relazione

Page 1


AULETTA ON/OFF AVVERTENZA Questo testo è denso. Impone concentrazione. Chi preferisce, può immediatamente passare alla godibilità più fluida e libera delle tavole allegate.

#1

Ricostruzioni e abbandoni Nel 1857 un terremoto più devastante di quello del 1980 colpì un vasto territorio tra Campania e Basilicata, distruggendo insieme ad Auletta numerosi paesi. Chiunque abbia avuto modo di vederli prima che fossero di nuovo gravemente danneggiati dal terremoto più recente e trasfigurati dalla ricostruzione trentennale che ne è seguita, ben difficilmente ha potuto anche solo sospettare di trovarsi di fronte a paesi ricostruiti da non più di un secolo. La loro età continuava ad apparire così antica, tenace, veneranda e perciò senza tempo, da rendere poco credibili le date di fondazione che le storiografie locali s’impegnano sempre a ipotizzare con grande zelo. Oggi, dopo trent’anni di copiosa e complicata attività ricostruttiva, il visitatore s’imbatte in caseggiati che echeggiano forme delle periferie urbane e brillano di colori accesi come non mai, insieme ad antiche abitazioni e palazzi rimessi a nuovo secondo le moderne dottrine del restauro, sconosciute alla tradizione. L’antico paesaggio è invaso da case sparse, fitte reti di vie asfaltate, luminarie che ormai impediscono all’autentico buio di avvolgere campi e case alternandosi al giorno. Si vedono nuclei abitati nuovi di zecca, ma uguali a tanti altri, gettati su terreni un tempo coltivati, che qua e là attorniano alcuni resti dei paesi di una volta ora sempre più simili alle rocce su cui furono edificati. È difficile insomma, anche senza sapere nulla, non avere la sensazione che sia accaduto qualcosa di profondamente traumatico. Se poi si guardano le spaventose rovine ritratte nelle foto fatte scattare a scopo di studio dal sismologo irlandese Mallet all’indomani del terremoto del 1857, ci si rende conto che anche i più distruttivi disastri naturali possono non esser capaci di lasciare segni così netti di discontinuità quanto lo sono le ricostruzioni del nostro tempo. Ma ancor più impressionante è l’abbandono. Per quanto comune a molti altri territori montani, in atto da lunga data e in gran parte indipendente dai disastri, qui acquista un particolare spicco perché mette in luce la vanità dell’appena costruito. Ne mostra la sproporzionata sovrabbondanza, il mancato raggiungimento di qualsiasi scopo dichiarato di “rinascita”, facendo percepire l’imponente opera come un assurdo spreco. La configurazione dello spazio abitato ha assunto il senso dell’anonimato. Non appartiene più a nessuno del presente e quindi può essere di tutti nel futuro, perché sono venuti meno i “terremotati”, presunti destinatari dell’opera ricostruttiva. L’abbandono del vecchio può suscitare comprensiva pietà, quello del nuovo profonda desolazione. Il senso d’abbandono è duplice. Quello immediatamente percepibile alla vista delle case vuote, chiuse e mute, definitivamente disabitate o usate solo saltuariamente, collegate da vie senza botteghe, per lo più deserte, e dai terreni incolti o non lavorati come una volta. E quello meno immediato dovuto all’evaporazione della società tradizionale un tempo raccolta e racchiusa nella forma del paese. Gli abitanti, pur in forte riduzione, non mancano. In alcuni paesi la popolazione ha una


AULETTA ON/OFF consistenza che resta pur sempre ragguardevole. Per quanto siano ancora in gran parte discendenti degli antichi abitatori, quindi con legami affettivi di varia natura col luogo, hanno visto tramontare l’obbligo di appartenervi, non dipendono più dal natio loco. Sono liberi cittadini del mondo come ognuno – che lo desideri o meno – lo è nel nostro tempo. Si è dissolto il nesso, una volta ritenuto necessario, tra paese e comunità. In linea di principio chiunque può rimanere o andarsene. Si può scegliere, per qualsiasi scopo, di abitare un paese in permanenza o saltuariamente anche avendolo ignorato in precedenza. Si può liberamente decidere di legarvisi individualmente o in comunità temporanea con altri già sul posto o da poco giunti. Oppure, mossi da curiosità o altri interessi, economici, culturali, scientifici, ci si può proporre di esplorarne le vestigia materiali e immateriali del tempo che fu.

