Gazzettino Settembre Ottobre 2018

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distribuzione gratuita anno 16 - n. 5/2018 Settembre / Ottobre

Funghi e conserve

LA CUCINA DELL’ AUTUNNO

TRICOLOGIA: La salute per la testa PREVENZIONE: L’ora dello “stile”

BENESSERE: Energia di stagione PSICOLOGIA: Depressione perinatale


distribuzione gratuita anno 16 - n. 5/2018 Settembre / Ottobre

sommario FUNGHI E CONSERVE

LA CUCINA DELL’AUTUNNO

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Intervista a Davide Lonati di Luisa Castellini

PREVENZIONE L’ORA DELLO “STILE”

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in collaborazione con Walter Marrocco

TRICOLOGIA LA SALUTE PER LA TESTA

Intervista ad Andrea Marliani di Luisa Castellini

BENESSERE ENERGIA DI STAGIONE Patrizia Mantoessi

PSICOLOGIA DEPRESSIONE PERINATALE Alessandra Bramante

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L’autunno in festa Il rientro dalle vacanze. La voglia di riprendere in mano lo studio, il lavoro e tutti i nostri progetti con maggiore determinazione ed entusiasmo. Qualche nuova idea nata e maturata durante le ferie da mettere subito in pratica. L’autunno è emotivamente tempo del raccolto ma anche

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della semina. Si osservano i frutti del proprio impegno e ci si rimbocca le maniche per seminarne altri in vista di nuove, maggiori, soddisfa-

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zioni. L’autunno è una stagione fresca che invita a godere della natura e dei suoi straordinari colori e anche dei suoi sapori. Apriamo così questo numero autunnale del Gazzettino con un approfondimento su come consumare i funghi in tutta sicurezza senza dimenticare tanti consigli per le conserve casalinghe. Pensiamo poi in dettaglio alla prevenzione insieme a Walter Marrocco, responsabile scientifico della federazione che riunisce i medici di famiglia italiani. Scopriamo quindi le radici antichissime della tri-

Bimestrale di informazione al pubblico di Club Salute S.p.A. Anno 16, n° 5 Settembre / Ottobre 2018 Reg. Trib. Lecco N. 10/03 del 22/09/2003

cologia e tutte le terapie più moderne per curare la caduta dei capelli. Nella rubrica dedicata al benessere ecco tanti suggerimenti per ripartire

Direttore responsabile Luisa Castellini

con slancio curando l’alimentazione e il sonno,

Comitato Scientifico Paolo Borgarelli, Valentina Guidi

cando i migliori alleati nella natura. Le pagine

stando lontani il più possibile dallo stress e cer-

Hanno collaborato Alessandra Bramante Patrizia Mantoessi

di psicologia, infine, ci invitano a riflettere su un

Impaginazione Sergio Muratore Moretti Editore - www.morettieditore.com

approfondimento sulla depressione perinatale,

Stampatore 44U S.r.l. - Via Tarvisio, 6 - Limbiate (MB) - Italy

di vita del bambino. Curiosità, desiderio di sco-

Associazione Nazionale Editoria Periodica Specializzata Socio Effettivo

per la nostra salute: così salutiamo questo au-

altro possibile aspetto della maternità con un che colpisce tante donne durante il primo anno perta, passioni e, naturalmente, tanto impegno tunno e i giorni che verranno. L.C.

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Anche i più esperti possono sbagliare: quali sono le specie che si confondono più facilmente? I funghi spugnosi (Porcino, Boleto, Finferlo) sono tra i più sicuri. Diverso il caso dei lamellati (Mazza di tamburo, Prataiolo, le Russole) tra i quali c’è un’alta probabilità di confondere le varie specie e di ingerire esemplari con un’alta concentrazione di amanitina.

FUNGHI E CONSERVE

LA CUCINA DELL’AUTUNNO Da chi si dà appuntamento nel bosco a quanti preferiscono vedersi al ristorante l’invito è sempre lo stesso, alla sicurezza. Indispensabile quando si vestono i panni del cuoco ma anche nell’acquisto e nella conservazione dei prodotti di stagione per evitare ogni tipo di intossicazione. L’importanza dei controlli, i sintomi e le cure Intervista a

Davide Lonati

• Specialista in Tossicologia Medica • Servizio di Tossicologia, Centro Antiveleni di Pavia, Centro nazionale di Informazione Tossicologica • ICS Maugeri IRCCS Ospedale di Pavia e Università degli Studi di Pavia di Luisa Castellini

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ritti, sott’olio o nel sugo delle tagliatelle: i funghi, non c’è dubbio, sono protagonisti della tavola dell’autunno. Per molti andarli a scovare nei boschi è una tradizione. Tanto che spesso si commette un errore: si è sicuri del proprio raccolto e si tira dritto davanti alla sede dell’Asl per l’ispezione micologica. Il servizio, assolutamente gratuito, è obbligatorio per chi li vende e li cucina per il pubblico ma non per

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i privati. L’incidenza delle intossicazioni varia in relazione alla stagione ma i casi non sono pochi. Il Centro Antiveleni di Pavia, a cui fanno riferimento moltissimi ospedali e privati con il servizio h24, fornisce in media 70mila consulenze l’anno, comprese quelle per le intossicazioni da funghi. «I numeri del Centro sono un buon indicatore e chiariscono il problema principale: la tendenza a sottovalutare la portata delle intossicazioni» come anticipa Davide Lonati, specialista del servizio di Tossicologia a Pavia. In che modo possiamo essere sicuri dei funghi che consumiamo? Se non li mangiamo al ristorante e non li acquistiamo - l’etichetta del controllo dovrebbe essere in evidenza - ma li abbiamo trovati, è fondamentale portarli alla Asl per l’ispezione micologica, un servizio gratuito attivo su tutto il territorio. Solo così e attraverso una corretta conservazione e un’adeguata cottura possiamo consumarli in sicurezza.

