S. Castriconi
L’ALTRO LINGUAGGIO
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M. Valentini
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M. Valentini
UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER LA SCUOLA PRIMARIA SUL CORPO CHE COMUNICA
L’altro Linguaggio
Prefazione di Nicola De Sanctis
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02-12-2014 1.21.03 PM
M. VALENTINI - S. CASTRICONI
L’ALTRO LINGUAGGIO UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER LA SCUOLA PRIMARIA SUL CORPO CHE COMUNICA
Approfitto del silenzio… Lasciando spazio ai ricordi. Arresto il passo al cospetto dell’ignoranza infinita, che circonda il mondo. Una forza spinge gli emisferi ad imparare ciò che sui testi trasborda... c’è tanto! Il calcolo è facile... Non basta una vita per poter dire ho imparato posso solo dire ... Peccato! Peccato che quasi mai o troppo tardi ci si accorga, di quanto si è perduto in cose sciocche. Bastava leggere poco ogni giorno per poter dire: sono ancora ignorante...!?! Vivere nel corpo, curare le sue virtù... Questo serve ad un uomo per non morire mai! FULVIO RIZZO
Copertina di: AGNESE ANTONINI
INDICE
INTRODUZIONE di M. Valentini
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PRIMA PARTE CAPITOLO 1 LA RIFORMA DELLA SCUOLA PRIMARIA a cura di M. VALENTINI
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Le parole della Riforma Temi centrali della Riforma La normativa I documenti della Riforma Documenti nazionali Documenti elaborati dalla scuola Organizzazione didattica Tempi della didattica
16 17 27 28 28 43 47 49
CAPITOLO 2 ATTIVITÀ MOTORIA NELLA SCUOLA PRIMARIA. “IL CORPO PARLA” a cura di S. CASTRICONI
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Comunicazione e società Società come sistema Assiomi o postulati della comunicazione Funzioni comunicative nella società Individuo e comunicazione Evento comunicativo Aspetti della comunicazione
53 54 55 56 57 58 59
6
INDICE
Teoria della comunicazione Comunicazione verbale e linguaggio Comunicazione non verbale (C.N.V.) C.N.V.: funzioni Comunicazione non verbale e corpo Linguaggio corporeo Espressività corporea e bambino Espressività corporea nella Scuola Primaria
61 63 65 66 67 69 77 79
CAPITOLO 3 A SCUOLA CON IL BAMBINO DIVERSAMENTE ABILE a cura di M. VALENTINI Premessa Integrazione scolastica L’integrazione scolastica in trent’anni di legislazione Gli anni ’70 e l’integrazione scolastica Gli anni ’80 e l’integrazione scolastica Gli anni ’90 e l’integrazione scolastica Il nuovo millennio: una scuola per tutti e per ciascuno Una speciale normalità Corpo, motricità e integrazione scolastica Ruolo del corpo e della corporeità nella relazione e comunicazione Attività motoria e sportiva nella scuola : un canale per l’integrazione Progetto Arcobaleno a cura di S. CASTRICONI
87 87 89 90 91 92 94 96 98 102 104 108 111
CAPITOLO 4 IL LABORATORIO MOTORIO: “OFFICINA” DI APPRENDIMENTO IN MOVIMENTO a cura di M. VALENTINI
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Premessa Perché i Laboratori? La didattica laboratoriale Metodo cooperativo Laboratori: in quali gruppi?
117 118 122 124 127
INDICE
Laboratorio: caratteri Il ruolo del docente nella pratica laboratoriale Il laboratorio motorio Laboratorio di espressività corporea: “diario di bordo” a cura di S. CASTRICONI
7 127 128 131 133
SECONDA PARTE
CAPITOLO 1 UNITÀ DI APPRENDIMENTO a cura di S. CASTRICONI
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CAPITOLO 2 PROGETTI E UNITÀ DI APPRENDIMENTO DI ESPRESSIVITÀ CORPOREA a cura di M. VALENTINI
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PROPOSTE OPERATIVE
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PROGETTI E UNITÀ DI APPRENDIMENTO DI ATTIVITÀ MOTORIA E INTERDISCIPLINARE PER LA SCUOLA DELL’INFANZIA a cura di S. CASTRICONI
177
PROGETTI E UNITÀ DI APPRENDIMENTO DI ATTIVITÀ MOTORIA E INTERDISCIPLINARE PER LA SCUOLA PRIMARIA
195
per il monoennio a cura di M. VALENTINI per il 1° biennio a cura di M. VALENTINI per il 2° biennio a cura di S. CASTRICONI
195 222 275
ATTIVITÀ MOTORIA COME LINGUAGGIO PER L’INTEGRAZIONE DI ALUNNI DIVERSAMENTE ABILI a cura di S. CASTRICONI
327
CONCLUSIONE di Sara CASTRICONI
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BIBLIOGRAFIA
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INTRODUZIONE
Ho scelto di introdurre questo testo in modo diverso dal solito: perlomeno dal “mio solito”, visto che mi annoiano le cose “scontate”. Non solo, però, per essere a tutti i costi originale, ma più profondamente perchè ritengo che spesso e volentieri i disegni, le frasi sintetiche rendano molto di più di un lungo trattato. A conclusione di un percorso teorico e prima di iniziare il laboratorio motorio presso la Facoltà di Scienze della Formazione - Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, nel luglio 2005, ho proposto dei lucidi relativi ad un bellissimo e significativo, secondo me, fumetto “Gibì e Doppiaw” di Walter Kostner dal titolo “DARE” che riassumeva alla perfezione l’obiettivo professionale e umano che ci aveva e avrebbe visto coinvolti: studenti e me e riassume, altrettanto bene, lo spirito di questo libro.
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INTRODUZIONE
Ancora, avendo sempre stimolato i miei allievi all’uso nelle varie attività motorie laboratoriali di attrezzi non codificati e di fortuna, è utilissima la visualizzazione anche di questa fotocopia di busta di carta che in un viaggio di lavoro in Spagna mi è stata data da una commessa in un negozio dove avevo acquistato dei regali.
INTRODUZIONE
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re Use Me para esconderte del mundo cuando no te guste
Notes, appunti di “viaggi-percorsi didattici” nelle palestre di Scuola Primaria, notes di vita umana e professionale di studenti, docenti che insieme si sono messi fortemente in discussione nello sperimentare “sulla propria pelle” progetti ed ipotesi di progetto, di unità di apprendimento dove il corpo e la sua comunicazione hanno avuto un ruolo cardine, fondamentale nella formazione globale dell’allievo, del futuro docente, della persona “abile” o “diversamente abile” che sia, quale “realtà dinamica integrata irripe-
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INTRODUZIONE
tibile, complesso di sistemi psicofisici dinamici e in interrelazione funzionale” (Aldo Fabi). In un successivo laboratorio la “colonna sonora” che ha fatto da sfondo alle nostre esperienze didattiche vissute, tratta da “Buon sangue” di Jovanotti 2005, è stata la canzone “Mi fido di te” che con il suo contenuto ha sottolineato adeguatamente e positivamente il clima relazionale e professionale del nostro apprendere-facendo investendo su di sé e sull’altro, “complici” nel provare a “vestire” i panni dell’altro, a pensare e ri-pensare che in fondo “la vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare”; chiedendo e chiedendosi “cosa sei disposto a perdere” per “trovare un senso a questa storia”( Vasco permettendo!) di “emozioni” (alla Battisti!) ricordandosi che “le stagioni nel sole continuano con te” (R. Vecchioni), imparando “a dare un nome nuovo ai nostri sentimenti” (S. Cammariere). P.S. Come per le belle canzoni non c’è tempo che passa, così per le esperienze motorie vissute Non c’è corpo che menta!!! MANUELA VALENTINI
PRIMA PARTE
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CAPITOLO 1 LA RIFORMA DELLA SCUOLA PRIMARIA Il conoscere è sempre l’atto infinito,
irripetibile e improgrammabile di una coscienza nel suo incontrarsi con la cultura HERVÈ A. CAVALLERA
Il termine ri-forma ha sempre un’ampia e non univoca valenza: riforma parrebbe solo sinonimo di cambiamento, ma il suffisso ri indica ritorno, continuità e fedeltà alla tradizione, ripristino dell’identità in forme antiche/ nuove e compatibili con l’epoca. Una riforma può cambiare e contemporaneamente può salvare dall’inedia l’istituzione interessata. Le riforme scolastiche successive a quella di Giovanni Gentile appaiono evolvere come le Nuvole di una canzone di Fabrizio De André: a volte seducenti, tal altra minacciose, “vanno, vengono, qualche volta ritornano”. Portano acqua necessaria alla terra, ma anche limitazioni. La Legge Delega n° 53/03 e il Decreto L.vo n° 59/04 (noti con il nome Riforma Moratti dal Ministro promotore) che regolano il nuovo sistema scolastico, appaiono, almeno negli allegati pedagogici, tesi a una scuola aperta alla Tradizione e nel contempo orientata al Novum: un ri-torno all’originario della dimensione pedagogica e un guardare in avanti e creare l’avvenire, introducendo nuovi modi di pensare. I pedagogisti della Riforma Moratti propongono di guardare a scenari culturali, pedagogici e didattici coerenti con l’indicazione di porre attenzione non all’individuo, ma alla persona ovvero, nella grande tradizione classica e cristiana europea, al soggetto generatore di conoscenza e in relazione con la comunità umana. Sottolineano cioè i principali valori della cultura occidentale: cura di sé e dell’altro, autonomia della persona e universi della conoscenza, ovvero le principali declinazioni dell’idea centrale dell’Occidente, la libertà. L’autonomia del soggetto cosciente riconosce nella libertà l’autrice delle norme, la conoscenza fornisce gli strumenti di amplificazione affinché si costruisca il volto proprio di quel soggetto che avrà avuto la fortuna di crescere libero.
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PRIMA PARTE
Costruire l’indipendenza e la padronanza di sé in modo personale, ma soprattutto attraverso la relazione con gli altri, è scopo ultimo e “altissimo” della scuola della Riforma. Pertanto essere scuola significa costruire uno spazio gradevole di cultura e di vita di relazione per i soggetti che ivi s’incontrano; un luogo in cui sia sempre possibile divenire consapevoli, faticando e divertendosi, di una positiva, comune visione del mondo. Il piano complessivo da cui muovono i documenti della Riforma è la centralità della persona; in particolare sul piano ideologico e pedagogico dalla protensione e dal confronto con l’altro, con le strutture della conoscenza e con la storia. I documenti della riforma contengono scenari culturali, epistemologici e didattici; e gli scenari vanno non semplicemente applicati ma interpretati e riformulati dalle scuole autonome in base alle visioni localmente elaborate e aperte ai diversi sviluppi personali.
LE PAROLE DELLA RIFORMA Scopo di questo testo non è un’analisi dettagliata dei vari aspetti della Riforma, ma quanto tracciare un quadro generale di presentazione degli aspetti più significativi e innovativi che la nuova Legge ha portato all’interno della scuola italiana. Diciamo “ scuola”, perché “la prima e fondamentale caratteristica dell’attuale cambiamento sta proprio nella consegna alle singole istituzioni scolastiche di alcuni principi generali posti a presidio del quadro di sistema, lasciando poi all’autonomia di queste la traduzione sul piano progettuale educativo e didattico. La “madre di tutte le riforme” sta infatti nella legge n. 59 del marzo 1997 con la quale il sistema scolastico italiano viene ordinato secondo il principio dell’attribuzione alle scuole dell’autonomia organizzativa, didattica, finanziaria e di ricerca”. (1) La materia di trattazione nel momento in cui si scrive questo testo , è in continua metamorfosi ed evoluzione; pertanto ci limiteremo ad affrontare le tematiche forti e basilari della Riforma, in riferimento a quanto attualmente si vive in modo tangibile.
CAPITOLO 1 - LA RIFORMA DELLA SCUOLA PRIMARIA
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TEMI CENTRALI DELLA RIFORMA: ➢ PERSONALIZZAZIONE L’espressione “personalizzazione” rappresenta una delle parole più ricorrenti e dense di significato della Legge di Riforma degli ordinamenti scolastici, la quale “per la parte relativa ai contenuti e ai processi di apprendimento, non parla più di Programmi, ma definisce soltanto le regole generali contenute nel Profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine, rispettivamente, del primo e del secondo ciclo di istruzione e di Indicazioni nazionali per i Piani di studio personalizzati per i diversi livelli scolastici. È precisamente tenendo conto dei vincoli complessivi dati da questi documenti che le scuole possono predisporre i Piani di studio personalizzati ricorrendo alle forme organizzative e didattiche reputate più idonee per il raggiungimento dei risultati”. (2) Uno dei fondamentali vincoli è proprio dato dal principio di “personalizzazione”. Infatti la legge 53/03 indirizza il sistema scolastico verso il fine di “favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e
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PRIMA PARTE
genitori” (art. 1, comma 1, Legge 53/03), riconoscendo il diritto di ciascun alunno di essere principale parte negoziale del proprio percorso di formazione. Tale disposizione richiama il principio fondamentale della Riforma: la personalizzazione. È la persona dell’alunno al centro di tutto il processo di apprendimento, che maturando le competenze, dà una forma nuova al suo essere, portando a compimento le capacità, mediante le conoscenze e le abilità acquisite. Espliciti sono gli intenti di valorizzazione del soggetto che apprende nella sua unicità e originalità, per questo si introduce il termine “pianificazione” che richiama alla flessibilità, alla narratività, all’apertura verso ciò che nel processo formativo appare come novità in evoluzione continua e perciò da accogliere e da assumere come riferimento per pazienti adeguamenti e riarticolazioni dell’attività didattica, dirigendola verso le esigenze di ciascun soggetto che apprende. “Le scuole sono chiamate a predisporre “piani di studio personalizzati” ovvero capaci di rispondere all’esigenza di percorsi di apprendimento e di crescita degli allievi che rispettino le differenze individuali in rapporto a interessi, capacità, ritmi e stili cognitivi, attitudini, carattere, inclinazioni, esperienze precedenti di vita e di apprendimento. Si tratta, detto in altre parole, di accomodare la pratica didattica alle peculiari esigenze di ciascun allievo. Questa impostazione ha per scopo di: • fornire a tutti uguali opportunità di apprendimento • presidiare e contenere il rischio di insuccesso scolastico • sviluppare le capacità di auto-orientamento • elevare gli standard di apprendimento • e, più avanti nella carriera scolastica, consentire un primo approccio con il mondo del lavoro e delle professioni.” (3) Il concetto di “personalizzazione” può essere considerato una strategia pedagogica e didattica elaborata per rendere efficaci e profondi i percorsi educativi. La creazione di itinerari differenziati (per l’appunto “personalizzati”) contribuisce a ridurre gli insuccessi e a promuovere le eccellenze, ma anche a rendere più significativo e produttivo l’apprendimento per gli alunni cosiddetti “medi”, senza difficoltà, per i quali è necessario aumentare la qualità dell’esperienza scolastica. Quando si parla di personalizzazione si fa riferimento a un motivo ricorrente della cultura pedagogica del novecento, cioè il principio della “individualizzazione” dell’insegnamento, promosso da autori come Claparède, Kilpatrick, Parkhurst, Decroly, Montessori e più tardi Dottrens e Freinet . Negli anni ’70 si è iniziato a parlare di “personalizzazione” e negli ultimi
CAPITOLO 1 - LA RIFORMA DELLA SCUOLA PRIMARIA
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15-20 anni sia in campo psicologico che pedagogico, si sono sviluppate ricerche e studi sulla mente umana, sulla mediazione educativa e sulle modalità didattiche più efficaci per rispondere alle diversità e favorire la differenziazione dei percorsi formativi personali. Basta pensare al contributo di Howard Gardner con la sua teoria delle intelligenze multiple e le prospettive educative che da questa nascono. È perciò difficile continuare a pensare alla scuola solo come formazione linguistica e matematica, per valorizzare anche quei soggetti che mostrano forme cognitive di carattere espressivo, musicale o corporeo e che spesso sono “ persi” nelle classi scolastiche, spesso sacrificati nelle loro attitudini o sottostimati sul piano dello sviluppo delle loro potenzialità. Il principio di “personalizzazione”, quale ipotesi pedagogica, sostiene l’attuale Riforma scolastica che persegue l’obiettivo di raggiungere i medesimi obiettivi attraverso itinerari diversi. Questo implica nuove forme di organizzazione didattica e di trasmissione del “sapere” e del “saper fare” in modo da predisporre piani di apprendimento coerenti con le capacità, i ritmi e i tempi di sviluppo degli alunni. Parlando con i documenti della Riforma, il processo di personalizzazione si compie passando dagli “obiettivi generali del processo educativo” e dagli “obiettivi specifici di apprendimento” individuati dalle Indicazioni nazionali per i Piani di studio personalizzati agli “obiettivi formativi” adatti e significativi per i singoli allievi. Si tratta di contestualizzare, cioè calare in una scuola, in una classe di alunni concreti con caratteristiche peculiari e capacità personali, gli “obiettivi generali del processo formativo” e gli “obiettivi specifici di apprendimento” per maturare in essi competenze. L’intervento scolastico ha per scopo la differenziazione, non l’uniformità; soltanto attraverso la differenziazione si possono rispettare, all’interno di un cammino comune (quello del gruppo degli allievi assegnati ad un’équipe), i tempi ed i ritmi di crescita di ciascuno. Il contesto nel quale può concretizzarsi il principio della personalizzazione , è quello della scuola dell’autonomia (legge n. 59 del marzo 1997), cioè una scuola dove si esercita una spiccata iniziativa progettuale intesa come capacità di dare soluzione ai bisogni della realtà educativa, utilizzando le risorse disponibili. Il Piano dell’Offerta Formativa (POF), documento dove si presenta il progetto educativo di una scuola alle famiglie, risultato di una progettualità riferita ad una specifica situazione, è il primo passo nel senso della personalizzazione. La flessibilità organizzativa è il secondo passaggio funzionale alla personalizzazione dei piani di studio. Consiste nel predisporre l’attività oraria
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PRIMA PARTE
e didattica in modo coerente con le esigenze educative e di apprendimento e in modo efficace per l’attuazione del piano d’intervento educativo, nel rispetto del numero complessivo di giorni e di ore di lezione. La flessibilità organizzativa costituisce il presupposto primo per organizzare i piani di studio personalizzati, in quanto da essa nasce la possibilità di predisporre l’attività didattica in forme differenziate sul piano della gestione della classe, dei gruppi, dei laboratori. Il principio di personalizzazione presuppone anche la “differenziazione didattica” cioè modalità di insegnamento/apprendimento svolta in varie forme: esercitazioni e lezioni in classe, lavoro per gruppi di alunni all’interno della classe, attività per gruppi di alunni in interclasse, laboratori all’interno della classe e per gruppi di livello, attività di apprendimento in rete. La personalizzazione si attua a partire dal Piano dell’Offerta Formativa e dall’intento educativo che ciascun allievo abbia esattamente ciò di cui abbisogna. A tal fine nella scuola devono essere chiari gli obiettivi, le risorse, le modalità nello svolgere le attività quotidiane e realizzare un itinerario educativo costantemente monitorato a livello di singolo alunno. Ancor più la personalizzazione si garantisce nella progettazione di Unità di Apprendimento tramite la differenziazione di attività, metodi, soluzioni organizzative, prove di verifica e attraverso la diversificazione qualitativa e quantitativa, nella complessità e nel livello, di alcune UDA, commisurate alle potenzialità di ciascuno. Tale tipo di progettazione della personalizzazione ha come vincolo/risorsa l’autonomia organizzativa nella flessibilità della composizione, destrutturazione, ricomposizione del gruppo-classe.
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CAPITOLO 1 - LA RIFORMA DELLA SCUOLA PRIMARIA
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PRIMA PARTE
➢ COMPETENZE Nei documenti programmatici, si trova fortemente accentuato il termine competenza, che ha avuto nella storia e nel lessico della scuola molteplici accezioni. Competenza è definibile come “piena capacità di orientarsi in un determinato campo” (Devoto – Oli) ed indica sempre un punto di arrivo. Può ritenersi competente colui che, nel settore in cui opera, evidenzia una adeguata padronanza delle conoscenze di fondo, dei processi di svolgimento delle attività, delle abilità necessarie per perseguire consapevolmente le mete verso le quali si tende. La competenza va vista come traguardo finale, in quanto afferisce alla centralità della persona che apprende. “L’attenzione è alla persona e al suo saper vivere ed essere nelle situazioni, nei contesti di azione, alle sue modalità di apprendimento; alle caratteristiche particolari con cui affronta le esperienze formative, a quanto di se stessa mobilita per gestire le difficoltà, operare scelte, concretizzare la sua costitutiva libertà e responsabilità. Il soggetto competente attiva tutto se stesso, amplifica e ottimizza la globalità delle sue capacità per meglio essere nel mondo, per interagire con gli altri e con il mondo affrontando situazioni e risolvendo problemi.” (5) In un progetto di educazione l’asse che parte dalle capacità e giunge alle competenze, attraverso le conoscenze e le abilità, riguarda sempre l’essere personale e non si ferma al sapere e al saper fare. In questo senso, capacità, conoscenze, abilità e competenze si pongono in una dinamica educativa e formativa che costruisce il sistema educativo secondo l’impegno di “favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana”(art. 1, L.53/03) La competenza riguarda la persona e tutte le sue componenti, è il suo essere in azione e l’uomo che ne deriva è il suo “essere competente”.
ASSE EDUCATIVO CONOSCENZE
CAPITOLO 1 - LA RIFORMA DELLA SCUOLA PRIMARIA
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Il documento Raccomandazioni per l’attuazione delle Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nella Scuola Primaria, sostiene che “Le competenze sono l’insieme delle buone capacità potenziali di ciascuno portate effettivamente al miglior compimento nelle particolari situazioni date: ovvero indicano quello che siamo effettivamente in grado di fare, pensare e agire, adesso, nell’unità della nostra persona, dinanzi all’unità complessa dei problemi e delle situazioni di un certo tipo (professionali e non pro-fessionali) che siamo chiamati ad affrontare e risolvere in un determinato contesto”. Nello stesso testo e nel documento di cui quello citato costituisce l’estensione sul piano della riflessione e dell’argomentazione (le Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nella Scuola Primaria) si precisa che i bambini in quanto persone hanno capacità potenziali e virtuali le quali, tramite gli interventi operativi della scuola che mette in campo conoscenze disciplinari e stimola il raggiungimento di abilità connesse alle conoscenze, progressivamente si consolidano come competenze, quali “capacità in atto”. Le competenze personali implicano sempre la padronanza di conoscenze, il possesso di abilità disciplinari e interdisciplinari. La Circolare Ministeriale 10 novembre 2005, n. 84 nelle note spiega cosa va inteso per conoscenze, abilità, competenze:
Le conoscenze si riferiscono alle prestazioni standard del sapere e sono di natura: – semantica (sapere il significato) – dichiarativa (sapere che cosa) – procedurale (sapere come) – condizionale (sapere dove, quando, perché)
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PRIMA PARTE
Le abilità esprimono il livello del saper fare in termini di dimostrazione consapevole, autonoma e concreta del proprio sapere.
L’agire è adeguato ad un determinato contesto ed è socialmente riconosciuto, a rispondere a un bisogno, a risolvere un problema, a eseguire un compito, a realizzare un progetto. Nasce da una continua interazione tra persona, ambiente e società, e tra significati personali e sociali, impliciti ed espliciti. (9) Scopo del processo di istruzione può ritenersi l’acquisizione, da parte degli studenti, di competenze nelle discipline di studio, oltre che di una macrocompetenza culturale, vista come iniziativa personale, collegamento tra i contenuti dei diversi percorsi disciplinari, problematizzazione delle conoscenze possedute. Si può parlare di competenze a breve termine legate alle discipline, che però assumono senso solo in rapporto a contesti di esperienza, associazioni di pensiero e prospettive di visione del mondo. L’azione formativa della scuola tende a far raggiungere a tutti gli alunni, attraverso il meccanismo di insegnamento/apprendimento, una macrocompetenza a lungo termine di livello interdisciplinare o forse addirittura sopra
CAPITOLO 1 - LA RIFORMA DELLA SCUOLA PRIMARIA
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le discipline, intesa come maturazione umana e culturale complessiva di ciascuno. Nell’operatività quotidiana, sia in riferimento alle discipline che in ottica interdisciplinare, gli insegnanti progettano il conseguimento di competenze come capacità di padroneggiare conoscenze e concetti, metodi di studio, lessico appropriato e agiscano per la loro acquisizione, consapevoli che il raggiungimento di macrocompetenze (quelle, per esempio, iscritte negli “obiettivi generali del processo formativo”) passa attraverso la pratica (nelle dimensioni cognitiva, affettivo-relazionale, motoria) di competenze di più ridotto spettro (di conoscenze e abilità). Ogni competenza, a prescindere dalla sua dimensione cognitiva e operativa, ha sempre struttura reticolare, nel senso che non si iscrive solo in un ambito di attività o in una disciplina, ma rinvia all’intero campo dei saperi. Infatti “nella scuola delle competenze non è in gioco solo ciò che si insegna o la qualità dei costrutti scientifici ai quali si avvicina l’alunno, ma l’unitarietà della dimensione personale di chi impara e la significatività con cui l’imparare entra nell’essere di ciascuno e si fa mediatore delle relazioni con gli altri” (6) Se la competenza è traguardo complesso cui la scuola deve tendere, nella consapevolezza che non sarà mai processo compiuto proprio perché afferisce alla sfera esistenziale della persona, ci si chiede se sia possibile misurare, verificare e valutare una competenza. È condizione e scopo essenziale della relazione didattica riconoscere il valore (valutare) di ogni alunno e farlo crescere. In questa ottica si può immaginare una progressione dal micro al macro, vale a dire dal breve al lungo termine, tale che le verifiche degli apprendimenti, l’auto-valutazione e documentazione, la valutazione di competenze funzionali e operative, sono strumenti attraverso i quali valutare e legittimare competenze disciplinari. Altro è considerare le competenze come insieme strutturato di conoscenze e abilità che nel tempo si fanno riflessivamente critiche e integrate nell’insieme della personalità dello studente. La competenza così intesa è elemento complesso e non “pesabile”, ma nel contempo esistono esigenze di documentazione e certificazione che corrono su standard di prestazioni delle competenze stesse. Sicuramente tutto ciò “non può riguardare tecniche scompositive e molecolari, ma deve far riferimento a tecniche narrative e molari, in grado di collocare la parte nel tutto, il particolare nel complesso della personalità di ciascuno.” (7) Sempre la Circolare Ministeriale 10 novembre 2005, n. 84 nelle note fornisce spiegazioni in merito alla valutazione e certificazione delle competenze:
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PRIMA PARTE
RILEVAZIONE/ACCERTAMENTO competenze
CERTIFICAZIONE
Modalità valutative disciplinari (test, prove oggettive, interrogazioni…)
Somma quantitativa e qualitativa delle rilevazioni
Osservazioni sistematiche, valutazioni collegiali con attori esterni (famiglia), autovalutazione dell’alunno
Certificazione a livello iniziale, intermedio ed esperto
La rilevazione/accertamento delle competenze coinvolge nella maniera professionalmente più alta i docenti, che si assumono la responsabilità di certificarle. (10) Come conciliare il tutto: competenze, prestazioni, certificazione, valutazione del percorso formativo di ogni alunno verso la/le competenze? “Nella lingua comune i termini competenza e prestazione sono connessi: nella logica dello scambio per avere prestazioni ci si rivolge a chi è competente. Ma la relazione educativa implica e comprende la vitale dinamica (non “pesabile”) del dono. Suggerisce Sergiovanni di chiarire la priorità tra la dimensione della scuola come “lifeworld” (mondo della vita) e “systemworld” (mondo delle regole), entrambe necessarie e legittime. A condizione che la seconda non schiacci la prima. Oggi che le tecnologie rendono sempre più facile la verifica, la rilevazione, la documentazione e la certificazione possiamo e dobbiamo farne degli strumenti e concentrare attenzione e sforzi per riprendere e rilanciare il senso della scuola come esperienza di vita, non passaggio/scambio obbligato per raggiungere risultati e certificazioni, da parte degli alunni, degli insegnanti e delle scuole stesse” (8)
CAPITOLO 1 - LA RIFORMA DELLA SCUOLA PRIMARIA
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LA NORMATIVA La legge 53/03 che delega al Governo la definizione delle norme generali sull’istruzione e quella dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale, si innesta in un pregresso quadro normativo: • Legge 59/97, avente per oggetto l’impianto generale sull’autonomia scolastica e l’autonomia organizzativa e didattica • D.P.R. 275/99, regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche (Piano Offerta Formativa, flessibilità,…) La legge 53/03 nelle sue finalità si propone di “ favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e delle identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori” e, in quanto legge delega, definisce un quadro a maglie larghe rispetto a: – finalità e riferimenti valoriali; – articolazione interna del sistema; – valutazione degli apprendimenti e della qualità del sistema;
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PRIMA PARTE
– formazione degli insegnanti; – disposizioni attuative. Il quadro normativo è completato dai provvedimenti successivi: Decreto attuativo n. 59, febbraio 2004, con la sua articolazione nei quattro capi dedicati alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo di istruzione (scuola primaria e scuola secondaria di 1° grado), descrive le finalità e le attività didattiche ed educative per ciascun segmento scolastico nei seguenti allegati: All. A – Indicazioni Nazionali Piani Personalizzati delle Attività Educative nella Scuola dell’Infanzia All. B – Indicazioni Nazionali Piani di Studio Personalizzati nella Scuola Primaria All. C – Indicazioni Nazionali Piani di Studio Personalizzati per la Scuola Secondaria di 1° grado All. D – Profilo Educativo, Culturale e Professionale dello studente alla fine del primo ciclo di istruzione (6-14 anni). Decreto Legislativo n. 286, novembre 2004 riguarda l’istituzione del Servizio di Valutazione del sistema educativo e di formazione (INVALSI) Circolare Ministeriale 10 novembre 2005, n. 84: traccia le linee guida per la definizione e l’impiego del Portfolio delle competenze nella scuola dell’infanzia e nel primo ciclo di istruzione. Tale Circolare Ministeriale è stata modificata e integrata dalla Circolare Protocollo n. 1196 del 9 febbraio 2006 con specifico riferimento agli aspetti valutativi del Portfolio.
I DOCUMENTI DELLA RIFORMA DOCUMENTI NAZIONALI ELABORATI DALLO STATO: • Profilo Educativo Culturale e Professionale dello studente (PECUP) alla fine del 1° ciclo e del 2° ciclo • Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nella: – scuola dell’infanzia – scuola primaria – scuola secondaria di 1° grado
CAPITOLO 1 - LA RIFORMA DELLA SCUOLA PRIMARIA
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* DOCUMENTI ELABORATI DALLA SCUOLA “AUTONOMA”: • Piano dell’Offerta Formativa (P.O.F.) • Piani di Studio Personalizzati • Portfolio
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PRIMA PARTE
Documenti Nazionali ➢ PROFILO EDUCATIVO CULTURALE E PROFESSIONALE (PECUP) dello studente alla fine del 1° ciclo Esplica ciò che un ragazzo di 14 anni dovrebbe sapere e fare per essere l’uomo e il cittadino che è lecito attendersi da lui in questo momento della sua crescita globale. Mette anche in luce come le conoscenze (il sapere) e le abilità operative (il fare) apprese nel sistema formale (la scuola), non formale (le altre istituzioni formative) e informale (la vita sociale) siano e siano state per il ragazzo, davvero formative nella misura in cui sono effettivamente diventate competenze personali. IL PECUP
È la “bussola” che orienta le scelte educative-didattiche che ogni istiuzione scolastica autonoma è chiamata a fare
IL PECUP HA CARATTERE
Traccia il profilo “atteso” dello studente rispetto alla maturazione educativa, culturale e professionale alla fine di ogni ciclo scolastico
educativo (dimensione socio-affettiva della persona alunno “il saper essere”) culturale (dimensione cognitiva “il sapere e il saper fare”) professionale (delinea le attitudini, le competenze maturate per un consapevole orientamento nella scelta del proprio futuro)
CAPITOLO 1 - LA RIFORMA DELLA SCUOLA PRIMARIA
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Il PECUP è articolato in quattro “contenitori”: ➢ identità come conoscenza del sé, relazione con gli altri, orientamento; ➢ strumenti culturali come legittimazione culturale, educativa e formativa delle discipline; ➢ convivenza civile come profilo civico atteso; ➢ sintesi dei traguardi attesi al termine del ciclo di istruzione. (11) Il PECUP va considerato uno strumento/documento ad uso pedagogico e didattico per riesaminare il progetto educativo della scuola, per favorire la continuità tra i vari segmenti della scuola e per un confronto propositivo e costruttivo con le famiglie, le varie associazione del territorio, le comunità religiose.
ARTICOLAZIONE DEL PECUP IDENTITÀ articolata in
1) conoscenza di sé 2) relazione con gli altri 3) orientamento
STRUMENTI CULTURALI: riguardano i principali campi del saper e del saper fare; gli OSA, che sono contenuti nelle Indicazioni, precisano gli strumenti culturali da utilizzare in ogni ordine di scuola CONVIVENZA CIVILE:
raccoglie le sollecitazioni educative di cui tutti gli insegnanti devono farsi carico, in modo interdisciplinare e trasversale, in ordine alle educazione: stradale, alla salute, alimentare, ambientale, all’affettività, alla cittadinanza.
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PRIMA PARTE
* ➢ INDICAZIONI NAZIONALI PER I PIANI DI STUDIO PERSONALIZZATI Esplicano i livelli essenziali di prestazione a cui tutte le Scuole Primarie della Repubblica sono tenute per garantire il diritto personale, sociale e civile all’istruzione e alla formazione di qualità. Presentano gli obiettivi generali del processo formativo ed elencano gli obiettivi specifici di apprendimento. Con la legge 53/2003 di Riforma degli ordinamenti scolastici si dispone l’individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici e tale “nucleo essenziale” è costituito, appunto, dalle Indicazioni Nazionali per i Piani di studio personalizzati. “In che cosa dette Indicazioni differiscono dai tradizionali programmi? Innanzi tutto tengono conto dell’autonomia scolastica, per la quale la realizzazione dei Piani di Studio veri e propri è competenza delle scuole. Quindi sono caratterizzate da un minore tasso di pervasività rispetto ai programmi, per lasciare più spazio all’azione progettuale delle scuole autonome, limitandosi, per così dire, a indicare gli obiettivi generali del processo formativo e gli obiettivi specifici di apprendimento, i quali, come nel documento tecnico attualmente varato e denominato Indicazioni ….., possono essere articolati quali conoscenze, declinate
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in abilità disciplinari miranti all’acquisizione, entro i saperi disciplinari, di adeguate competenze”. (12) Le Indicazioni sono corredate da un ulteriore documento utile per comprendere teoricamente e operativamente le Indicazioni stesse e tradurle in concreti Piani di studio personalizzati; questo documento viene denominato Raccomandazioni per l’attuazione delle Indicazioni Nazionali per i piani di studio personalizzati. Riportiamo ora in modo schematico la parte iniziale del documento, al fine di chiarire con le parole del legislatore, finalità e obiettivi che la scuola si pone in questo momento storico. Vengono descritti gli Obiettivi Generali del processo formativo (OGPF), gli Obiettivi Specifici di Apprendimento (OSA), gli Obiettivi Formativi (OF), i Piani di Studio Personalizzati, il Portfolio delle competenze.
Dalle Indicazioni Nazionali per i Piani Personalizzati delle Attività Educative nelle Scuole dell’Infanzia Le Indicazioni esplicitano i livelli essenziali di prestazione a cui tutte le Scuole dell’Infanzia del Sistema Nazionale di Istruzione sono tenute per garantire il diritto personale, sociale e civile all’istruzione e alla formazione di qualità.
La Scuola dell’Infanzia ➢ concorre all’educazione armonica e integrale dei bambini e delle bambine; ➢ integra, in un processo di sviluppo unitario, le differenti forme del fare, del sentire, del pensare, dell’agire relazionale, dell’esprimere, del comunicare, del gustare il bello e del conferire senso da parte dei bambini. La Scuola dell’Infanzia riconosce come connotati essenziali del proprio servizio educativo: – la relazione personale significativa tra pari e con gli adulti; – la valorizzazione del gioco in tutte le sue forme ed espressioni; – il rilievo al fare produttivo ed alle esperienze dirette di contatto con la natura, le cose, i materiali, l’ambiente sociale e la cultura.
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PRIMA PARTE
La Scuola dell’Infanzia si propone come luogo di incontro, di partecipazione e di cooperazione delle famiglie, come spazio di impegno educativo per la comunità
Obiettivi generali del processo formativo(OGPF)
1) Maturazione dell’identità personale
acquisire atteggiamenti di sicurezza, di stima di sé, di fiducia nelle proprie capacità, di motivazione al passaggio dalla curiosità alla ricerca; controllare emozioni e sentimenti e rendersi sensibili a quelli degli altri.
2) Conquista dell’autonomia
orientarsi in maniera personale e compiere scelte; rendersi disponibili all’interazione costruttiva con il diverso; scoprire e rispettare valori come la libertà, la cura di sé, degli altri e dell’ambiente, la solidarietà, la giustizia.
3) Sviluppo delle competenze
produrre messaggi attraverso strumenti linguistici e modalità rappresentative; comprendere, interpretare, rielaborare e comunicare conoscenze ed abilità relative a specifici campi di esperienza; dimostrare logica, intuizione, creatività, gusto estetico.
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Obiettivi specifici di apprendimento (OSA) Il percorso educativo della Scuola dell’Infanzia utilizza gli obiettivi specifici di apprendimento prima per formulare gli obiettivi formativi e, poi, con la mediazione delle opportune Unità di Apprendimento programmate dai docenti, per trasformarli nelle competenze personali di ciascun bambino… Gli obiettivi specifici di apprendimento indicano i livelli essenziali di prestazione che le scuole paritarie della Repubblica sono tenute in generale ad assicurare ai cittadini… Per quanto presentati in maniera elencatoria, va ricordato che gli obiettivi specifici di apprendimento obbediscono, in verità, ciascuno, al principio della sintesi e dell’ologramma: l’uno rimanda sempre funzionalmente all’altro e non sono mai, per quanto possano essere minuti e parziali, richiusi su se stessi, bensì aperti ad un complesso, continuo e unitario rimando reciproco. Segue una breve sintesi. Il sé e l’altro 1. Rafforzare l’autonomia, la stima di sé, l’identità 2. Rispettare e aiutare gli altri; rispettare e valorizzare il mondo animato e inanimato che ci circonda 3. Accorgersi delle differenze tra maschi e femmine 4. Lavorare in gruppo valorizzando la collaborazione 5. Conoscere la propria realtà territoriale e quella di altri bambini (vicini e lontani) 6. Interrogarsi e discutere insieme sul senso che hanno per ciascuno i sentimenti e come si manifestano 7. Soffermarsi sul senso profondo della vita a partire dalle diverse risposte elaborate in famiglia e nelle comunità di appartenenza. Corpo, movimento, salute 1. Rappresentare lo schema corporeo in modo completo e strutturato; maturare competenze di motricità fine e globale 2. Muoversi con destrezza nell’ambiente e nel gioco, controllando e coordinando i movimenti degli arti 3. Muoversi esprimendosi in base a suoni, rumori, musica, indicazioni 4. Curare in autonomia la propria persona, gli oggetti personali, l’ambiente e i materiali comuni 5. Controllare le emozioni e rielaborarle attraverso il corpo e il movimento.
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PRIMA PARTE
Fruizione e produzione di messaggi 1. Parlare, descrivere, raccontare, dialogare, con i grandi e con i coetanei 2. Ascoltare, comprendere e riesprimere narrazioni di fiabe, favole, storie, racconti e resoconti 3. Riconoscere testi della letteratura per l’infanzia 4. Individuare le caratteristiche che differenziano l’ascoltare e il parlare, il leggere e lo scrivere, distinguendo tra segno della parola, dell’immagine, del disegno e della scrittura 5. Elaborare congetture e codici personali in ordine alla lingua scritta 6. Disegnare, dipingere, modellare, dare forma e colore all’esperienza 7. Utilizzare il corpo e la voce per imitare, riprodurre, inventare suoni, rumori, melodie anche col canto 8. Incontrare diverse espressioni di arte visiva e plastica presenti nel territorio ed esprimere i propri gusti 9. Sperimentare diverse forme di espressione artistica attraverso l’uso di vari strumenti e materiali. Esplorare, conoscere e progettare 1. Coltivare, con continuità e concretezza, propri interessi e proprie inclinazioni 2. Osservare chi fa qualcosa con perizia per imparare; aiutare a fare e realizzare lavori e compiti 3. Toccare, guardare, ascoltare, fiutare, assaggiare qualcosa e dire di cosa si tratta 4. Contare oggetti, immagini, persone; aggiungere, togliere e valutare la quantità; ordinare e raggruppare per colore, forma, grandezza ecc. 5. Collocare persone, fatti ed eventi nel tempo; ricostruire ed elaborare successioni e contemporaneità 6. Localizzare e collocare se stesso, oggetti e persone nello spazio, eseguire percorsi 7. Manipolare, smontare, montare, piantare, legare ecc., seguendo un progetto proprio o di gruppo, oppure istruzioni d’uso ricevute 8. Elaborare progetti propri o in collaborazione, da realizzare con continuità e concretezza 9. Adoperare lo schema investigativo del “chi, che cosa, quando, come, perché?” per risolvere problemi, chiarire situazioni, raccontare fatti, spiegare processi 10. Commentare, individuare collegamenti, operare semplici inferenze, proporre ipotesi esplicative di problemi
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11. Negoziare con gli altri spiegazioni di problemi 12. Ricordare e ricostruire attraverso diverse forme di documentazione il vissuto.
Dalle Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nella Scuola Primaria La Scuola Primaria è l’ambiente educativo di apprendimento, nel quale ogni fanciullo trova le occasioni per maturare progressivamente le proprie capacità di autonomia, di azione diretta, di relazioni umane, di progettazione e verifica, di esplorazione, di riflessione logico-critica e di studio individuale. La Scuola Primaria è così definita non solo perchè è la prima scuola obbligatoria del sistema educativo nazionale di istruzione e di formazione, ma per una serie di altre ragioni.
1. La scuola primaria promuove nei fanciulli e nelle fanciulle l’acquisizione di tutti i tipi di linguaggio e un primo livello di padronanza delle conoscenze e delle abilità, comprese quelle metodologiche di indagine; costituisce la condizione stessa dell’edificio culturale e della sua successiva sempre più approfondita sistemazione ed evoluzione critica. 2. La conoscenza scaturisce da una continua negoziazione operativa con l’esperienza. La Scuola Primaria è il luogo in cui ci si abitua a radicare le conoscenze (sapere) sulle esperienze (il fare e l’agire).
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PRIMA PARTE
3. La scuola primaria assicura obbligatoriamente a tutti i fanciulli le condizioni culturali, relazionali, didattiche e organizzative per il pieno sviluppo della persona umana indipendentemente dal sesso, dalla razza, dalla lingua, dalla religione, dalle condizioni personali e sociali. (art. 3 della Costituzione). 4. La Scuola Primaria, in quanto prima occasione obbligatoria per tutti di esercizio costante, sistematico di valori quali il rispetto, la partecipazione, la collaborazione, la cooperazione, la solidarietà, l’impegno, crea le basi per la loro successiva adozione come costume comunitario a livello locale, nazionale e internazionale. 5. La scuola primaria pone la basi per una immagine realistica, ma positiva di sé, in grado di valorizzare come potenzialità personale anche ciò che può apparire e magari è, un’oggettiva limitazione.
Obiettivi generali del processo formativo(OGPF) 1) Valorizzare l’esperienza del fanciullo
La Scuola Primaria si propone di apprezzare il patrimonio conoscitivo, valoriale e comportamentale ereditato dal fanciullo e di dedicare particolare attenzione alla sua considerazione, esplorazione e discussione comune.
2) La corporeità come valore La Scuola Primaria è consapevole che ogni dimensione simbolica che anima il fanciullo e le sue relazioni familiari e sociali è inscindibile dalla sua corporeità. Nella persona, infatti, non esistono separazioni e il corpo non è il «vestito» di ogni individuo, ma piuttosto il suo modo globale di essere nel mondo e di agire nella società. Per questo l’avvaloramento dell’espressione corporea è allo stesso tempo condizione e risultato dell’avvaloramento di tutte le altre dimensioni della persona: la razionale, l’estetica, la sociale, l’operativa, l’affettiva, la morale e la spirituale religiosa. E viceversa.
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3) Esplicitare le idee e i valori presenti nell’esperienza
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La Scuola Primaria mira a far esplicitare ai fanciulli visioni, teorie, pratiche e valori che ha accumulato dalla famiglia e dalla comunità in genere.
4) Dal mondo delle categorie empiriche al mondo delle categorie formali
La Scuola Primaria favorisce l’acquisizione da parte dell’alunno della lingua italiana, di una lingua comunitaria, di varie modalità espressive di natura artistico-musicale, dell’approccio scientifico e tecnico, delle coordinate storiche, geografiche ed organizzative della vita umana e della Convivenza civile, mantenendo costante l’attenzione al bisogno continuo di unità della cultura. 5) Dalle idee alla vita: il confronto interpersonale
La Scuola Primaria si propone di arricchire la «visione del mondo e della vita» dei fanciulli. Tutte le maturazioni acquisite dai fanciulli vanno orientate verso l’adozione di «buone pratiche» in tutte le dimensioni della vita umana, personale e comunitaria.
6) La diversità delle persone e delle culture come ricchezza
La Scuola Primaria vuol fare acquisire ai fanciulli non solo la consapevolezza delle varie forme di disagio, diversità, emarginazione ed handicap esistenti nel loro ambiente prossimo e nel mondo, ma anche la competenza necessaria ad affrontarle e superarle con autonomia di giudizio, rispetto, impegno, generosità.
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PRIMA PARTE
7) Praticare l’impegno personale e la solidarietà sociale
La Scuola Primaria propone l’esercizio competente di tutte le “buone pratiche” richieste dalla Convivenza Civile a livello locale, nazionale, europeo e mondiale.
In conclusione il percorso complessivamente realizzato nella Scuola Primaria promuove l’educazione integrale della personalità dei fanciulli, stimolandoli all’autoregolazione degli apprendimenti, ad un’elevata percezione di autoefficacia, all’autorinforzo cognitivo e di personalità, alla massima attivazione delle risorse di cui sono dotati, attraverso l’esercizio dell’autonomia personale, della responsabilità intellettuale, morale e sociale, della creatività e del gusto estetico. Obiettivi specifici di apprendimento (OSA) Il percorso educativo della Scuola Primaria utilizza gli obiettivi specifici di apprendimento come occasione per formulare gli obiettivi formativi personalizzati e per promuovere le competenze personali di ciascun allievo. Gli obiettivi specifici di apprendimento sono indicati in tabelle e sono ordinati sia per discipline, sia per ‘educazioni’ che trovano la loro sintesi nell’unitaria educazione alla Convivenza civile. Non bisogna, comunque, a questo proposito, trascurare tre consapevolezze: 1. L’ordine epistemologico di presentazione delle conoscenze e delle abilità che costituiscono gli obiettivi specifici di apprendimento non va confuso con il loro ordine di svolgimento psicologico e didattico con gli allievi.
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2. Gli obiettivi specifici di apprendimento indicati per le diverse discipline e per l’educazione alla Convivenza civile, se pure sono presentati in maniera analitica, obbediscono, in realtà, ciascuno, al principio della sintesi e dell’ologramma: gli uni rimandano agli altri; non sono mai, per quanto possano essere autoreferenziali, richiusi su se stessi, ma sono sempre un complesso e continuo rimando al tutto.
3. Le tabelle degli obiettivi specifici di apprendimento hanno lo scopo di indicare i livelli essenziali di prestazione che le scuole pubbliche della Repubblica sono tenute in generale ad assicurare ai cittadini. Non hanno alcuna validità per i casi singoli, siano essi le singole istituzioni scolastiche o i singoli allievi. È compito di ogni scuola autonoma e dei docenti, interpretare, ordinare, distribuire ed organizzare gli obiettivi specifici di apprendimento negli obiettivi formativi, nei contenuti, nei metodi e nelle verifiche delle Unità di Apprendimento.
Cosa si intende per Obiettivi Generali del Processo Formativo (OGPF)? Rappresentano i traguardi attesi a livello nazionale, ma riferiti al termine di ogni segmento scolastico; rappresentano l’orizzonte di senso a cui tutte le scuole e tutti i docenti devono mirare, pur nella propria autonomia; sono il “faro” che indica la rotta nella costituzione del Piani di Studio Personalizzati per cui ogni progettazione didattica deve muovere da essi; costituiscono il valore aggiuntivo di tutto il processo formativo.
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PRIMA PARTE
Cosa si intende per Obiettivi Specifici di Apprendimento (OSA)? Nelle Indicazioni per ogni disciplina vengono indicate le conoscenze e le abilità che costituiscono lo standard nazionale e che, quindi, devono essere garantite a ciascun allievo. Costituiscono un punto di partenza, ma l’insegnante dovrà ri-definirli in base alla motivazione e allo stile di apprendimento dell’alunno. Possono essere integrati gli uni agli altri, estesi in modo flessibile. Tabella riassuntiva dei documenti nazionali Documenti prescrittivi
Infanzia
Primaria
Secondaria 1° grado
Identità a) conoscenza di sé b) relazione con gli altri c) orientamento
Profilo educativo culturale e personale
Strumenti culturali Convivenza civile Obiettivi generali del processo formativo
– Valorizzare l’esperienza. – La corporeità come valore. – Esplicitare idee e valori presenti nell’esperienza. – Dal mondo delle categorie empiriche al mondo delle categorie formali. – Dalle idee alla vita: il confronto interpersonale. – La diversità delle persone e delle culture come ricchezza. – Praticare l’impegno personale e la solidarietà sociale.
Identità Autonomia Competenza
Indicazioni personali
– Scuola dell’educazione integrale della persona. – Scuola che colloca nel mondo. – Scuola orientativa. – Scuola dell’identità. – Scuola della motivazione e del significato. – Scuola della prevenzione dei disagi e del recupero degli svantaggi. – Scuola della relazione educativa.
Obiettivi specifici di apprendimento
– Il Sé e l’altro. – Corpo, movimento, salute. – Fruizione e produzione di messaggi. – Esplorare, conoscere e progettare
Religione cattolica Italiano inglese Storia Geografia Matematica Scienze Tecnologia e informatica Musica Arte e immagine Attività motorie e sportive
Religione cattolica Italiano Inglese 2a Lingua comunitaria Storia Geografia Matematica Scienze Tecnologia e informatica Musica Arte e immagine Attività motorie e sportive
Convivenza civile: cittadinanza stradale ambientale salute alimentare affettività
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Documenti elaborati dalla scuola ➢ PIANO DELL’OFFERTA FORMATIVA (POF) Costituisce l’identità culturale e progettuale dell’istituto scolastico e ne esplica la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa, organizzativa. Il POF è la dichiarazione di ciò che la scuola intende fare per svolgere al meglio la sua funzione istituzionale, del perché e del come intende farlo. È il documento con il quale le istituzioni scolastiche presentano le scelte educative, didattiche e organizzative che hanno deciso di adottare nell’esercizio delle responsabilità loro conferite dall’autonomia scolastica. ✓ ✓ ✓ ✓ ✓ ✓
Il P.O.F. illustra: L’identità della scuola, i riferimenti culturali e professionali ai quali essa si ispira, i percorsi formativi comuni che verranno attuati, le scelte didattiche, le modalità di utilizzazione delle risorse disponibili, i criteri per la valutazione e ‘autovalutazione’.
Il P.O.F. deve: ✓ essere coerente con gli obiettivi generali e specifici determinati a livello nazionale per i diversi tipi di scuola, ✓ prevedere una quota oraria, riservata alla determinazione delle Regioni, per approfondire aspetti di particolare rilevanza e interesse per le Regioni stesse, ✓ costituire la cornice unitaria per la definizione dei piani di studio personalizzati a partire dalla situazione di ciascun alunno. ➢ PIANI DI STUDI PERSONALIZZATI (PSP) È costituito dall’insieme delle Unità di Apprendimento disciplinari e interdisciplinari, del curricolo obbligatorio e opzionale frequentate dall’alunno; ha carattere dinamico e flessibile nel tempo ad eventuali differenziazioni necessarie nei singoli casi. Che cosa si intende per Piani di Studio Personalizzati (PSP)? Le scuole italiane di ogni ordine e grado hanno da sempre correlato la
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PRIMA PARTE
loro attività didattica a programmi nazionali, periodicamente rinnovati per il mutare degli scenari politici, ideologici, culturali. La Riforma in atto implica una sorta di rovesciamento tra istanza nazionale e progettualità locale. Circostanza questa per la quale non si parla più di programmi nazionali ma di Indicazioni Nazionali. I Piani di Studio Personalizzati, quindi, sono appunto l’espressione di una esplicita valorizzazione della facoltà di iniziativa delle scuole, capaci di identificare e porre in essere efficaci e dinamici itinerari formativi per tutti gli alunni e per ciascuno. Questo l’iter procedurale: 1. Le Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati propongono in termini tendenzialmente prescrittivi Obiettivi Generali e Obiettivi Specifici. 2. Le scuole rendono operativi gli Obiettivi Specifici in forma e sostanza di Obiettivi Formativi. 3. Stabiliscono attività, metodi, soluzioni organizzative, modalità di verifica per trasformare gli Obiettivi Formativi in competenze. Tali strutture progettuali e operative costituiscono le Unità di Apprendimento (UDA). 4. Il complesso delle UDA con le differenziazioni necessarie per singoli alunni, dà origine al Piano di Studio Personalizzato. (14) I PSP non si predispongono a priori e una volta per sempre, ma si definiscono e si costruiscono in itinere. I PSP assumono una funzione determinante e insostituibile per e nell’integrazione degli alunni diversamente abili, degli alunni stranieri, di coloro che per motivi diversi (nomadi, bambini ospedalizzati per un lungo periodo…) vivono un’esperienza scolastica discontinua. Unità di Apprendimento e Piani di Studio personalizzati. L’insieme della progettazione di uno o più obiettivi formativi, nonché delle attività, dei metodi, delle soluzioni organizzative e delle modalità di verifica necessarie per trasformarli in competenze dei fanciulli, va a costituire le Unità di Apprendimento, individuali o di gruppo. L’insieme delle Unità di Apprendimento, con le eventuali differenziazioni che si rendessero necessarie per singoli alunni, dà origine al Piano di Studio Personalizzato, che resta a disposizione delle famiglie e da cui si ricavano anche spunti utili per la compilazione del Portfolio delle competenze individuali.
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CAPITOLO 1 - LA RIFORMA DELLA SCUOLA PRIMARIA
Che cosa si intende per Obiettivi Formativi (OF)? Le istituzioni scolastiche e i docenti individuano gli obiettivi formativi adatti e significativi per i singoli allievi, compresi quelli in situazione di handicap, e progettano le Unità di Apprendimento necessarie a raggiungerli e a trasformarli, così, in reali competenze di ciascuno. Perciò gli OF sono: ✓ la prima azione progettuale richiesta ai docenti, infatti sono a monte delle UDA e le legittimano; ✓ OSA contestualizzati, cioè riferiti ad una classe o a un gruppo di alunni, ma anche OSA trasformati in compiti di apprendimento ritenuti realmente accessibili ad uno o più allievi concreti, in un tempo dato e programmato; ✓ percepiti dagli stessi allievi come traguardi importanti e significativi da raggiungere per la propria maturazione personale; ✓ mirano alla formazione integrale della persona e pertanto vanno declinati in termini interdisciplinari. L’identificazione degli obiettivi formativi può scaturire da due diversi percorsi che muovono da due prospettive: dall’esperienza del bambino o dai documenti prescrittivi (schema successivo). Il primo si fonda sull’esperienza degli allievi per la formulazione di obiettivi formativi da raggiungere, alla portata delle capacità degli allievi e coerenti con il Profilo educativo, culturale e professionale e con Obiettivi Specifici di Apprendimento. Il secondo si ispira direttamente al Profilo educativo, culturale e professionale e agli Obiettivi Specifici di Apprendimento e considera come inserirsi nella storia degli allievi. OBIETTIVI FORMATIVI
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TOP-DOWV
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BOTTOM-UP
▲ esperienza dell’alunno/a
documenti ministeriali (PECUP + OSA)
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documenti ministeriali (PECUP + OSA)
documenti interni (POF + PSP + PORTOFOLIO)
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documenti interni (POF + PSP + PORTOFOLIO)
esperienza dell’alunno/a
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Gli obiettivi formativi fino al primo biennio vanno sempre esperiti a partire da problemi ed attività ricavati dall’esperienza diretta dei fanciulli.
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PRIMA PARTE
Richiedono prospettive pluri, inter e transdisciplinari, nonché il continuo richiamo all’integralità educativa, esigono attività sempre motivanti. Gli obiettivi formativi nel secondo biennio, senza voler mai abbandonare l’aggancio globale all’esperienza e l’integralità di ogni processo educativo, rendono possibile organizzare le singole attività scolastiche per discipline e per una o più ‘educazioni’ appartenenti all’unica Convivenza civile. ➢ PORTFOLIO DELLE COMPETENZE INDIVIDUALI È una documentazione strutturata, selezionata, commentata e valutata di materiali prodotti dallo studente, che consente di conoscerne gli interessi, le attitudini, le competenze, la metacognizione coinvolgendo attivamente l’allievo e la famiglia. Ha come finalità la presentazione dell’alunno con descrizione dei percorsi seguiti, la continuità tra ordini di scuola, l’orientamento e la valutazione. È compilato dall’insegnante tutor in collaborazione con i colleghi che intervengono nelle attività didattiche. Mappa della azioni progettuali
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CAPITOLO 1 - LA RIFORMA DELLA SCUOLA PRIMARIA
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ORGANIZZAZIONE DIDATTICA L’organizzazione dei percorsi formativi si fonda su due principali modalità di lavoro: ➢ curricolo obbligatorio con attività svolte nel gruppo classe a carattere prettamente omogeneo e unitario; ➢ curricolo opzionale (3 ore settimanali) con attività di laboratorio svolte con gruppi di livello, di compito, elettivi, di classe. Il laboratorio è il luogo dove si realizza una situazione di apprendimento che coniuga conoscenze e abilità specifiche su compiti significativi per l’alunno, in dimensione operativa e progettuale.
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PRIMA PARTE
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TEMPI DELLA DIDATTICA “La qualità e la quantità dei processi di insegnamento/apprendimento sono strettamente connesse ai tempi stabiliti ed utilizzati per la loro concretizzazione. È quasi sempre avvenuto, conseguentemente, che nei curricoli scolastici si siano attribuiti alle discipline ritenute di maggior spessore culturale e formativo tempi di esercizio più estesi rispetto a quelli assegnati alle altre,… I tempi della didattica possono venire tatticamente catalogati in due categorie, tempi della didattica formali (quelli fissati a livello nazionale da apposite disposizioni normative, differenziati a seconda dei livelli scolastici quindi delle età cronologiche degli allievi…) e tempi della didattica sostanziali (quelli stabiliti, anche avvalendosi delle facoltà decisionali comportate dall’autonomia, dall’iniziativa delle scuole e degli insegnanti, avvertiti dagli stessi nella loro importanza primaria e quindi sostanziati di intense pratiche d’insegnamento/apprendimento)….
CAPITOLO 1 - LA RIFORMA DELLA SCUOLA PRIMARIA
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TEMPI DELLA DIDATTICA
SOSTANZIALI In coerenza con
FORMALI
LA QUALITÀDELL’OFFERTA FORMATIVA PERSEGUITA DA CIASCUNA SCUOLA …Entro l’idea di tempo scuola, è ormai largamente accettata in letteratura e pertinente sul piano teorico ed operativo una distinzione tra tempo didattico e tempo educativo.
TEMPO DIDATTICO
Il tempo didattico è quello specificamente riservato alla realizzazione del curricolo complessivo di istruzione, alla attuazione dei “Piani di studio personalizzati”
TEMPO EDUCATIVO
Il tempo educativo è invece (entro il tempo scuola ovviamente, essendo in realtà tutto il tempo di vita di un bambino e di un ragazzo “educativo” nel senso lato del termine) quello non esplicitamente finalizzato al conseguimento dei saperi disciplinari (intervalli, mensa, gioco, libera fruizione degli spazi scolastici, ...).
…Il tempo didattico è opportuno ed etico che abbia per tutti gli alunni la medesima durata e a questo tende la riforma, pur riservandone una quota (nella scuola primaria e nella secondaria di I grado) all’opzione dei genitori. Il tempo educativo è invece, presso che da sempre, correlato alle specifiche istanze dei genitori, quindi può variare da luogo a luogo e da scuola a scuola, in misura anche rilevante.
