dmc
nº.4 del 2013 - Anno 26
direttore Ugo Canonici
Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa DM & Comunicazione Organo d’informazione del Club C3
&
Comunicazione
Digitali per crescere
Poste Italiane S.p.A. Sped in a.p. - d.l. 353/2003 conv. l. 46/2004. art1.c.1 - LO/MI - Trimestrale
Marketing
Per i piccoli grandi sogni Creatività & Innovazione Studi professionali sveglia!
Comunicazione
Raccontare per immagini
Sommario
Le uscite di dm&c • n.1 marzo • n.2 giugno • n.3 settembre • n.4 dicembre
Anno 26 - no 4 del 2013
EDITORIALE 5
Abracadabra di Ugo Canonici
LA NOTA 6
Per manager determinati di Guido Montacchini
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COMUNICAZIONE 8 11 16 26
Digitali per crescere di Grazia De Benedetti Raccontare per immagini di Carlo Chendi Ce la raccontano giusta? di Pier Giorgio Cozzi Telefonate di successo di Bruno Calchera
CREATIVITÀ E INNOVAZIONE 24 Studi professionali, sveglia di Sarah Canonici
MARKETING 14 19 22 28 30 34
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Un nuovo modello di Marketing di Antonio Ponte Un’economia a misura d’uomo di Alessandra Callegari Per i piccoli grandi sogni di Axel Lo Guzzo Chi si accontenta ...rischia di Ugo Perugini Ho il marketing in tasca di Elena Muoio La globalizzazione incalza di Irina Predolova
COMUNICAZIONE CON I CANi 32 Silenzio, please di Davide Canonici
RUBRICHE 36 Club dell’Osso
PENSIERO LIBERO 38 In principio erat verbum aut numerus? di Alessandro Lucchini
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I temi trattati Direct Marketing una strategia di marketing che utilizza la comunicazione, con strumenti interattivi, verso un pubblico mirato per ottenere risposte misurabili
Marketing tutte le attività che vengono svolte per giungere alla vendita dei prodotti/servizi offerti (dalla ricerca, alle indagini di mercato, alla post vendita)
Comunicazione d’Impresa utilizza in modo integrato gli strumenti della comunicazione per far conoscere al mercato l’offerta e determinarne il posizionamento
I partner di questo numero: pag. 2 pag. 40
pag. 39
pag. 33
dmc Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa
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www.dmcmagazine.it Seguendo il passo dei tempi è nato dmcmagazine.it , il sito che si pone come punto di riferimento per tutti coloro che operano nel campo del marketing e della comunicazione di impresa. Una “agorà” nella quale ritrovarsi quotidianamente per essere aggiornati sulle ultime novità, per essere informati sulle linee e le tendenze.
La rivista dm&c, leader dal 1987, prosegue la sua opera di divulgazione della cultura del settore, appoggiandosi maggiormente sugli strumenti che la tecnologia mette a disposizione. Continua ad essere stampata, in un numero limitato di copie, e viene distribuita, nella sua versione digitale, con una news letter ad oltre 20.000 nominativi selezionati. Coloro che desiderano ricevere gratuitamente dm&c nella versione digitale possono inviare la propria mail a redazione@dmcmagazine.it o andarla a consultare sul sito www.dmcmagazine.it
Editoriale
Abracadabra E’ da un po’ che arrivano, nel mare magnum delle mail che scoppiettano nel del web, delle affermazioni che vogliono essere magicamente risolutive. “Le cinque regole per rilanciare il business”. “Quattro cose da non fare nel contatto col cliente”. “Dieci parole che rendono la trattativa vincente”. “Centocinque ‘incipit’ per una lettera che si fa leggere (qui forse si esagera un po’…)”. E non c’è settore del marketing che sia esente da queste “mani sante” che ci possono far ribaltare in positivo qualsiasi situazione un po’ traballante. E’ vero, titoli di questo tipo se ne sono sempre letti. Ma adesso mi sembra che ce ne siano in quantità industriale. E si capisce anche perché: è in momenti difficili e faticosi, quando di energia residua ne è rimasta poca, che si ha bisogno di un “aiutino” e si pensa che la formula magica abbia il suo perché. Ma quando con buona volontà vai a leggerti tutta la manfrina (perché non si sa mai), vedi che spesso si tratta di fuffa, concetti scontati e poco credibili. E allora ti chiedi cosa veramente devi fare per rendere la tua comunicazione appetibile, per convincere il tuo interlocutore che questi sono i momenti in cui uscire dall’ombra, motivare i tuoi collaboratori. E se ti guardi in giro ti appare evidente che forse non è un problema di “conoscere le quattro cose da fare per ….”, ma, prima ancora, di cercare di recuperare quei (attenzione: adesso dico una parolaccia!) valori, si quei valori che una volta si tenevano presenti e che adesso spesse volte vengono ignorati. Il valore della qualità, del rispetto delle (attenzione, una raffica di parolacce) regole, i comportamenti etici, il riconoscimento del valore del denaro, il saper tener corretti rapporti con gli altri (fornitori, competitors, collaboratori), smetterla di essere sempre più furbi degli altri. Insomma non dico di ritornare all’Eden (ammesso che ci sia mai stato) ma almeno ad un ambiente nel quale sia decente continuare a lavorare. Che bello sarebbe se anche in questi tempi quei giornali che se la tirano di essere “punto di riferimento” del loro settore riuscissero a scrivere cose utili, rappresentare fotografie di una realtà vera che potrebbero aiutare gli operatori ad orientarsi meglio e non si scatenassero solo a far markette (“ti metto in copertina come il miglior imprenditore dell’anno e mi prenoti 4 pagine di pubblicità; ti assegno il premio XY e tu …). Non sarebbe male se le varie indagini, inchieste, sondaggi dicessero il vero e non quello che fa piacere sentirsi dire. Comunque mi sembra evidente che è sempre più inutile aspettarsi un aiuto esterno. L’unico su cui puoi contare è quel signore che rivedi tutte le mattine nello specchio. Ed è con lui che, mentre osservi quella ruga in più, devi rinnovare il patto di non mollare, di provarci ancora e di saper fare un passo indietro se ti si chiedono compromessi che non hai mai accettato. E, strizzandogli l’occhio, gli dici “noi alle formule magiche non crediamo. E, se vogliamo usarne una, ci sono quelle facili, con più storia. Cosa preferisci: Sim-sala-bim o Abracadabra?”.
Ugo Canonici ugo_canonici@cleis.it
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La Nota Guido Montacchini
Anche in un “gioco” si evidenzia come l’intelligenza emotiva sia condizione essenziale per una leadership di successo. Un buon esercizio per chi vuol essere capo
Come un Reality Show può rivelare tante cose
Per manager determinati - The Apprentice (1), direte voi. Pechino Express, rispondo io. Non guardo abitualmente la televisione e, di tutta l’immensa offerta su cui mi capita di tanto in tanto di incappare in preda a zapping compulsivo, quando accidentalmente riesco ad impossessarmi di un telecomando
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incustodito, il reality show è il format che meno mi attrae. Quest’autunno mi è capitato di soffermarmi su di una puntata di Pechino Express e ne sono rimasto rapito. Per i profani come me, trattasi di un reality show, trasmesso su raidue da settembre a novembre del 2013, nella sua seconda edizione, ironicamente e sadicamente condotto da Costanti-
no della Gherardesca, già concorrente nella precedente edizione. Lungo viaggio E’ un viaggio di circa 10000 km attraverso Vietnam, Cambogia, Laos e Tailandia, con obiettivo finale Bangkok, che 10 coppie di concorrenti, famosi e non, devono affrontare senza pagare per i mezzi di trasporto, principalmente in autostop, e con un solo euro al giorno per soddisfare i bisogni primari, ricercando ospitalità presso gli abitanti dei luoghi attraversati per trascorrere la notte e per mangiare. I concorrenti devono inoltre superare una serie di “prove” che si rifanno alla cultura ed alla storia dei paesi attraversati. Risulta un bel reportage di viaggio-avventura, in paesi estremamente affascinanti, di profonda ed antica storia, cultura e tradizione, anche se molto distanti dalla nostra. I concorrenti sono seguiti dalle telecamere durante i loro spostamenti ed il montaggio sapientemente narra i momenti cruciali delle diverse tappe: le difficoltà nel comunicare con i locali senza la possibilità di una lin-
I vincitori dell’edizione 2013: MassimilianoRosolino e MarcoMaddaloni
gua comune, i tentativi di conquistare la fiducia e di farsi ospitare a casa, la sorpresa nello scoprire usanze diverse e nell’adattarsi con rispetto per gli ospiti, i momenti di debolezza e sconforto, la sfida tra le coppie. Vincono gli olimpionici Ed è così che la coppia degli sportivi (i simpaticissimi olimpionici Rosolino e Maddaloni), entrambi partenopei, hanno la meglio nella tappa finale sulla coppia delle grintose ed agili modelle messe in seria difficoltà in una delle prove conclusive, quando si sono trovate ad affrontare un prelibato piatto di insetti fritti di vario colore e dimensioni, divorato non senza disgusto. Intelligenza emotiva Mi è ricapitato tra le mani la scorsa settimana un “classico” articolo di Daniel Goleman (2) che riassume come l’intelligenza emotiva sia condizione essenziale per una leadership di successo richiamando e descrivendo le sue 5 componenti: consapevolezza di sé, come profonda comprensione delle proprie emozioni, punti di forza e debolezze, esigenze e stimoli, e conseguente capacità di produrre risultati; dominio di sé, la capacità di controllare i propri impulsi emotivi canalizzandoli su di uno
scopo utile; motivazione, propensione a perseguire gli obiettivi con energia, passione, tenacia e persistenza; empatia, la capacità di relazionarsi con gli altri nel rispetto ed in rapporto alle loro reazioni emotive; abilità sociale, l’abilità nel costruire rapporti, gestire le relazioni, di stare insieme agli altri anche in contesti culturalmente differenti. Improvvisamente due neuroni che fluttuavano liberi nella mia scatola cranica si sono scontrati: ecco cosa mi ha tanto appassionato dello show.
(1) The Apprentice, talent show, trasmesso da cielotv nell’autunno 2012, con Flavio Briatore nei panni del boss dove aspiranti uomini d’affari devono superare una serie di prove manageriali per poter avere la possibilità di lavorare sotto le dipendenze del boss per almeno un anno con uno stipendio a sei cifre. (2) Daniel Goleman, “What makes a leader”, 1998, Harvard Business Review
La chiave del successo Una tanto naturale quanto esplicita applicazione della propria intelligenza emotiva, forte nelle sue 5 componenti, è stata la chiave del successo per le 3 coppie finaliste. Caratteristiche parzialmente meno accentuate per le pur simpatiche coppie di concorrenti man mano eliminate nel corso della gara. E’ l’esperienza del viaggio, delle radicali differenze culturali e linguistiche, della dipendenza dagli altri (sconosciuti e “stranieri”), degli imprevisti, degli obiettivi sfidanti, delle prove fisiche e psicologiche, della fatica e del fascino della scoperta, dell’affiatamento reciproco e della sportiva competizione, che permette di esaltare e di sviluppare l’intelligenza emotiva dei partecipanti in tutte le sue componenti. E’ un efficacissimo programma di coaching per i leader più intraprendenti!Per la prossima edizione candido quindi la coppia dei manager.
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Comunicazione Grazia De Benedetti
Il progetto, che si basa sulla collaborazione pubblico/privato, punta a raggiungere sul territorio 1 milione di piccole e medie imprese e 200mila giovani, favorendo la ripresa
Prevista una importante interazione con le principali università
Digitali per crescere - Un piano per l’Italia: il sottotitolo del
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progetto è ambizioso, ma nella crisi, che in Italia sta diventando palude, l’iniziativa di Microsoft, “Digitali per crescere”, è un aiuto alle piccole imprese, per crescere e competere con quelle estere, ed ha grosse potenzialità. La digitalizzazione delle pmi, oltre il 90% delle aziende, risponde alla loro esigenza di essere più snelle, flessibili, efficienti e mobili, ed è quindi strategica per aumentare ricavi e occupazione, a vantaggio dell’intero tessuto economico nazionale.
contesto esterno. Le idee vengono da tante persone con esperienze diverse. -dice Carlo Purassanta, ad di Microsoft Italia. -La correlazione tra innovare e crescere è dimostrata da una ricerca Microsoft/Boston Consulting Group: le imprese italiane più tecnologiche hanno aumentato più delle altre in fatturato, 13% (2010-2012), e occupazione, 10% (2010-2013). Inoltre le aziende che crescono maggiormente nei 5/10 anni dopo una crisi, sono quelle che hanno investito di più durante-.