Qual è il caso più frequente di intossicazione? La maggior parte dei funghi si consuma in ambienti controllati come i ristoranti che hanno una serie di controlli da rispettare. Le intossicazioni sono riconducibili a un problema di cattiva conservazione nel 10% dei casi: la maggior parte delle volte, invece, il paziente ha mangiato dei funghi che non sono stati controllati e/o ricevuti in regalo. Spesso non sa descrivere il tipo consumato e la diagnosi diventa più difficile. Per il riconoscimento si usano i resti di pulizia e i liquidi biologici. Cosa distingue i diversi tipi? Esistono diversi tipi di intossicazione e si distinguono anzi tutto in relazione al periodo che intercorre tra l’ingestione e i sintomi. Le sindromi a breve latenza (30 minuti-6 ore) di norma si risolvono nel giro di un giorno. Quella gastroentestinale (nausea, diarrea, vomito, dolore addominale) è la più frequente. La sindrome panterinica (sonnolenza, agitazione, convulsioni), la muscarinica (sudorazione, ipotensione, difficoltà respiratorie), la psicotropa (allucinazioni) ma anche le altre (coprinica, paxillica, nefrotossica) possono dare conseguenze anche gravi ma in generale non si registrano danni d’organo. Diverso il caso delle sindromi a lunga latenza, dove tra l’ingestione e

Il Centro Antiveleni di Pavia È attivo 7/7 giorni con servizio h24 per la diagnosi e il trattamento delle intossicazioni acute e croniche, per la gestione sanitaria delle emergenze chimiche e ogni altra problematica clinico-tossicologica. È un punto di riferimento essenziale per i servizi sanitari di soccorso e ospedalieri e i privati. È l’unico centro antiveleni ad essere riferimento per le istituzioni. Il laboratorio è uno dei pochi in grado di rintracciare le tossine epatotossiche dei funghi nelle urine. Gestisce la Banca Dati Antidoti e la Banca Dati Nazionale Analisi Tossicologiche. > cavpavia.it

Dal bosco

alla tavola Raccolta. Scegliere solo esemplari commestibili e intatti e non toccare gli altri per preservare l’ecosistema. Non raccogliere funghi lungo le strade o vicino ai centri industriali. Trasporto. Munirsi di contenitori rigidi e areati come i cestini di vimini: consentono la disseminazione delle spore ed evitano la compressione e la fermentazione. No ai sacchetti di plastica che possono provocare la decomposizione. Controlli. Se li abbiamo raccolti, portiamoli al più vicino Ispettorato Micologico della Asl: il servizio è gratuito. Se li acquistiamo, verifichiamo la presenza dell’etichetta che attesta l’avvenuto controllo. Consumo. Non esistono metodi empirici per verificare se il fungo sia commestibile o pratiche che rendono meno tossici quelli velenosi: anche la cottura è inutile perché le tossine più pericolose sono termostabili. I funghi vanno mangiati ben cotti, in quantità moderate e non devono essere dati a bambini, gravide e persone con intolleranze o patologie particolari. Conservazione. Per farli seccare i funghi vanno ben puliti senza lavarli, affettati ed essiccati su un canovaccio pulito e poi conservati in luogo fresco e asciutto. Gli esemplari giovani e non troppo grandi possono essere congelati dopo essere stati sbollentati. Per metterli sott’olio vanno bolliti per 20 minuti in una soluzione con 2/3 di aceto e 1/3 di acqua, scolati e fatti asciugare prima di invasarli con l’olio d’oliva in un contenitore sterilizzato.

la comparsa dei sintomi possono trascorrere anche 6-12 ore. La sindrome falloidea, con centinaia di casi ogni anno, è causata da funghi con un’alta concentrazione di amanitina (speci Galerina, Amanita) e danneggia il fegato. La sindrome gyromitrica è più rara e ha come bersaglio il sistema immunitario: a

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causarla è un fungo che viene spesso confuso con la Spugnola perché sembra un cervello per la forma a spirale ma cresce a primavera. La sindrome orellanica - dal Cortinarius orellanus, il “falso chiodino” - è in grado di danneggiare i reni in 2-3 settimane. Cosa fare - e non fare - in caso di malessere? Quando dopo un pasto a base di funghi si accusano dei sintomi gastroenterici è importante contattare subito un Centro Antiveleni o recarsi al Pronto Soccorso per una diagnosi e una cura adeguata. Come non esistono “prove” domestiche per riconoscere i funghi commestibili né cotture o sistemi di conservazione che eliminano le tossine così non esistono cure casalinghe per cui è inutile, tanto per citare un esempio noto, bere il latte. Da evitare anche l’automedicazione, che in certi casi può essere ancora più dannosa: assumere antiemetici blocca il vomito che è un meccanismo di difesa naturale dell’organismo e quindi si prolunga l’intossicazione. Quali sono le terapie? Le sindromi a breve latenza di solito sono resinoidi con sintomatologia gastroenterica e si risolvono spontaneamente nelle 24 ore. Per i casi più gravi e le sindromi a lunga latenza non si può parlare di un antidoto ma di un trattamento polifarmacologico che mira a eliminare la tossina e a limitare il danno epatico. Questo è possibile quando conosciamo la tossina responsabile dell’intossicazione. Lavanda gastrica e iperidratazione fanno parte del trattamento. I funghi sott’olio possono celare, come altre conserve, la tossina del botulino? Ogni anno si registrano circa 30-60 casi l’anno e ciascuno viene notificato perché si tratta di una questione di salute pubblica. Di solito la tossina si sviluppa nei preparati casalinghi non trattati termicamente con Ph superiore a 4 ma può capitare anche nelle preparazioni industriali. Qual è il meccanismo della tossina? La tossina entra nella porzione presinaptica della giunzione muscolare e taglia le molecole che permettono la fusione della vescicola contenente il neuromediatore con la membrana e il suo successivo rilascio, bloccando di fatto l’impulso muscolare. Le spore sono dormienti e si sviluppano solo in determinate condizioni di temperatura, acidità (superiore al ph 4) e umidità e in assenza di ossigeno. Condizioni, tutte, tipiche delle conserve. La tossina botulinica è utilizzata in molti ambiti, dalla cura delle paresi spastiche all’estetica.