#2


AULETTA ON/OFF

Culto del patrimonio Radicalmente diversa dalla tradizione, ormai in tutto il mondo, è la molteplicità di sensi contrastanti e di opposti valori che il contemporaneo va attribuendo alle creazioni dalle arti e dalla natura nel corso dei secoli. La temporalità, lo sviluppo storico, il divenire non avevano la centralità di oggi. La molteplicità delle cose che nel mondo sensibile si generano e si corrompono, sono costruite e distrutte, è stata a lungo pensata come determinata e prodotta in ultimo da una qualche realtà eterna. Il senso di ognuna delle cose sensibili era quello di traccia temporanea depositata da questo eterno passato, totalmente dato un volta per tutte e collocato aldilà del mondo sensibile. Ma tali tracce non avevano la rilevanza di documento e di memoria come nella cultura di oggi. La memoria autentica, quella vera, perché il suo contenuto è immutabile in quanto costituito dalla realtà eterna ultramondana, veniva rappresentata creando monumenti. Opere specialistiche, intenzionalmente dedicate al rammemorare sociale, all’ammonimento dei popoli e dei singoli membri della comunità. Creazione e cura rituale dei monumenti sacri e profani erano mezzi del culto religioso e civico. La loro era immagine bella se capace di esprimere la perfezione divina quale contenuto della fede. Così pure belle erano le opere utilitarie quanto più la loro fattura riusciva fedele all’eterno modello assoluto che si pensava ne costituisse l’essenza. L’intero corso del pensiero occidentale, dai greci al nostro tempo, può essere considerato come un lungo processo di progressiva coerenza alla realtà del divenire. Il culmine raggiunto dal pensiero contemporaneo ha portato al tramonto qualsiasi dimensione immutabile eretta dal pensiero tradizionale a dominio e limite dei processi di trasformazione. Il senso del passato, delle cose presenti, che ne sono memoria in quanto traccia, e del progettare il futuro, ne escono profondamente trasformati. Ora l’unico concreto passato non sta aldilà del mondo, non è interamente dato una volta per tutte, ma via via prodotto dal manifestarsi degli accadimenti storici. Se fondamentale per la vita e per l’agire artistico e produttivo era la contemplazione dell’eterno passato, ora lo è la conoscenza ipotetica, guidata dalla razionalità tecnico scientifica, del passato storico di cui tutte le cose presenti sono documento. Ne consegue che ogni cosa con cui abbiamo a che fare nel presente è in linea di principio “monumento” nel senso moderno. Ogni distruzione riduce la possibilità di conoscenza di quel passato di cui la cosa distrutta è unica e insostituibile traccia. E, in questa nuova configurazione semantica del passato, a ogni perdita della sua conoscenza corrisponde una diminuzione della possibilità di escogitare il futuro e di tentare di indirizzarlo nel verso desiderato. Da qui il diffondersi di quello che Alois Riegl, oltre un secolo fa, ha chiamato “Culto moderno dei monumenti” (Riegl, Der moderne Denkmalkultus, sein Wesen, seine Entstehung, 1903) e che oggi è un culto mondiale del patrimonio. Non si tratta più solo della memoria in cui si riconoscono singoli gruppi sociali legati a determinati

#3


AULETTA ON/OFF luoghi sulla base di particolari fedi, ma dell’eredità culturale che si vuole appartenga all’intera umanità, riconosciuta e posta sotto tutela da organismi internazionali. Il culto, dal singolo monumento storico, si è esteso, e si va continuamente estendendo senza più limiti di principio, a interi complessi di cose materiali e immateriali, naturali e artificiali: paesi, borghi, centri storici, antiche strutture agrarie, paesaggi tradizionali e vasti ecosistemi.

