cittadini che vogliono soddisfare le loro esigenze di socializzazione e culturali

Una Università per le molte età Informazioni Anni Verdi Volontariato onlus Viale Corsica 68 20137 Milano Tel: (+39) 0236507288 Fax (+39) 0236509487 info@anniverdiuniver.it www.anniverdiuniver.it Codice Fiscale: 97113180158

- Chi siamo Un gruppo, quasi tutti autentici professionisti, talvolta anche noti e di successo, che dedicano gratuitamente il loro tempo nel vero spirito del sociale e delle Onlus quale Anni Verdi è. Proprio a questa semplice e premiante, quanto defatigante, filosofia va il potere aggregante e coinvolgente nei confronti sia del singolo e sia del gruppo. Non è un caso se molti dei discenti e frequentatori dell’ Accademia Anni Verdi si siano fatti “coinvolgere” nell’ attività dell’ Università della Terza Età, per diventare, a loro volta, impegnati collaboratori. Dove siamo Dopo un lungo peregrinare per Milano ci siamo fermati, e consolidati, in Zona 4, 20137 Milano in viale Corsica al 68, dove su un intero piano in una struttura moderna, si trovano aule per le molte materie trattate e spazi sia per il teatro sia per la ginnastica. Cosa facciamo

L’EDITORE

Da quasi un ventennio, Anni Verdi, con i suoi 80 docenti, con i suoi 20 collaboratori e con la presenza di tanti partecipanti, circa 300 all’ anno cerca di soddisfare sia le molte facce delle esigenze culturali sia le esigenze di socializzazione. La curiosità di molti e la convincen-

te, a volte entusiasmante, disponibilità dei docenti consente di andare oltre il semplice piacere dell’ incontro del tempo libero per arrivare alla concreta acquisizione di nuove capacità, che vanno dall’ uso del computer al comprendere e al parlare lingue straniere, dall’ uso della fotocamera digitale alla comprensione dell’ arte moderna, e cosivvia. Come operiamo La nostra iniziativa si struttura, a grandi linee, in due parti: cultura e solidarietà. L’ attività si basa su corsi che spaziano dal settore umanistico e artistico a quello scientifico ed informatico, congiuntamente a consulenze legali e fiscali gratuite, al tutto si aggiungono incontri sull’ attualità, visite guidate, partecipazioni a spettacoli o eventi sempre a titolo gratuito. Il tutto per facilitare l’ acquisizione e la verifica di nuove e utili competenze. Va detto che le “nuove competenze”, derivate dai corsi, non sempre costituiscono solo elemento di puro svago intellettuale ma, date le contingenze, diventano promotrici di piccole ma importanti attività anche professionali. Dell’ attività dell’ Accademia Anni Verdi, Università per le Molte Età, se ne sono accorti anche “a palazzo” infatti, il Comune di Milano ha voluto attribuire alla Onlus un importante segno di apprezzamento con l’ assegnazione dell’ Ambrogino d’ Oro



Comunicare con i Convegni Giovanna Risso

Nei comuni dell’entroterra ligure si possono trovare interessanti e poco noti borghi che trasudano di storia, di cultura e di tradizioni Quando un congresso riserva “qualcosa di più”

Voltando le spalle al mare - Tra i Comuni dell’entroterra Savonese si possono consigliare le visite di: Zuccarello (il borgo medievale fondato il 4 aprile del 1248 dai marchesi di Clavesana è situato nella valle del torrente Neva, a monte della confluenza di quest’ultimo con il torrente Pennavaire, dall’unica frazione di Martinetto e dalla borgata storica di Sant’Antonio. Di notevole interesse sono anche i beudi, lunghi canali che servivano per alimentare frantoi e mulini e per portare l’acqua nel borgo. Percorrendo la Via del Roso che collega il borgo si può ammirare la cura che era riservata all’acciottolato in pietre di cava sbozzate e disposte ad arte per impedire ristagni d’acqua. Si arriva quindi alle rovine del castello, già esistente prima della fondazione del borgo sottostante e databile tra il 1200 e il 1248); Castelvecchio di Rocca Barbena (bellissimo borgo ligure risalente all’XI secolo. Abitazioni in pietra