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Conserve sott’olio o in salamoia? Igiene & strumenti. Mani, stoviglie, utensili, piano di lavoro e strofinacci devono essere sempre puliti. Sì al vetro, perfetti i Bormioli da mezzo litro, e alle guarnizioni nuove. I vasetti vanno sterilizzati e dopo conservati al riparo dalla luce. Le pentole? Meglio l’acciaio inox. Ingredienti. Freschi, di stagione, maturi al punto giusto, preparati entro 6-12 ore dalla raccolta. Verifica del Ph. Prima di metterle sott’olio, le verdure vanno sbollentate in una soluzione di acqua e aceto di vino bianco in parti uguali. Importante misurare il ph del liquido finale con una cartina al tornasole: deve essere inferiore a 4. Nelle marmellate, l’acidità e lo zucchero garantiscono la sicurezza. Gelatine e composte vanno acidificate col limone. Salamoia. Deve avere il 10% di sale. La patina bianca in superficie è normale. Finita la fermentazione acida il prodotto va invasato in salamoia fresca. Pastorizzazione. I barattoli pieni e chiusi vanno bolliti in una pentola col coperchio per stabilizzare termicamente gli alimenti. La pastorizzazione va combinata con l’acidificazione e la refrigerazione (+4° C) e a limitati tempi di conservazione. Importante lasciare uno spazio vuoto tra il coperchio e il livello di liquido per la formazione del vuoto nel barattolo. Controllo. Dopo un giorno, a contenitori freddi, verificare che la chiusura sia ermetica e il raggiungimento del vuoto: i tappi devono essere leggermente concavi. Quando l’apriremo, il barattolo dovrà emettere il caratteristico suono.

Come si manifesta il botulismo alimentare? È una patologia neurologica gravissima caratterizzata da una neuroparalisi di tipo flaccido con andamento cranioclaudale. Palpebre che cadono, secchezza delle fauci, disturbi visivi, della deglutizione, del linguaggio, difficoltà a respirare sono i sintomi che possono comparire. Nei casi gravi e senza cure tempestive si giunge alla paralisi con morte per soffocamento.


PREVENZIONE

L’ORA DELLO “STILE” La ricetta sana ma gustosa. L’attività sportiva adeguata al proprio fisico. Salute e qualità di vita si costruiscono con tante attenzioni quotidiane e un occhio all’agenda degli screening in collaborazione con

Walter Marrocco

• Responsabile scientifico della FIMMG Federazione Italiana Medici di Famiglia > fimmg.it

L’

alimentazione, naturalmente. L’attività fisica regolare. L’astensione totale dal fumo, oltre che dall’alcol, di cui si consiglia al massimo un uso moderato. Lo “stile” sulla bocca di tutti è quello della salute, che si ottiene senza sconti giorno dopo giorno coltivando le buone abitudini e cercando di eliminare o almeno ridurre quelle negative. «Una migliore qualità di vita si realizza attraverso la prevenzione delle malattie ad alta prevalenza e incidenza come le patologie cardio-cerebro vascolari, osteoarticolari e metaboliche e quindi agendo sugli stili di vita» spiega Walter Marrocco, Responsabile scientifico della Federazione dei Medici di Famiglia. La prevenzione più importante è quella primaria, che evita di arrivare alle patologie e permette di vivere meglio ed è individuale e collettiva - un esempio classico è la vaccinazione, con cui ci si protegge e si tutelano gli altri. A questa si aggiungono gli screening, strumenti di prevenzione validati per particolari patologie, soprattutto tumorali. «Lo screening riguarda malattie di grande rilevanza epidemiologica e deve attenersi a criteri di qualità in termini di linee guida e prove di efficacia. È diverso dal check-up, una parola spesso inflazionata».

