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Il senso di colpa Chi non ha mai provato senso di colpa per qualcuno o per qualcosa nella propria vita? Tutti conosciamo bene questo profondo sentimento, a volte molto doloroso, poiché lo cominciamo a sperimentarlo già in tenerissima età di Maria Torlini
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a sensazione di essere in errore per quello che abbiamo fatto o pensato o detto ci suscita un senso di malessere, di pesantezza, di non ade guatezza secondo i modelli che ci sono stati dati o secondo le regole che ci siamo imposti. Solitamente più si è usciti dalle regole e più il senso di colpa aumenta in proporzione, specie se abbiamo una mentalità piuttosto ri gida e abbiamo una concezione del mondo che ci regala sicu rezza in base alla logica molto semplicistica del buono e/o del cattivo. Il senso di colpa è una sensazione, come dice la parola stessa, di avere commesso qualche cosa di male e/o di dannoso. Ci può essere anche un senso di colpa che derive rebbe dallo squilibrio tra il pro prio benessere e la percezione della sofferenza altrui oppure, quello che nasce dalla diffe renza esistente fra un'immagine ideale di sé e l'immagine che si percepisce concretamente. Gli studi e la ricerca ci informano che in molti casi il senso di colpa è radicato nei conflitti infantili, conflitti che anziché essere stati risolti, vengono solo apparentemente rimossi. Grandi generatori del famigerato senso di colpa sono i pre cetti rituali/religiosi che nel corso della storia hanno ab bondato di quel senso di colpa e di peccato che incombe sul fedele (a volte ancor prima di nascere) e che spesso lo relega ad una vita di rinunce, sacrifici e privazioni per re dimersi dal proprio status di peccatore. Questo ha prodotto, nel corso dei secoli, tanti abusi di potere sia sulla persona che, e soprattutto, sulla sua anima, togliendole ogni scelta di percorso alternativo per la propria evoluzione cosciente. Una persona mi raccontò quanto gli era rimasto vivo e angosciante il ricordo di un episodio vissuto da bambino in cui un sapiente educatore (sicura mente in perfetta buona fede) per convincere i bambini a non “commettere peccati” forniva questo esempio di asso
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luta efficacia comunicativa: “Cari bambini, vedete questo bicchiere d’acqua? Bene, fate conto che questa sia la vostra anima: pulita, cristallina, trasparente. Ebbene, ogni volta che voi commetterete un peccato la vostra anima si oscurerà in proporzione...” e mentre diceva questo, faceva scendere nel bicchiere alcune gocce di un inquietante in chiostro nero… Anche frasi taglienti, ap parentemente innocue, possono creare mostruosi sensi di colpa con il potere di trasformare il figlio in un “bambino cattivo”. “Hai deciso di comportarti così per far soffrire la mamma che ti vuole tanto bene e fa tutto per te…” I genitori, a volte inconsapevolmente, fanno leva sul senso di colpa dei figli e alcune madri sanno, meglio di chiunque altro, come ot tenere da loro ciò che vo gliono, riuscendo a colpirli dove sono più vulnerabili. E’ esperienza comune, infatti, notare che il bambino im para molto presto a sentirsi in colpa per non aver soddisfatto le aspettative degli altri e spesso quando si trova al centro di un divorzio, di una malattia o di una sofferenza dei ge nitori, pensa di esserne il responsabile, come se effettiva mente tutto ciò che è doloroso o “negativo” fosse, per qual che ragione, colpa sua. Da adulto, si vedrà costretto ad affrontare la paura di essere rifiutato se non soddisfa puntualmente i bisogni della figura più importante a cui è legato. Così può succedere di sentirsi nervosi o inadeguati dopo un dialogo con i propri genitori, di avere mal di testa, di accorgersi che i loro commenti hanno il potere di spegnere ogni entusiasmo e che tutto l’impegno profuso per tentare di accontentarli non basti mai.