56 dm&c - n 2 - 2010 3

Le caratteristiche abitazioni in pietra del centro storico si abbarbicano sul monte quasi a voler raggiungere il castello che si innalza imponente e dominante sulla rocca Barbena, alta 1.142m, da cui prende il nome il paese. Attraversando il borgo spesso e volentieri la nostra vista cattura angoli non intaccati dal tempo come gli

antichi lavatoi e i caratteristici forni che formano gobbe sporgenti visibili dai muri esterni delle vecchie case. Percorrendo gli stretti carruggi notiamo gli archetti antisismici in pietra che collegano le abitazioni); Balestrino (il comune è situato nell’entroterra di Loano, a sette chilometri dalla costa della riviera ligure di ponente. Borgo caratteristico, tra le altre cose, per lo sfruttamento dei terreni con lo spostamento delle coltivazioni di ulivi, legumi e cereali lungo le pendici montane grazie alla tecnica delle terrazze, tipiche di molti paesi della Liguria di cui si conservano ancora evidenti tracce) e molti altri. Una sistemazione strategica Tutte queste località sono situate a breve distanza dal Loano2Village, aperto tutto l’anno, dove il turista potrà ristorarsi godendo dei confort e dell’accoglienza offerti con la possibilità di dedicarsi durante il soggiorno ad altre piacevoli visite nei borghi più suggestivi e straordinari che la nostra riviera offre. Questo è solo un assaggio del territorio ligure, tutto da riscoprire, voltando le spalle al mare. Ai professionisti del settore lo stimolo per organizzare momenti emozionali anche in occasione di eventi, viaggi di incentivazione e programmi post congress! (Ufficio Marketing Loano2Village)



Comunicare con i Convegni Erminia Casadei

Con base a Catania si possono raggiungere le più belle località della Sicilia che offrono paesaggi e scenari completamente diversi fra loro

Seguendo orme inconfondibili impresse dalla storia

Il valore delle emozioni

58 dm&c - n 3 - 2010 o

- “Viaggiare è come sognare, la differenza è che non tutti, al risveglio, ricordano qualcosa, mentre ognuno conserva calda la memoria della meta da cui è tornato …” Come sono vere le parole di Edgar Allan Poe. Non sempre ricordiamo ciò che sogniamo, ma difficilmente dimentichiamo ciò che abbiamo visto durante un viaggio. Paesaggi, profumi, odori, suoni, musiche, persone, luoghi, sensazioni, emozioni! E proprio le emozioni ci permettono di rievocare il ricordo di ogni singolo momento. Questo è ciò che ho provato di ritorno dal mio soggiorno nell’isola degli agrumi, dove la bevanda che tutti consumano ogni giorno è una sana spremuta di arancia, non un’arancia qualunque, “quella” di Francofonte, perché lì sono più buone! Belle e piene di atmosfera le tavolate siciliane, tra le pietanze davvero di tutto e di più, ma soprattutto il calore umano di persone, che anche se hai appena conosciuto, ti trattano come uno di famiglia. Qui vige l’usanza “dell’aggiungi un posto a tavola che

c’è un amico in più” … Paesaggi davvero mozzafiato, percorrendo la litoranea di Taormina, una passeggiata per le viuzze e l’odore dei limoni, che tutto inebria. Lasciando questo piccolo angolo di paradiso raggiungiamo Catania, una città davvero molto bella, sia per le sue strade, le sue piazze ed i suoi monumenti, ma anche per i giovani che la popolano, vivaci, allegri, pieni di energia, un’energia che si respira in ogni angolo della città. Una passeggiata per vedere il Teatro Romano, l’Odeon, l’Anfiteatro e le Terme Achilliane e i numerosi monumenti barocchi, come la Cattedrale di S. Agata, la Chiesa di San Benedetto e la Fontana dell’Elefante, con una sosta sulla Via Etnea, il salotto della città, che attraversa Catania da sud a nord e che ha come prospettiva la sagoma incombente dell’Etna, che sembra vegliare su tutta la città. Il nostro itinerario prosegue poi verso Aci Castello, uno sperone di roccia lavica, inaccessibile per tre lati e Aci Trezza, antico borgo marinaro conosciuto anche come Riviera dei Ciclopi. Il nome si rifà ad un


episodio della mitologia greca dove Ulisse catturato da Polifemo riesce a scappare dopo averlo accecato. Polifemo ormai cieco scaglia contro la nave di Ulisse in fuga tre massi, quelli che il Verga nel suo romanzo “I Malavoglia” chiama Faraglioni. Il più grande di questi scogli è conosciuto come Isola Lache, oggi riserva naturale protetta, che ospita diverse specie animali, tra i più rari ed importanti la Lacerta ovvero una specie di lucertola endemica presente solo in questa isola. Raggiungiamo poi la splendida “Ortigia”, un’isola nella città, la vecchia Siracusa, una vera testimonianza del passato con i suoi antichi palazzi. Ogni piccolo angolo, ogni punto della cittadina descrive un pezzo del suo passato. Ortigia, come pochissimi altri centri storici, mostra, senza soluzioni di continuità, tutte le epoche che ha attraversato, dalla fondazione ai giorni nostri. I Greci, i Romani, i Bizantini, gli Arabi, i Normanni, gli Svevi, gli Aragonesi, i Catalani, i Savoia hanno impresso su questa meravigliosa isoletta orme inconfondibili, hanno scritto le pagine indelebili di questo immenso libro di storia dell’arte, che attende solo di essere letto con attenzione. Una sosta al mare ad Ognina dove, quasi sempre, le giornate sono calde abbastanza per passeggiare e apprezzare la brezza marina di questo nostro clima mediterraneo. Concludiamo il nostro meriggiare assaporando un’ottima granita siciliana alle mandorle, passeggiando per le vie di Noto, espressione del “ba-