A livello nazionale si sono dimostrati efficaci alcuni screening che sono proposti gratuitamente. «Per la donna quello del tumore al seno, che prevede la mammografia ogni 2 anni dai 46 ai 79 anni, e lo screening per il tumore alla cervice uterina con il pap test ogni 3 anni tra i 25-64 anni. A tutti è rivolto lo screening del tumore del colon-retto ogni 5 anni dopo i 50 anni. Ai soggetti con familiarità si consiglia ogni 2». La familiarità è un concetto importante: il medico valuta sempre in base alla storia e alle caratteristiche del paziente gli approfondimenti necessari. Uno screening su cui si è molto discusso è quello del tumore alla prostata che oggi non è proposto ma «in caso di disturbi si consiglia di consultare il proprio medico e, sopra i 50 anni, il dosaggio del Psa ed eventualmente un esame ecografico». L’attenzione oggi è alta anche per la cosiddetta prevenzione quaternaria utile anche ad evitare la medicina difensiva. «Oggi si rischia di eccedere nella diagnosi e nelle terapie: il nostro primo obiettivo deve essere l’appropriatezza, intervenendo solo laddove necessario con un indubbio risparmio per il singolo, ma anche per il Sistema Sanitario Nazionale». Il ruolo del medico di famiglia in quest’ottica è fondamentale. «Spesso ci si rivolge a diversi specialisti e ciascuno prescrive una terapia. Il medico di famiglia ha invece una visione complessiva, olistica, e deve equilibrare le varie cure evitando le sovrapposizioni e le interazioni eccessive o negative». Si tratta della capacità di capire quello che il paziente può veramente fare «e quindi anche qualche volta di de-prescrivere, di ridurre gli interventi non strettamente finalizzati al benessere complessivo, evitando qualsiasi forma di medicina difensiva».

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PERCHÉ PERDIAMO LA MEMORIA? Mangiare bene, fare esercizio fisico e coltivare relazioni sociali è essenziale per una buona prevenzione. Il ruolo dei nutrienti e degli integratori per preservare le capacità cognitive

L’

invecchiamento è uno di quei fattori che non è possibile fermare. Ogni organo del nostro corpo subisce un cambiamento, compreso il cervello che vede compromessa una funzione fondamentale: la memoria. La perdita di memoria è un problema molto comune che, con il passare del tempo, può essere influenzato da diversi fattori fisiologici, patologici e traumatici. Altrettanto importanti sono le carenze nutrizionali, le patologie legate all’ansia e l’isolamento sociale. Il declino cognitivo necessita quindi di una valutazione ed un trattamento precoci poichè può aumentare le probabilità di sviluppare la demenza o la malattia di Alzheimer nel corso del tempo. La demenza, ad esempio, sta diventando uno dei problemi emergenti per la sanità pubblica, con un notevole impatto economico e sociale in continua crescita. Tali problematiche sono state al centro della conferenza tenuta dal Dott. Arrigo Cicero, presidente della Società Italiana di Nutraceutica, in occasione del convegno “SINut”, tenutosi nel Maggio 2018 a Bologna. Al momento non esistono farmaci in grado di curare queste patologie. La prevenzione resta quindi l’unica arma per contrastare il problema. Un regolare esercizio fisico, coltivare relazioni sociali, tenere la mente allenata (lettura, parole crociate, ecc.) sono condizioni fondamentali per mantenere il cervello in salute così come una corretta e sana alimentazione. Inoltre, l’utilizzo di integratori e nutrienti aiuta a preservare le capacità cognitive. Alcuni integratori vengono definiti “semplici” nutrienti, come gli acidi grassi omega 3 e le vitamine del gruppo B. Altri sono estratti vegetali con azione specifica, come ad esempio il Gingko biloba, che possono interagire con i farmaci fluidificanti del sangue. Il migliore approccio consi-

In farmacia: SYNAID®

Il prodotto SYNAID®, completo di vitamine ed alcuni minerali, ha dimostrato in uno studio clinico pubblicato nel Settembre 2016 su un’illustre rivista scientifica - “Journal of Prevention of Alzheimer’s Disease Volume” - un significativo miglioramento delle funzioni cognitive e del tono dell’umore, con conseguente miglioramento della qualità di vita percepita. Info: www.inpha2000.it

ste nell’associare più sostanze attive, utilizzando estratti che agiscono sulle funzioni cognitive, come la Bacopa monnieri, con estratti ad azione ansiolitica (teanina) e antidepressiva (crocina) per agire sull’intero quadro del declino cognitivo.

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TRICOLOGIA

LA SALUTE PER LA TESTA Le prime cure di cui si ha notizia risalgono all’antico Egitto, dove la chioma del faraone era considerata sacra. Oggi per evitare la perdita dei capelli ci si affida al medico tricologo e a terapie precoci e mirate. La diagnosi, i farmaci, gli integratori e il ruolo della chirurgia nella calvizie Intervista al prof. Andrea Marliani • Specialista in Dermatologia e in Endocrinologia • Presidente fondatore della Società Italiana di Tricologia (S.I.Tri.) • Iscritto al Pubblico Registro dei Medici Tricologi > sitri.it

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al primo medico della testa di Cheope a Ippocrate, che coniò il termine alopecia, la storia della tricologia ha radici antichissime. «Hakiem el Demagh è stato il primo medico tricologo di cui si ha notizia storica. Il suo ruolo alla corte di Cheope era molto importante perché la perdita di capelli del dio faraone era sentita dal popolo egizio come un annunzio di sventura. Poteva essere il presagio di una mancata esondazione del Nilo o di un’invasione degli Ittiti» spiega Andrea Marliani, presidente emerito della Società Italiana di Tricologia (S.I.Tri.), che ha fondato con pochi colleghi nel ‘96. I medici

