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cultura e natura

Educare senza inculcare. L’educazione democratica produce autodeterminazione personale, collaborazione, condivisione ed un incremento della capacità empatica nei bambini. di Enza Palombo

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’educazione (dal latino e-ducere = tirare fuori) deve mirare a tirare fuori le potenzialità racchiuse nel genoma umano ed indirizzare alla scoperta di se stessi e del mondo circostante. Educare non vuol dire istruire. Con l’istruzione molto spesso si riempie il cervello di nozioni fine a se stesse condizionando il cervello del bambino ad apprendere i diritti umani (dignità, giustizia, libertà, amore). L’istruzione dovrebbe fornire gli strumenti culturali, ovvero nozioni e codici (linguistici, tecnologici, matematici….) utili all’espressione della coscienza. I genitori e gli educatori dovrebbero svolgere la funzione di guida nella crescita del bambino: organizzatori e mediatori dei loro rapporti e conoscenze dovrebbero porre estrema attenzione e rispettare le fasi evolutive del bambino promuovendo lo sviluppo delle sue potenzialità. Devono inoltre favorire lo sviluppo della sua autonomia e lo sviluppo della sua soggettività al fine di gestire il rapporto con se stesso e con gli altri. Inizialmente il bambino non ha la capacità di organizzare i suoi interventi sull’ambiente. I suoi gesti sono spesso istintivi (stimolo-risposta), egoistici, anche aggressivi, con l’impulso di fare tutto ciò che desidera piegando gli altri ai suoi desideri. Spetta al genitore e agli educatori, educarlo a controllare le difese istintive attraverso l’intermediazione, lo sviluppo del ragionamento e dell’atto volitivo. I premi o le punizioni non educano ma producono, sofferenza, chiusura e molto spesso fuga, evitamento, aggressività. Qualsiasi informazione colpevolizzante, chiusa o che nega le esigenze del bambino farà scattare meccanismi di difesa che portano ad attaccare o perdere fiducia e stima nell’adulto.

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L’educazione dovrebbe usare il metodo del convincimento affinché il bambino possa sentire e comprendere l’utilità di ciò che gli si vuole insegnare poiché questo rispetta la sua dignità, rispetto cha va attuato dal concepimento per tutta la vita. In ambito familiare, pur non potendosi determinare una correlazione diretta e lineare tra il comportamento empatico dei genitori e quello dei figli, la ricerca ha individuato alcuni fattori educativi e relazionali sicuramente favorenti lo sviluppo del comportamento empatico nei bambini. Tali fattori si possono, però, identificare come aspetti fondamentali in ambito educativo in senso generale, in quanto sembrano più di altri presentare correlazioni positive con lo sviluppo di comportamenti sociali evoluti. Occorre pertanto creare nell’ambiente significativo per il bambino (la scuola e la famiglia) le condizioni che facilitano lo sviluppo della soggettività e l’espressione delle potenzialità del bambino attraverso risposte comportamentali mirate alla collaborazione e alla condivisione. L’accettazione, la comprensione e la non colpevolizzazione del comportamento errato del bambino e la conseguente dimostrazione del comportamento più adeguato da utilizzare per risolvere i problemi da parte dell’adulto rappresenta un prerequisito importante nella relazione educativa, così come il prestare attenzione, l’esprimere le emozioni e l’affettività, lo stimolare all’autonomia. Diversi autori hanno osservato come effetti di questo orientamento educativo, da