rocco” a 360 gradi e patrimonio dell’Unesco, una meta da non perdere. Quante belle località si possono visitare in un fine settimana grazie alla facile raggiungibilità dei luoghi con paesaggi e scenari completamente diversi tra loro, ma tutti territori straordinari, che suggeriamo a tutti di scoprire o di prendere in considerazione per organizzare eventi ed incentive. Noi un’idea di ospitalità potremmo suggerirvela: Ora Grand Hotel Villa Itria Congress, Resort & SPA (www. orahotelsgroup.eu), un nuovissimo albergo di prossima apertura (estate 2010), a circa 15 km dal centro storico di Catania e all’interno del Parco dell’Etna, location ideale per chi ama il relax e la tranquillità, 100 camere, 2 ristoranti, American Bar, un roof garden, una sala lettura, piscina all’aperto, Centro Congressi con 4 sale meeting (sala plenaria sino a 500 persone), splendido centro benessere con piscina coperta. Che ne dite? Ne parliamo?

ORA Grand Congress R Hotel Villa Itria Viale Garibesort & Spa 95029 Viag aldi, 62 CATANIA - rande Tel. +39 05 Italy Fax. +39 0521 1917481 email: info 21 1917482 @orahotels group.eu

no3 - 2010 - dm&c

59


Club dell’Osso

Demetrio Minutilli

Un soggiorno nella Marca Trevigiana ci rafforza nella nostra idea che c’è tutta un’Italia che vale la pena scoprire

Tra vino, storia e natura

www.clubdellosso.it clubdellosso@clubdellosso.it

60 dm&c - n 3- 2010 o

Il benvenuto ai partecipanti è organizzato a Treviso, nel Lounge di Villa Pace (nella foto) con un aperitivo a cui fa seguito una cena di Gala a lume di candela con accompagnamento musicale. Il giorno dopo è dedicato ad una presa di contatto alle terre trevigiane. Ci si avvia sulla Via del Prosecco, da Treviso a Valdobbiadene, tra colline e città d’arte in una full immersion di sguardi, profumi, colori e sapori. La prima tappa è prevista a Villa Sandi. Visita della tenuta: una cornice luminosa, tra le verdi Colline della Marca Trevigiana, accoglie Villa Sandi, splendido edificio palladiano risalente al 1622 e oggi sede dell’Azienda vinicola. La Villa è un felice esempio di quel connubio tra arte e agricoltura che ha caratterizzato il paesaggio veneto dei secoli passati. Villa Sandi sorge ai piedi delle Colline trevigiane , tra le zone DOC del Prosecco di Valdobbiadene e quelle DOC dei Vini del Montello del Piave. Ma essendo nella zona del vino anche la prossima tappa è dedicata al “nettare degli dei”. Si punta dritti alla Bottega del Vino presso la tenuta di Valdobbiadene di Villa Sandi dove è prevista la degustazione dei loro pregiati vini. Un light lunch servito a buffet nella ridente corte interna della Azienda con assaggi tipici della cucina trevigiana . Ma Treviso è a due passi da Venezia e la tentazione di un’occhiata alla laguna è irresistibile. E appunto ci rechiamo a Venezia dove, percorrendo a piedi Campi e Campielli arriviamo a Palazzo Giovanelli & Gran Canal, splendido Palazzo del cinquecento trasformato in un

Boutique Hotel. Visita alla struttura, poi una passeggiata per Venezia, per poi rientrare, dopo un aperitivo sul Canal Grande, a Treviso. La cena, dedicata alla degustazione di piatti locali, è organizzata nel ristorante “Bolognese” nella veranda “Giardino d’inverno”. La giornata successiva è dedicata alla visita della città di Treviso: incontro con la Guida presso Villa Pace e giro delle mura rinascimentali con il pullman. Visita quindi del centro storico a piedi: i canali , le case affrescate, l’Isola della Pescheria, i Buranelli, P.zza dei Signori e Palazzo dei Trecento, il quartiere dell’Università e Ponte Dante , Piazza Duomo e le Canoniche. Visita ad uno dei più belli Palazzi affrescati privati, testimonianza della nobiltà veneziana in terra ferma. Un Buffet lunch conclude la bella esperienza trevigiana.


dmc mc

Comitato scientifico Bruno Calchera Giornalista. Collabora con diverse realtà del Terzo Settore. Già Direttore della Comunicazione Istituzionale della Regione Lombardia, dopo essere stato Direttore della Comunicazione per l’Assessorato alle Politiche Sociali.