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si sono sempre occupati dei capelli, sentinelle dello stato di salute, ma nello scorso ‘900 la disciplina è stata trascurata. «Negli anni ’70 era quasi proibito al dermatologo in formazione di occuparsene: era un ambito, come quello dell’estetica in generale, considerato impuro, di poco interesse». Di lì a poco sarebbe però avvenuta una rivoluzione, guidata dalla ricerca farmacologica, che oggi offre svariate cure per la perdita dei capelli, una nota dolente per la metà degli italiani, donne comprese. Quali sono le cause della caduta dei capelli? Una normale caduta fa parte del ciclo vitale del capello e non deve destare preoccupazione: è una sorta di “muta continua” che può aumentare nei cambi di stagione. Anche se i capelli si perdono per svariate cause, quello che alla fine porta alla perdita dei follicoli è un’infiammazione che li circonda che esita in cicatrizzazione con la caduta definitiva del capello. Quali sono le forme più comuni di calvizie? L’alopecia androgenetica, interessa in prevalenza gli uomini: si iniziano a perdere i capelli verso i 17 anni (calvizie precoce) e a 30-40 si arriva alla calvizie a corona, quella da commendatore per intenderci. L’alopecia androgenetica è dovuta in gran parte alla produzione di diidrotestosterone da testosterone. Oltre la metà della popolazione maschile soffre, almeno in forma lieve, di alopecia androgenetica. L’alopecia areata, di solito con le tipiche chiazze prive di capelli fino all’alopecia totale, è una malattia autoimmune che impedisce la crescita e lo sviluppo dei capelli e può verificarsi anche in poche ore. Vi sono poi casi, fortunatamente rari, di persone che perdono in una notte tutti i peli del corpo, compresi i capelli. Il telogen effluvium, è una caduta di capelli patologica ma comune che può verificarsi dopo ogni stress importante. Squilibri ormonali della tiroide, anemie spesso da carenza di ferro, dopo una malattia, una gravidanza, una terapia con eparina ma anche un trauma psichico può condurre a una caduta importante di capelli, spesso nell’ordine di centinaia, anche migliaia al giorno. È un fenomeno di solito benigno ma che va trattato con attenzione. Nelle alopecie cicatriziali, il capello è aggredito con un meccanismo autoimmune. Come si sono evolute le cure? Per molti anni la tricologia è stata trascurata anche perché non esistevano cure davvero efficaci. Alla fine

Dallo specialista esami e diagnosi Un medico esperto in tricologia è in grado di fare la diagnosi già con la vista e le mani. Gli strumenti sono quelli tipici della dermatologia: con la tricoscopia, una dermatoscopia applicata ai capelli, si esamina la cute con un ingrandimento, oggi quasi sempre in digitale. «È un passaggio importante per il paziente, che vedendo quello che osserva il medico si sente partecipe e preso in carico» spiega Andrea Marliani, presidente fondatore della S.I.Tri. «Si prescrivono sempre gli esami del sangue: se la ferritina è bassa, espone ad effluvium. In tricologia il valore della ferritina non deve mai essere inferiore a 30 mg. In caso di anemia è molto comune la caduta fino alla perdita di capelli che diventano anche sottili se l’anemia si protrae. Anche i dosaggi del TSH sono importanti. Spesso la caduta è il primo sintomo di un disturbo tiroideo. Per avere un quadro completo si aggiungono emocromo, vitamina B12, vitamina D e acido folico». A occuparsi di capelli dovrebbe essere il medico specialista che si è perfezionato in tricologia con corsi e master come quelli offerti dall’Università di Firenze ed è inserito nell’apposito registro dei medici tricologi tenuto dalla Società Italiana di Tricologia.

degli anni ’70 compare sul mercato il minoxidil, che apre una nuova possibilità terapeutica e riaccende l’interesse per la disciplina. A questo si aggiunge poi, alla fine degli anni ’90, la finasteride: entrambi sono considerati ancora oggi parametri di riferimento e vengono comunemente impiegati in tutto il mondo. In realtà i tricologi veri li usano molto meno di un tempo. Si preferiscono spesso altre soluzioni: il progesterone per uso topico, introdotto in Italia già negli anni ’70, l’estrone, l’idrocortisone sempre per uso topico, e diversi antiossidanti per uso orale. Quali sono i timori di chi affronta una terapia molto lunga? Il medico tricologo valuta sempre pro e contro, ne discute col paziente e non prescrive mai farmaci

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che questo teme; il rischio è non solo la mancata aderenza alla terapia, ma anche la comparsa di effetti collaterali che in realtà non ci sono (il cosiddétto “effetto nocebo”). I giovani ad esempio diffidano della finasteride temendo effetti sulla libido che esistono ma sono rarissimi. Il realtà la finasteride pare inibire la formazione di un neurosteroide cerebrale ad effetto antiansiogeno e la sua carenza può peggiorare una depressione o uno stato di ansia già in atto, così spesso il medico tricologo, quando si rende conto che il paziente presenta questa condizione, ne evita la prescrizione. Del minoxidil (che oggi non si assume più per bocca come un tempo si faceva per controllare forme importanti di ipertensione) si temono, da parte dei pazienti più ansiosi, cali di pressione e problemi circolatori che non sono mai stati dimostrati. Il minoxidil applicato sulla cute non passa nel sangue. È vero che bisognerebbe curare la calvizie quando ancora si hanno tutti i capelli? Le terapie tricologiche sono molto lunghe, possono durare anche 10-20 anni, e il tempismo è essenziale. Il soggetto ideale ha 18 anni e ancora tutti i capelli in testa ma geneticamente è già calvo. La persona destinata alla calvizie che si cura prima di iniziare a perdere i capelli può contare di averli ancora a 35-38 anni. Passato il “pericolo” la calvizie non si verificherà. Quando la terapia è solo chirurgica? Quando il paziente ha già perso i capelli e presenta ormai una calvizie irreversibile la terapia può essere solo chirurgica con l’autotrapianto. Si tratta di un intervento di ridistribuzione dalla nuca sul vertice e sulla linea frontale. Se ben eseguito è praticamente invisibile anche a un occhio esperto e ricostruisce una situazione fisiologica. Quali sono le caratteristiche dell’intervento? Si tratta di un intervento lungo, può durare anche 6-12 ore, ma è eseguito in anestesia locale senza bisogno di sedazione. Il giorno dopo si possono riprendere le normali attività. In Italia abbiamo alcuni tra i migliori chirurghi tricologi al mondo e molti stranieri vengono qui a operarsi. D’altra parte molti italiani volano in altri paesi del vicino Oriente per spendere meno. Ma il risparmio si può tradurre in un possibile danno. Spesso a eseguire gli interventi non sono neppure medici e le conseguenze negative si vedono al rientro, talvolta anni dopo. La chirurgia è una soluzione una volta per tutte? L’intervento non è una pratica alternativa né sempre

