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Guido Pattera, «l’orologiaio dei motori» che tifa Guzzi

Ci vogliono passione ed esperienza, ma anche orecchio

Pattera Guido & C. Snc Via Mameli, 25 - Germignaga Tel: 0332/53.15.59 email: patteramoto@libero.it

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Guido Pattera, "l’orologiaio dei motori" che tifa Guzzi

Potremmo supporre che Guido Pattera, ancora nella culla, al posto di versi disarticolati – così tipici degli infanti – emise un simpatico «broom broom». Non ancora un boato, d’accordo, ma così si inizia: un papà calzolaio che è uno fra i primi, in provincia di Varese, a produrre scarpe ortopediche e una mamma, Francesca, che le moto le usa ed è una fra le prime donne a condurre un autobus.

Guzzi e Gilera, come Coppi e Bartali

Con tali premesse, Guido non poteva non affezionarsi alle due ruote dell’epoca: nasce nel 1935 e da sessantaquattro anni gestisce la sua officina a Germignaga. E se i compagni di allora tifavano Fausto Coppi e Gino Bartali, lui alla pedalata di gambe preferì la «non pedalata». Sempre di tifo si trattava, perché anche tra Guzzi e Gilera la competizione era accesa e il pubblico, proprio come accadeva nel ciclismo agonistico, si divideva: chi per gli «uccelli» (i modelli Falcone, Airone, Lodola, Galletto, Stornello della Guzzi) e chi per i «pianeti». Quelli della Gilera: Saturno e Nettuno, soprattutto. Così, al posto del cuore Guido ha un motore: ogni volta che vede un bullone, una dinamo o un serbatoio non resiste e ci mette le mani. Finita la quinta elementare, abbandona i libri di scuola e apre quelli di meccanica alla concessionaria Guzzi di Luino. Ci entra come garzone e lì rimane fino all’età di diciassette anni. Ma non c’è gusto a rimettere in sesto i “gioielli della strada” di quei tempi se poi non ci sali: il motore lo devi sentire, l’acceleratore deve essere morbido, la potenza deve esplodere. Soprattutto, la velocità: le moto sfrecciano, si mangiano la strada, la polvere copre e avvolge tutto.

Ci vuole orecchio

Da allora, Pattera capisce che «ci vogliono passione ed esperienza, ma anche orecchio». Allora il giovane non si accontenta di diventare un buon meccanico, ma punta alla conoscenza di tutto ciò che serve per trasformare una moto in qualcosa di unico. E all’età di dodici anni si iscrive – grazie al papà che firma l’autorizzazione – alla prima gara ufficiale: la Germignaga-Bedero del 1° agosto 1948. Quelli erano gli anni di Nino Manzoni, il «centauro mito» che proprio Pattera ricorderà per sempre dedicando alla sua memoria il Motoclub di Germignaga. Un corridore che lascerà il segno e che, nel decennio che precede l’ultimo conflitto mondiale, riesce a distinguersi in tante competizioni di campionato accanto ai più famosi campioni dell’epoca.

La Guzzi è sempre la Guzzi

Ma ogni giorno si ritorna al concessionario: Guido scalpita ed è stanco di smerigliare valvole e lavare motori. Vuole di più. Vuole che quei motori siano anche un po’ figli suoi. Nel frattempo, però, rompe bulloni, si unge dalla testa ai piedi, qualche «danno lo faccio. Mio padre era preoccupatissimo

e chiedeva ai titolari se avrebbe dovuto pagare quello che io, ogni tanto, rompevo». Ma anno dopo anno, per Guido i motori non avranno più segreti: «Iniziai a modificare i Guzzini da 65 e 75, ma poi passai anche ai marchi che andavano per la maggiore: Bianchi, Girelli, Aspes, Motom, MV Agusta, Fantic. Però la Guzzi, è sempre la Guzzi».

L’orologiaio dei motori

Arriva il grande giorno: inizia a correre per la Parilla di Milano, fondata nel 1946 da Giovanni Parrilla (il nome venne cambiato per motivi fonetici) e con un levriero come simbolo. Casa simbolo del motociclismo italiano per la maniacale cura dei particolari, e l’alto costo finale dei prodotti. Fa incetta di diplomi, premi e primi posti: per ben due volte sale sul gradino più alto del podio ai campionati regionali. L’ultima gara? Vent’anni fa. Perché portare una «signora d’altri tempi» non è un gioco: «I freni devono essere gestiti bene, la tenuta stradale non si può paragonare alle moto di oggi e i telai non sempre sono adeguati alle prestazioni che si pretendono». Però non c’è paragone: «Oggi domina l’elettronica e per mettere mano alle moto di ultima generazione bisogna essere come orologi; quelle d’epoca sono più semplici ma devi essere nello stesso modo un “orologiaio”».

Passione costosa, ma il rombo del motore diventa musica

Tutto deve combaciare, anche perché il mercato delle moto d’epoca è rigoglioso e la Svizzera conta alcuni fra i maggiori appassionati: «Su dieci moto, una è dei tempi che furono e per rimetterle in sesto ci metto mesi: per l’ultimo Guzzi, non ne sono bastati sei. Ecco perché in questi ultimi sessantaquattro anni ho lavorato anche la domenica. D’altronde il loro rumore, per le mie orecchie, è come se fosse musica. E quando sento girare quei motori non riesco a trattenermi: smonto e rimonto, metto a punto, regolo. Ogni volta è una sfida. Certo si tratta di una passione costosa: un Falcone 300 può arrivare ai 15mila euro e un modello Airone 250 non al di sotto dei 7mila». Ma quando Pattera sa che quella moto dovrà partecipare ad una gara, le ore non contano: «Sul mio Dondolino Guzzi 1945, elaborato per le corse, ho messo tutto me stesso». E le moto di oggi? «Ci sono le Honda e le Yamaha, che vanno a meraviglia, ma per me la migliore è la Bmw Gran Turismo: roba tedesca super affidabile».

2018

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