Progetto innovativo
Un modello di collaborazione
La novità del progetto è il coinvolgimento di università, dipartimenti tecnologici e studenti, chiamati a interagire con le imprese. L’obiettivo è attivare un doppio circuito virtuoso. -L’innovazione non nasce più in laboratorio, ma dalla collaborazione multidisciplinare in azienda, più il
Digitali per crescere è un modello di collaborazione pubblico-privato, che punta su due fronti prioritari, crescita delle pmi e occupazione dei giovani: raggiungere capillarmente sul territorio 1 milione di piccole e medie imprese e 200mila studenti, facendo leva sulle nuove tecnologie. A questo scopo si stanno aprendo in
tutta Italia Laboratori di Esperienza Digitale (Led), in collaborazione con le principali università, luoghi di incontro e collaborazione, dove organizzare seminari e workshop di formazione gratuita, con i partner Microsoft del territorio e il personale universitario, per aiutare sia le pmi e i professionisti locali in un percorso d’innovazione, sia gli studenti ad acquisire competenze secondo gli attuali trend tecnologici, per diventare gli esperti IT di domani. In ogni ateneo, dopo un evento di presentazione, le imprese saranno invitate, uno o due giorni a settimana in un luogo attrezzato, ad assistere alle applicazioni dei nuovi device, illustrate dagli stessi studenti. -Questi avranno così l’opportunità di fare un passo dentro alle imprese, in vista del loro futuro lavorativo. -spiega Carlo Purassanta -In Italia si è investito finora meno della metà in informatica rispetto ad altri paesi europei, come Germania o Francia, perciò, se cominciamo a utilizzare il digitale come acceleratore della crescita, abbiamo un ampio spazio da esplorare. Bisogna contestualizzare l’esperienza, è una questione di linguaggio tra chi sa e chi ne ha bisogno. A livello locale In Italia, data l’economia “granulare” sul territorio, le idee, invece che nelle solite Milano e Roma, vanno portate a livello locale, creando un ecosistema. E farlo con le Università è una doppia scommessa: sulle aziende e sugli studenti-. Nel primo anno, grazie a un investimento in comunicazione, formazione e supporto, e a un grosso lavoro organizzativo, i progetti si svilupperanno in 13 Regioni, con l’obiettivo di coinvolgere direttamente 300.000 aziende, portandone 10.000 negli atenei e un milione a recepire l’importanza delle nuove idee, e di realizzare 5mila progetti e comunicarne 100 sul sito.
Chi fa l’esperienza, dopo 2 o 3 mesi, può raccontarla sul sito, facendo da battistrada alle altre imprese.
Taglio del nastro LED
Laboratori in tutta Italia Il primo Led si è inaugurato a Torino, con l’Istituto Superiore Mario Boella e il Politecnico, poi i laboratori di Napoli, Bari, Milano (Politecnico), e via Roma (La Sapienza), Padova, Pisa: i primi 7 atenei scelti, ma altri si stanno proponendo in tutta Italia (già probabili Genova e Trento). In contemporanea, un ciclo itinerante di eventi nelle maggiori città consentirà di toccare con mano i vantaggi delle nuove tecnologie, specie del Cloud Computing: semplice, di minor costo, si paga solo quando e quel che si usa, con un ritorno a breve termine. Per le pmi è la base per accedere a strumenti innovativi, così da attrezzarsi per competere con le grandi aziende, senza averne i problemi. In tal modo si rivoluziona anche l’offerta, rimodulandola sulle esigenze delle imprese che non possono permettersi, specie ora, investimenti importanti. Pmi e giovani potranno anche interagire con gli esperti e i partner Microsoft, usufruendo di strumenti, non solo tecnologici, come un portale di condivisione, il check up sul grado di innovazione dell’azienda, le modalità di finanziamento, la formazione virtuale, i programmi di accelerazione per start up e giovani imprenditori, attraverso la nuova piattaforma digitale (digitalipercrescere.it). Chi usa Twitter può trovare le news
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Comunicazione Consapevolezza del Cloud Secondo la ricerca Microsoft, le aziende italiane che usano il Cloud sono cresciute più in fretta di chi non lo usa: +12% di fatturato (2010-2012) e +9% di posti lavoro (2010-2013) di differenza. Inoltre le pmi che fanno uso del Cloud Computing sono più ottimiste sulle prospettive. Ma a livello internazionale, le aziende dei mercati emergenti si mostrano più informate sul Cloud (37%) e più preparate a beneficiarne (29%), che quelle delle economie sviluppate (25% e 23%), perché in Italia e negli altri Paesi avanzati migrare al Cloud implica una scelta consapevole e spesso le aziende sono più resistenti a rinnovare l’infrastruttura IT. Ecco perché il progetto, specie il LED di Milano, punta a rendere consapevoli dei vantaggi del Cloud e a poter scegliere il modello adatto alle proprie esigenze. Punto forte del LED di Milano lo showcase di nuove tecnologie e la possibilità di approfondire il tema della mobility e scandagliare 4 scenari digitali, collaborazione, mobilità, semplificazione, efficienza, che accomunano tutte le aziende e verso cui device mobili e Cloud possono offrire una risposta. -I nostri laureati saranno in grado di rispondere in modo ancora più mirato alle esigenze delle pmi e magari dar vita ad attività imprenditoriali di successo sfruttando le potenzialità del Cloud Computing e della Mobility-. dichiara Giovanni Azzone, Rettore del Politecnico di Milano. con l’hashtag #digitalipercrescere, per restare sempre in contatto e scoprire tutte le iniziative per l’innovazione e la digitalizzazione del Paese. Partner strategici
Laboratorio di esperienza digitale
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Conoscere, sperimentare, agire, comunicare sono gli imperativi del progetto, messo a punto con il sostegno del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e del Ministero dello Sviluppo Economico e con partner strategici, tra cui in prima linea, oltre alle università, Unioncamere, Gruppo Poste Italiane e Intel, nonché la Cassa Depositi e Prestiti. Fondamentale anche il ruolo delle Camere di Commercio, che assicurano i contatti con le imprese del territorio; dei numerosi IT provider, tra cui Acer, Asus, HP, Lenovo, Nokia, Panasonic, Sony, Toshiba, e degli operatori italiani, parte dell’ecosistema di partner Microsoft, che offrono soluzioni e consulenza. -Siamo feli-
ci di collaborare– ha detto Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, - Le pmi dotate di servizi digitali registrano una crescita due volte più grande, esportano due volte di più e creano il doppio di nuovi posti di lavoro, è quindi fondamentale promuovere l’innovazione, a vantaggio dell’intero sistema Paese-. -Un’iniziativa importante - concorda Vincenzo Pompa, ad di Postecom, -perché crea un’unica filiera di soggetti legati alla ricerca e all’impresa che possono fare sistema e contribuire a dare solido e costante supporto a pmi e giovani attraverso la formazione-. Va oltre Franco Bassanini, presidente CDP: -Da una ricerca è emerso che la stagnante produttività italiana dipende in parte dai ritardi della pubblica amministrazione e in parte dalle pmi. Esiste però anche un problema di politiche pubbliche: siamo al penultimo posto in Europa per connettività nelle scuole-. Una scommessa da vincere Da quando guida Microsoft Italia (febbraio 2013), Carlo Purassanta ha posto l’accento sul gap tecnologico, che attribuisce a due fattori, uno formativo: un quarto delle aziende trova arduo trovare personale competente, specie i laureati, nel digitale; l’altro è la banda larga, diffusa a macchia di leopardo in Italia. Da qui la necessità di agire in modo articolato e diffuso per una cultura digitale delle imprese. Rispetto ai vicini europei solo la metà delle aziende è attrezzata, un terzo in confronto agli USA: -Digitali per crescere nasce perché Microsoft crede nella capacità imprenditoriali dell’Italia. Vi sono carenze infrastrutturali, che si colmeranno con gli anni, ma gli Italiani hanno una grande capacità di fare impresa, di evolversi e di risollevarsi dopo un impatto negativo. Perciò noi scommettiamo su questo Paese-.
Comunicazione Carlo Chendi
La necessità di farsi comprendere anche da chi non poteva capire le parole ha favorito il diffondersi sia dei fumetti sia del cinema Una tecnica vecchia come il mondo
Raccontare per immagini - Raccontare per immagini è una tecnica vecchia come il mondo, a cominciare dalle storie di caccia delle Grotte di Altamira (roba del paleolitico superiore) ai dipinti dei templi egizi, alla Colonna Traiana … per arrivare ai fumetti dei giorni nostri. Il “raccontare per immagini” non si sa chi l’ha inventato, sicuramente gli uomini delle caverne, mentre l’altro modo di “raccontare per immagini” che è il cinema, si sa chi l’ha inventato: i fratelli Lumiere nel 1895. Ma cinema e fumetto, come li conosciamo oggi, sono “rinati”, insieme, negli Stati Uniti. Per vendere più giornali Alla fine dell’Ottocento, oltre all’arrivo di masse di immigrati da molti Paesi europei: Italia, Francia, Germania, Polonia, Russia, Irlanda e Gran Bretagna, era cominciato lo sviluppo industriale, in particolare quello delle macchine da stampa che permettevano di pubblicare giornali quotidiani a grandi tirature e addirittura a 4 colori. Due erano i grandi editori della car-
ta stampata: Joseph Pulitzer e William Randolph Hearst, quest’ultimo proprietario di una grande catena di giornali che coprivano gran parte del territorio nazionale. Il problema, per questi editori in continua espansione, era vendere sempre più copie. Tuttavia la maggior parte dei “nuovi americani”, proprio perché provenienti da svariate nazioni europee, parlavano la loro lingua: italiano, tedesco, polacco, francese e via dicendo, e conoscevano molto poco l’inglese. Solo quelli che arrivavano dall’Irlanda o dall’Inghilterra conoscevano la lingua parlata nel loro nuovo Paese, l’inglese, ma il loro numero non era abbastanza consistente per assorbire la gran quantità di copie che sfornavano le nuove rotative appena inventate. Linguaggi comprensibili Quindi gli editori dovevano conquistare i nuovi immigrati e cercare di convincerli a comprare, e leggere, i loro giornali.
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Comunicazione
La soluzione era riempire il quotidiano con molte notizie di cronaca, brevi, con grossi titoli e scritte in un linguaggio semplice, essenziale, e quindi comprensibile da tutti; e con tante fotografie. E poi pubblicando, con il dovuto risalto, qualcosa che, comunque, fosse capito da tutti, anche se dell’inglese non conoscevano neanche una parola: brevi storielle illustrate che si potevano comprendere anche senza leggere il poco testo dei dialoghi o delle didascalie: i comics, appunto. Due nuovi mezzi
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Contemporaneamente alcuni commercianti di New York (ebrei, in genere venditori di pellicce) ebbero un’idea abbastanza simile a quella di Pulitzer e Hearst: dare a questa massa di immigrati “panem et circenses”, cioè spettacoli di intrattenimento, in una forma che fosse comprensibile da tutti: la soluzione era il neonato cinema inventato da poco in Francia. Il quale cinema, essendo “muto”, quindi con sole immagini in movimento, proprio come il neonato fumetto, lo potevano capire non solo chi l’inglese non lo conosceva, ma addirittura anche gli analfabeti. Questi due nuovi mezzi di intrattenimento, che sostituivano il “romanzo d’appendice” della carta stampata e gli spettacoli teatrali con attori che in Europa riempivano i teatri recitando drammi popolari e farse, come un’epidemia, avevano immediatamente contagiato le
pubblicazioni periodiche e consentito l’apertura di numerosi “teatri”, sale cinematografiche dove si proiettavano i film. Stretta collaborazione E fin dall’inizio, i due mass media, i fumetti e il cinema, hanno collaborato, scambiandosi generi e personaggi. Charlot (disegnato da Segar, quello di Braccio di Ferro) e Topolino e Paperino, tanto per fare alcuni esempi, dal cinema erano passati al fumetto, sotto forma di strips per quotidiani. Mentre qualche personaggio fumettistico, come, esempio Popeye (Braccio di Ferro), era passato al cinema. Questa collaborazione tra queste due innovative forme di intrattenimento continua anche ai giorni nostri; anzi oggi è più facile che personaggi “fumettistici”, Superman, Spiderman, Batman, altri supereroi della Marvel e della DC, Dylan Dog, Tex e così via, passino al cinema, che non personaggi cinematografici siano protagonisti di storie disegnate. Strade diverse Da un punto di vista commerciale, però, i due generi hanno seguito strade diverse: per il cinema, che richiede maggiori investimenti economici, è stato necessario fondare case
di produzione cinematografiche che richiedevano l’investimento di grandi capitali. Il fumetto, invece, economicamente parlando, è rimasto il “parente povero”: per fare un film occorrono, oltre a notevoli mezzi tecnici, decine di persone, tra attori, scenografi, costumisti, eccetera; mentre per realizzare una storia a fumetti di persone ne bastono due: uno sceneggiatore e un disegnatore.