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Sembra che la colpa di tutto il mondo si riunisca per rendere colpevole l'individuo oppure (ciò che vuol dire lo stesso) ch'egli, diventando colpevole, si senta reo della colpa di tutto il mondo. S. Kierkegaard Il senso di colpa, se esacerbato, può portare a svariati disagi come l’indecisione, che provoca continui ripensa menti ed enormi difficoltà ad adottare qualsiasi risoluzione, anche quella più banale. Quando ci si sente inadeguati, non si può tollerare di sbagliare poiché il senso di colpa diverrebbe insostenibile. Gli atteggiamenti ipocondriaci (timore irrazionale per le malattie) sono uno dei disagi più comuni che nascono dal senso di colpa. Tutte le colpevo lizzazioni seguono un ritiro che l’individuo vive spesso come minaccia di abbandono e perdita affettiva. Molti rapporti di coppia si basano, erroneamente, su aspettative e desideri di ricevere dal partner quello che non si è avuto da bambini. In caso di aspettative deluse il risultato è spesso un forte rancore verso il coniuge. Nella depressione, ad esempio, il senso di colpa può pro durre una condizione di impasse che presto si traduce nella perdita della possibilità stessa di decidere e di agire in vista di una mèta che produca soddisfazione; questa situa zione critica impedisce la concretizzazione di ciò che si desidera, generando conseguentemente una tristezza di fondo, determinata dalla convinzione della impossibilità di non poter realizzare i propri desideri e progetti. Ancora, il sentimento di colpevolezza può indurre ad ade rire ad una certa condotta in funzione della fedeltà al
La Maschera del Rimorso, Magadan, Russia Ernst Neizvestny
gruppo di riferimento, al di fuori del quale ci si sentirebbe persi. In questi casi è forte la tentazione di rimanere fedeli al gruppo rinunciando a se stessi e alle proprie aspirazioni. Ci può essere anche una modalità ossessiva che viene evocata rimuginando innumerevoli volte sul `come si sarebbe dovuto agire'. In altri casi si tratta di un senso più
CERVELLO E SENSO DI COLPA Coinvolte la corteccia del cingolo anteriore e di quello posteriore: una scoperta che potrebbe facilitare lo sviluppo di terapie comportamentali mirate Da tempo è noto che le emozioni elementari, come rabbia, tristezza, gioia e paura – sono associate all’attivazione di specifiche regioni cerebrali. Le emozioni più complesse come le emozioni sociali, tipiche soprattutto del genere umano, sono state finora scarsamente indagate con metodi scientifici. Tra queste emozioni sociali c’è il senso di colpa ogni volta che, implicitamente o esplicitamente, siamo chiamati ad operare scelte che possano incidere sulla vita altrui o su regole morali comuni. Inoltre, il senso di colpa assume rilevanza anche in ambito neurologico e riabilitativo: questo importante aspetto del più generale senso morale può venire alterato da lesioni cerebrali di varia natura (ad es. secondarie a traumi cranici, ischemie, tumori, ecc.), inducendo nei pazienti. Significative modificazioni del comportamento sociale. Nella vita normale il senso di colpa assume uno spettro continuo di sfumature diverse, dipendenti dalle circostanze che lo determinano, al cui interno è comunque possibile identificare due componenti principali ed estreme: quella deontologica e quella altruistica. La prima legata a trasgressione di norme morali, senza un danno oggettivo per altri individui. La seconda evocata, ad esempio, da situazioni in cui qualcuno subisce un danno ingiusto ma indipendente dalla nostra responsabilità. Uno studio italiano condotto all’IRCCS Fondazione S. Lucia (Roma) in collaborazione con l’Ass. di Psicologia Cognitiva, ha investigato le correlazioni tra aree cerebrali e senso di colpa nelle sue componenti deontologica e altruistica. E’ stato studiato n gruppo di soggetti sani (RMN) (range d’età 21-38) sottoposti ad una serie di stimoli visivi in grado di evocare il senso di colpa nelle sue due tipologie indagate. Successivamente gli stessi stimoli somministrati ad un nuovo campione di 22 volontari sani, con età uguale a quelli del gruppo precedente. Tutti i soggetti sono stati impegnati in un compito di immedesimazione emotiva con il senso di colpa evocato da tali stimoli. Indipendentemente dalla tipologia deontologica o altruistica, l’analisi dei dati ha evidenziato una attivazione selettiva di due aree cerebrali; la corteccia del cingolo anteriore e di quello posteriore. Si tratta di regioni cerebrali notoriamente coinvolte in funzioni superiori di tipo cognitivo. Quella deontologica attiva l’insula, struttura fondamentale nell’esperienza di disgusto verso stimoli esterni ed interni. Quella altruistica coinvolge prevalentemente la corteccia prefrontale mediale: un’area implicata in attività mentali di tipo pro-sociale, ossia legata all’interpretazione di stati d’animo e comportamenti altrui. Lo studio ha dimostrato che il senso di colpa coinvolge circuiti cerebrali cognitivi ben distinti, anche se probabilmente soggetti ad una certa variabilità individuale.