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PRIMA PARTE
Novità veramente cospicua della riforma, in proposito, è che, come sopra accennato, anche una quota del tempo didattico è affidata alla responsabilità decisionale dei genitori, d’intesa per altro con la peculiarità dell’offerta formativa che ciascuna scuola è in grado di mettere in campo…” (18)
CAPITOLO 1 - LA RIFORMA DELLA SCUOLA PRIMARIA
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NOTE (1-2-3) Tratto da www.rivista.istruzioneer.it “La personalizzazione dell’insegnamento” G. CHIOSSO. (5-6-7) CHIONNA ANGELA “Complessità della competenza” da “Il maestro” Anno LVII N. 6 giugno 2006. (8) CALIDONI PAOLO “Complessità della competenza” da “Il maestro” Anno LVII N. 6 giugno 2006. (9-10) C.M. 10 novembre 2005, N. 84. (4-11-13-15-16) Agenda 2005/06 “Un giorno un anno” Editori Ghisetti e Corvi 2004/05. (12-14-18) Tratto da www.rivista.istruzioneer.it “Parole della Riforma” di Luciano Lelli. (*) Tratto da www.rivista.istruzioneer.it “I documenti culturali della Riforma: una ricostruzione storica ed epistemologica. Le Indicazioni alla moviola” Bellaria, 12 maggio 2004 Elena Vaj. Gruppo di ricerca sulla riforma – Università di Bergamo. (17a-b) Tratto dal seminario “La riforma Moratti nella Scuola Secondaria di 1° grado, prospettive e sviluppi” D.S. ROSANNA VALERI, Urbino 17 marzo 2005.
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CAPITOLO 2 L’ATTIVITÀ MOTORIA NELLA SCUOLA PRIMARIA “IL CORPO PARLA” COMUNICAZIONE E SOCIETÀ La società è un’esigenza connaturata dell’essere umano; senza di essa non esisterebbe alcun ordine; è lo spazio in cui, attraverso le simbologie linguistiche, si definisce la realtà e tutto acquista un significato. Essa è il luogo dove l’uomo acquisisce una dimensione significativa, una definizione di sé e degli altri in base a ruoli codificati e in cui può sperare nella solidarietà dei suoi simili. Al tempo stesso è il teatro in cui si rappresentano la violenza e le prevaricazioni. Eppure non esiste uomo al di fuori della catena di azioni ed eventi che costituiscono la vita sociale. Al di là del mare di definizioni e di analisi intorno al concetto di società, se la si osservasse dall’alto, apparirebbero uomini e donne che intrecciano relazioni, si lanciano segnali, manifestano affetto o aggressività; assumono cibo, esternano la loro sessualità, eseguono danze e gestualità rituali, si riposano; una serie continua di cicli vitali, cioè individui che nascono, si riproducono, sopravvivono, muoiono; un succedersi di azioni nei luoghi della quotidianità. In definitiva una moltitudine di persone che affollano case, edifici, automobili, strade. La società si definisce a partire da esseri umani reali, fabbricanti e prodotti di una cultura materiale e spirituale, i quali applicano tale reciproca dinamica costruttiva immersi nella storia e nel territorio, in rapporto dialettico con essi. Alla base di ogni forma di interazione e relazione tra gli esseri viventi c’è la comunicazione. Analizzando etimologicamente il termine comunicazione da “comunicatio” vuol dire “mettere in comune” esperienze, informazioni, sensazioni e stati d’animo attraverso un sistema di segnali di tipo convenzionale. Il mezzo attraverso cui ciò è possibile è il simbolico, cioè l’insieme delle forme espressive (linguaggio, mito, religione, rito, filosofia, arte, scienza, tecnica…).
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PRIMA PARTE
Il simbolico comprende sia il sistema dei segni, ossia forme che rimandano ad un referente concreto, associabile e intelligibile, come la parola o un segnale stradale; sia l’insieme dei simboli, ossia un sistema di significati indirettamente desumibili, come ad esempio il concetto di Patria insito in un pezzo di stoffa colorato che è la bandiera o l’intera Cristianità richiamata dalla Croce. Sulla base di quanto detto si può definire la società umana come “un sistema determinato di relazioni reciproche, mediate simbolicamente, tra individui dotati di autocoscienza”. (1)
SOCIETÀ COME SISTEMA Non possiamo farne a meno... coscientemente o non, comunichiamo con gli altri interagendo. Viviamo attraverso il nostro comportamento e ci esprimiamo attraverso il rapporto con gli altri: siamo talmente in interazione che una qualsiasi modificazione di ciascuno di noi comporta una modificazione di tutti gli altri. Le nostre azioni, le nostre reazioni, le attitudini e quindi i nostri comportamenti sviluppano delle reazioni e così via… comunichiamo in mille modi e maniere: parlando, stando in silenzio, indicando, sgranando gli occhi, portandoci le mani sul viso o chinando la testa. Uno stesso messaggio o una stessa “reazione” possono assumere significati diversi se espressi in un certo ambiente o in un altro, in un contesto socio-culturale piuttosto che in un altro. Inoltre, si provi a pensare come cambiano visibilmente i comportamenti “individuali” quando si è in un gruppo: a volte la folla si scatena con una violenza tale che esula dalla somma delle “aggressività” individuali. La società o un gruppo più ristretto vengono visti, secondo l’approccio sistemico nel campo delle relazioni umane, proprio come un sistema; ma cosa s’intende per sistema? “Insieme di elementi talmente in interazione che una qualsiasi modifica di uno di essi comporta una modifica di tutti gli altri”(2). Il concetto viene applicato alle relazioni umane, dove gli elementi del sistema sono “gli individui in interazione”. L’interazione è il meccanismo centrale in un procedimento sistemico e implica l’idea di mutua relazione, di azione reciproca. I sistemi umani sono sistemi aperti che comunicano in modo costante con il loro ambiente. Se si vuole coglierne la “dinamica di gruppo” bisogna situarsi al livello della totalità e non a livello degli individui. Solo una visione totale (sistemica) dei processi di interazione può portare a comprendere i comportamenti individuali.
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Un altro principio importante è quello di “retroazione” (feedback) che conduce al superamento della concezione lineare di casualità nelle relazioni umane. “Un tipico esempio è quello del bambino che non vuole mangiare, non perché ha un cattivo carattere e vuol fare disperare sua madre, ma perché entrambi operano in una logica di sfida reciproca in cui l’insistenza di un comportamento non fa che alimentare il comportamento dell’altro.”(3)
ASSIOMI O POSTULATI DELLA COMUNICAZIONE: Ogni comportamento è comunicazione ed è impossibile non avere dei comportamenti (immobilità o mutismo sono anch’essi dei comportamenti) che comunque si riflettono sugli altri. La “meta comunicazione”avviene quando due o più persone in interazione si scambiano informazioni sul loro modo di comunicare. Essa può essere esplicita (ti ho rimproverato perché ero adirato con te) o implicita (guardando fisso negli occhi mentre si parla si metacomunica l’importanza del messaggio). È impossibile non comunicare
La punteggiatura può determinare il senso della comunicazione Il taglio dato ad una sequenza di fatti può divergere spesso da un interlocutore ad un altro ed essere causa di incomprensioni anche profonde. Ciascuno potrebbe considerare ad esempio il proprio atteggiamento come risposta al comportamento dell’altro: questo “diverso taglio della situazione” porta ad accuse reciproche che guastano la relazione e quindi danneggiano la comunicazione. Anche i “punti di vista diversi” possono rovinare delle relazioni: conviene non insistere nella ricerca del giusto o falso, ma prendere coscienza del processo non presupponendo la malafede.
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Gli essere umani comunicano sia in modo “digitale” che “analogico”
Questo concetto, apparentemente applicabile solo ad apparecchiature come i computer, sta a significare che l’organismo umano utilizza sistemi di comunicazione precisi (come il sistema neurologico che utilizza stimoli di tipo elettrico) e sistemi, quali i messaggeri chimici del nostro organismo (gli ormoni), che trasmettono sensazioni ed emozioni su base “analogica” (della relazione).
Ogni interazione è simmetrica o complementare
Nel modello simmetrico l’accento verrà posto sugli sforzi impiegati per mantenere l’uguaglianza (reciprocità), nel modello complementare la relazione è fondata sul riconoscimento della differenza e quindi dei ruoli e di compiti connessi.
FUNZIONI COMUNICATIVE NELLA SOCIETÀ La comunicazione ha un’enorme importanza e riveste un ruolo centrale nella vita di ogni uomo; è attraverso la comunicazione che si crea una rete di rapporti tra persone, si stabilisce l’appartenenza ad un gruppo, il coinvolgimento nelle . attività quotidiane; la comunicazione arriva a toccare tutti gli aspetti della vita sociale. È messa in moto da una relazione tra persone e consente di trasmettere e condividere con gli altri non solo le informazioni e le conoscenze, ma anche gli stati d’animo e le emozioni; la relazione comunicativa avvia un processo di trasformazione dei comportamenti, delle idee e delle conoscenze delle persone che interagiscono.
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Nella società la comunicazione va a svolgere diverse FUNZIONI:
funzione di regolazione e di coordinazione (regole condivise tra interlocutori)
funzione referenziale (scambio di informazioni tra interlocutori)
funzione di metacomunicazione (riguarda la relazione tra i partecipanti) funzione espressiva (riguarda l’identità personale e sociale, emozioni e rapporti umani)
L’atto comunicativo è perciò un evento complesso, un vero atto sociale dove avviene uno scambio reciproco non solo di messaggi, ma anche di modelli personali, sociali e culturali; pertanto necessita di competenza comunicativa, intesa come condizioni, conoscenze e regole che rendono possibile il comunicare stesso. Tale competenza comprende: ➢ abilità linguistiche e grammaticali ( produrre e interpretare frasi) ➢ abilità sociali (adeguare il messaggio alle situazioni specifiche) ➢ abilità semiotiche (saper utilizzare vari codici).
INDIVIDUO E COMUNICAZIONE Oltre alle predette abilità, l’individuo che comunica, quindi interagisce con altri individui, possiede abilità complementari, diverse dalle capacità cognitive; importante è l’intelligenza emotiva, definita da Salovey e Mayer come “la capacità di osservare le proprie e le altrui emozioni”. Secondo questi autori l’individuo dotato di intelligenza emotiva è capace di pensare i sentimenti e di regolare le emozioni, di percepire le sensazioni corporee attivate dalle emozioni, le espressioni facciali, il tono della voce, la gestualità . Gardner parla anche di intelligenza interpersonale, definendola come “capacità di comprendere gli altri” e implica la capacità di rispondere in modo appropriato agli stati d’animo, al temperamento e ai desideri altrui.
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Secondo Goleman l’intelligenza emotiva è basata su due grandi competenze:
(controllo di noi stessi, consapevolezza e padronanza di sé, motivazione)
empatia
Ma l’atto comunicativo risulta efficace nella misura in cui gli individui possiedono anche altre competenze, come quella linguistica, paralinguistica, prossemica, pragmatica…
EVENTO COMUNICATIVO L’evento comunicativo è un atto dinamico. L’emittente dà origine al rapporto comunicativo e struttura un messaggio; egli sceglie un codice (insieme di segni convenzionali) comprensibile
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dal ricevente per codificare il contenuto da inviare e un canale di trasmissione del messaggio. Il ricevente percepisce, decodifica e interpreta il messaggio per poi ricodificarne uno nuovo da inviare all’emittente. Si parla di retrocomunicazione o feed-back; il ricevente diventa emittente e viceversa, creando una comunicazione circolare. Pertanto la relazione tra i due è definita bilaterale e reversibile. Nell’atto di comunicare è necessario che si adattino l’uno all’altro e alla situazione generale, creando il dialogo e nella realtà quotidiana questa interazione emittente-ricevente è integrata in una fitta rete di relazioni. Due momenti sono necessari affinché si attui un evento comunicativo: 1. che il ricevente interpreti e comprenda il messaggio ricevuto accettando, modificando o respingendo il contenuto; 2. che sia codificato un messaggio di ritorno. Così si instaura una comunicazione ciclica di messaggi e feed-back e la comunicazione sociale.
ASPETTI DELLA COMUNICAZIONE ➢ Flessibilità comunicativa. È la capacità o volontà di adattarsi al contesto e alla situazione in cui avviene la comunicazione e di adattarsi al proprio interlocutore in modo di arrivare a fare scelte linguistiche adatte all’altro e a comunicare per l’altro. ➢ Flessibilità semantica. È la consapevolezza che un soggetto possiede riguardo ad un significato e permette di interpretare i diversi significati che una parola o un’espressione possono avere. ➢ Flessibilità di riferimento. È la capacità di adattare la comunicazione ai vari contesti in cui avviene. ➢ Intenzionalità. È una caratteristica importante della comunicazione; l’atto comunicativo è guidato dall’intenzionalità riguardo al contenuto comunicativo, alla consapevolezza comunicativa, alla rilevanza delle informazioni che si intendono trasmettere. ➢ Saper ascoltare. È dare la possibilità all’altro di esprimersi sentendosi recepito e compreso; è solo ascoltando che si riesce a capire i bisogni, le idee, i dubbi, le posizioni del nostro interlocutore e si ha la possibilità di dirigere la comunicazione verso gli obiettivi proposti.
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Movimenti del corpo,
Nella teoria della comunicazione, i due livelli del “linguaggio” vengono chiamati in modi diversi: ➢ Livello 1 = verbale; numerico; logico; livello del “cosa”; contenuto; informazione (o informazione esplicita); ➢ Livello 2 = non verbale; analogico; livello del “come”; modo; relazione (o informazione implicita). L’uomo ha la necessità di combinare questi due linguaggi, attraverso il linguaggio numerico trasmette notizie e informazioni, con quello analogico costruisce le relazioni. Ogni contenuto, ogni informazione, ogni “cosa” che viene comunicata, è sempre inevitabilmente comunicata in un certo “modo” e questo “modo” dipende da - e a sua volta influenza - il tipo di relazione tra i due comunicanti. L’aspetto più importante del doppio livello della comunicazione è che il messaggio non verbale (livello 2) può essere interpretato come un (meta)messaggio relativo al messaggio verbale (livello 1). Non solo la maggior parte delle interazioni comunicative tra esseri umani rimangono di tipo non verbale, ma anche quelle “linguistiche” in senso stretto, in cui si utilizza la comunicazione verbale, sono sempre duplici: avvengono cioè sia a livello verbale, sia a livello non verbale. Non esistono
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forme di comunicazione verbale “pure”, prive del parallelo messaggio non verbale. In altre parole: il modo in cui un’informazione viene fornita informa, a sua volta, sull’informazione stessa e quindi, indirettamente, su alcuni aspetti dello stato psicologico del parlante. Per esempio, se il modo in cui affermo qualcosa è ironico, chi mi ascolta capisce che quello che ho detto non è vero e che per qualche motivo io ho voglia di scherzare. A seconda del contesto, però, la mia voglia di scherzare è ulteriormente decodificabile in molti modi (sdrammatizzazione, provocazione, risposta alla noia, bisogno di attenzione, ecc.). Spesso l’informazione implicita fornita dal messaggio non verbale è molto elaborata e informa eloquentemente l’ascoltatore sui pensieri inespressi e i sentimenti del parlante, che possono essere relativi all’ascoltatore, alla relazione tra i due o alla situazione specifica in cui si trovano.
TEORIA DELLA COMUNICAZIONE La comunicazione tra gli esseri viventi è alla base di ogni forma di interazione e relazione. La maggior parte delle specie animali ha sviluppato nel corso dell’evoluzione la capacità di trasmettere e ricevere messaggi comprensibili per tutti i membri della propria specie. I messaggi possono riguardare: segnalazione di cibo o di pericoli, desiderio sessuale, proibizioni legate alla gerarchia sociale, voglia di giocare (ad esempio tra cuccioli), ecc. Anche i neonati sono in grado di comunicare in modo comprensibile e gli adulti che li accudiscono sono in grado di capire e rispondere ai loro messaggi. Tutte queste forme di comunicazione sono di tipo non verbale e sono estremamente varie e complesse. In ogni specie, il sistema nervoso si è evoluto in modo tale da decodificare e produrre messaggi non verbali anche molto complessi, tipici della propria specie. Solo in pochissimi casi la comunicazione utilizzata da una specie animale è comprensibile ai membri di un’altra specie: questo perché il cervello non è equipaggiato per comunicare al di fuori della propria specie. Nel caso degli esseri umani, la situazione è identica: il nostro cervello è “naturalmente” adatto a comunicare in modo non verbale all’interno della nostra specie. La comunicazione non verbale degli esseri umani, che fino a 4-5 milioni di anni fa era identica a quella degli scimpanzé (quindi già assai complessa!), si è ulteriormente evoluta per milioni di anni, diventando estremamente sofisticata e permettendo agli esseri umani di interagire e coope-
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rare in modo sempre più articolato; poi, circa 200 mila anni fa, nella nostra specie si è manifestata una forma di comunicazione che non esiste in nessun’altra specie animale: la comunicazione verbale (da verbum = «parola»). Il linguaggio orale è nato soltanto quando l’uomo scoprì e acquisì la capacità di modulare le corde vocali; il gesto ha perso la sua priorità ed è divenuto un elemento rafforzativo del messaggio orale. Benché la comunicazione verbale sia molto potente (come testimoniato dallo sviluppo del genere umano rispetto alle altre specie), si deve tener presente che il nostro cervello si è evoluto per milioni e milioni di anni gestendo esclusivamente interazioni comunicative non verbali e che solo negli ultimi 200 mila anni l’evoluzione lo ha reso in grado di comunicare verbalmente. La quasi totalità del nostro cervello è quindi tuttora equipaggiata per comunicare in modo non verbale. Alla nascita, i neonati umani – il cui cervello è già completamente sviluppato – comunicano con le figure di accudimento in modo non verbale e solo dopo un anno di vita iniziano a comunicare anche in modo verbale. Per tutta la vita, inoltre, una lesione anche piccola al cervello può compromettere la capacità di comunicazione verbale, mentre solo i traumi più gravi e devastanti possono pregiudicare la comunicazione non verbale. Quindi la comunicazione verbale, oltre a essere uno sviluppo particolare e recentissimo (in termini evolutivi) della nostra specie, rimane sempre secondaria e decisamente più fragile rispetto a quella non verbale. Infine, la comunicazione non verbale è immensamente più complessa di quella verbale. Questo aspetto è banalmente dimostrato dal fatto che la comunicazione verbale è stata studiata e compresa fin nei minimi dettagli (dalla linguistica e discipline affini), mentre non sono ancora realizzabili descrizioni esaustive (né, tanto meno, teorie complete) sulla comunicazione non verbale. “Quando c’è comunicazione si entra nel mondo cognitivo e affettivo dell’altro, per condividere con lui una certa visione del mondo e per dare avvio ad un processo e ad un percorso di modifica e di costruzione della nostra e altrui realtà di riferimento con contenuti nuovi o certamente diversi: si realizza una condivisione di conoscenze, significati e sentimenti… Pertanto la comunicazione non è un semplice atto linguistico, ma è un’azione inserita in un processo dinamico che una persona compie verso un’altra persona determinando, come conseguenza dell’informazione o del messaggio inviato e/o ricevuto, delle trasformazioni e dei cambiamenti, più o meno significativi, nei comportamenti, negli atteggiamenti, negli stati emotivi, nei modi di interagire con il proprio e altrui mondo sociale.” (4)
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COMUNICAZIONE VERBALE E LINGUAGGIO “Il linguaggio è la capacità di utilizzare un codice per esprimere, comprendere, comunicare e rappresentare le idee sul mondo attraverso un sistema convenzionale di segni arbitrari”. (5) Caratteristica distintiva è la natura generativa, in quanto con un numero limitato di elementi e un numero ristretto di regole, genera un’infinità di costruzione atte ad esprimere significati. Il linguaggio verbale è una funzione molto complessa, che tuttavia viene acquisita prontamente e in maniera universale. La lingua è un sistema, composto da un numero finito di unità minime prive di significato proprio, denominate “fonemi”, la combinazione delle quali genera unità più grandi con significato, le parole; e da regole (sintattiche e grammaticali) che organizzano la combinazione di tali unità per generare le frasi. Vista la complessità del sistema-linguaggio, questo può essere scomposto in sottosistemi, suoi componenti: ➢ componente fonetica ➢ componente semantica ➢ componente sintattica ➢ componente pragmatica Fonetica. È data dai suoni prodotti dalla voce umana (foni) e dalla loro organizzazione e funzione nella struttura di una lingua Semantica. È l’insieme dei processi implicati nella determinazione del significato. Un aspetto particolare della semantica è il lessico, come insieme aperto di parole attraverso il quale i membri di una comunità linguistica comunicano. Lo sviluppo del lessico non termina mai in un individuo e può essere ulteriormente definito “ un insieme di rappresentazioni, cioè di oggetti mentali che corrispondono a elementi della realtà” (6) Grammatica. È l’insieme delle regole che danno le combinazioni possibili fra le parole per produrre le frasi di una lingua. Ha due componenti: la sintassi, che determina le funzioni delle parole nella frase e le regole di combinazione, e la morfologia, che stabilisce la forma assunta dalle parole; se morfologia e sintassi interagiscono si parla di morfosintassi. Pragmatica. È l’insieme dei meccanismi e della rappresentazioni mentali che permettono a parlanti e ascoltatori di interpretare il linguaggio nel contesto verbale e non verbale. Nella società moderna la comunicazione verbale ha notevole rilievo. Essa ha una forte funzione sociale; Vygotsky afferma che un individuo se sente che i suoi segnali non sono compresi dall’altro, smette di parlare. Per
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capire il messaggio che viene inviato è necessario condividere il significato delle parole in uso e dar loro il medesimo aspetto semantico. Le parole (costituite da serie di fonemi) hanno origine da una convenzione sociale e sono simbolo e attributo degli oggetti, infatti suscitano risposte connesse con gli oggetti a cui sono associate. Le parole esistono perché hanno senso, significano qualcosa, combinate a formare frasi generano unità discorsive logicamente accettabili, capaci di comunicare significati, condividere esperienze, trasmettere cultura. Il linguaggio ha una valenza individuale, quando è relativo all’espressione di stati emotivi e mentali di ciascun individuo; ha un valore interpersonale e sociale, quando è legato alla trasmissione di questi stati d’animo agli altri. Ancor più ha una funzione di regolamentazione sociale; osservando una situazione si comprende la natura dell’incontro, il rapporto tra gli interlocutori e il loro status socio-culturale. In altre parole, il linguaggio verbale va inteso come uno schema di riferimento che collega coloro che parlano; da qui si può distinguere un: ➢ linguaggio “informale” a codice ristretto, usato tra amici e familiari, un gruppo di persone che vivono a stretto contatto quotidiano; ➢ linguaggio “formale” a codice elaborato, usato tra persone estranee per trasmettere idee. Linguaggio parlato e scritto. Quanto detto finora sul linguaggio vale anche per quella particolarissima forma di comunicazione che è la scrittura. Anche i testi scritti, infatti, trasmettono sempre a due livelli: il livello del contenuto, cioè l’informazione esplicita che viene comunicata, e il livello della forma, cioè lo stile e il mezzo di scrittura utilizzati. Lo stesso messaggio (cioè la stessa successione di parole) può essere scritto a penna su un cartoncino ritagliato a mano, diventando “simpatico” e “caldo”, oppure digitato al computer e stampato su carta intestata, diventando “formale” e “distaccato”. Ma più in generale anche la scelta delle parole e delle espressioni va considerata; lo stesso contenuto può essere espresso in molti stili linguistici diversi: formale, informale, freddo, affettuoso, poetico, enfatico, tragico, comico, enigmatico, sgarbato, franco, ecc. Lo stile in parte dipende dallo scrivente, ma in parte dipende da - e soprattutto influenza a sua volta - la relazione tra mittente e destinatario. In sintesi: sia il codice (il messaggio può essere scritto in una lingua straniera, in rima, tramite disegni, ecc.), sia il canale (un messaggio scritto può essere inviato tramite un sms sul cellulare, tramite una lettera in una bottiglia di vetro, ecc.), possono essere i più vari e ciascuna modalità, esattamente come nel linguaggio parlato, contiene informazioni implicite sul
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messaggio stesso e quindi, indirettamente, su alcuni aspetti dello stato psicologico dello scrivente.
COMUNICAZIONE NON VERBALE (C.N.V.) “– Il 60% di tutte le comunicazioni umane è non verbale, il 30% è nel tono della voce: vale a dire che il 90% di quello che si comunica non esce dalla nostra bocca”. Parole del mago della seduzione Hitch, alias Will Smith, nell’omonimo film –. È una semplice citazione cinematografica che però coglie nel segno la realtà: tanto di quello che comunichiamo, più dell’85%, sicuramente non sta in quello che diciamo. È importante saper comunicare visto che non sono le parole la nostra principale presentazione agli altri.” Questo è quanto sostenuto dallo psicologo Antonio Luce Presidente dell’Istituto di Comunicazione Emozionale di Castelbellino (AN) in una conferenza presso la Circoscrizione 2 di Iesi. Continua: “La maggior parte di quello che trasmettiamo non è nella comunicazione informativa, sterile, neutra e priva dei giusti meccanismi; è fondamentale cosa c’è intorno alle parole, le emozioni che trasmettiamo” (7) Facilmente si può avere la percezione di che cosa è il linguaggio non verbale, immaginando di trovarsi all’estero senza conoscere la lingua: quando ci servirà la collaborazione di un’altra persona occorrerà attingere a risorse diverse dalle parole e per le comunicazioni “di routine” e/o quelle riconducibili al contesto non sarà difficile! Al di là delle differenze culturali dei vari Paesi, a volte anche contrastanti, è come se esistesse per la specie umana un codice di linguaggio universale: il linguaggio del corpo. Comunicare non è solo esprimere concetti convenzionali con le parole, ma si comunica con tutto il corpo; nel rapporto tra persone tutto è comunicazione. Per questo fare un uso corretto dei segnali non verbali e saperli riconoscere, è un’importante abilità sociale. Si parla di comunicazione totale, di quella comunicazione che coinvolge tutte forme di linguaggio di cui l’uomo dispone. Usualmente il linguaggio non verbale è contemporaneo al linguaggio verbale e ciascuno secondo la propria inclinazione, educazione o contesto sceglierà per lo più inconsapevolmente di utilizzare maggiormente l’uno o l’altro.
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C.N.V.: FUNZIONI La C.N.V. viene utilizzata per inviare i messaggi del corpo, per esprimere stati emotivi, atteggiamenti, emozioni, la propria personalità; per rafforzare le espressioni verbali, per inviare feed-back e segnali al fine di stabilire maggior empatia con l’interlocutore. Ha funzione: ➢ individuale-espressiva, per soddisfare esigenze affettive interiori ➢ conoscitiva, per relazionare il soggetto con il mondo esterno ➢ psicologico-evolutiva, per costruire l’autonomia e la consapevolezza dell’individuo in relazione al mondo esterno ➢ culturale-sociale, per trasmettere la storia e la cultura di una società. La C.N.V. è utilizzata per: • STABILIRE RAPPORTI INTERPERSONALI • MANIFESTARE LA PERSONALITÀ • SOSTENERE IL LINGUAGGIO VERBALE • ESPRIMERE EMOZIONI Nei rapporti interpersonali Può essere considerata un “linguaggio di relazione”, lo strumento per la definizione delle relazioni sociali. A questo scopo i segnali più usati sono: il gesto, il tono di voce, la postura, la mimica, lo sguardo, che permettono di esprimere i propri sentimenti nei confronti delle altre persone e di creare i legami tra gli interagenti: legami di amicizia, ostilità, dominanza, sottomissione… Questi segnali sono stati i primi ad essere usati per comunicare e rappresentano il primario mezzo espressivo nel rapporto neonato-madre. Nel manifestare la personalità Attraverso la C.N.V. si esprime l’immagine di sé e si presenta agli altri. L’espressione del volto, lo sguardo, i gesti, i movimenti fanno capire la personalità di chi ci sta di fronte. A volta si cerca di inviare segnali non verbali controllati o modificati per dare una presentazione di sé migliore. Nel sostenere il linguaggio verbale La C.N.V. è associata al linguaggio verbale, infatti le persone quando parlano inviano contemporaneamente una serie di segnali non verbali che, legati con ciò che si sta dicendo, lo influenzano e procurano maggior informazioni al ricevente. Questa completa la comunicazione verbale e ha una
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funzione metacomunicativa, in quanto fornisce elementi per interpretare le espressioni verbali. Nell’esprimere emozioni Le emozioni sono lo stato d’animo che un soggetto esprime attraverso la C.N.V., che in questo caso non ha valore intenzionale. Le emozioni si manifestano con stati corporei diversi che i soggetti sono in grado di comprendere; l’analisi del volto, degli occhi, dei gesti, delle posture, del tono della voce, permette di riconoscere gli stati d’animo; basta pensare come si identificano felicità, sorpresa, paura, tristezza, rabbia, disgusto, disprezzo o interesse nelle espressioni facciali delle persone.
COMUNICAZIONE NON VERBALE E CORPO La C.N.V. è costituita dall’insieme di SEGNALAZIONI emesse per
Il corpo è ciò con cui un individuo appare agli altri, ha quindi un’enorme importanza nelle relazioni con le persone; è il manifestarsi del proprio io. La comunicazione non verbale è basata sull’insieme di segnali che il corpo invia muovendosi, esprimendosi, interagendo e attuando comportamenti in uno spazio in relazione con gli altri. Si può parlare di un vero e proprio linguaggio, perché il corpo con le sue parti rappresenta dei significati atti a comunicare con gli altri. Nella cultura contemporanea, dove il dualismo psiche e soma è stato superato, il corpo viene considerato come l’espressione globale del soggetto, connesso con la coscienza e in grado di agire, vedere, sentire, esprimere, comunicare anche senza parole. A volte il corpo comunica suo malgrado anche senza intenzionalità o volontà di comunicare. Inoltre il corpo è garanzia di “spontaneità” quando produce mes-
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saggi in modo inconsapevole e comunica senza volerlo; ma è anche “ambiguità” quando il soggetto “recita” e appare per ciò che in realtà non è o comunica solo ciò che vuol trasmettere. Il linguaggio del corpo non ha una sintassi precisa come il linguaggio verbale, ma ogni gesto o mimica facciale ha un suo significato, anche se non uguale in tutte le culture; quindi per essere compreso va letto nel contesto in cui avviene. Gesti e atteggiamenti sono tipici di ogni società e il bambino li apprende come il linguaggio verbale; il contesto socio-culturale ha una funzione pedagogica nell’uso del linguaggio corporeo. Infatti il corpo può essere vissuto e allenato affinché raggiunga delle competenze e delle abilità; ma può essere preparato anche a raccontare un testo teatrale, ad esprimere una musica, a cantare. Oltre gli aspetti spontanei ed appresi nelle relazioni parentali e quotidiane, il corpo impara dalla cultura e dal paese dove vive e porta con sé i segni delle esperienze vissute. Per interpretare bene un messaggio occorre saper leggere il canale non verbale in un determinato contesto e confrontarlo con quello verbale; quando vi è corrispondenza abbiamo una comunicazione congrua, in caso contrario la comunicazione è incongrua. Per fare un esempio: se una persona sbadiglia, guarda spesso l’orologio, ha un viso inespressivo, ma dice: – Ciò che racconti è molto interessante – comunica con il corpo un messaggio contrario a quello che comunica con il linguaggio; quindi la comunicazione è incongrua. Diversamente se una persona sorridente , con l’espressione soddisfatta, afferma che si sta divertendo, attua una comunicazione congrua. Questo vuol dire che conoscere il linguaggio del corpo è fondamentale per inviare o interpretare messaggi e nello stesso tempo per capire gli altri. Nella comunicazione solo una parte ridotta si serve delle parole, la restante passa tramite canali incosci: i segnali del corpo, il linguaggio analogico, che è necessario considerare per comprendere proprio il messaggio che volevano comunicarci.
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Il corpo invia messaggi secondo modalità proprie: i gesti, i movimenti, le espressioni facciali, lo sguardo, la postura, la prossemica, la voce; ma non solo... “la nostra vita emotiva agisce anche sui processi interni come ad esempio, la respirazione, particolarmente sensibile alle manifestazioni emotive, le secrezioni interne, come la produzione di adrenalina, ed esterne, come la vasodilatazione che ci fa diventare rossi o la vasocostrizione che ci fa impallidire.”(8)
LINGUAGGIO CORPOREO I movimenti del corpo di un bambino sono innanzi tutto un racconto di sé che il bambino fa a chi è capace di ascoltare P. NICOLINI
MOVIMENTO Il movimento permette all’individuo di agire e interagire con il mondo e di cambiarlo attraverso il proprio corpo.
Il bambino scopre il proprio corpo come mezzo di movimento attraverso il quale può scoprire il mondo. Prova il piacere di modificare il corpo e di spostarlo, il piacere di muoversi e vivere il proprio corpo e questo avvia l’apprendimento e l’esplosione dei movimenti.
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(Movimenti di bambini che drammatizzano)
Bambini in movimento esplorano l’ambiente naturale
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Bambini si muovono liberamente in palestra
MIMICA Il gesto mimico mira a concretizzare gli oggetti e i sentimenti rendendoli visibili, comprensibili e leggibili.
IL VISO
– è la parte del corpo che permette di trasmettere la maggior parte delle informazioni – è la parte del corpo più osservata dagli interlocutori – è uno dei canali comunicativi più immediati – invia messaggi e segnali – esprime caratteristiche della personalità, emozioni – emette segnali collegati al discorso – fa da supporto alla comunicazione verbale.
Felicità, tristezza, sorpresa, collera, paura, disgusto, disprezzo sono alcune delle innumerevoli espressioni facciali, che cambiano velocemente.
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Utilizzare la mimica facciale per esprimere le emozioni
Disegni di Panaroni Paola
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Bambini che mimano contenuti e vissuti personali
GESTI Tra i diversi elementi comunicativi ci sono i gesti. Il gesto può essere definito “qualunque azione che invia un segnale visivo a uno spettatore”.(9) In pratica il movimento si fa gesto quando è visto da un’altra persona e comunica un messaggio.
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L’espressione gestuale è immediata in quanto con un unico gesto si inviano molte informazioni che necessiterebbero di molte parole: è incisiva, perché richiede un tempo minimo di invio rispetto ad un messaggio verbale. Spesso accompagna la comunicazione verbale per chiarire delle ambiguità espressive, sostituire parole esplicite o imbarazzanti, migliorare la memoria (il gesto è visibile e viene ricordato meglio della parola). Le mani che sorreggono il mento o appoggiate a una guancia indicano un momento di riflessione; con i movimenti della testa possiamo esprimere interessamento o disapprovazione. Le braccia aperte o le palme delle mani esposte indicano apertura e disponibilità, la persona che vi sta davanti esprime sentimenti di collaborazione e amicizia. Invece l’indice puntato indica un ordine o una minaccia o un avvertimento. Le mani ai fianchi sono segni di sfida, di attacco o di valutare criticamente ciò che l’altro sta dicendo.
Gesti di imitazione
POSTURA La postura è la posizione che il corpo assume abitualmente durante un’interazione; va considerata come espressione personale di sé, il modo di porsi nel mondo e di presentarsi nelle varie situazioni. È determinata da diversi fattori; dalla componente psichica, in quanto dipende da dinamiche emotive insite nel rapporto che il soggetto ha con gli altri (l’ansia, l’entusiasmo, la diffidenza, la partecipazione sono sentimenti ed emozioni che vanno ad
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influire sulla postura); dalle componenti anatomiche, cioè la conformazione morfologica e muscolare o patologie che determinano la postura; dalle capacità propriocettive, da cui dipende la percezione di sé statica e dinamica, che influisce sulla postura; questa risulterà corretta se l’immagine di sé è vicina alla norma; la postura diviene scorretta allontanando l’immagine di sé dalla norma. Il numero delle posture rilevato è notevole e queste esprimono stati d’animo, percezione di sé, atteggiamenti interpersonali e aspetti della personalità. I diversi modi di stare in piedi o seduti sono influenzati da fattori socio-culturali ed esistono posture approvate o meno dal gruppo di appartenenza. Nella comunicazione hanno un’enorme importanza, soprattutto per iniziare, facilitare, interrompere una relazione comunicativa. I soggetti assumono posture diverse a seconda delle emozioni, a conferma della reciproca influenza tra atteggiamenti muscolari e psichici; per esempio la posizione degli arti inferiori invia molti segnali: l’accavallamento e il toccarsi la coscia indica disagio o difesa; gli arti inferiori distesi in avanti è segno di sicurezza. Quindi la postura ha varie funzione nel comunicare la personalità, gli stati d’animo, la fiducia in sé, ma gli interlocutori devono essere “buoni lettori” per non farsi ingannare dalle apparenze.
Posizione di ascolto
PROSSEMICA È il comportamento spaziale, cioè il collocarsi e il muoversi dell’uomo nello spazio di relazione. Sembrerebbe che l’istinto di territorialità non sia insito solo negli animali, ma anche nell’uomo; basta pensare che, come gli animali, abbiamo l’abitudine di segnare il nostro spazio; pensiamo ad un cappello appoggiato sulla poltrona.
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Bambini che occupano uno spazio
“Ogni individuo ha intorno a sé uno spazio personale dentro il quale l’altro non ha diritto ad entrare senza chiedere il permesso e ricevere un’autorizzazione. Esso va considerato come lo spazio minimo soggettivo che una persona disegna intorno a sé e che può modificare solo in seguito a messaggi che vengono dalla sua tradizione culturale o dalle sue scelte emotive ed affettive. Quest’area dipende prima di tutto dalla cultura; la distanza di un asiatico, per esempio, in una situazione di comunicazione, è inferiore a quella di un europeo. All’interno della stessa cultura essa è influenzata dal tipo di relazione esistente: c’è uno spazio ristretto dentro cui vengono ammesse solo le persone affettivamente vicine. Questo spazio si allarga in caso di relazioni lavorative ed aumenta sempre più man mano che le persone che si hanno davanti sono meno conosciute e vengono percepite come più lontane.”(10) Il modo di porsi nello spazio rivela diversi aspetti della comunicazione e della relazione tra gli interlocutori, ancor più influisce sulla relazione. La vicinanza, cioè la distanza che intercorre tra due persone nell’atto comunicativo, indica il tipo di rapporto che esiste tra di esse: intimo (in prossimità
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del corpo con legame affettivo), personale (40-120 cm , rapporto cordiale e amichevole), sociale (fino a 4 m, rapporto formale), pubblico (molta distanza tipica degli incontri ufficiali e formali). La distanza fisica quindi stabilisce le regole ed evidenzia come ci si sente nei rapporti con gli altri e con il mondo nel suo insieme. Un altro aspetto della prossemica è l’orientamento, cioè la posizione frontale, di fianco, opposta che si assume verso una persona; anche questo rivela la relazione che si va ad instaurare. Indicazioni della personalità infine vengono dall’uso che l’individuo fa della propria area personale, cioè dello spazio immediatamente circostante al proprio corpo (es. le persone timide tendono a collocarsi in ultima fila).
Bambini molto vicini tra loro in atteggiamenti amicali
ESPRESSIVITÀ CORPOREA E BAMBINO Il termine “espressione” indica il rivelare se stessi agli altri, l’aprirsi dell’individuo verso l’esterno attraverso segni fisici quali la posizione, il movimento, il gesto, la parola. Il termine “corpo” significa “presenza nel mondo” che il corpo di ciascuno di noi esercita. Questa presenza al mondo è il risultato del funzionamento del sistema nervoso centrale di ogni persona che organizza funzioni psichiche/affettive, cognitive/mentali, psicomotorie/operative in un’unicità di manifestazione immediata che si esprime attraverso il corpo e la sua azione sul mondo. La corporeità è espressione, in quanto attraverso il corpo l’individuo esprime se stesso, i propri vissuti interiori; non sempre è comunicazione; è
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il modo stesso di essere dell’individuo, è l’utilizzo del corpo con tutte le sue potenzialità di fronte ad una situazione, in risposta a stimolazioni provenienti dall’ambiente. La corporeità nella sua unità e globalità, è anche lettura del proprio corpo e di quello altrui; permette di comunicare stati di benessere o malessere psicosomatico, l’essere o meno a proprio agio, la propria libertà o repressione, la reazione di fronte a sentimenti quali l’amore o l’odio. L’espressività corporea riflette la vita interiore ed esteriore dell’uomo ed è espressione dell’energia intrinseca nell’individuo e il suo dinamismo. Il corpo è un mezzo di comunicazione non verbale nel comportamento sociale dell’uomo. Nel termine “esprimere” è presente il prefisso ex che significa fuori e premere, cioè la forza che spinge per andare fuori ... Nei termini “espressione corporea”, riscontriamo quindi tre elementi: • forze che sentiamo dentro di noi e che spingono per uscire; • un mondo percepito “all’esterno” verso il quale la vita interiore è diretta; • il corpo tramite tra questi due mondi. È tramite il corpo che prendiamo coscienza sia della nostra interiorità che del mondo esterno. Il corpo è il confine tra le due realtà, è il luogo in cui esse si incontrano e viene influenzato, modellato, conformato nello stesso tempo da entrambe, dalle pressioni interiori e dagli stimoli esterni. Nel bambino il movimento e la corporeità hanno una funzione individuale ed espressiva e una funzione conoscitiva-esplorativa, infatti nascono dal bisogno del bambino di uscire da se stesso e stabilire interrelazioni con l’ambiente e le persone che lo circondano, per comunicare e fare esperienze. È fondamentale perciò che il bambino acquisisca la coscienza della possibilità di movimento del proprio corpo, del rapporto tra schema corporeo e spazio, delle capacità esplorative, del contatto fisico con l’ambiente. È importante che presto conosca ed utilizzi il corpo, impari a conoscerne le parti che lo compongono, a differenziarle e a coordinarne le azioni. Attraverso la percezione, i singoli movimenti si collegano a dar vita ad un’espressione corporea più complessa; il bambino che corre, salta, si arrotola, manipola, impegna e sviluppa non solo il sistema muscolo-scheletrico e cardio-respiratorio, ma soprattutto l’intelligenza; anche la creatività e la fantasia si esprimono con il movimento e il gesto, così l’affettività e l’emotività. Il corpo è il primo intermediario dell’apprendimento, attraverso il corpo il bambino conosce e comunica, esprime i suoi sentimenti, prende consapevolezza della realtà, si muove nello spazio, si relaziona con gli altri. Fin dalla nascita egli instaura un dialogo con la mamma e con gli altri attraver-
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so atteggiamenti ed espressioni del corpo. Tra i 2 e i 5 anni ha imparato ad “usare” il corpo per esprimersi in un dialogo corporeo utilizzando i vari segmenti nelle loro funzioni e stabilendo relazioni tra sé e il mondo. Questo linguaggio del corpo ha alla base linguaggi tonici e gestuali, origine poi del linguaggio verbale. L’espressività corporea è anche una relazione intellettuale ed affettiva del bambino con l’ambiente, quindi manifestare sentimenti con il corpo e l’espressione del viso, vuol dire acquisire un mezzo di comunicazione per scambiare pensieri, scoprire sensazioni e sentimenti comuni con gli altri. L’espressività corporea è un linguaggio universale, comune, che permette di comunicare in qualsiasi paese del mondo; a volte è considerata come disciplina che comprende tutte le attività espressivo-corporee, a volte come ricerca del potenziale espressivo del bambino che precede altre tecniche comunicative. Comunque l’espressività corporea rende protagonista il bambino, avviandolo all’autocontrollo, alla coscienza di sé, favorendo lo sviluppo della persona in tutte le sue dimensioni: biologico-corporea, intellettiva, affettiva, sociale.
ESPRESSIVITÀ CORPOREA NELLA SCUOLA PRIMARIA Nello sviluppo globale del bambino, il corpo e il movimento rivestono una grande importanza, in quanto sono il modo più diretto per entrare in rapporto con gli altri. Per questo nella scuola primaria la pratica di attività motorie prevede anche lo sviluppo del linguaggio mimico-gestuale e dell’espressività corporea del bambino come strumento per l’acquisizione di altre competenze. Questo in virtù del fatto che il corpo, animato dal movimento, è inteso come canale di comunicazione con l’ambiente per esprimere emozioni ed arricchirsi di esperienze. È proprio tramite il corpo e il movimento, manipolando il mondo fisico e spostandosi nello spazio, che il bambino avvia una ricerca materiale e pratica di conoscenza del mondo, che lo conduce all’apprendimento cognitivo e ad acquisire competenze. L’espressività corporea si pone come strumento metodologico per stimolare la curiosità del bambino verso l’apprendimento; è necessario quindi creare i mezzi per esplorare l’ambiente in cui il bambino è inserito, favorendo fin dai primi anni di scuola primaria la percezione e la conoscenza del proprio corpo, il consolidamento dello schema corporeo, una piena coscienza di sé; stimolando fantasia e creatività motoria.
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Rispettando i tempi di apprendimento di ogni bambino, non dimenticando la sua spontaneità, è importante sviluppare un bagaglio motorio più ricco ed articolato e la “fantasia” motoria, superando movimenti stereotipati e ripetitivi, valorizzando la sua spontaneità. Nella fase della scuola primaria, di fronte ad una richiesta motoria, il bambino spesso è portato ad una risposta imitativa; è importante che assimili il concetto che ai fini della comunicazione, il gesto in se stesso non è importante, ma ciò che esso vuole significare. Non è fondamentale la figura o la precisione del movimento, quanto ciò che è in grado di suscitare nell’interlocutore. Il movimento o il gesto, se privato del contenuto espressivo, è un elemento sterile e astratto. Fondamentale è stabilire una buona relazione educativa tra insegnante e alunno; la gestualità basata su un corpo sensibile ed una motricità articolata ne sono le basi, sono una risorsa comunicativa importante per una relazione empatica e nello stesso tempo vera tra adulto e bambino. L’importante è che l’insegnante non soffochi la creatività e l’espressività motoria, proponendo egli stesso movimenti in maniera abitudinaria e senza stimoli, così che il movimento viene vissuto dal bambino come un peso piuttosto che come una fonte di piacere ricca di possibilità espressive. Spesso nella didattica tradizionale ciò è avvenuto. Altro aspetto importante da sottolineare è conciliare correttezza motoria e spontaneità in un giusto equilibrio; il corpo del bambino ha una gamma vastissima di opportunità e di atteggiamenti motori che possono essere portati nello spazio in modo statico o dinamico; sta al percorso didattico finalizzarli e farli divenire strumenti di comunicazione con gli altri e con il mondo fisico. L’uso di strumenti didattici, attrezzi codificati e non, è importante a questo scopo, in quanto avviene un adattamento alla loro forma e contemporaneamente gli oggetti, lasciati alla libera creatività dell’alunno, vengono plasmati e trasformati in maniera personale e creativa e divengono uno strumento di interazione con gli altri. Rispettando le finalità della scuola primaria, al fine dello sviluppo del linguaggio gestuale, è necessario favorire il passaggio dalla dimensione dell’espressività spontanea a quella della comunicazione gestuale intenzionale. Ipotesi di itinerario didattico del linguaggio gestuale. Antecedenti percorsi didattici avranno portato il bambino alla coscienza del proprio corpo, al controllo motorio e all’organizzazione spazio-tem-
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porale; egli avrà maturato alcuni prerequisiti quali: controllo della contrazione e decontrazione muscolare, controllo elementare del movimento per direzione, ampiezza, velocità e ritmo; una certa coscienza delle posture e dello schema corporeo, almeno in senso globale; una minima capacità di rapportarsi agli altri nel gioco collettivo. Il percorso didattico può avere la seguente articolazione: 1. Sviluppo del linguaggio gestuale. 1a. Sviluppo dell’espressione spontanea. 1b. Espressione spontanea in improvvisazione: del corpo, del viso, delle mani e delle altre parti del corpo, con commento sonoro della voce 1c. Espressione spontanea su fabulazione: le storie e le fiabe, le invenzioni e i testi degli alunni. 2. Sviluppo della comunicazione gestuale. 2a. Animazione corporea 2b. Imitazione gestuale e mimo. 2c. Drammatizzazione 1a-b. Sviluppo dell’espressione spontanea e passaggio all’improvvisazione. L’espressione spontanea parte dalla dimensione dell’improvvisazione, dove l’insegnante suggerisce i temi da esprimere, funzionando un po’da induttore o facilitatore dell’espressione. L’insegnante indica alcuni stati d’animo (tristezza, gioia, ira, paura, ecc.) e il bambino assume le espressioni del volto e le posizioni del corpo più adatte; oppure compie un gesto di tipo generale (camminare, correre, saltare ecc.) cercando di variarlo per esprimere i diversi stati d’animo richiesti. Mentre l’insegnante propone verbalmente, gli alunni improvvisano prima individualmente, poi a coppie e a piccoli gruppi fino all’espressione collettiva di tutto il gruppo. 1c. Espressione spontanea su fabulazione. L’insegnante racconta o legge una breve storia e l’alunno l’interpreta con gesti, movimenti, posture, utilizzando spazi, arredi e attrezzature a disposizione. I bambini possono raccontare con il corpo, oltre che storie, anche vissuti come una visita didattica, un’esperienza scolastica o uno spet-
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tacolo televisivo. Infine sono proprio gli alunni a scrivere un testo narrativo che poi andranno a raccontare testualmente. Con questa attività si svilupperà notevolmente un’immagine fantastica e creativa del proprio corpo e si passerà da un lavoro inizialmente individuale a un lavoro a piccoli gruppi. È importante l’intervento attivo dell’alunno nella fase di progettazione della storia e nell’organizzazione dell’interpretazione spontanea al fine di sviluppare capacità espressive e abilità motorie. 2a. Animazione corporea Il bambino è invitato ad esprimere con il corpo in modo statico o dinamico un oggetto o una situazione o animare individualmente o a coppie o a piccoli gruppi semplici fenomeni della natura. Egli è stimolato ad esprimere simbolicamente, utilizzando semplici movimenti e azioni del corpo, determinate caratteristiche delle cose, rappresentare fenomeni della natura come le onde del mare, il vento tra gli alberi, il volo di un uccello, lo sbocciare di un fiore, lo scorrere di un ruscello, il guizzare di una fiamma. 2b. Imitazione gestuale e mimo In questa fase si richiede al bambino l’utilizzo di un codice espressivo condiviso con gli altri che implica lo sviluppo di capacità simbolica-concettuale avviata già con il linguaggio verbale. L’alunno è invitato a mimare quanto proposto dall’insegnante; si parte da semplici azioni legate alla vita quotidiana (momenti della giornata a casa e a scuola), si stabilisce poi un argomento, una categoria o un settore legato alla vita soprattutto extrascolastica (mestieri, sport, animali, musicisti,…) e il bambino mima mentre l’insegnante nomina i vari elementi.
Imitazione di momenti della giornata
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Questa attività può essere svolta in un primo momento davanti allo specchio, perché il bambino guardandosi si autovaluta, si corregge e perfeziona il movimento. In seguito l’azione mimica da individuale può divenire a coppie e collettiva e si possono utilizzare piccoli attrezzi presenti in palestra ((bacchetta, cerchio, funicella, elastico) o inserire semplici travestimenti con l’uso di materiale improvvisato (stoffe, nastri…). Infine si arriva a vere e proprie scenette, azioni mimiche concatenate da senso logico su testi inventati dagli alunni, mimo di filastrocche e poesie.
Mimo di azioni
Nel passaggio dall’animazione corporea alla mimica, si va strutturando la funzione comunicativa del gesto; anche se non c’è un interlocutore reale o un pubblico, il bambino si esprime con il corpo per uno scopo comunicativo e finalizzato; entra in gioco “ l’altro da sé” con cui relazionarsi in una dinamica emittente-ricevente.
Mimica del canto
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2c. Drammatizzazione Un’ultima dimensione è costituita dai giochi di drammatizzazione. Insieme, insegnante e alunni, concordano un tema condiviso (vissuti, fiabe per bambini, racconti popolari,…) da drammatizzare; è l’avvio o l’antecedente dell’animazione teatrale vera e propria. È importante che i testi scelti siano adeguati alle capacità degli allievi per complessità di comprensione e di rappresentazione. È interessante ricordare alcuni fondamentali elementi gestuali per avviare una esperienza di drammatizzazione: 1) armonizzare l’azione del corpo e il singolo gesto espressivo; il gesto principale di una parte del corpo come il braccio nel saluto o il capo nel diniego deve essere supportato dall’espressione di tutto il resto del corpo; 2) cercare un’armonia generale del movimento; ripeterlo più volte per raggiungere fluidità e naturalezza; 3) controllare lo spazio e il rispetto dei tempi; 4) cercare il collegamento con l’altro: ogni azione di un personaggio va rapportata a quella di un altro come in un sistema duale nel contesto generale; 5) cercare il collegamento con la scenografia (se è presente): ogni azione deve avere significato, inserita nel contesto scenografico. Si può organizzare una semplice, ma completa rappresentazione con azione scenica, costumi, scenografia e commento sonoro, il cui esito può essere uno spettacolo di fine anno scolastico. Tuttavia ciò che più conta è il lavoro di preparazione a spiccato carattere interdisciplinare, il percorso operativo vissuto dal bambino, più che lo spettacolo vero e proprio. Questo diviene il momento ultimo di condivisione, che vede i bambini protagonisti e il pubblico (in particolare le famiglie) partecipe delle tappe di crescita percorse dal gruppo nello sviluppo di un linguaggio specifico e fondamentale: quello del corpo.
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Momenti di uno spettacolo organizzato nel Laboratorio di espressività corporea
NOTE (1) F. CRESPI “Le vie della sociologia” Ed. Il Mulino Bologna 1999. (2) (3) JACKSON, WATZLAWICK, JANET BAVELAS “Pragmatica della comunicazione” Ed. Astrolabio Roma 1967. (4) FEDERICI - TONINI CARDINALI - VALENTINI “Non solo parole” Ed. Montefeltro Urbino 2004. (5) (6) L. CAMAIONI “Psicologia dello sviluppo del linguaggio” Ed. Il Mulino Bologna 2001. (7) da “Portobellòs” giornale di annunci e informazione Edizione Fabriano 2005. (8-10) AA.VV. “Nuovo Praticamente Sport” Ed. G. D’ANNA, Firenze 2003. (9) D. MORRIS “L’uomo e i suoi gesti” Ed. Mondadori Milano 1977.
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CAPITOLO 3 A SCUOLA CON IL BAMBINO DIVERSAMENTE ABILE Non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi ANTOINE DE SAINT-EXPERY
PREMESSA “Alunno diversamente abile” può essere l’ultimo capitolo di un libro che tutti stiamo scrivendo, un libro che racconta la storia dell’integrazione scolastica degli alunni nella scuola italiana! I capitoli di questa storia sono le definizioni che abbiamo dato e diamo di questi nostri alunni: “i portatori di handicap”, “gli alunni in situazione di handicap”, “gli alunni disabili”, “gli alunni diversamente abili”. “ Non sappiamo quali saranno i prossimi, ci auguriamo che vadano nel senso di aumentare la nostra crescita umana, civile e culturale e la nostra capacità di comprensione della diversità, ma soprattutto che vadano nel senso di aiutare i nostri alunni a conquistare sé stessi e a realizzare un progetto di vita serena…. Quando diciamo “diversamente abili”, parliamo di alunni che, a causa del deficit, hanno abilità diverse da quelle dei loro compagni: abilità, un valore positivo! ”(1) In fondo anche questa definizione è già superata, perché sono diversamente abili tutti gli alunni: non solo gli alunni in situazione di handicap o di svantaggio socioculturale. Tutti gli alunni sono diversi l’uno dall’altro per abilità di cui lo stesso individuo è portatore. “Che forse sulla faccia della terra vi sono solo due individui che possiedono le stesse abilità, anche in un solo campo delle attività umane? Vi sono due musicisti, due poeti, due pittori, due medici, due ingegneri, due dirigenti di azienda, due tecnici, due operai, due dirigenti scolastici, due docenti che possiedano le stesse abilità? Diversi sono i sei miliardi di esseri umani che popolano lo faccia della terra, tutti diversamente abili: originali, irripetibili, unici!” (2)
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Disegno di un’alunna alla richiesta di aggiungere cose “diverse” dalle perfette stelle – classe 2°
Insistiamo sul superamento di questa definizione per il superamento della realtà che sta dietro ad essa, riportando quanto la mamma di una alunna “diversamente abile” scrive nella stesura di un Progetto di integrazione scolastica (Progetto Arcobaleno riportato successivamente): “La diversità è intesa nella sua accezione più ampia: • Diversità di specie (animali e vegetali) che ospita la terra • Pluralità culturale, etnica e religiosa • Pluralità di persone e di pensieri • Diversità di competenze e abilità… La scuola è il secondo ambiente sociale, dopo la famiglia, in cui il bambino s’integra iniziando il suo cammino all’interno della cultura e della società. Il compito della scuola, a mio parere, accanto alla famiglia, è fornire le impalcature necessarie per la costruzione di una società civile e cooperativa in cui la diversità è sinonimo di tolleranza, pace, rispetto, accettazione di sé e dell’altro… Per una scuola diversa, che fa l’eccezione in un universo d’indifferenza. Una scuola che attui un “vero processo culturale d’integrazione” che si differenzia dall’inserimento. “Come un pittore che, per la creazione di un quadro, ha a disposizione solo due colori e decide di mescolarli insieme ottenendo sfumature sorprendenti che non avrebbe mai ottenuto utilizzando i due colori separatamente” (anonimo). Inserire significa mettere insieme due realtà. Integrare, al contrario, significa far interagire due realtà diverse ottenendo sfumature che arricchiscono entrambe.
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La diversità, nella cultura attuale, è vissuta come ostacolo, paura, diffidenza, realtà che non ci appartiene, realtà da allontanare… Il bambino è l’essere “puro” per eccellenza, ma la sua conoscenza di diversità è plasmata dalla cultura d’appartenenza. Al bambino, in molte occasioni, non sono fornite le risposte necessarie alle sue curiosità, oppure le risposte verbali non sono congruenti con il linguaggio non verbale, o ancora le risposte date a scuola non coincidono con la conoscenza e con il vissuto familiare di diversità. Occorre privilegiare la diversità quale punto di forza, proponendo attività cooperative incentrate sul riconoscimento della diversità come prerogativa del genere umano. Tutto finalizzato alla scoperta che ognuno di noi sa fare cose che ci differenziano gli uni dagli altri, rendendoci unici. Unico grande obiettivo finale: percepire e vivere l’incontro con il diverso come momento di confronto, scambio e convivenza positivi, fonte di ricchezza per una società civile.”(A. Vella)
INTEGRAZIONE SCOLASTICA Nello scenario della società contemporanea, dominata da consumo, successo, esasperazione della bellezza fisica e dell’immagine, occorre inserire il concetto di integrazione scolastica degli alunni disabili cercandone le ragioni profonde, che ne fanno una vera risorsa per la comunità. A volte l’integrazione scolastica viene riferita al diritto per alcune categorie di persone di frequentare le scuole comuni. È una visione impoverita del termine integrazione che nel senso più autentico “si riferisce ad un processo per cui due o più elementi si compenetrano o si compensano reciprocamente: si rendono quindi integri, interi e completi. Applicato alle relazioni umane, questo processo presuppone che l’essere umano non è completo in sé, non è sufficiente, come un sistema chiuso, ma si realizza nel rapporto con gli altri. Quando si parla di integrazione quindi non possiamo esclusivamente riferirci al soggetto in situazione di handicap, ma tale processo investe l’intera comunità. La buona integrazione è quella che permette di capire che non stiamo vivendo in presenza di una diversità come un incidente ma come una realtà.” (3) Riportiamo ancora una definizione del concetto di integrazione; “per integrazione si intende la promozione della capacità di vivere attivamente –cioè in maniera costruttiva, collaborativa e produttiva- nell’ambiente sco-
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lastico.”(4) Tale ambito traguardo, richiede grande flessibilità organizzativa e didattica per il massimo sviluppo di apprendimenti e competenze, e di collaborazione. Anche per distinguere l’integrazione scolastica dall’inserimento, termine quest’ultimo che implica il semplice ammettere (inserire, è un fatto non ancora connotato qualitativamente che può limitarsi all’accoglienza passiva,) l’alunno in classe, senza alcun intervento adattivo nei processi e nelle dinamiche relazionali. L’integrazione implica invece un processo attivo che coinvolge tutti i componenti di un gruppo e tutti gli elementi di un contesto.