Marzia Curone Partner di “Relata”, Agenzia di Marketing e di Comunicazione di Relazione. Presidente del settore Direct Marketing di Assocomunicazione, Coordinatore del Comitato Interassociativo Marketing Diretto. Michele Faldi Direttore dell’Alta Formazione e delle Alte Scuole dell’Università Cattolica del S. Cuore. Ha lavorato presso centri culturali ed istituti di ricerca e formazione in Italia e all’estero. Da sempre si è occupato di Higher Education.

Chiara Grosselli Responsabile del Marketing e delle Comunicazioni per l’IBM in Italia, delle Relazioni Esterne e della Fondazione IBM Italia. Collabora con diverse associazioni per sostenere l’imprenditoria femminile. Ha vinto il Premio “Marisa Bellisario”.

Alessandro Lucchini Giornalista e copywriter, è autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi di business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano.

Maurizio Nichetti Architetto, mimo, sceneggiatore di cartoni animati, attore, autore, regista di film di successo e di cortometraggi. Debutta nel cinema con Ratataplan, a cui faranno seguito una decina di altri film. Lavora anche per il teatro e per la televisione. È direttore artistico del teatro film festival di Trento. Mario Pasquero Dopo esperienze in aziende leader del Largo Consumo (Ferrero, Diageo, Paglieri) in ambito Marketing e Commerciale entra in Poste Italiane come Direttore Marketing di Postel e poi nella Capogruppo Poste. Oggi è consulente specializzato in Direct Marketing e Product/Trade Marketing per il Largo Consumo.

dmc

dm & comunicazione

Fondato nel 1987 Rivista di Direct Marketing, Marketing e Comunicazione d’Impresa Autorizzazione tribunale n° 300 del 19/04/1991 Sped. abb. post. 50% - Anno 23 - n° 3 del 2010 Prezzo di una copia 5 Euro Abbonamento annuale (6 numeri) 25 Euro - www.miabbono.com/dmc Direzione, Redazione, Grafica, Amministrazione: Via Spallanzani 10 - Porta Venezia - 20129 Milano tel. +39.02.74.22.22.1 - fax +39.02.74.22.22.23 e-mail: redazione@dmconline.it - www.dmconline.it Direttore Responsabile: Ugo Canonici (direzione@dmconline.it) Capo Redattore: Sarah Canonici Redazione: Carlo Cremona, Grazia De Benedetti, Luca Palestra Coordinamento Redazionale e Grafica: Davide Canonici (davide@dmconline.it) Editore Incaricato: Bruno Calchera Collaboratori: Fabrizia Vania Calzavara, Erminia Casadei, Pier Giorgio Cozzi, Vittoria A. D’apice, Antonio Ferrandina, Silvia Frattini, Valentina Guerra, Axel Lo Guzzo, Antonella Lucato, Alessandro Lucchini, Marco Maglio, Domenico Matarazzo, Demetrio Minutilli, Ugo D. Perugini, Maurizio Quarta, Andrea Rettore, Emiliano Ricci, Giovanna Risso, Margherita Ruggiero, Elena Schiavon, Mario Silvano Pubblicità: Gestita direttamente dall’Editore (pubblicita@dmconline.it) tel +39.02.74 22 22.1 Iscrizione ROC: 16511 Deus Editore s.r.l.: via Turati, 26 - 20121 Milano - P.I. IVA 11422020153

Club C3:

Il club per chi opera nel mondo della comunicazione d’impresa, ha come missione una corretta divulgazione della cultura della comunicazione.

dm&c è l’organo d’informazione del Club C3 e-mail: clubc3@dmconline.it www.dmconline.it

Bruno Patrito Silva Fondatore e presidente di Direct Channel - con oltre 30 anni di esperienza, maturata prima nell’ambito di prestigiose aziende leader dell’I.T. e trasformata successivamente in attività imprenditoriale.

