cultura e natura
comunicare efficacemente, una medicina dal volto umano Comunicazione medicopaziente: quando la malattia può essere curata anche con le parole e l’ascolto.
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di Enza Palombo
icuramente nel l’epoca in cui vi viamo, tutto ciò che ci riguarda e che ci circonda ha a che fare in qualche modo con la comunicazione. La so cietà attuale però vive un momento in cui tale co municazione spesso è a senso unico, cioè non si occupa di arrivare a capire e avvicinare la maggior parte delle persone. Il senso comune è molte volte quello di trovare con sensi, aiuti, di vendere il più possibile, perdendo di vista l’obiettivo che la comunicazione ha in sé, nella sua accezione di derivazione latina, “communicare” ovvero “mettere in comune” quindi trasmettere e scambiare con gli altri informazioni utili che possa no favorire la presa di coscienza di noi stessi e del l’ambiente che ci circonda. In alcuni ambiti poi, più che in altri, si rende ancora più urgente una chiarifi cazione del termine comunicazione, per il fatto che qualora la comunicazione fosse dannosa o anche sol tanto deficitaria, potrebbe avere conseguenze irre versibili di incomprensione, insoddisfazione e mal contento, là dove tutto questo deve essere ovviamen te non consentito: dove ci sono pazienti che soffro no. Negli ospedali o centri di ricovero, nei luoghi in cui ci sono delle persone che hanno un bisogno, riu sciamo a capire come il lato umano e sensibile di ogni persona che si occupa di comunicazione, debba in tal caso essere prevalente. Si può dire che la me dicina abbia come fondamentale obiettivo quello di aiutare ad allungare la vita e guarire dalle malattie. Aumentando la specializzazione in diversi ambiti, si è però arrivati anche a dividere e parcellizzare sem pre più lo studio dell’essere umano. Ogni medico è
attento al suo specifico campo di studio, sempre meno, però, ad una visione globale del soggetto che va da lui e dice “sono ammalato”. Nella professione medica, che per definizione rientra nelle relazioni d’aiuto, comunicare è fondamentale. La qualità delle informazioni che il medico utilizza influenza in modo determinante la qualità del servizio reso. Il rapporto medicopaziente non è solo un problema di quantità e qualità di informazioni scambiate: “il vero problema, assai complesso, è che spesso non c’è un rapporto di interazione “umana” fra medico e paziente”.
Il medico dovrebbe informare stabilendo una vera re lazione d’aiuto, fornendo al paziente conoscenze ef fettivamente necessarie alla sua situazione, selezionate in modo mirato dopo aver valutato le necessità di in tervento e di cura. Ricordiamo che il paziente quando si rivolge al medico vive uno stato di malessere fisico che spesso ricopre anche altre dimensioni della vita della persona: individuali (cognitive e affettive) e sociali (famiglia, scuola, lavoro). Un intervento di qualità deve essere mirato a capire e comprendere
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cultura e natura tutte le dinamiche soggettive della malattia da parte del paziente, ad agevolarne la comprensione, e prendere realmente in considerazione il lato emozionale di questi pazienti. Il compito del medico è tra gli altri soprattutto quello di aiutare i pazienti a gestire una infinità di paure: paura della morte, paura di soffrire, paura per i propri cari, paura per i costi delle terapie. Ci sono molte preoccupazioni e molti errori concreti. Nessuna conversazione può affrontarli tutti e il tempo diventa un fattore determinante ai fini di una relazione efficace. Non è vero che dando spazio ad una attività comunicativa interrelazionale nella pratica clinica si allunga indebitamente la durata della visita: il tempo è utile per incoraggiare il paziente ad esprimere le sue preoccupazioni, senza interruzioni o conclusioni affrettate da parte di chi lo ascolta. Uno studio europeo ha stimato in 18 secondi il tempo che intercorre tra l’ini zio del racconto del paziente di fronte al suo medico e l’interruzione dello specia lista che prova già a formu lare la sua diagnosi. A creare maggiore disagio nel pazien te c’è inoltre un cambiamen to radicale nella capacità di quest’ultimo ad accedere alle informazioni. Il paziente oggi è ben diverso da quello che era in passato, non più una persona ignara che attende un verdetto dall’esperto, ma un soggetto altamente con sapevole che ha la possibilità, soprattutto grazie ad Internet, di accedere alle informazioni. Per contrastare il feno meno che porta un paziente insoddisfatto a girovagare tra diversi studi medici è necessario che il medico cerchi di costruire con lui un rapporto fiduciario, un rapporto in cui il medico metta a disposizione la sua competenza ed ascolti con pazienza il malato che dovrà nel tempo imparare a riconoscere la supremazia del medico e ad affidarsi completamente alle sue cure. Cresce, quindi, l’importanza della comunicazione e dell’ascolto in questo complesso e delicato dialogo a due.