L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA IN TRENT’ANNI DI LEGISLAZIONE Da quasi trent’anni la scuola italiana accoglie tutti i bambini e le bambine, le ragazze e i ragazzi diversamente abili. Si può dire che oggi la scuola si avvia concretamente a vincere la sfida dell’integrazione scolastica; gli alunni disabili vivono la loro esperienza formativa con tutti gli altri compagni, sono una risorsa civile ed educativa per la crescita e lo sviluppo dei potenziali cognitivi di tutti. Alunni e alunne diversi tra loro costruiscono una scuola normale di tutti e di ciascuno. Sicuramente l’integrazione non è un valore che si acquista una volta per tutte, ma si conquista momento per momento, affrontando e superando difficoltà ed ostacoli, si esprime via via con nuove sfide. L’integrazione degli alunni in situazione di handicap è un processo che da quasi trent’anni caratterizza la scuola italiana. Tale esperienza iniziò nei primi anni ’70 come conseguenza della grande contestazione rivolta agli istituti e alle strutture emarginanti dove, fino a quel momento, venivano assistiti ed educati gli handicappati: molte delle scuole speciali esistenti vennero chiuse e i bambini in situazione di handicap furono inseriti nelle classi della scuola comune. Queste prime esperienze, seppur importanti, avvennero in modo disorganico e senza una progettazione specifica: l’attenzione era posta sulla possibilità, per il bambino handicappato, di stare con gli altri e di seguire ogni attività ed esperienza della scuola, a prescindere dal raggiungimento degli obiettivi formativi e di apprendimento. Comunque anche con i loro limiti, queste prime sperimentazioni fecero si che la presenza di alunni disabili obbligò gradualmente la scuola a porsi il problema della gestione della
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diversità all’interno delle classi. Negli anni successivi ci fu una consistente evoluzione culturale e ideologica rispetto al tema dell’handicap, accompagnata da un parallelo progresso in termini legislativi: venne superato il concetto di uguaglianza, per cui il bambino handicappato doveva essere il più possibile come gli altri, per assumere quello di diversità come risorsa individuale, per cui ciascun alunno è diverso da tutti gli altri per vissuto esperenziale e identità personale, per stili di apprendimento e per capacità comunicative e cognitive. Il termine integrazione ha sostituito quello di inserimento nell’ambito scolastico, sociale legislativo, segnando il passaggio dalla realtà del bambino disabile inserito nella scuola, ma sostanzialmente isolato ed evitato, alla fase in cui ci si impegna attivamente perchè egli sia pienamente integrato nel gruppo dei suoi coetanei, della scuola, del territorio. Al momento attuale l’integrazione di alunni in situazione di handicap nelle scuole normali si può ritenere una realtà diffusa nella cultura e nei valori, un diritto certo sancito da una legislazione che viene considerata, da molti, all’avanguardia. Andiamo ora a presentare gli aspetti normativi maggiormente significativi del percorso integrazione degli alunni diversamente abili nella scuola pubblica statale, soffermando l’attenzione ai soli momenti focali degli ultimi trent’anni della nostra storia dell’integrazione scolastica.
GLI ANNI ’70 E L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA Lo slancio iniziale per l’inserimento di alunni con handicap nelle scuole comuni è dato dalla Legge 118 del 1971, che riconosce appunto il diritto degli alunni con handicap all’educazione in classi normali, escludendo però i più gravi con deficienze intellettive o menomazioni fisiche. Art. 28.- Provvedimenti per la frequenza scolastica. 2) L’istruzione dell’obbligo deve avvenire nelle classi normali della scuola pubblica, salvi i casi in cui i soggetti siano affetti da gravi deficienze intellettive o da menomazioni fisiche di tale gravità da impedire o rendere molto difficoltoso l’apprendimento o l’inserimento nelle predette classi normali. 3) Sarà facilitata, inoltre, la frequenza degli invalidi e mutilati civili alle scuole medie superiori ed universitarie. Un punto di partenza obbligatorio per comprendere e applicare l’integrazione scolastica fu il Documento conclusivo dei lavori della Commissione Ministeriale presieduta dalla Senatrice Falcucci del gennaio 1975, le
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cui affermazioni e soluzioni proposte, contribuirono ad un ulteriore progresso nell’ambito dell’integrazione scolastica degli alunni handicappati. Il Documento Falcucci era accompagnato dalla CM 227/1975 che estende agli handicappati psichici quanto previsto dall’art. 28 della L 118/1971, aprendo la scuola comune al graduale inserimento di questi alunni come sperimentazione didattica. Le indicazioni contenute nel documento sono state per vari anni scavalcate dalla corsa all’inserimento definito “selvaggio”. La Legge 517/1977 è stata una delle leggi fondamentali per l’integrazione scolastica dei disabili e la prima di grande portata veramente innovativa. Sanciva il principio della programmazione educativa “anche mediante attività scolastiche integrative organizzate per gruppi di alunni della stessa classe, oppure di classi diverse anche allo scopo di realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni. Nell’ambito di tale attività la scuola attua forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap con la prestazione di insegnanti specializzati assegnati..” (5) L’articolo 2 e l’articolo 7 della Legge 517/77 permettono di lavorare all’integrazione degli alunni portatori di handicap mediante la presenza di un docente di sostegno assegnato alla classe. Inoltre si fissa nel numero di 20 il limite massimo di alunni presenti in una classe in cui è inserito un allievo portatore di handicap. La L.517 offriva la possibilità di passare definitivamente dall’inserimento all’integrazione anche perché aboliva il voto nella scuola di base; i docenti devono ora giustificare i loro giudizi e subordinarli ad una programmazione. Al fine di rendere effettivo il processo di integrazione, dopo il 1977 altre leggi e circolari hanno consentito l’interpretazione e l’applicazione della L. 517/77.
GLI ANNI ’80 E L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA Nel corso degli anni ’80, si consolida la tutela legislativa a favore degli alunni disabili nella scuola dell’obbligo e si amplia con norme per favorire l’integrazione nella scuola materna e nella scuola superiore. La legge 270/82 estende alla scuola materna statale l’istituzione dei posti di sostegno; la CM 258/83 è un documento che sottolinea la necessità di raccordo tra i servizi Socio-Sanitari da una parte e Amministrazione scolastica periferica dall’altra; ribadisce la necessità di interventi coordinati da
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parte della scuola e degli enti locali. Essi sono invitati a farsi promotori di accordi perché venga riconosciuto, oltre al diritto allo studio, il diritto all’integrazione, che deve essere promossa con tutte le risorse di cui lo Stato, nel suo complesso, dispone. Tra i risultati evidenziati grazie a questa circolare, importante è l’aver raggiunto un linguaggio comune in termini di certificazione dell’handicap. Inoltre, prende connotazione istituzionale il Piano educativo individualizzato (PEI) e ciò rappresenta un primo tentativo di superare la scuola dei programmi a tutto vantaggio della scuola della programmazione. Con la CM 250/1985 si predispongono le disposizioni normative sull’azione di sostegno in favore degli alunni portatori di handicap. La circolare è divisa in tre parti: 1) Integrazione scolastica e bisogni educativi 2) Integrazione degli alunni portatori di handicap gravi 3) Comunità scolastica e interventi di sostegno. Con essa si definisce la responsabilità collegiale nei confronti dell’allievo disabile da parte di tutti i docenti della classe. Finora il diritto all’integrazione è sancito soltanto per la scuola dell’obbligo, rimane esclusa quindi tutta la scuola secondaria superiore. Ma “gli anni ’80 si sono chiusi con un’importante sentenza della Corte Costituzionale, la n. 215 del 1987, che ha spalancato, finalmente in modo pieno, le porte della scuola media superiore a tutti i disabili, dichiarando illegittima la parte dell’articolo 28 L. 118/72, la quale riteneva necessario “ facilitare”, ma non “assicurare” la loro frequenza. Tale sentenza, che opportunamente è stata definita come “Magna Charta” dell’integrazione scolastica (Nocera,1987), ha dato luogo all’emanazione della C.M. 262/1988 che rendeva possibile l’iscrizione e la frequenza della scuola secondaria di secondo grado a tutti gli allievi in situazione di handicap, sia fisico che psichico che sensoriale, senza limitazione per quanto concerne la gravità”. (6) Ecco alcuni principi richiamati dal giudice costituzionale: l’integrazione scolastica intesa come “diritto costituzionale garantito”, la continuità educativa contro ogni artificiosa interruzione dei processi di integrazione scolastica , l’integrazione a pieno diritto anche per le persone con handicap grave.
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GLI ANNI ’90 E L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA La Legge quadro 104 del 1992 per l’assistenza, l’integrazione e i diritti delle persone handicappate, raccoglie varie disposizioni precedenti e riempie vuoti legislativi in merito a sostegno alle famiglie, scuola, lavoro,salute, tempo libero, integrazione sociale. Questa legge ha accelerato il processo verso il superamento della cultura dell’assistenza per lasciare spazio al mondo dei diritti, rappresentando un punto di svolta nella normativa per l’handicap, non solo in campo scolastico, e in quanto legge-quadro essa provvede a sistematizzare il più possibile la normativa generale sull’handicap. Gli articoli dal 12 al 16 della Legge riguardano specificatamente l’integrazione scolastica della persona handicappata ed hanno posto le basi per la costruzione di un progetto globale e individuale contemporaneamente, così da coinvolgere sia il singolo individuo che le realtà territoriali. Per tal fine viene prevista l’istituzione di vari gruppi di lavoro a diversi livelli. La famiglia assume un ruolo più attivo nella formulazione del Profilo Dinamico Funzionale (PDF) e del Piano Educativo Individualizzato (PEI). Inoltre è prevista una larga coordinazione tra i sevizi culturali, ricreativi, sportivi, nonché sanitari e scolastici del territorio. La valutazione dell’allievo disabile è l’indicatore più importante e delicato di tutta l’integrazione, in quanto oscilla sempre tra due posizioni opposte: da una parte un’eccessiva severità e dall’altra un inefficace “buonismo” che spesso nasconde “benefici” più per i docenti che per i disabili. Con la L. 104 si valuta il progresso dell’allievo in rapporto con le sue potenzialità. L. 104 è stata seguita da numerose disposizioni applicative: – un Decreto che fissa i criteri per la stipula degli accordi di programma tra la scuola, le amministrazioni comunali e provinciali e le ASL; questo per un maggior coordinamento delle diverse agenzie del territorio, in quanto l’integrazione scolastica è compito di tutta la comunità locale; – un Decreto che precisa i compiti delle ASL in materia di individuazione dell’handicap, attestato poi nella Diagnosi Funzionale (DF). Sul finire degli anni novanta tutto il sistema scolastico ha iniziato ad attraversare un grande processo di trasformazione, uno per tutti il processo di autonomia scolastica che ha avuto inizio con l’ormai celebre art. 21 della legge 59/1997, seguito dal Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, emanato con DPR 8 marzo 1999 n. 275.
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In base all’Art. 21 le scuole acquisiscono autonomia giuridica, finanziaria, amministrativa, didattica, di ricerca di sperimentazione e organizzazione. Nel Decreto applicativo n. 275 è affrontato il tema dell’integrazione degli alunni in situazione di handicap, sottolineando il principio dell’“individualizzazione” della didattica. “Infatti, le scuole autonome (art.4): – riconoscono e valorizzano la diversità; – promuovono le potenzialità di ciascuno; – adottano tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo; – regolano i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline ed attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni; – adottano forme di flessibilità dell’organizzazione educativa e didattica; – assicurano iniziative di recupero e sostegno, continuità, orientamento.” (7) Sempre l’art. 4, comma 2 del Regolamento, si occupa proprio di disabili nell’ottica di una scuola rivolta a tutti gli allievi e alle loro reali esigenze, una scuola che vede nell’individualizzazione il fulcro si cui far ruotare il generale andamento educativo-didattico. Nell’esercizio dell’autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni. A tal fine le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune e tra l’altro: […] c) l’attivazione di percorsi didattici individualizzati, nel rispetto del principio generale dell’integrazione degli alunni nella classe e nel gruppo, anche in relazione agli alunni in situazione di handicap secondo quanto previsto dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104. “La Legge 449/97 abroga i criteri finora utilizzati per il calcolo numerico dei docenti di sostegno da assegnare alle classi in cui sono presenti gli alunni disabili. L’oramai datato rapporto 1 a 4, un docente di sostegno ogni 4 alunni handicappati istituito con la legge 270/82 e che non teneva in considerazione il fatto che il docente di sostegno, così come previsto dalla L. 140/92, art. 13, comma 6, della L. 104/92 è assegnato alla classe e non all’alunno portatore di handicap, è sostituito con il rapporto di 1 docente di sostegno ogni 138 alunni frequentanti: La dotazione organica di insegnanti di sostegno per l’integrazione degli alunni handicappati è fissata nella
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misura di un insegnante per ogni gruppo di 138 alunni complessivamente frequentanti gli istituti scolastici statali della provincia,… Va sottolineata l’importante valenza di ordine generale del provvedimento, nella misura in cui una reale autonomia pone in grado le istituzioni scolastiche di operare meglio e molto più incisamente anche nei confronti degli allievi in situazione di handicap, che, per i loro peculiari bisogni, esigono sempre più una scuola improntata alla massima flessibilità operativa.”(8)
IL NUOVO MILLENNIO: UNA SCUOLA PER TUTTI E PER CIASCUNO Si vuole aprire questo ultimo stralcio relativo alla normativa più recente con il testo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (approvata dal Parlamento europeo il 14 novembre 2000, firmata e proclamata dai presidenti delle tre principali istituzioni comunitarie – Parlamento, Consiglio e Commissione) durante il vertice di Nizza del 7-9 dicembre 2000: art. 26 Inserimento dei disabili L’Unione riconosce e rispetta il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantire l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità. Va sottolineata l’importanza della legge 289/2002 che prevede l’autorizzazione all’attivazione dei posti di sostegno in deroga da parte del Dirigente dell’Ufficio scolastico regionale e la proposta di nuove modalità e incarichi per la certificazione della situazione di handicap. Nella Relazione al Parlamento sullo stato d’attuazione della L. 104/92 vengono individuate “quattro prototipi tendenziali di scuole: ➢ la scuola della diversità come ricchezza, in cui si realizza la piena integrazione sia sociale che curricolare, con forte flessibilità didattica e di relazione (buona parte delle scuole dell’infanzia e della scuola elementare e molte esperienze degli istituti professionali); ➢ la scuola della socialità e dell’integrazione mirata, in cui assistiamo a una piena integrazione sociale con forte vita di relazione, ma difficoltà di lavoro curricolare collettivo, tendenza ad individualizzare eccessivamente l’insegnamento; ➢ la scuola del sostegno a tutti i costi, che delega all’insegnante di sostengo gran parte degli impegni didattici e relazionali dell’alunno in situazione di handicap; ➢ la scuola distratta, che delega all’insegnante di sostegno e presta
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scarsa attenzione alle potenzialità dell’alunno nonché al valore delle relazioni (istituti superiori che da poco ricevono alunni con handicap, soprattutto nei settori umanistici e più elitari).” (9) Infine La Legge Delega n° 53/03 e il Decreto L.vo n° 59/04 (noti con il nome Riforma Moratti dal Ministro promotore) che regolano il nuovo sistema scolastico, lanciano nel panorama legislativo contemporaneo la parola personalizzazione. (Cap.1 del testo) Le scuole sono chiamate a predisporre “Piani di Studio Personalizzati” ovvero capaci di rispondere all’esigenza di percorsi di apprendimento e di crescita degli allievi che rispettino le differenze individuali in rapporto a interessi, capacità, ritmi e stili cognitivi, attitudini, carattere, inclinazioni, esperienze precedenti di vita e di apprendimento. Si tratta, detto in altre parole, di accomodare la pratica didattica alle peculiari esigenze di ciascun allievo. Solo se si personalizza l’organizzazione e l’azione educativa e didattica per tutti gli alunni, non si operano discriminazioni a danno degli alunni in situazione di handicap, degli alunni in situazione di svantaggio socioculturale, degli alunni particolarmente dotati e di tutti i singoli alunni, comunque sempre l’uno diverso dall’altro. Il quadro normativo degli ultimi trent’anni ha portato al superamento di numerose forme di discriminazione ed emarginazione; certamente tanto c’è da fare nel processo di integrazione, affinché questa venga assimilata e possa penetrare a fondo nel sistema scolastico. Forti della certezza normativa che non si parte da zero, pensiamo che stia all’operare concreto di ogni persona del mondo della scuola, momento per momento , con ogni bambino, affinché si concretizzino i valori su cui la legislazione ha trovato fondamento. L’integrazione, con la “I” maiuscola, non è attuazione e/o rispetto di norme, ma è uno stile di vita, che chiunque opera nella scuola non può che fare suo. L’INTEGRAZIONE È IL TRAGUARDO DI UN PERCORSO FATTO DI 3 “I”: ➢ I come INSERIMENTO mettere dentro ➢ I come INCLUSIONE far partecipe del medesimo mondo ➢ I come INTEGRAZIONE riconoscimento reciproco… Dei valori e delle potenzialità Dei bisogni e delle opportunità Dei diritti e dei doveri Della realtà e dei sogni (10)
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UNA “SPECIALE NORMALITA” (11) Per un’integrazione scolastica quanto più completa e rivolta non solo agli alunni diversamente abili, ma a tutti coloro che vivono nella scuola, ci piace presentare la definizione “speciale normalità” come idea e pratica pedagogica-didattica rispondente ai bisogni di ogni bambino. Nasce finalizzata all’integrazione scolastica e come superamento sia della scuola speciale separata, sia della normalità improvvisata senza risorse specifiche che si può verificare ancora in vari istituti. Cosa s’intende per “speciale normalità”? S’intende l’intervento educativo della scuola fatto di aspettative, obiettivi, prassi, per tutti gli alunni nelle attività ordinarie, arricchito però di una specificità non comune, basata su dati scientifici e necessaria per la pluralità e complessità dei bisogni educativi speciali. Le attuali classi scolastiche sono caratterizzate da una forte e crescente eterogeneità, data dai bisogni educativi speciali dei bambini (numerosi e variegati) e dalla diffusione sempre più ampia di bisogni educativi speciali in alunni «normali» (disturbi dell’apprendimento, deficit di autostima, deficit di motivazione) e, fortunatamente, dalla sempre maggiore consapevolezza della «specialità» e singolarità degli alunni che chiede differenziazioni e individualizzazioni (differenze di stile nell’elaborazione delle informazioni, pluralità di intelligenze e di stili di pensiero).
• verso lo sviluppo e la funzionalità normale • verso le richieste dei normali luoghi di vita
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La “speciale normalità” la troviamo nel costruire risorse: insegnanti, compagni, famiglia, metodologie didattico-operative. Quando si parla di risorsa insegnanti si intendono sia gli insegnanti curricolari che gli specializzati; entrambi, abbandonando la visione della specializzazione separata “per uno” , devono approdare ad una normalizzazione diffusa delle funzioni di sostegno, impegnandosi in una stretta collaborazione, consapevoli dei bisogni di tutti e di ciascuno. Questa collaborazione si attua principalmente condividendo la titolarità della classe, pensando che il sostegno non viene dato per l’alunno singolo, ma per la classe. In secondo luogo facendo una progettazione congiunta alla ricerca di forti punti di contatto tra l’offerta formativa curricolare e i Piani di Studio Individualizzati; ciò è possibile se si avvicinano gli obiettivi formativi e si lavora sui contenuti per renderli adeguati alle capacità dell’alunno. È importante che gli insegnanti facciano riferimento ai punti di forza dei bambini (isole di abilità). Due domande sono fondamentali : • “C’è almeno una cosa, fra le tante previste per tutta la classe, che può essere svolta dall’allievo che segue un piano educativo individualizzato?” • “C’è almeno una cosa, fra quelle contemplate per l’alunno in difficoltà che può essere proposta anche agli altri compagni di classe?”(12) Gli insegnanti possono prevedere insieme di svolgere con l’alunno diversamente abile attività personalizzate all’interno della classe, predisponendo spazi per la lettura individuale, per il lavoro al computer, per ricerche o lavori manuali. Possono prevedere anche la semplice “partecipazione alla cultura del compito”, cioè partecipare alle attività della classe, per cogliere alcuni elementi, per apprezzare l’argomento che si sta trattando. L’allievo percepisce che le consegne per il gruppo non gli sono totalmente
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estranee e ciò facilita il suo sentirsi parte integrante della classe, motivando il suo impegno nei compiti che lo vedono protagonista. Oppure gli insegnanti possono prevedere attività personalizzate all’esterno della classe, cioè attività di insegnamento “uno a uno” quando il lavoro non è conciliabile con l’organizzazione dell’ambiente comune (esempio troppi stimoli che distraggono). Tali momenti dovrebbero essere esperienze limitate nel tempo, programmate nell’interesse dell’allievo e della sua integrazione, che possono ridursi con il progredire dell’azione educativa e dell’adattamento del bambino. Un’altra risorsa sono i compagni, chiave di successo dell’integrazione scolastica se si stimolano tra i componenti il gruppo-classe la costruzione di rapporti di amicizia e aiuto reciproco. Sicuramente questi rapporti sono molto personali e nascono da una libera scelta dei soggetti, ma possono essere facilitati da insegnanti e genitori e dal clima sereno all’interno della classe. Prima di tutto è importante a tal fine che siano “essi stessi modelli positivi di persone sempre pronte a fornire aiuto, ad incoraggiare e a sostenere. Così facendo viene facilitata l’individuazione della classe come comunità che si prende cura di ciascuno e dove ogni allievo può dare un contributo apprezzato a favore di compagni in difficoltà”. (13) Inoltre gli insegnanti possono stimolare abilità prosociali quali l’espressione dei propri sentimenti, le relazioni interpersonali, la non aggressività, la collaborazione, la condivisione, la creatività. A questo fine è importante che si faciliti una adeguata conoscenza dei deficit e degli handicap presenti nella classe e la valorizzazione di tutti i compagni. Altra strategia che l’insegnante può mettere in atto per facilitare il sostegno da parte dei compagni consiste nel prevedere situazioni di tutoring, cioè l’utilizzo di altri compagni in funzione di tutor per favorire l’apprendimento di bambini in difficoltà. Questo approccio individualizzato stimola una relazione diretta con un compagno e ciò sollecita l’instaurare rapporti sociali, la condivisione degli stessi materiali e la tolleranza ad interagire negli stessi spazi. Anche i bambini impegnati come tutor traggono notevoli benefici da questo rapporto: migliorano il concetto di sé, avranno meno timore delle differenze umane e maggior tolleranza nei confronti degli altri, vivranno una reale accettazione della diversità. Infine è necessario creare un clima sereno e non competitivo all’interno della classe per promuovere esperienze di apprendimento cooperativo (Cooperative Learning): i bambini “lavorano insieme per apprendere insieme”, maturando una maggiore motivazione, rafforzando i rapporti interpersonali di rispetto, sostegno reciproco, scambio e amicizia.
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La famiglia diviene un’altra importante risorsa, se si instaura un rapporto positivo e costruttivo tra scuola e famiglia. Quest’ultima desidera che la scuola si organizzi affinché il proprio figlio viva pienamente l’esperienza di vita nel gruppo-classe e che offra tecniche e metodologie di lavoro che porti il figlio ad apprendere competenze scolastiche. Potrà offrire un grosso contributo se si condivide il “progetto di vita” del soggetto, come fonte primaria di conoscenza del bambino stesso, come ampliamento dell’esperienza conoscitiva iniziata a scuola, come supporto alle attività scolastiche nel tempo extrascolastico, come completamento di percorsi avviati. Sicuramente perché ciò avvenga la scuola deve divenire polo esperto agli occhi dei genitori, agenzia che dopo la famiglia accoglie il bambino e lo considera elemento naturale e strutturale della comunità scolastica, al quale mantenere attenzione costante. È necessario anche uno scambio informativo continuo, reciproco e basato sull’autenticità, la trasparenza e la condivisione di percorsi e valori. In sintesi
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Come sintesi finale, riportiamo due “sfide” per l’integrazione scolastica oggi, così come lanciate dal Professore Dario Janes dell’Università di Trento e Direttore del Centro Erikson
DUE “SFIDE OTTIMALI” PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA OGGI 1. DIFFONDERE IL MAGGIOR NUMERO DI DOCENTI “SPECIALIZZATI” SU BISOGNI EDUCATIVI PARTICOLARI E CREARE NUOVI UTILIZZI “NORMALI” DEGLI INSEGNANTI SPECIALIZZATI (CONTITOLARITÀ REALE NELLE ATTIVITÀ) 2. ASSIMILARE NELLA QUOTIDIANITÀ DELLE ATTIVITÀ PER TUTTI GLI ALUNNI QUEI “PRINCIPI ATTIVI” TECNICI E SPECIALI, CHE LA RICERCA PSICOEDUCATIVA IDENTIFICA, TRASFORMANDO E MIGLIORANDO LA QUALITÀ INCLUSIVA DELL’OFFERTA FORMATIVA PER TUTTI GLI ALUNNI CORPO, MOTRICITÀ E INTEGRAZIONE SCOLASTICA Il corpo e la motricità sono considerati elementi educativi ed evolutivi (tale fondamento sta alla base della teoria psicomotoria) di primaria importanza e le attività motorie nella scuola sono forme educative da privilegiare per realizzare l’integrazione scolastica e sociale dei bambini diversamente abili. L’attività motoria è quella che, pur eseguita a livelli diversi di competenza, consente il massimo di socializzazione tra gli allievi, soprattutto in un ambiente in cui l’insegnante voglia educare all’accettazione completa delle “diversità” e allo scambio-aiuto reciproco. Se da un lato non è pensabile che la mediazione del corpo sia adatta ad affrontare qualunque problema di sviluppo, dall’altro è da sottolineare l’im-
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portanza della motricità nello sviluppo del comportamento e delle capacità cognitive del bambino. Così pure diviene strategico per l’insegnante acquisire, egli stesso, abilità in ordine alla comunicazione ed espressione corporea, per stabilire una completa relazione e capire i messaggi nella globalità dei linguaggi non verbali. La motricità va considerata come un metodo d’intervento nel difficile percorso educativo e d’integrazione dell’alunno diversamente abile e non lasciato, quasi esclusivamente, all’ambito terapeutico riabilitativo. L’ambito motorio è un contesto favorevole per lo sviluppo e consolidamento di capacità cognitive fondamentali per gli apprendimenti scolastici. Inoltre la centralità del corpo e dei suoi linguaggi nella relazione con il disabile, spesso rendono l’ambito motorio strumento privilegiato per l’attuazione del percorso educativo. Il corpo, l’attività motoria, i giochi e le attività ludiche mirate all’integrazione, la possibilità di avviamento alla pratica sportiva, come momento riabilitativo e di conquista di autonomia personale e di gratificazione per il miglioramento dell’autostima, sono strumenti educativi concreti. Nell’intervento rivolto a soggetti diversamente abili, il corpo e la motricità hanno un ruolo importante, in quanto: ➢ la disabilità intellettiva è spesso legata a difficoltà o insufficienza di alcune forme di apprendimento e di sviluppo, nelle quali l’attività sensopercettivo-motoria gioca un ruolo importante; ➢ l’analisi tra sviluppo cognitivo e motricità può dare importanti elementi di conoscenza sul percorso di sviluppo psicofisico dell’alunno; ➢ per il processo evolutivo è importantissima la spinta all’agire che nasce nella dimensione motoria, in quanto ambito fondamentale di valorizzazione insieme all’esperienza immediata e concreta della corporeità. Così l’attività motoria diviene importante strumento nel processo di integrazione sociale, poiché consente all’educatore di creare legami forti tra il giovane diversamente abile e il mondo esterno. La comunicazione e la relazione nascono e si realizzano attraverso codici diversi, non verbali. Questo rende centrale la “dimensione del corpo”. Corporeità, movimento e motricità diventano il luogo dell’evento comunicativo dando senso e significato alla relazione interpersonale e, conseguentemente, educativa. Un intervento educativo centrato sul vissuto dell’esperienza motoria può conciliare nel contempo lo sviluppo della persona e lo sviluppo di
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competenze particolari, in quanto promuove necessari sentimenti di sicurezza e di autonomia ed aiuta l’alunno diversamente abile sia nel processo evolutivo, che nel percorso d’integrazione. Inoltre l’esperienza motoria favorisce l’incontro con l’altro: attraverso il contatto fisico e la reciproca percezione, i percorsi della comunicazione, della relazione e dell’esperienza. Infine la relazione tra apprendimento motorio e sviluppo cognitivo è stata ed è un rilevante oggetto di studio delle scienze psicopedagogiche.
RUOLO DEL CORPO E DELLA CORPOREITÀ NELLA RELAZIONE E COMUNICAZIONE Nel comunicare il movimento e linguaggio sono strettamente correlati, infatti, si può dire che:…< il movimento è comunicazione e linguaggio, perché il senso della nostra esistenza si traduce nel poter esprimere (vitalmente) il nostro essere >. (14) Molte attività umane , quali lo studio, il lavoro, l’amore, ecc. il cui significato è costruito, al contempo, da tutti coloro che vi partecipano in modo interattivo, sono regolate da dinamiche intersoggettive che dicono come comportarsi e cosa aspettarsi in ciascuna di esse. ➢ Comunicare vuol dire, sostanzialmente, costruire un significato insieme ad altri (Bara, Tirassa, 1999) ➢ i processi comunicativi sono da sempre parte costitutiva dell’agire dell’uomo (Glasersfeld, 1989) ➢ la comunicazione è codificata o convenzionale, infatti si usano simboli condivisi per indicare oggetti, concetti e costrutti mentali ➢ la comunicazione consente l’interazione tra l’Io e il mondo esterno ➢ la comunicazione contribuisce all’elaborazione di contenuti mentali e alla costruzione del patrimonio intellettivo della persona. E se il linguaggio verbale non può svolgere la funzione primaria che comunemente assolve nella comunicazione? È necessario sviluppare altre modalità e i contenuti che danno vita alla relazione, ove la relazione deve essere intesa come l’incontro significativo con l’altro. Quando il confine dei codici comunicativi oltrepassa quello della parola, quando la persona si oppone o non è in grado di usare il linguaggio verbale…si incontra la difficoltà di utilizzare “il non verbale” nella relazio-
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ne, in quanto bisogna modificare le regole e il modo di avvicinarci alla realtà. “Dobbiamo cambiare i mezzi della comunicazione, quindi utilizzare il corpo, la sensorialità come medium di sistemi rappresentativi precedenti ma, soprattutto, vi è la necessità di altre forme di pensiero più che di nuove parole, di passare dalla capacità di fare distinzioni a quella di scoprire analogie. Dobbiamo saper andar oltre la cronicità dei nostri percorsi sempre identici, accettando con umiltà altre forme di sapere per tollerare anche ciò che non si comprende. Dobbiamo imparare a tener conto di ciò che si vede ma, paradossalmente, anche di ciò che non vediamo ma che potrebbe essere “visto con altri occhi”… È importante comprendere che il “luogo dell’evento comunicativo” è composto dagli strumenti necessari ad incontrare l’altro – là dove la disabilità lo permette – e dalle procedure che consentono di “fare senso” là dove la cultura non è solo linguaggio (Di Renzo, 1997)”. (15) Nell’esperienza di ogni giorno possiamo rilevare quanto sia più gradevole e motivante per l’alunno con disabilità intellettiva poter apprendere attraverso il vissuto motorio che permette il coinvolgimento personale nell’azione e nella comunicazione che si stabilisce con il mondo circostante. Utilizzare il vissuto senso-motorio del bambino per l’attività educativa, consente di partire dall’azione corporea, dalla dimensione non-verbale, per stimolare livelli di comprensione logico-concettuali. Se l’intervento didattico è esclusivamente improntato su criteri cognitivo-mentali, altri aspetti della personalità dell’alunno non possono intervenire. Ciò penalizza tutti quei soggetti che non sanno comunicare attraverso tutti i codici che dovrebbero essere in grado di utilizzare e quelli che non rispettano le “tabelle di marcia” dello sviluppo così definito “normale”. Perciò lo sviluppo motorio assume un’importanza fondamentale in quanto valido strumento per raggiungere obiettivi di tipo cognitivo e di integrazione socio-affettiva. Inoltre è possibile favorire attraverso l’attività motoria una sorta di relazione con la realtà esterna, nonché nuove possibilità di comunicazione e percezione del proprio mondo interno. Attraverso la scoperta della propria efficienza motoria, è possibile influenzare positivamente la generale maturazione della persona. Ogni successo sul piano dell’azione si ripercuote sul comportamento cognitivo ed affettivo, in quanto favorisce una maggiore autonomia, aumenta la capacità di raggiungere gli obiettivi preposti, affina le capacità autoregolative e produce elementi utili per costruire e fortificare l’autostima. Perché ciò avvenga è necessario che l’attività motoria sia calibrata sulle capacità e sui bisogni dell’alunno diversamente abile; così
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per il suo processo evolutivo, l’attività motoria diviene un importante strumento educativo, soprattutto se non perde l’aspetto ludico. Il gioco, individuale o di gruppo, è il grande sfondo integratore all’interno del quale si possono contestualizzare esperienze di tipo emotivo, cognitivo e relazionale e favorire al massimo i processi creativi; giocare è un’esperienza estremamente motivante che offre pari opportunità a tutti e crea un coinvolgimento che favorisce l’apprendimento di concetti indispensabili allo sviluppo formativo generale. Il gioco può essere definito un canale universale per convogliare il desiderio di stare insieme e di sperimentare nuove attività; è inoltre una modalità operativa così flessibile da permettere a tutti di esprimere le proprie potenzialità. L’attività motoria e sportiva è fondamentale nell’intervento rivolto a soggetti diversamente abili, in quanto sviluppa le potenzialità individuali, incrementa l’integrazione in contesti di vita ricchi di relazioni significative. Nello sport si ha la possibilità di trovare elementi di successo e valorizzazione personale e si pratica un’attività particolarmente benefica oltre che al fisico, allo sviluppo cognitivo conseguente all’apprendimento motorio, alla socializzazione derivante dall’integrazione nel mondo sportivo, che porta al miglioramento dell’autostima. “Lo sport per la persona diversamente abile è l’esaltazione delle sue, anche se pur residue, capacità e di ciò che sa fare, in un mondo che sempre gli ricorda ciò che non è in grado di essere e ciò che gli manca. È per questo che la scuola, di ogni ordine e grado, dovrebbe essere stimolo evolutivo oltre che educativo. L’avviamento alla pratica sportiva si inserisce nel processo di integrazione sociale come strumento importane, che consente all’educatore di creare legami forti tra il giovane disabile e il mondo esterno. Legame che si rinsalda nel tempo e gli consente di avere una ulteriore dimensione evolutiva entro cui formare la personalità e intraprendere il percorso di socializzazione, aumentando autostima e autoefficacia.”(16) Attraverso l’attività motoria è possibile per tutti confrontarsi, mettersi in discussione, soffrire e gioire, per questo rispetto ad altre attività rivolte alle persone con disabilità, ha il vantaggio di favorire l’integrazione sociale. L’attività sportiva, infatti, non solo ha una valenza formativa ed è occasione di apprendimento, ma stimola la crescita dell’individuo attraverso il gruppo. Sentire l’appartenenza ad una squadra, confrontarsi con gli altri e condividere le emozioni, favoriscono la crescita personale nella sua dimensione relazionale. La pratica sportiva quindi ha un’alta funzione socializzante fondamentale per il disabile: “sperimentare la vita di gruppo costituisce una notevole opportunità di sviluppo e, al contempo, permette di apprendere modelli di comportamento più appropriati al vivere sociale”.(17)
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Facendo riferimento esplicito alle “comunità di pratiche” di Vygotskij e Bruner, nell’attività motoria le persone-alunni si trovano a contatto corpo a corpo con l’altro, per costruire qualcosa insieme, per condividere un’esperienza piacevole; sperimentando il lavorare insieme si arriva a risultati superiori piuttosto che portare avanti un lavoro individuale. Nella “comunità di pratiche” infatti avviene la partecipazione di tutti i membri del gruppo, dai meno competenti ai più esperti, dove “le pratiche” sono quelle forme comunicative che permettono a tutti di partecipare alla realizzazione di qualcosa di condiviso e costruttivo. “Per creare una nuova cultura dell’integrazione, che attenui i pregiudizi e gli stereotipi sulle persone con disabilità e favorisca l’esigibilità dei diritti, è necessario sviluppare una cultura dell’apprendimento reciproco che produca significati, che risulti comunicabile, situando gli incontri con il mondo nel loro contesto culturale appropriato: una nuova cultura dell’integrazione esige una nuova comunicabilità realizzata in contesti culturali di apprendimento reciproco e di dimensioni di apprendimento”. (18) Concludiamo con una similitudine tra sport e vita. Lo sport è stato spesso utilizzato come metafora della vita.
“La
vita è uno sforzo, la vita è una gara, la vita è un rischio, la vita è una corsa, la vita è una speranza verso un traguardo…” Paolo VI
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ATTIVITÀ MOTORIE E SPORTIVE NELLA SCUOLA: UN CANALE PER L’INTEGRAZIONE Al fine di chiarire il ruolo e le funzioni delle attività motorie nella scuola, proponiamo un documento schematico del MIUR Dipartimento per l’Istruzione Direzione Generale per lo Studente che detta delle linee guida per la promozione e la diffusione delle attività motorie scolastiche. Sottolinea i passi cruciali, anche a livello legislativo, verso l’integrazione di alunni diversamente abili attraverso tali attività. (19) Quadro di riferimento Le attività motorie e sportive favoriscono il corretto sviluppo fisiologico, motorio, emotivo, cognitivo e socio- relazionale della persona. • Legge 53 del 28 marzo 2003 Indicazioni Nazionali per i Piani Personalizzati delle Attività Educative nelle Scuole dell’Infanzia Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nella Scuola Primaria Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nella Scuola Secondaria di 1° grado • 2004: Anno Europeo dell’educazione attraverso lo sport • 2005: ONU – Anno internazionale dello sport e dell’educazione fisica • Piani provinciali delle attività motorie e sportive L’attività motoria e sportiva nella scuola: • • • • •
contribuisce ad uno sviluppo armonico della persona consente la scelta di un percorso personalizzato attiva il coinvolgimento di tutti gli studenti favorisce l’apprendimento non formale ed informale valorizza il gioco come momento educativo di apprendimento socializzazione ed integrazione • promuove l’acquisizione di corretti stili di vita • educa ad una competizione sana nel rispetto del compagno/avversario • stimola il contatto con la natura
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NO ➢ all’ansia da prestazione ➢ alla specializzazione precoce SI ➢ al piacere del movimento ed allo star bene insieme ➢ ad una attività multilaterale Azioni da condividere ai diversi livelli istituzionali: • ampliamento dell’offerta formativa con percorsi di educazione motoria e sportiva • diffusione della cultura del “sapere motorio” utile per la condotta di vita ed il benessere • sostegno e valorizzazione dell’impegno sportivo scolastico ed extrascolastico degli studenti • integrazione scolastica per alunni disabili • integrazione scolastica per alunni di cittadinanza non italiana • valorizzazione delle eccellenze • adozione di soluzioni per conciliare la pratica agonistica con l’impegno, il successo e la frequenza scolastica • prevenzione del disagio, della dispersione e della devianza (violenza, doping, scommesse) • promozione dell’associazionismo scolastico • sensibilizzazione al volontariato sportivo • cooperazione delle famiglie Strumenti e risorse: • Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati • personalizzazione degli obiettivi e dei percorsi • attività opzionali • utilizzo della flessibilità didattico organizzativa • ampliamento dell’esperienza motoria nella scuola a partire dalle proprie risorse umane e finanziarie e dalla valorizzazione delle stesse • formazione “ in situazione” del personale coinvolto
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• promozione della pratica motoria e sportiva nell’extra scuola anche mediante rapporti di collaborazione con i soggetti presenti nel territorio (Enti Locali, CONI, Federazioni Sportive, Associazioni Professionali, Enti di Promozione Sportiva) garantendo l’intervento di personale qualificato.
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Esempio di Progetto dell’Istituto Comprensivo “F. Imondi Romagnoli” Fabriano (AN) a cura del GLIS (Gruppo di Lavoro per l’Integrazione Scolastica) ARCOBALENO PROGETTO DI EDUCAZIONE ALLA DIVERSITÁ PER UNA SCUOLA “INCLUSIVA”
Accettare luoghi comuni, conoscenze non verificate, giudizi preconfezionati: un’economia della mente che diventa un’avarizia del cuore. B. M. MAZZARA
Premessa La tendenza pluralistica e democratica del nostro tempo e l’unanime assenso – almeno a livello di affermazioni di principio – circa il rispetto dell’originalità di ogni persona, impongono alla scuola di collocare al centro del proprio progetto formativo una duplice istanza: lo sviluppo di una identità personale a più dimensioni e l’attenzione alle molteplici diversità individuali. La diversità va intesa nella sua accezione più ampia: • Diversità di specie (animali e vegetali) che ospita la terra • Diversità culturale, etnica e religiosa • Diversità sociali • Diversità di esperienze e storia personale • Diversità di capacità, competenze, abilità… La diversità, nella cultura attuale, è vissuta come ostacolo, paura, diffidenza, realtà che non ci appartiene, realtà da allontanare… Perché “attuare l’integrazione” nella scuola? La scuola è il secondo ambiente sociale, dopo la famiglia, in cui il bambino s’integra iniziando il suo cammino all’interno della cultura e della società. Il compito della scuola, accanto alla famiglia, è fornire le impalcature necessarie per la costruzione di una società civile e cooperativa in cui la diversità sia sinonimo di apertura, tolleranza, rispetto, accettazione di sé e dell’altro…di Pace.
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Un “vero processo culturale d’integrazione” si differenzia dal semplice “inserimento”. Con una similitudine, l’integrazione è… come un pittore che, per la creazione di un quadro, ha a disposizione solo due colori e decide di mescolarli insieme ottenendo sfumature sorprendenti che non avrebbe mai ottenuto utilizzando i due colori separatamente (Anonimo). Inserire significa mettere insieme due realtà. Integrare significa far interagire due realtà diverse ottenendo sfumature che arricchiscono entrambe. La diversità va considerata punto di forza di un gruppo o di una società e va riconosciuta come prerogativa del genere umano per scoprire che ognuno di noi sa fare cose che ci differenziano gli uni dagli altri, rendendoci unici. Ideazione Il progetto “Arcobaleno” nasce dall’esigenza di cambiare la conoscenza culturale che si ha sul concetto di diversità; è proposto da genitori di alunni diversamente abili che vivono in prima persona quotidianamente il problema e da alcune insegnanti che sentono il valore dell’integrazione scolastica nel loro operare in classe. Il Progetto non intende insegnare contenuti specifici, ma riconoscere la possibilità di uno scambio continuo con l’altro, perché l’integrazione nasce nella relazione. L’integrazione scolastica costituisce il presupposto fondamentale e irrinunciabile all’insegnamento-apprendimento, in grado di stimolare anche la successiva integrazione sociale; una sorta di “apripista” nel processo di integrazione. Come Il progetto non deve essere pensato e attuato in momenti sporadici e occasionali, ma strutturato in Unità d’Apprendimento preparate in funzione delle finalità e degli obiettivi previsti dal Progetto. Dove Il Progetto viene proposto per i tre ordini di scuola (scuola dell’Infanzia, Primaria , secondaria di 1° grado), quindi svolto in continuità. Perché iniziare il percorso dalla scuola dell’Infanzia? La diversità, nella cultura attuale, è vissuta come un ostacolo, con paura, diffidenza, come una realtà che non ci appartiene, da allontanare…Il bambino (essere “puro” per eccellenza), costruisce il suo concetto di “diversità” plasmato dalla cultura d’appartenenza. Quando si parla di diversi-
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tà, in molte occasioni non sono fornite al bambino le risposte necessarie a soddisfare le sue curiosità; oppure le risposte verbali non sono congruenti con il linguaggio non verbale. Per questo il Progetto Arcobaleno parte dai più piccoli: per provare a dare risposte esaurienti e coerenti fin da subito, per l’avvio delle relazioni umane allargate e della socializzazione. Chi Scuola e famiglia insieme. Insieme perché a volte le risposte date a scuola non coincidono con la conoscenza e il modo di vivere la diversità in famiglia; perché ci siano scambio e condivisione di valori, nonché una comunione d’intenti tra le due maggiori agenzie educative. Finalità generali Percepire e vivere l’incontro con il diverso come momento di confronto, scambio e convivenza positivi, fonte di ricchezza per una società civile. Finalità educative (dal PECUP) Conoscere e riconoscere il valore di ogni persona; essere aperti e disponibili all’ascolto, allo scambio, alla cooperazione; riconoscere, valorizzare e armonizzare le diversità. Obiettivi specifici – Conoscersi, conoscere e farsi conoscere per costruire la propria identità personale. – Ascoltare e accogliere l’altro nella sua identità originale. – Comunicare: esperienze, idee, emozioni e sentimenti attraverso linguaggi diversi. – Gestire i conflitti intesi come momenti di crescita. – Costruire una comunità di apprendimento dove si realizzi un “prodotto finale” insieme. – Eliminare stereotipi e pregiudizi legati al diverso e sviluppare atteggiamenti positivi di fronte a tutte le diversità. – Acquisire i concetti di uguaglianza e diversità, deficit e handicap.
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Destinatari Gli alunni tutti, compresi i portatori di esperienze di diversità sul piano sociale, etnico, religioso, culturale, personale (tra questi i bambini diversamente abili). Tempi Il progetto non va pensato e attuato in momenti sporadici e occasionali, ma strutturato in unità d’apprendimento da attuare nel corso dell’anno scolastico e svolto in continuità verticale tra i vari ordini di scuola. Metodologia La metodologia utilizzata prevede un approccio attivo e collaborativo, in cui gli alunni vengono coinvolti in prima persona e resi protagonisti attivi del percorso, fornendo loro gli strumenti e le occasioni necessarie. È importante creare nel gruppo un’atmosfera favorevole basata sulla stima (autostima e reciproca), sulla fiducia, sulla libertà di ciascuno e sulla creatività, favorendo il senso di appartenenza al gruppo e la coesione dello stesso; i bambini non possono dedicare le loro energie psichiche all’apprendimento dei saperi, se la loro attenzione è centrata sui conflitti e sui rapporti problematici. Si possono attuare alcune tecniche di intervento del metodo integrato di Thomas Gordon che evidenzia come l’accettazione, l’autenticità e l’empatia rivestono un ruolo primario nella relazione insegnante-allievo: l’ascolto attivo, il messaggio-Io, la risoluzione dei conflitti con il problem solving. È necessario favorire l’autonomia e l’iniziativa individuale, piuttosto che la dipendenza dall’adulto e il controllo di ogni azione. L’insegnante assume il ruolo di stimolo, guida, sostegno nell’esperienza che vede protagonista il bambino che apprende. È fondamentale attuare il “metodo cooperativo”: i bambini “lavorano insieme per apprendere insieme”, maturando una maggiore motivazione, rafforzando i rapporti interpersonali di rispetto, sostegno reciproco e amicizia così che non può esistere un successo individuale se non come successo collettivo. Sono auspicabili anche momenti d’incontro tra i differenti ordini di scuola per favorire il percorso d’integrazione tra realtà che spesso restano isolate: 3° anno scuola dell’infanzia e 1° anno scuola primaria, 5° anno scuola primaria e 1° anno scuola secondaria 1°grado.
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Strumenti – Testi di approfondimento e per ricerca di attività didattiche specifiche – Abbonamento alla rivista “Conflitti” – Televisore, videoregistratore, lettore DVD – Macchina fotografica e telecamera Attività – Conversazioni, momenti di confronto, dibattiti, circle time… – Narrazioni: favole, testi, articoli scientifici e materiali che approfondiscono il concetto di diversità – Drammatizzazioni di storie e racconti, semplici psicodrammi – Osservazione e lettura di immagini fotografiche e video – Giochi: di ruolo, di socializzazione, di gruppo… – Esercizi di rilassamento e riflessioni personali e a coppie – Utilizzo di differenti mezzi comunicativi: linguaggio dei sordi, espressività corporea… – Attività manipolative: collage, creazione di costumi per le rappresentazioni, pittura, creta e tutto ciò che si può modellare, assemblare, modellare,… – Coinvolgimento della famiglia nel percorso del progetto e partecipazione attiva nella preparazione di una “festa” o rappresentazione finale – Conferenze e tavole rotonde sul tema per le famiglie Risorse umane Lavorano al Progetto: il gruppo Glis dell’Istituto, la commissione accoglienza, gli insegnanti che intendono aderire, eventuale personale esterno qualificato, le famiglie che lo desiderano. È pensabile anche la cooperazione con associazioni e cooperative sociali presenti nel territorio. Per una scuola diversa, che fa l’eccezione in un universo d’indifferenza. A. VELLA
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NOTE (1) Tratto da www.ipssar.org “Le competenze degli alunni diversamente abili e la loro certificazione” M. GIOVANNA CANTONI (Dirigente Superiore in quiescenza per i Servizi Ispettivi del M.P.I. e membro dell’Osservatorio Permanente per l’handicap c/o il M.P.I.; componente della Commissione per le certificazioni) (2) Tratto da www.rivistadidattica.com “Alunni diversamente abili “di UMBERTO TENUTA. (3) Tratto da www.educare.it “Integrazione scolastica: uno sguardo all’Europa” di ENZO MAGAZZINI. (4-6-7-12) COTTINI L. “L’integrazione scolastica del bambino autistico” Ed. Carocci, Roma 2002. (5-8-9) Tratto da www.univirtual.it Percorso Formativo per le attività di Sostegno SOS 400 “Legislazione dell’integrazione scolastica” PROF. ROBERTO GAUDIO, Venezia, A.A. 2003/04. (10) Dai lavori del Convegno “Progettare ed Educare nella ed alla Responsabilità” PROF. TESSARO, Fabriano 30/10/06. (11) Tratto dai lavori del Seminario di formazione 11/12/03 Catania Prof. DARIO JANES Università di Trento, Direttore Centro Erikson. (13) TORTELLO M. “Autonomia scolastica, integrazione e individualizzazione” in “Handicap e risorse per l’integrazione” Ed. Erikson, Trento 1999. (14) ZOCCA E. “Didattica del gioco” corso on line SSIS del Veneto A.A.2001/02. (15-16) Tratto da www.univirtual.it dispensa elaborata nel Corso di Specializzazione per Insegnanti SSIS Veneto Corsi 2002/2003 Prof. D. DONATI “Educazione fisica: attività motoria e avviamento allo sport nella scuola, passi concreti verso l’integrazione sociale dell’alunno diversamente abile”. (17) WEHMAN, P. AND SCHLEIEN, S. (1981). “Leisure Programs for Handicapped Persons”. Austin, TX: Pro-Ed. (18) CALDIN R., SUCCU F. (a cura di), “L’integrazione possibile” Ed. Pensa, Lecce 2004. (19) tratto da www.formare.erikson.it.
CAPITOLO 4 IL LABORATORIO MOTORIO: ”OFFICINA” DI APPRENDIMENTO IN MOVIMENTO
Chi si preoccupa del futuro, deve preoccuparsi dei bambini HERMANN GMEINER
PREMESSA Il fine centrale per la legge di Riforma del sistema scolastico è la personalizzazione dei Piani di Studio. Si legge infatti: «…favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia nel quadro delle cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione». Strumenti fondamentali per la realizzazione di tale principio sono i Laboratori. Personalizzare significa liberare e accrescere le capacità e le competenze personali di ciascuno; valorizzare le identità personali e considerarle per un dialogo con altre identità che possono migliorarsi a vicenda. Perché la personalizzazione sia reale e nella scuola siano avviati gli strumenti per una sua effettiva realizzazione, è necessario superare alcune pratiche ed usanze presenti nel nostro sistema scolastico: 1) pensare che un percorso metodologico in uso sia unico per tutti gli allievi, indipendentemente da stili cognitivi e caratteristiche personali; 2) pensare che la vita intellettuale di una persona sia solo attività teoretica, dimenticando l’inscindibilità della sfera teorica da quella pratica e da quella tecnica, secondo l’antica teoria aristotelica; 3) assegnare il primato dell’educazione alla scuola, come sistema formale, epistemocentrico ed universale libero dal contesto di chi apprende. È altrettanto necessario avviare pratiche diverse per trasformare la scuola da luogo dove si esercita una riflessione intellettuale astratta che come unico mezzo ha il libro e la parola scritta destinata a pura teoria, in un
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luogo dove tutti gli aspetti dell’esperienza umana ( compresi il fare e l’agire ) siano fini dell’azione educativa scolastica e non semplicemente situazioni o momenti isolati, utilizzati occasionalmente a servizio del sapere teoretico. È necessario attuare quello che Bruner chiama «il principio di esternalizzazione» (1) costruire “opere” che siano espressione del lavoro mentale e dei pensieri per permettere un’ulteriore riflessione sugli stessi. «…L’esternalizzazione libera l’attività cognitiva dal suo carattere implicito, rendendola più pubblica, negoziabile e solidale. Al tempo stesso la rende più accessibile alla successiva riflessione e metacognizione…» (2) Ancora bisogna avvicinare la scuola con tutto il suo bagaglio epistemologico, pedagogico-didattico, organizzativo alla situazione esistenziale, affettiva ed empirica di chi la frequenta; ciò vuol dire fare delle scelte dettate dal contesto e legate a situazioni così che qualsiasi pratica sia accompagnata da idee, sentimenti, caratteri fisici, cultura della persona/e su cui si inserisce. Un’esperienza per un contesto (individuo, gruppo, classe, plesso scolastico), diviene espressione del contesto stesso. La scuola non può essere la scuola di tutto, ma di ciò che è espressione del pensiero e della situazione contingente e particolare, anche se poco. Nella Legge di Riforma troviamo un elemento fondamentale al fine di attuare la personalizzazione e dare a ciascuno ciò che gli è necessario: la flessibilità. Viene fissata prima di tutto una distinzione tra curricolo obbligatorio e curricolo opzionale a scelta delle famiglie, all’interno del quale si pongono i laboratori. Ma anche all’interno del monte ore annuale obbligatorio c’è una forma di flessibilità dovuta alla distinzione tra monte ore annuale di competenza dell’istituzione scolastica autonoma e una quota di competenza regionale. Sta ad ogni istituzione scolastica esplicitare nel Piano dell’Offerta Formativa (POF) come utilizzare questa flessibilità con scelte di contenuti, metodologie, strutture organizzative.
PERCHÉ I LABORATORI? La didattica laboratoriale, il cui ruolo è centrale per trasformare gli Obiettivi Specifici di Apprendimento in Obiettivi Formativi significativi e coinvolgenti per il bambino, rappresenta l’approccio più idoneo alla costruzione di un sapere collaborativo e condiviso con una costante metodologica: la valorizzazione della dimensione attiva dell’apprendimento e la rilevanza dell’operatività non solo pratica, ma anche mentale, finalizzate a esaltare il
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soggetto nella pluralità delle sue dimensioni, rendendolo attore della propria conoscenza. Dewey affermava che “l’intelligenza ha bisogno di certe condizioni per affermarsi e svilupparsi; ha bisogno di essere nutrita di eventi e di affrontare prove che la fortifichino”. (3) Egli proponeva nient’altro che un apprendimento pratico e situato, in cui le esperienze favoriscono l’apprendimento del “sapere” unito al “fare” per divenire un “saper essere”. Il fare di cui si parla è un fare di tipo “riflessivo”, lontano da un occasionale attivismo spontaneista, che vede l’allievo apprendere perché reso attivo e consapevole della situazione che sta vivendo. Così ancora Dewey, criticando la scuola a lui contemporanea, diceva: “Tutto è fatto per ascoltare, poiché studiare semplicemente da un libro non è che un altro modo di ascoltare; tutto attesta dipendenza di una mente da un’altra mente…tutto è disposto in modo da avere sotto mano il maggior numero possibile di ragazzi, da trattare come fanciulli en masse, come aggregato di unità” (4). Nella scuola ipotizzata da Dewey ciò che l’educatore persegue è di creare delle situazioni in cui i bambini possono essere “attivi”: ciascuno con la propria individualità, intelligenza, le proprie competenze e interessi. La struttura cognitiva dell’allievo è messa in moto sia dalla manualità che dal movimento, sia dal vedere che dall’ascoltare. Il “fare” e il “sapere” insieme generano apprendimento; due intelligenze, quella della mano e quella della mente, interagiscono potenziandosi scambievolmente. “Nell’opera di Maria Motessori tali idee trovano una efficace sintesi pedagogica. Il percorso di autoeducazione dell’infanzia si basa sulla fondamentale attitudine del bambino di applicarsi seriamente in attività di lavoro. Allorché il bambino viene coinvolto in occupazioni nell’ambito delle quali poter convogliare e trattenere con interesse la propria naturale curiosità ed attenzione nei confronti del mondo, agendo direttamente sulle cose, egli ha modo di evolvere gradualmente verso la piena maturazione intellettuale. Agendo sull’ambiente, infatti, il bambino stimola ed educa i propri sensi che sono alla base del ragionamento e del giudizio. In questa prospettiva, Montessori individua proprio nella mano il principale organo dell’intelligenza nella misura in cui, attraverso le infinite manipolazioni delle cose dell’ambiente che la mano consente, il bambino attiva il proprio intero apparato senso-percettivo, coinvolgendolo in appassionati processi di osservazione, investigazione, ragionamento e conoscenza”. (5)
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Con la MANO si può: • indicare e misurare lo spazio • percepire il liscio e il rugoso • plasmare, stringere, graffiare • sfiorare e accarezzare • imparare a conoscere l’ambiente • lasciare le tracce dalla propria esistenza • fare esperienze sensoriali, conoscitive e affettive La MANO è • l’organo e lo scopo dell’intelligenza • il tramite dell’intenzionalità delle azioni umane…. Sostiene ancora la Montessori che quando il bambino fa ingresso nella scuola ha con sé un bagaglio di esperienze, conoscenze e di vissuti affettivi maturati esplorando e manipolando la realtà. La scuola dovrà integrare la propria azione con tutto ciò, ampliando le esperienze senso-percettive, motorie, relazionali, affettive, fantastiche e creative, strutturate e con precisa intenzionalità educativa. La scelta metodologica, dunque, nella realizzazione del cambiamento proposto dalla Legge di Riforma richiede un’affermazione forte sia del percorso obbligatorio sia in quello opzionale facoltativo. Se il percorso scolastico obbligatorio si può riallacciare a modalità didattiche di tipo deduttivo (studio di concetti, nozioni, schemi poi verificati praticamente), il percorso opzionale dei laboratori si può riferire a metodologie di apprendimento pratico e situato, in cui attraverso l’esperienza si costruisce il sapere connesso al fare. Non c’è astratto senza concreto, non esiste pensare teoretico senza fare ed agire pratico. Sempre la Riforma del sistema educativo nazionale sottolinea il collegamento tra il sapere (le conoscenze), il saper fare (le abilità) e il saper essere (l’agire intenzionale e consapevole) come principio pedagogico irrinunciabile e riconosce come attività decisiva per l’apprendimento e per l’educazione, la struttura cognitiva messa in moto sia dal vedere e dall’ascoltare che dal “fare”. I Laboratori sono il modo per realizzare tali principi in quanto sostengono, con la metodologia che li caratterizza, l’unità della persona, della cultura e dell’educazione. Inoltre frequentando i Laboratori i bambini imparano a scoprire in maniera cooperativa la complessità del reale, mai riducibile a qualche schematismo più o meno disciplinare.