Il cinema, per promozionare i propri film presso il grande pubblico e la critica, ha creato i “Festival Cinematografici”: Venezia, Cannes, Berlino, Salt Lake City, e chi più ne ha più ne metta. Il fumetto non è stato da meno e ha “inventato” manifestazioni e mostre, che ormai si svolgono un po’ dappertutto nel mondo, per promozionare sia il “genere”, cioè i comics o bande dessinée o manga o historietas, e i personaggi delle pubblicazioni nelle quali essi compaiono. Ecco quindi che manifestazioni dedicate ai fumetti sono sorte a Lucca (Lucca Comics), Napoli (Comicon), Milano(Cartoomics), Roma (Romix) Torino (Torino Comics), Rapallo (Mostra dei Cartoonists); e altre a Rimini, Treviso, Catania. Tutte manifestazioni per promuovere la “Comic Art”, abbattere certi pregiudizi che qualcuno ancora nutre verso questa nuova forma di «narrazione per immagini». Compito non facile: Albert Einstein, infatti, diceva che è più facile disintegrare un atomo che un pregiudizio.
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Marketing Antonio Ponte
Ottimizzare e ridurre l’investimento pubblicitario offrendo una comunicazione immediata, efficace e strategica per un buon ritorno sull’investimento Per le piccole e medie imprese italiane
Un nuovo modello di marketing - AT MEDIA S.r.l. è una start up che si occupa di web marketing e comunicazione , che l’imprenditore Antonio Testa dirige verso il nuovo modello di marketing rivolto alle piccole e medie imprese italiane, al fine di ottimizzare e ridurre l’investimento pubblicitario offrendo una comunicazione immediata, efficace e strategica che garantisce un ritorno immediato dell’investimento da subito. Antonio Testa
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Per capire il nuovo modello Abbiamo fatto una piccola intervista per capire di che cosa si tratta e come il nuovo modello di marketing possa essere una scommessa vincente nel web 2.0. Quali sono le sue esperienze precedenti e cosa l’ha portata ad AT MEDIA S.r.l.? Prima di fondare AT MEDIA sono stato manager per concessionarie di pubblicità a mezzo stampa, televisione e su internet, tra cui Seat Pagine Gialle S.pa, partendo dal settore commerciale, fino ad arrivare a Primi sui motori S.p.a. , quando era una start up, che si occupa di web mar-
keting e posizionamento sui motori di ricerca. Nel novembre 2012 ho conferito la mia esperienza manageriale in AT MEDIA S.r.l. (che nel 2008 lavorava già come concessionaria) , una start up che si basa sull’idea di un nuovo modello di marketing applicabile alle PMI italiane. Perché ha deciso di puntare sul web? Il nuovo modello del marketing in realtà non punta tutto sul web, ma parte da un’idea creativa e da una strategia di marketing che permette di comunicare nel modo giusto sui new media e sui media tradizionali. In un momento in cui in Italia i media tradizionali e la carta stampata vengono meno, il web è uno spazio in cui inserire un nuovo modello di marketing. Oggi, infatti, le imprese stanno investendo sul digitale e sul web, noi cerchiamo di partire da qui e di ideare un marketing creativo e coerente con gli obiettivi, efficace e che sia personalizzato. Non è un’impresa semplice, molte PMI italiane hanno problemi a posizionarsi nel mercato perché non
hanno cultura di marketing e prediligono “il fai da te” per cui si affidano ai fornitori più simpatici o più bravi a vendere non seguendo una corretta strategia di marketing: devono definire la loro brand identity ma non sanno come farlo, hanno dei vantaggi competitivi ma non riescono a farli emergere, vorrebbero usare i social network ma non sanno come, molte di loro vogliono fare un sito internet ma non sanno da che parte iniziare. Il nuovo modello di marketing parte, appunto, dall’analisi delle nuove esigenze del cliente, per riportarle sui media e sui new media partendo dall’idea creativa affiancata da una semplice ma corretta strategia di marketing. Quali sono i punti di forza del nuovo modello di marketing? Dal punto di vista della teoria partiamo dall’idea creativa che è al centro della nostra start up, supportata da una strategia di marketing e di comunicazione corretta che garantisce nel breve termine un ritorno tangibile degli investimenti pubblicitari. Comunque, il punto focale del nuo-
vo modello di marketing sono le persone. L’obiettivo è lavorare con le eccellenze e le persone che lavorano in AT MEDIA s.r.l. sono tutte professionisti che provengono da grandi realtà aziendali e credono fortemente nel progetto, mettendo a disposizione delle PMI la loro professionalità e le loro competenze. Secondo lei che ruolo hanno i social network all’interno dei nuovi modelli di marketing e delle start up? Nel modello di business che presento ai miei collaboratori, agli istituti bancari e a potenziali finanziatori, io parlo molto di relazione e penso che da questo bisogno di relazione nasca la necessità di esserci anche sui social network. Sono tantissime le persone che vanno sulla rete e che si scambiano informazioni, o cercano affinità con altre persone. Questa visione la applichiamo anche come azienda nei confronti dei clienti seguendoli da vicino per aiutarli a comunicare correttamente soprattutto sui social network, perché i clienti sono il maggior patrimonio di un azienda. Molte PMI vogliono fare marketing sui social network creando ad esempio una pagina facebook o un account Twitter, ma poi non sanno come gestire il tutto. AT MEDIA aiuta le PMI ad avere una coerenza fra l’uso dei social network la loro comunicazione.
AT MEDIA s.r.l. - Piazza Marconi 36 , 15121 Alessandria (AL), Italy - Tel: 0131 18.53.00.7 Fax: 0131 03.99.06 - E mail: info@at-media.it P. Iva: 02384080061 Sito Istituzionale: www. at-media.it Sito della teoria: www. nuovomodellodimarketing.it Il Blog del Nuovo Modello: www.nuovomodellodimarketing.com
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Comunicazione Pier Giorgio Cozzi *
Nella società dell’informazione, certe ‘storie’ influenzano economia e sviluppo. Oltre che la semantica, il marketing e gli individui Alla caccia del “Politically correct”
Ce la raccontano giusta? * docente di comunicazione. Autore di Lobby. È una professione. Lobbisti e portatori d’interesse vs maneggioni e sottobraccisti
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-Ne uccide più la lingua della spada. Se mi si passa la provocazione, direi che è questo certamente il caso della così detta “economia verde”, figlia dello sviluppo sostenibile e nipote della politically correctness. Anche se pochi saranno (sono) disposti ad ammetterlo. Si scrive infatti “sviluppo sostenibile” ma si può leggere “attacco al libero mercato e al capitalismo” sua diretta espressione. La lobby mondiale sostenitrice del concetto di “sostenibilità” è riuscita ad accreditare l’idea positiva di “sviluppo sostenibile = rispetto dell’ambiente”; da qui le conseguenti decisioni a ricaduta planetaria: Conferenza internazionale dell’ambiente, Commissione Bruntland, Agenda 21, Rio 1992; Protocollo di Tokyo e la bufala scientifica – definitivamente smascherata: trattasi di dati e proiezioni matematiche “ritoccati” fraudolentemente, come ammesso dagli autori, per farli aderire alla tesi del riscaldamento globale di origine umana; ri-conferenza di Rio del giugno 2012 e via elencando gli innumerevoli pesantissimi e costosissimi
“ritorni” (all’Italia, cioè a tutti noi contribuenti, costa 470 milioni di euro) su ambiente territorio aziende e lavoratori) per citare le principali. Formula accattivante La accattivante formula ecologista, complice la narrazione, tipico fenomeno attuale della comunicazione sociale e del marketing, si è rivelata tanto pervasiva (green economy, green policy; green meeting per restare nel nostro campo, e via verdeggiando) quanto ideologica; una liturgia che richiede investimenti pazzeschi a fronte di risultati minimi. Una ricerca dell’università madrilena Rey Juan Carlos dimostrò che in Spagna per ogni posto di lavoro “verde” creato nel periodo 2000-2008 ne erano stati cancellati 2,2 negli altri settori. Chi ha pratica di gestione d’azienda sa benissimo che l’adozione (spontanea per una questione d’immagine, o obtorto collo in seguito a leggi e regolamenti) di politiche industriali rispettose delle norme anti-qualunque cosa (riscaldamento globale, inqui-
namento ecc.) possono facilmente metter fuori mercato (costi industriali maggiori = prezzi più alti) la produzione e l’offerta rispetto a chi queste norme non rispetta. Di fatto, attraverso l’invocazione alla sostenibilità si persegue, senza denunciarlo esplicitamente, l’abbattimento del mostro responsabile del degrado terraqueo e dell’infelicità dei popoli: il mercato e il capitale. Peccato che gli stakeholders di questo progetto contestatore spesso non si identifichino, né per provenienza né per aspirazione, con i target (le popolazioni) più deboli che la loro posizione ideologica intenderebbe proteggere. Non è un mistero, ad esempio, che dietro il rifiuto popolare al nucleare agiscano le lobby dei petrolieri alleate del “Sole che ride”, né che la locomotiva economica europea, la Germania, maggior consumatore pro-capite di energia solare (non a caso i green boys sono nati lì negli anni 80) abbia investito in questi anni 130 miliardi di dollari in sovvenzioni per fonti alternative (solare appunto, eolico, fotovoltaico ...) ricavando in energia un valore pari a 12 miliardi. La parola d’ordine, tuttavia, pare essere solo quella: avanti così. Niente ripensamenti. A dimostrazione di quanto l’apparato pubblico-decisionale (non è forse una lobby anche questa?) ci tenga al
“percepito” (verde=buono) dei suoi amministrati elettori.