#4


AULETTA ON/OFF

Contrastanti valori mnemonici e contemporanei Non essendoci più solo un tipo di opere esclusivamente dedicate al rammemorare, com’erano i monumenti, né un solo passato dato una volta per tutte in base alla fede di un determinato popolo, ogni cosa presente, indipendentemente dallo scopo per cui fu prodotta e da come ci sia pervenuta, è investita da differenti valori di memoria e da diversi valori contemporanei, culturali e d’uso pratico, che si giustappongono, e che necessariamente confliggono. Quanto più un valore è voluto come fondamentale, tanto più tende a escludere gli altri. Ogni cosa, ora, non è voluta perché ha valore, ma ha valore perché è voluta. E dunque, qualsiasi volontà può avanzare la pretesa di porre determinati valori escludenti determinazioni diverse. La coerenza al divenire come totalità della realtà, che è stata raggiunta esplicitamente dalle speculazioni filosofiche degli ultimi due secoli e che è implicita nel pensare e nell’agire della vita quotidiana di ogni contemporaneo, è tale che tutte le cose siano pensate e vissute come assolutamente flessibili alla nostra azione, completamente dominabili, potendo essere e parimenti non-essere. Tuttavia, molto meno presente è che il culmine della coerenza alla realtà del divenire ha fatto emergere un’aporia, ossia una situazione logica senza (apparenti) vie d’uscita. È l’oggetto più avanzato delle attuali indagini filosofiche. Averla presente, anche solo in termini notevolmente schematici e semplificati, getta una qualche luce per una comprensione più profonda del nostro tempo e, nel nostro caso, dell’accesa dialettica tra diversi valori e tra differenti scopi pratici che l’espansione del culto contemporaneo del patrimonio e le imponenti trasformazioni della terra vanno quotidianamente suscitando.

#5


AULETTA ON/OFF

Aporetica del passato La compiuta coerenza al divenire implica la negazione assoluta di qualsiasi senso immutabile della realtà. Ciò ha comportato la demolizione di ognuno degli immutabili che la tradizione ha eretto con l’intento, per un verso di affermare l’evidenza del divenire, e dall’altro di delimitarne (illusoriamente) l’imprevedibilità allo scopo di assicurarsene il governo. E tuttavia, nella configurazione semantica moderna, il passato è rimasto un immutabile. Si è rivelato il più resistente e insidioso di tutti gli immutabili, perché è il divenire stesso a produrlo e tenerlo in seno. Ed è immutabile – qui sta l’origine dell’aporia – in due diversi sensi, tali che negando l’uno si afferma necessariamente l’altro e viceversa. Passato è tutto ciò che ora non-è più. Questo significa che nel presente non c’è più la relazione tra la cosa, in quanto passata, e la volontà di dominarla. Non è, in altri termini, più possibile decidere intorno al passato, perché esso è tutto ciò che fu già deciso, tutto ciò che è stato già fatto. Ed è questo uno dei due sensi della sua immutabilità. La volontà attuale si ritrova impotente di fronte a questo senso del passato, perché adesso la cosa su cui imporsi è nulla: non-è più. Il ché determina la negazione della volontà attuale, ossia l’impossibilità che la volontà si attui. Viene così ad affermarsi una realtà eterna, quella che chiamiamo “passato”, che, in quanto sottratta al divenire, rende quest’ultimo irreale o pura apparenza illusoria. L’altro senso dell’immutabilità del passato è implicato dall’idea di sviluppo che diviene centrale nella modernità. La storia è intesa come una concatenazione di eventi, dove il successivo non potrebbe essere così com’è senza il precedente. Ogni ciò che è stato, e adesso non-è più, è un anello insostituibile della catena di sviluppo. Ciò che viene dopo risulta condizionato da ciò che è avvenuto prima. La volontà attuale si vede così negata la possibilità di determinare le cose, in quanto sono già state pre-determinate da quel passato che le ha precedute. Ne consegue che nel presente è il passato, il ciò che fu e adesso non è più, a porre in atto le cose. L’imprevedibilità, in cui il divenire consiste, è negata. Non c’è spazio alla novità. Negata è ogni libertà creativa fondata sull’imprevedibilità del divenire. Negato, ancora una volta, è il divenire a cui l’idea di sviluppo voleva essere coerente. Friedrich Nietzsche ha visto il primo, ma non il secondo, dei due sensi dell’immutabilità qui indicati, e per necessità di coerenza al divenire s’è impegnato a demolirlo. Egli nega che l’annientamento in cui consiste il passare delle cose possa essere definitivo. L’esito della sua speculazione è che il senso del passare è l’eterno ritorno dell’uguale. L’intera realtà è un “anello del ritorno”. In modo tale che il passato, il ciò che fu e ora non-è più, non potendo mai sopprimersi definitivamente la relazione con la volontà di potenza «che crea», sia da questa sempre richiamato nel presente, affermando: «Così volli che fosse! […] Così voglio! Così vorrò!» (Nietzsche, Also sprach Zarathustra. Ein Buch für Alle und Keinen, 1883-1885). Giovanni Gentile ha visto il secondo, ma non il primo, dei due sensi dell’immutabilità del