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Abitudini dal sonno alla piastra Se i capelli sono un indice dello stato di salute, per avere una bella chioma il primo passo è un buono stile di vita. Quindi curare l’alimentazione, il movimento e anche il riposo: la carenza di sonno, infatti, è correlata con l’alopecia areata. I prodotti cosmetici vanno scelti con attenzione; se di buona qualità, tinture, cere e gel non sono dannosi. A essere potenzialmente pericolose sono le piastre: danneggiano il fusto del capello che diventa fragile per poi spezzarsi. Anche l’uso del phon troppo caldo è nocivo perché danneggia la fibra dei capelli e può causare la tricoressi nodosa: il capello perde la cuticola che lo protegge, si gonfia e si spezza per l’ingresso dell’acqua.

definitiva perché la calvizie è un processo in evoluzione. Si ricorre alla chirurgia quando non vi sono altre possibilità ma dopo è importante impostare una terapia medica altrimenti dopo 5-10-15 anni si rischia di restare nuovamente senza capelli, specialmente se l’intervento si è fatto da giovani. Di norma l’intervento ideale si effettua verso i 35-40 anni ma non sono rari i casi di ragazzi di 18-20 anni che lo chiedono. Se l’intervento viene eseguito anzi tempo il rischio è che restino solo i capelli trapiantati. Ci deve essere una forte compenetrazione tra il lavoro del medico tricologo e del chirurgo per ottimizzare i risultati. I capelli hanno un ruolo importante nella costruzione dell’immagine di noi stessi: quali sono i disturbi più frequenti? Spesso ci troviamo di fronte a condizioni psicopatologiche che hanno nei capelli il loro centro di gravità. La tricotillomania è un disturbo che conduce a strapparsi i peli e i capelli fino a causare forme di calvizie anche importanti. Nei casi di dismorfofobia, ovvero di un disturbo della percezione corporea (come l’anoressia), le persone si dicono calve anche di fronte all’evidenza, guardandosi allo specchio o in fotografia.


BENESSERE

ENERGIA DI STAGIONE Assecondare i ritmi del nostro orologio biologico impostando una bella routine tra sonno e alimentazione. Stare lontani dallo stress. Scegliere con cura i migliori alleati tra gli integratori per affrontare con serenità e slancio gli impegni di ogni giorno

Patrizia Mantoessi • Farmacista a Monza

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ornare sui banchi di scuola o tra le scrivanie dell’ufficio con slancio, e conservarlo, richiede tanto impegno e una bella dose di energia. Come possiamo assicurarcela?

Verso l’ora solare

Anzi tutto è fondamentale assicurarsi un buon sonno ristoratore, abbandonando gradualmente le abi-

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tudini adottate in vacanza e ristabilendo orari fissi per l’addormentamento e il risveglio. Questo faciliterà anche il passaggio all’ora solare previsto per la fine di ottobre, quando si portano indietro di un’ora le lancette dell’orologio.

Meno luce e temperature in calo: attenzione all’umore

Sono gli elementi regolatori del nostro orologio biologico interno che coordina, come un diretto-

re d’orchestra, le funzioni di numerosi organi e apparati per mantenere in equilibrio e svolgere tutte le attività biologiche. Anche la sottile malinconia che talvolta sperimentiamo ai cambi di stagione dipende dalla ripresa degli impegni lavorativi stressanti e dall’intensità crescente che si intreccia con il cambio dei ritmi stagionali. Come dimostrato dalla cronobiologia, la graduale diminuzione delle ore di luce influenza la produzione di diversi neurotrasmettitori e ormoni e provoca lievi modificazioni di alcuni parametri fisiologici come la temperatura corporea, che possono disturbare il ritmo sonno-veglia e l’umore. La diminuzione delle temperature e delle ore di luce può contribuire a ridurre vigore e gioia di vivere in forma lieve nella maggior parte della popolazione: solo in alcuni casi si giunge a condizioni patologiche come i SAD, Seasonal Affective Disorders.