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IL LABORATORIO È… – “possibile camera positiva di compensazione di squilibri e di disarmonie educative; – garanzia di itinerari formativi significativi per l’allievo, capaci di arricchire il suo orizzonte di senso, senza peraltro trascurare l’insegnamento delle conoscenze e delle abilità disciplinari dovute”. (6) La didattica laboratoriale Il “laboratorio” è un luogo dove si possono fare esperienze, si imparano ad usare procedure, materiali, metodi che consentono la costruzione di conoscenze e si fanno esperienze reali o simulate che consentono processi d’apprendimento. Si impara perciò non attraverso una trasmissione di tipo verbale, ma mettendo in pratica procedure, concetti, categorie, strumenti. Si acquisiscono quindi le competenze necessarie ad applicare le proprie idee e concetti in situazioni diverse. Si impara soprattutto in un contesto altamente socializzante: i bambini imparano interagendo tra loro, intrecciando relazioni di tipo sociale, condividendo attività e significati, sviluppando pratiche di discorso collettivo e modalità di argomentazione e ragionamento. Imparano a costruire conoscenze specifiche, a mettere in atto operazio-
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ni mentali di diverso tipo in diverse situazioni e a interiorizzare modi di ragionare adeguati all’ambito disciplinare. Se la classe “non va considerata come insieme di individui, ma come comunità di apprendimento” sono proprio momenti come questo, oltre quelli di conversazione, che consentono di affinare e esercitare le competenze necessarie alla formazione del cittadino in grado di partecipare, collaborare, condividere, integrare e ricercare obiettivi comuni. L’elemento fondamentale del laboratorio è la relazione che si instaura fra gli allievi e fra questi e gli insegnanti, che assumono un ruolo di facilitatori dei percorsi. Si tratta di una didattica interattiva e la costruzione di un clima positivo ne è il presupposto. La cooperazione è la base fondante di una didattica laboratoriale: il lavoro collettivo, le scelte condivise portano a evitare fenomeni di emarginazione, in quanto il successo del lavoro dipende dal grado di raggiungimento dell’obiettivo perseguito dalla collettività piuttosto che dal singolo. La costruzione di un clima positivo e aperto nella didattica laboratoriale si realizza tenendo conto dei punti seguenti: 1. l’intenzionalità: nel laboratorio è tutto intenzionalmente programmato e predisposto; 2. la consapevolezza: l’insegnante è consapevole di mettere in atto un percorso di “scoperte”, a volte anche per se stesso; 3. l’interazione: l’insegnante è consapevole che la ricerca per prove ed errori è strutturata “in progress” e attraverso la continua interazione con il gruppo; 4. la condivisione: condividere significati consente di dare alle conoscenze il valore di un costrutto sociale. (7) Oggi si afferma di voler realizzare una scuola (quella della Riforma) dove non solo esistono i Laboratori, ma dove anche la didattica di classe dovrebbe essere di tipo laboratoriale, dando spazio al “fare” concreto, allo scambio di idee e alla possibilità di differenziare i percorsi educativi “personalizzandoli”. “Il Laboratorio e le pratiche laboratoriali di cui si parla nei Documenti nazionali, dunque, non sono un elemento separato, aggiuntivo e solo opzionale facoltativo delle attività educative e didattiche che si svolgono a scuola; … i docenti di Laboratorio non sono altra cosa dai docenti di qualunque disciplina quasi fossero peggiori (o migliori, a secondo dei punti di vista). Sono semplicemente i docenti nell’organico di un’istituzione scolastica, chiamati a trasformare le capacità dei ragazzi in competenze personali, organizzando, coordinandosi; le conoscenze e le abilità elencate
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nelle Indicazioni Nazionali in attività educative e didattiche unitarie differenziate per momenti, spazi, relazioni, modalità”. (8) Allora che cosa può fare un insegnante convinto della necessità di attuare una didattica attiva di tipo laboratoriale? Alcuni suggerimenti: ➢ Coinvolgere la classe o il gruppo nella progettazione della giornata o dei lavori, condividendo con i bambini gli obiettivi da raggiungere insieme. ➢ Prevedere sempre un momento di alfabetizzazione, intesa come apprendimento di tecniche e metodologie, in quanto la creatività di ciascuno potrà meglio esprimersi se dispone di strumenti necessari; ➢ Offrire vari momenti ed occasioni per esprimere la propria inventiva e fantasia. ➢ Prevedere un’organizzazione della classe in gruppi e predisporre lavori che la maggioranza può svolgere in modo autonomo, così da poter lavorare con piccoli sottogruppi che necessitano di essere guidati. ➢ Definire insieme ai bambini delle regole di comportamento, evitando un elenco di divieti. ➢ Creare un rapporto chiaro tra adulto e bambino; mantenere sempre ciò che si promette e non promettere se si sa di non poter mantenere: è la base dello star bene insieme. Considerata l’importanza della cooperazione e del fare collettivo all’interno del gruppo di Laboratorio, riportiamo un approfondimento pratico (tratto da un testo operativo per insegnanti) sul metodo cooperativo. Metodo cooperativo (9) L’apprendimento cooperativo è una metodologia didattica che prevede la formazione di piccoli gruppi, in cui gli studenti lavorano insieme per migliorare il loro apprendimento. Il metodo cooperativo, oltre ad essere altamente motivante, permette di ottenere risultati migliori nell’apprendimento d’abilità scolastiche e sociali. In particolare: ➢ gli allievi lavorano di più e raggiungono risultati migliori, memorizzano meglio, maturano una maggiore motivazione intrinseca, sviluppano livelli superiori di ragionamento; ➢ si crea uno spirito di squadra all’interno del gruppo e si rafforzano rapporti d’amicizia e di sostegno reciproco; ➢ vi è un maggior benessere psicologico che migliora l’autostima e l’immagine di sé.
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5 ELEMENTI ESSENZIALI 1. Interdipendenza positiva
il rapporto di collaborazione che lega i componenti del gruppo è tale che non può esistere un successo individuale se non come successo collettivo. Si sviluppa il senso di appartenenza al gruppo, dove ciascun membro collabora, socializzando idee e conoscenze, e incoraggia ciascun compagno ad esprimersi liberamente. Vi è un’interdipendenza anche nei premi: il gruppo è premiato collettivamente, sia per il lavoro svolto, sia per l’impegno individuale di ogni componente.
2. Responsabilità individuale e di gruppo
il gruppo è responsabile nel raggiungimento degli obiettivi definiti e ogni membro lo deve essere nel contribuire con la propria parte di lavoro. Gli alunni percepiscono che sono singolarmente responsabili del buon andamento del gruppo.
3. Interazione costruttiva i bambini si impegnano personalmente per raggiungere l’obiettivo comune, condividono conoscenze e strategie
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4. Abilità interpersonali imparano a riconoscere alcune abilità sociali: capacità di prendere decisioni, di creare un clima di fiducia, di comunicare, di gestire i conflitti
5. Valutazione del gruppo i membri del gruppo analizzano il percorso operato e ne valutano l’efficacia in merito agli obiettivi raggiunti; si identificano sia le azioni positive, sia quelle negative in modo da decidere quali comportamenti mantenere o modificare
ORGANIZZAZIONE IN PICCOLI GRUPPI: – richiede minori abilità sociali da mettere in atto – richiede minor tempo – è minore il rischio che alcuni non facciano il loro lavoro – viene sollecitata maggiormente l’interazione diretta e l’affiatamento – permette all’insegnante di identificare chi ha maggiori difficoltà. SPAZIO: occorre organizzare l’aula in modo flessibile ed essere disponibili a continui cambiamenti. Durante il lavoro cooperativo, i bambini dovrebbero essere disposti “faccia a faccia” fra di loro e vedere l’insegnante; vicini da tenere il tono di voce basso e stare “ginocchio a ginocchio” per rendere l’idea della vicinanza ideale. RUOLI: è importante definire fin dall’inizio le funzioni e i ruoli che i bambini devono assumere in relazione ai compiti assegnati. Il ruolo definisce ciò che i membri del gruppo si aspettano dal bambino investito di quella particolare responsabilità e, di conseguenza, da ciò che è tenuto a fare. Per esem-
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pio: Silvia ha il ruolo di “moderatore”, cioè controlla che il tono di voce dei suoi compagni di gruppo sia il meno chiassoso possibile, e lei, solo lei, ha il compito di riprendere i compagni quando le loro voci sono troppo alte. I ruoli dovrebbero essere assegnati a rotazione in modo che ogni membro possa sperimentare e imparare a svolgere le diverse funzioni. INSEGNANTE: svolge la funzione di facilitatore delle occasioni d’apprendimento; è un modello, un punto di riferimento, una guida da seguire che insegna e mette in pratica gli apprendimenti sia cognitivi sia relazionali. È l’organizzatore e l’osservatore che interviene per prevenire e orientare il gruppo verso gli obiettivi prefissati.
Laboratori: in quali gruppi? Le attività educative laboratoriali si possono promuovere sia nel gruppo classe, che in gruppi di classe/interclasse di livello, di compito ed elettivi. Sono situazioni diverse dal punto di vista organizzativo, ma soprattutto relazionale. Quando si lavora con il gruppo classe è importante far lavorare tutti e coinvolgere tutti e ciascuno in attività, problemi, narrazioni, spiegazioni, così che nessuno si senta escluso. La classe è sicuramente un gruppo grande ed imparare a lavorare in un gruppo grande è un traguardo difficile quanto importante, soprattutto apportando il proprio contributo. In una classe ci sono individui ognuno con la propria storia, la propria famiglia, i propri amici fuori dalla scuola; si trovano a lavorare insieme ed apprendere per molte ore al giorno per tanto tempo. Si pone un obiettivo alto: maturare tutti, diventare ciascuno migliore, crescendo ed educandosi con gli altri. Per fare Laboratorio nel gruppo classe sono necessari tempi distesi, compiti di apprendimento davvero comuni e motivanti, servono anche interventi personalizzati di «contenimento» delle ansie e dei conflitti. Tutto diventa più facile se la formazione dei gruppi è fatta sulla conoscenza diretta delle persone, è basata su criteri funzionali al lavoro da svolgere, è sottoponibile ad adattamenti e modifiche in base alle necessità. Laboratorio: caratteri • Esige di utilizzare costantemente il metodo della ricerca – azione che necessita di strumentazioni sue proprie e di procedure che continua-
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mente richiedono il mescolarsi di teoria e pratica. La ricerca è un modo naturale di comportarsi della mente in quanto la mente di per sé ha strutture e funzioni per avvertire e risolvere problemi: compito dell’educazione è quello di rafforzare ed affinare i naturali mezzi di ricerca dei nostri allievi. Prevede progettualità e interdisciplinarità che diventano un naturale unico elemento. Lo contraddistingue una progettualità che collega le attività educative con l’esterno della scuola e che nel contempo si serve di “esperti” e di risorse esterne. Impone la necessità di usare documentazione pertinente e produttiva. Si caratterizza come modalità di apprendimento significativo, di analisi e riflessione sul sapere, che l’allievo accumula a scuola, ma in larga parte anche nell’extrascuola. Diviene l’ambiente nel quale l’allievo mette alla prova ciò che sa delle varie discipline con le quali si confronta dentro la scuola. È un ambiente non inteso solo come luogo o spazio attrezzato, come aula speciale o decentrata, ma anche come insieme delle condizioni didattiche, sociali e degli interessi per svolgere un compito. In esso si sviluppano progetti ed Unità di Apprendimento per coniugare conoscenze ed abilità ed acquisire competenze. Prevede un percorso di apprendimento flessibile con la possibilità di fare scelte continue. È un modo collettivo di fare cultura: con il corpo e con le mani, più che con i simboli; l’allievo affronta problemi cognitivi, interagisce e confronta le sue competenze con quelle del gruppo. È il momento che risponde a interessi spesso trascurati, quali la comunicazione, la costruzione, il fare da sé, il movimento, l’esplorazione.
Il ruolo del docente nella pratica laboratoriale I problemi, le tematiche, i compiti che una didattica laboratoriale affronta sono strettamente connessi alla vita reale: la loro caratteristica è quella di coinvolgere studenti e docenti in un comune percorso di ricerca verso una risposta che non si conosce, tutta da scoprire insieme. Studenti e docenti in una relazione paritaria? Il docente resta docente; è l’esperto, colui che ha maggiori competenze, e pertanto è modello ed esempio nel percorso risolutivo dei problemi e nello svolgimento di compiti. Anche il docente però partecipa con i suoi allievi, anche se in modo diverso, ad una comuni-
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tà di apprendimento di cui non è affatto spettatore esterno, ma attore interno con la sua creatività personale e la sua competenza professionale. È condizione fondamentale nel tenere un Laboratorio che il docente responsabile dichiari le scelte didattiche ed educative attuabili in fase operativa, informi e coinvolga i destinatari spiegando perché serva quel determinato percorso e lo condivida con gli altri docenti, con le famiglie e il territorio. È necessaria da parte del docente grande consapevolezza nella gestione di scelte soprattutto di carattere metodologico, al fine di evitare automatismi o megaprogrammazioni anticipate, che non rispetterebbero le diverse dinamiche degli apprendimenti personalizzati. Il Laboratorio diviene così il momento in cui l’intenzionalità educativa si fa prassi, cioè il fine che il docente si prefigge fa i conti con la realtà che effettivamente trova e gli permette di valorizzare e rinforzare le motivazioni, di rispondere ai bisogni sociali ed ai livelli cognitivi, affettivi, emotivi del soggetto che apprende avvalorando contemporaneamente tutti i contributi disciplinari. Come si pone il docente all’interno della didattica laboratoriale? È regista del processo complessivo di insegnamento/apprendimento, in quanto crea occasioni di apprendimento. È esperto conoscitore della epistemologia della disciplina capace di analizzarne semantica e sintassi e di scoprirne tutte le valenze formative. È esperto conoscitore degli alunni, infatti riconosce le caratteristiche intellettive, ma anche affettive, emotive e di interazione fra gli allievi in modo da offrire a ciascuno opportunità di apprendimento secondo le proprie peculiarità. È esperto conoscitore di metodologie didattiche agisce seguendo un piano elaborato, riflettendo sulla propria esperienza, confrontandosi con i colleghi, ripensando e correggendo la progettazione in funzione di un nuovo assetto sempre più funzionale all’apprendimento degli allievi. È esperto progettatore che all’interno delle Unità di Apprendimento egli dichiara gli obiettivi formativi incrociando gli obiettivi generali del processo formativo e gli obiettivi specifici di apprendimento con la situazione attuale in cui opera, favorendo lo strutturarsi di competenze attraverso opportune strategie educative. Nei confronti degli alunni il docente è accompagnatore che propone e organizza, tutore che facilita le interazioni fra i diversi soggetti, consulente nel costruire conoscenze, negoziatore che favorisce la crescita individuale e lo sviluppo di tutte le potenzialità dell’allievo, sostenendolo nelle
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difficoltà, indirizzandolo verso nuovi orizzonti, sollecitando la sua curiosità e il suo interesse. “Come docente di attività di Laboratorio egli è attento supervisore dell’applicazione rigorosa delle procedure, pronto però a cogliere i cambiamenti del contesto in cui opera per ridefinire in itinere il processo in un’ottica di flessibilità. La raccolta della documentazione di tutte le fasi del percorso gli consente di attivare, da solo o con il confronto nel team dei docenti interessati, processi di riflessione e di adattamento a nuove esigenze, per offrire ad ogni alunno occasioni di apprendimento rispondenti ai bisogni individuali. È compito del docente stabilire i criteri e le prove di valutazione sulla base dei risultati attesi. In questo caso un metro di giudizio adeguato ad un “lavoro autentico” non può essere rappresentato solo dalle prove tradizionalmente volte alla valutazione di conoscenze ed abilità; occorre predisporre modalità di osservazione e, successivamente di valutazione, che abbiano come oggetto le competenze che ciascun allievo utilizza nelle varie situazioni che una didattica laboratoriale a tutto campo continuamente utilizza. Si tratta di un tipo di valutazione che considera sia il processo sia il prodotto finale di un percorso, che fornisce informazioni sui progressi conseguiti dallo studente, su quelle capacità che, opportunamente mobilitate, hanno reso significativo l’apprendimento”. (10)
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IL LABORATORIO MOTORIO Il corpo può essere inteso come il centro attraverso il quale la persona si manifesta e si esprime: il corpo si muove, agisce, sperimenta, sente, pensa, prova emozioni, unisce insomma strettamente l’aspetto fisico a quello psichico in una complementarietà reciproca. Questa realtà di ognuno è pienamente sottolineata dalle Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati; nelle quali si afferma: “La corporeità come valore : la scuola primaria è consapevole che ogni dimensione simbolica che anima il fanciullo e le sue relazioni familiari e sociali è inscindibile dalla sua corporeità. Nella persona, infatti, non esistono separazioni e il corpo non è il “vestito” di ogni individuo, ma piuttosto il suo modo globale di essere nel mondo e di agire nella società. Per questo l’avvaloramento dell’espressione corporea è allo stesso tempo condizione e risultato dell’avvaloramento di tutte le altre dimensioni della persona: la relazionale, l’estetica, la sociale, l’operativa, l’affettiva, la morale e la spirituale religiosa. E viceversa”. Perciò per un’armonica crescita e maturazione complessiva del bambino è importante promuovere la presa di coscienza del valore del corpo inteso come una delle espressioni della personalità e come condizione funzionale, relazionale, cognitiva, comunicativa e pratica da sviluppare. Sembrano emergere due dimensioni distinte che si compenetrano reciprocamente: da un lato la visione del corpo come movimento (quello che sa fare e quello che può imparare a fare), dall’altro l’affermazione del corpo come presenza, come individualità. Il laboratorio del corpo è dunque inteso come un “modo di fare scuola” e uno stile di insegnamento-apprendimento, all’interno del quale lo sviluppo del corpo si coniuga con la crescita psichica, cognitiva, affettiva e sociale.
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Nell’attuazione di un laboratorio motorio vanno rispettati i seguenti aspetti dello sviluppo: ➢ Il controllo globale degli schemi motori dinamici e posturali: camminare, correre, saltare, lanciare, … ➢ Il controllo segmentario (destra e sinistra su di sé). ➢ Lo sviluppo della capacità senso percettiva. ➢ Il riconoscimento di parametri spaziali. ➢ Il riconoscimento di parametri temporali (ritmo). ➢ La costruzione di un’immagine complessivamente positiva di sé. Il contesto privilegiato di questo ambito è senza dubbio il gioco: tutto ciò che avviene deve sempre esprimersi in forma ludica perché, diversamente, le proposte e le attività si ridurrebbero ad un grande eserciziario distaccato e freddo. Le attività di gioco sono molteplici, da quelle prettamente motorie (arrampicarsi, salire, scendere, scivolare, saltare, correre, strisciare…) a quelle senso–percettive (toccare, strappare, accartocciare, appallottolare, avvolgere, coprire, scoprire, lanciare…). Un’ulteriore riflessione importante riguarda la specificità corporea di ciascuno. È necessario, nel laboratorio motorio, rispettare “le diversità del corpo” cioè considerare che ogni bambino entra nella scuola con la sua fisicità, con la sua individualità, maschio o femmina, bianco o nero, capace o incapace di svolgere determinati compiti e, come tale, va accettato e rispettato nelle sue diversità. Le competenze che il laboratorio motorio è chiamato a mettere in campo, prevalentemente attraverso l’organizzazione di situazioni di gioco, riguardano: ➢ La coordinazione motoria. ➢ Lo schema corporeo inteso come capacità di controllo della postura, dell’equilibrio, del tono muscolare, degli schemi d’azione (camminare, correre, saltare…). ➢ L’accomodamento allo spazio come capacità di rapportarsi alla distanza, di conoscere direzioni, di utilizzare consapevolmente funzioni topologiche (dentro/fuori, sopra/sotto…) e funzioni (davanti a… dietro a…). ➢ L’accomodamento al tempo inteso come capacità di sincronizzarsi a suoni e ritmi, capacità di organizzare le azioni del corpo in funzione al tempo (velocità, successione e contemporaneità…). ➢ La capacità di esprimersi con il corpo. Il laboratorio solitamente viene svolto in palestra, ma quando il tempo lo permette può essere effettuato anche all’aperto, in cortile o in giardino.
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Si può utilizzare materiale strutturato (asse d’equilibrio, scale, tunnel, palle, cerchi, bacchette, mattoni, birilli, corde, ecc….), ma anche materiale non strutturato: • materiale naturale: sabbia, sassi, ghiaia, creta, acqua, bastoni, foglie, cortecce, pigne, paglia, farine, segature…; • materiale artificiale: carta, cartoni, scatoloni, stoffe varie, nastri, oggetti di plastica…. Il materiale, indipendentemente dal tipo o dalla varietà, deve sicuramente essere consono a certe esigenze didattiche: • soddisfare piacevolmente l’interesse e i bisogni del bambino; • valorizzare il movimento globale ma anche la manualità fine e la coordinazione segmentaria; • stimolare movimento e azione, ma anche controllo, equilibrio e rilassamento; • favorire il coinvolgimento di tutte le parti del corpo; • permettere situazioni di gioco guidato e finalizzato come situazioni di gioco libero e spontaneo; • facilitare l’aspetto comunicativo del movimento e delle posture. Nel laboratorio motorio prevale il fare spontaneo rispetto al compito da eseguire, il gioco rispetto all’esercizio, il corpo rispetto al materiale. Ma è sbagliata la visione del laboratorio motorio come situazione dove ciascuno fa ciò che vuole, così come non va considerato rigido e predefinito il curricolo delle attività. Il bambino è protagonista propositivo, con il proprio corpo e le personali esperienze vissute; l’adulto ha un atteggiamento di regia: predispone l’ambiente e i materiali, coglie, sorregge e rinforza gli stimoli dati dai bambini, propone per stimolare, fa da moderatore nelle relazioni interpersonali, osserva e documenta.
LABORATORIO DI ESPRESSIVITÀ CORPOREA: “DIARIO DI BORDO” Prendendo in considerazione quanto riportato nelle Raccomandazioni, quanto sollecitato nel PECUP relativamente al valore della corporeità, seguendo le Indicazioni Nazionali per l’attuazione dei Piani di Studio Personalizzati, riportiamo ora l’esperienza vissuta in prima persona dalla scrivente nella Scuola primaria dove sono in servizio come insegnante curricolare nell’attuazione di un laboratorio opzionale di espressività corporea.
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Ideazione e motivazione L’introduzione delle novità portate dalla Riforma Moratti nella nostra scuola, come del resto in altri ambienti scolastici e non, ha suscitato reazioni e risposte diverse, anche tra i docenti. Nella scuola dove insegno, sicuramente è stato motivo di riflessione e autoanalisi dell’agire professionale di ciascuno, di dialogo e confronto su tematiche pedagogiche e didattiche importanti, di sintesi operativa all’interno dell’Istituto. Come protagonisti di un cambiamento, noi docenti siamo stati stimolati a valutare il nostro bagaglio esperenziale e professionale; sono state “rimesse in gioco” attitudini e risorse; a ciascuno è stato chiesto di fare qualcosa di nuovo, perché tante sono le indicazioni, i documenti, gli input a cui i docenti devono dare la propria risposta, in base alle esigenze della famiglia e del territorio e soprattutto in base ai ritmi di maturazione dei propri allievi. La strada della Riforma operativamente è tutta da costruire: percorsi, strategie, organizzazione oraria, gestione delle risorse umane, attività, materiali, documentazione... Una delle tante domande che il Collegio dei Docenti si è posta è stata: quale offerta formativa opzionale si può proporre alle famiglie in base alle risorse interne e alla collaborazione con gli Enti locali? In pratica: quali attività laboratoriali, come, dove, quando la nostra scuola è in condizioni di attivare e vuole attivare? La mia personale risposta a tali quesiti è stata il laboratorio di espressività corporea! Perché ideare, organizzare, gestire un laboratorio di espressività corporea? • Per un motivo pedagogico-didattico: credo che il linguaggio del corpo sia un vero e proprio mezzo di comunicazione con propri contenuti semantici e affettivi, fatto di atteggiamenti mentali e azioni inscindibili e che sia alla base della comunicazione interpersonale di ogni persona con gli altri e con l’ambiente. Nell’azione didattica il linguaggio del corpo è visto come fine e come strumento per affrontare una situazione comunicativa anche attraverso il corpo. • Per sperimentare operativamente teorie, tecniche, metodi appresi. Volevo trasformarli in fase operativa, desideravo sperimentare direttamente con i bambini il comunicare, con gesti e movimenti, contenuti e significati, esprimere emozioni e condividere il clima di gruppo. • Per rispondere alle Indicazioni Nazionali: il secondo Obiettivo Generale recita che la corporeità è un valore e precisamente che “La Scuola Primaria è consapevole che ogni dimensione simbolica che anima il fanciullo e le sue relazioni familiari e sociali è inscindibile dalla sua
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corporeità. Nella persona, infatti, non esistono separazioni e il corpo non è il “vestito” di ogni individuo, ma piuttosto il suo modo globale di essere nel mondo e di agire nella società. Per questo l’avvaloramento dell’espressività corporea è allo stesso tempo condizione e risultato dell’avvaloramento di tutte le altre dimensioni della persona: la relazione, l’estetica, la sociale, l’operativa, l’affettiva, la morale e la spirituale religiosa. E viceversa.” Quando ho proposto alle colleghe nel settembre 2003 l’attivazione di un laboratorio opzionale di espressività corporea per le classi prime nel futuro a. s. 2004/05 nell’ambito della Riforma, ho riscontrato in loro una certa perplessità, non per il valore educativo del laboratorio, piuttosto legata alla novità dell’esperienza, alla scarsa conoscenza di metodi e contenuti. Ma sicuramente hanno sostenuto e condiviso la mia iniziativa di lavorare all’elaborazione di un curricolo di espressività corporea e di proporlo alla scelta delle famiglie. Probabilmente hanno compreso il mio entusiasmo e il desiderio di “sperimentare” un’attività completamente nuova nella nostra realtà, ritenendo valide le motivazioni educative-didattiche della proposta da me presentate.
Pianificazione Dopo l’approvazione da parte del Collegio e del Dirigente Scolastico (che sempre mi ha sostenuto nell’iniziativa), ho reperito vario materiale di documentazione teorica, ma soprattutto pratica sull’argomento, da testi di studio universitari, guide e riviste didattiche, siti internet, sussidi didattici abbinati ai libri di testo ed in particolare dalla mia esperienza laboratoriale universitaria presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Urbino. A giugno 2004 ho lavorato alla stesura del curricolo e alle UDA in linea generale, rimandando un’elaborazione dettagliata alla fase di esecuzione con gli alunni. A settembre 2004 è stato presentato alle famiglie delle tre classi prime attivate, il modulo per la scelta dei laboratori opzionali, inserendo anche quello di espressività corporea e ho incontrato le famiglie per illustrare i contenuti dei laboratori medesimi e valutare gli interessi, le motivazioni e i bisogni dei bambini al fine di guidarli all’attività di laboratorio più adeguata alla loro personalità. Le famiglie hanno aderito all’offerta opzionale che la scuola ha proposto; 20 alunni si sono iscritti al Laboratorio di Espressività Corporea.
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In base alle scelte espresse dalle famiglie, le insegnanti assegnate ai vari laboratori hanno organizzato gruppi di lavoro, spazi e tempi. I laboratori sono stati condotti con gruppi misti formati dagli alunni delle tre classi prime e si svolgevano nelle 2 ore pomeridiane.
Curricolo del laboratorio Premessa Il linguaggio del corpo ha alla base movimenti espressivi del corpo (mimica), del volto, delle mani. La comunicazione verbale è contemporanea a quello non verbale. Gesti, posture, sguardi insieme alle parole rivelano la personalità del soggetto. Il bambino utilizza il linguaggio del corpo in modo naturale come altri linguaggi, pertanto nella scuola è importante promuovere lo sviluppo e l’apprendimento di tutti i linguaggi: verbali, visuali, musicali, artistici… per far sì che ogni soggetto coinvolto nel processo di apprendimento abbia la possibilità di esplorare e valorizzare tutti i mezzi espressivi. Proponendo attività di espressività corporea, si permette al bambino di cogliere gli aspetti simbolici dell’agire e di esprimere intenzioni, emozioni, sentimenti, stati d’animo attraverso il corpo e il movimento. Come per altri linguaggi, anche il linguaggio motorio si apprende e si matura per gradi, quindi l’evoluzione motoria del soggetto influisce sulla possibilità di comunicare in modo armonico e completo con gli altri. Nella stesura del curricolo ho fatto stretto riferimento ai documenti nazionali: il PECUP e le Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati.
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Finalità educative e didattiche ➢ Favorire la retta ed armonica formazione della personalità dell’alunno, come individuo creativo, cosciente delle proprie capacità, capace di controllare le reazioni emotive, esprimersi attraverso i vari linguaggi, comunicare e convivere con gli altri nel rispetto reciproco, collaborazione e solidarietà. ➢ Prendere coscienza e conoscere il valore del corpo inteso come espressione della personalità e come condizione relazionale comunicativa ed espressiva.
Obiettivi Specifici di Apprendimento (OSA)
Apprendimenti unitari da promuovere
1) Acquisire piena consapevolez- ➢ Percepire le varie parti del corpo, le posture, i movimenti, i ritza del proprio schema corporeo mi corporei (il sé) 2) Comprendere ed usare il lin- ➢ Comunicare attraverso i gesti, la mimica facciale e corporea guaggio dei gesti 3) Raccontare con il corpo
➢ Utilizzare il corpo e il movimento per rappresentare situazioni comunicative reali e fantastiche
Nel curricolo del Laboratorio sono comprese tre Unità di Apprendimento , una per ciascun Obiettivo Specifico da raggiungere.
UNITÀ DI APPRENDIMENTO N. 1: IL CORPO Obiettivo Specifico di Apprendimento (OSA) N. 1 Dall’OSA ho estrapolato i seguenti Obiettivi Formativi: ➢ Individuare le parti del corpo su se stesso ➢ Individuare le parti del corpo su se stesso e sugli altri ➢ Individuare le parti del corpo in stasi e in movimento Tempi: 6 lezioni
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UNITÀ DI APPRENDIMENTO N. 2: I GESTI Obiettivo Specifico di Apprendimento (OSA) N. 2 Dall’OSA ho estrapolato i seguenti Obiettivi Formativi: ➢ Saper comprendere ed eseguire un gesto comunicativo. ➢ Saper comprendere ed eseguire una sequenza di gesti comunicativi. Tempi: 6 lezioni UNITÀ DI APPRENDIMENTO N. 3: IL CORPO RACCONTA Obiettivo Specifico di Apprendimento (OSA) N. 3 Dall’OSA ho estrapolato i seguenti Obiettivi Formativi: ➢ Saper esprimere contenuti con il corpo. ➢ Saper esprimere contenuti ampi e più complessi con il corpo. Tempi: 12 lezioni Metodologia del laboratorio Nella scuola l’educazione socio-affettiva è di primaria importanza; se non si crea un’atmosfera favorevole nel gruppo, i bambini incontrano difficoltà nell’apprendimento dei saperi, in quanto la loro attenzione è centrata sui conflitti e sui rapporti problematici (Gordon). Per questo motivo molte energie e tempo sono stati dedicati a istaurare un clima sereno nel gruppo, a sollecitare la stima (autostima e reciproca), la fiducia, la libertà di ciascuno e la creatività, a stimolare il senso di appartenenza al gruppo e la coesione dello stesso. Ho attuato alcune tecniche di intervento del metodo integrato di Thomas Gordon basato sull’accettazione, l’autenticità e l’empatia nella relazione insegnante-allievo; hanno rivestito un ruolo primario l’ascolto attivo, il messaggio-Io, la risoluzione dei conflitti con il problem solving. Anche nell’insegnamento delle altre discipline con il gruppo classe ho applicato queste tecniche, perché credo che la relazione insegnante-studente sia molto più importante dei contenuti culturali; da essa e dalle dinamiche interne alla scolaresca può nascere assenza di concentrazione, disinteresse, debole motivazione, costrizione e stress, o al contrario gioia di imparare, fiducia in sé e negli altri, responsabilità. Il Laboratorio si svolgeva nelle ore pomeridiane (dalle 14.15 alle16.15), pertanto i bambini arrivavano in palestra affaticati dalla mattinata scolasti-
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ca. Le attività prendevano avvio, proprio per questo motivo, con il muoversi liberamente in tutto lo spazio della palestra come gli alunni vogliono, per scaricare la tensione accumulata. Ho basato le attività sulla libera espressione dei bambini, lasciati autonomi nell’organizzare gesti e movimenti per esprimersi in modo personale e creativo: è il fulcro del Laboratorio di Espressività Corporea, cercando di superare condizionamenti e stereotipi acquisiti. Non sono mai intervenuta con una correzione diretta del gesto o del movimento, ma al fine di stimolare la libera e spontanea produzione motoria, il mio intervento è stato di esemplificazione. Comunque ho limitato al massimo precise indicazioni motorie, affinché siano la creatività, le conoscenze e le capacità espressivo-imitative degli alunni a dar vita a gesti e movimenti. Ho voluto essere un “facilitatore dell’autoapprendimento” una guida, piuttosto che una “maestra direttiva”. Ho cercato di favorire l’autonomia e l’iniziativa individuale, piuttosto che la dipendenza dall’adulto e il controllo di ogni azione. È stata applicata costantemente la didattica laboratoriale (vedi paragrafo specifico nel capitolo); l’esperienza pratica e diretta e l’osservazione sono gli strumenti attraverso i quali egli apprende; il motto è “imparare facendo” e l’esperienza concreta e attiva lo vede protagonista dell’apprendimento. E l’insegnante? Il suo ruolo è quello di stimolo, guida, sostegno. Ho attuato anche il “metodo cooperativo” (vedi paragrafo specifico nel capitolo); in questo caso il motto è “lavorare insieme per apprendere insieme”, al fine di maturare maggiore motivazione, rafforzare i rapporti interpersonali basati sul rispetto reciproco, il sostegno vicendevole e l’amicizia. Analisi della situazione iniziale Il Laboratorio vede la partecipazione di un gruppo di 20 bambini di classe prima; è un gruppo misto in quanto gli alunni provengono da sezioni diverse essendo un laboratorio opzionale a scelta delle famiglie. Si tratta di un gruppo abbastanza eterogeneo, provengono da scuole dell’infanzia diverse, hanno un vissuto personale e culturale variegato. Anche per questo è stato necessario lavorare molto sulle dinamiche relazionali del gruppo, favorendo l’autonomia, la collaborazione e l’iniziativa individuale. È inserita una bambina diversamente abile, quindi il gruppo è aiutato da un insegnante di sostegno. Per lei questo laboratorio è l’occasione per fare
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esperienze con gli altri bambini anche fuori dall’aula, in un ambiente diverso come è la palestra. Gli alunni denotano una vivacità motoria ed intellettiva, dimostrano di possedere molte conoscenze rispetto all’età; sono incuriositi da situazioni nuove e hanno entusiasmo da vendere verso le attività che vado a proporre. Sono disponibili all’ascolto, colgono stimoli e sollecitazioni: la maggioranza è molto propositiva; infatti indica attrezzi da usare o spazi della palestra da esplorare. Attraverso l’osservazione diretta durante attività mirate, spontanee o strutturate e momenti liberi verifico il possesso dei prerequisiti per l’apprendimento delle competenze preposte nel curricolo del laboratorio: • Coordinazione dinamica generale • Conoscenza parti del corpo su se stesso e sugli altri • Presa di coscienza delle posture • Organizzazione del movimento nello spazio • Espressione corporea spontanea Emerge la seguente situazione del gruppo registrata nella tabella seguente, dove il SI significa che possiede il prerequisito, il NO che non lo possiede, IN PARTE significa che lo possiede parzialmente; i numeri quantificano gli alunni: Prerequisiti
SI
NO
IN PARTE
Coordinazione dinamica generale
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6
Conoscenza parti del corpo su se stesso e sugli altri
16
1
3
Presa di coscienza delle posture
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1
3
Organizzazione del movimento nello spazio
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Espressione corporea spontanea
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6 1
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La situazione di partenza risulta buona in quanto la maggioranza degli alunni si esprime spontaneamente con il corpo e possiede i prerequisiti per l’avvio delle attività di espressività corporea. L’alunna diversamente abile non distingue le parti del corpo e si esprime solo dietro sollecitazione; incontra difficoltà a stabilire relazioni adeguate con i coetanei, anche se cerca
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lo scambio e accetta le attenzioni che i compagni le riservano rispondendo positivamente alle manifestazioni di affetto. Mostra di entrare in sintonia con gli adulti che le offrono relazioni sicure, empatiche e accoglienti. Tutti evidenziano con i loro comportamenti, alcuni bisogni che sono i normali bisogni di tutti i bambini : desiderio di muoversi e conoscere, bisogno di ascolto per esprimere sentimenti ed emozioni. Le attività del Laboratorio prendono avvio proprio come risposta a queste esigenze. L’alunna che dimostra di non avere coscienza delle parti del corpo, delle posture assunte e di esprimersi con il corpo solo su sollecitazione, è “la bambina diversamente abile”; è affetta da sclerosi tuberosa, con ritardo mentale lieve e marcata instabilità attentiva e psicomotoria. Necessita di contenimento da parte dell’adulto, in quanto tende a procedere, nello svolgimento delle attività, senza pianificazione e controllo. Per la bambina questo laboratorio rappresenta l’opportunità di fare esperienze relazionali in un ambiente diverso dall’aula, cioè la palestra, partecipando ad attività ludiche, espressive e creative, ma soprattutto insieme agli altri. Tempi Il Laboratorio si svolge per due ore settimanali da ottobre a maggio dalle ore 14.15 alle 16.15. Lezione tipo Al suono della campanella che segna la ripresa delle lezioni dopo il riposo post-mensa, i bambini delle classi prime si dividono in gruppi, uscendo dalla propria aula e raggiungendo quella dove si trova l’insegnante del laboratorio che frequentano. Pertanto mi vedo arrivare gli alunni delle 1a B-C, mentre parte della mia classe va nelle altre aule. In questo momento il clima è allegro per il desiderio di iniziare un’attività diversa e per la gioia di incontrare altri compagni. SALUTO. Entrando in aula i bambini mi salutano “a bocca chiusa”, cioè senza parlare, ma usando una parte del corpo (es. le mani, i piedi, le orecchie, il viso,…), movimenti, contatti fisici. Abbiamo stabilito che il saluto con il corpo è come la “password d’accesso”. Inizialmente i saluti erano gesti conosciuti o convenzionali (ciao con la mano, saluto dell’attenti militare…), poi con il tempo sono divenuti più originali e impegnavano varie parti del corpo. ACCOGLIENZA. Invito i bambini a sedersi sulle sedie nei posti che preferiscono e procedo a verificare eventuali assenze chiedendo loro di
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contarsi e scoprire chi sono i bambini assenti. Nel caso che qualche bambino non sia presente, mi informo su cosa gli è successo e i compagni sono ansiosi di raccontare se è malato, se è uscito prima,… con particolari e commenti personali. È importante per me che nessuno passi inosservato, per farli render conto che se un bambino è presente o meno il gruppo non è lo stesso, manca o è ricco di un “pezzetto”, come un puzzle. Segue una breve conversazione su come è andata la mattinata, la salute, episodi particolari e i bambini sono entusiasti nel raccontare. Qualcuno fa domande su cosa ho fatto io a casa o su ciò che faremo insieme. PREPARAZIONE MATERIALE. Ho già preparato sul tavolo: registratore, cd musicali, microfono, quaderno e penna, prolunga e spina per la corrente. Invito i bambini a prendere il materiale per trasferirci in palestra. Tutti vogliono trasportare qualcosa, quindi dopo le prime “zuffe furiose” hanno deciso per una turnazione che però stabiliscono da soli, io resto fuori da questa organizzazione se non per un avvertimento: “È materiale delicato, se cade si rompe, maneggiatelo con attenzione e cura”. Nel corso dell’anno vari bambini hanno perso interesse per il trasporto del materiale, altri erano portati a gestire sempre questo momento; a volte invitavo io qualche bambino più timido a farsi avanti per farlo sentire importante e coinvolto. TRASFERIMENTO IN PALESTRA. La palestra si trova al piano superiore dell’edificio, perciò dobbiamo salire le scale e attraversare un lungo corridoio. In questa fase i bambini non sono in fila, ma raggruppati vicini e il motto che ci siamo dati è “nessuno si deve accorgere che stiamo passando”. Questo per invitarli al silenzio e a muoversi con calma negli ambienti scolastici, come stabilito nel Regolamento d’Istituto. Io sono la prima a non parlare, se mi chiamano mostro la bocca serrata, segno di silenzio. Incontrano un po’di difficoltà in questo, perciò propongo un aiuto per non far uscire le parole di bocca: prima di partire serrare le labbra mimando una zip che si chiude, poi mettere una mano davanti alla bocca se questa tenta di riaprirsi. NELLO SPOGLIATOIO. Prima di entrare in palestra c’è uno spazio che utilizziamo per prepararci (con i bambini più piccoli non si utilizzano gli spogliatoi che sono un po’freddi). I bambini si tolgono il grembiule da soli (i bottoni dietro la schiena sono slacciati da un compagno), si tolgono le scarpe, infilano i calzettoni pesanti, poi corrono in palestra. Questo è un importante momento per lo sviluppo dell’autonomia personale, perciò io mi guardo bene dall’intervenire, dicendo che devo calzare le scarpe da ginnastica o sistemare il materiale...inizialmente qualche bambino non riu-
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sciva a slacciare le scarpe, proponevo di farsi aiutare da un compagno; qualcuno ha pianto quando si scoraggiava o vedeva gli altri entrare in palestra, subito correvano due o tre bambine molto aperte e attente agli altri in “soccorso”, appena liberato delle scarpe il pianto cessava.
IN PALESTRA. La lezione è costituita di tre momenti: ➢ fase iniziale di circa 5- 8 minuti; i bambini fanno liberamente ciò che vogliono, per scaricare la tensione ed esprimere subito la loro energia. Segue un esercizio di rilassamento con la musica. ➢ fase centrale di circa 45-50 minuti; si svolgono le attività di seguito illustrate, dopo una breve discussione in cerchio per ascoltare proposte e presentare ciò che si va a fare. ➢ fase finale di 10-15 minuti; i bambini giocano liberamente da soli o a piccoli gruppi utilizzando anche gli attrezzi presenti come desiderano, in modo originale, creativo ed utilizzano clavette, tappetini, cerchi... con fantasia. Al suono del fischietto si riordinano gli attrezzi, si forma di nuovo il cerchio per un commento sulle attività svolte, sull’impegno, sui risultati. TERMINE DELLA LEZIONE. Non appena sistemato il materiale, i bambini rientrano nella stanza adiacente, si siedono sulle panche per calzare le scarpe e indossare i grembiuli tra racconti e commenti sulle attività. Poi si torna in aula al piano di sotto con le stesse modalità di ordine, spostamento, silenzio, trasporto materiale. È il momento del saluto in cui invio dei messaggi personali ai bambini e scambio un “arrivederci battendo il 5” con la mano a ognuno. Ho scelto questo tipo di saluto per usare il linguaggio a
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loro più vicino e per comunicare che ognuno è importante per me e per il gruppo. Attività svolte ad ogni lezione ➢ Rilassamento Nella fase iniziale di ogni lezione, invito i bambini a distendersi a terra dove vogliono, senza toccarsi. Mando una musica classica di sottofondo che favorisce il rilassamento. Ora li invito a chiudere gli occhi e a dormire come se stessero nel loro letto, assumendo la posizione che hanno di notte. Dico: <Io dormo... , il corpo riposa, riposa il capo, il collo, riposa la pancia, dormono le braccia, le gambe... > Elenco le varie parti del corpo procedendo dall’alto al basso e viceversa, invitando i bambini a seguirmi con la mente e pensare alla parte del corpo che io vado a nominare. Ogni tanto li esorto a cambiare posizione dicendo: <Mi giro> Poi prosegue il risveglio secondo le mie indicazioni:<Mi sveglio, apro gli occhi, mi muovo lentamente, mi “stiracchio”, sbadiglio, sgranchisco le gambe, le braccia,... mi alzo dal letto> Durante le prime lezioni i bambini facevano fatica a chiudere gli occhi, ridevano, si toccavano uno con l’altro. Mi sono astenuta da qualsiasi intervento diretto, se non sollecitare il silenzio; ho fatto invece commenti positivi come ad esempio:< Giovanna dorme profondamente, spero che Andrea non si svegli... Alicia russa come un ghiro... >Gradualmente dopo due o tre lezioni, questi atteggiamenti si sono ridimensionati fino a scomparire quasi del tutto; penso anche che chiudere gli occhi vuol dire affidarsi totalmente agli altri, quindi i bambini sono riusciti in questo nel momento in cui è cresciuta la fiducia in me e tra loro. ➢ Gioco libero Nella fase finale di ogni lezione, invito i bambini a giocare liberamente utilizzando, se vogliono, gli attrezzi codificati presenti in palestra. Il contatto con questi attrezzi non usuali negli ambienti quotidiani, stimola la loro fantasia e creatività, si pongono il problema di come utilizzarli e diventano così soggetti attivi che scatenano la loro originalità. Io non spiego cosa si può fare con un cerchio o con la corda, mi siedo in disparte, come se uscissi di scena, e li osservo. I maschi prendono subito i palloni da basket o pallavolo e dopo poco tempo li abbandonano per altri attrezzi o per inserirsi in gruppi dove il gioco è già stato organizzato. Ho visto di tutto, cose veramente nuove; ad esempio: i tappetini azzurri diventavano un fiume, un letto, il recinto di un giardino; le clavette diventavano armi,
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bottiglie, birilli; il cesto con le ruote che conteneva i palloni una volta svuotato era un carretto, mezzo di trasporto per portare a spasso i compagni; le corde legavano i prigionieri; i cerchi posti a terra diventavano un sentiero da percorrere. Era interessante anche vedere che i bambini raggiungevano i posti più strani; due si posizionavano in cima alla spalliera e da lì osservavano “il mondo sotto”; altri accatastavano gli step uno sull’altro e si sedevano sopra.
Momenti di gioco libero in palestra
➢ Riordino del materiale Al termine della lezione, il suono del fischietto indica che è il momento di rimettere tutti gli attrezzi dove stavano. Il nostro accordo è che ognuno aiuta in questa operazione, io resto fuori dall’attività ed intervengo solo su richiesta, quando i bambini non riescono a sistemare qualcosa. I risultati inizialmente lasciavano a desiderare in quanto la palestra non risultava in perfetto ordine e dopo l’uscita dei bambini io tornavo a sistemare. Poi ho dato loro graduali indicazioni e ho preteso sempre più ordine
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PRIMA PARTE
e precisione; i risultati finali sono stati molto buoni. Due bambini si sono sempre rifiutati di fare questa attività, suscitando il disaccordo dei compagni e la mia disapprovazione; volevano giocare fino all’ultimo minuto e anche in altre attività scolastiche incontravano difficoltà nel rispetto delle regole del gruppo.
Bambini che riordinano il materiale
Attività ➢ Rilassamento del corpo (gioco del sonno). ➢ Giochi per scaricare la tensione. ➢ Percezione della propria fisicità. ➢ Identificazione delle parti del corpo. ➢ Assunzione di varie posizioni e posture. ➢ Ascolto dei ritmi del corpo. ➢ Giochi a coppie per trovare le parti del corpo su altri. ➢ Giochi e filastrocche. ➢ Esecuzione di gesti comunicativi con le mani ed espressioni facciali legate alle emozioni. ➢ Mimo di cose, animali, persone, azioni. ➢ Riproduzione con il corpo di una sequenza di azioni. ➢ Rappresentazione di vocali e consonanti con il corpo. ➢ Gioco dei mestieri. ➢ Mimo delle azioni. ➢ Ricostruzione di esperienze con il corpo: il risveglio, la giornata scolastica. ➢ Mimica di: filastrocche,vissuti personali, storie fantastiche, emozioni. ➢ Giochi di ruoli e “far finta di....”. ➢ Spettacolo finale per le famiglie.
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Esempi di attività Mimo di filastrocche per l’identificazione delle parti del corpo “Il mio corpo” Testo: Sono quella che sta sopra, Chi lavora qui in cucina? che comanda e che manovra, E chi impasta la farina? non sopporto chi protesta, Chi fa il pane e la focaccia? sono il capo, son la testa! Siamo noi, siamo le braccia! Son la parte che sta al centro, Una corsa in bicicletta, cuore e fegato li ho dentro, il traguardo è sulla vetta: come l’albero ha il suo fusto, e in cima arriverai, io del corpo sono il busto! se noi gambe muoverai! Testo di A. DIOMEDE Esecuzione: in semicerchio i bambini animano la canzone ascoltata dal lettore cd eseguendo in modo molto libero, ognuno secondo la propria personalizzazione vari movimenti; ad esempio: “Sono quella che sta sopra” puntano l’indice verso l’alto “che comanda e che manovra” fingono di guidare l’auto “non sopporto chi protesta” mettono le mani ai fianchi con fare alterato e viso corrugato “sono il capo, sono la testa” puntano l’indice indicando il capo “Chi lavora qui in cucina?” mostrano le mani una vicina all’altra “siamo noi, siamo le braccia!” mostrano i muscoli delle braccia “Una corsa in bicicletta” saltellano muovendo le gambe come se si pedalasse “e in cima arriverai” aprono le braccia verso l’alto in segno di gioia. Queste attività sono molto gradite ai bambini, sorridono divertiti, chiedono di ripeterle più volte.
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PRIMA PARTE
Il gioco dei mestieri I bambini sono seduti in fila, uno imita atteggiamenti caratteristici di alcuni mestieri (imbianchino, autista, cuoco... ) e gli altri sono invitati ad indovinare di quale mestiere si tratta. Chi indovina prende in posto dell’imitatore. Questo gioco può avere delle varianti: imitare azioni, mimare frasi da indovinare o mandare messaggi da interpretare. Ho notato che sono avvantaggiati i bambini con un lessico più sviluppato e che conoscono un numero maggiore di termini linguistici. Il mio corpo racconta... I bambini in schieramento libero provano a rappresentare alcune situazioni della vita quotidiana, guidati dalle mie indicazioni e con un sottofondo musicale. Il risveglio Dormo, drin suona la sveglia, vado in bagno, faccio pipì, mi lavo la faccia, mi pettino, mi specchio, infilo i pantaloni (una gamba, l’altra, tiro su, allaccio), infilo la maglia, mi specchio di nuovo, vado in cucina, mi siedo, guardo la televisione, metto lo zucchero nel latte, giro, metto i cereali, mangio, m’incanto, mangio, bevo il latte, spengo la tv, vado in bagno, mi lavo i denti: prendo lo spazzolino, metto il dentifricio, spazzolo in su e in giù, a destra e sinistra, prendo il bicchiere e sciacquo, indosso il grembiule, poi il giacchetto, metto lo zaino in spalla, saluto e parto per la scuola. Questa attività è stata eseguita a partire dal mese di novembre, si è protratta per un periodo piuttosto lungo; inizialmente con poche azioni, poi gradualmente abbiamo ricostruito tutto il mattino a casa. A questo punto l’ho utilizzata come inizio di ogni lezione dopo l’esercizio di rilassamento. A scuola Arrivo, saluto, mi spoglio, apro lo zaino, tiro fuori il materiale,scrivo, faccio ginnastica , tempero la matita, copio, canto, faccio merenda, disegno, cancello, pranzo, faccio informatica, leggo, parlo. Queste attività sono state precedute inizialmente dalla ricostruzione orale dei vari momenti che caratterizzano il mattino a casa e a scuola; sono stati i bambini a dare questo ordine cronologico e a rievocare tutti i momenti, io ho guidato la discussione e fatto da moderatrice quando volevano parlare
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tutti insieme o ognuno voleva far prevalere la propria opinione. È stato un lavoro abbastanza difficile perché a sei anni il bambino non ha acquisito ancora in modo completo la capacità di riordinare fatti vissuti e l’organizzazione temporale degli eventi. Queste competenze sono obiettivi anche delle UDA di Storia, ecco che l’attività di espressività corporea assume anche una valenza interdisciplinare, infatti rafforza la scansione temporale della giornata e il concetto di successione presenti tra gli obiettivi di Storia. Durante il giorno Fare una telefonata, pescare, mangiare un gelato, fare la spesa, viaggiare in autobus, pulire la casa, lavare i piatti, cucinare... Questo esercizio è stato svolto anche a piccoli gruppi eterogenei; ogni gruppo doveva rappresentare una situazione, mostrarla agli altri e cercare di far capire cosa stessero facendo. Dopo le prime indicazioni i bambini inventavano da soli situazioni da mimare; volevano che anch’io partecipassi e mi sfidavano ad indovinare o mi invitavano a mimare <Fallo anche tu, maestra, dai!> era la richiesta ricorrente. Io non mi lasciavo pregare più di tanto, ma fingevo spesso di non capire o sbagliare per non levare la soddisfazione agli altri bambini. Quando invece dovevo mimare, mi sforzavo di eseguire movimenti e gesti i più precisi possibile affinché fossi da esempio, mi imitassero e quindi migliorassero. Parliamo con il corpo Nelle ultime lezioni, quando i bambini sono stati capaci di creare gesti o sequenze di gesti comunicativi, li ho invitati a far finta di aver perso la parola e di essere costretti a comunicare sono con il corpo sia tra di loro che con me. Questa tecnica era usata sia all’inizio della lezione che alla fine e anch’io cercavo di dare comandi e spiegazioni solo a gesti. È stata una delle attività più divertenti, si vedeva lo sforzo di perfezionare il movimento per essere compresi, il desiderio del ricevente di capire, la gioia di entrambi quando la comunicazione avveniva. Ho notato anche che alcuni si arrabbiavano se non erano compresi e venivano da me dicendo: <Lui non si sforza per capirmi, se non mi guarda bene come fa?> Io ho pensato che a questa età i bambini sono molto egocentrici, vogliono essere sempre i protagonisti della situazione; questa attività è da stimolo al confronto con gli altri e all’interazione, alla collaborazione per il raggiungimento di uno scopo comune che è il comunicare solo con i gesti.
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Saggio finale A conclusione del curricolo del Laboratorio di Espressività Corporea, laboratorio opzionale scelto dalle famiglie, per condividere con i genitori che hanno voluto per i propri figli questa esperienza, con le attività svolte, si organizza uno spettacolo. Anche perchè a differenza di altri laboratori, le famiglie non vedono lavori cartacei o materiali vari che gli alunni portano a casa e molti hanno chiesto informazioni, dicendo che raccontavano di divertirsi e tornavano a casa entusiasti. All’inizio di aprile ho parlato ai bambini della mia intenzione di allestire uno spettacolo che raccontasse l’anno trascorso insieme; quasi tutti hanno gridato e saltato dalla gioia, solo alcuni più timidi e riservati hanno mostrato timore di non essere all’altezza, ma il mio incoraggiamento e la forza travolgente del gruppo li ha sostenuti. PREPARAZIONE Non c’è stata una fase di vera preparazione del saggio, ovvero dei momenti in cui si facevano le prove dello spettacolo, perché ho impostato il lavoro finale come prodotto di un percorso dove l’importante non è il risultato, ma l’iter di crescita fatto da tutti i bambini. Volevo semplicemente che ognuno raccontasse alla famiglia la sua esperienza personale, trasmettesse il vissuto esperenziale ed emozionale del laboratorio frequentato. Quindi nella fase di preparazione ho continuato a proporre le UDA lasciando più spazio alle attività dell’UDA n. 3 ed ho aggiunto la drammatizzazione di una storia che sarebbe stata il “cuore” dello spettacolo “La stellina di Ciop” tratta da “La motricità” di Valentini -Tonini Cardinali, Ed. Montefeltro, Urbino 1993
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Testo: Gian e Ciop erano due affezionatissimi amici. Vivevano con le loro mamme e i loro papà e cercavano di aiutarli come meglio potevano. Di buon mattino andavano nel bosco a raccogliere la legna e la spezzavano con la scure.
Il sentiero che percorrevano era molto tortuoso, ma i due fanciulli sapevano arrampicarsi come veri alpinisti.
Vi erano talvolta dei fossati da superare, ma Gian e Ciop, spiccando un bel salto, arrivavano alla riva opposta, mentre i ranocchi nello stagno li guardavano incuriositi. Vicino alle loro case vi era un grande prato con fiori variopinti e svolazzanti farfalline. Un vecchio albero dalle ampie fronde mosse dal vento era un sicuro riparo per i numerosi uccelli che facevano il nido fra i suoi rami.
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PRIMA PARTE
I due ragazzi approfittavano dei momenti liberi per sognare ad occhi aperti distesi sul prato in assoluta libertà. A Gian sarebbe piaciuto possedere un circo con tantissimi animali: leprotti, leoni ammaestrati, cavalli, cammelli, giraffe dal lungo collo, cani danzanti, simpatiche scimmiette, goffi orsetti, foche giocherellone, naturalmente non dovevano mancare i soldatini, le ballerine ed una grande orchestra della quale Gian sarebbe stato il direttore.
Ciop sognava di essere il pilota di un velocissimo aereo, con il quale avrebbe volato in Cina, avrebbe visitato le riserve indiane, conosciuto toro seduto che gli avrebbe insegnato ad usare l’arco e le frecce. Ad un tratto i sogni di Gian e Ciop furono interrotti da una pioggerellina leggera. I due amici si salutarono e si diressero ognuno verso la propria casa. L’indomani Ciop non si volle alzare, si sentiva tanto stanco e diceva di avere la testa indolenzita.
Gian si sedette accanto al letto di Ciop e cercò di tenergli compagnia, ma inutilmente: Ciop si sentiva sempre peggio. La febbre cresceva e cresceva fino a che il piccolo ammalato cominciò a piangere perchè desiderava una stella. Gian allora chiamò un uccellino suo amico, si aggrappò alle sue ali e partì verso le stelle.
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Ma le stelle erano troppo lontane e l’uccellino stanco ridiscese sulla terra. Intanto Ciop sognava cose stranissime. Figuratevi! Vedeva intorno al letto tanti nanetti che saltellavano beffandolo. Ciop invocava gli angeli del cielo che lo venissero a salvare da quei nanetti; ed ecco gli angeli scesero con lievi movimenti.
Gian spaventato pensò di uscire a cercare la mamma che era al lavoro con la sua e corse e corse per non perdere tempo. – Ecco la mia stella – gridò Ciop non appena si trovò stretto tra le braccia della sua mamma – ecco la più bella stella del mondo! – La mamma baciò suo figlio, felice e più splendente delle stelle che brillano nel cielo. (12) Esecuzione: i bambini in semicerchio ascoltano la lettura della storia che si interrompe ad ogni sequenza, quindi mimano con il corpo il significato di quanto letto su un sottofondo musicale abbinato. Quando i bambini hanno preso padronanza con la drammatizzazione della storia, la nonna di una bambina mi ha sostituito nella funzione di lettrice. Questo per ricostruire la situazione familiare ai bambini della nonna che racconta loro le storie. Lo spettacolo finale è inserito in un saggio di tutti i Laboratori opzionale delle classi prime svolti nella nostra scuola nell’ambito di attuazione della Riforma Moratti. Vengono invitate le famiglie tramite un volantino creato dai bambini nell’ora di Tecnologia Informatica. COSTUMI Nel gruppo c’è anche Benedetta, una bambina figlia di un’insegnante di scuola materna molto brava nel lavorare la carta crespa; chiedo a questa mamma la sua collaborazione descrivendo cosa vorrei che i bambini indossassero per creare un’atmosfera gioiosa e colorata. Con l’aiuto di altre mamme disponibili, incontrandoci un pomeriggio a scuola e lavorando a casa, si
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PRIMA PARTE
realizzano dei pon pon a strisce colorate da mettere ai polsi dei bambini. Lavorare con le mamme ha permesso di conoscerci meglio e ha fatto sentire le famiglie coinvolte nella scuola, partecipi del processo di crescita dei figli. Credo sia fondamentale un rapporto di collaborazione tra scuola e famiglia, basato sul dialogo sincero, la stima e fiducia reciproca nel rispetto dei ruoli. Ciò si costruisce solo creando opportunità di incontro, come questo lavoro con la carta crespa è stato.
SCENOGRAFIE Lo spettacolo si svolge in palestra ; metà della quale è destinata ad accogliere il pubblico e qui le collaboratrici scolastiche sistemano le sedie in file. L’altra metà è destinata alla scena e ai bambini; in fondo come scenografia appendo una larga tenda composta da nastri colorati da 10 cm legati ad uno spago resistente. Viene posizionata in alto in modo che le strisce colorate sfiorino il pavimento. Davanti dispongo dei fiori di cartone realizzati lo scorso quadrimestre dai bambini di terza nel Laboratorio Artistico. Li attacco con il nastro adesivo ai bastoni colorati della palestra e li infilo nei coni di plastica che fanno da piedistallo e permettono al fiore di stare eretto. Si viene a formare un prato fiorito dove i bambini si muoveranno con ai polsi le striscioline di carta crespa colorata che richiama la varietà di colori dello sfondo.
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In scena Il 19 maggio, giorno dello spettacolo previsto per le ore 18, convoco i bambini alle ore 17, per avere il tempo necessario ad indossare i costumi. Ci ritroviamo nella mia aula 1°A dove ho sistemato le sedie in cerchio e su ognuna ho messo il sacchetto contenente la calzamaglia nera e la maglia bianca che giorni precedenti le famiglie mi avevano mandato. Man mano che i bambini arrivano si accomodano e cominciano a svestirsi e indossare “gli abiti da scena”. La difficoltà sta nell’infilare le calzamaglie, ma fortunatamente nel frattempo è arrivata la nonna-lettrice che ci aiuta, anche perché in fase di preparazione lei diceva di essere la nonna di tutti! I maschietti ridono perché non hanno mai indossato le calzamaglie, le femmine sono più a loro agio anche per il fatto che alcune praticano danza fuori della scuola, quindi sono abituate ai saggi. Si sente un pò di tensione che cerco di contenere con abbracci e parole di incoraggiamento. Quando siamo pronti, dopo un respiro profondo, un “ip ip urrà per noi!” ci avviamo al piano di sopra verso la palestra, con lo stesso stile tenuto durante l’anno, cioè in silenzio, che nessuno si accorga che stiamo passando.