Comunicazione o narrazione? Ma veniamo alla lingua. Come nasce il politicamente corretto che tanti guasti ha originato e seguita a creare? “L’espressione politicamente corretto designa una linea di opinione e un atteggiamento sociale di estrema attenzione al rispetto generale, soprattutto nel rifuggire l’offesa verso determinate categorie di persone. Qualsiasi idea o condotta in deroga più o meno aperta a tale indirizzo appare quindi, per contro, politicamente scorretta (politically incorrect). […] Politically Correct è anche il successivo movimento di idee d’ispirazione liberal e radical delle università americane (in particolare nella University of Michigan ad Ann Arbor, Michigan) che alla fine degli anni ottanta si proponeva, nel riconoscimento del multiculturalismo, la riduzione di alcune consuetudini linguistiche giudicate come discriminatorie ed offensive nei confronti di
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Comunicazione
qualsiasi minoranza. Per cui: afroamericans (afro-americani) sostituisce blacks, niggers e negros (negri), gay sostituisce i molti appellativi riservati agli omosessuali, diversamente abile sostituisce varie espressioni che erano politicamente corrette in passato (minorato, l’anglicismo handicappato, poi portatore di handicap, disabile), disoccupato sostituisce nullafacente”. Oppure “svantaggiato in altezza”, “prudente nel comprendere”, e così via. Con sovrano sprezzo del ridicolo. L’abbietto morfema
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Un caso speciale è certamente quello del suffisso “man”. Per le sue conseguenze, anche nel settore dei congressi internazionali quando riferito, per esempio, alla parola “chairman”. Tradizionalmente la parola “Chairman” è stata usata indifferentemente a seconda del caso che a presiedere fosse un uomo o una donna. Ma negli ultimi decenni numerosi individui, in rispetto del linguaggio politicante corretto, hanno tentato di eliminare le parole che includano il morfema “man” in quanto sembrerebbe volere escludere le donne. Sono state così individuate due formule neutre, e dunque politicamente corrette, sostitutive di “chairman”:
chairperson” e “chair”. “On the chair” probabilmente è la più utilizzata (ci sono poche persone che si oppongono a uno di questi usi: probabilmente l’unico modo per esprimerlo, che non sconvolgerà nessuno è quello di evitare del tutto il sostantivo. Ma come si fa con i “cavalierini”? basterà essere soli sul podio o al centro del tavolo di conferenza? e con le tavole rotonde?). Non è mica un caso, sapete, che una municipalità di uno stato americano qualche anno fa (potere del linguaggio e dell’ossequio!) per non apparire politically incorrect si premurò di cambiare i coperchi dei tombini cittadini recanti la scritta “manpower” con altri indicati da una meno discriminante “maintenance”. Non sto scherzando. Se questa tendenza così cool continuerà, e tutto lascia prevedere che non si interromperà facilmente e neppure tanto presto, devo dire che non oso pensare quali destini gli affabulatori del politcally correct escogiteranno per il povero sostantivo “management”. Come detto, le vittime della ‘narrazione’ politicamente corretta, verdi e no, potrebbero essere millanta. Presuntuosamente, condivido il pensiero di Fouché: c’est pire qu’un crime, c’est une bêtise.
Marketing Alessandra CallegarI
Non solo è possibile ma è già in corso di realizzazione. Molti gli esempi concreti e di successo presentati in un convegno a Milano
Sogno o realtà
Un’economia a misura d’uomo - Un’economia a misura d’uomo, anzi a misura di persona, non solo è possibile, ma è già in corso di realizzazione. Questo in sintesi il messaggio che hanno trasmesso i relatori che sono intervenuti al convegno “L’economia a misura d’uomo” organizzato da Associazione SAT Italia in collaborazione con Terra Institute, svoltosi presso Fondazione Cariplo di Milano. Come ha sottolineato Thomas Miorin introducendo l’incontro, parte del programma della Settimana dell’Investimento Sostenibile e Responsabile, “in un sistema che ha fondato il proprio sviluppo sul paradigma della crescita, dello sfruttamento delle risorse e del consumo, sono moltissimi ormai i movimenti alla ricerca di nuovi paradigmi capaci di coniugare la dimensione economica con quella umana, e oggi le imprese europee che hanno per oggetto scambi di utilità sociali sono circa il 10 per cento. Indagare dunque i criteri che consentano di “umanizzare l’economia” diventa una questione pressante per tutti: non solo economisti, sociologi,
filosofi, ma per ogni singolo cittadino.” E proprio su tali criteri è intervenuto per primo lo spagnolo Federico Aguilera Klink , autore del saggio “Para la rehumanización de la economía y la sociedad”, che ha ricordato alcuni elementi di storia economica che più hanno influenzato il nostro presente. I sentimenti morali Ha ricordato in particolare che un autore come Adam Smith (1723-1790), considerato il padre dell’economia classica e del liberismo grazie al suo saggio sulla ricchezza delle nazioni, è stato interpretato in modo riduttivo e riproposto nelle università dimenticando il suo invito a tener conto dei “sentimenti morali”, ovvero, per esempio, della compassione a fronte dell’egoismo. «Gli esseri umani sono parte integrante degli ecosistemi» ha ricordato Aguilera «e la distanza dell’economia dall’etica è il vero problema dei nostri tempi, come ci hanno insegnato gli economisti classici». L’austriaco Christian Felber, auto-
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Marketing
re di L’economia del bene comune. Un modello economico che ha futuro, ha sottolineato come la gestione autoritaria-centralizzata dai beni comuni e la loro privatizzazione, benché utilizzabili in determinate situazioni, non costituiscano la soluzione né siano immuni da contraddizioni, tra cui quella di contravvenire ai principi delle varie costituzioni dei paesi democratici, che parlano specificamente di un’economia tesa al bene comune, al “general Welfare”. Cristian Felber
Claudio Naranjo
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Il bene comune Felber ha presentato il modello dell’Economia del bene comune, nato tre anni fa e già diffuso in tutto il mondo (oggi ne fanno già parte 1414 imprese in 27 Paesi) e ne ha tracciato gli sviluppi a breve e medio termine, mostrando come l’obiettivo sia quello di arrivare a ragionare in termini non di prodotto interno lordo ma di “felicità interna lorda”). «Tale obiettivo» dice Felber «sarà raggiungibile quando a livello di comunità e di assemblee democratiche locali si potrà decidere insieme quali sono i fattori di bene comune, ponendo un limite alla diseguaglianza dei guadagni e arrivando a far sì, per esempio, che i consumatori possano trovare nei prodotti acquistabili una sorta di “codice” che indichi loro in che misura quei prodotti contribuiscono, in concreto, al bene comune». E poi è intervenuto Claudio Naranjo, psichiatra, psicoterapeuta e antropologo cileno, autore tra l’altro di L’Ego Patriarcale. Trasformare l’educazione per rinascere dalla crisi costruendo una società sana, ha affrontato la crisi dei modelli economici occidentali analizzando le degenerazioni derivate dall’approccio patriarcale dell’economia attuale, frutto di una “mente patriarcale”, che ha guidato la nascita e permesso lo sviluppo delle cosiddette grandi civiltà, ma che si è andata sclerotizzando fino a trasformarsi in un’aberrazione non più sostenibile.
Partendo da un’economia che non serve alla vita ma la sacrifica ha invitato ad «analizzare alcuni aspetti della realtà economica che in genere non vengono presi in considerazione dalla scienza economica: la volontà predatoria, l’inganno, la violenza, l’autoritarismo, il conformismo. Solo partendo da tale analisi potremo trovare una possibile alternativa all’attuale economia patriarcale e patologica». Alternativa che si basa, dice Naranjo, anche e soprattutto su una nuova educazione. Non è un caso che il percorso di crescita personale da lui creato, il SAT, - acronimo di Seekers After Truth, ovvero “cercatori di verità” – si sia diversificato, in Italia e in diverse altre parti nel mondo, dalla Spagna al Brasile, anche in un percorso specifico dedicato a insegnanti ed educatori, che rappresenta la realizzazione pratica della sua proposta di innovazione. Un esempio concreto Felice Scalvini, punto di riferimento in Italia della cooperazione sociale negli anni ’80 e ’90, ha sottolineando come le cooperative - il cui prototipo storico risale al 1844 a Manchester e il cui esempio attuale più importante è oggi la Mondragón, quarto gruppo industriale spagnolo - abbiano declinato la dimensione economica con quella umana e territoriale e rappresentino “un esempio concreto di “impresa a misura d’uomo”, fondata sulla volontà di cooperare e sulla fiducia reciproca, in cui si conta in quanto persone (ogni testa un voto), chiunque ha diritto di entrare come socio, e c’è un diverso meccanismo di accumulazione, dato che il surplus generato non va ad aumentare il capitale ma diventa patrimonio intergenerazionale”. Nella seconda parte delle giornata sono stati presentati da Paolo Agnelli di Terra Institute due interessanti “casi concreti” di un’economia umanizzata, in diversi settori.
Hanspeter Dejakum, responsabile marketing di Loacker , ha raccontato l’esperienza imprenditoriale di una azienda nata nel 1925, che da generazioni ha incentrato lo sviluppo su territorio e famiglia e che superando l’approccio gerarchico-patriarcale ha cercato in un modello organizzativo “circolare” anziché piramidale nuove soluzioni alle problematiche delle famiglie-azienda che caratterizzano molte imprese italiane. Tempo, spazio e tranquillità Michil Costa, proprietario dell’Hotel La Perla di Corvara, nelle Dolomiti altoatesine che sono patrimonio Unesco, ha presentato invece il business-case di un albergo di lusso, di proprietà familiare, completamente orientato al bene comune, in cui “il lusso si coniuga e si fonda su tempo, spazio e tranquillità, reali caratteristiche del lusso di oggi, in un mondo che va di fretta, che è sovraffollato e non conosce più il silenzio”. Nel suo percorso di cambiamento l’azienda di famiglia ha rinnovato radicalmente il tradizionale rapporto con i lavoratori e fornitori, oltre che con i clienti, arrivando a creare una fondazione che sviluppa progetti educativi e promuove i diritti dei minori in tutto il mondo. Davide dal Maso, ideatore della Settimana dell’Investimento Sostenibile e Responsabile e presidente del Forum italiano della Finanza Sostenibile ha poi discusso di nuovi approcci alla finanza con Marco Morganti, amministratore delegato di Banca Prossima, e Alberto Lanzavecchia di Banca Etica. La prima è un esempio di banca, ha detto Morganti, «se non etica, quanto meno specializzata in un sistema etico dell’economia: prende e presta soldi solo con il terzo settore (un mondo che riguarda 5,5 milioni di italiani e 300.000 realtà del Paese), offrendo un servizio mirato a un settore che la finanza tradizionale non considerava, e arrivando a raccoglie-
re 4,5 miliardi di euro e a prestarne 1,7 miliardi, con un deterioramento solo dello 0,9 per cento a fronte del 13 per cento delle operazioni nelle banche tradizionali». Un sogno divenuto realtà Lanzavecchia ha sottolineato invece come Banca Etica, «che raccoglie oggi 600 milioni di euro e quelli impiega prestando denaro finalizzato a progetti etici, e che si avvale del contributo di volontari, sia l’espressione di un sogno divenuto realtà, quello di raccogliere le energie di chi è disposto a rinunciare a un profitto per contribuire a un progetto sociale». Ha chiuso la giornata un confronto tra Günther Reifer, creatore di Terra Institute, ed Eric Ezechieli di Nativa. La prima è un centro di competenza per l’innovazione e la sostenibilità delle imprese e della società, mirato allo sviluppo di un’organizzazione sistemica e di un nuovo orientamento aziendale. «Abbiamo sviluppato» ha spiegato Reifer «un processo in dieci fasi per l’elaborazione di una visione, missione e valori. Queste dieci fasi sono state attuate in numerose aziende e sono state nel tempo sempre più raffinate e perfezionate». Fondata nel 2012 da Paolo di Cesare ed Eric Ezechieli, Nativa è invece la prima società di consulenza e prima Benefit Corporation italiana. Impostata sul modello americano, le sue attività mirano a creare un beneficio, inteso come impatto positivo, sulle persone con cui interagisce, sulla società e sull’ambiente di cui è parte, dato che, recita lo Statuto, “lo scopo ultimo della società è la felicità di tutti quanti ne facciano parte, attraverso un motivante e soddisfacente impegno in un’attività economica di successo. «Ma quando abbiamo costituito Nativa» ha raccontato Ezechieli «il nostro statuto è stato respinto cinque volte di seguito dal Registro delle Imprese prima di essere approvato, non perché fosse errato, ma perché non lo comprendevano!»