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cultura e natura alcuni definito anche educazione democratica, determina un incremento dell’attenzione agli altri, del prendersi cura, dell’assumersi responsabilità, quindi in generale un aumento della capacità empatica nei bambini. L’empatia (ovvero la capacità di porsi emozionalmente nei panni dell’altro, lo sforzo di sentire come si può sentire un altro in una determinata situazione) è un prerequisito essenziale per un comportamento sociale evoluto. Occorre mostrare al bambino le conseguenze delle sue azioni, lo stato d’animo ed il disagio cagionato agli altri. Tale modalità, insieme alla stimolazione della capacità empatica, sollecita al ragionamento critico e all’assunzione di responsabilità. L’educazione direttiva e autorevole, di impostazione democratica, ha effetti molto positivi sulla personalità. Fondare le basi di una disciplina induttiva basata sul ragionamento, stimola a capire fin dove si può arrivare e da che punto si cominciano a trasgredire le regole. Per questo è associata ad una maggiore competenza e maturità morale del bambino. Anche l’assegnazione precoce di compiti può favorire l’assunzione di comportamenti sociali evoluti, al pari della stimolazione da parte degli adulti di comportamenti maturi, naturalmente sempre in relazione al grado di sviluppo cognitivo raggiunto dal bambino. L’educazione in pratica si traduce in stili educativi da parte dei genitori che possono distinguersi in: autorevoli o direttivi, autoritari e permissivi. I genitori autorevoli o direttivi inculcano le norme comportamentali mediante ragionamenti e negoziazioni, prendono in considerazione il punto di vista dei figli e favoriscono la loro autonomia, mostrando nel contempo la tendenza ad esprimere affetto e sostegno, interesse e attenzione alle loro richieste. I genitori autoritari non mostrano interesse alle richieste dei figli e li trattano con freddezza e scarso affetto e sostegno, tendendo a controllarne i comportamenti mediante la coercizione, fisica o verbale e i divieti. Il risultato di questo tipo di educazione sono di solito bambini tristi, vulnerabili allo stress, senza obiettivi o propositi decisi, con una buona dose di aggressività e poca fiducia in se stessi. I genitori che adottano uno stile autorevole o direttivo favoriscono comportamenti di indipendenza e responsabilità sociale, come la collaborazione e la competizione con i pari; i bambini mostrano un migliore autocontrollo e una maggiore autostima, hanno buoni rapporti con i loro pari e sono orientati verso comportamenti che fanno ottenere loro risultati positivi. I genitori con uno stile educativo prevalentemente permissivo si contraddistinguono per la poca consistenza ed ambiguità nella comunicazione delle regole, mostrano freddezza e scarso calore emotivo e danno segnali educativi incoerenti

(per un comportamento scorretto del figlio a volte ridono mentre altre volte si arrabbiano). Questo tipo di stile educativo produce nei figli comportamenti instabili e poco equilibrati, ridotta autostima, scarso autocontrollo e una tendenza ad essere impulsivi; tendono quindi ad agire senza obiettivi e a manifestare con facilità comportamenti aggressivi. Incoerenza educatIva L’incoerenza educativa si pone come il principale fattore capace di determinare disturbi emozionali e comportamenti predevianti e di ostacolare la strutturazione di un senso di autoefficacia personale e collettiva positivo. I messaggi coerenti permettono a una persona di associare a situazioni e/o azioni determinate conseguenze, cogliendo gli aspetti peculiari delle diverse possibilità di azione. Richieste non chiare o contraddittorie ad una persona, di qualunque età determinano disorientamento e apprensione. Possiamo distinguere diverse tipologie di comportamenti educativi incoerenti: incoerenza intraparentale: esercitata dal genitore che invia messaggi incerti e ambigui; incoerenza interparentale: disaccordo tra i genitori sulle linee educative da adottare e insegnare; incoerenza intrafamiliare: presenza di altre figure adulte di riferimento che adottano modelli educativi diversi da quelli genitoriali; incoerenza tra valori e fatti: il soggetto nell’integrarsi nel mondo sociale, si trova a dover fronteggiare la discrepanza tra i valori assimilati e la realtà che gli si presenta. StIlI educatIvI dISfunzIonalI Si possono distinguere alcuni stili educativi disfunzionali per la crescita dei nostri figli: lo stile iperprotettivo, iperansioso, ipercritico, perfezionistico, incoerente. Nello stile iperprotettivo i genitori cercano di evitare ogni esperienza spiacevole per il bambino che possa diventare un trauma irreversibile; sono eccessivamente attenti a prevenire ogni minima sofferenza del bambino; cercano di evitare ogni possibile errore per essere validi nel loro compito educativo. Questo conduce i genitori a rimuovere qualsiasi frustrazione nella vita

