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L’IMPRESA DELLA “SECOND LIFE”. COSÌ SALVIAMO IL PATRIMONIO E I RICORDI

Costruire è una parola plasmata nella vita, fi n dai primi passi di Marco Zanini, fi glio di un imprenditore edile. Non l’ha mai abbandonato, infatti è progettista, ma le attribuisce un particolare signifi cato: «Risignifi care. Ecco perché l’impresa che ho fondato e di cui sono amministratore delegato, si chiama RE-sign». Con lui Michele Cervini, Nicolò Bernaschina e Francesca Zanotto. Una piattaforma per il riuso dei materiali, che ha vinto anche riconoscimenti (dal Comune di Varese ai bandi della Regione), a cui si aff ianca un’altra sfi da quella di Casamatta, dimora aperta e anch’essa avamposto di un modello circolare di economia e permeabile di comunità, capace di generare legami di appartenenza, ai Molini di Gurone.

Ma torniamo al senso della costruzione oggi da parte di chi sembra appena partito, come degli startupper. Non è ricominciare da capo, come non lo era all’avvio dell’azienda. Né la paura può abitare da queste parti, in un mondo che già non ha detto in tempi meno drammatici: avanti, giovani, la porta è aperta.

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«Si è costruito tantissimo in passato – sottolinea Zanini – Io penso che oggi sia dovere mio e della mia generazione andare a risignifi care il dono che ci hanno lasciato, un grande patrimonio. Bisogna svolgere un lavoro di pulizia e ripensamento, piuttosto che costruire nuove cattedrali. Ad esempio realizzare edifi ci non con materiale estratto da cave bensì dalle nostre città o riusando componenti».

Zanini ha sempre bazzicato i cantieri: quello di papà, già suo nonno faceva questo mestiere. «Mi sono sporcato le mani, so piastrellare, intonacare – spiega – Sono diventato geometra, poi ho scelto Architettura ambientale. Da anni sono in uno studio di progettazione e faccio questo, il progettista. Il disegno, la relazione, la programmazione urbana confl uiscono in esperienze che spingono avanti verso nuove esperienze, che non tralasciano ciò che si è trovato. A Zanini piace «mettere al suolo dei pensieri» e anche questa è un’immagine rivelatrice del suo approccio.

«Il primo tentativo di costruzione – racconta - è stato quello di una ciclo-off icina popolare con un mio amico. Io avevo un bisogno, nessuno rispondeva a quel bisogno e allora abbiamo aperto questa realtà. Per fi nan-

ziarla abbiamo creato una campagna di crowdfunding».

Lavorare dal basso è un’altra immagine che usa Zanini e in fondo si collega al costruire: così è avvenuto anche ai Molini di Gurone con Casamatta, «dove ho voluto grazie alla sensibilità di Legambiente vivere tutte le mie velleità da progettista – sorride – dimostrare che c’era un altro modo di fare architettura. Non usando materiali nuovi ma riutilizzandone. Questo è un luogo che ha una storia pazzesca, che ha resistito».

Il riuso è una macchina che fa sbocciare davvero nuovi signifi cati: «Un generatore di senso, perché non prendi un materiale che non ha una storia, ma continui uno sforzo fatto. Anche a livello territoriale, ribadisco,

si è costruito tantissimo ed è arrivato il

momento di dare un senso. Alcune cose non ce l’hanno, hanno assolto una funzione».

È importante, doveroso, rintracciare quel senso anche nei confronti del lavoro immenso aff rontato dalle generazioni precedenti nel costruire il nostro Paese. Non va demolito, perdendo la sua energia: è qui che scatta l’operazione di ri-signifi care.

«Ho parecchi scenari esistenziali, come abitare al Sacro Monte o al lago di Iseo. Se mi immagino però l’anno prossimo, sicuramente sarà di svolta per RE-sign. I concetti su cui stiamo sperimentando da anni ormai sono sempre più fondamentali».

Marilena Lualdi

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