Eric Ezechieli
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Marketing Axel Lo Guzzo
Il “Crowdfunding” si realizza quando la “folla” sostiene il tuo progetto. Si utilizza la Rete ed esistono diverse piattaforme e modalità differenti di concetti-base
Un fenomeno che si sta diffondendo molto rapidamente
Per i piccoli grandi sogni -
Un sogno che diventa realtà? Oggi non è mai stata cosi’ vicina la possibilità di realizzarlo. Come? grazie ai vostri amici, contatti, persone che in voi credono e che nel vostro progetto vedono uno sviluppo futuro. Il crowdfunding, è un fenomento che si sta diffondendo molto rapidamente nel mondo ed è caratterizzato dal finanziamento (funding) da parte di una moltitudine di persone (crowd=folla), attraverso la quale è l’offerta di persone singole o gruppi a dare la possibilità di contribuire economicamente con piccole o grandi somme di denaro alla realizzazione di progetti di vario genere. Grazie al web
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Il mezzo utilizzato è il web che si propone come una valida alternative al crescente indebolimento delle fonti tradizionali di finanziamento tradizionali e che viene sempre più utilizzato come un efficace strumento di raccolta fondi in svariati campi, come ad esempio, per sostenere attività d’arte e di beni culturali, per
scopi benefici, o di giornalismo indipendente fino allo start up di imprese innovative o a sostenere ricerche scientifiche. Ma in che cosa si differenzia il crowdfunding dalle altre forme di finanziamento derivante dalla moltitudine di donatori utilizzata nel passato? La principale differenza è caratterizzata dalla completa assenza di internediari, in quanto il richiedente di fondi e i possibili finanziatori hanno la possibilità di entrare in contatto diretto tra loro attraverso la comunicazione e lo scambio di informazione online; inoltre la grande diffusione di Internet e dei Social Network hanno dato la possibilità di contattare migliaia di utenti in pochi istanti. Diverse piattaforme Esistono diverse piattaforme di crowdfunding presenti nel web e tutte si differenziano tra loro per diverse caratteristiche e in base al tipo di “modello di business” che adottano. Si possono trovare le piattaforme di crowdfunding “reward-based” che
sono caratterizzate dal fatto che gli utenti che decidono di finanziare un progetto ricevono in cambio della donazione effettuata una ricompensa, o un premio, che può essere materiale (ad esempio il biglietto dell’evento finanziato) o immateriale (il ringraziamento, ad esempio, all’evento culturale sostenuto). Il funzionamento è facile, il proprietario del progetto, al momento della creazione sulla piattaforma, stabilisce l’importo totale che intende raggiungere e determina a priori differenti possibili fasce di donazioni. Ad ogni fascia associa una determinata ricompensa alla quale il donatore avrà diritto. Per settori specifici Ovviamente, tali piattaforme possono essere a loro volta ultertiormente suddivise in due sottocategorie, “generalistiche”; Kickstarter, IndieGoGo, Eppela, ProduzionidalBasso, Kapipal, CreateFund, Ulule, ReteDelDono, ShinyNote, sono alcuni esempi; o “tematiche” come Sellaband, SlicethePie, PledgeMusic e Musicraiser, YourMajorStudio, PeopleForCinema, DesignerProd.com, Catwalkgenius e Cameesa, se riferite a determinati settori specifici. Differente concetto seguono le piattaforme di tipo “donation-based”, le quali non prevedono alcun ritorno materiale in cambio della donazione effettuata dal finanziatore. Un’ulteriore tipologie di piattaforme di “crowdfunding” sono le “equitybased”, utilizzate principalmente da società e aziende con fine di lucro,
che si distinguono in quando in cambio della donazione effettuata, l’utente ottiene delle partecipazioni azionarie del progetto o della società (in genere start-up) finanziati. Il meccanismo è semplice; al momento in cui si da vita al progetto si definisce il periodo di tempo e l’importo obiettivo al quale arrivare. Tale obiettivo viene suddiviso in molteplici parti di uguale valore offerte attraverso la piattaforma sotto forma di quote azionarie. Le offerte si protraggono fino al raggiungimento del target, momento in cui inizia la vera e propria fase di investimento. Le azioni acquistate attraverso le piattaforme equity-based possono quindi scendere o salire in valore, e possono essere considerate come un vero e proprio investimento azionario. Altri esempi Esempi di piattaforme di questo tipo sono Crowdcube, o l’italiana “SiamoSoci”. Concetto completamente distinto è seguito dalle Social lending (o prestito peer-to-peer). L’idea alla base è quella del prestito diretto tra persone, dove un lender, prestatore, presta denaro a più richiedenti che incontra su mercati online, senza intermediazione delle tradizionali istituzioni finanziarie e permettendo tassi maggiormente sostenibili di prestito. Le piattaforme di crowdfunding di questa tipologia fungono da luogo d’incontro tra chi ha disposizione denaro, e chi ne necessita. Tale tipologia di crowdfunding, si propone come canale alternative di credito riducendo i costi rispetto ai meccanismi stradizionali di finanziameto.
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Creatività & Innovazione Sarah Canonici*
Ogni operatore economico, sia esso un’impresa, una società di consulenza o un libero professionista, oggi ha la necessità di comunicare
Forse prima non si faceva. Ma il mondo è cambiato
Studi professionali, sveglia * Sarah Canonici Direttore Operativo di Cleis Comunicazione, promozione, servizi per l’impresa; una società che lavora con particolare attenzione alla creatività e all’innovazione. www.cleis.it sarah_canonici@cleis.it
- Studi professionali comunicare!
è
ora
di
Iniziamo dai commercialisti Ogni operatore economico, sia esso un’impresa o uno studio di consulenza o un libero professionista, ha la necessità di farsi conoscere, di comunicare i suoi prodotti e servizi. Anche in questo caso la comunicazione si conferma il mezzo indispensabile per fare business. Fino ad oggi gli studi professionali hanno potuto contare sul passaparola e solo pochi pionieri si sono avventurati nel mondo della comunicazione digitale. Un mercato differente
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Riprendendo l’esempio del mondo dei commercialisti, in una situazione di mercato come quello di oggi dove le liberalizzazioni hanno creato anche nel commercialista l’esigenza di confrontarsi con un mercato completamente differente rispetto a ieri, si impone la necessità di imparare a promuoversi utilizzando
tutti gli strumenti del marketing, anche quelli digitali. Oggi Internet é il moderno canale dell’informazione attraverso il quale raggiungere un pubblico esteso. Farsi trovare su Internet dipende sempre più spesso dal tipo di informazione fornita. Un’informazione ricca e puntuale fa sì che il visitatore memorizzi il sito e magari lo comunichi ad altri inserendolo tra i link preferiti. Il sito web ha l’obiettivo di chiarire il posizionamento dello studio e aumentarne la reputazione e facilitare anche i rapporti stessi con il cliente.
La comunicazione esterna aiuta a generare la credibilità La comunicazione interna oltre a creare efficienza, fluidifica i rapporti e crea fidelizzazione La comunicazione sostiene la crescita, condizione necessaria per dare risposta alle aspettative di business
Una indagine a Milano L’Ordine dei Dottori Commercialisti di Milano un paio di anni fa, ha promosso un’indagine tra i suoi iscritti, per verificare l’utilizzo del marketing all’interno degli studi e l’applicazione degli strumenti operativi più conosciuti. L’indagine ha sottolineato il crescente interesse nei confronti di questo mezzo di comunicazione, ed ha anche evidenziato l’esigenza per i professionisti di comunicare di più e meglio con i clienti, acquisiti e potenziali. I risultati dunque confermano che gli intervistati considerano il marketing molto o abbastanza importante (63%) e contribuiscono a sfatare uno dei luoghi comuni: non solo gli studi di grandi dimensioni ne riconoscono la rilevanza (66,7%), ma soprattutto quelli piccoli guardano al marketing con grande interesse (76,9%). Alle dichiarazioni però ancora tardano a seguire i fatti, la cultura del marketing è ancora ad uno stato embrionale. Come cambiare mentalità E’ necessario che gli studi professionali inizino a fare comunicazione a priori, non aspettare che sia il cliente a chiedere informazioni. La scelta efficace e consapevole, l’implementazione e la padronanza delle tecnologie, così come la formazione puntuale allo staff nell’uso degli strumenti informatici, sono tutti elementi chiave per il successo di uno Studio. Anche negli studi commercialisti, quindi, dovrebbe esistere la figura che si occupa di comunicazione e pubbliche relazioni (responsabile media relations), che tenga sempre vivo il sito, aggiornandolo, facendo particolare attenzione, poiché gli
argomenti sono molto tecnici e delicati, e una comunicazione errata può trasformarsi in un boomerang! In un momento come quello attuale, soprattutto in questo campo, in continua evoluzione, il cliente ha sempre più bisogno di conoscere ed essere “tranquillizzato” in tempo reale. Elemento fondamentale per l’attività professionale Per concludere, la capacità di sviluppare una strategia di comunicazione efficace è divenuta elemento caratterizzante dell’attività professionale, in quanto consente di far emergere la propria visione, il proprio stile, le specializzazioni acquisite ed il metodo di lavoro. Sostenere la reputazione dello Studio attraverso la scelta dei canali e dei toni più adeguati aiuta lo Studio ad interessare una clientela omogenea e ad attrarre i migliori collaboratori. Naturalmente questi discorsi vanno trasferiti pari pari anche agli studi di avvocati, di notai, di... Insomma di tutti quei professionisti che fino a ieri non ne hanno forse avuto bisogno o comunque non ci avevano pensato. Bene, adesso è il momento di pensarci. Studi professionali benvenuti nell’era digitale!
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Comunicazione Bruno Calchera
Il telefono può essere un “grande” strumento di comunicazione. Ma come tutti gli strumenti bisogna saperlo usare. Se no, fa solo danni
Un piccolo “ripasso” che non fa mai male
Telefonate di successo Parte prima
- Sembra che nella grande ubriacatura dei media interattivi, la telefonata resti sempre al primo posto. Messaggi, chat, mail, eppure la telefonata diretta mantiene il suo fascino e la sua importanza. Il problema è capire se c’è un ruolo ancora per la telefonata commerciale o se vi abbiamo rinunciato per forme meno invasive come la mail. Per una telefonata di successo sono necessarie alcune regole basilari e non è detto che ciascuno di noi ha acquisito le necessarie informazioni per una telefonata che possa avere il giusto ritorno di risultato.
Bruno Calchera
Vendere al telefono
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Non si tratta solo di vendere al telefono. O meglio non si tratta di vendere come oggi viene fatto da parecchi call center che in modo quasi ossessivo interpellano chiunque, a qualunque ora per una qualsivoglia offerta. A volte non è il prodotto o il servizio che non fanno breccia nella telefonata del televenditore, ma è la meccanicità, l’intrusione improvvisa, un parlare impersonale, un modo
di dire che disturba appena vengono dette le prime parole. Così un ripasso sulla personalizzazione della telefonata può risultare ancora utile. Tanto per cominciare…. Non bisogna aver fretta. Per entrare in relazione occorrono appigli, anche semplici e soprattutto l’accortezza di cogliere il momento opportuno. Mai fare una offerta nel tempo sbagliato. Spesso il cliente si sente assalito. E’ indispensabile verificare il momento e sentire la risposta. Ecco alcuni esempi: a) …siete già un nostro cliente e la mia società - appiglio - desidera farle una proposta vantaggiosa. Mi può suggerire un momento utile per poterla esporre in modo completo? b) … so che recentemente ha fatto acquisti nel negozio…. – appiglio – ora, abbiamo messo a punto un nuovo prodotto che potrebbe esserle utile, mi può suggerire un buon momento per poterlo esporre, sono certo che lo troverà interessante….