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PRIMA PARTE
I bambini fanno il loro ingresso in fila ma presto questa viene sciolta per sedersi liberamente nel posto assegnato al gruppo ed aspettare il nostro momento di entrare in scena.
Sono presentate le attività che i bambini hanno scelto come le preferite e si svolgono proprio come durante le lezioni. La prima filastrocca “Mano avanti, mano in dietro” vede i bambini cantare e mimare le parole disposti in due file parallele frontali; nella seconda “Il mio corpo” i bambini sono in semicerchio e drammatizzano la canzone prodotta dal cd musicale. Per le attività dell’UDA n. 2 (“Il risveglio”, “Io sono uno sportivo e un musicista”, “Racconto le azioni di... ”) io guido i bambini elencando al microfono azioni e personaggi da rappresentare e i bambini si esprimono con il corpo al suono di una musica di sottofondo; quando io parlo il volume della musica è basso e quando termino di parlare lo alzo e i bambini si muovono. La drammatizzazione della storia “La stellina di Ciop” è il clou del saggio; entra in scena la nonna lettrice, nonna Anna con la storia in mano scritta su un libro rosa, si siede verso la parte destra del semicerchio e dopo la presentazione di Fabio inizia a leggere la storia ai bambini e a tutti i presenti. Quando lei si interrompe, mando la musica e i bambini drammatizzano quanto ascoltato. L’effetto scenico è coinvolgente e per i colori presenti e per le musiche; infatti ho preparato un cd musicale contenente brani di musiche di diversi generi (dalla classica alla moderna a colonne sonore di film) adatte ai vari momenti della storia. Il contenuto è vicino al mondo affettivo dei bambini; fa emergere il desiderio dei bambini di avere la mamma (cioè i genitori) vicina e il forte legame affettivo che li unisce. La storia comprende l’animazione di perso-
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ne, animali, cose, azioni e riassume tutti i contenuti e gli obiettivi affrontati nel corso dell’anno. I bambini in scena sono naturali e spontanei; osservandoli noto che tutti sono concentrati, cercano di dare il loro meglio. Se qualcuno incontra qualche difficoltà, cerca con lo sguardo i compagni per imitarli; alcuni verso il termine della drammatizzazione accusano un pò di stanchezza, allora con cenni del capo o espressioni del viso cerco di sostenerli. A volte faccio il gesto di OK con le mani per trasmettere la mia approvazione per come procedono; ciò che percepisco è una sintonia di intenti tra me e loro, che si nota dagli sguardi e dai sorrisetti e una buona coesione tra loro, tanto che sembrano alleati per un unico scopo, si guidano e si sostengono a vicenda. Non nascondo di aver sentito un turbamento interiore nel vederli lavorare o nell’osservare la commozione di molti presenti. Il saggio termina con il saluto a passo di “bamba” e l’uscita di scena tra fotografie e scroscianti applausi. VERIFICA E VALUTAZIONE Al termine di ogni Unità di Apprendimento sono stati verificati gli obiettivi formativi, attraverso osservazioni dirette ed annotazione delle stesse durante attività mirate ed esecuzione di vari giochi. UDA N. 1 - VERIFICA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI E VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE
➢ Saper indicare le parti del corpo su se stesso. ➢ Saper indicare le parti del corpo sugli altri. ➢ Saper indicare gli organi di senso. UDA N. 2 -VERIFICA
DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI E VALUTAZIONE DELLE
COMPETENZE
➢ Eseguire gesti comunicativi con le mani. ➢ Eseguire espressioni facciali per comunicare emozioni. ➢ Usare il corpo per comunicare significati. UDA N. 3 - VERIFICA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI E VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE
➢ Raccontare avvenimenti con il corpo. ➢ Raccontare storie con il corpo. ➢ Esprimere emozioni con il corpo. La totalità del gruppo ha raggiunto gli obiettivi formativi ad un livello minimo; 16 alunni anche ad un livello superiore.
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PRIMA PARTE
La valutazione degli alunni ha tenuto conto del grado d’interesse dimostrato e della partecipazione alle attività, oltre dei risultati ottenuti a livello didattico. Questi sono stati valutati al termine di ogni UDA e registrati sul Giornale dell’Insegnante; dall’analisi dei vari fattori è stata certificata una valutazione quadrimestrale nella Scheda di Valutazione (spazio riservato alla attività facoltativa-opzionale). Gli alunni hanno seguito il percorso con molto interesse, impegno ed hanno frequentato assiduamente il laboratorio. Rispetto alla situazione di partenza sono cresciuti notevolmente sia a livello relazionale che a livello motorio. Hanno stabilito rapporti positivi con i compagni, con gli adulti presenti nel rispetto delle regole del gruppo, hanno gestito le situazioni di conflitto con una discreta autonomia, dopo una fase iniziale in cui tendevano a prevalere sugli altri e a far valere solo le proprie opinioni. Buona è risultata la capacità coordinativa segmentaria e generale e anche l’organizzazione del movimento nello spazio; i bambini hanno interiorizzato le varie parti del corpo e le individuavano su se stessi e sugli altri; il gesto da spontaneo è divenuto comunicativo di contenuti ed emozioni ed intenzionale, i movimenti espressivi gradualmente più disinvolti e più sicuri.
Momento del saggio finale
Fase finale del Laboratorio Nelle ultime due lezioni siamo rimasti in aula per un’esperienza molto positiva dal punto di vista educativo: la rievocazione dello spettacolo che ha fatto da feed-back per raccontare la propria esperienza e le emozioni provate, esprimere le proprie opinioni sul risultato costruito insieme, rivisitare i vari momenti per riflettere sul proprio vissuto.
CAPITOLO 4 - IL LABORATORIO MOTORIO: “OFFICINA” DI APPRENDIMENTO ...
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Riporto alcune espressioni dei bambini, che ho appuntato durante la conversazione: A. (presentatore): <Quando parlavo al microfono pensavo “adesso sbaglio, adesso sbaglio” invece non ho sbagliato!> N.: <Mi è piaciuto fare la farfalla perché io mi ci sentivo proprio.> T.: <Io ho fatto tutto diverso dagli altri, come mi pareva a me!> B.: <Maestra io quando stavo lì pensavo se babbo e mamma erano contenti; mamma a casa mi ha detto che si è pure messa a piangere!> M.C.: <Io non potevo guardare i compagni perché se no mi mettevo a ridere, soprattutto Lorenzo.> G.: <A me è piaciuto tanto fare la canzone del corpo perché ci è venuta benissimo!> F.: <Però gli altri bambini chiacchieravano, quelli che stavano a guardare!> A.: <Mi dispiace tanto che non ci sono stata perché ero malata, a casa ho pianto che ci volevo venire, ma il dottore ha detto di no.> A.: <Io mi sentivo importante e sono contenta che tutti hanno capito la nostra storia >. In un secondo momento abbiamo raccontato il saggio con un disegno dove ognuno poteva illustrare il momento che voleva. Infine abbiamo visionato insieme la ripresa video realizzata dalla collaboratrice scolastica e le fotografie, sia al computer che quelle stampate dai genitori. I bambini commentavano le pose, i gesti, le smorfie e si ammiravano con esclamazioni positive; qualche risata commentava movimenti goffi o buffi. Devo ammettere che sono stati molto obiettivi nell’autovalutazione! È stato un bel momento, si è creato un clima di condivisione e unità nel gruppo e con me.
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PRIMA PARTE
NOTE (1-2) BRUNER, “La cultura dell’educazione”, Feltrinelli, MI, 1997. (3) MORIN, “La conoscenza della conoscenza”, Ed. Feltrinelli, Milano 1989. (4) Dewey J. “Scuola e società” Ed. La Nuova Italia, Firenze 1983. (5) Colella D. (a cura di) “Studi e ricerche in scienze delle attività motorie e sportive” Ed. Pensa Multimedia, Lecce 2004. (6-8-10) tratto da www.lascuola.it Scuola e didattica Inserto n. 9, 15/01/ 04 anno XLIX “La didattica laboratoriale” di Giuliana Sandrone Boscarino Ed. La Scuola. (7-9) FERRARIO C. “Guida ai Saperi” Ed. Il Capitello, Torino 2003. (11) Disegni di Federica Brizi. (12) VALENTINI-TONINI CARDINALI “La motricità” Ed. Montefeltro, Urbino 1993.
SECONDA PARTE
Ci insegnarono tante cose: a scrivere, leggere, parlare, cantare, amare..., ma mai nessuno ci insegnò ad ascoltare, mai nessuno ci disse che regalare ascolto è un gesto d’amore raffinato, che l’atteggiamento d’ascolto è tanto difficile quanto prezioso, così prezioso che può diventare un dono. BRUNO CORTELLAZZO
CAPITOLO 1 UNITÀ DI APPRENDIMENTO
La Legge di Riforma degli Ordinamenti Scolastici del 28/03/03 n. 53 introduce le Unità di Apprendimento come le unità costituenti il Piano di Studi Personalizzato dell’alunno. Le Unità di Apprendimento si differenziano da quelle che la didattica per obiettivi dei decenni trascorsi chiamava “ unità didattiche”, perché mentre là lo sguardo era all’insegnamento e alle discipline, qui l’attenzione è per l’apprendimento e per l’alunno, meglio, per l’alunno che apprende, in quel particolare contesto e con quelle particolari capacità, attitudini e competenze. Il fulcro delle unità didattiche, come dice la definizione, era la didattica e gli obiettivi previsti nella Programmazione didattica disciplinare; il cuore delle Unità di Apprendimento è, come da definizione, chi apprende, cioè l’alunno, persona-protagonista del processo di insegnamentoapprendimento. In questa nuova ottica cambia la progettualità del singolo docente, in quanto non si elabora una Programmazione didattica annuale, ma Unità di Apprendimento, che non vanno stilate a priori, se non come scenari possibili e a grandi linee, mentre la loro costruzione dettagliata avviene nella quotidianità del lavoro con gli alunni usando gli obiettivi formativi in maniera duttile. Per funzionalità d’uso “Unità di Apprendimento” viene abbreviata con la sigla UDA in vari testi, schemi, prospetti e nella didattica quotidiana. Perché le UDA? Le UDA hanno lo scopo di trasformare il sapere (conoscenze) ed il saper fare (abilità) in competenze (saper essere). Tabella 1 (1)
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SECONDA PARTE
NATURA
VITA
CULTURA CONOSCENZE SAPERE
O. F.
▲
Talento naturale potenzialità (logiche, creative, espressive...)
U. A. ▲
CAPACITÀ
COMPETENZE SAPER ESSERE
ABILITÀ SAPER FARE
Asse dell’Istruzione
Asse della Formazione
GLI OBIETTIVI FORMATIVI SONO IL CENTRO DI UNA UDA Cos’è un’UDA? Un’UDA si compone degli obiettivi formativi e loro progettazione (uno o più), delle attività, dei metodi, di tempi, delle soluzioni organizzative necessari per trasformare gli obiettivi e le capacità in competenze; contiene infine, le modalità con cui si verificano e valutano tali competenze.
CAPITOLO 1 - UNITÀ DI APPRENDIMENTO
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Si può sintetizzare che un’UDA: – é una situazione formativa funzionale a promuovere apprendimento; – è centrata su un “compito”, cioè una situazione operativa e un apprendimento da raggiungere; – mira ad ottenere un “prodotto” che risponda a standard di qualità (una competenza); – produce competenze partendo da capacità e abilità come requisiti per l’apprendimento per giungere a capacità e abilità a livelli superiori pre-definiti; – è alimentata da apporti disciplinari (vedi UDA di lingua italiana, matematica, storia,... ) e/o trasversali ( vedi UDA di educazione alla convivenza civile); – è socializzata in quanto elaborata dal singolo docente e condivisa dall’équipe di lavoro o elaborata dall’intero gruppo di lavoro. Le UDA hanno le seguenti caratteristiche: 1. Componibilità fra loro nel Piano di Studi, cioè non distaccate in un Piano che sia disciplinare o interdisciplinare dell’équipe; 2. Unitarietà, costituiscono una parte significativa di un percorso unitario e non un tassello staccato dagli altri; 3. Molarità, devono trasmettere un sapere molare e non molecolare, parcellizzato, in virtù dell’unitarietà del sapere e perché la Riforma prevede una visione unitaria dell’alunno che apprende; 4. Significatività, devono riferirsi alle parti più significative delle discipline, ai nuclei fondanti; 5. Funzionalità, devono essere in grado di trasformare gli Obiettivi Formativi in competenze; 6. Verificabilità, devono consentire di verificare il raggiungimento o meno e a quale livello, degli Obiettivi Specifici di Apprendimento (OSA) di riferimento. (3) Le UDA possono essere di tipo disciplinare, cioè riguardanti una disciplina del curricolo obbligatorio secondo le Indicazioni Nazionali; ad esempio UDA di matematica o geografia o lingua inglese e il singolo docente ne elabora un numero a sua discrezione in base al gruppo classe, allo specifico alunno, alla situazione di partenza. Le UDA possono essere interdisciplinari, cioè riguardanti abilità trasversali a più discipline; prevedono contenuti generali e vengono organizzate dell’équipe pedagogica che opera nella classe; ad esempio UDA di educazione all’affettività, ed. stradale, ed. alla pace. Quante UDA un insegnante o un’équipe va a predisporre? Non esiste un
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SECONDA PARTE
documento nazionale prescrittivo in merito, ma si progettano le UDA in base al contesto particolare in cui si opera. Orientativamente in questi anni di iniziale attuazione della legge di Riforma, varie scuole si sono orientate progettando una o due UDA interdisciplinari per ogni quadrimestre e un numero variabile di UDA disciplinari anche in base al monte ore destinato alla singola disciplina nel corso dell’anno scolastico e alla classe dove si opera. Ad esempio nel 1° anno del 1° biennio (ex seconda) si progettano 5 o 6 UDA di lingua italiana, 2 di arte ed immagine. I vari Istituti Scolasti del territorio nazionale hanno prodotto le UDA in modo molto libero e anche i contributi formativi e informativi giunti ai docenti da riviste, testi, corsi di formazione sono stati diversi in stile, strutturazione e organizzazione. Si riporta un esempio di modello per la progettazione di UDA elaborato da una scuola Primaria e adottato per tutte le classi, sia per UDA disciplinari che interdisciplinari; è ispirato al documento che il Ministro Bertagna aveva suggerito per la progettazione di UDA, è stato rielaborato lasciando però i cardini della struttura, al fine di non snaturare il progetto iniziale del legislatore.
CAPITOLO 1 - UNITÀ DI APPRENDIMENTO
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Pensando alla elaborazione di una unità di apprendimento si può sintetizzare che: 1) occorre precisare bene le mete in termini di conoscenze, capacità e atteggiamenti relativamente alle singole discipline o a più discipline (prospettiva interdisciplinare); 2) occorre adeguare le mete alle caratteristiche personali dei singoli alunni (obiettivi formativi); 3) occorre individuare percorsi di apprendimento efficaci ed efficienti. Costruire i percorsi di apprendimento è certamente impegnativo, perché richiede: a) la conoscenza approfondita dei contenuti disciplinari ( la conoscenza delle discipline da parte dei docenti è assolutamente necessaria); b) la conoscenza delle caratteristiche personali dei singoli alunni, ai quali gli itinerari di apprendimento, compresi gli obiettivi formativi, vanno adeguati; c) l’invenzione di percorsi apprenditivi che siano: – significativi per i singoli alunni, cioè rispondenti alle loro motivazioni; – adeguati ai loro stili di apprendimento (attività motorie, attività virtuali, attività iconiche o attività simboliche); – operativi: quello che gli alunni fanno per scoprire, inventare, costruire i concetti (problem solving); 4) individuare e approntare le tecnologie educative (materiali concreti, comuni o strutturati); 5) stabilire criteri e strumenti di monitoraggio (verifica continua dei processi di apprendimento dei singoli alunni). Costruire una unità di apprendimento significa, sì, prendere atto degli obiettivi specifici di apprendimento e delle caratteristiche personali dei singoli alunni cui occorre adeguarli, ma significa soprattutto individuare, ricercare, studiare, mettere a punto, un percorso di apprendimento: tracciare gli itinerari che i singoli alunni debbono percorrere per conseguire le competenze previste (atteggiamento, capacità e conoscenze essenziali). Va tenuto presente che le attività degli alunni debbono essere: 1) motivate (nascere da un interesse, da un bisogno conoscitivo, da una motivazione) 2) adeguate ai livelli di sviluppo e di apprendimento dei singoli alunni 3) avere carattere operativo e ludico.
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SECONDA PARTE
NOTE (1-2-3) Tratto dal Seminario sul tema â&#x20AC;&#x153;La Riforma Moratti nella Scuola Secondaria di I grado, prospettive e sviluppiâ&#x20AC;? tenuto dal Dirigente Scolastico Rosanna Valeri, Urbino 17/03/05.
CAPITOLO 2 PROGETTI E UNITÀ DI APPRENDIMENTO DI ESPRESSIVITÀ CORPOREA
PREMESSA “ La personalizzazione consiste in un processo del diventare persona, un processo del costituirsi di un’unità o di un legame tra il corpo, le funzioni del corpo e la psiche a seguito del quale l’individuo si sente abitatore del proprio corpo”(Winnicott). Queste parole sottolineano che il processo di formazione dell’identità personale deve passare necessariamente anche per una presa di coscienza del proprio corpo, fino alla formazione dello schema corporeo. Già il testo ministeriale degli Orientamenti del 1991 per la scuola dell’infanzia, affermava che “il corpo e il movimento contribuiscono alla crescita e alla maturazione complessiva del bambino, promuovendo la presa di coscienza del valore del corpo inteso come espressione della personalità e come condizione relazionale”. Il corpo ha una forte valenza relazionale, “ non possiamo non comunicare”(1), anche la non comunicazione è una forma di comunicazione. Il corpo ha un suo linguaggio, si serve di tutti i segnali possibili: tonicità (tensione o distensione), mimica, sguardo, postura, gesto, voce, occupazione dello spazio e distanza prossemica, ritmo del corpo e movimento. Tutti questi elementi costituiscono la comunicazione non verbale, comunicazione fondamentale che accompagna il linguaggio verbale. Il linguaggio del corpo è un linguaggio analogico, è certamente il più arcaico e veicola molto spesso i contenuti emotivi affettivi fondamentali. Per essere più precisi si definisce comunicazione non verbale o analogica non solo ciò che riguarda il movimento del corpo, ma anche le posizioni del corpo; i gesti, l’espressione del viso e degli occhi; le inflessioni della voce; la sequenza, il ritmo, la cadenza delle parole; ogni altra espressione di cui il corpo sia capace; i segni di comunicazione o movimenti intenzionali sempre presenti in ogni contesto comunicativo. È necessario ribadire il valore del corpo, come espressione unitaria, unica e originale della persona e come condizione di base per lo sviluppo di tutte le funzioni psico-fisiche (attività cognitiva, relazionale, comunicativa ed
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operativa). Il movimento è considerato come forma e contenuto espressivo e comunicativo, ossia come linguaggio non-verbale, dotato di un proprio alfabeto, in questo senso l’educazione motoria è posta sullo stesso piano dell’educazione a tutti gli altri linguaggi. La comunicazione non verbale si riferisce a quell’insieme di segnali che il nostro corpo invia al mondo esterno. Il linguaggio non verbale ci permette di comunicare con gli altri. Il corpo quindi possiede un suo specifico linguaggio, che amplia e a volte sostituisce il contenuto verbale di una comunicazione. Esprime emozioni, invia informazioni su di sé, comunica con gli altri. Alcuni segnali sono emessi in maniera volontaria, consapevole, altri sono una risposta spontanea ad uno stimolo e si manifestano in maniera inconsapevole. A livello espressivo-comunicativo, non appare semplice inibire o modificare la manifestazione delle emozioni, soprattutto quando esse colpiscono l’individuo in modo improvviso. Ogni emozione fondamentale presenta una sua configurazione comunicativa, proveniente essenzialmente da movimenti facciali, solo in parte determinata dalle differenze culturali ed essenzialmente universale, vale a dire comune a tutti gli esseri umani. Per quanto le espressioni facciali siano un canale privilegiato, non sono da sottovalutare altre manifestazioni non verbali, come ad esempio i movimenti corporei, l’assetto tonico–posturale, il tono della voce, ... che arricchiscono il significato delle relazioni individuali. Nel campo della comunicazione prestare attenzione al linguaggio non verbale potrà consentire un cambiamento e un ampliamento dei modelli comunicativi. Nella scuola in generale fino a qualche anno fa si parlava di “ginnastica o educazione fisica” come riferimento al linguaggio del corpo; erano concepite come occasione per scaricare gli accumuli intellettivi ed emotivi prodotti dai processi di insegnamento-apprendimento delle materie “forti” (lingua e matematica). Oggi, (ed è il caso di dire “era ora!”), i termini nel linguaggio pedagogico e professionale sono sostituiti, più correttamente, con quello di scienze motorie e sportive, anche per sottolineare lo spessore educativo della motricità e il suo essere linguaggio formativo al pari degli altri linguaggi. La corporeità, il movimento e lo sport fanno appello ad una prospettiva formativa sotto un triplice profilo: 1) il più tradizionale profilo morfologico – funzionale, riguarda gli aspetti estetici e le caratteristiche fisiche della prestazione; 2) il profilo intellettivo-cognitivo, ad esso si ricollegano le capacità
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senso – percettive, visive – uditive, tattili e cinestesiche. Su detto profilo fa riferimento ad attività che servono a costruire lo schema corporeo; 3) il profilo affettivo – morale – sociale, che si coglie nelle attività mirate allo sviluppo di coerenti comportamenti relazionali. La scuola, soprattutto attraverso l’esperienza motoria, si adopera affinché il linguaggio corporeo venga usato dai bambini il più consapevolmente possibile. Attraverso questa esperienza, inoltre, l’alunno costruisce la propria consapevolezza corporea, base per lo sviluppo successivo della personalità, che si struttura grazie anche alla conquista della piena padronanza del corpo, della gestualità, delle proprie azioni. Fra intelligenza e motricità esiste una relazione precisa: la prima si costruisce a partire dagli scambi motori con l’ambiente (i meccanismi cognitivi poggiano sulla motricità, come diceva Piaget) e la seconda beneficia degli schemi così costruiti, per farne oggetto di nuove azioni. Da questa impostazione discendono alcuni traguardi di sviluppo da perseguire a partire inizialmente nella scuola dell’infanzia per proseguire negli altri ordini di scuola. Tali traguardi comprendono: – lo sviluppo delle capacità senso percettive; – lo sviluppo degli schemi motori di base (camminare, correre, strisciare, saltare, afferrare, lanciare, arrampicare, rotolare); – lo sviluppo della coordinazione dei movimenti; – l’apprendimento delle abilità grosso e fini motorie e della padronanza del proprio comportamento motorio nell’interazione con l’ambiente. Il linguaggio del corpo ha alla base movimenti espressivi del corpo (mimica), del volto, delle mani. Quando si comunica con le parole, contemporaneamente si comunica con il corpo. Gesti, posture, sguardi meglio delle parole rivelano la personalità del soggetto. Il bambino è naturalmente portato ad utilizzare il corpo come linguaggio, per questo nella scuola è importante promuovere lo sviluppo e l’apprendimento di tutti i linguaggi: verbale, visuale, musicale, artistico... per consentire all’alunno l’esplorazione e la valorizzazione di tutti i mezzi espressivi. Attraverso l’esperienza di espressione corporea si permette al soggetto di cogliere gli aspetti simbolici dell’agire, facendo sì che ognuno, attraverso il corpo e il movimento possa esprimere intenzioni, emozioni, sentimenti, stati d’animo. Anche per il linguaggio motorio come per quello verbale, l’apprendi-
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mento e la maturazione procede per gradi; pertanto la possibilità di comunicare con gli altri è condizionata dall’evoluzione motoria raggiunta.
PROGETTI E UDA Nelle Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nella Scuola Primaria, il secondo Obiettivo Generale ha per titolo “ La corporeità come valore”e dice: “La Scuola Primaria è consapevole che ogni dimensione simbolica che anima il fanciullo e le sue relazioni familiari e sociali è inscindibile dalla sua corporeità. Nella persona, infatti, non esistono separazioni e il corpo non è il “vestito” di ogni individuo, ma piuttosto il suo modo globale di essere nel mondo e di agire nella società. Per questo l’avvaloramento dell’espressività corporea è allo stesso tempo condizione e risultato dell’avvaloramento di tutte le altre dimensioni della persona: la relazione, l’estetica,la sociale, l’operativa, l’affettiva,la morale e la spirituale religiosa. E viceversa.” Proprio per questa forte giustificazione normativa e per permettere a quanti entreranno, o già ci sono, nel mondo della scuola di “fare espressività corporea”, si propongono vari spunti pratici , esemplificazioni di come, quanto finora scritto a livello teorico , possa divenire operare concreto con i bambini. I Progetti presentati hanno un carattere interdisciplinare, coinvolgono cioè varie discipline sia per la formazione che per l’approfondimento; questo per proporre una pluralità di linguaggi ad un unico soggetto che apprende (il bambino) e una pluralità di conoscenze per un unico Sapere. Si fa riferimento cioè all’unicità della persona e all’unitarietà del sapere. Ogni Progetto è strutturato nelle seguenti parti: – discipline interessate come formazione – discipline interessate come approfondimento – descrizione della tipologia del Progetto ( di istituto, di plesso, di classe...) – destinatari – obiettivi – descrizione del progetto – metodologia – tempi – attività – risorse professionali – modalità e strumenti di valutazione
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Le UDA, inserite e collegate al Progetto, sono un’esposizione di procedure contestualizzate e sviluppate sia in una parte descrittiva che in una pratica; sono tanti percorsi di insegnamento-apprendimento da studiare per sperimentare. Prevedono: – la contestualizzazione (premessa) – la fase pre-attiva (percorso formativo con obiettivi di apprendimento) – la fase attiva (modalità organizzative e tappe esecutive) – i contenuti teorici e pratici (attività) – il controllo degli apprendimenti (verifica e valutazione di competenze e abilità - portfolio) Molti Progetti e UDA sono stati ideati per gruppi (classi, classi-aperte, gruppi misti, sezioni) dove sono inseriti alunni diversamente abili, per l’integrazione scolastica anche attraverso il linguaggio del corpo.
NOTE (1) WATZLAWICH J. BAVELAS J. “Pragmatica della comunicazione” Ed. Astrolabio, Roma 1967.
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PROPOSTE OPERATIVE
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PROGETTI E UNITÀ DI APPRENDIMENTO DI ATTIVITÀ MOTORIA E INTERDISCIPLINARE PER LA SCUOLA DELL’INFANZIA
PROGETTO “ESPRIMIAMO LE EMOZIONI” (1) sezione 5 anni
PROGETTO DI FORMAZIONE PER LE SEGUENTI EDUCAZIONI: Linguistica, espressiva, motoria, socio-affettiva, relazionale. DI APPROFONDIMENTO CURRICOLARE DELLE SEGUENTI DISCIPLINE: Titoli: • salute • il sé e l’altro; • il corpo e il movimento; • fruizione e produzione di messaggi; • esplorare, conoscere, progettare. TIPOLOGIA DEL PROGETTO: di plesso DESTINATARI: tutti gli alunni della sezione omogenei per età (cinque anni). OBIETTIVI 1. Potenziare lo sviluppo degli schemi motori di base; 2. Acquisire la coordinazione dinamica generale; 3. Riconoscere parametri spaziali; 4. Riprodurre semplici strutture ritmiche; 5. Sviluppare le abilità fino-motorie;
(1) Il Progetto e la successiva UDA sono stati realizzati dall’allieva GAMBINI
ROSITA.
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6. Potenziare tutte le abilità inerenti alla comunicazione ed espressione manipolativo -visiva, sonoro - musicale, drammatico – teatrale; 7. Acquisire una padronanza dei vari mezzi e delle varie tecniche artistiche; 8. Sviluppare processi di identificazione – proiezione; 9. Sviluppare la sensibilità musicale; 10. Sviluppare la capacità di riconoscere ed esprimere emozioni e sentimenti; 11. Riconoscere le emozioni fondamentali (gioia, tristezza, paura, rabbia) nelle espressioni mimico-facciali; DESCRIZIONE DEL PROGETTO L’area dell’espressione è costituita da un gran numero di discipline e attività che toccano vari aspetti della persona e che suggeriscono differenti modalità operative (corporee, grafiche, simboliche... ). Queste diverse aree sono state raggruppate secondo cinque dimensioni, in modo da aver presente la specificità dei vari campi di esperienza: 1) dimensione del gioco con regole, considerata sia negli aspetti spontanei, sia in quelli organizzati; 2) dimensione musicale e motoria, relativa alla scoperta e alla organizzazione del mondo sonoro e ritmico, considerata nel suo stretto legame naturale con la motricità; 3) dimensione grafico – pittorica, che comprende le varie tecniche del disegno (pittura, tempera, ecc.) e che permette la trasposizione sul foglio di esperienze e sensazioni vissute nella realtà; 4) dimensione della manipolazione, inerente al modellaggio e alle costruzioni, che ha la caratteristica di rappresentare su tre dimensioni le cose che si vogliono produrre; 5) dimensione del gioco simbolico orientata alla rappresentazione o alla rielaborazione simbolica di situazioni vissute o immaginate; questa dimensione verrà sviluppata attraverso il gioco drammatico e con i burattini. Entrando nello specifico, nella dimensione del gioco con regole saranno considerate le regole individuali, quelle di coppia e quelle di gruppo; nella dimensione musicale e del movimento si lavorerà sui silenzi, sulle durate, sulla melodia, sulle caratteristiche del movimento; nella dimensione grafico-pittorica sul colore, sulla linea, sul movimento, sullo spazio; nelle attività plastico-manipolative sulla forma, sulle dimensioni. Tutte queste attività verranno poi associate alle emozioni. Nella dimensione del
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gioco con regole si potenzierà la capacità di mettersi nei panni dell’amichetto, oppure di sperimentare diversi ruoli; nella dimensione della musica e del movimento si chiederà di associare le emozioni fondamentali ai diversi tipi di musica e di movimenti; nella dimensione grafico – pittorica si chiederà di associare i colori alle emozioni; nel gioco simbolico si faranno rappresentare stati d’animo differenti. Al gruppo dei bambini appartiene una bambina autistica, che non ha particolari difficoltà a livello motorio, buone sono le abilità grosso - motorie e fino – motorie. La bambina ha raggiunto lo stesso livello di sviluppo dei pari negli schemi motori di base (camminare, correre, saltare, strisciare ecc.). Buone sono anche le capacità fino-motorie, la bambina disegna, colora, ritaglia, strappa, incolla, manipola materiali molli. Buona è la coordinazione oculo – manuale e oculo – podalica. Molto in ritardo rispetto alla media dei bambini è la formazione dello schema corporeo e la lateralizzazione. Ma le difficoltà maggiori si riscontrano a livello di comunicazione verbale e non verbale, la bambina non mostra alcun intento comunicativo. Tutto il progetto, rivolto alla classe, è elaborato sulla presenza di questa alunna e sulla sua incapacità comunicativa. Secondo la teoria della mente, i bambini autistici mancano della capacità di leggere gli stati emotivi propri e quelli degli altri. Il lavoro prevede dunque il potenziamento di tutte le forme espressivo-comunicative umane, compresa l’abilità di leggere le emozioni nelle manifestazioni mimico-facciali e gli stati emotivi attraverso la comunicazione non verbale. METODOLOGIA Le insegnanti programmeranno attività laboratoriali coinvolgenti e motivanti. Saranno formati gruppi omogenei per età, per attività creative da svolgere nel laboratorio di attività grafico- pittoriche e in palestra. TEMPI Alle attività laboratoriali (attività grafico–pittoriche, attività manipolative, attività motorie, attività musicali) saranno dedicate una ora settimanale per ciascuna e il progetto si svolgerà per tutto l’anno scolastico. ATTIVITÀ 1. Attività di lettura e animazione; 2. Attività di comprensione testuale;
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3. Giochi con la voce; 4. Giochi con il corpo e la mimica; 5. Canzoni mimate, musiche e balletti, movimenti e ritmi; 6. Disegni con tempere, pennarelli, matite ecc. 7. Costruzione di cartelloni; 8. Modellaggio di materia molle (argilla); 9. Realizzazione di burattini; 10. Giochi simbolici: travestimenti, attività di drammatizzazione, ecc. 11. Giochi di finzione ed immaginazione; 12. Giochi di rilassamento. RISORSE PROFESSIONALI Tutte le insegnanti del plesso, per alcuni laboratori si utilizzerà personale specializzato. MODALITÀ E STRUMENTI DI VALUTAZIONE Modalità di valutazione sono l’osservazione diretta degli atteggiamenti e dei comportamenti dei bambini e l’osservazione sistematica; è opportuno non assumere rigidi criteri di tipo quantitativo, ma preferire sempre la contestualizzazione dei dati comportamentali. I livelli raggiunti dai bambini richiedono infatti di essere osservati più che misurati e compresi più che giudicati. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “ESPRIMIAMO LE EMOZIONI” PREMESSA La danza aiuta a comprendere se stessi, alleggerisce l’animo umano. I bambini amano la musica e danzare, perché nella danza sentono il loro corpo. La danza permette l’espressione delle emozioni, il ricordo di sentimenti lontani nel tempo, permette di “sentire” il respiro, il movimento, il ritmo, le pause, i silenzi. o Inizialmente adotteremo tecniche di rilassamento, per permettere al bambino di entrare in sintonia con se stesso. o Successivamente osserveremo i bambini mentre esprimono a livello motorio le emozioni fondamentali. o In un terzo momento, solleciteremo gli alunni a provare movimenti diversi dai consueti.
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FASE PRE-ATTIVA OBIETTIVO SPECIFICO DI APPRENDIMENTO • Comprendere ed usare il linguaggio del corpo. APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE • Comunicare attraverso il linguaggio del corpo (mimica facciale e postura) le quattro emozioni fondamentali: gioia, tristezza, paura, rabbia. DECLINAZIONE DELL’APPRENDIMENTO UNITARIO IN OBIETTIVI FORMATIVI • Esprimere attraverso la mimica facciale le quattro emozioni fondamentali (gioia, tristezza, paura, rabbia); • Assumere posture per comunicare le quattro emozioni fondamentali; • Eseguire gli schemi motori di base (strisciare, saltare, correre, camminare). VERIFICA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI E DELLE VALUTAZIONI DELLE COMPETENZE • Saper esprimere emozioni con il viso; • Saper esprimere emozioni con il corpo; • Saper esprimere emozioni utilizzando i movimenti tipici degli animali (alcuni schemi motori di base): saltare come un canguro felice, strisciare come un verme triste, camminare come un leone arrabbiato, battere le ali e volare (camminare) veloce come un uccellino spaventato. FASE ATTIVA ATTIVITÀ • Rilassamento L’insegnante invita i bambini a mettersi nella posizione più comoda e ad ascoltare la sua voce che invita: – Chiudete gli occhi e concentrate l’attenzione sul respiro. – Concentrate l’attenzione sull’aria che entra e esce dalle narici. – Inspirazione. – Cercate di ricordare un avvenimento passato in cui vi siete sentiti tristi o felici o arrabbiati o spaventati.
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Adesso alzatevi e muovetevi liberamente. Danziamo le emozioni: Danziamo la gioia. Com’è il mio respiro? Danziamo la rabbia. Com’è il mio respiro? Cosa ti fa fare la rabbia? Ascolta il tuo corpo... – Danziamo la tristezza. Com’è l’espressione del tuo viso quando sei triste? Qual è la postura del corpo delle persone tristi? – Danziamo la paura. Come ti muovi quando hai paura? Durante la danza avremo cura di far notare ai bambini le posizioni del loro corpo mentre interpretano i sentimenti. – Come teniamo il capo, le spalle quando siamo tristi o abbiamo paura? Come senti le gambe? Come respiri mentre sei arrabbiato? Richiamiamo spesso l’attenzione degli alunni sul corpo e sulle emozioni. Per esempio la tristezza avrà le spalle abbassate, ripiegate all’interno, l’espressione del viso sarà priva di gioia, gli occhi spenti, la voce bassa, la camminata lenta, le gambe molli; la rabbia avrà i pugni serrati, la mandibola tesa, gli occhi accesi, le sopracciglia corrugate, il corpo in tensione, ecc..
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• Danziamo le emozioni imitando i movimenti degli animali. – Voliamo veloci come un uccellino spaventato. – Saltiamo come un canguro felice. – Strisciamo come un verme triste. – Camminiamo come un leone arrabbiato.
• Cosa proveresti se... Materiali: Quattro palette di cartone per ciascun bambino. Un elenco di situazioni come quelle riportate di seguito. 1. La maestra ti sgrida. 2. La mamma ti abbraccia in modo amorevole. 3. Il grosso cane del vicino ti insegue abbaiando. 4. Il tuo amico del cuore ti deride. Si consegneranno a ciascun bambino quattro palette con sopra disegnate le quattro emozioni fondamentali: rabbia, tristezza, gioia, paura. Sotto ad
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ogni viso viene scritto il nome dell’emozione. Si dovrà spiegare ai bambini che verranno lette alcune situazioni ed ognuno di loro dovrà immaginare come si sentirebbe in quella particolare situazione.
TEMPI : sei lezioni di un’ora ciascuna. VERIFICA - PORTFOLIO Attraverso l’osservazione degli alunni durante le attività, si verifica il raggiungimento degli obiettivi formativi e il grado di competenza nell’espressione delle emozioni per mezzo del corpo, nonché il livello di interesse e motivazione che animano l’operare stesso dei bambini. Tali risultati possono essere inseriti nel portfolio personale dell’alunno.
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PROGETTO “ IL LINGUAGGIO DEL CORPO ATTRAVERSO IL MONDO DEGLI ANIMALI” (1) sezione 5 anni
PROGETTO DI FORMAZIONE PER LE SEGUENTI EDUCAZIONI: Linguistica, espressiva, motoria, socio-affettiva, relazionale. DI APPROFONDIMENTO CURRICOLARE DELLE SEGUENTI DISCIPLINE: Titoli: • salute • il sé e l’altro; • il corpo e il movimento; • fruizione e produzione di messaggi; • esplorare, conoscere, progettare. TIPOLOGIA DEL PROGETTO: di plesso. DESTINATARI: i bambini a cui è finalizzato il progetto sono inseriti in sezioni di età omogenea di 5 anni (ultimo anno della scuola dell’infanzia) con la presenza di un bambino diversamente abile con diagnosi funzionale di diplegia agli arti inferiori. OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO: – Il sé e l’altro o Discutere e rispettare regole stabilite nel gruppo o Esprimere emozioni e sentimenti o Osservare e valutare i propri comportamenti o Controllare comportamenti aggressivi e superare i conflitti o Partecipare attivamente ad un progetto comune o Crescere insieme agli altri un una prospettiva interculturale o Cogliere la propria identità rispetto ai ruoli di bambino/a,figlio/o, amico/a. (1) Il Progetto e la successiva UDA sono stati realizzati dall’allieva ANIBALDI
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Corpo, movimento, salute Rispettare le regole del gioco e di comportamento Identificare il proprio e altrui spazio di movimento Differenziare i vari modi di muoversi e camminare Aver cura del proprio corpo Riprodurre correttamente gesti proposti Comprendere messaggi mimico-gestuali Scoprire ed usare la propria lateralità Sincronizzare gli schemi ritmici ed il movimento Rappresentare il proprio corpo nello spazio Compiere percorsi Sviluppare la coordinazione oculo-manuale
Fruizione, produzione di messaggi Usare il linguaggio per interagire e comunicare Raccontare esperienze personali Esprimere bisogni, sentimenti e pensieri Arricchire il lessico e la struttura delle frasi Avvicinarsi al libro e al piacere della lettura Ascoltare e comprendere storie e racconti Leggere un’immagine Inventare rime e filastrocche Mostrare interesse per il codice scritto Raccontare e inventare storie Cantare in gruppo e da soli Drammatizzare una storia Eseguire movimenti di danza libera o legata a uno schema coreografico o Sperimentare vari materiali grafico- pittorici o Usare varie tecniche espressive – o o o o o o o o o o o o o
– Esplorare, conoscere,progettare o Riconoscere, descrivere intuitivamente alcune caratteristiche delle principali figure piane o Operare quantità o Riconoscere i numeri o Ordinare,confrontare,misurare o Chiarire situazioni e prendere decisioni per risolvere i problemi o Riconoscere le dimensioni temporali
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Percepire gli eventi nel tempo Riconoscere le caratteristiche delle cose osservate Cogliere e organizzare informazioni ricavate dall’ambiente Sviluppare curiosità nei confronti dell’ambiente Usare tecniche grafiche pittoriche per evidenziare caratteristiche e proprietà o Ampliare il patrimonio lessicale o Trasformare semplici materiali in modo creativo o Stabilire un approccio divertente e creativo con il computer. DESCRIZIONE DEL PROGETTO Il progetto ha come obiettivo generale la maturazione dell’identità, la conquista dell’autonomia, lo sviluppo delle competenze. Attraverso la conoscenza del mondo degli animali, il bambino compirà un percorso formativo che lo vedrà protagonista indiscusso del proprio sapere. Le tematiche trattate saranno attinenti al mondo animale; ogni periodo verrà scandito con la conoscenza di un certa categoria (gli animali della fattoria con visita ad una fattoria; il Natale degli animali; gli animali dello zoo con uscita guidata al parco zoo). Il bambino verrà stimolato alla conquista di codici espressivi diversi da quello verbale, in quanto più linguaggi conosce tanto maggiore sarà la possibilità di esprimersi e farsi comprendere. Comunicare significa assumere e fornire informazioni, esprimere modi di pensare e di essere utilizzando diversi tipi di linguaggio. In primo piano verrà messo il linguaggio corporeo, strumento indispensabile per una conoscenza personale di se stessi e del proprio corpo, trasformando le proprie capacità in competenze attraverso attività motivanti e piacevoli. Non a caso nelle “Indicazioni Nazionali per i Piani Personalizzati delle Attività Educative nelle Scuole dell’Infanzia”, la scuola dell’infanzia riconosce quali connotati essenziali del proprio servizio educativo “... la valorizzazione del gioco... il rilievo al fare produttivo ed alle esperienze dirette con la natura, le cose, i materiali, l’ambiente sociale e la cultura”. METODOLOGIA Attraverso l’attività ludica, trasversale a tutte le esperienze, il bambino verrà condotto alla scoperta di dimensioni inesplorate della realtà, ampliando
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le sue conoscenze, consolidando gli schemi di azione ed esercitando il suo pensiero creativo. Il gioco, mezzo privilegiato di apprendimento e di relazione, guiderà il bambino alla costruzione della sua identità sia individuale che relazionale. Questo tipo di metodologia svilupperà la capacità di trasformazione simbolica mediante la finzione, l’immaginazione, l’identificazione (giochi di imitazione, di ruolo, di finzione). TEMPI: intero anno scolastico ATTIVITÀ – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –
Lettura di storie documentate anche da illustrazioni Drammatizzazione delle varie storie ascoltate Domande stimolo per individuare la comprensione Conversazioni per esprimere impressioni, per descrivere situazioni vissute, per rilevare le competenze conoscitive e verbali del bambino Giochi imitativi riferiti a racconti Analisi delle caratteristiche fisiche degli animali e dell’ambiente in cui vivono Giochi di tipo indovinello per solleticare i bambini a riconoscere, denominare e descrivere gli animali Giochi per arricchire il lessico attraverso la ricerca dei contrari Realizzazione di cartelloni legati ai temi trattati Lettura delle immagini Giochi di denominazione Giochi di vero/falso Rielaborazioni verbali di tipo fantastico per formulare ipotesi e risposte mediante racconti interrotti (cosa accadrebbe se... ) Costruzione di rime e filastrocche Invenzione di storie dopo aver stabilito i personaggi e gli ambienti Attività per stimolare i bambini a trovare il finale di una storia Attività grafico-pittorica con diverso materiale e usando diverse tecniche Attività plastico-manipolative per riprodurre gli animali e il loro ambiente Costruzione di libri Ordinare e verbalizzare le sequenze illustrate di storie in successione temporale
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– Attività di analisi del racconto per la costruzione di sequenze – Attività finalizzate alla scoperta e conoscenza del mondo sonoro: ascolto di suoni, rumori, silenzi sia di un ambiente che dall’esterno – Giochi per individuare la provenienza di un suono – Giochi per produrre suoni e rumori con il corpo, con la voce, con materiale di recupero – Memorizzazione di canzoni e ritmi – Realizzazione di percorsi imitando animali e relativa rappresentazione grafica – Attività di classificazione e corrispondenze in base a personaggi, oggetti, animali, colori, forme, ambienti – Costruzione di insiemi e realizzazione di cartelloni – Attività di simbolizzazione – Giochi di seriazione – Costruzione di insiemi rispettando un simbolo numerico convenuto – Giochi per la discriminazione destra-sinistra con l’aiuto di simboli stabiliti – Realizzazione del calendario con simboli per la registrazione dei dati osservati – Esperienze dirette per comprendere il concetto di successione, trasformazione, cambiamento (es. le stagioni, i mesi, i giorni della settimana), il perché di un fenomeno. L’ultima fase di questo progetto prevede una serie di lezioni dedicata all’organizzazione di una rappresentazione a cui tutti i bambini parteciperanno: – Ascolto di canzoncine dove i protagonisti sono gli animali; – Rielaborazione verbale delle caratteristiche tipiche dell’animale in esame; – Scelta di costumi e costruzione di tutto il materiale per la scenografia; – Coreografia di diversi “balletti” con il sottofondo di canzoncine. Questo momento sarò il momento culminante di tutto il lavoro.
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UNITÀ DI APPRENDIMENTO “GLI ANIMALI DELLA FATTORIA”
FASE PRE-ATTIVA OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO Percezione, conoscenza e coscienza del proprio corpo. Comprendere e usare il linguaggio mimico-gestuale APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE – Percepire e conoscere (in modo globale e segmentario) il corpo; – coordinare i movimenti in rapporto a sè, allo spazio, agli altri, agli oggetti; – riprodurre posture, movimenti, ritmi corporei; – conoscere relazioni spazio-temporali; – sviluppare la coordinazione oculo-manuale; – comunicare attraverso i gesti, la mimica facciale e corporea DECLINAZIONE DELL’APPRENDIMENTO UNITARIO IN OBIETTIVI FORMATIVI: – individuare le parti del corpo su se stesso e saperle controllare; – individuare le parti del corpo sugli altri; – individuare le parti del corpo in stasi ed in movimento; – ordinare sequenze motorie in successione; – conoscere ed usare i cinque sensi attraverso la scoperta del mondo animale; – rappresentare con il proprio corpo gesti e sequenze mimiche come forma di comunicazione (alternativa al linguaggio verbale) VERIFICA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI E VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE Saper indicare le parti del corpo su se stesso e sugli altri; Saper discriminare le percezioni tattili ed identificare sapori, odori, suoni e versi; Saper comunicare attraverso gesti; Saper comunicare attraverso sequenze mimiche sia del corpo che del viso.
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FASE ATTIVA ATTIVITÀ – Rilassamento del corpo con musica classica; – percezione della propria fisicità; – rappresentazione della figura umana in modo completo e dettagliato, con le diverse tecniche; – giochi di coppia per trovare le parti del corpo su se stesso, sugli altri; – distinguere destra e sinistra; – rappresentare il corpo in varie posizioni; – discriminare le percezioni tattili, i sapori, gli odori, riconoscere ed imitare i versi degli animali; – esecuzione di percorsi motori con il corpo usando materiale di recupero e materiale strutturato per l’attività motoria, in ambiente scolastico ed extra scolastico (es. giardino); – rappresentare graficamente il percorso eseguito; – osservazione delle caratteristiche fisiche e di comportamento degli animali nel loro ambiente; – rielaborazione verbale con l’insegnante e il gruppo dei coetanei; – gioco delle “scatoline”, imitazione con il corpo e con la voce dell’animale che suggerisce di volta in volta l’insegnante o un bambino;
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– gioco del “ indovina chi sono... ”, gioco imitativo del singolo davanti ai compagni; – drammatizzazione (soltanto a livello corporeo) di una storia con protagonista un animale; – con una base musicale, riproduzione di movimenti, gesti imitatori, espressioni di un animale; tutto il gruppo parteciperà a questa rappresentazione, producendo anche il materiale per la scena (cartelloni, festoni, costumi di scena). (Figura 1) Tenuto conto della presenza in classe di un soggetto diversamente abile, con diagnosi di diplegia agli arti inferiori, sarà opportuno, nel momento dell’attività motoria, adeguare esercizi e movimenti alle sue abilità. L’intervento dell’insegnante farà sì che il bambino possa partecipare alle attività in maniera attiva: – sarà lui che potrà decidere l’animale da mimare e gli altri eseguiranno soprattutto quando ciò comporta l’uso degli arti inferiori; – nella drammatizzazione potrà imitare movimenti con gli arti superiori e posizioni statiche; – durante la rappresentazione con base musicale il bambino diversamente abile sarà al centro del cerchio fatto dai bambini per imitare la gallina, quando gli altri si posizioneranno in linea egli non dovrà spostarsi ma lo faranno gli altri. Egli continuerà la rappresentazione usando più degli altri gli arti superiori seguendo la coreografia indicata dall’insegnante.
Figura 1
PROGETTI E UNITÀ DI APPRENDIMENTO DI ATTIVITÀ MOTORIA ...
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ORGANIZZAZIONE: le attività sono svolte con bambini di 5 anni in un gruppo omogeneo. TEMPI: questa unità di apprendimento verrà svolta da ottobre a febbraio, in quanto comprende diversi obiettivi specifici di apprendimento con le relative competenze . SPAZI: ambiente extra-scolastico (visita alla fattoria), sezione, salone, cortile esterno, sala comunale per rappresentazione finale. PORTFOLIO La documentazione delle varie attività (fotografie, disegni,... ) andrà inserita nel portfolio dell’alunno come prime descrizioni delle peculiarità di ciascuno. Un esempio di tale documentazione è riportato di seguito:
Disegno di Susanna (anni 5 da compiere)
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PROGETTI E UNITÀ DI APPRENDIMENTO DI ATTIVITÀ MOTORIA E INTERDISCIPLINARE PER LA SCUOLA PRIMARIA
PROGETTO “IL VIAGGIO DEL TOPINO PINO” (1) monoennio PROGETTO DI FORMAZIONE PER LE SEGUENTI DISCIPLINE: scienze motorie e sportive, musica, italiano, storia e geografia (orientamento spazio-temporale), educazione ambientale, DI APPROFONDIMENTO CURRICOLARE DELLE SEGUENTI DISCIPLINE: musica e scienze motorie e sportive. TIPOLOGIA DEL PROGETTO: di classe. DESTINATARI: alunni classi prime; n. 30 bambini. Nella classe 1° B è inserito un bambino con disabilità cognitiva di grado lieve e lieve ritardo nel linguaggio. OBIETTIVI o o o o
Ascoltare una storia e comprenderla. Ordinare in sequenze temporali. Utilizzare il corpo per interpretare sequenze ritmico-musicali. Effettuare un percorso, utilizzando gli schemi motori di base e saperlo riprodurre graficamente.
(1) Il Progetto e la successiva UDA sono stati realizzati dall’allieva UGOLINI LUCIA.
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SECONDA PARTE
o Consolidare gli schemi motori di base e la coordinazione oculo-manuale. o Assumere un atteggiamento corretto nei confronti dell’ambiente. o Favorire la socializzazione. o Favorire il pieno sviluppo delle potenzialità di tutti i bambini. o Valorizzare la diversità come opportunità di reciproco arricchimento, favorendo la massima integrazione di tutti gli alunni coinvolti, con particolare attenzione a quelli in situazione di handicap. DESCRIZIONE DEL PROGETTO Il progetto ha come sfondo integratore il viaggio del topino Pino ed è suddiviso in tre parti . Nella prima parte i bambini, per poter partire all’avventura con il topino, devono superare delle prove: dimostrare di essere capaci di mimare con tutto il corpo situazioni di contrasto, attraversando quattro valli, ciascuna caratterizzata da suoni di diversa durata. Le spiegazioni vengono date da un personaggio (pupazzetto portato dall’insegnante). Nella valle dei giganti i suoni sono lunghi 4/4 e i bambini devono mimare con il corpo i passi dei giganti sincronizzandoli sul ritmo del triangolo (o piatti oscillanti ,tubi metallici) suonati dall’insegnante e/o, eventualmente, da alcuni bambini. Nella valle degli gnomi i suoni sono molto corti (1/8 ,1/16) e affidati ai legnetti (o gusci di noce, sassi): gli alunni devono correre e fermarsi (quando si ferma la musica) per guardare con sospetto se qualcuno è entrato nel loro territorio. Nella valle dei soldati i suoni sono corti 1/4 e affidati al tamburo (o fustoni): il movimento è cadenzato e sostenuto , col petto in fuori, aria spavalda, sollevando bene le ginocchia. Nella valle dei robot i suoni sono medi 2/4 e l’effetto sonoro può essere prodotto da un battente che gratta bottiglie di plastica o superfici ruvide come le conchiglie. Il movimento è quello dei robot: con braccia flesse ad angolo retto e gambe rigide, procedere ritmicamente muovendo gli avambracci verso l’alto alternativamente; contemporaneamente il capo compie piccole variazioni di postura. Quando il robot è scarico , si flette in due facendo cadere il busto in avanti.
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gigante
gnomi
soldati
robot
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Il pavimento è diviso in quattro settori (che sarebbero le quattro valli) e in corrispondenza dei 4 vertici esterni collochiamo gli strumenti da utilizzare: la palestra si presta benissimo per tale attività.
Nella seconda parte il topino, diventato amico con uno degli gnomi, condurrà i bambini attraverso il bosco , per andare a visitare il villaggio degli gnomi. Durante il percorso però, bisogna raccogliere i rifiuti, perché gli gnomi amano tenere pulito il loro ambiente ciò che l’uomo a volte lascia per terra viene da loro raccolto e trasformato in strumenti musicali. In questa fase è previsto un laboratorio di manipolazione, nel quale gli alunni costruiranno alcuni strumenti con materiale di recupero: i gusci di noci diventano nacchere, i barattoli e le bottiglie di plastica diventano maracas, le canne diventano battenti, tubi sonori o flauti di pan, i fustoni e gli scatoloni diventano tamburi.
MARACAS
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SECONDA PARTE
Nella terza ed ultima parte gli strumenti costruiti serviranno per accompagnare la danza degli gnomi, quindi si avrà un gruppo di alunni che danza e uno che suona. Ciò avverrà durante lezioni pratiche con attività grafiche, linguistiche e di riflessione riguardante anche l’educazione ambientale. METODOLOGIA Partendo dal racconto, animato dal topino, i bambini verranno stimolati a calarsi nelle varie avventure, nelle quali potranno esprimere la propria creatività sia con le mani, che con il corpo, che con gli strumenti. Il bambino diversamente abile sarà coinvolto in tutte le attività in quanto ricche di stimoli e opportunità di crescita cognitiva, affettiva, relazionale, emotiva e di socializzazione. TEMPI Il progetto si svolge in 3 mesi: febbraio, marzo, aprile. ATTIVITÀ Sono previste le seguenti attività: racconto e animazione, attività motoria (mimica, gestuale, percorsi ginnastici, danza), attività di manipolazione, costruzione e utilizzo di strumenti musicali realizzati con materiale di recupero. RISORSE PROFESSIONALI Le insegnanti dell’équipe. MODALITÀ E STRUMENTI DI VALUTAZIONE Osservazione sistematica in itinere e finale degli alunni , relativa a: partecipazione e impegno, ascolto e attenzione, socializzazione e collaborazione, memorizzazione delle sequenze motorie e ritmiche, con l’uso di griglie predisposte dalle insegnanti.
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UNITÀ D’APPRENDIMENTO “PERCORSO NEL BOSCO”
FASE PRE-ATTIVA OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO (O.S.A.) o Coordinare e collegare in modo fluido il maggior numero possibile di schemi motori di base (camminare, saltare, correre, strisciare, rotolare, arrampicarsi, afferrare, lanciare). o Muoversi secondo una direzione controllando la lateralità e adattando gli schemi motori in funzione di parametri spaziali e temporali. APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE o Orientarsi nello spazio utilizzando gli schemi motori di base. DECLINAZIONE DELL’APPRENDIMENTO UNITARIO IN OBIETTIVI FORMATIVI o Favorire lo sviluppo degli schemi motori di base in situazioni diverse. VERIFICA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI E VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE o Conoscere gli schemi motori di base; o Acquisire i concetti relativi allo spazio e all’orientamento (vicinolontano, sopra-sotto, avanti-indietro, alto-basso, sinistra-destra, corto-lungo); o Acquisire i concetti relativi al tempo e alle strutture ritmiche (primadopo, contemporaneo-successivo, lento-veloce). FASE ATTIVA ATTIVITÀ – Coinvolgimento degli alunni attraverso la storia del topino. – Attività di riscaldamento. – Esecuzione del percorso utilizzando gli schemi motori di base nei punti stabiliti. – Rappresentazione grafica del percorso effettuato. – Gioco: il lupo e le pecore.
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SECONDA PARTE
TEMPI: tre ore circa. VERIFICA-PORTFOLIO Nel consiglio di interclasse si è deciso che, per quanto riguarda scienze motorie e sportive,verranno raccolti, durante l’anno scolastico, produzioni grafiche con relativa didascalia, riguardanti le esperienze che hanno suscitato maggior interesse per ciascun alunno. Dall’osservazione del comportamento e degli elaborati raccolti, emerge che il bambino con disabilità è particolarmente interessato alle attività che prevedono il correre e il lanciare. Le maggiori difficoltà emergono nello strisciare, nel rotolare e nell’arrampicarsi. Ha partecipato con interesse ai giochi e alle attività proposte da questa unità d’apprendimento, grazie anche al riferimento continuo alla storia , che a lui piace tanto.
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PROGETTO “IL MIO CORPO PARLA” (1) monoennio
PROGETTO DI FORMAZIONE PER LE SEGUENTI EDUCAZIONI: Educazione all’affettività, educazione alla cittadinanza. DI APPROFONDIMENTO CURRICOLARE DELLE SEGUENTI DISCIPLINE: Italiano, matematica, geografia, scienze, arte e immagine, scienze motorie e sportive, musica. TIPOLOGIA DEL PROGETTO: di classe. DESTINATARI: alunni della classe prima (n. 14) OBIETTIVI FORMATIVI: • Valorizzare la diversità in un’ottica di reciproco arricchimento, dando a tutti la possibilità di esprimere e comunicare la propria originalità. • Favorire la socializzazione degli alunni e gli scambi interpersonali, incentivando la partecipazione attiva di tutti con particolare attenzione ad alunni in situazione di handicap. OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO: Educazione alla cittadinanza • Accettare, rispettare, aiutare gli altri e i “diversi da sé”. • Impegnarsi in iniziative di solidarietà. Educazione all’affettività • Attivare modalità di relazioni positive con i compagni e con gli adulti. Italiano • Comprendere, ricordare e riferire i contenuti essenziali dei testi ascoltati. • Narrare brevi esperienze personali e racconti fantastici, seguendo un ordine temporale. • Scrivere semplici testi.
(1) Il Progetto e la successiva UDA sono stati realizzati dall’allieva FALASCONI FABIANA.
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Matematica • Localizzare oggetti nello spazio fisico, sia rispetto a se stessi sia rispetto ad altre persone o oggetti usando termini adeguati (sopra/sotto, davanti/dietro, dentro/ fuori). • Eseguire un semplice percorso partendo dalla descrizione verbale o dal disegno e viceversa. Storia • Collocare nel tempo fatti ed esperienze vissute e riconoscere rapporti di successione esistenti tra loro. Geografia • Riconoscere la propria posizione e quella degli oggetti nello spazio vissuto rispetto a diversi punti di riferimento. • Descrivere verbalmente utilizzando indicatori topologici, gli spostamenti propri e di altri elementi nello spazio vissuto. Scienze • Descrivere animali mettendo in evidenza le particolarità. Scienze motorie e sportive • Collocarsi in posizioni diverse, in rapporto agli altri e/o ad oggetti. • Muoversi secondo una direzione controllando la lateralità e adattando gli schemi motori in funzione di parametri spaziali e temporali. • Utilizzare il corpo e il movimento per rappresentare situazioni comunicative reali e fantastiche. Musica • Utilizzare la voce, il proprio corpo e oggetti vari, per espressioni parlate, recitate e cantate. • Riprodurre suoni e rumori dell’ambiente sonoro. Arte e immagine • Usare creativamente il colore. • Riconoscere nella realtà e nella rappresentazione relazioni spaziali (vicino, sopra, sotto... ). • Distinguere la figura dallo sfondo.