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cultura e natura generalizzato di inadeguatezza rispetto al proprio com portamento o, peggio ancora, rispetto ai propri sentimenti, che vengono giudicati dalla persona come `troppo…' o `non abbastanza…'. C’è anche lo sfogo sul cibo, special mente cibo ipercalorico, per poi sentirsi in colpa. Si crea una grande dipendenza dagli altri e soprattutto una grande mancanza di fiducia e autostima. Si mangia per riempire vuoti affettivi e ci si sente in colpa subito dopo per non riuscire ad aderire ai canoni superficiali dettati dalla società. Per le persone che sperimentano questa condizione è raro gustare un pasto come un momento di puro piacere, nella maggior parte dei casi si finisce per non conoscere affatto i propri cibi preferiti così come si ha difficoltà a scegliere partner o amicizie realmente soddisfacenti. Ma il senso di colpa può anche non essere collegato ad un atto specifico, perché nasce da un senso di inadegua tezza non compreso, da un senso di incapacità, di malessere non chiaro che può scaturire da scenari più profondi della nostra interiorità, non necessariamente associati all’espe rienza di vita pratica, trasformandosi in un’angoscia legata alla convinzione di essere inadeguati, inferiori, incapaci di essere amati e apprezzati.
I risultati della ricerca aprono la strada ad una migliore comprensione di alcune attitudini individuali. Se ne potrà giovare la spiegazione di alcuni comportamenti sociali devianti e di manifestazioni psicopatologiche legate a malattie neurologiche e psichiatriche, alla cui base ci potrebbe essere una alterata elaborazione delle emozioni complesse come il senso di colpa. Una migliore comprensione delle relazioni esistenti tra localizzazione del danno cerebrale e disturbi comportamentali può avere poi importanti ricadute in ambito clinico e neuro riabilitativo. Modificazioni del senso morale sono frequenti in conseguenza di alcune lesioni cerebrali e di traumi cranici anche non gravi – quindi la comprensione delle basi neurobiologiche del senso di colpa ci permette di migliorare gli interventi riabilitativi, cognitivi e comportamentali che rivolgiamo ai pz. In ambito psichiatrico è già stato ipotizzato che alterazioni nell’elaborazione di specifici sensi di colpa possano contribuire a disturbi quali i comportamenti ossessivi e compulsivi oltre che alla depressione. Anche in tal caso una più recisa comprensione del ruolo svolto dal senso di colpa potrà agevolare lo sviluppo di terapie comportamentali mirat
ma se tuttI lo provIamo a qualcosa servIrà!
E' preferibile non fare un'azione che non va fatta, perché dopo ci si pente. Ciò che va fatto è meglio farlo bene, perché non ci si pente. Buddha Potremmo dire che il senso di colpa, sperimentato spesso da ogni persona sensibile e responsabile, è un meccanismo della coscienza che, se non è deformato, segnala un disagio e ci rimprovera quando facciamo qualcosa che infrange il nostro codice morale. La persona equilibrata investe le sue energie per riparare al danno che ha fatto e, se il danno è irreparabile, anziché punirsi senza costrutto, cerca di impiegare le sue forze per migliorare sé stesso e la condizione di coloro che ha fatto soffrire: una volta riconosciute le proprie responsabilità e prese le misure correttive, il campanello d’allarme della mente ha terminato la sua funzione. Infatti, quando lo sbaglio commesso diviene cosciente e razionale, non dovremmo parlare di colpa bensì di assunzione di responsabilità. Una persona, per esempio, si sente Fonte : comunicato stampa Fondazione IRCCS Santa Lu in colpa perché si rende conto di avere commesso un atto cia – Roma che lede un’altra persona. In questo caso, il fatto di ledere gli interessi, i bisogni e gli elementi vitali di qualcuno ren dono questa azione biasimevole. Quando proviamo questa e i problemi, di immedesimarci, di entrare in una risonanza forma di responsabilità morale è perché siamo in grado di con le sofferenze dell’altra persona, e di ragionare come metterci nei panni dell’altro, di condividerne gli interessi se l’azione che abbiamo compiuto potessimo subirla noi