c) … stiamo verificando i modelli tariffari presenti sul mercato (assicurativo, energetico, ecc,) – appiglio - probabilmente ci potrebbe essere d’aiuto per verificare costi e vantaggi della nostra proposta. Mi può suggerire un momento utile per poterla esporre in modo completo? Un approccio non invasivo Un approccio non invasivo è sempre preceduto da un Cognome e da un Nome : Sono Martini, Elena Martini della società XW, vorrei parlare con il signor…..similmente ricordiamo: Sono Bond, James Bond. Un modo efficace per far memorizzare un cognome e una ditta. Ma con quale voce? E’ indispensabile conoscere bene la nostra voce: è stridula, metallica, ha un tono acuto o basso? E’ importante saperlo perché noi “siamo la nostra voce al telefono”. Nessuno ci vede e tutto quello che viene recepito è il calore o meno della nostra voce. Siamo capaci di immedesimarci nel nostro cliente attraverso la voce? La nostra voce è ferma e suscita sicurezza? Ricordandoci che al centro c’è sempre il cliente con ferma delicatezza iniziamo il nostro approccio. Insieme alla voce, all’approccio e alle frasi che abbiamo scritto per non sbagliare è indispensabile sapere se il nostro linguaggio è ricco di vocaboli o, come spesso accade, fa sapere delle cose, ma non riesce a creare una immagine delle cose che diciamo. Mancano spesso gli aggettivi. E il periodo è molto rigido. Oppure l’introduzione è talmente lunga che il nostro interlocutore non aspetta altro che finiamo il nostro discorso per abbassare la cornetta del telefono. Il linguaggio deve essere semplice. Con periodi anche brevi, con la disponibilità a mutare l’approccio per assecondare il cliente. Pensiamo al linguaggio e al vocabolario che usiamo: ricco, non banale,
suggestivo, chiaro, semplice, affermativo. E poi dobbiamo parlare al presente. Analizzare le obiezioni Dopo l’approccio dobbiamo capire come ci risponde il cliente. Qui analizzeremo le sue obiezioni, che sappiamo ci saranno sempre! Apparenti? Sono sfuggenti, mai precise, normalmente non intervengono sul nostro argomentare ma cercano di sfuggire al contatto. Reali? Saranno sempre precise, in tema e dovremo farne tesoro soprattutto quando entrano nel merito della nostra proposta. Davanti alle obiezioni reali si è grati, si sorride e si ringrazia, ma non c’è nulla da fare! Se le obiezioni sono apparenti, possiamo “resistere” facendo la perifrasi di quello che il cliente ci dice : “..lei mi sta dicendo che….” O anche “ condivido le sue osservazioni, ed è proprio per questo che in questa occasione la mia azienda ha previsto… - forme di pagamento nuove… - la necessità che ella debba provare il prodotto gratuitamente per 15 giorni prima di fare la sua scelta… - che i nostri migliori clienti possano dare con tutta tranquillità una valutazione della proposta attraverso un test gratuito… - che da circa due anni abbiamo certificato la qualità dei nostri prodotti proprio per garantire i clienti…ecc Con il massimo garbo stiamo parlando e senza forzare attraverso sorrisi, qualche ammiccamento se si presenta il caso, una ferma cortesia per cercare di mettere a proprio agio il nostro cliente. Tanti altri accorgimenti dobbiamo mettere in campo per ottenere telefonate di successo. Ma altre osservazioni le lasciamo per il prossimo numero.
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Marketing Ugo Perugini
Una volta tutti puntavano a una vita più confortevole. Oggi la crisi ha ridimensionato le aspettative e rivalutato altri aspetti. Comunque vietato “adagiarsi” nelle abitudini
Una manciata di buoni consigli da rileggersi ogni tanto
Chi si accontenta… rischia
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- Questi americani non sono mai soddisfatti! Eppure, se noi italiani imparassimo un po’ di più da loro, anche la crisi più dura potrebbe rappresentare un modo per migliorare la nostra vita ed essere più felici. Credo che sia soprattutto una questione di carattere. Gli Italiani sanno apprezzare le cose della vita, sanno accontentarsi di quello che l’esistenza riserva loro, anche se non è proprio quello che si aspettavano. Non nego che per certi versi sia un vantaggio pensarla così, tra il fatalista e il rassegnato; ma un simile atteggiamento evidentemente rivela una ridotta capacità di lottare, di modificare le cose nel verso giusto. Soprattutto, ciò accade quando una persona, per merito suo o di altri, si è creato un trend di vita soddisfacente. La frase chiave che l’italiano pronuncia è: “Chi me lo fa fare?” In più, siamo pigri e lasciamo che le cose vadano avanti per conto loro, finché dura (altra frase tipica, ci hanno fatto anche una canzonetta, è “Fin ché la barca va…!”) e, spesso, interveniamo quando è troppo tardi e il sacrificio che le circostanze ci ri-
chiedono è ben più pesante e, oltretutto, comporta margini di fallimento molto ampi. Grazie Stellone! Qualche volta ci va bene e allora ringraziamo lo “stellone” italico che ci viene a salvare all’ultimo momento. Ma non sempre finisce così. Eppure, ci siamo abituati a pensarla in questo modo. Intervenire in tempo, programmare razionalmente gli interventi per evitare di finire male? Troppo faticoso! Aspettiamo che le circostanze rendano il nostro intervento ineluttabile, aspettiamo di avere l’acqua alla gola e qualche volta finiamo per affogare. Qualsiasi riferimento alla nostra situazione politica attuale è ... fortemente voluto! A questo punto, sentiamo cosa ne pensa un guru americano della formazione e della motivazione. Si tratta di Grant Cardone (il cognome tradisce l’origine italiana ma il suo carattere è yankee al 100%!). Lui, lo dice senza mezzi termini: chi si culla sugli allori, chi non vuol ab-
bandonare la sua “zona confort” è destinato a fallire! Chi riesce a conservare sempre una certa dose di insoddisfazione è la persona più adatta a superare gli ostacoli e conservare e incrementare il successo. E’ lui stesso a chiarire il suo punto di vista: “Quando mi sono sentito soddisfatto di quello che avevo, della vita che vivevo, la realtà si è incaricata di farmela pagare cara”. Cardone riconosce che sono molte le persone che si accontentano di quello che hanno ottenuto. Frasi tipiche: “Potrei vivere meglio ma mi basta quello che ho!”; “Non ho tanti soldi da parte ma vivo abbastanza bene!”; “Forse non ho realizzato i sogni che avevo da giovane, ma non mi posso lamentare!”. Eh, no. Invece, bisogna lamentarsi! Non bisogna sedersi, né tanto meno cullarsi sugli “allori”. Il gusto alla lotta Cardone ci svela qualche segreto per non perdere il gusto alla lotta. Ogni tanto diamoci un’occhiata! Bisogna avere paura della nostra “zona confort”. Quando ci siamo dentro, può significare che non ce la stiamo mettendo tutta, che le nostre potenzialità sono sottoutilizzate. Mai dire: “Potrei fare di più, ma chi me lo fa fare?” Bisogna cercare di uscire il più possibile dalla nostra “zona confort”. Nessuno nega che sia faticoso trovare nuovi clienti, sperimentare lavori diversi, imparare cose nuove. Ma solo se siamo capaci di reinventarci continuamente, di andare oltre i limiti conosciuti, se ci continuano a piacere le sfide, se non ci abbandoniamo allo “status quo”, allora abbiamo buone possibilità di cavarcela. In altre parole, guardatevi dal “tran tran”, dalla routine, sono segnali evidenti che ci stiamo disabituando a lottare, a vivere con la grinta necessaria! Fatevi, ora, un esame di coscienza. Siate onesti con voi stessi. Rispondete a queste domande: “Potrei fare di più?”, “Non mi sto “accontentando”
troppo?”, “Mi riesce sempre più difficile abbandonare la mia zona confort?”. Se avete risposto sì, bisogna correre ai ripari e Cardone fornisce altri suggerimenti che potrebbero aiutarci a ritrovare il gusto e l’entusiasmo per riprendere la lotta. Non cerchiamo scuse Non considerate il tempo un ostacolo. La frase tipica di chi vorrebbe fare qualcosa di nuovo ma alla fine ci rinuncia è: “Non ho abbastanza tempo!”. E’ falso, è solo una scusa! Ricordate che il tempo che dedicate ad aspetti meno importanti della vostra attività, spesso ripetitivi ma poco stressanti, che magari potreste delegare ma vi ostinate a fare voi, rientra anch’esso, in modo subdolo, tra le attività che gratificano la vostra “zona confort”. Al contrario, il consiglio è essere più propositivi, imparare a creare il tempo, costringendovi a dedicare ad esso le cose che sono realmente più importanti per voi. Incontrate ogni giorno persone nuove. Anche l’abitudine a frequentare gli stessi ambienti e le stesse persone è un comportamento che caratterizza chi non vuole abbandonare la propria “zona confort”. In questo modo, non si hanno stress particolari, si può controllare meglio il dialogo, ci si sente a nostro agio. Purtroppo, però, è solo incontrando gente nuova, in situazioni diverse, che è possibile cogliere occasioni propizie, crearsi idee nuove, mettere alla prova la nostra capacità di comunicazione e di persuasione, diventare più espressivi, più fiduciosi, più disponibili. Scrivete ciò che non va nella vostra vita e nella vostra attività. L’elenco che farete vi servirà a capire quante di quelle cose che non funzionano sono frutto del fatto che avete cominciato a “tirare i remi in barca”. Probabilmente vi renderete conto che la vostra “zona confort” si è allargata oltre misura. E’ il momento di intervenire con determinazione.
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Marketing Elena Muoio
C’è anche chi lo rimpiange il telefonino che veniva usato solo per telefonare... Ma il progresso incalza e il mondo del “mobile” prende il volo Chi l’avrebbe mai detto solo pochi anni fa !
Ho il marketing in tasca - Un tempo si utilizzava il telefonino solo per telefonare. Oggi abbiamo Sms, mobile site, applicazioni, nuovi devices, futuri display flessibili e pieghevoli, occhiali dotati di realtà aumentata e tablet phone … il mondo mobile prende il volo. Il mezzo di comunicazione più importante è il messaggio. Possiamo veramente dire “ho il marketing in tasca”. Ebbene sì, ci troviamo oggi di fronte a uno strumento che non è più il classico dispositivo che serve solo per telefonare ma si è evoluto e continuerà a evolversi in un device sempre più ricercato, con contenuti, servizi in Apps e servizi a base geolocativa. Da piccolo a grande apparecchio
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Questo piccolo apparecchio è diventato lo strumento di comunicazione più diffuso, indispensabile e importante della vita quotidiana. Si parla tanto di evoluzione ma con i devices cosa cambia?
Con la diffusione degli smartphone e dei tablet si ha la possibilità di essere sempre e ovunque connessi a Internet, questo è molto importante sia per il consumatore il quale ha a disposizione diversi servizi e Apps, e sia per le aziende che avranno la possibilità di capire quali sono i bisogni di chi naviga in mobilità. Quando parliamo di marketing, di tecnologia e di consumatore stiamo parlando di argomenti legati tra loro e questi mutano in successione. Passi da gigante Basta osservare il mondo della tecnologia, compie passi da gigante, dal primo telefonino con il solo scopo di telefonare siamo passati agli smartphone, ai tablet, ai tablet phone, e ancora ai futuri occhiali dotati di realtà aumentata e poi Samsung che ha annunciato all’evento “Samsung Analyst Day” in Corea, le sue prossime uscite per il 20142015. Uno smartphone con display flessibile che permetterà di osservare il display anche guardandolo lateralmente e smartphone e tablet con di-
splay pieghevoli che possono essere piegati più volte come fogli di carta. E il marketing cosa fa? Segue questa evoluzione diventando sempre più digitale e mobile così come il consumatore. Da un recente studio sono emersi diversi dati che sottolineano che nel 2013, come metodo più comune di accesso a Internet a livello mondiale, gli smartphone hanno superato i PC così come più della metà delle connessioni in Italia sono state fatte da devices mobili. Le previsioni mostrano che nel 2015 ci saranno oltre 282 milioni di devices in Italia, 15 miliardi a livello globale, e che nel campo della pubblicità solo il 22% delle email verrà aperto, a differenza degli Sms. Il mobile vola Quindi, secondo questi dati, possiamo dire che il mercato del mobile ha finalmente spiccato il volo. Ed è proprio per questo motivo che non può mancare tra gli strumenti di promozione e visibilità delle aziende. Il marketing mobile, è uno strumento che permette di trasmettere i messaggi verso smartphone, tablet e altri devices, ed è quindi la nuova frontiera della comunicazione. E’ in grado di mettere in contatto il mondo reale con il mondo virtuale ed è fondamentale che le aziende lo utilizzino per il suo alto grado di penetrazione tra la popolazione: E poi perché è diretto, breve, semplice, affidabile ed economico, proprio come afferma Giorgio Nani fondatore e amministratore delegato di Mobyt, gruppo leader in Italia del messaging service. E aggiungiamo che poi cattura l’attenzione restando all’interno di un dispositivo che è sempre nelle nostre tasche. Sono stati fatti notevoli investimenti nel campo della pubblicità su mobile poiché si è capito che porta risultati migliori della pubblicità online, a tal punto che le aziende dispongono di una propria App, investono una
quota del budget in Sms o creano siti mobile. Ma perché un sito mobile è così importante? Sempre accessibile Un sito mobile è molto importante perché permette di avere diverse caratteristiche, e, tra queste, è accessibile da tutte le piattaforme, in ogni momento e con ogni dispositivo. Un esempio, sono le applicazioni che permettono di entrare virtualmente ed esplorare un veicolo, un oggetto, un hotel. Il che non ha potuto non interessare i consumatori e le aziende. I siti mobile riconoscono il tipo di dispositivo che accede, le caratteristiche, ricostruendo il contenuto in modo che sia perfetto a livello di qualità. Ciò che conta comunque è scoprire quali sono i bisogni di chi naviga in mobilità, partendo dal capire quali sono i vantaggi e le potenzialità di tutti questi servizi: mobile site, geo-localizzazione, Apps arrivando a ridurre alcune voci di costo e a migliorare l’immagine aziendale con iniziative di tipo green marketing poiché l’impatto ambientale è nullo riducendo l’utilizzo della carta. Non dimentichiamo però che la cosa più importante del marketing mobile è il “content”, il contenuto del messaggio questo deve essere perfetto e innovativo per colpire e stuzzicare la curiosità di andare a vedere di cosa si tratta in una società pervasa da promozioni e pubblicità irresistibili.
