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Quattro anni in Danimarca: storia di un’ingegnera a cavallo tra due mondi

Quale percorso ti ha portato a incrociare CMB sulla tua strada?

Ho conosciuto CMB quando mi stavo laureando in Ingegneria civile: sono originaria di un paese in provincia di Bologna e ho svolto il tirocinio curriculare sul cantiere per la realizzazione della palazzina uffici di Twinset a Carpi. Dopo quell’esperienza ho inviato una domanda per proseguire l’esperienza, ho sostenuto un colloquio con Daniele Benzi e sono stata inserita come Assistente QSA nel cantiere di Fico Eatalyworld a Bologna. Lì sono rimasta dal 2016 fino a febbraio 2018, per poi passare all’Ospedale di Montecchio Maggiore e poi accettare la proposta di partire per Odense.

Quanto tempo hai lavorato al cantiere dell’ospedale di Odense? Com’è stato l’impatto nel lavorare oltre confine? Ho trascorso in Danimarca, lavorando nel cantiere del nuovo Ospedale Universitario di Odense, quattro anni: dal mese di gennaio 2019 a febbraio 2023. Nonostante si tratti di un Paese europeo, per diversi aspetti si notano profonde differenze culturali: innanzitutto c’è molta attenzione alla comunicazione nei confronti della comunità locale, per favorire l’accettazione del cantiere da parte della popolazione. Dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro si esige grandissima puntualità nel rispettare l’orario di avvio e chiusura di incontri e riunioni. In genere nella cultura danese si preferisce restare in cantiere non oltre le ore lavorative contrattuali, evitando di estendere l’orario di lavoro. Si nota inoltre una particolare attenzione nella prevenzione delle malattie professionali con regolazione differente dei carichi che è possibile sollevare.

Dal mio punto di vista di espatriata, ho avuto molta difficoltà ad adattarmi al loro tipo di alimentazione, anche perché c’era una scelta molto limitata di prodotti per celiaci. Inoltre, noi distaccati dall’Italia tendevamo a lavorare ben oltre l’orario di lavoro danese: avevamo sempre moltissime attività da portare avanti in un cantiere così grande che occorrevano due giorni per ispezionarlo tutto, e si aveva la sensazione di non vederne la fine.

Raccontaci un lato positivo e uno negativo della tua vita lavorativa e non in Danimarca. Lato positivo: è stata un’esperienza istruttiva, che mi ha insegnato moltissimo e mi ha cambiato dandomi più sicurezza in me stessa. Il lato negativo è stato sicuramente la lontananza da casa, anche accentuata dalle restrizioni per contrastare la pandemia: per circa cinque mesi non è stato possibile rientrare in Italia ed è stato un periodo difficile.

Qual è la maggiore differenza che hai per-

Con 8 anni di esperienza in CMB, Elisa Galli si occupa di Qualità, Sicurezza e Ambiente. Dopo 4 anni a Odense, oggi è coordinatrice QSA nel cantiere che sta realizzando la linea tranviaria di Bologna cepito fra il settore costruzioni in Italia e in Danimarca?

Non importa che tu sia uomo o donna oppure quale sia il colore della tua pelle o la tua religione. Quello che interessa sono le competenze, e tutte e tutti devono essere nelle condizioni di utilizzarle ed esprimerle al meglio.

Ci sono normative diverse per quanto riguarda la progettazione, la pianificazione, la sicurezza e diversi approcci ai medesimi temi. Per esempio, la gestione della qualità è molto proattiva in Danimarca. Anche le controversie e le difficoltà vengono gestite con modalità più formali e rigide: quando si è in disaccordo vengono evitate discussioni accese e si tende a cercare di dimostrare in maniera pacata e assertiva le proprie ragioni.

Oggi sei rientrata in Italia: dopo tanta edilizia, ti stai occupando di infrastrutture. Come è stato il rientro?

Quando il 31 gennaio del 2023 sono atterrata a Bologna e il pomeriggio stesso ho preso servizio nel cantiere del Tram di Bologna, mi sentivo un’estranea nonostante mi dicessi “sei a casa!”. Nel corso delle settimane ho co- minciato a riprendere le abitudini precedenti la mia partenza per la Danimarca: vedere più spesso la mia famiglia, affrontare il lavoro nel contesto italiano, conoscere i nuovi colleghi. Oggi posso dire che mi ha fatto bene rientrare in Italia.

Nei cantieri che hai seguito è sempre stato applicato “Sicuri per Mestiere”: secondo la tua esperienza, porta un valore aggiunto? Per quanto ho potuto sperimentare, è importante che l’adesione al progetto di “Sicuri per Mestiere” sia condiviso col project manager e interiorizzato da tutte le figure che operano in cantiere, perché genera costi, assorbe tempi ed energie, quindi non si può improvvisare. Qui a Bologna stiamo adottando la piattaforma Dalux che sicuramente semplifica molto il lavoro degli osservatori, visto che i dati vengono caricati ed elaborati con facilità.

Nell’ultimo anno CMB si sta impegnando in alcune iniziative in merito alla parità di genere: cosa significa essere donna in cantiere? Hai notato differenze rispetto alla tua esperienza in Danimarca e in Italia?

Essere una donna in cantiere è ancora più complicato in Italia che in Danimarca, ma negli ultimi anni si sta cominciando a creare una consapevolezza e una maggiore attenzione ai comportamenti idonei da tenere. In Danimarca mi è stato subito evidente come la parità di genere, ma anche l’inclusione in senso più ampio, sia interiorizzata e faccia parte di una cultura condivisa anche all’interno del cantiere: non importa che tu sia uomo o donna oppure quale sia il colore della tua pelle o la tua religione. Quello che interessa sono le competenze, e tutte e tutti devono essere nelle condizioni di utilizzarle ed esprimerle al meglio.

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