Lo stress da rientro

L’aumento dell’instabilità umorale e delle difficoltà legate ai ritmi sonno-veglia nel periodo che va da settembre all’autunno inoltrato, è imputabile anche a fattori socio-culturali, ovvero alla necessità di uniformarsi a orari stabiliti e scanditi non dall’organismo, ma dai cicli produttivi e dagli impegni. In questo periodo l’organismo avrebbe fisiologicamente bisogno di rallentare, di godere di più ore di riposo notturno, mentre l’autunno coincide con la ripresa di ritmi lavorativi intensi. Una condizione, questa, che accresce lo stress, che complica la sincronizzazione biologica ai ritmi autunnali e può avere riflessi negativi sulla pressione sanguigna e sul battito cardiaco. Nella maggior parte del-

le persone, la crisi autunnale si autorisolve in tempi relativamente brevi senza causare conseguenze allarmanti.

Come aiutare l’orologio biologico

Per favorire la risincronizzazione dell’orologio biologico bastano piccoli accorgimenti come dare all’organismo ritmi precisi, ad esempio rispettando l’orario dei pasti e del riposo. In caso di difficoltà di addormentamento o di ripetuti risvegli notturni, può essere utile la melatonina. Assunta la sera in dosaggi da 1 a 3 mg, favorisce il riposo perché, agendo sull’orologio biologico, provoca una diminuzione della temperatura corporea e della secrezione di catecolamine migliorando la qualità del sonno, profondo e ristoratore.

L’alimentazione

È importante seguire dei ritmi precisi per evitare pericolosi processi di intossicazione. La fase centrale della giornata, quella dell’assimilazione, è il momento più adatto in cui incamerare energia. La sera è la fase in cui l’organismo si rigenera, le funzioni rallentano e si attivano i processi di detossificazione. Meglio seguire una dieta leggera dal tramonto, mentre nelle primissime ore del mattino, quando l’organismo si libera dai residui tossici, è utile assumere a colazione cibi depurativi, frutta e acqua per sostenere fisiologicamente queste funzioni.

Verso il grande freddo Settembre è il mese perfetto per prepararsi ad affrontare l’inverno. Con il supporto del medico di famiglia o del pediatra per i più piccoli, si può pianificare la prevenzione dei malanni stagionali con vaccini antinfluenzali omeopatici, probiotici, oligoelementi e rimedi a base di Echinacea, Ribes Nigrum, Rosa canina e Uncaria Tomentosa.

Gli integratori più adatti

Se sonno, ritmo e alimentazione corretti non dovessero bastare, la natura ci offre diverse sostanze per aiutarci a trovare la giusta concentrazione ed energia.

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Ginseng (Panax Ginseng). La pianta della più antica tradizione cinese era chiamata “radice di vita”. La radice che si usa per preparare decotti, soluzioni idroalcoliche, estratti fluidi e secchi contiene infatti ginsenosidi ricchi di vitamine e minerali. Diversi studi hanno evidenziato le sue due principali azioni: l’aumento delle difese dell’organismo contro eventi stressogeni e il miglioramento complessivo delle performance fisiche e mentali. Come tonico-adattogeno, il Ginseng aumenta la capacità di adattarsi a stimoli eccezionali (emotivi e ambientali), migliorando la risposta alla fatica. Utile in caso di astenia fisica e mentale, esaurimento, perdita di concentrazione, stati di convalescenza. Non si può assumere in gravidanza, allattamento o in caso di ipertensione.

Ritmo

Eleuterococco. Viene ampiamente coltivato su vasta scala in Siberia, tanto da essere anche noto come Ginseng siberiano. La radice si usa per fare decotti, soluzioni idroalcoliche, estratti fluidi e secchi. La medicina tradizionale cinese lo usa come tonico, adattogeno, diuretico, regolatore del sonno, stimolante dell’appetito e immunomodulante. Aumenta la resistenza fisica in situazioni fisiche sfavorevoli (caldo, rumore, aumento del carico di lavoro). Sembra anche migliorare le performance legate alla memoria. È controindicato in caso di assunzione di anticoagulanti e sedativi. Rhodiola Rosea. Migliora le difese nelle situazioni di stress, nell’ansia e nelle forme lievi di depressione. È una pianta corroborante e riequilibra il buonumore. Si utilizza l’estratto secco del rizoma per disturbi di origine psichica con calo dell’energia. Utile anche agli studenti, aumenta la resistenza alla fatica fisica e mentale. Migliora il senso di benessere, la memoria a breve termine e le risposte adattative allo stress. Bacopa. Favorisce la memoria, migliora la funzione cognitiva, normalizza il tono dell’umore e concorre a ridurre stanchezza e affaticamento. Rafforza la capacità di concentrarsi e la velocità di apprendimento. Zafferano. Ha effetti sul potenziamento della memoria, controlla gli sbalzi d’umore perché aumenta la produzione di serotonina e dopamina. Sostiene i processi che aiutano a ricordare ciò che si è appreso. Alcuni studi hanno fornito prove preliminari circa i potenziali effetti benefici dell’estratto di zafferano sulla funzione cognitiva anche nel trattamento dei pazienti con Alzheimer.

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il primo passo della prevenzione Mangiare e riposare bene, fare esercizio fisico regolarmente, allentare lo stress: anche se siamo consapevoli dell’influenza dello stile di vita sulla nostra salute troppo spesso tendiamo a organizzare le giornate senza tenere conto del nostro ritmo biologico. Mangiare di tutto e quando capita, lavorare o riposarsi nelle ore più disparate sono comportamenti indotti dai quali sembra difficile sottrarsi. Per un po’ l’organismo è capace di adattarsi, ma poi segue inesorabilmente il suo ritmo naturale. È invece importante non intasare i sistemi di detossificazione e assecondare i ritmi circadiani. Essere regolari nell’alimentazione, nel riposo e nel movimento è il fondamento della prevenzione. Diversamente si prepara il terreno alla comparsa di disagi e malattie.