#6


AULETTA ON/OFF passato qui indicati, e per la medesima necessità di coerenza al divenire, s’è impegnato a demolirlo. Gentile nega che la configurazione semantica del passato possa esser tale che il precedente determini il successivo. «La storia – egli dice – non può essere il presupposto della storiografia» che sempre la crea attualmente; la storia, ossia il divenire, è «Spirito», pensiero sempre in atto (Gentile, Il superamento del tempo nella storia, 1935). Ciò implica che l’annientamento delle cose in cui consiste il passare sia assolutamente definitivo. Il che fu, e che ora non-è più, qui non può avere alcuna possibilità di redenzione. Ed ecco emersa l’aporia. La conclusione della speculazione di Nietzsche esclude perentoriamente quella di Gentile e viceversa (Emanuele Lago, La volontà di potenza e il passato. Nietzsche e Gentile, 2005). Sono entrambe coerenti con le premesse. E le premesse sono entrambe poste dalla medesima necessità di coerenza al senso del divenire. E tuttavia. Se la configurazione semantica del passato non può essere un definitivo (come vuole la speculazione di Gentile), perché altrimenti non ci sarebbe libertà creativa, allora definitivo è il suo annientamento perché possa essere sempre diversa. Se è l’annientamento che non può essere definitivo (come vuole la speculazione di Nietzsche), perché altrimenti verrebbe meno il suo rapporto con la volontà attuale, allora definitiva è la sua configurazione semantica che non può essere mai diversa.

#7


AULETTA ON/OFF

Progetto del passato e ricordo del futuro Si chiama memoria il permanere del passato nella presenza. E si ritiene che tale presenza si manifesti attraverso le sue tracce, ossia per mezzo delle cose attuali che ne sono in qualsiasi modo registrazione, che lo testimoniano, che ne sono documento, in cui si vuole che il passato sia rimasto iscritto: dalla psiche agli oggetti esterni ad essa. Alla luce di quanto detto sulla coerenza al divenire, l’imporre alle cose presenti valori di memoria è sempre un atto creativo e dunque è anche sempre un valore contemporaneo, d’attualità. Quando l’atto creativo in cui la memoria consiste è implicitamente riconducibile alla volontà di togliere il passato dall’immutabilità secondo il senso visto da Nietzsche, in cui l’annientamento non può essere definitivo, allora l’agire pratico è determinato dallo scopo di attribuire alle tracce di quel passato un senso definitivo, immodificabile. Quando l’atto creativo in cui la memoria consiste è implicitamente riconducibile alla volontà di togliere il passato dall’immutabilità secondo il senso visto da Gentile, in cui l’annientamento deve essere definitivo, allora l’agire pratico è determinato dallo scopo di attribuire alle tracce di quel passato un senso sempre diverso, ex novo, in un processo illimitato in cui il ricordare è insieme un dimenticare e viceversa. Il termine “quando” non va qui inteso in senso temporale, ma indica momenti logici che, stante l’aporetica configurazione semantica del passato, sono necessariamente compresenti nel medesimo pensiero e nella medesima azione. Il pensiero contemporaneo, erede di quello greco reso coerente al divenire, è un oscillare tra l’uno e l’altro dei due momenti logici contrastanti. E la medesima oscillazione dà impulso all’agire pratico e alla produzione di sensi e di opere, oggi sempre più guidata dall’apparato scientifico ipotetico tecnologico, che va sostituendo quello metafisico epistemico teologico della tradizione. L’abbandono dei paesi, nel duplice senso dell’esodo e del tramonto della comunità e dell’indebolimento dei legami locali, è volontà di liberarsi dai pesanti condizionamenti del passato. L’emigrante va in altri luoghi incontro al passato altrui. Entra in relazione con altri passati li trasforma, se ne appropria attribuendogli valore, reinterpretandoli come sua nuova memoria. Chi resta nella dissoluzione della comunità, che così si apre, entra anch’esso – con mezzi di comunicazione e di trasporto sempre più potenti – in relazione con passati di altre genti e di altri luoghi, se ne appropria, li trasforma e crea nuovi contenuti della propria memoria. La liberazione dal passato d’origine implica, perché non condizioni più, il suo definitivo abbandono nel nulla. Ma a un tempo il ricordo dell’originario che fu, necessario ad affermare ciò da cui ci si è voluti liberare (non si dà liberazione senza nulla da cui liberarsi), lo toglie dal niente, facendolo ritornare nel presente con l’identico senso definitivamente attribuitogli dall’abbandono, ossia dalla volontà di negarlo per liberarsene. La negazione è insieme, e necessariamente, affermazione del negato. La negazione assolutamente escludente, che dai greci al nostro tempo ha continuato a conferire

