COs_5
Il team si propone come interdisciplinare non solo per la varietà di competenze di ognuna delle componenti, ma anche e soprattutto per la capacità delle singole di spaziare tra discipline differenti nei loro ambiti professionali. Il collettivo COspace_5, seppure nato in occasione della risposta al bando di Co/Auletta, è in realtà un insieme di amiche e colleghe abituate a condividere i loro pensieri ed a lavorare sui temi comuni della complessità del contesto urbano e sul ruolo delle immagini nell’analisi della realtà contemporanea. Il nome del team, composto da 5 donne, fa riferimento al nostro modo di vedere lo spazio comme il frutto della COllaborazione di diversi fattori ed attori.
Chiara Muccitelli É nata a Napoli nel 1979 e ha vissuto in diverse città tra il nord e il sud d’Italia e d’Europa. Nel 2004 si è laureata in Design al Politecnico di Milano, con una tesi d’impronta semiotica e sviluppo progettuale dedicata alla comunicazione dei musei di scienza e tecnica. Ha collaborato a lungo con Domus Academy come designer della comunicazione, e in seguito presso alcune agenzie creative e web. Accanto alla passione per il progetto grafico e le sue declinazioni, Chiara ha continuato ad essere attratta dalle scienze umane, e così ha collaborato a lungo (2006-2011) alla didattica per i corsi di semiotica e semiotica delle culture presso il Politecnico di Milano. Le piace intendere la progettualità come una continua sfida, in cui non basta accontentarsi della soluzione offerta dalla pratica consolidata, ma é necessario spingersi un po’ più in là nell’esplorazione e nella ricerca. Per questo ha partecipato a diversi workshop, in cui la progettazione e il design thinking sono la base per ripensare le dinamiche che animano i luoghi e le relazioni. In questo ambito ha lavorato con SDI - Sistema Design Italia (2003, Morcone - Benevento), International Institute for Information Design (2007, Santiago - Capo Verde), Comunità Montana di Valle Camonica e Distretto Culturale di Valle Camonica (2011, Capo di Ponte - Brescia) a progetti diversi e geograficamente lontani tra loro, ma tutti focalizzati sulla promozione del patrimonio territoriale e sull’innovazione dell’esperienza di visita, attraverso la progettazione di servizi, identità e comunicazione. In ambito professionale, tra i progetti che le sono più cari c’è l’identità visiva per “La fabbrica del Design” (2006) evento espositivo di Domus Academy e Interaction Design Institute Ivrea l’immagine coordinata, gli allestimenti per “That’s Design!”durante il salone del mobile, (edizioni 2007-2009), e il progetto grafico-editoriale con cui vede la sua nascita il magazine “Walk on Job” (2010). Attualmente lavora come web e interface designer indipendente a Roma e dintorni.
Claudia Faraone Architetto, laureata allo IUAV, Università di Architettura di Venezia con una tesi sullo spazio pubblico nella città diffusa del Nord-Est italiano (2004), si specializza in urbanistica seguendo il joint program europeo EMU http://www.emurbanism.eu (2007) con una tesi sugli spazi in transizione di Skopje, capitale della Macedonia. Dal 2004 partecipa a vari laboratori di esplorazione urbana e produzioni artistiche audio-visive, ha recentemente discusso la sua tesi di dottorato “Registrare la città. Il video d’osservazione come pratica di ricerca urbanistica, tra racconti, tracce e metafore” presso il DipSU, Dipartimento di Studi Urbani di RomaTre (2011). Dal 2006 è membro fondatore e collabora con lo studio di comunicazione e ricerca visiva CAST1466 http://www.cast1466.com Ha collaborato con vari studi professionali di architettura e urbanistica tra cui Studio10 – Secchi & Viganò (Milano) e ZD6 (Venezia) per concorsi e proposte progettuali. Dal 2007 con la ricerca su Skopje inizia a indagare il tema del terremoto a livello urbanistico e antropologico, indagine che prosegue nel 2009/2010 a L’Aquila con la collaborazione con il Dipartimento della Protezione Civile Nazionale, presso il R.U.P. del progetto C.A.S.E. ed il Gruppo di Lavoro per il recepimento della Microzonazione Sismica nella pianificazione urbanistica della conca aquilana. Dal 2010, dopo una permanenza di ricerca ed insegnamento a Parigi, collabora con le iniziative del Laboratoire Architecture Anthropologie dell’Ecole Nationale Supérieure
d’Architecture di Paris La Villette (www.laa.archi.fr) contribuendo con una riflessione sul rapporto tra trasformazione spaziale e supporti audiovisivi di investigazione.