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cultura e natura stessi. In quest’ottica il senso di colpa può avere anche sfumature costruttive perché permette di prendere co scienza della sofferenza dell’altro poiché porta ad una messa in discussione e ad un’assunzione, appunto, di re sponsabilità. Possiamo superare questo impasse se cerchiamo di attin gere ai nostri livelli superiori di consapevolezza, livello dove vige il “nolite judicare” e per contro è molto attivo il monitoraggio che il nostro spirito di autocritica costruttiva ci fornisce qualora decidiamo di cominciare un processo di valutazione in sostituzione di quello del giudizio. Come sempre attivare un processo di cambiamento richiede una forte motivazione che sia sentita veramente giusta e non “strumentale”. Strumentale lo diventa, spesso, perché magari il senso di colpa potrebbe costringerci a comportarci seguendo “le regole giuste” che però potrebbero essere frutto di un condizionamento (culturale, religioso, sociale, politico, ecc.) e dunque essere in aperto contrasto con quello che avvertiamo dentro. ma scIentIfIcamente Il senso DI colpa, che cos’è? Oggi la scienza ha cominciato ad indagare in questo ambito scoprendo che il cervello utilizza diverse aree in risposta a differenti tipi di sensi di colpa. Abbiamo visto che il senso di colpa è un complesso stato mentale che sottolinea parecchi comportamenti umani sia nella vita privata che sociale e che coinvolge la persona sia da un punto di vista psicologico che evolutivo. Il senso di colpa è dunque una funzione cognitiva ed emozionale caratterizzata da sentimenti pro sociali, che comportano specifiche credenze morali, e che possono essere pulsioni predominanti di valori interiori, che in tal caso possono generare un senso di colpa di or dine deontologico o in misura maggiore, situazioni interpersonali, che in questo caso possono generare un senso di colpa di tipo altruistico. Questi e tanti altri ele menti possono aiutarci a capire come nel nostro cervello vengono rielaborate le esperienze e i vissuti. Potremmo dire che ci sono vari livelli e che il primo livello è quello più esposto al filtraggio dei modelli in cui siamo cresciuti. Un po’ come succede nel bambino molto piccolo. Egli infatti necessita della costante guida del l’adulto per orientarsi anche nello sviluppo di una pro so cialità equilibrata. In questa fase sono le regole trasmesse che dettano legge anche se il nostro radar interiore ha un sistema di lettura delle cose che può differire di molto da quella che è la regola sociale. Successivamente, alla regola dovrebbe sostituirsi la capacità di autogestione consapevole delle proprio agire nei confronti di se stessi prima e degli altri poi. Se questo non accade, come abbiamo visto, nel l’individuo si formano delle disarmonie che lo bloccano ad alcuni stadi evolutivi. Da qui l’incapacità, a volte, di uscire da strettoie che confinano la persona in stati di sof ferenza eccessivi e a volte gratuiti.
Nei paesi buddhisti niente è mai terribilmente riprovevole, nessuno ti rinfaccia mai qualcosa, nessuno ti fa mai una predica o cerca di darti una lezione. Per questo sono piacevolissimi e fanno sentire a loro agio tanti giovani viaggiatori occidentali, in cerca appunto di libertà. Tiziano Terzani, Un indovino mi disse, 1995 A questo punto diviene chiaro che il senso di colpa deve lasciare il posto alla capacità dinamica dell’individuo di evolversi ed evolvere i propri comportamenti in modo tale da non rimanere dominati da questo meccanismo. Il senso di colpa, infatti, produce forme molto rigide di pensiero che non attivano nessun processo di superamento del pro blema e lasciano la persona in uno stato stagnante di sof ferenza perpetua. Ciò non vuol dire essere insensibili, anche perché quando si evidenzia questo distacco emozionale si assiste ad atti che poco hanno di umano e di sensato. Sono quelle azioni che vengono compiute da personalità cosiddette sociopa tiche in quanto queste persone non avvertono alcun ri morso, né provano empatia per le loro vittime. La sensibilità nei riguardi di se stessi e del mondo deve continuare a guidarci lungo tutto l’arco evolutivo, suppor tandoci saggiamente nella ricerca di miglioramento della propria realtà di esseri umani in cammino e quindi in corso di sperimentazione. Il cervello va quindi stimolato non solo sui meccanismi difensivi che si originano attraverso espe rienze magari sofferte, ma occorre attivare anche e soprattutto quella componente che spinge a ricercare continue solu zioni per oltrepassare le difficoltà attra verso una trasformazione del nostro agire. Sostanzialmente non possiamo perseverare nel sentirci in colpa per qualcosa che, quasi sem pre, solo in seguito ci rendiamo conto che non è stata il massimo. Infatti nessuno compie a priori qualcosa che sa già in partenza essere sbagliato, a volte le esperienze vis sute ci danno solo in un secondo tempo una misura più ampia del nostro agire. Significa rendersi conto, una volta di più, che non siamo perfetti ma perfettibili e quindi in grado di modificarci in senso positivo se comprendiamo a fondo il problema e cerchiamo soluzioni costruttive. Questo processo è parte integrante della crescita individuale lungo l’intero arco dell’esistenza e dunque è inesauribile poiché apre sempre nuovi scenari da raggiungere. Maria Torlini Psicologa, Psicoterapeuta, C.T.U. del Tribunale di Roma, docente per le attività di formazione e aggiornamento in campo psicologico, neuropsicologico e psicoterapeutico. + mtorlini@gmail.com
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