#8


AULETTA ON/OFF il senso al fondamento del sapere, non sembra, dai segnali che giungono dalle più rigorose speculazioni attuali, poter sussistere. La negazione assolutamente escludente e, dunque, la volontà di possedere l’affermazione assoluta, in quanto separata, sciolta, non condizionata dalla sua negazione, è una pura astrazione. Nel concreto, ogni cosa nega le altre, in quanto vi differisce, e così negandole le afferma. L’identità di ciascuna cosa non è da pensare come determinata da una qualche essenza assoluta, ma proprio dalla relazione di affermazione/negazione (ON/OFF) con cui si lega a ogni altro da sé. Le relazioni vanno variando e con esse muta la reciproca determinazione dei sensi delle cose. Si ha un processo continuo di accensione (ON) e spegnimento (OFF) di relazioni, dove nessun ON e nessun OFF può mai essere definitivo. Le relazioni variabili sono necessariamente mutevoli rapporti ON/OFF col passato di cui ogni cosa è traccia. L’attività mnemonica va progettando e realizzando molteplici, contingenti e variabili relazioni col passato. Il vasto complesso di vestigia, di cui Auletta e il territorio del Basso Tanagro sono ricchi, si offre come una delle sue maggiori risorse per il culto mondiale del patrimonio. E il culto patrimoniale è attualmente il più potente apparato mondiale di progettazione e creazione di nuove relazioni col passato e di molteplici produzioni di sensi culturali e di usi pratici delle sue vestigia. Senza che alcun progetto finito, alcuna opera compiuta e alcun uso messo in atto possa mai essere definitivo. Progetto è processo, in linea di principio illimitato, di progettazione di sensi del passato, producenti ricordi del futuro.

#9


AULETTA ON/OFF Il folto gruppo di docenti e studenti del Seminario tematico dell’Università degli Studi di Firenze, “Progettazione di nuovi ruoli per territori antichi in abbandono”, ha colto nel “Concorso del Parco a ruderi di Auletta”, la presenza implicita dello spirito del nostro tempo qui schematicamente richiamato. Un bando aperto alle più differenti idee. La volontà di innescare un processo di progettazione capace di porre paese e territorio in nuove relazioni di senso, provenienti da ogni dove, e di farsi luogo dell’incontro/confronto tra la più ampia molteplicità di ON/OFF attualmente possibile. All’unisono, con convinzione, i 23 docenti e tutor e i 22 studenti, dotati di differenti competenze e animati da diverso sentire, hanno deciso di parteciparvi, rappresentando le loro incipienti idee progettuali nelle tavole che seguono.

#10


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.