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Il mio grazie a papà: mi ha insegnato a fare l’imprenditore

Se vuoi fare l’imprenditore, prima di tutto devi essere umile

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Il mio grazie a papà: mi ha insegnato a fare l’imprenditore

Papà Giorgio sulle spalle ha più di sessant’anni di lavoro e, ancora oggi, meraviglia suo figlio «quando risolve problemi che per me sembrano non avere soluzione». L’esperienza si fa con l’età e con il lavoro. Ormai Federico se n’è fatto una ragione: «Esci dall’università ed entri in azienda con tutta l’arroganza del fighetto con la testa piena di nozioni. Poi ti rendi conto che se vuoi veramente fare l’imprenditore prima devi essere umile, e poi entrare in contatto con la parte più cruda della vita. Che poi è quella di tutti i giorni e che ti abitua ad affrontare con occhi diversi le responsabilità di un imprenditore». A maggior ragione se si lavora nel settore della meccanica volta alla progettazione, realizzazione e dimensionamento delle parti per le semi-macchine per il taglio delle etichette dei tessuti: «Il 75% del nostro fatturato – sottolinea il giovane Bollini – proviene dal settore tessile e dal rapporto consolidato da tanti anni con un’unica società. All’anno escono dall’azienda tra le 50 e le 60 semi-macchine (semi perché costituiscono una porzione di un macchinario), ognuna può avere una vita media di vent’anni con un ciclo di lavoro anche di 24 ore. La crisi? L’abbiamo saputa gestire accettando anche lavoro conto terzi». Così quando Federico entra in azienda, i volumi aumentano e in sette anni – dal 2011 ad oggi – alla Bollini si è passati da tre a sei dipendenti.

Confronti, provocazioni e interrogativi

Però in questo passaggio generazionale (Federico, con l’immancabile supporto strategico di papà, il salto lo ha fatto con grande convinzione) non sono mancati i confronti, le provocazioni, gli interrogativi: età, esperienze e visioni diverse si muovono su prospettive differenti con proposte che a volte sembrano un po’ troppo lungimiranti per una piccola impresa. Una qualità che non deve mancare a un imprenditore: credere nei suoi progetti. Federico, con questa idea dell’Impresa 4.0, il rapporto con papà lo ha rinvigorito. E oggi ne parla con il sorriso sulle labbra: «Per me il computer è sempre stato come un tornio: ci passavo pomeriggi interi per il data entry e per organizzare il gestionale dell’impresa. Mio padre agli inizi mi riprendeva e pensava fosse un gioco, ma poi ci ha creduto anche lui». D’altronde questo giovane ingegnere il suo passaggio in azienda lo ha fondato proprio sul cambiamento: in punta di piedi, perché si cambia solo se si studia. E si sperimenta. Allora si torna al pc: «Le litigate con papà non sono mancate, ma ringrazierò sempre il computer perché è anche grazie a questo se ho imparato l’inglese, ho fatto crescere la mia curiosità e sono diventato quello che sono. Cioè un imprenditore attento alle nuove tecnologie ma anche capace di capire quanto servono all’interno dell’azienda e come le si deve usare».

Parola magica: Lean management

Questo è un passaggio importante per chiunque si avvicini a Impresa 4.0: «Un grande contenitore – incalza Federico – nel quale devi scegliere quello che ti serve veramente. Per quanto mi riguarda sono sempre stato innamorato delle potenzialità

che possono esprimere meccanica ed elettronica insieme. Così mi sono concentrato sull’aspetto gestionale dell’azienda lavorando molto su tempi e metodi, per ottenere poi dei feedback in tempo reale dalle macchine e arrivare ad un maggiore efficientamento della produzione». La parola magica, per Federico, è lean management: «Il mio obiettivo è di arrivare ad una gestione snella dell’impresa (che passa anche dalla riduzione degli sprechi) per creare un valore maggiore per il cliente, aumentando la competitività. D’altronde ho sempre pensato che le piccole e medie avessero un potenziale enorme a volte inespresso: senza tradire ciò che sono in termini di flessibilità e creatività, le pmi sono in grado di fare tutto quello che fanno le grosse aziende».

Investimenti in software e risorse umane

Impegnativo? Certo che sì, ma Federico ha posto alla base della sua crescita anche quella delle persone che lavorano per lui: «Cerchiamo sempre di differenziare il nostro lavoro, esportiamo direttamente in America ma, soprattutto, investiamo in software e risorse umane per acquisire nuove competenze attraverso la formazione continua dei collaboratori. Oggi alla Bollini ci sono anche un apprendista e un tirocinante. E con una società in buona salute, posso permettermi di dare ai giovani gli strumenti necessari per crearsi una professionalità valida sul mercato». Federico, però, come tutti i giovani si muove tra realtà e sogni. Nel suo caso, un sogno 4.0 al quale pensa in continuazione ma non senza un pizzico di praticità: «Quanto vorrei comprarmi una stampante industriale 3D a carbonio! Per un investimento di questo tipo, però, la ricerca di mercato è più che mai importante: semmai ci dovessero essere clienti interessati, potrei anche passare dal sogno alla realtà».

2018

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