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DESCRIZIONE DEL PROGETTO Il progetto è stato pensato al fine di favorire lo sviluppo delle abilità espressive e comunicative attraverso tutti i canali, (verbali e non), considerate le particolari esigenze comunicative degli alunni e la presenza in classe di un bambino con “ritardo cognitivo globale, associato a difficoltà affettivo-relazionali e iperattività”. In questo modo si è cercato di rispondere alla finalità della scuola primaria: dare a tutti pari opportunità e dignità e favorire lo sviluppo armonico della personalità in tutti i suoi aspetti. Le insegnanti lavoreranno collegialmente, utilizzando apporti di varie discipline e facendole convergere verso obiettivi formativi comuni; in tal modo il progetto è lo sfondo di significato per le esperienze svolte dai bambini nei diversi ambiti disciplinari. Si partirà dalla lettura di alcune fiabe centrate sul valore dell’amicizia, della solidarietà e della libertà. Con l’insegnante di italiano i bambini modificheranno il finale di un episodio, piuttosto triste, della storia di “Cipì” di Lodi. Il nuovo finale, inventato dai bambini con il supporto dell’insegnante, valorizzerà l’amicizia e la libertà, a differenza dell’originale dove i protagonisti (uccellini) si trovavano impotenti di fronte alla crudeltà umana. Con l’insegnante di arte e immagine il racconto sarà: narrato oralmente, diviso in vignette sequenziali e rappresentato graficamente attraverso disegni dei bambini su un cartellone, per poi centrare l’attenzione, con l’insegnante di storia, sull’uso di indicatori temporali (prima, poi, mentre... ) per narrare le varie sequenze. Sempre partendo dalla storia inventata, i bambini consolideranno con le insegnanti di matematica e geografia i concetti topologici (sopra, sotto ...), e con l’insegnante di scienze, analizzeranno le caratteristiche fisiche degli uccelli. In palestra, utilizzando la storia come spunto, passeranno gradualmente dalla percezione dello spazio in generale alla rappresentazione degli indicatori topologici (sopra, sotto, in mezzo a ... ) sperimentandoli con il proprio corpo in relazione ad oggetti e a compagni, fino ad arrivare all’uso del corpo per comunicare sensazioni ed emozioni (leggerezza, paura, tristezza, felicità). Il tutto si concluderà con la drammatizzazione della storia, utilizzando come colonna sonora la “Primavera” di Vivaldi. Una volta realizzato lo spettacolo i bambini, con l’insegnante di geografia, rappresenteranno l’esperienza con disegni, in modo da eseguire il percorso anche graficamente.
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METODOLOGIA Il progetto prevede diversi interventi didattici e varie scelte metodologiche: la programmazione per sfondo integratore (la fiaba sarà il contesto che darà significato alle varie esperienze dei bambini); la lettura dell’insegnante per valorizzare l’ascolto; il lavoro di gruppo per favorire l’interazione e la cooperazione tra gli alunni; il brainstorming per dare a tutti la possibilità di esprimere idee, interessi, conoscenze; la realizzazione di cartelloni per sperimentare spazi diversi dal foglio; uscite fuori dalla scuola per esplorare il parco, vedere gli uccelli nel loro ambiente naturale e tenere vivi l’interesse e la motivazione; la realizzazione di disegni con varie tecniche di colorazione (a legno, a cera, a spirito, a tempera, gessi colorati) per sperimentare vari materiali; l’uso del corpo per scoprire e comunicare; la libertà di espressione, lasciando i bambini liberi di esprimersi senza condizionamenti e giudizi. TEMPI: il lavoro si svolgerà nell’arco di circa un mese e mezzo; con possibilità di dilatazioni per essere il più possibile flessibile e funzionale al rispetto dei tempi di ciascun bambino. ATTIVITÀ • • • • • •
Ascolto di fiabe. Espressione grafica dei racconti. Espressione grafica dei sentimenti. Espressione corporea dei sentimenti. Espressione dei sentimenti attraverso la musica. Conoscenza dello spazio e degli elementi topologici attraverso il corpo, la verbalizzazione, i disegni.
RISORSE PROFESSIONALI Saranno utilizzati come risorse, tutti i docenti del modulo e gli alunni della classe, con le loro personalità ed i loro modi di esprimersi unici ed originali. MODALITÀ E STRUMENTI DI VALUTAZIONE Osservazione sistematica relativa a: • Interazione con i compagni;
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• Partecipazione attiva al lavoro; • Rispetto delle regole; • Capacità di esprimere sentimenti ed emozioni attraverso il corpo, il disegno, la musica. Verifiche in itinere per: • Comprensione della lettura; • Uso corretto strumentale e funzionale della lingua scritta; • Abilità grafiche; • Conoscenza degli elementi topologici. Attraverso: osservazione sistematica degli alunni durante l’esecuzione delle varie attività. Valutazione sommativa rispetto a: • Abilità cognitive e sociali acquisite rispetto alla situazione di partenza. Attraverso: spettacolo di drammatizzazione.
UNITÀ DI APPRENDIMENTO
CONTESTUALIZZAZIONE La presente unità di apprendimento è stata predisposta per far acquisire ai bambini, attraverso il proprio corpo, l’organizzazione spazio-temporale e la coordinazione dinamica generale. I bambini potranno scoprire lo spazio in generale e i vari concetti topologici in riferimento al proprio corpo e attraverso l’ausilio di diversi strumenti; sarà inoltre prevista un’unità di apprendimento incentrata sulla rappresentazione, attraverso il corpo, di personaggi, emozioni, attività, per arrivare poi allo spettacolo conclusivo che si basa sulla drammatizzazione della storia da loro inventata. In particolare il bambino con difficoltà affettivo-relazionali ed iperattività avrà occasione di: relazionarsi con gli altri, controllare il proprio corpo nello spazio e rispettare le regole. L’attività di drammatizzazione è la conclusione di un percorso più ampio che coinvolge anche altre discipline: italiano, matematica, geografia, scienze, musica, arte e immagine; sarà usata pertanto come momento di
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SECONDA PARTE
verifica finale. La finalità ultima è portare gli alunni a completare la percezione del proprio corpo anche in relazione allo spazio e capirne la potenzialità espressiva e conoscitiva, favorendo anche l’interazione e la collaborazione con i compagni, facendo sì che ogni bambino si senta parte importante di un progetto comune da realizzare. FASE PRE-ATTIVA OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO (OSA) • Collocarsi in posizioni diverse, in rapporto agli altri e/o ad oggetti. • Muoversi adattando gli schemi motori in funzione di parametri spaziali e temporali. • Utilizzare il corpo in relazione allo spazio per rappresentare situazioni comunicative fantastiche. APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE Percepire il proprio corpo in relazione allo spazio e lo spazio in relazione al proprio corpo. DECLINAZIONE DELL’APPRENDIMENTO UNITARIO IN OBIETTIVI FORMATIVI • Individuare, in una sequenza motoria, un indicatore topologico, precisato, in relazione al proprio corpo in rapporto agli altri e agli oggetti. • Individuare, in una sequenza motoria, vari indicatori topologici in relazione al proprio corpo in rapporto agli altri e agli oggetti. • Eseguire con il proprio corpo schemi motori, in relazione agli altri e agli oggetti, secondo precise indicazioni di carattere spazio-temporali. • Eseguire con il proprio corpo schemi motori, in relazione agli altri e agli oggetti, per raccontare storie. VERIFICA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI E DELLE COMPETENZE • Saper indicare la posizione del proprio corpo nello spazio fisico, in rapporto agli altri e agli oggetti usando un indicatore topologico precisato. • Saper indicare la posizione del proprio corpo nello spazio fisico, in rapporto agli altri e agli oggetti usando adeguati indicatori . • Saper usare il corpo per eseguire istruzioni relative a indicazioni spazio-temporali. • Saper usare il corpo, eseguendo istruzioni relative a indicazioni spazio temporali, per rappresentare storie.
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FASE ATTIVA ATTIVITÀ • • • • •
Giochi per prendere coscienza dello spazio fisico, attraverso il corpo. Attività per sperimentare con il corpo “il passare tra”. Attività per sperimentare con il corpo il dentro/ fuori. Attività per sperimentare con il corpo il sopra/sotto. Attività per sperimentare con il corpo i diversi indicatori topologici in un unico percorso. • Riproduzione di una storia eseguendo diversi indicatori topologici con il corpo. Sono previste diverse attività per far percepire ai bambini lo spazio in genere, attraverso vari giochi e utilizzando anche diversi attrezzi a coppie, a piccoli gruppi e in un unico grande gruppo, per potenziare la reciprocità e la collaborazione con i coetanei e per consolidare la conoscenza dei concetti topologici. Infine si realizzerà, con i bambini, la drammatizzazione della storia, da loro inventata che prevede di attraversare un percorso strutturato, permettendo così a tutti di usare il corpo per comunicare ed immedesimarsi nei personaggi (uccellini) e per scoprire lo spazio attraverso movimenti coordinati e a tempo di musica. La scenografia sarà realizzata da insegnanti e bambini così come i costumi, utilizzando materiale di recupero e di facile consumo. Una volta realizzato lo spettacolo, i bambini rappresenteranno l’esperienza con disegni, in questo modo potranno rappresentare graficamente il percorso strutturato che hanno vissuto con il corpo. Durante le diverse lezioni in palestra i bambini oltre al proprio corpo, come mezzo privilegiato, utilizzeranno vari strumenti: sedia, asta, palloni, panca, cerchi, tappeto, clavette. Durante la drammatizzazione, i suddetti materiali saranno disposti intenzionalmente, da bambini e insegnanti, per formare un percorso che gli alunni dovranno compiere con lo sfondo musicale (che li accompagnerà nei movimenti). CONTENUTI TEORICO-PRATICI Diverse lezioni saranno finalizzate ad aiutare i bambini a scoprire lo spazio attraverso il proprio corpo e il proprio corpo attraverso lo spazio, esplorare liberamente lo spazio circostante, camminando ed occupando con il corpo il maggior spazio possibile.
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– Ripetere l’esercizio prima strisciando, poi rotolando. – Continuare la ricognizione di corsa evitando ogni contatto con i compagni, con le pareti o con linee perimetrali tracciate al suolo. – Ripetere come sopra mantenendo il corpo dentro un cerchio. – Ripetere a coppie con un componente della coppia nel cerchio e l’altro fuori. – Correre liberamente tra i palloni senza contatti, con i compagni, con le pareti, con i palloni stessi.
Per lo spazio prossimo (passare tra... ): disporre gli alunni a coppie in fila , una coppia dietro l’altra, far passare a turno un bambino fra i compagni, fermarlo almeno una volta e fargli verbalizzare la propria posizione “ sono tra L. e G.”.
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– Percorso composto da vari elementi, i bambini devono passarci in mezzo.
– Disporre i bambini in fila con gli arti inferiori divaricati, ad un segnale della maestra l’ultimo della fila passa sotto tutti gli altri fino ad arrivare all’inizio della fila, e così via. – Ripetere il gioco a coppie e farlo verbalizzare “ Io passo sotto L.”. – Percorso composto da vari elementi, i bambini devono passarci sotto. – Disporre dei mattoncini con delle asticelle i bambini devono attraversare il percorso, passando sopra all’andata e sotto al ritorno.
– Percorso con vari elementi, i bambini devono passarci sopra. – Disporre i bambini in fila con arti inferiori divaricati: devono passarsi la palla sopra il capo dall’ultimo al primo, poi sotto gli arti inferiori dal primo all’ultimo. – Correre velocemente evitando lo spazio racchiuso dai cerchi.
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– Ripetere passando individualmente dentro tutti i cerchi. – Disporre i bambini a coppie, seduti in fila, ogni coppia tiene un cerchio e, a turno, un bambino passa dentro tutti i cerchi. Seguiranno poi attività per rappresentare con il corpo emozioni, personaggi, azioni. Il bambino diversamente abile svolgerà le stesse attività dei compagni. DRAMMATIZZAZIONE La fiaba che i bambini andranno a drammatizzare parla di un gruppo di uccellini che stanno volando in un cielo azzurro e giocano festosamente tra loro, quando vedono degli uccellini molto tristi chiusi in una gabbia. Tutti insieme decidono di andarli a liberare, anche se devono superare diversi ostacoli per non farsi scoprire dall’uomo cattivo che li ha imprigionati. Gli uccellini sono costretti a fare un lungo percorso, devono: volare sopra una collina e superarla, passare sotto un ponticello, camminare in mezzo a due cespugli, poi girare intorno alla casa per capire da dove entrare e infine infilarsi dentro il buio comignolo, per poi rotolare sopra la cenere ed arrivare finalmente ad aprire la gabbia e liberare gli amici uccellini. La storia si conclude con gli uccellini che volano tutti insieme allegramente nel cielo e sono molto felici di aver trovato dei nuovi amici. In palestra la fiaba sarà così rappresentata: i bambini saranno divisi in due gruppi (sette rappresenteranno gli uccelli chiusi in gabbia e sette gli uccelli liberi). Gli uccellini liberi entreranno in scena quando partirà la musica ( “La primavera” di A.Vivaldi) e inizieranno a danzare liberamente per la palestra, per poi unirsi in cerchio al cambiamento del ritmo musicale. Gli altri bambini sono all’interno di un quadrato, che rappresenta la gabbia, realizzato con delle bottiglie di plastica che fungono da sbarre. I due gruppi sono separati da un percorso realizzato con degli attrezzi che rappresentano la strada che faranno gli uccellini.
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Al cambiamento di ritmo della musica, i bambini che danzano in cerchio si fermano e guardano, per un istante, stupiti e inorriditi, verso i prigionieri. Il capogruppo, stabilito precedentemente con i bambini, guiderà gli altri all’inizio del percorso e uno dopo l’altro attraverseranno i vari pericoli. Gli ostacoli sono rappresentati da una sedia (collina), la cavallina (ponte), due palloni (cespugli), una grossa panca (casa), un cerchio sorretto dall’insegnante (camino), un tappeto (cenere). Una volta liberati i prigionieri, facendo cadere le bottiglie, tutti gli uccellini danzano insieme, in cerchio, fino alla fine della musica. VERIFICA DEGLI APPRENDIMENTI La verifica in itinere si svolgerà attraverso l’osservazione sistematica , durante lo svolgimento delle attività; la verifica finale verrà effettuata nel corso della realizzazione della scenografia, dei costumi e della coreografia. Particolare attenzione sarà rivolta ai progressi ed alle difficoltà incontrate dall’alunno diversamente abile. PORTFOLIO Al termine dell’esperienza i bambini si sono mostrati più uniti tra loro e hanno dimostrato di aver maturato atteggiamenti di partecipazione attiva e rispetto delle regole. In particolare il bambino diversamente abile ha maturato una spiccata motivazione all’attività motoria in genere ed è riuscito a controllare il suo comportamento, rispettando il proprio ruolo e svolgendo tutti gli esercizi insieme agli altri. Con breve sintesi si annoteranno questi risultati nel portfolio.
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PROGETTO “DIMMI COSA MANGI” (1) monoennio
PROGETTO DI FORMAZIONE PER LE SEGUENTI EDUCAZIONI: area linguistca, scientifica, matematica, storico-geografica, musicale, grafico-pittorica, motoria e relazionale. DI APPROFONDIMENTO CURRICOLARE DELLE SEGUENTI DISCIPLINE: scienze motorie e sportive, musica, con predilezione per il gioco, il canto e la drammatizzazione. TIPOLOGIA DEL PROGETTO: di classe. DESTINATARI: alunni classe 1° (n. 20) . Nella classe è inserita una bambina con ritardo cognitivo lieve; evidenzia impaccio motorio e carente strutturazione spazio-temporale. PREMESSA L’obiettivo che ispira questo progetto è quello di contribuire a rendere l’alunno consapevole dell’importanza del “mangiar bene” per la salute. Si avvale di un lavoro interdisciplinare che coinvolge l’attività motoria, il gioco, la musica, il canto e la drammatizzazione favorendo il raggiungimento dell’obiettivo del progetto. OBIETTIVI Vengono sintetizzati nel seguente schema, suddivisi per discipline:
(1) Il Progetto e la successiva UDA sono stati realizzati dall’allieva OMICCIOLI ROBERTA.
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UNITÀ DI APPRENDIMENTO “GIOCHI E FIABE DA ... MANGIARE”
CONTESTUALIZZAZIONE L’UDA si sviluppa in stretta connessione con il lavoro e le attività proposte in altre discipline in merito all’alimentazione. Gli argomenti trattati sono stati trasformati in proposte ludico motorie ed attività di drammatizzazione.
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Tale lavoro può essere presentato anche come spettacolo di fine anno scolastico accompagnato da brani musicali, costumi, scenografia a tema e l’esecuzione di alcune coreografie. FASE PRE-ATTIVA OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO (OSA) – Sviluppare la socialità e l’autocontrollo – Prendere coscienza delle proprie capacità – Consolidare gli schemi motori di base e l’equilibrio – Sviluppare la coordinazione dinamica generale e oculo-manuale – Sviluppare il senso ritmico – Favorire l’orientamento spazio-temporale METODOLOGIA L’UDA segue un insegnamento individualizzato, rispettoso dei ritmi e dei tempi di ogni alunno. Prevede l’uso di attrezzi codificati e non e l’espressione grafica dei contenuti affrontati praticamente, per un’interazione tra i linguaggi. FASE ATTIVA ATTIVITÀ 1° lezione Argomento: PERCHÉ CI NUTRIAMO? PERCHÈ MANGIAMO? Si accompagnano i bambini in palestra per ascoltare la fiaba di Pollicino e si propone una lettura animata Attività: la STAFFETTA di Pollicino Materiale occorrente: cerchi, cestini, 3 panini Si divide la classe in squadre da 8 alunni oltre la linea di partenza. Di fronte ad ogni squadra vengono posti 3 cerchi in fila a 4-5 metri l’uno da l’altro. Al segnale d’inizio parte il primo frazionista con in mano il cesto con 3 panini. Giunto in prossimità del primo cerchio vi sistema un panino e subito si sposta verso i cerchi successivi per appoggiarvi gli altri (uno per cerchio). Terminato, torna verso la linea di partenza per dare il via al secondo frazionista consegnandogli il cestino. Questo raccoglie tutti i panini e li consegna al terzo e così via fino al termine della staffetta. Vince la squadra che utilizza tutti i giocatori nel minor tempo.
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brano musicale: Can Can, Offenbach 2° lezione Argomento: I GRASSI Attività: CORSA DEI CANNOLI Materiale occorrente: cerchi e materassini Arrotolare un materassino concentricamente ed infilarlo dentro a due cerchi (si ottiene un cannolo). Un bambino entra dentro e viene spinto lentamente dai compagni per la palestra.
Attività: HANSEL E GRETEL NEL BOSCO Si accompagnano i bambini in palestra (con un cuscino) per ascoltare la fiaba di Hansel e Gretel e si propone una lettura animata Materiale occorrente: bottiglie di plastica piene di sabbia, cerchi, funicelle, panca, scatolone trasformato in casetta sul cui tetto andranno attaccate varie caramelle.
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Il percorso viene eseguito a coppie, i bambini sono legati, uno dietro lâ&#x20AC;&#x2122;altro, con una funicella. Al via dellâ&#x20AC;&#x2122;insegnante la coppia parte dal cerchio e cammina in avanti facendo lo slalom tra le bottiglie. Poi si avanza saltando a piedi nudi dentro i cerchi, poi si sale sulla panca , traslocare e scendere con un salto. Si prosegue camminando sopra la funicella adagiata sul pavimento. Si corre infine verso la casetta e il percorso è concluso quando il bambino afferra una caramella.
Dopo averlo effettuato, i bambini disegnano il percorso.
brano musicale: Pierino e il lupo, Prokoviev
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3° lezione Argomento: I PRINCIPI NUTRITIVI: LE PROTEINE Attività: STAFFETTA CON SPIEDINI Materiale occorrente: mattoncini, bastoni, cerchi e spugne Si formano due squadre composte da ugual numero di giocatori. Dalla linea di partenza, il primo giocatore corre avanti ad infilare la spugna (salsiccia) nel bastone, poi ritorna indietro e dà il cambio al secondo frazionista con un tocco di mano. Vince la squadra che per prima infila tutte le salsicce.
Brano musicale: Coppa della vita, Ricky Martins
Attività: STAFFETTA CON UOVA Materiale occorrente: 4 bottiglie di plastica tagliate nella parte inferiore, 4 uova sode, 4 scatole. Si dividono gli alunni in quattro squadre, lavorano due squadre alla volta. Ogni squadra si dispone dietro la linea di partenza e a 15-20 metri viene posta una scatola per squadra. Al via parte il primo bambino di ogni squadra con in mano la bottiglia contenente l’uovo, corre verso la scatola, la supera e torna indietro per far scivolare l’uovo nella bottiglia del secondo frazionista. Questo compie il medesimo percorso e passa l’uovo al terzo e così via. Vince la squadra che per prima porta a termine la staffetta.
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brano musicale: Mambo n.5, Tom Jones 4° lezione Argomento: I CARBOIDRATI Attività: PATATA NEL SACCO Materiale occorrente: un cerchio e un palloncino ogni coppia Si organizzano i bambini a coppie, uno con un palloncino (patata) e l’altro con il cerchio (sacco). Un bambino si muove liberamente per la palestra mantenendo in aria il palloncino con le mani o con qualsiasi parte del corpo. Il compagno deve far passare il palloncino nel cerchio tra un palleggio e l’altro, poi si invertono i ruoli.
Attività: PIZZA CON VERDURE Materiale occorrente: cestino con verdure, due fogli rotondi con disegnate due pizze.
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I bambini vengono divisi in due squadre. Al via parte il primo frazionista che effettua due salti a rana dentro i cerchi, esegue una capovolta avanti e corre verso il cestino. Prende una verdura e la lancia sulla pizza, quindi torna indietro di corsa e con un tocco di mano dà il via al secondo frazionista e così di seguito. Vince la squadra che, terminato un giro, ha più verdure sulla pizza.
brano musicale: E tu vulivi ‘a pizza 5° lezione Argomento: LE VITAMINE Attività: GIOCO DELLA MACEDONIA Materiale occorrente: 2 spalliere, 2 cerchi,2 cesti, cartoncini raffiguranti diversi tipi di frutta colorati dai bambini. Sull’ultimo grado della spalliera si appendono dieci cartoncini raffiguranti diversi tipi di frutta. A circa 10-11 metri dalla spalliera si pone un
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SECONDA PARTE
cesto. Si suddividono i bambini in squadre da 5 e si mettono in fila dietro al cerchio. Al via il primo bambino corre, si arrampica alla spalliera, stacca un frutto, ritorna di corsa per portarlo nel cesto. Con un tocco di mano dà il via al secondo che si era preparato dentro il cerchio e ripete la stessa azione. Vince la squadra che per prima ha raccolto tutti i frutti per fare la macedonia.
brano musicale: Banane e lamponi, Gianni Morandi Attività: LUPO MANGIA FRUTTA Materiale occorrente: cartellini con disegnato un frutto che ogni bambino attacca alla maglietta. Ad un bambino viene assegnato il ruolo di “Lupo mangiafrutta”, gli altri sono la frutta. Il lupo inizia: – Toc, toc... sono il Lupo mangiafrutta! Gli altri chiedono: – Cosa desideri? Il lupo risponde: – Una mela! Il giocatore che corrisponde al frutto chiamato viene inseguito dal lupo. Se il bambino che fugge sta per essere preso, può salvarsi chiamando un altro frutto che dovrà fuggire e potrà salvarsi nel medesimo modo. Quando il frutto viene catturato, diventa inseguitore e sostituisce il lupo, consegnando il suo cartellino al lupo.
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Per concludere le attività, si realizza una coreografia sul brano musicale “Le tagliatelle di nonna Pina” con l’utilizzo di attrezzi non codificati. I bambini possono creare anche scenografia e costumi. TEMPO: II quadrimestre SPAZI: palestra VERIFICA DEGLI APPRENDIMENTI Lo spettacolo finale sarà inteso come momento di verifica del lavoro svolto; prevederà lo svolgimento di coreografie, percorsi e giochi motori accompagnati da brani musicali. La documentazione delle attività ed eventuali elaborati scritti verranno inseriti nel portfolio dell’alunno.
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SECONDA PARTE
PROGETTO (1)
1° biennio
PROGETTO DI FORMAZIONE PER LE SEGUENTI EDUCAZIONI: linguistica - espressiva, educazione alla convivenza civile, scienze, arte e immagine, scienze motorie e sportive, musica. DI APPROFONDIMENTO CURRICOLARE DELLE SEGUENTI DISCIPLINE: italiano, storia, geografia, educazione alla convivenza civile, scienze, arte e immagine, scienze motorie e sportive, musica, tecnologia e informatica. PREMESSA Il linguaggio del corpo è una delle prime forme di linguaggio, dal quale si strutturano tutte le altre forme. L’uomo, oltre alle parole, è in grado di utilizzare sistemi di comunicazione non verbali, come i gesti, i movimenti e gli atteggiamenti, elementi attraverso i quali si manifesta il linguaggio corporeo. Il linguaggio corporeo è, pertanto, espressività. Per potersi esprimere correttamente attraverso il linguaggio gestuale, l’uomo deve cono-
(1) Il Progetto e la successiva UDA sono stati realizzati dall’allieva ROMANO ROSINA.
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scere il proprio corpo e avere una corretta rappresentazione mentale dei movimenti. Al tempo stesso la ricerca di questa forma espressiva stimola la conoscenza e la padronanza di sé. La valorizzazione del linguaggio corporeo (analogamente ai mezzi espressivi verbali, grafici e musicali) permette, inoltre, di stimolare la creatività, facilitando la comunicazione e, di conseguenza, la socializzazione. Il progetto ha come filo conduttore le storie di fantasia. Il bambino di 7 - 8 anni vive ancora in un mondo in cui attività razionale e attività fantastica si intrecciano; sanno trasformare gli elementi della realtà in elementi fantastici, sanno interpretare immagini reali in modo diverso, sanno dar vita a storie incredibili costruite sull’immaginazione e sulla fantasia. La fiaba favorisce lo sviluppo della personalità del bambino e stimola le sue capacità cognitive, logiche e creative. Infatti nella fiaba il bambino ritrova, rappresentati da altri, emozioni e stati d’animo che spesso gli appartengono, cerca soluzioni personali a determinati problemi, si proietta in situazioni e personaggi che percepisce come elementi liberatori. TIPOLOGIA DEL PROGETTO: di classe DESTINATARI: alunni della 2^ classe a tempo lungo La classe è composta da 16 alunni: 10 femmine e 6 maschi, tutti di nazionalità italiana. Nella classe è inserito un bambino diversamente abile. D. è affetto da talassemia con danno neurologico minore, grave ritardo cognitivo, impaccio motorio e del linguaggio di tipo espressivo e recettivo. Si cerca di rafforzare le potenzialità di D., con attività motorie mirate, conservare le abilità di base acquisite, sviluppare nuove abilità attraverso un lavoro individualizzato costante, utilizzando anche il canale della ripetitività. D. è un bambino socievole che si è positivamente inserito nel gruppo classe; spontaneamente cerca i coetanei per interagire con loro ed ha instaurato un buon rapporto con le insegnanti, nelle quali riconosce autorevolezza e rispetto delle regole (che ha quasi del tutto interiorizzato). Non manifesta particolari difficoltà nella comprensione di semplici comandi, di frasi minime, di brevi enunciati con parole di sua conoscenza. D. non ha un carattere determinato; ha invece, una buona autonomia personale ed una discreta autonomia sociale. È capace di comunicare con gli altri nonostante i problemi causati dal suo deficit. Carente è la memoria a breve termine. L’espressione grafico–pittorica è semplice; spesso usa il colore senza riferimenti realistici. Sufficiente è la gestualità, la mi-
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SECONDA PARTE
mica e la coordinazione dinamico-generale e oculo–manuale. Scrive sotto dettatura e autonomamente parole bisillabe o trisillabe sia scandite lettera per lettera, sia proposte in forma sillabica. Possiede una sufficiente conoscenza e capacità d’uso dei concetti topologici. È impacciato nelle attività motorie. Ha una discreta capacità di leggere immagini e nominare oggetti, animali e persone del suo vissuto. Ha una sufficiente capacità di seriare, associare, classificare e trovare analogie e differenze. Nel Piano di Studi individualizzato per D. si prevede: • Consolidare la capacità di rappresentare graficamente percorsi. • Consolidare la capacità di riconoscere e denominare le principali parti del corpo su se stesso, sull’altro, su un’immagine. • Consolidare la capacità di spostarsi nell’ambiente in varie andature e direzioni stabilite mantenendo l’equilibrio. • Consolidare la capacità di eseguire percorsi su imitazione e su comando verbale. • Consolidare la capacità di individuare le principali relazioni spaziali. • Consolidare la capacità di riordinare in sequenza tre o più immagini relative ad esperienze di vita quotidiana o a storia ascoltata. • Consolidare la capacità di individuare la relazione causa – oggetto in coppie d’immagini. • Migliorare la coordinazione oculo–manuale. Poiché D. non dimostra difficoltà motorie particolarmente gravi, le insegnanti ritengono che possa seguire lo stesso percorso dei suoi compagni di classe. OBIETTIVO FORMATIVO: • Saper utilizzare il corpo in modo espressivo. OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO: • Ascoltare, comprendere e riferire una storia . • Comprendere gli elementi principali di una semplice storia: personaggi, luoghi, eventi e la loro sequenza cronologica. • Esprimere e rielaborare contenuti attraverso varie forme di linguaggio (iconico - mimico - gestuale - musicale). • Scoprire il movimento attraverso l’uso sempre più consapevole del corpo. • Promuovere il pensiero critico e creativo. • Sviluppare atteggiamenti di curiosità e attenzione verso gli animali.
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• Rappresentare e descrivere forme di oggetti e comportamenti di animali. • Usare i cinque sensi per conoscere la realtà. • Favorire la socializzazione e i rapporti interpersonali all’interno del gruppo classe. • Promuovere la collaborazione. • Interiorizzare la necessità e l’importanza delle regole e dei comportamenti. • Favorire il pieno sviluppo delle potenzialità, spesso sommerse, di cui tutti gli alunni sono portatori. • Valorizzare la diversità in un’ottica di reciproco arricchimento, facilitando la massima integrazione di tutti gli alunni coinvolti, con particolare attenzione a quelli disabili o in situazione di disagio socio – ambientale. • Aiutare il superamento di paure e blocchi psicologici. • Migliorare gli schemi motori di base statici e dinamici. • Migliorare la capacità di rilassamento globale. • Acquisire la capacità di drammatizzazione, imitazione, danza e il senso ritmico. • Sviluppare lo schema corporeo e la capacità di controllo corporeo. • Rappresentare con il corpo situazioni reali o fantastiche, stati d’animo ed emozioni. • Muoversi nello spazio variando il ritmo e la velocità. DESCRIZIONE DEL PROGETTO Il progetto ha come obiettivo lo sviluppo armonico, integrale ed integrato di tutte le dimensioni del bambino. Per abituare i bambini ad essere padroni del proprio corpo e quindi per portarli alla presa di coscienza di se stessi, é necessario svolgere un’adeguata attività motoria. Utilizzeremo esercitazioni individuali e in gruppo, attraverso le quali proveremo a imitare gesti, azioni e piccole scene di fantasia motoria e creatività. Le esercitazioni devono essere adatte alle capacità di ciascun alunno. Le attività che verranno svolte per la realizzazione del progetto, avranno le seguenti tematiche: • imitazioni e rappresentazioni; • giochi di mimo; • sentimenti e sensazioni; • giochi su base musicale; • drammatizzazione danzata di gruppo.
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SECONDA PARTE
METODOLOGIA In base agli obiettivi specifici di apprendimento, le insegnanti proporranno attività coinvolgenti e motivanti, che renderanno i bambini ideatori, scenografi, coreografi e protagonisti dei propri movimenti. TEMPI : attività laboratoriali 2 ore settimanali per l’intero anno scolastico e 5 lezioni di attività motoria ATTIVITÀ • • • •
Attività di lettura e animazione Lezioni frontali e schede operative Disegni individuali, canzoni mimate, musiche e balli Giochi con il corpo e con la mimica
CONTENUTI TEORICO - PRATICI Tutte le lezioni avranno una fase di avviamento, che serve a sollecitare le grandi funzioni organiche (respirazione, circolazione) e mettere i bambini nelle condizioni ottimali di svolgere senza danni una certa quantità di lavoro fisiologico. Nelle prime 3 lezioni si svolgeranno giochi imitativi: i bambini imiteranno mestieri, animali, oggetti inanimati, sentimenti, emozioni. Nello specifico la terza lezione sarà dedicata all’educazione respiratoria e al rilassamento. Nella quarta lezione i bambini eseguiranno giochi ed esercizi con basi cantate e non, su vari ritmi musicali. La quinta lezione sarà dedicata alla “drammatizzazione danzata” di un brano musicale (si fa riferimento all’unità di apprendimento). Le attività laboratoriali coinvolgeranno anche altre discipline, per dare vita ad un progetto interdisciplinare: • italiano: narrazione di storie fantastiche da drammatizzare ed interpretare con il corpo; • storia: rapporti di causalità tra fatti e situazioni; • scienze: conoscenza di alcuni animali e delle loro abitudini; • geografia: conoscenza dei diversi ambienti di vita degli animali, degli spazi vissuti dal bambino e dell’ambiente vicino; • musica: scelta e analisi di diversi brani; • arte e immagine: attività grafico - pittoriche per la realizzazione delle scenografie;
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• tecnologia e informatica: studio di alcuni oggetti d’uso comune che appartengono al vissuto del bambino e consultazione di cd rom tematici; • educazione alla convivenza civile: accettare, rispettare, aiutare gli altri e i “diversi da sé”, comprendendo le ragioni dei loro comportamenti. 1^ LEZIONE Giochi di imitazione, osservazione e di espressione corporea – I bambini iniziano a correre liberamente nello spazio a disposizione, cambiando continuamente direzione. Ad un cenno dell’insegnante (mani, voce, fischietto o tamburello), arrestano la corsa libera e sono invitati ad imitare qualcosa o qualcuno a loro piacimento (personaggi, animali, oggetti, sentimenti). Qualora sia necessario, potranno servirsi anche dei grandi e piccoli attrezzi a disposizione.
Gioco: imitazione libera. – I bambini sono disposti in schieramento libero. L’insegnante mostra loro dei disegni in cui sono ritratti volti che esprimono diversi sentimenti. I bambini solleveranno l’arto superiore e sventoleranno la stoffa colorata (recuperata nei laboratori) che riterranno di poter abbinare a quella espressione del viso.
Gioco: indovina il sentimento.
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SECONDA PARTE
– I bambini sono suddivisi in piccoli gruppi da quattro. Poiché gli alunni della classe sono 16, i gruppi in gioco saranno 4. Ogni gruppo mimerà un’azione e la rimanderà al gruppo avversario, il quale dovrà indovinare. Vince il gruppo che indovina più azioni.
Gioco: indovina l’azione. – I bambini sono disposti in schieramento libero. Un bambino verrà nominato “mimo” (e a turno tutti i bambini) e si disporrà di fronte ai compagni per mimare un’espressione del viso. I compagni dovranno imitarlo.
Gioco: imita l’espressione del viso.
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2^ LEZIONE Giochi di imitazione di animali I bambini sono inizialmente in schieramento libero. Ad un segnale dell’insegnante, gli alunni interpretano gli animali che desiderano, liberi di esprimersi nella loro creatività. Questi alcuni esempi di animali da imitare: serpente, canguro, gambero, cavallo, granchio, rana, scimmia, coccodrillo, gatto, farfalla, uccelli, pesce, bruco, lepre, tartaruga, elefante.
Gioco: imita l’animale. 3^ LEZIONE Giochi imitativi di oggetti inanimati Come accennato nella premessa ai contenuti, questa lezione sarà dedicata a giochi che sollecitano la capacità respiratoria e il rilassamento. Questi gli esempi di oggetti da mimare: piuma, batuffolo di cotone, bolle di sapone, palloncino, cannuccia, tromba, flauto, fuoco, nuvole. Anche in questo caso i bambini interpretano gli oggetti che desiderano liberi di esprimersi nella loro creatività.
Gioco: imita un oggetto inanimato.
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SECONDA PARTE
4^ LEZIONE Lezione con basi musicali cantate e non I bambini coordineranno i movimenti espressivi appresi nelle precedenti lezioni ai diversi ritmi musicali.
Gioco: danza imitativa. 5^ LEZIONE Drammatizzazione danzata In questa lezione, utilizzando le emozioni, le espressioni, gli animali e gli oggetti liberamente mimati nelle lezioni precedenti, si realizzerà una drammatizzazione di gruppo su base musicale cantata; l’attività verrà descritta in modo dettagliato nella UDA di questo progetto di seguito presentata. METODOLOGIA • Valorizzazione della personalità di ciascuno con le peculiari caratteristiche • Attenzione alle diverse capacità di ogni bambino, cioè la base di partenza sia ciò che ognuno sa fare • Clima sereno, positivo e gratificante • Lavoro a piccoli e/o grandi gruppi RISORSE PROFESSIONALI: le insegnanti di classe STRUMENTI: Stereo, Cd musicali, episcopio SPAZI: palestra comunale, atrio della scuola, aula dei laboratori scolastici, spazio circostante la scuola. MATERIALI: Fotocopie di immagini di animali reali o conosciuti, illustrazioni colorate tratte da giornali, fotografie, cartoncini bristol, cartoni;
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attrezzi codificati presenti in palestra: clavette, cerchi, funicella, palla, materassini, panca. MODALITÀ E STRUMENTI DI VALUTAZIONE Osservazione sistematica relativa a: • interesse, partecipazione e coinvolgimento, anche per verificare l’adeguatezza delle proposte; • collaborazione fra i bambini e tra bambini e adulti; • abilità cognitive e sociali acquisite e consolidate rispetto alla situazione di partenza; • abilità nel cogliere gli aspetti essenziali di una storia fantastica e nell’individuazione degli elementi fantastici. Verifiche in itinere. Verifiche quadrimestrali e di fine anno. Segue la UDA relativa alla 5° lezione
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SECONDA PARTE
UNITÀ DI APPRENDIMENTO “LA DRAMMATIZZAZIONE DANZATA”
CONTESTUALIZZAZIONE L’UDA “La drammatizzazione danzata” prevede tre percorsi operativi: 1) “Facciamo finta che... ” La nostra vita quotidiana è piena di gesti dotati di precisi significati, che usiamo continuamente sia da soli che in unione alle parole. Per far sì che la comunicazione diventi una reale espressione, essa deve essere sollecitata e favorita in tutte le sue forme mediante un’educazione rivolta a una scoperta (o a una riscoperta) del proprio corpo e delle sue possibilità espressivo – comunicative. Nell’espressione mimica gestuale, infatti, non esiste altro intermediario se non il corpo del soggetto di fronte a quello altrui, al quale esprimere emozioni, sentimenti, intenzioni. Saper utilizzare le proprie capacità espressive, unitamente alla disponibilità alla socializzazione, sono componenti inscindibili e interdipendenti per la crescita individuale. 2) “Il corpo danza” Il ritmo ha notevole influenza sui bambini timidi come invito all’espressione libera e spontanea. Inoltre l’uso del ritmo e della musica è un buon
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mezzo per l’educazione all’organizzazione spazio – temporale e per il miglioramento e il rafforzamento degli schemi motori. Integriamo, coinvolgiamo, sosteniamo i più impacciati affinché riescano ad esprimersi liberamente, soprattutto l’alunno diversamente abile; qualunque sia il linguaggio adoperato, avremo una vera espressione quando il bambino si esprimerà con spontaneità e coerenza. 3) “L’importanza del ritmo” Il senso del ritmo che l’uomo sviluppa nella sua vita quotidiana, rende armonica ed espressiva la sua gestualità. Condurre esercitazioni sulla motricità con il prezioso ausilio della musica, rende la lezione gioiosa e allevia il senso della fatica. Il rapporto del movimento con l’ascolto di un brano provoca rilassamento, scarica le tensioni e produce una piacevole sensazione di benessere. Il brano musicale scelto dai bambini di classe 2^ tra i tanti proposti, è in grado di suscitare in loro emozioni, stimolarne la fantasia, fino a creare immagini mentali nelle quali l’alunno si immedesima al punto di dimenticare tutto ciò che lo circonda. Prima di dare l’avvio all’unità di apprendimento, si verificano i prerequisiti posseduti dagli alunni per osservare le abilità di base già acquisite e per delineare un profilo della loro situazione di partenza in merito a: – organizzazione motoria: osserviamo attentamente quali alunni mostrano una più spiccata capacità di mimo, chi si dimostra più creativo e chi invece più timido. Alcuni magari non sono molto propositivi, ma poi si rivelano comunque in grado di esprimersi al meglio; altri, invece, preferiscono decisamente scegliere ruoli secondari e rimanere in disparte. Il nostro compito è quello di scegliere dei ruoli adatti a questi bambini, in modo che non si sentano né troppo esposti né, rimangano troppo in ombra. Valutiamo la conoscenza della gestualità e la capacità di imitazione di ognuno; osserviamo anche la capacità di collaborazione e di organizzazione, nonché la disponibilità di ogni alunno a partecipare ad attività di gruppo. Comunicare con il corpo è l’obiettivo che ci proponiamo di raggiungere con le attività finalizzate all’espressione corporea. Vogliamo stimolare la creatività attraverso attività che utilizzino spunti musicali per coinvolgere tutti i bambini nella realizzazione di movimenti, il più possibile liberi ed originali, aiutando così anche i più timidi e il bambino disabile ad acquisire sicurezza nelle proprie possibilità espressive; – organizzazione laboratoriale: tutti gli alunni saranno parte attiva, insieme alle insegnanti, nella realizzazione artigianale dei costumi e nell’elaborazione della scenografia e delle coreografie.
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SECONDA PARTE
FASE PRE-ATTIVA OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO (OSA) • Sviluppare la propria motricità in relazione allo spazio, al tempo e agli oggetti. • Conoscere e utilizzare il proprio corpo. • Ascoltare, analizzare, interpretare. • Consolidare schemi motori e posturali. • Acquisire modalità espressive che utilizzino il linguaggio corporeo. APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE • Utilizzare il corpo e il movimento per rappresentare situazioni comunicative reali e fantastiche. DECLINAZIONE DELL’APPRENDIMENTO UNITARIO IN OBIETTIVI FORMATIVI • Percepire le capacità espressive del corpo. • Migliorare l’organizzazione spazio – temporale. • Strutturare lo schema corporeo. • Sperimentare schemi motori con attrezzi non codificati. • Eseguire semplici sequenze ritmiche con l’accompagnamento di una base musicale. • Variare gli schemi motori in funzione di parametri di spazio, tempo, equilibri. • Utilizzare abilità motorie in forma singola, a coppie, in gruppo. • Utilizzare consapevolmente le proprie capacità motorie e modularne l’intensità dei carichi valutando anche le capacità degli altri. • Cooperare all’interno di un gruppo. • Interagire positivamente con gli altri valorizzando le diversità. VERIFICA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI E DELLE COMPETENZE • Saper utilizzare il linguaggio gestuale e motorio per comunicare, individualmente e collettivamente, stati d’animo, idee, situazioni... • Sapersi esprimere attraverso il linguaggio del corpo. • Sapersi muovere con scioltezza, destrezza, disinvoltura, ritmo. • Saper esplorare lo spazio e saperlo utilizzare.
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FASE ATTIVA ORGANIZZAZIONE L’attività motoria e musicale coinvolgono i bambini in gruppo, dando così l’opportunità al singolo di esprimere le proprie potenzialità sentendosi contemporaneamente protetto dall’appartenenza all’insieme dei coetanei. Assumere l’identità di un oggetto inanimato o di un animale comporta necessariamente l’uso di tutti i mezzi espressivi per rendere l’interpretazione più verosimile e aderente alla realtà. Al termine del percorso otteniamo una sorta di campionario di movimenti espressivi che, abbinati ai suoni e alle frasi musicali che li hanno generati, ci serviranno per organizzare la prova pratica di danza. Per lo svolgimento dell’attività, due sono le impostazioni di lavoro: 1. l’intero gruppo classe; 2. tutti i bambini in cerchio. MEZZI E STRUMENTI: stereo, cd musicali. MATERIALI: per la realizzazione della scenografia: carte, cartoni, bristol, colori, miglio, cuscini; oggetti non codificati da utilizzare nella drammatizzazione danzata: ramoscelli d’albero, candele. TEMPI: 2 mesi. La rappresentazione si effettuerà in coincidenza con l’arrivo della primavera. CONTENUTI TEORICO - PRATICI Il brano musicale scelto come base per la drammatizzazione danzata è “Vorrei volare”, cantato da Serena e i Bimbi Allegri. A livello di metodo globale, si propone la seguente combinazione motoria: i bambini che drammatizzano la danza sono 16. 12 di loro sono disposti in cerchio uno accanto all’altro ma distanziati; 4 sono al centro del cerchio con la fronte all’esterno rivolta agli altri compagni e rappresentano le Nuvole. I 12 bambini del cerchio esterno sono alternati secondo la parte da imitare (Rondine, Angelo, Rondine, Angelo, ecc.). Tutti i bambini sono disposti in ginocchio, in posizione di massima raccolta, capo sulle ginocchia e arti superiori che abbracciano le ginocchia. Quando parte il brano musicale, i 6 bambini che rappresentano le Rondini, alzano lentamente il capo, circonducono le braccia e si sollevano in posizione eretta.
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SECONDA PARTE
Fanno poi mezzo giro e, uscendo dal cerchio, fanno 3 saltelli alternando la flessione degli arti inferiori, imitando il volo delle Rondini; vi rientrano facendo sempre 3 saltelli. Nello stesso momento i 4 bambini che rappresentano le Nuvole alzano lentamente il capo, circonducono le braccia, si sollevano in posizione eretta e poi si stendono a terra proni, con gli arti superiori tesi in avanti; i 6 bambini che rappresentano gli Angeli alzano lentamente il capo, circonducono le braccia, si sollevano in posizione eretta e fanno un quarto di giro in attesa del rientro in cerchio delle Rondini. Rondini e Angeli si prendono le mani e uno di fronte allâ&#x20AC;&#x2122;altro, a coppie, oscillano gli arti superiori. Rondini e Angeli fanno 3 passi avanti, si piegano e toccano con le mani le Nuvole; si sollevano poi in posizione eretta, fanno un mezzo giro e ritornano in cerchio in volo. Rondini e Angeli vanno su e giĂš piegandosi in sincronia alternata; le Nuvole si tengono per mano e girano in senso orario. A questo punto, tutti in posizione eretta fanno un salto a piedi pari e circonducono gli arti superiori; poi, arti superiori tesi in alto, sulla punta dei piedi a voler toccare il cielo. Nel ritornello, le Rondini ripetono gli stessi movimenti, gli Angeli si dirigono in volo verso le Nuvole e continuano a mimare il volo; le Nuvole continuano a girare mano nella mano in senso antiorario. Gli Angeli sono ora in cerchio attorno alle Nuvole, fronte a fronte. Nella fase finale tutti gli alunni ritornano in ginocchio, in posizione di massima raccolta, con il capo sulle ginocchia e gli arti superiori che abbracciano le ginocchia, come nella fase iniziale.
Rappresentazione grafica del momento iniziale.
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VERIFICA DEGLI APPRENDIMENTI Al termine dell’UDA osserviamo se l’alunno: • individua ed esegue movimenti e strutture motorie riferendosi allo stimolo sonoro e/o visivo; • stabilisce legami di collaborazione; • esegue un proprio ritmo relazionandolo con quello degli altri; • esegue correttamente i ritmi gestuali e motori presenti nelle elaborazioni; • ha partecipato attivamente al lavoro di elaborazione motoria e artistica; • sa usare in modo appropriato gli spazi; • sa raccontare storie con il corpo; • sa esprimere emozioni con il corpo; • sa padroneggiare gli schemi motori di base; • sa utilizzare il corpo come linguaggio; • ha interiorizzato le esperienze fatte durante l’esecuzione delle singole lezioni e del momento finale della drammatizzazione; • ha interiorizzato le conoscenze e le abilità acquisite, confrontandole con quelle di partenza. PORTFOLIO • Da parte del bambino: rielaborazione dell’esperienza vissuta attraverso il linguaggio iconico. Può illustrare l’attività, ciò che lui personalmente ha fatto e ciò che pensa del risultato finale. • Da parte dell’insegnante: – questionario di autovalutazione: “ho constatato che il bambino ha gradito... perché... questa esperienza ha portato modifiche al suo vissuto... ”; – verifiche in itinere. • Da parte delle famiglie: tramite questionari scuola - famiglia, verificare se le attività svolte sono state di gradimento, accettando suggerimenti.
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SECONDA PARTE
PROGETTO “ATTIVITÀ MOTORIA COME LINGUAGGIO” (1)
1° biennio “Fermiamoci a guardare bambini e ragazzi che giocano e fanno sport, pensiamo alla gioia che esprimono, che tutti abbiano da provare queste gioie” ANDREA CIONNA (Atleta non vedente medaglia di bronzo nella maratona alle Paraolimpiadi di Atene 2004)
PROGETTO DI FORMAZIONE PER LE SEGUENTI EDUCAZIONI: ed. motoria, ed. linguistica, ed. al suono e alla musica, religione, ed. alla convivenza civile. DI APPROFONDIMENTO CURRICOLARE DELLE SEGUENTI DISCIPLINE: scienze motorie e sportive, italiano, convivenza civile, musica e religione. (1) Il Progetto e la successiva UDA sono stati realizzati dall’allieva ALESIANI ROMINA.
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PREMESSA La Scuola Primaria è il bacino d’utenza più grande che esista per favorire e divulgare una corretta educazione motoria. La scuola, ambiente in cui il bambino trascorre una buona parte della giornata, deve fondare i suoi insegnamenti su esperienze vere e autentiche, da attuarsi anche in forma ludica e partecipativa. Il binomio gioco-apprendimento assume un significato molto importante nel favorire la crescita, lo sviluppo e la maturazione del bambino. Qualsiasi lavoro che comporta un impegno intellettivo elevato può avere un valore meta-cognitivo solo se porta con sé un coinvolgimento affettivo, emotivo e di valore sociale radicato già a partire dalla programmazione degli insegnanti che svolgono un ruolo di “registi” in tutto il processo. Lo scopo di questo progetto è far vivere ai bambini esperienze emozionali ad alto contenuto sociale attraverso giochi d’imitazione, esercizi metarappresentativi del proprio essere e dell’essere dell’altro seguendo non solo regole predefinite, ma adottando una flessibilità liberatoria di tutte le componenti emozionali e psicologiche. Fornendo un itinerario educativo “da sperimentare”, il bambino può impadronirsi del suo essere corporeo e contemporaneamente del suo essere emotivo con l’obiettivo che possa, in future esperienze di vita concreta, risolvere situazioni-problema che il vivere in comunità porta con sé. TIPOLOGIA DEL PROGETTO: di classe. DESTINATARI: alunni della classe III: 11 maschi e 12 femmine di cui un alunno con disabilità certificata: ritardo generalizzato dello sviluppo con tratti autistici. OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO (OSA) – Valorizzare la diversità come occasione di arricchimento personale e di gruppo-classe facilitando l’integrazione di tutti gli alunni con particolare attenzione ai bisogni emozionali del bambino con disabilità e altri bambini con problematiche di inclusione sociale. – Manifestare il proprio punto di vista e le esigenze personali in forme corrette e argomentate. – Mettere in atto comportamenti di autonomia, autocontrollo, fiducia di sé in interazione con il coetaneo e l’adulto. – Svolgere compiti per lavorare insieme su un obiettivo comune. – Utilizzare abilità motorie in forma singola, a coppie, in gruppo. – Utilizzare in modo corretto per sé e per i coetanei spazio e attrezzature.
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SECONDA PARTE
– Utilizzare il linguaggio gestuale e motorio per comunicare individualmente e collettivamente stati d’animo, idee, problemi e situazioni varie. – Raccontare le esperienze vissute. – Scrivere semplici resoconti del vissuto emozionale. – Usare semplici oggetti per la produzione sonora improvvisando o riproducendo brevi sequenze sonore. – Intonare, ritmare, cantare brani musicali accompagnando con il corpo e la gestualità il ritmo musicale. – Scoprire l’importanza del vivere insieme in modo pacifico. DESCRIZIONE DEL PROGETTO Il progetto è previsto in forma trasversale alle discipline sopra elencate. Si prevedono circa otto ore settimanali in cui si lavorerà più approfonditamente per unità di apprendimento. È previsto uno spettacolo finale di tipo musicale–teatrale alla fine dell’anno scolastico. METODOLOGIA Le UDA verranno svolte con l’intera classe, a coppie, in piccoli o medi gruppi ed anche in operatività individuali (in itinere le insegnanti valuteranno la metodologia adottabile, dopo aver osservato l’andamento del lavoro delle precedenti unità d’apprendimento). ATTIVITÀ 1. 2.
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Cartellone e lavoro sul quaderno: “disegno una cosa bella e scrivo il perché mi piace.” Lavoro su scheda: “Il mondo è bello”. Lettura: “Il Lupo di Gubbio” e presentazione della figura di San Francesco, commento orale e testo scritto “ Si può voler bene a tutti anche a quelli molto diversi da noi”(lavoro a piccoli gruppi ). Lettura: “Francesco e gli uccelli” – commento orale e riflessione scritta –. Visione di un cartone animato sulla vita di San Francesco e i suoi messaggi. Testo scritto: “Quante cose belle esistono nel mondo!”. Lettura, spiegazione e commento orale su “Il Cantico delle creature”. Lavoro in coppia: preghiera di ringraziamento.
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Lettura, comprensione,commento orale di una favola di Esopo: “Il regno del leone”. Testo scritto a piccoli gruppi “Per noi l’amicizia è... .”. Lettura tratta dal testo di lettura “Gatta ci cova”: L’AMICIZIA. Ascolto, comprensione, commento orale, riflessione scritta , disegno e canto in coro delle canzoni: “ LA FELICITÀ” e “GRAZIE”. Giocomotorio:“ Le scatoline”: ogni bambino fa uscire se stesso mimando una cosa, un animale che gli piace. Gioco: “Mimo in playback”: a coppie, un bambino si muove mimando e rappresentando un avvenimento o una storia, anche inventata e l’altro bambino lo deve imitare perfettamente come fosse uno specchio. Madre Teresa di Calcutta: le piccole–grandi cose che lei ha fatto e quelle che possiamo fare anche noi. Lettura tratta dal testo di lettura “Gatta ci cova”: UGUALI... ... .MA DIVERSI. Comprensione, commento sulle varie diversità: noi, in classe, a casa, nel mondo (un compagno di scuola ci racconta del suo paese: l’Albania). Riflessioni e lavori sull’attentato dell’11 settembre e la morte di 19 italiani in Iraq. Il valore della pace nel mondo. Utilizzo di quotidiani e produzioni scritte (in piccolo gruppo e individualmente). Immagini e brani tratti da “Il piccolo libro della pace”di Geronimo Stilton (Il battello a vapore). Cartellone “Tutti sotto lo stesso cielo”. Poesia “Girotondo degli amici di tutto il mondo”: riflessioni scritte e lavoro con le impronte delle mani. Presentazione delle figure storiche di GHANDI e MARTIN LUTER KING: lettura di alcune parti di discorsi che ci hanno lasciato. Il Natale nelle Scritture: lettura, commento orale, disegno sulle letture tratte dai Vangeli che narrano la nascita di Gesù. Poesia: “Gesù piccolino”: comprensione, commento orale, riflessione scritta , disegno. Testo scritto individuale: “Secondo me, Gesù quando aveva la mia età era così... .e faceva... .” Comprensione, commento orale, riflessione scritta , disegno su “Il più grande comandamento che ci ha dato Gesù”. Ascolto, comprensione, commento orale, riflessione scritta , disegno e canto in coro delle canzoni: “GOCCIA DOPO GOCCIA”, “LA PACE VUOL DIRE”, “AMICO NEMICO”.
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SECONDA PARTE
26. “ Lo specchio umano”: un alunno esegue un movimento e tutti gli altri lo riproducono identico (si dà una regola fissa per volta, ad es. si usano solo le gambe, solo la mimica facciale ecc... .) 27. Riflessioni personali, discussione e lavoro sul quaderno sulla frase detta da Gesù: “Per essere giusti non basta non fare del male, bisogna far del Bene”. Lavoro sull’identità di ogni bambino per arrivare al valore della diversità individuale e poi all’identità sociale e solidale che ognuno di noi deve avere. 28. La mia carta d’identità: lavoro individuale sul quaderno. 29. Testo scritto: “Io vorrei... ..”. 30. Lavoro a coppie: “Io e te ci assomigliamo in queste cose... ..” Testo scritto. 31. Testo scritto sempre a coppie: “Siamo diversi in queste cose... ..”. 32. Dall’esperienza di viaggio di una compagna: testo scritto “Anche io conosco un bambino molto ma molto diverso da me..., ma siamo diventati amici!”. 33. Lettura, comprensione, discussione, riassunto scritto a piccoli gruppi, disegno sulla favola IL LIBRO DELL’ESPLORATORE tratta dal testo “Il bambino arrabbiato” di Alba Marcoli. 34. Ascolto, comprensione, commento orale, riflessione scritta , disegno e canto in coro della canzone: “NOI, NOI, NOI.” 35. “Gioco del regno”: un bambino è il re, chiama nel suo regno un suddito per volta, cioè un compagno, che gli si avvicina ed enuncia solo le cose positive che possiede il suo re. 36. La parabola del seminatore: visione di una videocassetta . 37. Lavoro di comprensione del messaggio che viene dalla parabola: testo scritto “Io come il seme che è caduto... ... ”. 38. Riflessioni sui messaggi d’amore che Gesù ci ha lasciato: es.”amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati”. 39. I nostri sentimenti in relazione e reazione ai sentimenti di chi ci sta vicino. 40. Ancora il lavoro sulla diversità = ricchezza per l’umanità. 41. Cartellone e lavoro sul quaderno: testi scritti “Sono triste quando... ..” ecc... 42. Poesia “Solo”, tratta dal testo di classe “Gatta ci cova”. 43. Testo scritto: “Anche io qualche volta mi sento solo”. 44. Lettura, commento orale, disegno sulla lettura de “Il dromedario ed il cammello”di Gianni Rodari. 45. Canzoni: “GOCCIA DOPO GOCCIA”, “LA PACE VUOL DIRE”, “AMICO NEMICO”.
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46. Ascolto, comprensione, commento orale, riflessione scritta , disegno e canto in coro della canzone: “L’amore è il più grande motore”. 47. “Gioco della pace”: inventato dai bambini. 48. “Il mondo siamo noi”: esperienza portata nello spettacolo di fine anno. TEMPI Nell’arco della settimana Un giorno due ore: Italiano (lettura e composizione di testi); Un giorno due ore: Musica e religione (canto e lettura di scritti di autori pacifisti); Un giorno due ore: Educazione motoria e italiano (espressività corporea e composizione di scritti e poesie personali); Un giorno due ore: Educazione motoria e ed. alla convivenza democratica (esercizi motori e riflessione su scritti di autori pacifisti). RISORSE PROFESSIONALI: insegnante prevalente della classe ed insegnante di sostegno. MODALITÀ E STRUMENTI DI VALUTAZIONE – Rilevazione periodica ed in itinere dell’atteggiamento e dell’interesse da parte dei bambini in modo da trovare spunti per l’impostazione delle unità di apprendimento successive. – Osservazione sistemica dei tempi e dei modi, qualitativamente analizzati, dell’interazione degli alunni (es. accettazione delle regole, delle idee diverse dalle proprie e della capacità di collaborare in lavori di gruppo). – Verificare attraverso scritti se l’alunno possiede la capacità di raccontare il proprio vissuto e la capacità di immedesimarsi nel compagno teoricamente diverso da lui. – Verificare attraverso verifiche orali e scritte l’acquisizione di abilità cognitive e sociali programmate.