Federica Gatta Nasce a Foggia, capoluogo di provincia dell’arida capitanata dauna, nel torrido agosto del 1984. Passa buona parte delle estati della sua infanzia dalla nonna materna a giocare tra i ruderi del centro storico del paesino sub-appenninico di Accadia, il cui centro storico (rione Fossi) è stato distrutto dal terremoto dell’Irpinia del 1975. Oggi i suoi ritorni sporadici in questo luogo fatato sono legati a peregrinazioni tra festival e attività artistiche del nuovo risveglio della cultura pugliese mentre i ruderi-parco giochi, che intanto sono stati oggetto di un processo di restauro dalla gestione poco felice, restano un ricordo nostalgico. Laureata in architettura alla Facoltà di Architettura dell’Università di Roma Tre (Triennale 2006, Specialistica 2009). La sua tesi di laurea sul centro storico della capitale di Cipro, Nicosia, divisa da trent’anni una buffer zone composta da una fascia di rovine controllate dall’ONU, le ha dato la possibilità (oltre che di tornare a giocare in mezzo ai ruderi) di riflettere sulla potenzialità degli spazi sospesi come riserve di espressione di istanze politiche che non trovano luogo nella vita ufficiale della città (dividednicosia.wordpress. com). Dal 2010 decide di trasferirsi a Parigi dove svolge un dottorato in antropologia urbana all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales con un lavoro sulle trasformazioni della metropoli francese. La ricerca etnografica si svolge nei quartieri attraversati dall’autostrada urbana « périphérique » che rappresenta il limite amministrativo del comune di Parigi e che da dieci anni è oggetto di un processo di rinnovamento urbano, e si concentra sull’articolazione tra gli attori istituzionali autori dei progetti ed i soggetti associativi che si mobilitano per operare un processo partecipativo. Il fil rouge dei suoi interessi è quello dello spazio liminare fisico e politico, e sul tempo sospeso della trasformazione come momento fondamentale per comprendere gli assetti e le tendenze della città contemporanea. La sua voglia di affiancare alle competenze tecnicoarchitettoniche uno sguardo socio-antropologico è dettato dalla forte convinzione della necessità di reinterrogarsi sul ruolo dello spazio pubblico contemporaneo mettendo in discussione le divisioni di competenze professionali e ponendosi l’obiettivo di creare dei ponti di mediazione sociale tra i soggetti che costruiscono e vivono la città. Federica è membro del Laboratoire Architecture Anthropologie dell’Ecole Nationale Supérieure d’Architecture di Paris La Villette (www.laa.archi.fr) all’interno del quale condivide una riflessione sulla necessità dell’approccio interdisciplinare in campo urbano e sull’attenzione alla complessità degli immaginari urbani. All’interno del Laboratoire si occupa attualmente della creazione di un sito internet per un progetto di ricerca sulle questioni dello sviluppo della metropoli parigina che hanno preso negli ultimi anni il nome di « Grand Paris » (blog attuale : observatoiregrandparis.org). Dal 2010 svolge anche un’attività di insegnamento in urbanistica e scienze sociali all’Ecole Nationale Supérieure d’Architecture di Paris Belleville.
Marianita Palumbo Marianita Palumbo è un’antropologa urbana, documentarista e scrittrice, che spesso e molto volentieri, inforca la sua bicicletta per avventurarsi in contrade nascoste, vicine e lontane! Chilometri e chilometri di pedalate l’hanno portata a imparare, una buona volta, storia e geografia di una bella fetta di mondo e collezionare una serie infinita di aneddoti che ora si porta in tasca come noccioline da sgranocchiare di tanto in tanto per assaporare il gusto di paesi a volte davvero lontani. Ricordi e riflessioni di una di queste avventure (in Africa, 6000 km in bici) saranno ben presto pubblicati in Italia in un appassionante libro che ragiona sul viaggio, sulla lentezza e sull’Africa tra rappresentazione e realtà. Sangue misto, puro italiano (Sicilia e Romagna si incontrarono un bel giorno nel lontano 1980 nel favoloso mondo acquatico della laguna di Venezia e decisero di concepire, nonostante la febbre a quaranta, quest’essere multiforme), è cresciuta tra tre regioni e 5 città italiane. Stanca dell’umidità e della Maturità, nel 2000 si spostò verso Nord fino a raggiungere la Capitale francese dove ha studiato scienze sociali e ora sta
terminando un dottorato in antropologia urbana. La sua tesi non poteva essere che sulle trasformazioni del problematico e multiculturale quartiere africano della Goutte d’Or dove ormai da più di dieci anni vive e trascorre la sua vita quotidiana infilandosi negli spaccati di vita più complessi e curiosi. Dal 2006 partecipa attivamente alla vita dell’LAA, Laboratoire Architecture Anthropologie, esplorando la relazione tra identità e territorio, spazio pubblico e processi di trasformazione urbana attraverso disparate ricerche che l’hanno portata a collaborare con architetti e urbanisti e artisti in diverse parti del mondo, tra cui Parigi, l’Africa e le periferie francesi. Due ricerche in particolare, una sulla trasformazione della città di Cotonou, in Benin e l’altra sull’Aeroporto di Orly a Parigi, l’hanno spinta ad utilizzare il video come mezzo di investigazione e di restituzione dei risultati. Marianita da 6 anni cerca di insegnare a futuri architetti della prestigiosa scuola di architettura di Belleville come si possa guardare allo spazio in modo complesso e non solo formale, ma come dicono i francesi “c’est pas gagné!”