PSICOLOGIA

DEPRESSIONE PERINATALE Ieri la maternità era associata solo alla gioia. Oggi si è compreso come sia molto più vasta la gamma delle emozioni, anche contrastanti, che la donna sperimenta fin dalla gravidanza. La depressione perinatale si verifica quando l’ansia, la tristezza e il malessere prendono il sopravvento. Le aspettative, i disturbi tipici, l’importanza di chiedere subito aiuto Alessandra Bramante

• Psicologa, Psicoterapeuta perinatale e Dottore di Ricerca in Neuroscienze, Milano • Presidente della Società Marcè Italiana per la Salute Mentale Perinatale > marcesociety.it

L

a gravidanza è un periodo ricco di rielaborazione del passato e progettazione per il futuro. Un vero ponte tra passato e futuro che può portare la donna ad affrontare una crisi, intesa come forte momento di cambiamento maturativo. In passato si pensava alla

gravidanza come a un evento unicamente positivo che rendeva la donna raggiante ed estremamente felice. Oggi, al contrario, le evidenze scientifiche hanno messo in luce come la gravidanza rappresenti per la donna un evento stressante, connotato da molti e marcati cambiamenti fisici, psichici, ormonali e di ruolo per citare i più importanti.

La gravidanza

Aspettare un bambino dunque può comportare anche “effetti collaterali” a cui le mamme solitamente non sono preparate. Per alcune di loro, infatti, la gravidanza rappresenta un periodo estremamente difficile e triste. Se durante la gestazione si avverte tri-

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stezza e si ha una spiccata tendenza al pianto, è bene ricordare che è una condizione frequente, normale e che può capitare a tutte le donne. Ma se il disagio dura più di due settimane è meglio non tenerlo per sè ma è opportuno chiedere aiuto. Sostenere la futura mamma significa aiutare anche il bambino che porta in grembo che percepisce ogni movimento, suono e gusto e anche ogni stato d’animo: quando la mamma è agitata anche il piccolo si agita.

Supporto

Il periodo postpartum

È caratterizzato da numerosi cambiamenti biologici, fisici, sociali ed emotivi. Le donne in gravidanza e le loro famiglie hanno numerose aspettative sul postpartum, che si colora di immensa gioia per l’arrivo del bambino. Può capitare però che le donne sperimentino un’ampia gamma di emozioni travolgenti come eccitazione, gioia e realizzazione ma anche ansia, frustrazione, confusione, tristezza e colpa. Ciò richiede una significativa capacità di adattamento personale ed interpersonale, in modo particolare nelle donne primipare. A volte è difficile vivere la maternità come un compito gratificante e, anche se sei contenta di essere diventata mamma, puoi avere momenti in cui ti senti annoiata, frustrata e infelice. La maternità da un lato ti regala un nuovo ruolo ma dall’altro trasforma e cancella delle parti di ciò che eri prima.

I sintomi della depressione perinatale

Per alcune mamme il periodo perinatale - dalla gravidanza fino alla fine del primo anno di vita del bambino - è un momento difficile di adattamento al nuovo ruolo, in cui si sentono incapaci di affrontare la situazione. Tale percezione può portare la donna a sentirsi sbagliata, incapace come mamma e a renderla di conseguenza molto triste. Se questa sensazione continua nel tempo o aumenta di intensità, potrebbe essere una depressione postpartum, un disturbo dell’umore che è caratterizzato dai seguenti sintomi che perdurano per almeno due settimane: • umore deflesso; • irritabilità; • perdita di interesse nelle attività che prima ti piaceva fare; • ansia o eccessiva preoccupazione; • aumento o perdita dell’appetito; • problemi del sonno; • senso di autosvalutazione e senso di colpa; • difficoltà di concentrazione. Quando sono presenti alcuni di questi sintomi, e durano da più di due settimane, non bisogna esitare a

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per mamma e bebè Se l’esperienza della maternità è particolarmente faticosa, se ci si sente tristi o si provano sentimenti ambivalenti verso il bambino non bisogna vergognarsi perché capita anche ad altre mamme. L’importante è non fare finta di nulla e avere la consapevolezza che la maternità porta con sé gioia ma anche ombre e incertezze. Quando l’ansia, la tristezza, il senso di colpa e le emozioni negative in generale superano quelle positive, sono molto intense e durano oltre due settimane, è importante cercare aiuto e sostegno. Sì al dialogo col partner e la famiglia, ma è importante affidarsi a un esperto perché la depressione perinatale si può curare e, se individuata precocemente, i tempi di ripresa sono più brevi.

chiedere aiuto ad uno specialista della salute mentale perinatale. È la cosa migliore da fare non solo per la mamma ma anche per il bambino, il papà e la relazione tra i genitori.

Adattarsi al nuovo ruolo

Essere mamma richiede un duro lavoro fisico e di adattamento psicologico al nuovo ruolo di genitore. Ciò può rendere la neomamma più fragile dal punto di vista emotivo. È un grave errore pensare che l’unico stato d’animo accettabile dopo la nascita di un figlio sia la gioia. In particolare per le donne che soffrono di depressione perinatale - una patologia più frequente di quanto si pensi, che colpisce fino al 15% delle donne durante la gravidanza e può arrivare fino al 22% nel postpartum - la nascita di un bambino non è certo un’esperienza magica. Le mamme avvolte dalla depressione hanno bisogno di sapere che ciò che stanno provando ha un nome e un trattamento.

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