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UNITÀ D’APPRENDIMENTO IL MONDO SIAMO NOI
CONTESTUALIZZAZIONE Al termine del lavoro portato avanti per tutto l’anno scolastico, è quasi “doveroso” condividere con le famiglie anche un frammento delle “fatiche” e delle conquiste dei bambini, in uno spettacolo musico-teatrale. Ma le motivazioni non sono solo queste; una forte motivazione l’ha data W. con questa frase: “Questi li posso far vedere a tutti!!!!”. W. si riferiva ad alcuni dei suoi disegni creati durante le attività scolastiche. Il bambino, “genio del fumetto”, in grado di “schizzare” cinquanta disegni in una sola mattinata, non ama anzi non vuole mai mostrare a persone sconosciute i suoi lavori!!! Ma quella volta sì!!!!!! Non si sa perché, non si capiscono le sue ragioni, gli sono state chieste, ma senza successo. Si è però “obbedito”! La sua felicità nel giorno dello spettacolo è stata poi molto più chiara di ogni risposta: W. aveva finalmente comunicato se stesso!!! Si è presentato!!! FASE PRE-ATTIVA L’attività motoria-musico-teatrale portata nello spettacolo raccoglie il significato emozionale di tutto l’anno. Cognitivo e ludico si uniscono in un solo intreccio di profonde emozioni espresse, lavorate, trasferite, accomodate... vissute! La scuola, diventa scuola di vita!!!!! FASE ATTIVA CONTENUTI TEORICO-PRATICI Un lenzuolo bianco viene steso in terra. I bambini sono vestiti dei colori dell’arcobaleno, simbolo di pace. Come sfondo c’è un altro lenzuolo, con il disegno ingrandito di W. “Il mondo siamo noi”. Un bambino alla volta si posiziona davanti e fuori il lenzuolo bianco e attraverso l’uso di un terzo lenzuolo, che ha in mano, si esprime in modo creativo-ludico-teatrale-musicale-linguistico-mimico, fedele a ciò che si
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sente di comunicare del proprio IO (io desidero..., io ho paura..., a me piace..., io sono bravo a..., io vorrei tanto che..., io amo...,). Finita l’espressione rappresentata, il bambino entra dentro il lenzuolo a terra, vi cerca uno spazio, che diventerà il suo spazio, in cui si immobilizza, con il proprio lenzuolo usato come stimolo-ricordo e mantenendo la stessa posizione il bambino resta immobile fino all’entrata nel lenzuolo di tutti i suoi compagni dopo le stesse procedure. Il lenzuolo a terra diverrà in questo modo “UN QUADRO”, con i suoi personaggi che uno alla volta lo comporranno e mai più lo scomporranno!!! Un quadro dove TUTTI i personaggi si “intersecheranno” portando vissuti, emozioni, capacità, diversità. Un quadro dove tutti, nell’unicità del proprio essere, saranno inclusi per sempre. Un quadro che entrerà comunque nella storia; LA NOSTRA STORIA!!! Un capolavoro dove un qualsiasi particolare mancasse non sarebbe più lo stesso capolavoro!!!
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VERIFICA DEGLI APPRENDIMENTI – Rilevazione periodica ed in itinere dell’atteggiamento e dell’interesse da parte dei bambini. – Osservazione sistemica dei tempi e dei modi, qualitativamente analizzati, dell’interazione degli alunni (es. accettazione delle regole, delle idee diverse dalle proprie e della capacità di collaborare in lavori di gruppo). – Verifiche, attraverso scritti, delle capacità che l’alunno possiede in relazione al proprio vissuto e alla capacità di immedesimarsi nel compagno teoricamente diverso da lui. – Verificare attraverso prove orali e scritte l’acquisizione di abilità cognitive e sociali programmate.
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PROGETTO (1)
1° biennio PROGETTO DI FORMAZIONE PER LE SEGUENTI EDUCAZIONI: linguistica - logico-matematica - espressiva - motoria - scientifica - socio-affettiva-relazionale - educazione alla cittadinanza - educazione all’affettività - educazione alla salute - educazione alimentare. E DI APPROFONDIMENTO CURRICULARE DELLE SEGUENTI DISCIPLINE: italiano – storia – matematica – inglese – religione – musica – scienze motorie e sportive - tecnologia informatica –arte ed immagine. DESTINATARI: gli alunni della classe II; nella classe è inserito un bambino con Diagnosi Funzionale di D.S.A. OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO o Avvicinare i bambini alla fiaba come strumento narrativo, comprendendone la struttura e l’organizzazione o Rielaborare ed esprimere i contenuti del testo-fiaba attraverso varie forme di linguaggio (mimico-gestuale, grafico-iconico, musicale) o Eseguire elaborazioni grafico-pittoriche con supporto del testo fiaba (1) Il Progetto e la successiva UDA sono stati realizzati dall’allieva PANARONI PAOLA.
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o Avvicinare il bambino all’uso del computer o Comprendere che il corpo sano è un bene da salvaguardare e che la salute si conquista conoscendo il corpo stesso, seguendo alcune indicazioni riguardanti l’alimentazione e l’attività motoria o Favorire lo sviluppo di un clima di conoscenza, rispetto e collaborazione all’interno della classe o Valorizzare la diversità come reciproco arricchimento facilitando l’integrazione di tutti gli alunni, con particolare riguardo a quelli diversamente abili. DESCRIZIONE DEL PROGETTO La Scuola Primaria, partendo dall’esperienza, in stretta collaborazione con la famiglia, si propone di arricchire sul piano analitico e sintetico la “visione del mondo e della vita” dei fanciulli, di integrare tale visione nella loro personalità e di stimolare l’esercizio nel concreto della propria vita, in un continuo confronto interpersonale di natura logica, morale e sociale che sia anche affettivamente significativo. La scuola Primaria utilizza situazioni reali e percorsi preordinati per far acquisire ai soggetti la consapevolezza del proprio sé, dell’altro e degli ambienti di vita. Il Progetto ha come obiettivo generale la valorizzazione del patrimonio conoscitivo, valoriale e comportamentale, ereditato dal bambino e di dedicare particolare attenzione alla sua considerazione, esplorazione e discussione comune. Non di meno si terrà in considerazione la corporeità, come inscindibile da ogni dimensione simbolica che anima il bambino e le sue relazioni familiari e sociali. L’avvaloramento dell’espressione corporea è allo stesso tempo condizione e risultato dell’avvaloramento di tutte le altre dimensioni della persona: la razionale, l’estetica, la sociale, l’operativa, l’affettiva, la morale. In questo senso, tutte le maturazioni acquisite dagli alunni vanno orientate verso la cura ed il miglioramento di sé e della realtà in cui vivono, a cominciare dalla scuola stessa, e verso l’adozione di buone pratiche in tutte le dimensioni della vita umana, personale e comunitaria. L’utilizzo di situazioni reali e percorsi preordinati serve per far acquisire ai fanciulli la consapevolezza del proprio sé, dell’altro e degli ambienti di vita.
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Inoltre si opera in modo che gli alunni possano sperimentare l’importanza sia dell’impegno personale sia del lavoro di gruppo attivo e solidale, attraverso il quale accettare e rispettare il sé e l’altro, dialogare, partecipare in maniera costruttiva alla realizzazione di obiettivi comuni. Tutte le attività sono utilizzate al fine di fargli acquisire specifici obiettivi curriculari opportunamente selezionati. Gli alunni della classe in seguito al progetto parteciperanno al Laboratorio Opzionale di attività motoria come linguaggio ed animazione teatrale che, nel mese di maggio, li vedrà coinvolti nello spettacolo teatrale “Martina nel paese della grande piramide”. METODOLOGIA In base agli obiettivi specifici di apprendimento le insegnanti proporranno i seguenti stimoli didattici: o lettura e comprensione, orale e scritta, di un testo fiaba o conversazioni guidate sui temi trattati o rielaborazione testo in chiave fumettistica o socializzazione di esperienze personali o costruzione di istogrammi – ideogrammi o cartelloni o uso di schede di raccolta di informazioni o confronto e rielaborazione delle idee o sonorizzazione di filastrocche o uscite didattiche o attività laboratoriali - giochi di: animazione, immaginazione, espressivi con la voce, di sincronizzazione motoria e drammatizzazione. Il lavoro sarà svolto in modo individuale, a coppie, a piccoli e grandi gruppi, con l’intera classe. TEMPI: realizzazione del Progetto da ottobre a marzo in vari momenti del tempo scolastico. SPAZI: aula, palestra, auditorium, giardino ed aula computer. ATTIVITÀ o Lettura dell’insegnante di religione, della storia di “Chiccolino”, il seme che muore sotto terra per rinascere come pianta in Primavera. o Ricostruzione della storia del chicco di grano, dalla semina al raccolto, alla trasformazione fino al pane, in relazione alla comprensione
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del significato e della simbologia sottesa sul significato della Pasqua cristiana ed il gioco delle associazioni: “Gesù risorto si può paragonare a ... ”. Lettura, da parte dell’insegnante, di un racconto fantastico sul concetto di alimentazione. Domande stimolo per la comprensione del racconto. Scheda di comprensione del testo tramite risposte a scelta multipla. Compilazione, a casa, di una tabella registrando la loro alimentazione settimanale nei cinque pasti principali (colazione, ricreazione, pranzo, merenda, cena e, eventuale, spuntino). Rielaborazione, nel gruppo classe, del testo. Scrittura, in ordine cronologico, del sunto delle sequenze della storia, indicando le parti essenziali del narratore e del discorso diretto. Lavoro di caratterizzazione di tutti i personaggi e disegno individuale dei personaggi e degli ambienti. Disegno della storia in 16 sequenze a coppie, tenendo presente la rielaborazione scritta. Inserimento individuale nel fumetto delle didascalie, dei balloons e colorazione. Rielaborazione dei dati della tabella dell’alimentazione settimanale. Realizzazione di un ideogramma i cui dati di riferimento erano i piatti portata. Tabella/intervista da svolgere a casa dove i bambini hanno registrato le abitudini alimentari dei loro nonni o genitori, le loro preferenze ed una semplice ricetta riguardante la merenda di un tempo. Lettura in classe delle interviste e discussione sulle differenze alimentari tra ieri ed oggi. Domande stimolo per la comprensione delle differenze tra le due alimentazioni. Lavoro di statistica sulla merenda preferita da ogni bambino. Inserimento dei dati in un istogramma e comprensione orale e scritta, tramite domande aperte. Costruzione, tramite disegno individuale e cartellone, della piramide alimentare. Domande stimolo sugli alimenti inseriti, sulle loro proprietà nutrizionali, sul consumo giornaliero. Compilazione di una scheda, “Il mio menù ideale”, dove i bambini, liberamente, hanno annotato tutti i loro cibi preferiti; le schede si sono poi confrontate con la piramide alimentare e si sono invitati i
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bambini ad individuare gli eventuali errori alimentari. o Ambiti lessicali relativi a cibi ed alle bevande e nella conoscenza di analogie e differenze fra le abitudini italiane e britanniche (colazione – pranzo – cena) lingua inglese. o Lavoro di comprensione, a livello orale e scritto, e di interazione di brevi scambi dialogici (WHAT DO YOU HAVE FOR BREAKFAST?). o Domande stimolo per identificare e rilevare diversità culturali in relazione ad abitudini di vita. o Elaborazione di una scheda nella quale i bambini, a secondo dei pasti, hanno indicato la razione alimentare necessaria ogni giorno. o Uscita didattica in un panificio, per osservare le fasi della preparazione del pane. o Preparazione, in classe, del pane: le fasi della preparazione e gli strumenti usati sono stati inseriti in un diagramma di flusso, sono state poi registrate in tabella tutte le sensazioni, tattili, visive, uditive, olfattive e gustative della pasta di pane e del pane cotto. o Ideazione e realizzazione di una copertina con l’uso del P.C. tramite l’uso di Microsoft Word e wordart. o Realizzazione, per ogni bambino, di un “Libro” rilegato contenente tutti i lavori svolti. o Realizzazione di un Laboratorio Opzionale di attività motoria come linguaggio ed animazione teatrale.
RISORSE PROFESSIONALI: insegnanti del team di classe MODALITÀ E STRUMENTI DI VALUTAZIONE Si verificheranno le competenze al termine delle attività proposte; si valuteranno l’interesse, l’impegno, la partecipazione. Si andranno a documentare i risultati con: • produzione di lavori personali: libro rilegato con tutto il materiale prodotto da inserire nel Portfolio • produzione di lavori collettivi: cartelloni scenografie costumi filmato della rappresentazione
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LABORATORIO OPZIONALE DI ATTIVITÀ MOTORIE E SPORTIVE Attività motoria come linguaggio ed animazione teatrale “Martina nel paese della grande piramide”
CONTESTUALIZZAZIONE Il Laboratorio comprende varie UDA, rivolte ad una classe II, della Scuola Primaria, composta da 14 alunni (8 maschi e 6 femmine), nella quale è inserito un bambino con Diagnosi Funzionale di D.S.A. che ha determinato problemi di attenzione e di concentrazione; inoltre, sono stati rilevati problemi a livello comportamentale e di socializzazione. Per questo motivo si rende necessario un intervento mirato che stimoli: o un clima di condivisione e di benessere che faciliti la comunicazione; o la capacità di interazione nel gruppo e lo sviluppo dello spirito di cooperazione; o la capacità di superare le insicurezze che si riflettono sul rendimento scolastico; o la capacità di acquisire una maggiore sicurezza, autostima e autocontrollo; o la responsabilizzazione dell’alunno ad eseguire le consegne e gli incarichi per acquisire una maggiore autonomia. Le modalità di conduzione del lavoro saranno le seguenti: o lavoro cooperativo di gruppo; o ruolo attivo e consapevole dell’alunno; o prevalenza dell’apprendimento per scoperte personali e di gruppo; o insegnante / stimolatore di esperienze educative. Gli stili di apprendimento saranno i seguenti: o abilità di ascolto del proprio corpo e lettura del corpo altrui; o capacità di sapersi relazionare, collaborare ed integrare il proprio lavoro con quello altrui. La metodologia didattica che si intende adottare per stimolare gli apprendimenti sarà la seguente: o ascolto mirato o partecipazione attiva o coinvolgimento diretto
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o auto-valutazione o “fare e saper fare” FASE PRE-ATTIVA Le quattro UDA hanno come obiettivo generale “l’attività motoria come linguaggio ed animazione teatrale”. Il teatro è un luogo fantastico, senza spazio e senza tempo, che racchiude tutte le forme espressive e d’arte e può essere fatto da tutti coloro che hanno voglia di mettersi in gioco e di giocare. L’esempio di questo è dato proprio dal gioco dei bambini, quando “fanno finta di ... ”. Pur consapevoli della finzione, i bambini sono talmente presi dal gioco da trasformare la realtà che li circonda in altre realtà, calandosi dentro a personaggi e situazioni, mantenendo, allo stesso tempo, una distanza che permette di rappresentare anche ciò che non sempre vogliono o possono esprimere esplicitamente. “Fare teatro” significa una ulteriore possibilità di esternare sentimenti ed emozioni non solo con la parola ma anche con il gesto; “fare teatro” significa misurarsi nelle relazioni con gli altri, in ruoli e situazioni sempre diversi. Questa esperienza si realizzerà da febbraio a maggio, durante le ore del Laboratorio Opzionale (3 ore settimanali) e si concluderà con la rappresentazione teatrale dal titolo “Martina nel paese della grande piramide”. Dopo il lavoro, in classe, di lettura, comprensione e rielaborazione del testo fantastico proposto dall’insegnante sul tema dell’alimentazione, il lavoro che segue sarà incentrato su varie attività espressivo-motorie che serviranno da base alla rappresentazione del racconto. Le prime 3 lezioni saranno incentrate sul consolidamento degli schemi motori di base, con particolare attenzione alla motricità fine e grosso motoria. Si svolgeranno, di seguito, 3 lezioni basate sull’utilizzo del linguaggio motorio e gestuale nelle varie situazioni comunicative; saranno effettuati giochi di finzione, di azioni e di imitazione (cose, animali, mestieri, emozioni, sentimenti, ecc ... ). Nella terza UDA (3 lezioni) si utilizzerà il linguaggio della mimica facciale per esprimere le emozioni, i sentimenti e gli stati d’animo. Infine nella quarta UDA (7 lezioni) verrà riletto e reinterpretato il testo fiaba; ogni bambino potrà scegliere il personaggio che più lo affascina e lo
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rappresenta; si passerà poi alla memorizzazione delle parti del testo e alla caratterizzazione mimico gestuale dei personaggi. In contemporanea si realizzeranno le scenografie ed i costumi, già pensati in classe, tramite l’utilizzo di materiali poveri e riciclati; questo, oltre a dare libero sfogo alla fantasia dei bambini, risulta un ottimo esercizio per la fine motricità e la coordinazione oculo-manuale. Inoltre si riprenderanno le esperienze fatte in classe con musiche del repertorio più vicino al vissuto esperenziale dei bambini e saranno ideati passi e movimenti su basi il cui testo è rappresentato, anche, da alcune brevi filastrocche ideate per alcuni dei “personaggi-alimenti”. È previsto un lavoro interdisciplinare che coinvolgerà le seguenti materie: 1. LINGUA – per la lettura, la comprensione e l’adattamento del racconto-fiaba; per la memorizzazione delle parti; per la creazione di filastrocche in rima. 2. ARTE ED IMMAGINE – che permetterà, attraverso attività grafico-pittoriche e manipolative, la realizzazione di scenografie, costumi, la realizzazione di testi informativi come volantini e locandine. 3. MUSICA – per l’interpretazione del testo anche in chiave musicale. FINALITÀ GENERALI o Muoversi con scioltezza, destrezza, disinvoltura, ritmo. o Utilizzare efficacemente la gestualità fino-motoria con piccoli attrezzi codificati e non nelle attività ludiche, manipolative, grafico-pittoriche. o Variare gli schemi motori in funzione di parametri di spazio, tempo, equilibri. o Utilizzare abilità motorie in forma singola, a coppie, in gruppo. o Rispettare le regole di giochi organizzati. o Sviluppare capacità di cooperazione all’interno di un gruppo. o Interagire positivamente con gli altri valorizzando le diversità. o Essere disponibile ad accettare situazioni nuove. o Utilizzare il linguaggio gestuale, motorio e mimico facciale, per comunicare e rappresentare, individualmente e collettivamente: cose, persone, animali, emozioni, sentimenti, stati d’animo, idee, situazioni, storie, racconti, ecc...
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UNITÀ DI APPRENDIMENTO N. 1 I GESTI
OBIETTIVO SPECIFICO DI APPRENDIMENTO (OSA) – acquisire schemi motori e posturali APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE – Utilizzare efficacemente la gestualità fine e grosso motoria. DECLINAZIONE DELL’APPRENDIMENTO UNITARIO IN OBIETTIVI FORMATIVI o utilizzare efficacemente la gestualità fine e grosso motoria. VERIFICA DEGLI OBIETTIVI E VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE 1. saper utilizzare la gestualità fine motoria; 2. saper utilizzare la gestualità grosso motoria per comunicare significati. ATTIVITÀ o giochi di mimo: cose, animali, persone, azioni, mestieri, ecc... o attività grafico-pittoriche con l’utilizzo di diversi materiali per la realizzazione di scenografie, di costumi, di volantini e locandine (computer, colori a dita, pennelli, pennarelli, carboncini, carta, cartoncini di vari spessori, colla, forbici, stoffa, ecc... ); TEMPI: 3 lezioni, 9 ore totali SPAZI: palestra
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UNITÀ DI APPRENDIMENTO N. 2 RACCONTARE CON IL CORPO
OBIETTIVO SPECIFICO DI APPRENDIMENTO (OSA) – Modalità espressive che utilizzano il linguaggio del corpo. APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE – Utilizzare il linguaggio gestuale e motorio nelle varie situazioni comunicative. DECLINAZIONE DELL’APPRENDIMENTO UNITARIO IN OBIETTIVI FORMATIVI o utilizzare il linguaggio gestuale e motorio nelle varie situazioni comunicative; o esprimere contenuti con il corpo; o saper esprimere contenuti ampi e complessi con il corpo. VERIFICA DEGLI OBIETTIVI E VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE 1. saper raccontare avvenimenti con il corpo; 2. saper raccontare storie con il corpo; 3. saper esprimere emozioni e sentimenti con il corpo. ATTIVITÀ o giochi di mimo: cose, animali, persone, azioni, mestieri, ecc... ; o giochi di mimo: poesie, filastrocche, storie, vissuti personali; o il “Gioco del cuscino”; o il “Gioco del telecomando”; o giochi di ruolo: “Facciamo finta di ... ”, anche con l’uso di travestimenti.
“Gioco del telecomando” 1. Un bambino, a turno, fa lo spettatore e tiene il telecomando. 2. Gli altri bambini, singolarmente o a coppie, si distribuiscono nella stanza e velocemente preparano l’imitazione di un oggetto o di un animale o di un mestiere, ecc ...
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3. I bambini si mettono in posizione di STOP, cioè si fermano restando immobili. 4. Lo spettatore rivolge il telecomando verso il bambino o la coppia di bambini, facendo partire il programma, cioè l’azione preparata. 5. Quando lo spettatore “cambia canale”, cioè dirige il telecomando verso un altro bambino o coppia, il primo smette di recitare e comincia a recitare un altro bambino o un’altra coppia. TEMPI: 3 lezioni, 9 ore totali SPAZI: palestra
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CONTENUTI TEORICO-PRATICI Utilizzare la gestualità fine-grosso motoria per comunicare significati. Giochi di mimo: “Facciamo finta di ... essere un fiammifero”
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UNITÀ DI APPRENDIMENTO N. 3 LE EMOZIONI
OBIETTIVO SPECIFICO DI APPRENDIMENTO (OSA) – Esprimere emozioni, stati d’animo e sentimenti. APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE – Utilizzare efficacemente la mimica gestuale e facciale per esprimere le proprie emozioni, i propri stati d’animo ed i propri sentimenti. DECLINAZIONE DELL’APPRENDIMENTO UNITARIO IN OBIETTIVI FORMATIVI o esprimere, tramite la mimica gestuale e facciale, emozioni, stati d’animo e sentimenti. VERIFICA DEGLI OBIETTIVI E VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE o saper utilizzare la mimica gestuale; o saper utilizzare la mimica facciale. ATTIVITÀ o giochi: “Il cuscino”, “Ping pong mimico”, “Il telecomando”
“Ping Pong mimico” 1. I bambini formano due file parallele. 2. Il primo bambino di ogni coppia fa un’espressione mimico facciale. 3. Il compagno risponde con un’espressione mimico facciale uguale o contraria. TEMPI: 2 lezioni, 6 ore totali SPAZI: palestra
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UNITÀ DI APPRENDIMENTO N. 4 DRAMMATIZZAZIONE OBIETTIVO SPECIFICO DI APPRENDIMENTO (OSA) – Modalità espressive che utilizzano vari linguaggi nella drammatizzazione. APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE – Esprimere ruoli diversi attraverso il tono di voce, i gesti, la mimica facciale e i movimenti. DECLINAZIONE DELL’APPRENDIMENTO UNITARIO IN OBIETTIVI FORMATIVI o “calarsi” in un ruolo, in un luogo, in un tempo; o cogliere, all’interno dello spettacolo teatrale, le funzioni della musica, della scenografia e dei costumi; o memorizzare frasi e brani del racconto; o recitare ad alta voce in maniera espressiva; o interpretare, con i movimenti, la gestualità e la mimica facciale un personaggio. VERIFICA DEGLI OBIETTIVI E VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE o sapersi calare in un ruolo, in un luogo, in un tempo; o saper cogliere, all’interno dello spettacolo teatrale, le funzioni della musica, della scenografia e dei costumi; o saper leggere, memorizzare e recitare ad alta voce, in maniera espressiva, frasi e brani del racconto; o saper memorizzare i gesti, la mimica facciale ed i movimenti del personaggio. ATTIVITÀ o rilettura del testo-canovaccio narrativo scelto per la drammatizzazione; o memorizzazione delle frasi e dei brani da recitare; o caratterizzazione dei personaggi del racconto: movimenti, gestualità, mimica facciale. TEMPI: 7 lezioni, 21 ore totali SPAZI: palestra e auditorium
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PROGETTO “MUSICA E MOVIMENTO: IL CORPO CHE... ASCOLTA E RACCONTA” (1) 1° biennio “Il bambino, allorchè impara a muoversi anziché a star fermo, si prepara alla vita....” MARIA MONTESSORI
PROGETTO DI FORMAZIONE E DI APPROFONDIMENTO CURRICULARE PER LE SEGUENTI EDUCAZIONI E DISCIPLINE: Scienze Motorie, Educazione alla Cittadinanza, Lingua Italiana, Musica. PREMESSA Le seguenti attività prevedono l’integrazione fra stimolazione musicale e movimenti del corpo. Ogni espressione sonora induce determinati movimenti, posture e reazioni emotive. Abbinando suoni e movimenti si dà ad ognuno la possibilità di esprimersi attraverso il proprio corpo, di stare bene con se stessi e gli altri, di avvicinarsi in modo intenso ed immediato alla percezione sonora e al fare musica, favorendo l’espressività soggettiva del bambino protagonista del movimento: lui lo crea e lo determina. TIPOLOGIA DEL PROGETTO: di classe DESTINATARI: alunni di una classe 3° (n. 12) tra cui una bambina diversamente abile.
(1) Il Progetto e la successiva UDA sono stati realizzati dall’allieva LETIZIA ROSE MARIE GIANOTTI.
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SECONDA PARTE
OBIETTIVI FORMATIVI ED OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO SCIENZE MOTORIE E SPORTIVE Conoscere e usare il proprio corpo ❑ Riconoscere, differenziare le varie parti del corpo e le percezioni sensoriali. ❑ Collocarsi in diverse posizioni in relazione allo spazio, agli attrezzi e ai compagni. ❑ Controllare la lateralità e l’equilibrio. Sviluppare la propria motricità in relazione allo spazio, al tempo, agli oggetti ❑ Migliorare la conoscenza degli schemi motori. ❑ Adattare gli schemi motori a parametri di spazio, tempo e ritmo. Acquisire capacità espressive nel movimento ❑ Comunicare idee, sensazioni, emozioni attraverso il movimento. ❑ Rappresentare con il movimento situazioni diverse in funzione di stimoli diversi (narrazioni, canzoni, musiche). MUSICA Ascoltare, analizzare e produrre fenomeni sonori e linguaggi musicali ❑ Riconoscere alcune strutture fondamentali del linguaggio musicale, mediante l’ascolto, l’analisi e la rielaborazione di brani di epoche e generi diversi. ❑ Organizzare ed eseguire performances di gruppo, utilizzando il canto, il teatro, il mimo e tutto lo strumentario didattico (percussioni Orff), oppure oggetti sonori creati dagli stessi alunni. LINGUA ITALIANA Produrre e rielaborare testi scritti ❑ Produrre testi descrittivi utilizzando i dati sensoriali. Leggere e comprendere testi di tipo diverso ❑ Riferire per iscritto il contenuto di testi letti o ascoltati, anche attraverso domande guida o dividendo in sequenze con immagini accompagnate da una breve didascalia.
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EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA ❑ Mettere in atto comportamenti di autonomia, autocontrollo, fiducia in sé. ❑ Conoscere e valorizzare le varie differenze individuali presenti all’interno del gruppo, anche in previsione di un fine comune (la rappresentazione scenica). ❑ Interagire, utilizzando buone maniere, con persone conosciute, con scopi diversi. DESCRIZIONE DEL PROGETTO La connessione tra le varie discipline ha lo scopo di raggiungere importanti obiettivi comuni, quali creare le condizioni per le quali ogni bambino possa vivere un’esperienza: 1. diretta e concreta; 2. occasione di stimolo e confronto con i compagni; 3. rispettosa degli interessi e delle capacità individuali; 4. rafforzante la propria autostima e autonomia; 5. proiettata verso uno scambio sociale che arricchisca gli uni e gli altri. METODOLOGIA ascolto, lavoro di gruppo, lavoro con il corpo, discussione, produzione, ascolto attivo, elaborazione e riflessione, sviluppo di situazioni operative (coinvolgenti per gli alunni) per far sì che essi scoprano le conoscenze acquisite e attraverso esse giungano alle competenze richieste. ATTIVITÀ IL CARNEVALE DEGLI ANIMALI (Giochi e attività simboliche di interpretazione, di imitazione di animali, oggetti e ruoli) Lab. di Musica L’insegnante di musica fa ascoltare agli alunni i 13 brani della composizione di Saint Saens (che descrivono in modo divertente e ironico le caratteristiche di alcuni animali). Primo ascolto: il riconoscimento dei personaggi Agli alunni viene dato il titolo dei vari brani casualmente (durante l’ascolto dovranno cercare di riconoscere i personaggi descritti dalla musica e riscrivere i titoli in ordine esatto).
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SECONDA PARTE
Introduzione: prepara l’ascoltatore creando l’atmosfera adatta alla musica che sta per essere ascoltata. Marcia reale del leone: melodia molto marcata e solenne, che evidenzia il carattere del leone e la sua superiorità nei confronti degli altri animali. Galli e galline: gli strumenti imitano il verso di questi animali. Ermioni: corsa sfrenata di questi cavalli selvatici, che vivono nelle praterie dell’Asia. Tartarughe: il compositore rappresenta questi animali lentissimi adattando il ritmo del brano alle loro “possibilità”. Elefante: interpretato dal contrabbasso, si esibisce in un valzer accompagnato dal pianoforte. Canguri: due pianoforti eseguono una melodia “martellante” che rappresenta il saltellio dei canguri. Acquario: dolce melodia che rappresenta il movimento dell’acqua. Personaggi dalle lunghe orecchie: imitazione del raglio degli asini eseguita dai violini. Il cucù nel bosco: una dolce melodia, eseguita dai pianoforti, rappresenta l’atmosfera del bosco. Il clarinetto imita il canto del cucù. Voliera: una melodia velocissima (flauto traverso) rappresenta lo svolazzare degli uccelli nella voliera. Pianisti: pezzo ironico, descritto dal musicista con una poesia: Di tutte le bestie il pianista è il peggiore specie se suona a tutte le ore, se poi lo fa in modo infame nessuno gli toglie il nome del ... .cane. Fossili: resti pietrificati di animali della preistoria (xilofoni). Il cigno: il brano più conosciuto, bellissima melodia eseguita dal violoncello. Durante le lezioni di musica gli alunni analizzeranno i vari brani dal punto di vista melodico e ritmico (lento- veloce, forte-piano). Per accompagnare alcuni brani i bambini inventeranno ed eseguiranno semplici ritmi (strumentario scolastico). Verranno realizzati cartelloni descrittivi dei vari strumenti musicali, gruppi di appartenenza e delle loro caratteristiche. Lingua Italiana Durante le lezioni di italiano gli alunni realizzeranno semplici descrizioni, prima oralmente, poi per iscritto, corredate da disegni, degli animali illustrati nei vari brani. Verrà infine realizzato il libro del “Carnevale degli animali” contenente tutti i lavori dei bambini.
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Ed. alla Cittadinanza Discussioni di gruppo, realizzazione di cartelloni, schede predisposte dall’insegnante. Scienze Motorie e Sportive (Attività preliminari) 1) Lasciare liberi gli alunni di esprimersi in maniera spontanea e creativa, in cui il compito dell’insegnante si limita a stimolare, orientare e, a volte, dare suggerimenti rivolti, soprattutto, ai bambini più timidi e impacciati. – Camminare liberamente per la palestra. – Esecuzione di movimenti individuali a piacere scegliendo ciascuno un oggetto o attrezzo predisposto. – Esercizi a coppie, in cui ogni bambino, a turno, deve muoversi come l’ombra dell’altro. – Eseguire movimenti (galoppo laterale, vari saltelli... ) in modo “pesante” (movimenti energici), “leggero” (morbidi e leggiadri), poi “silenziosi” e “rumorosi” e, infine, esecuzioni diverse del medesimo movimento. 2) Facciamo finta che... Invitiamo i bambini ad immaginare una visita allo zoo, dove incontreremo tanti animali. Suggeriamo loro quindi di rappresentare tutti gli animali, imitando il loro modo di muoversi. L’insegnante inizialmente propone l’animale da mimare, che i bambini rappresenteranno in modo libero e personale muovendosi per la palestra. Se l’imitazione di qualche bambino dovesse colpire l’insegnante, tutta la classe verrà invitata a riprodurre la sua rappresentazione. Esempi di animali: SERPENTE (strisciare sinuosamente), CANGURO (salti a piedi uniti), CANGURO MALATO (salti su un piede), GAMBERO (camminare e correre all’indietro), CAVALLO (passo, trotto, galoppo), GRANCHIO (corpo proteso in avanti, gambe piegate), RANA (salti in alto da gambe piegate), SCIMMIA (si arrampica con gambe flesse), COCCODRILLO (strisciare aiutandosi con gli arti), GATTO (fa la gobba, s’inarca, si stira, si apposta). Si prosegue con altri animali suggeriti dai bambini. 3) Gioco del ventriloquo: disporre i bambini a coppie, uno di fronte all’altro. Uno dei due deve esporre solo a gesti alcuni stati d’animo o azioni, mentre l’altro deve dare voce al compagno e parlare per lui come se fosse un ventriloquo. All’inizio sarà l’insegnante a suggerire azioni e risposte, poi saranno gli alunni ad inventare, creare, trovare soluzioni.
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SECONDA PARTE
4) Il Carnevale degli Animali Ascoltiamo, alcune volte, dei brani musicali, poi l’insegnante chiederà a tutti gli alunni di rappresentarli, cioè di mimare qualunque animale o oggetto in essi descritti . Tutti insieme selezioneranno poi le rappresentazioni più carine e veritiere dei singoli eventi o personaggi. L’insegnante dividerà poi gli alunni in piccoli gruppi, in modo che ad ognuno venga assegnato un ruolo. Si potrà passare così alle prove della rappresentazione vera e propria. TEMPI: 2-3 mesi circa SPAZI: la palestra, la classe, altri spazi scolastici eventualmente a disposizione (aula di musica, spazi per la rappresentazione) MATERIALI: apparecchio stereo riproduttore di CD, CD de “Il carnevale degli animali” di Camille Saint Saens, fogli di carta, vecchi giornali, penne e pennarelli, schede predisposte dagli insegnanti; strumentario Orff, comprendente tamburi, legnetti, triangoli, maracas, xilofono, altri strumenti a percussione costruiti dagli alunni utilizzando materiale vario, di uso comune, oppure materiali di riciclo. Per creare l’ambientazione fantastica del racconto vengono utilizzati costumi, accessori e scenografie costruiti appositamente da alunni ed insegnanti per la rappresentazione, anche con materiali di recupero. MODALITÀ E STRUMENTI DI VALUTAZIONE Verifiche: osservazione, libera e guidata, dei comportamenti e degli atteggiamenti posti in essere dagli alunni. Verbalizzazione e riproduzione, attraverso disegni ed elaborati scritti realizzati dagli alunni, di particolari situazioni (significative) vissute durante le attività motorie. Schede opportunamente predisposte. I materiali più significativi prodotti dagli alunni verranno poi inseriti nel portfolio. Autovalutazione, da parte dei bambini, del percorso di apprendimento personale. Prodotti finali: rappresentazione pubblica di fine anno scolastico de “Il carnevale degli animali”, in occasione dell’inaugurazione della mostra didattica, nell’atrio del plesso scolastico. Libro collettivo, contenente le descrizioni dei bambini, con i relativi disegni, degli animali illustrati nei vari brani musicali.
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UNITÀ DI APPRENDIMENTO “IL CUCU’ UNA VOCE NEL BOSCO” (Il corpo ascolta e racconta)
CONTESTUALIZZAZIONE Nella classe è inserita M., una bambina con disabilità, a cui è stato diagnosticato un “disturbo specifico di apprendimento nell’ambito della lettoscrittura, con conseguenti difficoltà di apprendimento e comportamento”. “Area affettivo-relazionale: scarsa autostima, consapevole delle proprie difficoltà, si sente spesso inadeguata. Senso di Sé fragile. Va supportata e gratificata nelle mansioni che la vedono capace. Risente dell’immagine che l’altro le rimanda. È ancora motivata a mettersi in gioco e accetta l’aiuto”. L’alunna non necessita, invece, di particolari interventi per l’area motorioprassica, in quanto “lo sviluppo motorio è nella norma”. M. partecipa sempre con gioia, impegno e profitto alle varie attività che prevedono l’uso del linguaggio musicale e di quello corporeo. Le attività qui pianificate sono perciò viste dagli insegnanti come uno spazio di integrazione e di realizzazione, uno spazio motivante, gratificante, che fa apprendere, sfruttando positivamente le risorse di tutti gli alunni. FASE PRE-ATTIVA OBIETTIVI FORMATIVI – Acquisire capacità espressive nel movimento – Sviluppare la propria motricità, in relazione allo spazio, al tempo, agli oggetti OBIETTIVO SPECIFICO DI APPRENDIMENTO (OSA) – Acquisire piena consapevolezza del proprio schema corporeo – Imparare a conoscere le capacità espressive del corpo (esecuzione di gesti comunicativi) – Provare a rappresentare la realtà animata e inanimata
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SECONDA PARTE
FASE ATTIVA TEMPI: 2 - 4 ore MATERIALI: un riproduttore di CD, un CD de “Il carnevale degli animali”. Uno zaino o sacco o cesto per ciascuno, un cappello realizzato con carta di giornale. ATTIVITÀ Dopo aver ascoltato attentamente il brano, l’insegnante invita gli alunni ad immaginare di essere viandanti nel bosco, a camminare sul ritmo degli accordi eseguiti dal pianoforte (ritmo lento, regolare, con qualche interruzione, in cui si sente cantare il cuculo). Ogni volta che il pianoforte si ferma e si sente il “cucù” i bambini devono fermarsi e portare la mano all’orecchio (o fare un altro gesto con la mano a scelta). Per calarci meglio nella “parte” del viandante, realizziamo dei cappelli. Successivamente possiamo eseguire l’esercizio anche sotto forma di gara a punteggio, vince chi non sbaglia mai la sequenza ritmica né l’esecuzione dei movimenti con la mano. A volte il brano prevede che ci si fermi ad ascoltare il “cucù”
A volte, invece, il cuculo canta mentre stiamo camminando
Ecco l’intera sequenza da eseguire:
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SECONDA PARTE
I movimenti da eseguire con le mani e il ritmo di marcia possono essere realizzati anche separatamente se, inizialmente, gli alunni dovessero avere difficoltà ad effettuarli contemporaneamente. L’insegnante dovrebbe stimolare i bambini all’utilizzo di tutti i mezzi espressivi del corpo per assumere l’identità del viandante e per interpretare la “sua” reazione al canto del cuculo, per rendere l’interpretazione più verosimile e, allo stesso tempo, personale. Gli alunni sceglieranno, poi, chi di loro sarà il più adatto ad interpretare la parte del viandante alla recita scolastica. VERIFICA DEGLI APPRENDIMENTI Osservazione di atteggiamenti e comportamenti (anche la capacità di collaborare accettando i limiti di tutti) degli alunni durante le varie fasi di realizzazione dell’UDA. La rappresentazione finale consentirà di valutare il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
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PROGETTO “ESSERE DIVERSI DIVENTARE UGUALI” (1) Actor’s, art studio fiction (giocare e creare con le immagini). 2° biennio
PROGETTO DI FORMAZIONE PER LE SEGUENTI EDUCAZIONI: educazione alla convivenza civile E DI APPROFONDIMENTO CURRICULARE DELLE SEGUENTI DISCIPLINE: italiano, geografia, scienze motorie, musica, arte e immagine, tecnologia informatica. TIPOLOGIA PROGETTO: di classe DESTINATARI: classe quarta e quinta scuola Primaria, in particolare nella classe quarta è presente un bambino extracomunitario e nella classe quinta un bambino con diagnosi border line cognitivo con ritardo del linguaggio recettivo, disprassia e stato fobico. OBIETTIVI FORMATIVI • • • • • • • •
Sviluppare la socializzazione e la collaborazione fra gli alunni Evidenziare capacità e risorse inespresse Mettersi in gioco per superare le insicurezze personali Potenziare le capacità espressive verbali e comunicative Abbattere lo stereotipo e il pregiudizio Migliorare la capacità di ascoltare gli altri Migliorare la fiducia in se stessi e negli altri Sviluppare la creatività
OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO Lingua italiana • Conoscere diverse forme di linguaggio (mimico, gestuale, verbale, orale, scritto) (1) Il Progetto e la successiva UDA sono stati realizzati dall’allieva LUCIA.
POMPA
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SECONDA PARTE
Individuare i personaggi principali di un racconto Individuare le sequenze principali, i tempi e i luoghi del racconto Esprimere le proprie opinioni ed emozioni sulla storia e sui personaggi Adattare, modificare o ampliare la storia Ascoltare e riprodurre la drammatizzazione dei personaggi
Geografia • Riconoscere e rappresentare graficamente i principali tipi di paesaggio (urbano, rurale, montano) • Descrivere un paesaggio nei suoi elementi essenziali, usando una terminologia appropriata Scienze motorie • Esprimere sentimenti e contenuti attraverso la gestualità corporea • Utilizzare i movimenti del corpo in relazione ad oggetti, allo spazio e al tempo • Raccontare una storia attraverso il linguaggio della drammatizzazione • Interpretare la realtà attraverso i gesti e le espressioni del volto • Affinare le proprie abilità in ordine a: 1. movimenti ritmici 2. movimenti a velocità reale 3. movimenti in accelerazione o rallentati 4. coordinazione dei movimenti 5. gestualità del viso (maschere facciali) 6. gestualità degli arti 7. motricità corale Utilizzare le conoscenze e le abilità acquisite per realizzare uno spettacolo di gruppo Arte e immagine • • • • •
Comunicare attraverso le immagini Leggere messaggi per immagini Rappresentare graficamente personaggi, ambientazioni, scenografie Progettare fondali per le “scene” con l’uso di tecniche pittoriche Conoscere tecniche diverse di realizzazione di cartoni animati: disegni in fase, decoupage. • Articolare gesti e azioni in fase, movimento e animazione
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Musica • • • • •
Esprimere contenuti attraverso il mondo dei suoni Interpretare il linguaggio musicale Accostare a brani musicali immagini e movimenti Esprimere contenuti attraverso la danza Ascoltare e scegliere le musiche adatte alla sonorizzazione del cartone animato
Tecnologia e informatica • Utilizzare il programma Paint per colorare i disegni DESCRIZIONE DEL PROGETTO Il progetto vuole, attraverso due laboratori, uno di fiction (drammatizzazione-scenografia- coreografia-musica) e uno di cinema di animazione, sviluppare la cooperazione e la collaborazione tra i bambini mettendo in evidenza le diverse capacità e risorse di ciascun allievo. Si partirà dalla lettura di una storia “Bianchina e Nerina” (storia di una pecora nera esclusa dalle altre bianche) per passare alla discussione collettiva sul messaggio che comunica. Verrà scelto un tema comune ai due gruppi di lavoro: l’amicizia come rispetto della diversità, mentre il primo gruppo lavorerà alla realizzazione del cartone animato della storia letta, l’altro si cimenterà in giochi di movimento e imitazione, giochi rappresentativi di situazioni, emozioni e sentimenti, attività di drammatizzazione, ascolto e scelta di brani musicali, progettazione di una coreografia. Alla fine di tutto il percorso si realizzerà un video-clip da presentare ai genitori nella prima parte del quale si presenterà il lavoro di animazione di storie e nella seconda parte si visionerà la coreografia finale inventata dagli alunni come sintesi del lavoro svolto durante l’anno e dove reciteranno alcune poesie e pensieri personali. MODI E TEMPI L’unità classe sarà aperta alla formazione di due gruppi di alunni delle classi quarta e quinta. I gruppi saranno eterogenei per favorire la socializzazione, lo scambio delle competenze e delle abilità acquisite.
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SECONDA PARTE
Un primo gruppo seguirà il laboratorio di fiction e un altro il laboratorio di cinema di animazione. All’interno di ciascun gruppo gli alunni lavoreranno collettivamente durante la fase di ideazione e progettazione, invece in quella di realizzazione, a seconda delle necessita’, saranno divisi in sottogruppi nel rispetto delle singole diversità e/o abilità. Nel corso dell’anno i gruppi ruoteranno per consentire a tutti la partecipazione ai due laboratori. Il progetto avrà durata annuale, le attività verranno svolte per due ore settimanali, ogni martedì nelle ore di compresenza delle insegnanti. Gli spazi utilizzati saranno: l’aula, la palestra, gli spazi esterni, laboratorio di informatica, laboratorio di attività grafico-manipolative. RISORSE PROFESSIONALI Insegnanti di classe ed esperto esterno che arricchirà le attività con idee alternative e innovative; inoltre premetterà l’uso di nuove tecnologie (videocamera, PC). MODALITÀ E STRUMENTI DI VALUTAZIONE La verifica avverrà in itinere, ogni qualvolta si svolgerà un’attività didattica; inoltre verranno effettuate osservazioni sistematiche relative a: interesse, partecipazione, comportamento, collaborazione fra bambini di diversa età e bambini e adulti. Periodicamente sarà proposto agli alunni un questionario di gradimento sulle attività svolte per migliorare (eventualmente) il progetto stesso. Infine il progetto verrà valutato dai genitori degli alunni e dal Dirigente Scolastico, in quanto verrà presentato come lavoro di fine anno scolastico.
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LABORATORIO OPZIONALE DI ATTIVITÀ MOTORIE E SPORTIVE “Bianchina e Nerina”
PREMESSA Nel corso dell’anno scolastico i bambini impareranno a conoscere i diversi modi di comunicare, attraverso il gesto, la mimica, lo sguardo, le posture, il movimento, rispettando e valorizzando le proprie e altrui attività. Tutte le proposte didattiche svolte durante il laboratorio saranno finalizzate ad aiutare il bambino a conquistare progressivamente una presa di coscienza del proprio corpo, mediante molteplici esperienze in cui il corpo stesso viene valorizzato nei suoi diversi aspetti e mai negato e soffocato nei suoi bisogni; ciò significa favorire in ogni alunno la costruzione di una positiva immagine di sé e la conseguente libertà e spontaneità di azioni gestuali nella relazione con gli altri. Il progetto annuale si snocciolerà in varie UDA, che costituiscono il curricolo del laboratorio di attività motorie, volte a sviluppare diverse abilità e maturare competenze. CONTESTUALIZZAZIONE Il laboratorio di attività motoria fa parte di un ampio progetto “Essere diversi diventare uguali” , finalizzato a promuovere negli allievi l’acquisizione di atteggiamenti positivi e di fiducia in se stessi di fronte a situazioni nuove, ma soprattutto ad interagire positivamente con gli altri. Questa scelta è stata motivata anche dal fatto che sempre più nelle scuole si riscontra la difficoltà di riuscire a realizzare una reale integrazione e del bambino extracomunitario e del bambino con disabilità. Il tema interdisciplinare comune ai due laboratori sarà “l’amicizia” come rispetto delle diversità. La diversità viene assunta come bene – risorsa, valore – patrimonio, base progettuale delle attività formative nella scuola Primaria. Il concetto di “diversità” abbandona la sua tradizionale connotazione negativa e ne assume una decisamente positiva. La diversità come punto di partenza e l’uguaglianza come punto di arrivo. Il valore della diversità individuale, inteso come specificità e unicità di ogni persona, va esaltato, è un punto dal quale partire per promuovere lo
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SECONDA PARTE
sviluppo delle identità, favorendo rispetto e comprensione dell’altro (da sé); potenziando la cooperazione e la relazionalità significativa, la scoperta delle differenze come arricchimento reciproco. Attraverso giochi individuali collettivi e cooperativi, gradualmente, utilizzando come sfondo integratore la storia di “ Bianchina e Nerina”, si svolgeranno attività che porteranno i bambini a riflettere sui sentimenti propri e altrui, e a cercare di esprimere questi sentimenti con il linguaggio del corpo, con le espressioni del viso, con giochi di scambio dei ruoli e del far finta... ... . Il laboratorio di attività motoria prevede due UDA di seguito presentate.
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UNITÀ DI APPRENDIMENTO N. 1 ATTIVITÀ MOTORIA COME LINGUAGGIO FASE PRE-ATTIVA OBIETTIVI FORMATIVI • Favorire un clima di rispetto e ascolto reciproco • Valorizzare le singole diversità e/o abilità • Esprimersi attraverso diversi tipi di linguaggio • Migliorare capacità di ascolto • Favorire l’autostima e la fiducia in se stessi OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO (OSA) • Favorire la consapevolezza di sé e dei propri movimenti • Esprimersi e comunicare attraverso il linguaggio mimico – gestuale • Far emergere la propria creatività nel “far finta di essere“, “nel diventare qualcun altro” • Tradurre e interpretare suoni con il corpo APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE • Comunicare con il linguaggio del corpo VERIFICA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI E VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE • Saper utilizzare i movimenti del corpo in relazione agli oggetti, allo spazio e al tempo. • Saper interpretare la realtà attraverso i gesti e le espressioni del volto. • Saper utilizzare il tono, il volume e le espressività della voce per mettersi in relazione con gli altri. • Saper collaborare e cooperare nel rispetto delle diversità. • Saper eseguire le attività proposte per sperimentare e migliorare le proprie capacità. FASE ATTIVA ATTIVITÀ • Scelta del tema comune a tutto il progetto “l’amicizia come rispetto delle diversità”. • Conversazione e discussione collettiva su “cosa è per te l’amicizia e come la rappresenteresti”.
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Individuazione dei personaggi, degli ambienti e delle situazioni. Giochi di respirazione e di educazione percettiva. Giochi di movimento e di imitazione. Giochi rappresentativi di situazioni, emozioni e sentimenti. Giochi di esercizi imitativi e rappresentativi. Ascolto di suoni e rumori di diversa intensità e durata (riproduzione vocale da parte degli alunni). Scelta dei modi di rappresentazione ( gesti – movimenti). Ricerca e realizzazione degli elementi, oggetti, costumi, situazioni scenografiche. Drammatizzazione. Ascolto e scelta dei brani musicali. Coreografia e riprese con video camera.
TEMPI: intero anno scolastico per due ore a settimana VERIFICHE In itinere e alla fine di ogni attività proposta; verifica finale attraverso osservazioni sistematiche in relazione a:
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Annotazioni in relazione a: impegno – partecipazione – comportamento: ……………………………………………………………………………………
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UNITÀ DI APPRENDIMENTO N. 2 LE COMBINAZIONI DI POSTURE E MOVIMENTI
FASE PRE-ATTIVA OBIETTIVI FORMATIVI • Favorire un clima di rispetto e ascolto reciproco. • Valorizzare le singole diversità e/o abilità. • Esprimersi attraverso diversi tipi di linguaggio. • Migliorare le capacità di ascolto. • Favorire l’autostima e la fiducia in se stessi. OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO (OSA) • Conoscere le diverse parti del corpo, le posture e i movimenti che si possono realizzare in relazione agli oggetti e ai compagni • Prendere sempre maggiore consapevolezza del proprio corpo • Utilizzare schemi motori posturali, la loro interazione in situazione combinata e simultanea • Conoscere i principali elementi regolativi del gioco APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE • Controllare la propria postura e organizzare gli spostamenti VERIFICA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI E VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE • Saper padroneggiare gli schemi motori di base posturali e locomotori. • Assumere atteggiamento positivo e di fiducia di fronte a situazioni nuove. FASE ATTIVA ATTIVITÀ Alla fine di questo percorso i bambini sceglieranno un brano musicale, sul quale creare una coreografia che riassuma tutto il lavoro svolto durante l’anno e tenga conto dello sfondo integratore del laboratorio. METODOLOGIA L’esperienza motoria sarà il più possibile contestualizzata, sarà privile-
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SECONDA PARTE
giato il metodo induttivo (libera esplorazione, scoperta guidata, risoluzione dei problemi) e si lascerĂ , in ogni attivitĂ , spazio per valorizzare risposte motorie originali e creative. VERIFICA Osservazione diretta delle condotte motorie degli alunni. RACCORDI TRA LE DISCIPLINE LINGUA ITALIANA Conversazione, espressione di opinioni, verbalizzazione di esperienze, stesura di testi regolativi. ARTE E IMMAGINE Rappresentazione grafica di percorsi effettuati. CONVIVENZA CIVILE Autocontrollo e rispetto delle regole.
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ALCUNI ESEMPI DI GIOCHI PER SVILUPPARE LE ATTIVITÀ INDICATE
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PROGETTO “MUSICAL: I MUSICANTI DI BREMA” (1) Attività teatrale 2° biennio “Fare animazione teatrale significa educare il ragazzo a prendere coscienza di sé, del rapporto con gli altri, dell’ambiente che lo circonda, appropriandosi di tutti gli strumenti culturali che lo fanno diventare interprete creativo della realtà” (F. Passatore) PREMESSA Il teatro è uno strumento cognitivo e metacognitivo che, attraverso l’espressività linguistica, corporea e gestuale, permette di rimuovere condizionamenti psicologici e ambientali e favorisce nel contempo lo sviluppo del senso critico, della socialità e la conquista di valori umani, sociali e culturali. Nell’attività teatrale si tengono in considerazione alcuni aspetti dell’educazione motoria che emergono nel testo delle Indicazioni Nazionali per la scuola Primaria: – il corpo e il movimento come espressione di sé e come strumenti di relazione-conoscenza; la corporeità intesa come espressione comunicativa – il movimento come funzione dello sviluppo neuro-motorio legato ai processi cognitivi; la corporeità come conoscenza – l’interdipendenza tra linguaggio corporeo e altri linguaggi non verbali e verbale. PROGETTO DI FORMAZIONE E DI APPROFONDIMENTO CURRICULARE PER LE SEGUENTI EDUCAZIONI E DISCIPLINE: linguistico-espressiva, motoria, scientifica, socio-affettiva-relazionale, musicale, matematica. TIPOLOGIA: progetto per classi parallele aperte (es. due o più classi quarte)
(1) Il Progetto e la successiva UDA sono stati realizzati dall’allieva CASAVECCHIA SILVIA.
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DESTINATARI: alunni classi 4° o 5° OBIETTIVI FORMATIVI – Favorire una ricerca creativa per la conoscenza più profonda di sé e della proprie capacità – Stimolare il potenziale espressivo per comunicare idee, emozioni, sentimenti – Rapportarsi con gli altri (un compagno o piccolo gruppo) – Interiorizzare e rispettare regole e comportamenti – Valorizzare la diversità favorendo l’integrazione di tutti gli alunni OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO – Ascoltare, comprendere e riferire una storia letta – Cogliere le caratteristiche dei personaggi e assumerne il ruolo – Ordinare le sequenze narrative – Muoversi nello spazio e controllare la voce – Sviluppare le capacità uditive e canore – Eseguire sequenze di gesti e movimenti su base ritmico-musicale – Manipolare strumenti musicali strutturati e non – Realizzare scenografie e costumi DESCRIZIONE DEL PROGETTO Il progetto ha come obiettivo generale la conoscenza del sè utilizzando l’attività motoria come linguaggio. Il sé inteso come corporeità propria e altrui, nonchè come sviluppo armonico integrale e integrato del bambino, valorizzando la personalità, le capacità e le caratteristiche di tutti e di ciascuno con attività interdisciplinari e accattivanti. METODOLOGIA Ascoltare, riflettere ed interpretare suoni, rumori, brani musicali. Inviare e ricevere messaggi con il corpo e con i suoni. Riprodurre versi di animali e mimarli con esercizi, marce, danze, giochi. Produrre suoni con strumenti musicali, occasionali, oggetti vari e cantare. Far sperimentare ai bambini le proprie capacità espressive con attività graduali; dalla lettura e scrittura, al canto, alle attività motorie e ludiche in palestra e in cortile per apprendere e comunicare con il corpo.
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SECONDA PARTE
TEMPI: il progetto si svolge durante l’intero anno scolastico nei laboratori pomeridiani. RISORSE PROFESSIONALI : insegnanti di classe. MODALITÀ E STRUMENTI DI VALUTAZIONE Si effettueranno verifiche in itinere e finali per monitorare quanto le attività proposte siano state interiorizzate dagli alunni; costantemente si faranno osservazioni libere e guidate dei comportamenti e degli atteggiamenti posti in essere dagli alunni.
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UNITÀ DI APPRENDIMENTO “I MUSICANTI DI BREMA”
CONTESTUALIZZAZIONE L’UDA è rivolta ad una classe quarta di 16 alunni dove è inserito un bambino con disturbo evolutivo a livello cognitivo e deficit attentivo con difficoltà nell’area cognitiva, neuropsicologica, linguistica, affettivo-relazionale, degli apprendimenti. A livello motorio ha difficoltà nell’organizzare autonomamente sequenze di azioni complesse e nella coordinazione visuo-motoria. È seguito dall’insegnante di sostegno per 12 ore settimanali. Nell’analisi della situazione di partenza del bambino, si è considerata la bassa autostima, le difficoltà relazionali e di movimento libero nello spazio, ma anche la buona intonazione della voce, la capacità di memorizzare canzoni. Si ritiene utile per l’alunno e per l’intero gruppo classe prevedere attività motorie per la percezione e l’immagine di sé, la relazione con l’ambiente, la coordinazione dinamica generale, il ritmo, la vocalità, il canto e la musica legati al movimento. FASE PRE-ATTIVA OBIETTIVI FORMATIVI – Conoscere e prendere coscienza del proprio corpo – Esprimersi e comunicare consapevolmente con la mimica, la gestualità e le funzioni coordinative (senso-motorie, spazio-temporali) OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO (OSA) – Individuare le parti del corpo su se stesso e sugli altri – Assumere espressioni facciali e posture per comunicare emozioni – Raccontare contenuti con il corpo APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE – Raccontare con il corpo VERIFICA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI E VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE – Saper individuare le parti del corpo su se stessi e sugli altri
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– Saper esprimere emozioni ed idee con la mimica e la gestualità – Saper raccontare contenuti con il corpo FASE ATTIVA 1– Lettura della storia “I musicanti di Brema” La storia ha per protagonisti animali familiari agli alunni e, dopo l’ascolto, la si racconta in sequenze narrative (una ogni alunno) 2– Imitazione degli animali Si propongono i seguenti esercizi come preparazione all’imitazione di andature e comportamenti degli animali della storia: – Attività di QUADRUPEDIA (camminata lenta e veloce a quattro zampe) Esercizi statici con mantenimento del corpo in equilibrio proteso avanti, dietro, orizzontale prono, in candela; si chiede poi di muoversi nella palestra assumendo date posizioni.
Varie andature come: quadrupedia ventrale, quadrupedia dorsale e trasversale attorno all’asse longitudinale da ripetere più volte.
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– Attività QUADRUPEDIA SU ZOCCOLO Percorsi a quattro zampe su zoccoli (mani inguantate) e su due zampe (sulle punte) Gioco della “palla a capra” (variante alla pallavolo con le mani a pugno) – Attività SALTO (come il canguro, la rana) – Attività ROTOLARE E STRISCIARE (come i rettili) – Attività ARRAMCIPARSI (come le scimmie) 3– Momento ludico Giochi vari con protagonisti gli animali CONTENUTI TEORICI E PRATICI La fiaba “I musicanti di Brema” è la storia di quattro animali sfortunati che si incontrano e decidono di condividere la loro vita e un sogno in particolare. Questa è la trama dello spettacolo che si andrà ad allestire, con il contributo di varie insegnanti, discipline e laboratori. Nel laboratorio di musica i bambini elaborano nuovi testi a canzoni conosciute per adattarle allo spettacolo; in quello di arte e immagine preparano la scenografia e le maschere; nel laboratorio di tecnologia informatica costruiscono un ipertesto da proiettare durante lo spettacolo. VERIFICA DEGLI APPRENDIMENTI Verranno effettuate osservazioni sistematiche per la rilevazione e la valutazione degli apprendimenti. La risposta degli alunni alle diverse attività esprime l’adeguatezza delle stesse e l’opportunità eventuale di modificare il percorso operativo. Lo spettacolo finale permetterà di valutare il raggiungimento degli obiettivi, l’interiorizzazione delle esperienze corporee, mimico-gestuali e la positività o meno dell’esperienza.
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MASCHERE E SCENOGRAFIE: alcuni esempi di materiale realizzato nel laboratorio motorio
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PROGETTO (1) IL CORPO CHE CI FA COMUNICARE scuola primaria
Partendo dal presupposto che il bambino, come qualcuno ha detto, parla cento lingue e noi spesso ne ascoltiamo una, intendiamo provare a recuperare e speriamo a comprendere ciò che ogni bambino sa comunicare attraverso i linguaggi musicale, artistico, verbale e mimico gestuale… PROGETTO DI FORMAZIONE E DI APPROFONDIMENTO CURRICULARE PER LE SEGUENTI DISCIPLINE: matematica, italiano, storia, geografia, musica, attività motorie e sportive, arte ed immagine TIPOLOGIA: di plesso DESTINATARI: alunni classi 1°, 2°, 3°, 4°, 5°: n. 70 di cui un’alunna con ritardo del linguaggio ed epilessia in seconda classe. La bambina presenta notevoli difficoltà relative all’area linguistico-espressiva e necessita di un lavoro mirato allo sviluppo delle capacità legate alla memoria, alla concentrazione e all’attenzione, anche se il livello attuale le consente di seguire la programmazione di classe con particolare attenzione al suo ritmo di apprendimento. A livello motorio, la bambina possiede una discreta coordinazione dinamica generale, mentre va migliorata la motricità fine. La realizzazione di tale progetto prevederà quindi proposte di attivitàgioco che avranno, tra gli altri, anche obiettivi mirati al miglioramento dell’attenzione, della concentrazione nonché del linguaggio e motricità fine partendo quindi dai bisogni principali degli alunni disabili senza perdere mai di vista la socializzazione e l’integrazione. OBIETTIVI – Comprendere il significato globale di testi ascoltati. – Riferire in ordine cronologico ciò che è stato letto o narrato. – Sintetizzare brevemente testi ascoltati. (1)
Il Progetto e la successiva UDA sono stati realizzati dall’allieva CARIGI
LORETTA.