Mario Silvano Presidente di Silvano Consulting, società di formazione, consulenza, marketing operativo, sviluppo quadri commerciali. Dal 1961 tiene corsi in Italia e all’estero. Autore di libri su marketing e vendita.

Roberto Vallini Già direttore della Comunicazione di AEM Milano, e vice Presidente della FERPI. Giornalista, Direttore del TG di Antennatre, è stato Portavoce del Presidente della Lombardia Roberto Formigoni, e Direttore Editoriale di Telereporter.

Gestione data base, confezionamento e postalizzazione

Via Pindaro, 17, 20128 MILANO Tel. +39 022520071 Fax +39 02252007.333 E-mail: info@directchannel.it www.directchannel.it - www.miabbono.com

Qualora non vogliate ricevere più questa pubblicazione potete inviare una mail a redazione@dmconline.it specificando nell’oggetto “cancellatemi dal data base”.


Pensiero Libero

di Alessandro Lucchini*

Un convegno alla Provincia di Milano su come cambia il linguaggio nella pubblica amministrazione

Dalla redazione alla relazione *Alessandro Lucchini, giornalista e copywriter, Autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi business/ web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano. www.palestradellascrittura.it lucchini@msoft.it

62 dm&c - n 3- 2010 o

Un convegno alla Provincia di Milano sul cambiamento nel linguaggio pubblico. Chiaro il messaggio: dall’informazione autoreferenziale, - meglio, dall’editto - a un rapporto di collaborazione con i cittadini. L’evoluzione dalla metà degli anni Novanta lo dimostra: oggi la scrittura pubblica, oltre a essere chiara e sintetica, può a volte anche sedurre il lettore.
In futuro dovrà diventare, per dirla con Calvino (Lezioni americane), quanto più leggera, rapida, esatta, visibile e molteplice; soprattutto perché - come dice Tullio De Mauro nel sito www.dueparole.it - “chi è a servizio di un pubblico ha il dovere costituzionale di farsi capire”.
 Gianni Giagoni, direttore del personale della Provincia di Milano, ha commentato la profonda esigenza di cambiamento della comunicazione pubblica, sia interna sia esterna: una riflessione che si è allargata al cambiamento dei sistemi organizzativi già esistenti. La realizzazione di un manuale sulla comunicazione scritta (Ieri, oggi, domani), ha portato l’Ente a ripensare il proprio modo di comunicare. Renato Saccone, vice prefetto di Milano, ha testimoniato le difficoltà nel coinvolgere le forze dell’ordine in questa evoluzione linguistica. Eppure negli ultimi anni si è assistito a diversi cambiamenti: una struttura organizzativa non più impermeabile, una gerarchia ormai orientata verso l’esterno, dei procedimenti condotti non verso il singolo cittadino ma verso dei gruppi per la difesa dei diritti dei cittadini, e la difficoltà a muoversi in un eccesso di regole. Valeria Gialanella, dirigente della Regione Lombardia, ha raccontato come anche in Regione sia vivace il percorso di semplificazione. Per esempio, parten-

do dal fatto che una corretta scrittura dei bandi diminuisce i costi sociali per i cittadini e i costi amministrativi per l’organizzazione, un gruppo di lavoro ha realizzato un manuale con tutte le regole per una chiara e semplice formulazione di un bando, e fornisce anche consulenza per chi scrive i bandi. I risultati sono visibili allo sportello: i bandi semplificati facilitano la vita ai cittadini.

 Marzia Marangon, della Direzione comunicazione della Regione Piemonte, ha fatto notare come i cittadini si rivolgano ai diversi enti locali con domande trasversali. Da qui l’esigenza di una piattaforma informativa unica, da cui tutti potessero attingere risposte, con schede informative e modulistica. La prima fase ha puntato sulla tecnologia, per mettere in rete tutti gli attori; la seconda ha lavorato sulla relazione, in modo che tutti condividessero conoscenze. Per aderire alla rete ogni attore doveva sottoscrivere un impegno che era una garanzia di qualità. Lo si può riscontrare oggi nel manuale Meglio scrivere così. Mariarita Surano, avvocato capo dell’Avvocatura comunale di Milano, ha sottolineato l’importanza del linguaggio anche nella professione di avvocato. Qui i registri linguistici devono essere molto differenti, a seconda del contesto e dell’obiettivo. Realizzare un corso di scrittura efficace per gli avvocati del Comune di Milano è stato una sfida interessante, per la difficoltà a mettersi in gioco, ad ammettere i propri errori e a scardinare i propri schemi mentali. Lavori in corso, a riprova di come le barriere si sgretolano, e il cambiamento del linguaggio può ridurre la distanza tra gli apparati e la vita reale delle persone.




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.