. Una bella mattina del 2008 si svegliò con un’immagine in testa che l’aveva ossessionata durante la notte: quella di lei da piccola che cammina e balla su di una strana struttura di cemento bianco. “Gibellina!” Le svelò suo padre, “il Cretto di Burri”. E quindi Marianita si imbarcò per ritornare alla scoperta di quello spazio che tanto le era rimasto impresso. Risultato: un documentario intitolato Belice 68/08 che si interroga su cosa ne è oggi della Valle del Belice e ritraccia la vita quotidiana degli abitanti tra vecchie e nuove macerie, tra il disastro del terremoto e le complicazioni della ricostruzione. Dal 2005 spesso e anche questo volentieri, Marianita si spinge ancora più a Nord, verso la fredda Berlino, dove passa ormai la meta del suo tempo a scoprire le molteplici curiosità della nuova capitale culturale Europea. La sua biogeografia alla geometria variabile ha rafforzato il suo interesse per la vita dei luoghi e la loro trasformazione, cosa che costituisce, se si dovesse proprio sintetizzare, la sua grande passione. fredda Berlino, dove passa ormai la meta del suo tempo a scoprire le molteplici curiosità della nuova capitale culturale Europea. Questa bio-geografia alla geometria variabile ha rafforzato il suo interesse per la vita dei luoghi e la loro trasformazione, cosa che costituisce, se si dovesse proprio sintetizzare, la sua grande passione.
Serena Muccitelli Serena nasce a Pisa nel 1984 e come la sorella la vita familiare prima e quella universitaria poi la porta a spostarsi in Italia Centrale e in Europa - Centrale anche quella. Crescere nella città di Latina, città moderna dalla storia breve, le fa mantenere un forte legame affettivo e culturale con il caldo Meridione, terra di origine materna (Avellino-Napoli-Trapani). Architetto di formazione e di sentire (Università di Roma Tre, Laurea Specialistica 2010), nel tempo allarga il suo campo di riflessione alla città quale ambito di ricerca e sperimentazione sulle relazioni tra società e spazio di cui è struttura, mezzo e percorso. Già gli studi Universitari le offrono l’occasione per “spostarsi” dall’architettura alla città passando per tematiche territoriali e globali. Esplora i processi di sviluppo che investono la città di Pechino alla porte delle Olimpiadi del 2008 attraverso la mappatura delle forze globali, locali e sovralocali che agivano sulla città e che ne hanno prodotto ed accellerato la trasformazione e globalizzazione (Urban body - Department of Spatial Planning & Strategy, TU Delft-NL). In Italia torna a lavorare a scala territoriale su aspetti relativi al rapporto della città con la campagna (Seminario Internazionale Villard 9, nell’ambito del Piano Strategico Comunale di Bologna) e la dispersione urbana della città autocostruita ai margini dei confini del Comune di Roma (Tesi di Laurea: Città Infrastruttura. Un’architettura per Roma dispersa). Nel lavoro di tesi sperimenta come nei processi di costruzione e trasformazione della città contemporanea, questa si costruisce su se stessa, mettendo in atto tattiche che si insinuano in modo frammentario nel materiale urbano esistente. L’obiettivo della tesi diventa quello di dimostrare come a questa condizione che si affida all’interstizialità e al suo carattere di fattore rigenerante, si può affiancare quella del “luogo contenitore di spazio pubblico” spostando il focus dal progetto urbano, al potenziale infrastrutturale -relazionale- dell’edificio il cui valore sta nel contrapporre la forma assertiva propria dello spazio architettonico alla frammentazione della città contemporanea.
Ecco che i temi di ricerca di Serena si collocano in una scala intermedia tra il progetto urbano e quello di architettura, e la sua posizione professionale/culturale in bilico tra coloro che l’architettura la fanno e coloro che la discutono; tra coloro che la stimano e coloro che la disdegnano. Questo suo camminare sul filo la ha condotta a iscriversi recentemente al corso di dottorato del dipartimento di Studi Urbani dell’Università di Roma Tre i (Politiche Territoriali e Progetto Locale), dove cercherà di costruire un ponte tra il progetto di architettura tanto discusso e “smentito” e il progetto urbano e di convincere i docenti-urbanisti che questo è un “progetto possibile”. Parallelamente all’attività di studio e ricerca negli ultimi anni Serena ha collaborato ad alcuni concorsi di progettazione per il comune di Roma, lavorando a tematiche di carattere istituzionale e residenziale. Nella collaborazione con lo Studio Osa-Architettura e Paesaggio per il Beton Hala Waterfront Center a Belgrado-Serbia (http://www.betonhala.com/2011/proposals/p126/) ha avuto modo di legare il progetto di riqualificazione di un’area industriale in dismissione con la sperimentazione di alcuni aspetti della sua ricerca legati ad un’Architettura Relazionale.