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Comunicazione con i Cani Davide Canonici*
Il chiasso mette in condizione il cane di subire continui ed inutili stress all’interno del proprio ambiente, dove invece dovrebbe trovare rifugio e protezione Evitare rumori forti
Silenzio, please * Educatore Cinofilo SIUA
32 dm&c - n 3 - 2013 o
Molti cani, indipendentemente dalle motivazioni, hanno paura dei rumori forti come: porte che sbattono, scappamenti e persino di innocui sacchetti di merendine fatti scoppiare da bambini. Queste reazioni, apparentemente trascurabili, mettono in condizione il cane di subire continui ed inutili stress all’interno del proprio ambiente o territorio, dove invece dovrebbe trovare rifugio e protezione. Di seguito illustriamo un sistema, suggerito da “dalla parte del cane. it”, per aiutare il cane a superare la paura delle porte che sbattono, ma lo stesso metodo può essere adottato per altri rumori fastidiosi. L’educazione deve essere impartita da qualcuno di cui abbia estrema fiducia: . procurati dei premi alimentari molto appetibili . in casa fatti aiutare da un familiare o da un amico che non deve essere attivo durante gli esercizi . concorda con l’amico alcuni segnali vocali convenzionali . l’amico si metterà accanto ad una porta molto lontana ma di cui si percepisca il rumore di chiusura . mettiti accanto al cane, appoggia una mano sul suo dorso senza guardarlo negli occhi o parlare, lo scopo è di avere un contatto diretto molto attivo ma casuale. Meglio se riesci a tenere la sua testa fra le mani . dai un segnale all’amico . l’amico deve contare almeno fino a tre poi chiudere la porta normalmente, senza sbatterla con violenza
. accertati che il cane abbia udito il rumore e verifica la sua reazione . la curiosità è normale . continuate aumentando l’energia di chiusura fino a quando non rilevi una reazione negativa nel cane . stabilito qual è il livello minimo tollerabile, ripetete non più di due o tre volte al giorno cambiando sempre il tipo di contatto fisico . se necessario potete passare a porte sempre più vicine . il cane deve percepire la tua totale indifferenza al rumore, è importante che tu rimanga totalmente inattivo dimostrando distensione e sicurezza . aspetta qualche secondo e poi premialo . il premio non deve essere associato al rumore, deve unicamente riconfermare il rapporto di fiducia che ha in te oltre a dimenticare la reazione negativa avuta in precedenza . per la ripetizione degli esercizi, usa la tua esperienza, comunque dovrebbe avvenire a ore diverse e, se nello stesso periodo, distanziate almeno di dieci minuti o del tempo necessario al cane per ritrovare il solito equilibrio mentale . prima di passare a rumori più forti, consolida per almeno tre volte il rumore a cui si è assuefatto, se possibile fallo in giorni e ore diverse . puoi passare ad altri rumori indesiderati adottando lo stesso metodo unito alle varianti suggerite dall’esperienza che, nel frattempo,ti sarai fatta. Lo scopo è di stabilire che i rumori che potrebbero essere fastidiosi, sono in realtà innocui e naturali.
CLEIS SOLUZIONI PER LA COMUNICAZIONE
CLEIS è una Società di Comunicazione d’impresa specializzata nell’organizzazione di Eventi aziendali CLEIS SRL - Via L.Spallanzani,10 - 20129 Milano - Tel: 02 74 22 22 1 www.cleis.it - info@cleis.it
Marketing Irina Predolova
Il rallentamento dell’economia ha messo in luce l’importanza della connettività a livello mondiale e la necessità per i professionisti di acquisire un profilo internazionale Il Salone Access MBA apre le porte a lavori di grande interesse
La globalizzazione incalza Salone ACCESS MBA One-toOne a Milano Sabato, 1° febbraio 2014 Hotel Westin Palace Piazza della Repubblica, 20 Milano, Italia 09:30 Apertura del salone 10:00-15:30: Incontri one-toone e workshop
-Nell’attuale periodo storico in cui mercati finanziari e il settore del reclutamento sono sempre più globalizzati, l’interesse per gli studi commerciali non è mai stato così grande. Offrendo ai potenziali candidati agli MBA la possibilità di incontrare direttamente i rappresentanti delle migliori scuole di commercio internazionali al mondo, l’evento Access MBA One-to-One Tour rappresenta un modo originale ed efficace per trovare l’MBA giusto. Boom mondiale degli studi commerciali
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Il recente rallentamento dell’economia ha messo in luce l’importanza attuale dell’interconnettività a livello mondiale nel mondo degli affari e la necessità per i professionisti di acquisire un profilo internazionale per diventare leader moderni dei rispettivi settori. Una prospettiva mondiale costituisce un vantaggio sempre più fondamentale per le persone dalle spiccate ambizioni professionali di tutto il mondo. Benché in questi ultimi anni la sicurezza dell’impiego sia diminuita e il mercato del lavoro si presenti limita-
to, molti dirigenti d’azienda hanno colto l’occasione per sviluppare le proprie carriere. A seguito dei recenti progressi delle economie mondiali, nuove opportunità in materia di istruzione e impiego hanno preso forma e attirato l’attenzione dei professionisti di tutto il mondo. Numerose ricompense attendono i candidati che abbiano ottenuto recentemente un MBA presso una scuola di commercio internazionale di altissimo livello. Un sondaggio effettuato dal Graduate Management Admission Council (GMAC) tra gli ex-allievi nel 2013 mostra che un diploma in commercio offre sbocchi occupazionali impressionanti. Il 94% dei titolari di un MBA che hanno trovato un nuovo impiego dopo l’ottenimento del proprio diploma hanno affermato che “quasi certamente non avrebbero potuto ottenere tale impiego senza il [proprio] diploma in studi superiori di gestione”. Le domande di iscrizione e gli investimenti nelle scuole di commercio sono aumentati vertiginosamente durante la crisi economica mondiale e nulla sembra indicarne il rallenta-
mento. Il volume delle domande di iscrizione agli MBA a tempo pieno è più rilevante che mai, mentre il numero di quelle ai corsi di studio part time e a distanza resta stabile.
ammissioni presso la Manchester Business School. Questa scuola di commercio, classificata tra le venti scuole migliori al mondo, partecipa tutti gli anni all’Access MBA Tour.
Un servizio esclusivo ed efficace per i candidati agli MBA
Scuole partecipanti
L’Access MBA Tour è costituito da una serie di eventi mirati incentrati su servizi personalizzati di altissima qualità destinati ai candidati agli MBA. Durante il Tour i professionisti qualificati avranno l’opportunità di incontrare alcuni rappresentanti delle scuole di commercio nel corso di colloqui privati individuali (“Oneto-One”). Inoltre, i consulenti di Access MBA presenti all’evento orienteranno i candidati verso le scuole di commercio che meglio corrispondono alle rispettive esigenze. Tale orientamento personalizzato e le discussioni individuali con i responsabili delle ammissioni sono due aspetti che differenziano Access MBA dagli altri organizzatori di saloni. “Al contrario dei grandi saloni commerciali, le riunioni “One-to-One” si sono rivelate in questi ultimi sei anni lo strumento migliore per rispondere ai bisogni specifici sia delle scuole sia dei candidati. Le riunioni hanno permesso alla nostra società di organizzare quasi 65 eventi di questo tipo nel 2013, il che rappresenta una crescita annuale di oltre il 20% dal 2004”, spiega Christophe Coutat, fondatore e direttore di Access MBA Tour. “Siamo convinti dell’utilità degli eventi One-to-One di Access MBA, dato che incontriamo costantemente candidati di alta qualità che corrispondono al nostro programma e ai nostri obiettivi di reclutamento. Ne incontriamo in tal modo molti di più che in un salone tradizionale e inoltre dispongono di profili migliori e di maggiore motivazione”, aggiunge Helen Dowd, responsabile delle
L’Access MBA Tour comprende oltre cento scuole di commercio accreditate e riconosciute a livello mondiale. Le scuole partecipanti includono: HEC Parigi, INSEAD, London Business School, IESE Business School, ETH Zurigo (Istituto Federale Svizzero di Tecnologia) University of Chicago – Booth, IE Business School,Kellogg, IMD, University of St. Gallen MBA – HSG, ESADE, Manchester Business School, Rochester-Berna, SDA Bocconi, HULT International Business School, Ashridge Business School, ENPC MBA Parigi, Copenhagen Business School ... e molte altre…
Informazioni su Access MBA L’Access MBA Tour organizza quasi 65 eventi “One-to-One” all’anno in oltre trenta città del mondo. Access MBA è un progetto di Advent Group, un’agenzia di comunicazione che organizza eventi per il settore dell’educazione e del reclutamento in Europa, Medio Oriente e America del Nord e del Sud e Asia. Il nostro prossimo evento avrà luogo a Milano il 1° febbraio 2014. Ti puoi registrare qui sotto: http://www.accessmba. com/milan-it/index.
Partecipanti agli eventi I candidati che corrispondono ai criteri di ammissione delle scuole, sono invitati ai colloqui individuali (“One-to-One”) e ai workshop organizzati in piccoli gruppi. I candidati qualificati selezionati per tali riunioni personalizzate dispongono di almeno 3 anni di esperienza professionale e di una laurea o attestato equivalente. Il salone è aperto a tutti i candidati iscritti. Partecipazione all’Access MBA Tour Per avere l’opportunità di essere selezionato per i colloqui individuali (“One-to-One”) con i rappresentanti delle scuole di commercio, i candidati MBA devono prima iscriversi agli eventi sul sito www.accessmba.com. Una volta ricevuta la loro iscri.zione, i consulenti del salone Access MBA passeranno in rassegna i profili dei candidati e selezioneranno le persone qualificate per i colloqui “One-toOne”.