stiamo a fatti di cronaca in cui la mancata gestione da parte dei medici del proprio stato emozionale ha prodotto disagi importanti nei loro assistiti. Pensiamo ai recenti fatti di cronaca in cui liti tra medici in sala operatoria hanno avuto ripercussioni gravissime nei pazienti che in quel momento avevano bisogno di at tenzione, competenza e cooperazione da parte dello staff medico non certo di noncuranza o addirittura dimenticanza in uno stato di estrema urgenza. Eppure il processo terapeutico, per quanto possibile, dovrebbe avere il paziente come figura centrale e principale collaboratore delle modalità terapeutiche. Spesso la sensazione che il paziente non si accorga di nulla è più una sensazione desiderata da parte di chi lo circonda che un evento reale. La tensione accumulata e non risolta da parte del medico oppure la sua serenità verranno im mediatamente perce pite dal paziente, pro prio perché si trova in una condizione mentale che lo pre dispone a percepire gli stati d’animo di chi lo assiste. (La tra smissione avviene anche involontaria mente attraverso la comunicazione non verbale). Nelle relazioni d’aiu to il professionista aumenta o diminui sce la sua efficacia professionale in fun zione della propria capacità di risultare più o meno congruente nei confronti del paziente. Per congruenza si intende quanto il medico riesce a risultare coerente tra ciò che sente dentro a livello emozionale e ciò che veicola all’esterno a livello razionale. La comu nicazione incongruente da parte del medico può ge nerare nel paziente confusione, stordimento, malessere, repulsione. Un’altra difficoltà può essere legata al fatto che spesso non ascoltiamo ciò che ci viene detto, presumendo già di saperlo; udiamo solo ciò che vogliamo ed ascoltiamo solo ciò che coincide con i nostri obiettivi, cessando di ascoltare non appena cosa cercano I pazIentI DaI loro abbiamo “classificato” l’interlocutore. Tentazioni queste che sono proprie anche del paziente, il cui meDIcI? comportamento è peraltro condizionato dalle aspettative di guarigione e dal tipo di risposta che riceve a fronte I pazienti cercano comprensione umana e competenze della sua richiesta di aiuto. professionali dal proprio medico. Troppe volte assi
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cultura e natura Inoltre dire una parola non vuol dire averla fatta capire per il suo contenuto originario. La parola verrà elaborata in maniera diversa a seconda delle caratte ristiche psicologiche dell’individuo. La parola evocherà inevitabilmente nell’individuo che ascolta associazioni con esperienze passate o con stati d’animo che queste stesse possono produrre. Le parole possono essere costruttive o distruttive: la parola costruisce quando, rispetta la dignità altrui, conferma il valore dell’altro e ne potenzia l’autostima. La comunicazione deve essere quindi organizzata e progettata tenendo in considerazione le nostre carat teristiche psicologiche e quelle della persona che ab biamo di fronte. Occorre gestire la propria libertà di espressione altrimenti si rischia di aumentare lo stato di disagio dell’altro (ansia in un soggetto ansioso, rabbia in uno introverso, conflitti, tensioni, chiusura, isolamento etc..). Comunicare significa decidere cosa esternare in base
alle necessità del momento, al contesto e alle finalità che si hanno. Inoltre nel momento in cui inviamo in formazioni che disconfermano o colpevolizzano l’altro, il suo cervello produce automaticamente una reazione di allarme, di difesa o di attacco a seconda della modalità con cui vengono elaborate le parole. Ricordiamo che l’individuo proverà una sensazione di benessere e libertà se ciò che acquisisce nell’inte razione con il medico è utile alla sua crescita e lo gra tifica nella sua ricerca di equilibrio e di benessere psicofisico. Al contrario soffre e si chiude quando si sente violentato, disconfermato, umiliato, e non ri spettato. Il medico dovrà avere pertanto buone com petenze relazionali, ovvero: affinate capacità di osservazione e riconoscimento del linguaggio non verbale: contatto visivo, postura, elementi paralinguistici, prossemica, etc; corretta codifica e decodifica dei comportamenti ver bali; buone capacità di ascolto attivo e relative conoscenze
su come strutturare un comportamento empatico; una adeguata libertà da condizionamenti e stereotipi che potrebbero limitare la percezione e di conseguenza il comportamento (pregiudizi); possibilità di utilizzare sinergicamente ed in maniera congruente il canale verbale e non verbale. Giuramento di Ippocrate « Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto he compio e dell'impegno he assumo, giuro: * di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento; * di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psihica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e cotante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale; * di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l'eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario; * di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona; * di atenermi da ogni accanimento diagnotico e terapeutico; * di promuovere l'alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e condivisione dei principi a cui si ispira l'arte medica; * di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze; * di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della medicina; * di affidare la mia reputazione professionale esclusivamente alla mia competenza e alle mie doti morali; * di evitare, anhe al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e comportamento he possano ledere il decoro e la dignità della professione; * di rispettare i colleghi anhe in caso di contrato di opinioni; * di rispettare e facilitare il diritto alla libera scelta del medico; * di pretare assitenza d'urgenza a hi ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell'autorità competente; * di osservare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò he mi è confidato, he vedo o he ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio tato; * di pretare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologihe he regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridihe he non risultino in contrato con gli scopi della mia professione.» rIferImentI bIblIografIcI: Job R., 1998, “I processi cognitivi”, ed. Carocci Magro G., 2008,“La comunicazione efficace”, ed. Francoangeli, Milano Watzslawick et al., 1971, “Pragmatica della comunicazione umana”, Ed. Astrolabio, Roma
Enza Palombo, Psicologa, docente in corsi e seminari per le attività di formazione e aggiornamento in campo psicologico con particolare attenzione all’età evolutiva e all’adolescenza. Membro del Comitato Esecutivo dell’Associazione Internazionale I.P.V.- Ius Primi Viri con Statuto Consultivo presso l’ECOSOC dell’ONU. + enzapalombo@libero.it
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