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cultura e natura del bambino generando senso di colpa quando l’obiettivo fallisce e a riversare dimostrazioni di affetto eccessive e indiscriminate rinforzando paure nel bambino. Lo stile iperprotettivo può determinare nel bambino: bassa tolleranza alle frustrazioni, ansia, eccessivo egocentrismo, scarsa autostima e senso di inadeguatezza. Lo stile iperansioso conduce i genitori ad avere paura di tutto. Questo atteggiamento da parte dei genitori porta il bambino a pensare che i pericoli sono ovunque; che bisogna stare sempre all’erta e preoccuparsi in continuazione di ciò che può accadere; che si può stare tranquilli solo se si ha la certezza che le cose vadano bene. Questo stile può portare il bambino ad essere timido, pauroso, insicuro e alla ricerca ossessiva di certezze. Lo stile ipercritico è caratterizzato da un’elevata frequenza di comportamenti di critica manifestati apertamente o in maniera velata: rimproveri eccessivi, rimbeccate, manifestazioni di biasimo, commenti moralistici, messa in ridicolo del bambino, svalutazione del bambino. Conduce i genitori a non notare i comportamenti adeguati del bambino ma piuttosto ad evidenziare i comportamenti errati. Determina nel bambino: scarsa autostima, paura di essere disapprovato, paura di sbagliare, isolamento sociale, comportamento di evitamento. Lo stile perfezionistico è basato sulla convinzione che bisogna eccellere in tutto, il valore di una persona e il diritto ad essere amati sono legati al successo conseguito. Ciò conduce i genitori ad esigere standard di prestazioni molto elevati ed a considerare sbagliato ciò che si discosta dagli standard di prestazione. Nel bambino può determinare un atteggiamento perfezionistico, teme la disapprovazione, soffre di ansia da prestazione, ha paura del rifiuto in caso di fallimento. Lo stile incoerente porta i genitori a gratificare o punire il bambino a seconda del loro umore; non considerare l’adeguatezza o meno del comportamento del bambino alla situazione; rimproverare il bambino per i suoi errori senza aver stabilito delle regole chiare. Pensano che qualsiasi cosa facciano sia giusta; è troppo faticoso cercare di essere coerenti. Nel bambino può determinare la mancanza di punti di riferimento; una scarsa capacità di riconoscere l’appropriatezza o meno di un determinato comportamento; disturbi della condotta; un senso di insicurezza accompagnato da reazioni d’ansia.

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concluSIonI L’assunzione di uno stile educativo funzionale richiede che chi vi partecipa acquisisca consapevolezza della propria e altrui dignità. Occorre evitare adesioni acritiche. Bisogna scegliere intenzionalmente le modalità educative più utili da adottare orientate alla promozione del rapporto educatore-bambino. La classe scolastica dovrebbe rappresentare una “micro-società” dove poter sperimentare e vivere i valori universali con l’obiettivo di guidare lo sviluppo sia dell’individualizzazione che della socializzazione nel rispetto di tali valori. In qualsiasi contesto educativo, i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze hanno il diritto di decidere individualmente, come, quando, che cosa, dove e con chi imparare ed hanno il diritto di condividere, in modo paritario, le scelte che riguardano i loro ambiti organizzati, in modo particolare famiglia e scuola, stabilendo, se ritenuto necessario, regole e sanzioni. L’educazione efficace deve includere autodeterminazione personale e opportunità di partecipare in modo significativo ed attivo ai processi democratici nella vita quotidiana di ciascuno. Occorre attuare interventi specifici in classe per attivare una rete di sostegno tra alunni e favorire lo sviluppo sociale, poiché la qualità dell’ambiente sociale in classe influenza gli atteggiamenti degli alunni, i loro interessi, produttività, impegno e rendimento. Nelle scuole dove manca il senso di cooperazione ci sono problemi crescenti di scarso rendimento, abbandono scolastico, abuso di droghe, emarginazione di studenti con deficit, bullismo. Senza la guida degli educatori i bambini tendono ad associarsi quasi ed esclusivamente con i compagni che conoscono già e con cui hanno molte affinità comportamentali che possono essere condizionate e condizionanti, mentre occorre far sviluppare nei bambini, già dalla scuola materna, la capacità ed il piacere di interagire con persone “diverse” e cooperare per raggiungere un obiettivo. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI: Caprara G.V. e Bonino S. (2006) “Il comportamento prosociale”, Ed. Erickson, Trento. C.I.S. “Il cervello e l’integrazione delle scienze”, n. 37 – 1° semestre (2001), Ed. A.D.E.-C.E.U., Roma DE BENI M. (1998),“Prosocialità ed altruismo. Guida all’educazione socioaffettiva”, Ed. Erickson, Trento.

Enza Palombo, Psicologa, docente in corsi e seminari per le attività di formazione e aggiornamento in campo psicologico con particolare attenzione all’età evolutiva e all’adolescenza. Membro del Comitato Esecutivo dell’Associazione Internazionale I.P.V.- Ius Primi Viri con Statuto Consultivo presso l’ECOSOC dell’ONU. + enzapalombo@libero.it

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