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– Individuare personaggi, luoghi, tempi e fatti principali di un testo narrativo. – Leggere e individuare le principali caratteristiche di una storia e dei vari personaggi. – Cogliere ed esprimere emozioni e sentimenti. – Associare eventi sonori a personaggi, animali, situazioni… – Interpretare con il corpo brani musicali, in relazione alle diverse componenti del linguaggio musicale (ritmo, melodie…). – Esprimere con il disegno e il colore la realtà circostante, le esperienze personali e i propri stati d’animo ed emozioni. – Approfondire le conoscenze relative al concetto di tempo e spazio. – Promuovere la collaborazione. – Favorire lo sviluppo delle potenzialità di ognuno valorizzando le diversità tra i vari soggetti con particolare attenzione all’integrazione dei bambini disabili. – Effettuare spostamenti mediante istruzioni verbali. – Riconoscere, denominare, descrivere figure geometriche e schieramenti. – Acquisire una sempre maggiore consapevolezza del corpo. – Utilizzare il linguaggio gestuale e motorio per comunicare emozioni, stati d’animo, idee, situazioni. DESCRIZIONE DEL PROGETTO Il progetto avrà come filo conduttore la storia del Mago di Oz. Le insegnanti partendo dalla lettura del libro, porranno in atto una serie di interventi che riguarderanno le discipline già citate sopra in un’ottica di interdisciplinarità. Si lavorerà in gruppi classe e a classi aperte, quindi eterogenei per età e capacità, promuovendo la collaborazione e l’aiuto reciproco. Il lavoro che verrà svolto in parte nelle ore curricolari (per le varie discipline) ed in parte in orario concordato per lo svolgimento del progetto stesso (tre ore settimanali), convergerà in uno spettacolo finale che vedrà protagonisti tutti i bambini dalla 1° alla 5°. La rappresentazione della storia (opportunamente sintetizzata e rielaborata) verrà proposta valorizzando le diverse forme di linguaggio (iconico, mimico-gestuale, musicale, verbale…). I bambini lavoreranno alla sintesi e rielaborazione dei testi, alla realizzazione delle scenografie e dei costumi e dal punto di vista corporeo alla
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realizzazione di movimenti, esercizi motori, danze per interpretare i diversi personaggi valorizzando le emozioni che questi trasmettono. METODOLOGIA Inizialmente le insegnanti proporranno attività strutturate e trasmetteranno conoscenze motorie di base, per poi giungere a dei momenti in cui i bambini possano esprimersi ed “inventare” i loro movimenti su basi musicali di vario genere. TEMPI: intero anno scolastico ATTIVITÀ – Attività di lettura, comprensione del testo, sintesi e animazione. – Lezioni frontali. – Disegni individuali e collettivi su teli realizzati con sottofondi musicali affinché la scelta del segno e del colore permetta la libera espressione delle emozioni (attività svolta con il supporto di una delle insegnanti esperte in musicoterapia). – Realizzazione dei costumi con diverse tecniche. – Giochi con il corpo e attività di libera espressione. RISORSE PROFESSIONALI Insegnanti del plesso di cui una esperta in musicoterapia e una in educazione motoria. MODALITÀ E STRUMENTI DI VALUTAZIONE DEI RISULTATI Osservazione sistematica. Questionari e discussioni sugli argomenti trattati.
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UNITÀ DI APPRENDIMENTO IL CORPO CHE CI FA COMUNICARE “Tutti i linguaggi, in fondo, non fanno altro che sviluppare e specificare il linguaggio fondamentale che è il corpo stesso”. G. GEVAERT
CONTESTUALIZZAZIONE Nell’ambito del progetto “Il corpo che ci fa comunicare” sono state sviluppate diverse unità di apprendimento in cui sono state proposte attività mirate al raggiungimento degli obiettivi prefissati nel progetto di lavoro. Quasi al termine dell’anno scolastico, si realizza lo spettacolo finale in cui ogni classe rappresenta personaggi e sequenze della storia del Mago di Oz. Non ci saranno protagonisti principali in quanto ogni personaggio sarà interpretato da tutto il gruppo. Non ci sarà quindi il leone ma i leoni, non ci sarà Doroty, ma le piccole Doroty. Lo spettacolo è inserito nell’ultima Unità di Apprendimento, volta ad esprimere i diversi stati d’animo con il corpo, la mimica e le posture. Ha lo scopo di dare “colore”, emozione e “sentimento” ai movimenti e alle rappresentazioni di ognuno. I bambini della classe 2° nel contesto della storia rappresenteranno i leoni ed eseguiranno, dopo una breve introduzione drammatizzata, una coreografia su base musicale in cui si alterneranno momenti di lavoro in gruppo ad altri a coppie. L’unità di apprendimento è interdisciplinare e coinvolge le seguenti discipline: Italiano - realizzazione di una lettura dei testi più espressiva e della drammatizzazione della storia; Attività motorie e sportive e musica - “fondere” il movimento con la musica e le emozioni; Arte ed immagine - arrivare a saper rappresentare graficamente i sentimenti e le emozioni anche attraverso la realizzazione di maschere e del trucco di “scena”.
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Le attività motorie spesso si “fondono” con il lavoro di musica. Il percorso si svolge in un arco di tempo che va dall’inizio di maggio al termine della scuola (un mese). Prevedendo due lezioni a settimana di un’ora e mezzo ciascuna. Le lezioni si svolgeranno in palestra con una seconda classe di sedici alunni, di cui una diversamente abile con ritardo del linguaggio ed epilessia, la quale è in grado di affrontare, per l’area motoria, il lavoro della classe. FASE PRE-ATTIVA OBIETTIVO SPECIFICO DI APPRENDIMENTO (OSA) Utilizzare il linguaggio del gestuale e motorio per comunicare, individualmente e collettivamente, stati d’animo, idee, situazioni. APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE Esprimere la gioia, la tristezza, il dolore… con la mimica, con le posture ed i movimenti del corpo. DECLINAZIONI DI APPRENDIMENTO UNITARIO IN OBIETTIVI FORMATIVI – Riconoscere negli altri ed esprimere con il proprio corpo la tensione ed il rilassamento. – Riconoscere ed esprimere tensione e rilassamento con il corpo e con la mimica facciale. – Esprimere con il corpo e comprendere stati d’animo. – Raccontare e mimare storie con il corpo. VERIFICA E VALUTAZIONE Attraverso l’osservazione sistematica le insegnanti esprimeranno valutazioni in merito alla partecipazione e all’impegno ed infine lo spettacolo stesso rappresenterà una verifica finale ed un momento di condivisione di emozioni forti. FASE ATTIVA Contenuti teorici e pratici Oltre alle attività, viene riportata la descrizione delle proposte operative
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con lo stile del diario dell’insegnante o della tavola osservativa condotta da un osservatore; ciò aiuta a calarsi nella realtà scolastica e a percepire il clima emotivo e relazionale che tali attività creano nel gruppo. ATTIVITÀ – Giochi per imparare a contrapporre contrazione e rilassamento muscolare (gioco del sasso/pesce). – Esercizi di rilassamento delle varie parti del corpo con sottofondi musicali adeguati. – Giochi di libera espressione corporea su basi musicali di diverso genere. – Giochi di imitazione. – Mimo di storie più o meno complesse. – Dialoghi e discussioni. – Interpretazioni del ruolo ricoperto nello spettacolo dando importanza a ciò che il personaggio vuole trasmettere. PROPOSTE OPERATIVE Gioco n°1 Giovedì ore 15:00 L. e S. hanno bisticciato e S., che è fondamentalmente “dolce” e sensibile, si è seduta in un angolo della palestra e non vuol partecipare al gioco che stiamo facendo. L. che invece è molto vivace e piuttosto aggressivo è irrequieto e di tanto in tanto disturba lo svolgimento della lezione. Ho così pensato, osservando la differenza di reazione tra S. e L., che potevo inserire un argomento che avevo programmato per la lezione successiva: il concetto di “contratto e rilassato” e il tono come mezzo di comunicazione. Ho convinto S. ad avvicinarsi a noi e… – Io: “…avete visto, bambini, che i vostri due compagni hanno bisticciato!? Che differenza c’è tra la reazione di S. e quella di L. ?” – M.: “L. non sta fermo un minuto, non mi lascia mai in pace”. – Io: “e S.?” – M.: “La S. c’ha il muso, non vuol manco giocare!” – Io: “Io direi che S. è triste… magari offesa”. – C.: “L. non si offende mai…”.
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– Io: “Penso che si possa, a questo punto, fare un’osservazione: quando siamo arrabbiati siamo tesi… contratti, mentre quando siamo tristi… offesi siamo più rilassati… siete d’accordo?”. – G.: “Boh, cosa vuol dire?”. – Io: “Contratti vuol dire che i nostri muscoli sono tesi… “duri duri”… è il contrario di rilassati. Quando siamo contratti siamo “duri” come un sasso, quando siamo rilassati siamo “morbidi” come un pesce… quindi quando dormiamo, ad esempio, siamo rilassati mentre quando ci muoviamo i nostri muscoli sono contratti. Che cosa possiamo concludere? – J.: “…che siamo contratti quando siamo arrabbiati e siamo rilassati quando siamo tristi”. – Io: “…questo può essere vero, però è possibile anche che un bambino sia felice e per questo si muove, balla, gioca e quindi i suoi muscoli sono contratti oppure che un bambino sia rilassato perché è tranquillo o si sta riposando. Cosa ne pensate?”. – G.: “È vero!” – A.: “Allora?” – G.: “Però si capisce lo stesso, se un mio amico è arrabbiato o è felice io lo vedo!” – Io: “Giusto, allora io direi che il rilassamento o la tensione di una persona possono farci capire il suo stato d’animo però non possiamo dire, per certo, che la tensione stia a significare che si è arrabbiati o viceversa perché tutto dipende dalla personalità di chi abbiamo di fronte”. Gioco n°2 “… Abbiamo già chiarito cosa significa contratto e rilassato… vi ho detto che quando siamo rilassati siamo “morbidi” come un pesce, mentre quando siamo contratti siamo “duri” come un sasso… quindi adesso facciamo un gioco: ci mettiamo a schieramento libero, supini… quando vi dico sasso dovrete diventare “duri duri” con i muscoli contratti, mentre quando vi dico pesce dovrete essere “morbidi morbidi” completamente rilassati… come quando dormiamo”. Gioco n°3 “Libera espressione su basi musicali” “…Oggi facciamo un gioco molto simpatico… so che a voi piace molto
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la musica quindi sicuramente vi divertirete… quando io accendo il registratore e inizierà la musica voi immaginate di essere in un bel prato grande nel quale potete fare tutto quello che volete… ballare, camminare, correre o altro…” (La musica è un mix di musiche classiche e moderne dai ritmi piuttosto vari). “… Ora vi do un foulard ciascuno e ripetiamo lo stesso gioco…” (Ho ripetuto il gioco anche con palle e funicelle). Gioco n°4 “Il gioco dei mestieri” “… Conoscete tutti, credo, il gioco dei mestieri… bene, ora lo facciamo, verranno però mimati non solo i mestieri ma anche gli sport. Tre bambini decidono un mestiere o uno sport e lo mimano di fronte ai loro compagni che dovranno indovinarlo. Il bambino che indovinerà per primo, assieme ad altri due compagni sceglierà a sua volta un altro mestiere o uno sport e lo mimerà”. OSSERVAZIONI: – Io: “Pensate che se non avessimo la voce… se fossimo muti riusciremmo a comunicare ugualmente o no?” – G.: “Si perché, ad esempio, i muti parlano con i gesti”. – G.: “…Con le mani”. – Io: “Certo… le mani ci sono di grande aiuto ma non sono le sole ad aiutarci…; con le mani legate possiamo comunicare ugualmente, come?” – C.: “Con lo sguardo; la mia mamma quando c’è la gente non mi sgrida, ma mi guarda brutto!” – Io: “Benissimo… noi possiamo quindi comunicare in tanti modi, con lo sguardo, con i movimenti delle mani ecc…; quando facevamo il gioco dei mestieri, per esempio, i bambini che mimavano non parlavano ma non usavano solo lo sguardo e le mani per comunicare il mestiere…”. – S.: “Si… usava tutto il corpo, le gambe, le braccia… tutto”. – Io: “Infatti tutto il corpo ci permette di comunicare… nel caso del gioco che abbiamo fatto eravamo coscienti di questo… volevamo, cioè, comunicare ma ci sono dei casi in cui comunichiamo anche senza volerlo. Quando per esempio?”
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– A.: “Boh!” – Io: “Quando facciamo uno starnuto, ad esempio, comunichiamo niente a chi è vicino?” – G.: “…che abbiamo il raffreddore!” – L.: “…oppure che siamo allergici al polline… la mia cugina ce l’ha l’allergia!” – Io: “Bene, quindi possiamo comunicare anche involontariamente… siamo d’accordo?” Gioco n°5 “Passeggiata in campagna” Ho organizzato assieme ai bambini, approfittando del bel tempo, una passeggiata nella campagna circostante la scuola, proponendo loro di osservare tutti gli elementi tipici come i fiori, gli insetti, gli attrezzi del contadino e cosi via. OSSERVAZIONI AL RITORNO IN PALESTRA: – – – – – – – – – – – – – –
Io: “Vi è piaciuta la passeggiata che abbiamo fatto?” Bambini: “Si!” (in coro) Io: “Cosa abbiamo osservato durante la passeggiata?” V.: “Io ho raccolto un po’di fiori”. C.: “Anch’io!” N.: “Le formiche”. F.: “Un trattore”. Io: “Quali altri animali abbiamo visto?” M.: “Le galline e le oche”. A.: “Il cane”. G.: “Io ho visto le coccinelle, il falco e altri uccelli”. Io: “E le piante com’erano?” A.: “C’era l’ortica… “quella picca”!” L.: “Anche i rovi “piccano” perché hanno “i spini”!”
Gioco n°6 “La campagna” “…Vi ricordate la passeggiata che abbiamo fatto l’altra volta?… bene, oggi in palestra cercheremo di ricostruire la campagna… ognuno quindi mimerà l’elemento che preferisce tra quelli che abbiamo visto… ci saranno i diversi animali, le piante, i fiori, gli attrezzi del contadino e cosi via…”.
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Gioco n°7 “Il mare” “… Abbiamo già ricostruito in palestra la campagna con tutti i suoi elementi. Oggi ricostruiamo il mare. Cosa possiamo osservare quando andiamo al mare? – S.: “Le onde”. – M.: “Le barche”. – A.: “La sabbia con gli sdraio e gli ombrelloni”. – C.: “Al largo i pesci”. – G.: “Eh! Ormai sono tutti inquinati!” – N.: “Il bagnino”. – J.: “…Anche i bambini che giocano con la sabbia”. – Io: “Bene, proviamo ora a mimare tutto quello che avete detto, ognuno sceglie un elemento”. Gioco n°8 “La giungla” “… Continuiamo, oggi, a giocare mimando un ambiente molto affascinante: sapete quali sono gli animali della giungla?” – L.: “La tigre”. – F.: “Il leone”. – M.: “Il serpente”. – S.: “La giraffa, la gazzella… io l’ho visto nell’enciclopedia!” – A.: “…Anche i “croccodrilli”!” – Io: “Invece se osserviamo le piante quali possiamo vedere?” – Bambini: “Bho!” (in coro) – M.: “C’è quella che usa Tarzan per scendere dagli alberi… quella come una corda”. – Io: “Bene, ora come abbiamo fatto per la campagna e per il mare imitiamo tutto ciò che possiamo osservare nella giungla!” Gioco n°9 “La fata” “…Ora che sappiamo imitare tanti animali, oggetti e piante, facciamo un gioco nel quale io faccio la parte di una fata che con la bacchetta magica trasforma tutti voi da bambini in animali, in fiori, in oggetti, …” ……BIDIBI BODIBI BU! …… CANI
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……BIDIBI BODIBI BU! …… CONTADINI ……BIDIBI BODIBI BU! …… ALBERI ……BIDIBI BODIBI BU! …… PALLINE Gioco n°10 “Dalla libera espressione al gioco drammatico” N. durante i dieci minuti antecedenti la lezione, quando alcuni suoi compagni sono ancora nello spogliatoio, gioca con A. facendo la lotta, sembra che stiano imitando due leoni, cosi mi avvicino e chiedo loro: “A che gioco state giocando?” – A.: “A lotta”. – Io: “Ma mi sembravate due leoni”. – A.: “Infatti siamo due leoni… anzi un leone e una tigre”. Nel frattempo arrivano altri bambini e intervengono nella lotta, girano attorno e iniziano nuovi duelli… in pochissimo tempo e con qualche incitamento da parte mia si viene a rappresentare una vera e propria scena della giungla. Gioco n°11 “Il piccolo ranocchietto” “…Oggi bimbi, vi leggerò una breve storia… voi dovrete ascoltarmi e mimare i personaggi stando attenti a non dimenticarne nemmeno uno”. “…Sulle rive di uno stagno, un ranocchietto saltellava felice. La giornata era ancora calda e l’erba era verde e folta. Una vecchia tartaruga gli disse: “Saltella, divertiti! Sono le ultime giornate belle. Vedrai l’inverno”. Il ranocchietto era nato da poco e non poteva sapere che cosa fosse l’inverno così continuò a giocare con i suoi amici animali: c’era il bruco, c’erano gli uccellini, c’era anche un grosso e saggio pesce. Questo spiegò al ranocchietto che l’inverno è un tempo freddo adatto solo per dormire. “Io non dormirò (pensò il ranocchietto) starò con gli occhi bene aperti e vedrò l’inverno”. Vennero i primi freddi, la pioggia cadeva, il vento soffiava e tutti i ranocchi si tuffarono in fondo allo stagno per andare a dormire. Il ranocchietto non si tuffò e resistette al freddo e al sonno finché… si sentì molto stanco e pensò: “Andrò a fare un sonnellino piccolo poi aprirò gli occhi e aspetterò l’inverno”. Si tuffò nello stagno e si addormentò… Quando riaprì gli occhi salì subito alla superficie dello stagno e vide sulla riva gli altri ranocchi al sole che saltavano, i fiori sbocciati, le farfalle
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e gli uccellini che volavano, i pesci che nuotavano, il bruco che strisciava e tanti tanti altri animali… l’inverno era finito.” CONVERSAZIONE FINALE 1) – Io: “Abbiamo imitato tanti animali. Che differenza c’è tra il leone e la farfalla, ad esempio?” – L.: “La farfalla vola, il leone cammina…” – J.: “Il leone morde, la farfalla no!” – Io: “Allora la farfalla è più delicata, dolce, il leone è più aggressivo, più cattivo!?” – E.: “…È più vivace!” 2) – Io: “Come fa il leone a dimostrarci, visto che non parla, che lui è cattivo?” – M.: “…Grrrrr…!” – Io: “Si, ma così usa la voce, se non potesse usarla come farebbe?” – M.: “…Con i “raspi”, con le zampe…” – Io: “…Quindi con una parte del…” – E.: “…Del corpo”. 3) – Io: “Se invece fosse capace di parlare, cosa direbbe?” – E.: “Ci direbbe che è cattivo, che mi vuole mangiare!” 4) – Io: “ Se noi non potessimo parlare, come faremmo a farci capire dalle altre persone?” – J.: “Con i gesti”. – L.: “Anche nel gioco dei mestieri abbiamo comunicato senza parlare!” 5) – Io: “In quel caso volevamo comunicare ma… è possibile inviare dei messaggi attraverso il corpo anche se noi non vorremmo farlo?” – Bambini: “No!” (in coro) 6) – Io: “Allora se, per esempio, un vostro compagno di fronte alla maestra si vergogna voi lo potete capire guardandolo o no?” – L.: “No!” – E.: “No, come faccio se lui non lo dice?” – J.: “Si, io lo capisco perché diventa tutto rosso!” – Io: “Bravo, quindi il nostro corpo comunica anche se noi non lo vogliamo, perché, ad esempio, quando noi diventiamo rossi senza volerlo facciamo capire a chi ci è di fronte che ci vergogniamo. 7) – Io: “Allora, secondo voi, cosa significa comunicare?” – L.: “Dire qualcosa”. – E.: “Che ho fame, lo posso scrivere in un foglio oppure posso aprire il frigorifero e indicare la “roba””.
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M.: “Oppure lo dico alla mamma”. – Io: “Noi possiamo comunicare solo con gli uomini?” M.: “No, anche con i bambini!” Io: “Si, ma… ad esempio, con il tavolo posso comunicare?” Bambini: “No!” (in coro) Io: “Con le piante?” Bambini: “No!” (in coro) Io: “Con cosa altro possiamo comunicare?” M.: “Con gli uccellini, col pappagallo… io ci parlo col pappagallo!” Io: “Con gli animali, quindi…” G.: “…Con il gatto…”
SPETTACOLO FINALE IL MAGO DI OZ
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Siamo in Kansas in una tranquilla fattoria dove Doroty vive felicemente con l’amata Emma. Tutti sono molto indaffarati e la zia consiglia alla nipotina di trovarsi un posto tranquillo dove non cacciarsi nei guai… Doroty: si un posto dove non cacciarsi nei guai! … Voi credete che esista un posto del genere? Eh sì! Certo. Non ci si può arrivare in piroscafo o con il treno. Deve essere molto lontano oltre la luna, oltre le nuvole… ma… intanto alla fattoria la vita continua! 1° (ESERCIZIO DEI CONTADINI) 3° 4° 5° CLASSE E MASCHI 1° CLASSE In lontananza si vedono ora dei nuvoloni e… a poco a poco si avvicina un brutto temporale… ma che dico temporale! È proprio un ciclone!... attenti! Attenta Doroty, attenta! La finestra sta sbattendo!... Doroty non fa in tempo a spostarsi e batte la testa cadendo come addormentata nel letto della sua camera, ma lì, proprio lì, apparentemente immobile inizia un lungo viaggio che la porta molto lontano… oltre l’arcobaleno! 2° (ESERCIZIO DOROTY) FEMMINE DI 1° CLASSE Una volta sveglia Doroty si ritrova in un posto magico, pieno di colore e di strane cose… di certo non può essere ancora in Kansas. Ma allora dov’è? All’improvviso tanti piccoli gnomi, ovvero i mastichini, cioè gli abitanti di quel luogo incantato, finora nascosti perché intimoriti dall’arrivo di Doroty, iniziarono ad accerchiarla, a ringraziarla e ad esultare per la morte della strega cattiva che da anni li tormentava. Infatti, Doroty con la sua casa, in preda al ciclone era atterrata proprio sopra la strega cattiva dell’est uccidendola. La giornata era davvero importante! E veniva proclamato: “Oggi siamo tornati indipendenti, noi tutti mastichini e i nostri dipendenti. Facciamo festa e balliamo con gioia, la strega cattiva ha tirato le cuoia!” 3° (ESERCIZIO DEI MASTICHINI) TUTTE LE CLASSI La festa però, termina immediatamente perché appare la perfida e brutta strega dell’ovest, sorella della strega morta che, disperata per l’accaduto, pretende però la restituzione delle magiche scarpette rosse, sparite dai piedi della strega morta e finite ai piedi di Doroty. Ora Doroty aveva di certo una nemica in quel paese incantato chiamato Oz e doveva andarsene al più presto, ma come? Solo il misterioso mago di Oz poteva aiutarla a tornare a casa ma lui viveva nella lontana città di Esmeraldo e la strada per arrivarci era davvero lunga e tortuosa… ora Doroty era davvero preoccupata.
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Doroty inizia il suo viaggio alla ricerca del misterioso mago ma non sa dove andare precisamente. Ad un tratto arriva una bellissima signora, una strega buona la quale le spiega che seguendo il sentiero dorato e non togliendosi mai le scarpette rosse Doroty poteva farcela… così si incamminò. 4° (ESERCIZIO DELLE STREGHE BUONE) 4° CLASSE Giunta ad un incrocio Doroty non sapeva più quale strada seguire così si fermò e nel silenzio sentì una vocina che diceva: “È quella la strada! Vai a destra!” Poi ancora: “No! Vai a sinistra”. Stupita, Doroty si accorse che quella vocina veniva dal campo lì accanto e che, a parlare, era stato proprio uno spaventapasseri il quale però non poteva consigliarle la strada perché, pur essendo molto coraggioso, non poteva ragionare giacché non aveva un cervello. Così si mise a supplicare Doroty di portarlo con sé dal mago di Oz con la speranza di poter ottenere in dono un cervello per la sua testa piena di paglia. Doroty acconsentì e insieme proseguirono… 5° (ESERCIZIO SPAVENTAPASSERI) 5° CLASSE
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Più avanti, lungo il sentiero, Doroty si accorse che nascosto tra gli alberi c’era qualcosa di strano, si avvicinò e vide che era un uomo, ma non un uomo normale, era tutto di latta. Sembrava perfetto, ma con tanta tristezza. Lui disse a Doroty: “No, non sono perfetto, prova a battermi sul petto e sentirai che è vuoto, lo stagnino quando mi ha fatto si è scordato di farmi il cuore”. Doroty e lo spaventapasseri pensarono allora che avrebbero potuto portarlo con loro dal mago di Oz per chiedergli un cuore tutto per lui. 6° (ESERCIZIO OMINI DI LATTA) 3° CLASSE Il cammino era ancora lungo e la strega dell’ovest rendeva tutto molto difficile apparendo qua e là improvvisamente e minacciando Doroty ed i suoi compagni, ma loro coraggiosi proseguirono. La strada si faceva sempre più tortuosa ed i nostri amici avevano tanta paura di incontrare delle belve feroci… e… infatti… di lì a poco da dietro un cespuglio spuntò un grosso leone che con un balzo spaventò a morte i nostri amici. Doroty però poteva stare tranquilla perché i suoi compagni di viaggio, pieni di coraggio, affrontarono il leone che da belva feroce in un batter d’occhio si trasformò in un micione piagnucolante. Si, era un leone, ma un leone codardo e se allo spaventapasseri mancava un cervello ed all’uomo di latta un cuore, a lui mancava il coraggio e pensate che disonore per un leone non avere coraggio. Doroty lo consolò e tutti e 4 proseguirono la strada per Esmeraldo… 7° (ESERCIZIO DEI LEONI) 2° CLASSE segue descrizione dettagliata Giunti là tra mille peripezie riuscirono a parlare con una strana entità chiamata mago di Oz il quale disse loro che se avessero voluto davvero veder esauditi i loro desideri avrebbero dovuto superare una prova… portare al mago la scopa della strega dell’ovest. I 4 amici affrontarono l’impresa e si inoltrarono nella foresta. Ad un tratto Doroty sparì rapita dalla strega cattiva ed i suoi amici, con un susseguirsi d’avventure e colpi di scena, riuscirono a liberarla. Insieme riuscirono a superare la prova richiesta dal mago di Oz. Uccisero la strega e le rubarono la scopa. 8° (ESERCIZIO DELLE STREGHINE ALCUNE BAMBINE DI 5° CATTIVE)
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Tornati dal mago chiesero allora di essere aiutati ma, con gran sorpresa, scoprirono che in realtà quello non era un vero mago, ma soltanto un brav’uomo che, non essendo bravo a fare il mago, aveva architettato una macchina, la quale tra suoni e luci, dava l’illusione del gran mago di Oz. 9° (ESERCIZIO MAGO DI OZ) ALCUNE BAMBINE DI 5° Quell’uomo fece riflettere i nostri protagonisti e questi capirono che, in realtà, lo spaventapasseri aveva già un cervello, l’uomo di latta aveva già un cuore ed il leone aveva già il coraggio e lo avevano dimostrato durante l’avventura vissuta con Doroty. Ciò che mancava loro era solo il riconoscimento ufficiale delle loro doti, ora avevano anche questo. Quel brav’uomo, pur non essendo un potente mago, aveva aiutato i tre amici di Doroty, ma lei? Chi avrebbe aiutato lei a tornare a casa? La strega buona allora fece riflettere Doroty, che capì una cosa molto importante, che la felicità non va cercata oltre i confini del proprio giardino perché, se non la si trova là, non la si troverà mai da nessuna altra parte… Doroty questo doveva scoprirlo da sola… ma ora ecco la formula per tornare a casa: ”Chiudere gli occhi, battere per tre volte le scarpette rosse, TOC TOC TOC, e pensare: “nessun posto è bello come casa mia, nessun posto è bello come casa mia…”.
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Descrizione esercizio dei leoni: I bambini lavorano utilizzando come attrezzo un telo elastico delle dimensioni di circa 2,5 metri x 70 cm ogni 4 e sono disposti come segue:
Prendendo in considerazione uno dei quattro gruppi (dato che tutti i gruppi eseguono lo stesso esercizio) denominiamo i quattro bambini con le lettere A B C D. – C e D partono in ginocchi seduti sui talloni, uno fronte all’altro tenendo il telo a due mani. – A e B partono ritti uno fronte all’altro. – C e D muovono il telo facendolo ondeggiare. – A e B eseguono un affondo laterale a destra e riuniscono i piedi poi ripetono a sinistra e riuniscono il piede destro al sinistro per trovarsi come segue:
– C e D “scivolano” proni, mentre A e B scavalcano il telo con un “salto del gatto”.
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– C e D eseguono un rotolamento e mezzo attorno all’asse longitudinale per ritrovarsi supini (A rotola a sinistra B a destra). – A e B eseguono mezzo giro per cambiare fronte. – C e D eseguono mezzo rotolamento sul dorso e si rizzano.
– C e D elevano le braccia in alto portando il telo sopra il capo ed eseguono mezzo giro per cambiare fronte tenendo il telo. – A passa sotto il telo e gira attorno a C per tornare al posto di partenza mentre B esegue l’esercizio analogo aggirando D. – A e B con un galoppo laterale vanno rispettivamente davanti a C e D per prendere il telo a due mani.
– C e D lasciano il telo e si spostano con un passo composto e saltato avanti per trovarsi come segue:
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SECONDA PARTE
– A questo punto i bambini che tengono i teli si spostano camminando in modo da avvicinarsi a due a due e ritrovarsi come segue:
– Tutti i bambini che non tengono i teli passano sotto agli stessi scambiandosi di posto. – Tutti i bambini che non tengono i teli formano due righe da quattro con fronte verso i teli. – In ogni coppia di teli un bambino A passa sotto al telo tenuto dall’altra coppia e assieme al suo compagno si sposta come segue:
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– Tutti i bambini camminano spostandosi in modo da far ruotare la “croce” formata dai due teli (un giro completo).
– I quattro bambini che tengono i teli disposti nel verso del lato lungo della palestra si portano in massima raccolta mentre gli altri quattro bambini si spostano con i teli verso le estremità della palestra passando sopra ai compagni in massima raccolta.
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SECONDA PARTE
â&#x20AC;&#x201C; I bambini in posizione di massima raccolta si rizzano e si spostano per ritrovarsi con i teli paralleli a quelli dei compagni .
â&#x20AC;&#x201C; I bambini senza telo si spostano in fila e si posizionano sui lati corti della palestra. â&#x20AC;&#x201C; I bambini senza telo eseguono ora una semplice sequenza di movimenti coreografici con le braccia, mentre le coppie di bambini con i teli eseguono una coreografia alternando momenti in cui nella coppia A lavora e B tiene il telo a momenti in cui le parti sono invertite.
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SECONDA PARTE
PROGETTO “LA CONOSCENZA DEL SÈ ” (1) Scuola Primaria
PROGETTO DI FORMAZIONE PER LE SEGUENTI EDUCAZIONI: linguistica, espressiva, motoria, musicale, socio-affettiva, relazionale. E DI APPROFONDIMENTO CURRICOLARE DELLE SEGUENTI DISCIPLINE: italiano, educazione alla convivenza civile, arte e immagine, scienze motorie e sportive, musica. TIPOLOGIA DEL PROGETTO: di plesso. DESTINATARI: gli alunni delle cinque classi della scuola primaria (sezione unica- totale di circa 80 alunni); all’interno delle varie classi ci sono alcuni bambini in situazione di handicap, per i quali si ritiene importante la partecipazione a questo progetto che ha come finalità ultima una maggiore conoscenza di sè, con e attraverso l’altro, la valorizzazione della diversità, in un’ottica di reciproco arricchimento, l’integrazione di tutti gli alunni coinvolti, con particolare attenzione a quelli in situazione di handicap o di disagio socio-ambientale. OBIETTIVI – prendere coscienza di se stessi e degli altri all’interno del gruppo; – accrescere la fiducia in se stessi e nelle proprie possibilità; – gestire i conflitti generati da paura, rabbia, vergogna, competizione; – “costruire” la pace, attraverso l’amicizia e la cooperazione; – cogliere ed esprimere sentimenti ed emozioni, in se stessi e negli altri; – esprimere e rielaborare contenuti attraverso varie forme di linguaggio (iconico, mimico, gestuale, musicale); – favorire il pieno sviluppo delle potenzialità degli alunni; – riconoscere le sensazione che il nostro corpo può dare attraverso il movimento; (1) Il Progetto e la successiva UDA sono stati realizzati dall’allieva BAGALÀ CARLOTTA.
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– promuovere la socializzazione all’interno della propria classe e nel contesto più ampio di collaborazione con altre classi. DESCRIZIONE DEL PROGETTO Il progetto ha come obiettivo generale quello di aiutare ciascun bambino a conoscere meglio se stesso, a superare le proprie paure e i propri limiti, ad acquisire fiducia. Per raggiungere tale obiettivo vengono proposte varie attività e giochi, attraverso la drammatizzazione, la musica, la danza, visti come strumenti di esplorazione e conoscenza del sé. Si procederà gradualmente, nei vari incontri, attraverso le seguenti fasi: – presentarsi/farsi conoscere (mostrare, esprimere, manifestare); – conoscere gli altri (percepire, osservare, ascoltare, comprendere); – interagire con le persone (trasmettere emozioni, dare/ricevere informazioni, accogliere); – interagire con l’ambiente (conoscere/condividere). Gli alunni lavoreranno individualmente, a coppie o in gruppo. Al termine del progetto ogni classe realizzerà un semplice spettacolo come sintesi del lavoro svolto. In particolare, i temi degli incontri saranno: 1. la nascita del cerchio: il mondo interiore/ il mondo esteriore, socializzazione, gestione e risoluzione del conflitto all’interno del gruppo, “costruire” la pace; 2. esprimi le tue emozioni: riconoscimento delle vergogne, conoscenza delle quattro emozioni principali (paura, tristezza, rabbia, gioia), drammatizzazione e recitazione; 3. fluire con il corpo: l’ascolto del corpo e della sua espressività, movimenti e danza (ritmo, vita e percussioni); 4. fidati di te stesso: superamento della vergogna mediante l’utilizzo della telecamera, realizzazione di video-interviste (anche per raggiungere una maggiore fiducia verso gli altri). Consenso dei genitori per le video-interviste. METODOLOGIA In base agli obiettivi specifici di apprendimento, le insegnanti proporranno attività coinvolgenti e motivanti, suddividendo tutti i bambini in due gruppi: -classi I, II e III
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SECONDA PARTE
-classi IV e V, per poter meglio adattare le proposte a seconda delle età. Entrambi i gruppi saranno coinvolti in attività laboratoriali interdisciplinari, durante le quali i bambini potranno esprimersi con modalità creative, grafico-pittoriche, di movimento,…. Al termine di ogni incontro di laboratorio in ogni classe, singolarmente, si proseguirà il lavoro iniziato insieme attraverso attività di lettura, scrittura, rielaborazioni personali dei contenuti appresi. Si utilizzeranno giochi di finzione e di ruolo, circle-time, giochi di esplorazione e imitazione, per esprimere la propria creatività; inoltre verrà utilizzata la telecamera in tutti gli incontri di laboratorio, per superare le vergogne e riconoscere le proprie potenzialità, accrescendo l’autostima e il senso di responsabilità. Alla fine del progetto verrà realizzato un cd come ricordo del lavoro svolto, da consegnare ad ogni bambino e alle famiglie. TEMPI: il progetto vedrà le classi impegnate per un quadrimestre (periodo previsto: da metà gennaio a maggio); alcune ore verranno dedicate in ogni singola classe alla realizzazione della coreografia finale. I due gruppi, separatamente, affronteranno a settimane alterne le attività laboratoriali; nella settimana di pausa dal laboratorio, il lavoro procederà in classe, attraverso le attività disciplinari che coinvolgeranno gli alunni per alcuni momenti dell’orario settimanale, con tempi e modalità scelti dalle singole insegnanti, tenendo presente che l’argomento del progetto sarà il “filo conduttore” dell’anno scolastico. Quindi ogni lettura, filmato, immagine inerenti al progetto e “incontrati” durante il percorso scolastico potranno essere utilizzati come ulteriori stimoli al lavoro svolto. ATTIVITÀ – – – – – – – – – – – –
giochi di finzione e di imitazione; fiabe mimate; situazioni reali o immaginarie simulate; attività con il corpo, con la voce, con i gesti; balli, danze, movimenti; giochi di ritmo con percussioni; attività iconografiche con l’utilizzo di varie tecniche; disegni individuali e cartelloni collettivi; realizzazione di testi autobiografici; lettura di poesia, racconti-stimolo sui vari argomenti proposti; registrazione di tutti i lavori svolti; discussioni/dibattiti sui vari argomenti trattati.
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RISORSE PROFESSIONALI: insegnanti del plesso; un percussionista; un professionista del settore video (fotografia, riprese, montaggio); insegnanti esterne esperte nella conduzione di laboratori espressivi. MODALITÀ E STRUMENTI DI VALUTAZIONE DEI RISULTATI Per valutare l’andamento del progetto e il raggiungimento dei principali obiettivi proposti, le insegnanti si serviranno soprattutto dell’osservazione sistematica relativamente a : – partecipazione, impegno e interesse (anche per valutare l’adeguatezza delle proposte); – collaborazione tra bambini; – reazioni e atteggiamenti di ogni singolo alunno rispetto alle varie attività proposte. Anche la coreografia finale sarà da considerare un ulteriore strumento di valutazione di tutto il lavoro svolto
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SECONDA PARTE
UNITÀ DI APPRENDIMENTO “ESPRIMI LE TUE EMOZIONI”
CONTESTUALIZZAZIONE Nei primi anni di scuola primaria spesso i bambini non sono ancora in grado di gestire autonomamente conflitti o piccole discordie che nascono, per vari motivi , all’interno della classe; capita di frequente che siano loro a richiamare l’attenzione dell’insegnante e a chiederle di intervenire, per mediare o trovare una soluzione. La classe scelta per questa unità di apprendimento è una II, composta da 12 alunni, di cui uno diversamente abile (lieve ritardo cognitivo e problemi comportamentali); anche per questo bambino si ritiene importante una presa di coscienza delle proprie emozioni e dei loro effetti al fine di raggiungere benessere interiore per star meglio con se stessi e con gli altri. FASE PRE-ATTIVA In questo lavoro si partirà dalle esperienze concrete dei bambini, facendo loro simulare o drammatizzare situazioni consuete di conflitto (litigio per un gioco, “maestra, lui ha detto che io…”); le insegnanti dovranno poi focalizzare l’attenzione sul come ci si sente in queste situazioni (arrabbiati, tristi,...), rappresentando i vari stati d’animo con le espressioni del viso e attraverso disegni. Si utilizzeranno alcune delle metodologie illustrate nel progetto. Dopo aver simulato le principali emozioni negative ed aver capito che “si sta male” quando si è arrabbiati, le insegnanti proporranno ai bambini di sperimentare invece la felicità e la gioia, per capire come ci si sente quando c’è armonia con se stessi e con gli altri. OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO – Comprendere il linguaggio dei gesti; – utilizzare il corpo e il movimento per rappresentare situazioni comunicative reali e fantastiche; – collocarsi, in posizioni diverse, in rapporto ad altri e/o ad oggetti; – coordinare e collegare in modo fluido il maggior numero possibile di movimenti naturali (camminare, correre, saltare, afferrare,…); – approfondire la conoscenza e l’accettazione di sé, rafforzando l’autostima, anche apprendendo dai propri errori.
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FASE ATTIVA I bambini dovranno ideare una scenografia che simboleggi l’armonia e la pace dei sentimenti, che farà da sfondo alla loro rappresentazione finale; potranno dipingere su un telo alcuni simboli (cuori, fiori, arcobaleno), utilizzando i colori in modo libero ed esprimendosi con varie tecniche (spugne, pennelli, dita…). Le insegnanti struttureranno una semplice coreografia, nella quale verranno inseriti movimenti e gesti effettuati spontaneamente dai bambini quando era stato loro chiesto di esprimere con il corpo le emozioni. Una volta selezionati i movimenti più efficaci e condivisi si procederà, con un sottofondo musicale, alla realizzazione di una semplice danza. Durante la danza, i bambini utilizzeranno degli specchi per rendere più coinvolgente la coreografia; lo specchio è simbolo dell’identità individuale, poiché ci permette di vedere riflessa la nostra immagine, l’espressione del viso e, attraverso di essa, intuire l’emozione provata. CONTENUTI TEORICO-PRATICI Al centro della stanza viene disposto un grande cerchio, simbolo di unione, condivisione e uguaglianza (il circle -time è stato usato all’inizio e alla fine di ogni incontro di laboratorio: non ci sono ruoli o dove qualcuno è più importante, ma come punto di partenza in cui ogni differenza viene azzerata, ci si guarda tutti negli occhi ed ognuno può esprimersi in libertà). I bambini camminano e marciano a tempo di musica fuori dal cerchio, cercando di rappresentare la rabbia con i gesti e l’espressione del viso; poi cominciano a camminare attorno al cerchio, sei in senso orario e sei in senso antiorario (fig.1).
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SECONDA PARTE
A un certo punto si scontrano e si urtano, per rappresentare il litigio e il rancore. Appena la musica si fa più lenta, ognuno si guarda alle spalle, rendendosi conto che non vale la pena litigare e stare soli. A coppie si tendono la mano (vedi fig.2), poi si abbracciano.
Si dispongono attorno al cerchio tenendosi per mano; si mettono in ginocchio, poi ognuno afferra il proprio specchio precedentemente disposto sulla circonferenza e mima le emozioni attraverso la gestualità del viso (fig.3).
Proseguono alzandosi in piedi, facendo oscillare l’oggetto, facendo circonduzioni con gli arti superiori e girando su se stessi con le mani in alto, per esprimere gioia e felicità. Alla fine si ritrovano tutti all’interno del cerchio per la conclusione della danza. (fig. 4)
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VERIFICA E VALUTAZIONE Lo strumento di valutazione sarà l’osservazione sistematica di ogni bambino durante tutte le fasi di lavoro che portano alla realizzazione del lavoro finale. Per quanto riguarda il bambino diversamente abile, dopo aver visionato il suo portfolio e aver dedotto l’idoneità di questa proposta nei suoi confronti, si cercherà di realizzarla interessandolo e rendendolo protagonista attivo, assieme ai suoi compagni, in ogni momento di lavoro.
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ATTIVITÀ MOTORIA COME LINGUAGGIO PER L’INTEGRAZIONE DI ALUNNI DIVERSAMENTE ABILI
“SCOPRO IL CORPO E CON IL CORPO…SCOPRO” (1) Le attività che vengono presentate in questa sezione hanno la finalità ultima e fondamentale, dell’integrazione degli alunni diversamente abili nel contesto scolastico (gruppo, classe, plesso,…) attraverso il linguaggio del corpo. Le attività mirano al raggiungimento di autonomia personale (secondo le proprie possibilità) e di fiducia in se stessi, tale da consentire apertura e desiderio dell’altro. Considerando che è fondamentale (lo è per tutti, figuriamoci per i bambini!) sapere di “saper fare”, che è importante sapersi orientare per avere una dimensione reale e di indipendenza, che basilare è la consapevolezza sensoriale del proprio corpo e delle sue parti, si presentano proposte ludiche per far acquisire a “tutti” i bambini l’intuizione del proprio corpo e delle sue parti, in relazione allo spazio che li circonda. In breve si vuol portare gli alunni alla consapevolezza e alla conoscenza del se corporeo come mezzo per relazionarsi con il mondo fisico e umano. Inoltre i bambini hanno bisogno di muoversi ed è proprio attraverso il movimento che essi scoprono, conoscono e rappresentano il proprio corpo, con il quale esplorano l’ambiente, si orientano e si organizzano nello spazio. Gli obiettivi formativi generali, che si pongono con le attività che si andranno a presentare, sono i seguenti: OBIETTIVI FORMATIVI – Riconosce e denominare le diverse parti del corpo; – Riconoscere, differenziare e verbalizzare differenti percezioni sensoriali; – Collocarsi in posizioni diverse in rapporto ad altri e/o oggetti; (1) Realizzato da RENZONI CASTRICONI SARA.
MORENA e BELFIORI FRANCESCO - a cura di
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SECONDA PARTE
Muoversi secondo una direzione controllando la lateralità; Adattare gli schemi motori in funzione di parametri spaziali e temporali; Scoprire vari tipi di linguaggi; Ascoltare, comprendere, emettere messaggi, muoversi con modalità simili a quelle dei soggetti diversamente abili.
SPAZI Le attività si svolgono in palestra o nel cortile della scuola o al parco pubblico. TEMPI Le attività vanno ripetute per tutto l’anno scolastico (con variazioni, aumento o diminuzione di difficoltà) secondo le esigenze degli alunni. ATTIVITÀ – Esecuzione di azioni su comando dell’insegnante o di un bambino a turno; – Giochi per la percezione e la conoscenza del proprio corpo; – Giochi per la consapevolezza sensoriale del proprio corpo; – Attività di esplorazione e orientamento nello spazio. PROPOSTA 1 (Percezione e conoscenza del proprio corpo) L’insegnante suggerisce comandi verbali e gli alunni eseguono i relativi movimenti. Esempio: alzate le braccia, sollevate una gamba, aprite la bocca, chiudete un occhio con la mano destra o sinistra, tappatevi le orecchie con le mani, mettete una mano al petto,…
ATTIVITÀ MOTORIA COME LINGUAGGIO PER L’INTEGRAZIONE DI ALUNNI ...
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PROPOSTA 2 (Consapevolezza tattile del proprio corpo) Si invitano i bambini a sedersi in cerchio con gli occhi bendati. Con una matita si tocca il collo, il mento, la guancia, il capo … di un bambino. Questo è invitato a toccare con la mano la stessa zona e pronunciare il nome ad alta voce. Si ripete l’esercizio con tutti i bambini.
PROPOSTA 3 (Sollecitare le capacità senso-percettive tattile del proprio corpo sviluppando la capacità di rappresentare mentalmente la forma identificata) Si invitano i bambini bendati a riconoscere i compagni col tatto e a giocare con la “scatola misteriosa” contenente oggetti da riconoscere con le mani.
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SECONDA PARTE
Un bambino con gli occhi bendati cerca di indovinare con il tatto lâ&#x20AC;&#x2122;oggetto che gli viene passato da un compagno.
PROPOSTA 4 (Esplorare il mondo solo con alcuni sensi, anche per far vivere a tutti le esperienze quotidiane di un bambino diversamente abile) Consumare un cibo senza vederlo, riconoscere ciò che si mangia dal sapore.
PROPOSTA 5 (Socializzazione, senso di fiducia, collaborazione e sollecitare la capacitĂ senso-percettiva tattile e uditiva)
ATTIVITÀ MOTORIA COME LINGUAGGIO PER L’INTEGRAZIONE DI ALUNNI ...
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I bambini si dispongono a coppie uno dietro l’altro. Quello posto davanti ha gli occhi bendati; il compagno lo guida con le mani poggiate sulle sue spalle. Poi il guidatore potrà condurre il compagno solo con la voce senza alcun contatto fisico. Si può cambiare ruolo o compagno di gioco.
PROPOSTA 6 (Socializzazione) Si organizzano gruppi di 4/5 bambini che formano un “bruco” disponendosi seduti in fila con gli arti inferiori flessi e afferrando con le mani le caviglie del compagno posto dietro. Devono avanzare tutti insieme senza staccarsi dai compagni. Si possono poi formare bruchi diversi o ideare gare tra bruchi.
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SECONDA PARTE
PROPOSTA 7 (Semplici tecniche di comunicazione gestuale) Un bambino mima un contenuto a tema stabilito (un animale, un mestiere, uno sport, un oggetto, un’azione,…) con l’obbligo di non parlare; i compagni devono indovinare ciò che egli vuole comunicare: si può fare anche a squadre e come gara.
PROPOSTA 8 (Sviluppare le capacità senso-percettive e manuali, per muoversi e orientarsi nello spazio) Il “percorso” è costituito da un insieme di stazioni, in ognuna delle quali deve essere eseguito un particolare esercizio. Potrebbe essere paragonato ad una pista sulla quale i bambini si spostano eseguendo una serie di movimenti prestabiliti; ad esempio: saltelli, slalom,… Percorso: – partenza – slalom – passare sotto gli ostacoli – saltare a piedi uniti nei cerchi – traslocare sull’asse di equilibrio – corsa laterale fino all’arrivo Tutto il percorso può essere adattato ad alunni diversamente abili (guida dell’insegnante o di un compagno-tutor, semplificazione esercizi, …) e svolto dall’intero gruppo in un clima di collaborazione ed aiuto reciproco.
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VERIFICA E VALUTAZIONE La verifica sarà iniziale, in itinere e finale. Prima di avviare le attività è bene verificare: – la capacità di muoversi autonomamente o con l’aiuto – il livello di acquisizione dello schema corporeo – il livello di acquisizione dei principali parametri topologici. Nel corso delle attività, attraverso l’osservazione diretta, si valuterà l’interesse, la motivazione e il coinvolgimento degli alunni. Al termine del periodo destinato a tali attività, si verifica il raggiungimento degli obiettivi formativi preposti, ma soprattutto il grado di integrazione scolastica degli alunni diversamente abili e si riflette con e senza gli alunni sul valore e il senso di condividere esperienze fisiche e motorie con gli “altri diversi da noi”. Il termine “diversi” esprime il più alto grado di valore! Le attività motorie in palestra caratterizzate dal gioco, l’empatia, il clima sereno che sempre si cerca di creare, permettono di entrare in nuovi mondi, di scoprirne le sfumature e riconoscerne le peculiarità; sono un modo per percorrere strade diverse usando il corpo in maniere inaspettata e particolare. I bambini andranno a riflettere su quanto le diverse abilità di ciascuno siano una risorsa per tutti, un’ opportunità di fare esperienze diverse, di interscambio, quindi di crescita.
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SECONDA PARTE
CONCLUSIONE
Il mondo della scuola è un pianeta meraviglioso, dove i piccoli crescono e gli adulti che vi operano sembrano non invecchiare mai, proprio in virtù di questo rapporto privilegiato con la fanciullezza. È certamente più difficile che l’animo di colui che vive a contatto ore e ore della giornata con giochi, scherzi, innocenza, vivacità, allegria, risa, pianti, sensibilità,…del mondo del bambino, si lasci intaccare dal tempo che passa. Ho il privilegio di vivere in questo mondo da molti anni come insegnante di scuola primaria e dopo l’avvento della Legge n° 53/03, D.L. 59/04 (Riforma Moratti) ho sperimentato direttamente “sulla mia pelle” cosa significhi attuare un Laboratorio di attività motoria e in genere mettere in atto una didattica attiva. Ho ideato e diretto il Laboratorio di Espressività Corporea nell’anno scolastico 2004/2005 con lo scopo di offrire ai bambini delle classi prime che lo avessero scelto, l’opportunità di prendere coscienza e conoscere il valore del proprio corpo, inteso come espressione della personalità e come condizione relazionale, comunicativa ed espressiva. Questo in vista della finalità educativa che la scuola Primaria si pone, cioè di favorire l’armonica formazione della personalità dell’alunno, come individuo creativo, cosciente delle proprie capacità, capace di controllare le reazioni emotive, esprimersi attraverso i vari linguaggi, comunicare e convivere con gli altri nel rispetto reciproco, nella collaborazione e nella solidarietà. Sempre vanno ricordati assunti teorici che sostengono come per la specie umana esiste un codice di linguaggio universale che permette di comunicare in qualsiasi parte del mondo: il linguaggio del corpo. Comunicare non è solo esprimere concetti convenzionali con le parole, ma si comunica con tutto il corpo; nel rapporto tra persone tutto è comunicazione. Per questo fare un uso corretto dei segnali non verbali e saperli riconoscere, è un’ importante abilità sociale. Si parla di comunicazione totale, di quella comunicazione che coinvolge tutte le forme di linguaggio di cui l’uomo dispone. La comunicazione non verbale viene utilizzata per esprimere stati emotivi, atteggiamenti, emozioni, la propria personalità; per rafforzare le espressioni verbali, per inviare feed-back e segnali al fine di stabilire maggior empatia con l’interlocutore.
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SECONDA PARTE
Gesti e atteggiamenti sono tipici di ogni società e il bambino li apprende come il linguaggio verbale; il contesto socio-culturale ha una funzione pedagogica nell’uso del linguaggio corporeo inteso come gesti, movimenti, mimica, espressione facciale, posture e prossemica. L’espressività corporea rende protagonista il bambino, avviandolo all’autocontrollo, alla coscienza di sé, favorendo lo sviluppo della persona in tutte le sue dimensioni: biologico-corporea, intellettiva, affettiva, sociale. Per questo nell’attivare la fase operativa di un Laboratorio motorio è fondamentale scegliere diverse tecniche didattiche e non “un metodo “ singolo. L’avvio delle attività si fonda sulla libera espressione dei bambini di organizzare gesti e movimenti per esprimersi in modo personale e creativo. L’intervento dell’insegnante non è mai di correzione diretta, ma di esemplificazione al fine di stimolare la produzione motoria. Si pone nei confronti degli alunni come facilitatore dell’autoapprendimento, limitando al massimo indicazioni motorie affinché siano la creatività, le conoscenze e le capacità espressivo-imitative dei bambini a dar vita a gesti e movimenti. Costantemente si favorisce l’autonomia e l’iniziativa individuale, piuttosto che la dipendenza dall’adulto e il controllo di ogni azione. Anche a conclusione del testo mi sento di citare alcune tecniche di intervento da tenere sempre in evidenza: il metodo integrato di Thomas Gordon che evidenzia come l’accettazione, l’autenticità e l’empatia rivestono un ruolo primario nella relazione insegnante-allievo: l’ascolto attivo, il messaggio-Io, la risoluzione dei conflitti con il problem solving; la didattica laboratoriale che vede il bambino apprendere attraverso l’esperienza pratica e diretta e l’osservazione; egli “impara facendo” e l’insegnante assume il ruolo di stimolo, guida, sostegno nell’esperienza che vede protagonista il bambino che apprende; il “metodo cooperativo”: i bambini “lavorano insieme per apprendere insieme”, maturando una maggiore motivazione, rafforzando i rapporti interpersonali di rispetto, sostegno reciproco e amicizia. Personalmente, dopo anni di insegnamento, il Laboratorio di Espressività Corporea è stato motivo di crescita professionale e una forte esperienza umana; è stato il momento in cui sono stata protagonista del mio operare. Rivolgendomi in particolare a chi entrerà nel mondo della scuola o ci ha messo piede da poco: scegliere, ideare, costruire, realizzare un’attività in cui si crede, prendersi delle responsabilità forti nei confronti della scuola, delle famiglie e dei bambini principalmente, ideare attività nuove ad hoc per un laboratorio o una disciplina o un progetto partendo dagli obiettivi prefissati, comporta uno sforzo di ricerca e studio, di sperimentazione e autoanalisi, di tempo e dedizione; ma offre la possibilità di rimettersi con-
CONCLUSIONI
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tinuamente in gioco, di cogliere spunti critici del proprio operato di insegnante, di verificare la portata educativa dell’azione didattica quotidiana; in breve rappresenta una forte esperienza che permette di crescere professionalmente ed umanamente. “Perché allora la didattica più diffusa nella scuola è ancora quella che vede l’articolarsi della giornata in momenti quali: lezione frontale o lettura dei libri di testo, esercitazione individuale, controllo? Mi viene da rispondere, molto banalmente: perché fare scuola in maniera diversa è difficile e faticoso, almeno all’inizio. Quando si hanno di fronte 22-25 ragazzi e si è soli a gestire timidezze, aggressività, passività, noia, intraprendenza, insofferenza, antipatie…(perché i ragazzi sono anche questo), istintivamente si cerca di evitare situazioni nelle quali questi atteggiamenti possono manifestarsi. Così si diventa “direttivi”, si cerca di tenere sempre tutto sotto controllo e gli spazi di autogestione che si concedono ai ragazzi si limitano spesso a quelli dell’intervallo. I bambini e i ragazzi non entrano a scuola già capaci di lavorare autonomamente o di autodisciplinarsi (o autogovernarsi come dice Dewey). Saper lavorare da soli o insieme ai compagni senza bisogno di controllo esterno è un punto di arrivo, un successo di un modo di fare scuola che inizia il primo giorno e va perseguito costantemente. Eppure, quello è contemporaneamente l’obiettivo e la condizione necessaria per poter attuare una didattica di tipo laboratoriale e per poter personalizzare i percorsi educativi. Come fare?” (1) È richiesta all’insegnante la fatica di organizzare tempi, spazi, materiali, attività differenziate, lo sforzo di condividere tanti processi e prodotti diversi, l’intento di valorizzare l’impegno di tutti e di ciascuno per offrire ai bambini situazioni significative, esperienze concrete di vita da condividere con adulti e compagni e non solo un “percorso di studi” in una scuola auditorium (contrario di scuola laboratorium) dove i soggetti, che dovrebbero essere i protagonisti, sono gli auditori. Tornando alla mia esperienza (solo con l’umile desiderio di condividerla, non per vana gloria!) durante il laboratorio di espressività corporea ho instaurato un rapporto aperto e sincero con gli alunni, mi sono sentita più me stessa e meno “maestra”; come i bambini si sentivano liberi di manifestare emozioni e sentimenti, così lo sono stata io. (1) GRAZZINI HOFFMANN C. “Come personalizzare le attività” Dossier laboratori supplemento a La Vita Scolastica n. 6 del 16/11/04.
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SECONDA PARTE
Non dimenticherò il pianto di un bambino nell’ultima lezione in palestra, quando ormai padroneggiavano benissimo tutte le attività che avremo poi presentato al saggio finale. Emanuele piangeva e diceva di non sapere perché, non era triste, non gli faceva male niente, nessuno lo aveva offeso, ma non riusciva a contenere le lacrime. Allora una compagna ha sentenziato, come sanno fare i bambini quando sono sicuri di quello che dicono: «Maestra lascialo piangere, forse deve dire qualcosa e non ci riesce e allora gli escono le lacrime invece delle parole». Ho paragonato questa frase a una grande verità scoperta insieme, ho sentito un nodo alla gola e … ho continuato con loro la drammatizzazione in corso. Con questo mio lavoro, penso di aver sostenuto i bambini nell’inserimento attivo nel mondo delle relazione interpersonali, nel quale dovranno muoversi o annaspare o danzare per tutta la vita; l’ho fatto sulla base dell’accettazione e del rispetto per l’altro, del dialogo e della partecipazione a un bene comune. Certamente è faticoso tutto questo e anche lasciarsi coinvolgere profondamente nelle relazioni costa fatica, è rischioso, ti costringe a metterti in gioco. Non ricordo in quale testo ho letto che, un’insegnante a cui vengono affidati dei bambini in prima classe, si fa carico di una molteplicità di esistenze. Certamente una scuola vissuta così è faticosa! Ma sono certa, per esserci passata di persona, che a lungo andare tutte queste fatiche vengono ripagate! Ripaga lo scoprire l’infinita sensibilità e le molteplici intelligenze presenti nei bambini, quanto sono capaci di apprendere e crescere, ripaga lo stare insieme giorno per giorno, certi di contribuire a formare adulti autonomi e capaci di autogoverno, che in futuro sapranno inserirsi positivamente nella società. Ancor più convinti di contribuire in modo operativo all’attuazione di una scuola dove il bambino non solo conosce, ma soprattutto sente e vive il riconoscimento dei valori intrinseci in ogni persona.
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