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Club dell’Osso
Demetrio Minutilli
Sembra che si cominci a respirare un clima positivo, o almeno meno negativo. Incrociamo le dita
Eppur si muove!
www.clubdellosso.it clubdellosso@clubdellosso.it
Il 2014 sarà migliore del 2013, almeno dal punto di vista del mercato degli eventi. La recessione sembra allontanarsi e si avvicina il rilancio dell’economia, fiducia nella ripresa con indici positivi che non si registravano dall’aprile del 2011. A sostenerlo sono i dati emersi durante l’EIBTM appena conclusa a Barcellona, che ha presentato numeri aggiornati della propria IBTM Global Research con cui ha monitorato, anno su anno, il sentiment del settore nelle varie aree del mondo. Migliorare le performance
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4 - 2013
E per la prima volta da qualche anno a questa parte, l’indagine ha rilevato che i buyer di agenzie e i fornitori europei (fra cui gli alberghi) non considerano più l’impatto dell’economia globale sul mercato degli eventi come la prima delle loro preoccupazioni, ma cominciano a concentrarsi su aspetti più specificatamente legati alle proprie performance: fornire valore aggiunto ai clienti, sviluppare relazioni di business basate sulla fiducia, offrire servizi di eccellenza e dimostrare ai clienti il ritorno sugli investimenti effettuati. I flussi legati agli eventi da e per l’Europa riacquistano volume: il 57% dei supplier intervistati da EIBTM ritiene che i buyer europei stiano ricominciando a cercare nuove destinazioni per i propri eventi, rimettendo in moto un meccanismo virtuoso di “traffico” che coinvolge molte destinazioni europee. Tra le destinazioni più utilizzate nel 2014 dagli organizzatori di eventi europei, l’Italia è al secondo
posto, superata solo dalla Spagna. Percentuali significative di buyer progettano inoltre di portare i propri eventi su destinazioni a lungo raggio: in Asia (35%), nelle Americhe (43%), in Africa (19%) e in Medio Oriente (32%). Qualità del servizio I fattori che maggiormente influenzeranno la scelta della destinazione e della sede per l’evento nei prossimi 12 mesi sono la qualità del servizio, il buon rapporto qualità/prezzo e l’accessibilità, ma anche la conformità agli standard internazionali di settore, che si rivela una priorità sempre più consolidata. Meno positivi i riscontri sulle dimensioni degli eventi: sebbene il 21% dei buyer abbia registrato un incremento di partecipanti europei agli eventi, il 65% ha rilevato una sostanziale stabilità, mentre la restante parte ne ha visto invece la flessione. Ulteriori dati positivi arrivano anche YPO Global Pulse Confidence Index, indagine condotta con cadenza trimestrale da YPO, rete mondiale di 20mila CEO, coinvolgendo 2.113 amministratori delegati di tutto il mondo, tra cui 272 nell’Unione Europea. Secondo la ricerca in Europa l’indice di fiducia, che lo scorso anno si era attestato a 51,4 punti, il più basso registrato nei quattro anni e mezzo di vita della survey, ha raggiunto oggi i 59,2 punti. Il maggior ottimismo che si respira nel Vecchio Continente è confermato anche da un altro elemento. Il gap tra Europa e Asia, che sino a sei mesi fa raggiungeva ben 12,8 punti, oggi è ridotto a 1 solo punto.
dmc
Comitato scientifico Bruno Calchera Membro delegato del Tavolo del Terzo Settore della Regione Lombardia. Già Direttore U.O. della Comunicazione Istituzionale della Regione Lombardia. Giornalista. Direttore Marketing in case editrici. Consulente alla Comunicazione in Enti pubblici e privati. Impegnato in attività del Terzo Settore da più di 30 anni. Alberto Contri Attualmente presidente della Fondazione Pubblicità Progresso e DG della Lombardia Film Commission. E’ stato Vice Chairman di McCann Erickson World Group Italia, consigliere della Rai, AD di Rainet, Presidente AssAP. E’ docente di Comunicazione Sociale alla IULM. E’ Grand’Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Marzia Curone Partner di “Relata”, Agenzia di Marketing e di Comunicazione di Relazione. Presidente del settore Direct Marketing di Assocomunicazione, Coordinatore del Comitato Interassociativo Marketing Diretto. Michele Faldi Direttore dell’Alta Formazione e delle Alte Scuole dell’Università Cattolica del S. Cuore. Ha lavorato presso centri culturali ed istituti di ricerca e formazione in Italia e all’estero. Da sempre si è occupato di Higher Education. Chiara Grosselli Già responsabile del Marketing e delle Comunicazioni per l’IBM in Italia, delle Relazioni Esterne e della Fondazione IBM Italia. Collabora con diverse associazioni per sostenere l’imprenditoria femminile. Ha vinto il Premio “Marisa Bellisario”.
dmc
dm & comunicazione
Fondato nel 1987 Rivista di Direct Marketing, Marketing e Comunicazione d’Impresa Autorizzazione tribunale n° 300 del 19/04/1991 Anno 26 - n° 4 del 2013 Direzione, Redazione, Grafica, Amministrazione: Via Spallanzani 10 - Porta Venezia - 20129 Milano tel. +39.02.74.22.22.1 - fax +39.02.74.22.22.23 e-mail: redazione@dmconline.it redazione@dmcmagazine.it - www.dmcmagazine.it Direttore Responsabile: Ugo Canonici Capo Redattore: Sarah Canonici Redazione: Carlo Cremona, Grazia De Benedetti Coordinamento Redazionale e Grafica: Davide Canonici Editore Incaricato: Bruno Calchera Collaboratori: Ugo Clima, Pier Giorgio Cozzi, Barbara Coralli, Vittoria A. D’Apice, Antonio Ferrandina, Axel Lo Guzzo, Antonella Lucato, Alessandro Lucchini, Marco Maglio, Domenico Matarazzo, Demetrio Minutilli, Guido Montacchini, Ugo Perugini, Maurizio Quarta, Margherita Ruggiero, Mario Silvano, Roberto Villa Pubblicità: Gestita direttamente dall’Editore (redazione@dmcmagazine.it) tel +39.02.74 22 22.1 Iscrizione ROC: 16511 Deus Editore s.r.l.: via Spallanzani, 10 - 20129 Milano - P.I. IVA 11422020153
Club C3:
Il club per chi opera nel mondo della comunicazione d’impresa, ha come missione una corretta divulgazione della cultura della comunicazione. dm&c è l’organo d’informazione del Club C3
Alessandro Lucchini Giornalista e copywriter, è autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi di business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano. Stampa Maurizio Nichetti Architetto, attore, sceneggiatore, regista di cinema, televisione e cartoni animati. Debutta nella regia cinematografica con RATATAPLAN a cui faranno seguito una decina di lungometraggi. Attivo anche nel teatro di prosa, nel teatro lirico e nel cinema d’animazione.
LIGURGRAF s.n.c. Via Moggia 80/G c.a.p. 16033 Lavagna (Ge) Italy Tel 0185.598342 - www.ligurgraf.it - info@ligurgraf.it Gestione abbonamenti Via Pindaro, 17, 20128 MILANO Tel. +39 022520071 Fax +39 02252007.333 info@directchannel.it
Bruno Patrito Silva Fondatore e presidente di Direct Channel - con oltre 30 anni di esperienza, maturata prima nell’ambito di prestigiose aziende leader dell’I.T. e trasformata successivamente in attività imprenditoriale.
www.directchannel.it - www.miabbono.com Mario Silvano Presidente di Silvano Consulting, società di formazione, consulenza, marketing operativo, sviluppo quadri commerciali. Dal 1961 tiene corsi in Italia e all’estero. Autore di libri su marketing e vendita.
Chi sono i 20.000 lettori di dm&c (da un’indagine del Gennaio 2013)
A QUALI AZIENDE APPARTENGONO
Roberto Vallini Già direttore della Comunicazione di AEM Milano, e vice Presidente della FERPI. Giornalista, è stato Portavoce del Presidente della Lombardia Roberto Formigoni, ha pubblicato il libro “Per una Lombardia federale”. E’ Direttore Editoriale e di informazione di Telereporter, Odeon Tv e Telecampione.
QUALE FUNZIONE HANNO IN AZIENDA
Utenti di comunicazione
67,4%
Titolari, presidenti, amministratori
19,1%
Agenzie di comunicazione e meeting planners
25,1%
Commerciali, marketing
51,8%
Associazioni professionali, Pubblica Amministrazione
7,5%
Direzione pubblicità, responsabili Rel. Est.
29,1%
Qualora non vogliate ricevere più questa pubblicazione potete inviare una mail a redazione@dmcmagazine.it, specificando nell’oggetto “cancellatemi dal data base”.
Pensiero Libero
di Alessandro Lucchini*
Palleggiando il pensiero tra linguaggio e matematica
In principio erat verbum aut numerus? *Alessandro Lucchini, giornalista e copywriter, Autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi business/ web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano. www.palestradellascrittura.it lucchini@msoft.it
Il libro di Hans Enzensberger Il mago dei numeri racconta la storia di un ragazzo che non ama la matematica. Una notte gli appare in sogno un ometto rosso che gli propone straordinari giochi con i numeri. Il ragazzo esplora i sistemi numerici, capisce leggi e meccanismi che li governano, incontra Pitagora e Archimede, e scopre che la matematica non è quella cosa noiosa che a volte tocca studiare a scuola, ma un’avventura entusiasmante. Dieci anni fa ho avviato una ricerca dal titolo La magia della scrittura, oggi online gratis nel sito www.palestradellascrittura. it. Il magico nesso tra numeri e linguaggio va indagato ancora. Chi avesse altre idee, per favore me le scriva qui: alessandro. lucchini@palestradellascrittura. it Grazie di cuore.
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Un grande vantaggio dei social network, per chi scrive in un giornale, è che buona parte del pezzo lo fanno i lettori. Nooooo, dai, cos’hai capito, non è che il giornalista non serve più. È che l’interazione social è ben più sem plice, vivace, e quindi più proficua delle antiche lettere in redazione. Qualche giorno fa, per esempio, ho lanciato sul profilo facebook della mia società un annuncio per selezionare 11 giovani poi da allenare e inserire nella nostra squadra di formatori. Mia figlia Marta, testa matematica, mi chiede perché proprio 11. Bah, le dico, fa squadra. E lei: ah, sì, poi è un palindromo, ed è un numero primo. Eh, certo, vuoi che non l’avessi pensato anch’io? Poi medito sui nessi tra linguaggio e matematica. Infiniti. Mi viene in mente che il primo numero è anche un articolo. Che il Verbum - che erat apud Deum - è quello che segna ilprimailduranteildopo, cioè lo scorrere del tempo, dei giorni, delle ore, dei minuti: numeri. Che in qualunque testo, legge, slide, brochure o programma politico, gli elenchi numerici tengono l’attenzione più dei bullet o delle virgole. E che Noam Chomsky, il più grande linguista del mondo, è un matematico. E senza chiedermi troppo se siano argute o banali, queste poche cose le scrivo sul mio profilo. Poi chiedo, a chi venisse in mente qualche nesso simpatico, bizzarro, evocativo, tra matematica e linguaggio, se per cortesia me lo scrive nei commenti. E in poche ore arrivano belle idee. wwWww Eccone alcune. Angelo Nespoli: Una tra le tante prove che tre sia il numero perfetto è che è l’unico la cui espressione verbale corrisponde al contenuto numerico. Elena Bona: I numeri, come le parole,
servono agli esseri umani per dare un ordine e un’apparente comprensibilità al caos della vita, per illudersi di carpire il senso. Assegnare un numero a una realtà, fuggente e terrorizzante, equivale al raccontare. Ma la scelta del numero 11 invita all’ordine e allo stesso tempo al disordine: 11 dice che, per entrare a far parte dei collaboratori, non bisogna essere perfetti, ma pronti a intraprendere un viaggio nello spazio e nel tempo (11 è il numero assegnato a Urano, pianeta leader nella fantascienza, 11 è il numero del primo viaggio sulla luna), desiderosi di affrontare un cambiamento (nei Tarocchi è la Forza). E ci sarebbe ancora dell’altro. Ma mi fermo qui. Silvia Orso: Un nesso è l’uso della cifra in luogo della parola o del suono che le corrisponde e che la nomina: 6 pronto? 4 you. 20 di guerra. B2B. Poi i modi di dire: è successo un 48, un pezzo da 90, regole 0. E… ciò che ne deriva non mi tange. Fiorella Buzzi: Il sillogismo sta alle parole come l’equazione sta ai numeri (e intanto che c’ero, ho scritto una proporzione). Titti Soncini: Mi viene in mente che i numeri hanno le virgole e che tra i numeri, come tra le parole, le virgole, come tutti sappiamo, fanno la differenza. E poi ci sono le parentesi (che decidono l’ordine di lettura delle espressioni) e le potenze che fanno da punto esclamativo!!! Bianca Borriello: A me è venuto in mente 44 gatti in fila per sei col resto di due, 150 la gallina canta, esce il sole con 3 cavalli d’oro, 3 civette sul comò, ci son 2 coccodrilli e 1 orangotango... (mi sa che passo troppo tempo alla scuola materna).