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La dinamica delle filiere serve per migliori politiche industriali

“Gli studi evidenziano la nostra idea di filiera come creatrice di valore attraverso il coinvolgimento delle imprese in un percorso comune”: parola di Maurizio Marchesini, vicepresidente per le filiere e le medie imprese di Confindustria

La visione di una strutturazione in filiere delle aziende associate è stata protagonista già dalla fusione delle tre territoriali di Bologna, Ferrara e Modena e nel 2018 Confindustria Emilia ne ha fatto il perno della propria organizzazione. Proviamo a far comprendere il valore aggiunto delle filiere: cosa significa per le imprese e come ci si deve muovere per permettere loro di sviluppare tutto il potenziale.

La scelta organizzativa di Confindustria Emilia è stata ispirata dall’evidenza dei dati. Il tessuto imprenditoriale italiano è composto da tante PMI che si aggregano lungo le filiere. I processi produttivi sono frammentati e suddivisi tra tanti attori che occupano precise posizioni nelle filiere e contribuiscono a diversi livelli nella realizzazione di prodotti finiti. Questa è una caratteristica tutta italiana. Entrare nelle filiere, conoscerne le dinamiche consente di acquisire tante informazioni che possono diventare la base per lo sviluppo di politiche industriali mirate, che tengano conto dell’evoluzione del contesto e quindi siano più incisive. Il valore aggiunto delle filiere è la condivisione di un obiettivo comune, cioè crescere e conquistare fette di mercato e questo comporta un’attitudine da parte di tutte le imprese che ne fanno parte a migliorare prodotti e processi produttivi. La filiera va considerata nel suo complesso e tutte le imprese, a prescindere dalla dimensione, hanno l’opportunità di valorizzare le proprie competenze e diventare un riferimento in 70 fare

termini di innovazione, flessibilità e capacità di rispondere alle sfide e agli stimoli del mercato con cui gli imprenditori si devono costantemente confrontare. I contesti sono molto diversi tra loro: dalle sfide tecnologiche fino a quelle più complesse determinate da eventi imprevedibili e di grande impatto, come ad esempio la crisi Russia-Ucraina con tutte le implicazioni sul sistema produttivo. Ecco, è corretto dire che le soluzioni e le scelte produttive vengono in qualche modo orientate dalla filiera.

Il tema delle filiere è ormai sempre più al centro dell'attenzione. Con la presidenza Bonomi in Confindustria è entrato nelle priorità della governance dell’associazione. In questi due anni di lavoro, da vicepresidente di Confindustria con delega appunto alle filiere e alle medie imprese, come ha visto evolvere questa materia?

Non è stato facile impostare un lavoro sulle filiere. Nell’ambito del Gruppo Tecnico Filiere e Medie Imprese ci siamo confrontati a lungo: quando abbiamo iniziato a lavorare il nostro obiettivo era trovare una definizione di filiera su cui costruire le policy, ma abbiamo dovuto cambiare approccio dopo aver constatato l’impossibilità di comprimere il fenomeno in una definizione schematica e rigida. Le filiere infatti sono sistemi aperti, presentano caratteristiche variegate e sfuggono a un approccio giuridico-normativo. Quello che però contraddistingue una filiera è il rapporto tra le imprese che la compongono, che va oltre la relazione commerciale e si fonda sullo scambio di competenze, know how, tecnologie. È la logica di integrazione il punto di forza delle filiere, che spesso passa attraverso la condivisione e suddivisione non solo di fasi dei processi produttivi, ma anche di servizi e conoscenze. Quindi ci siamo concentrati proprio su questi aspetti e in, particolare, sul ruolo della filiera come acceleratore di innovazione rispetto ai due grandi driver di trasformazione rappresentati dalla digitalizzazione e dalla sostenibilità.

Uno degli aspetti più rilevanti del sistema filiere è che incentiva il dialogo e la partnership tra grandi aziende e piccole e medie imprese, fertilizzando il territorio. Ci sono passi che si possono fare per alimentare questa caratteristica così feconda?

Per rispondere a questa domanda voglio partire da un dato elaborato dal Centro Studi di Confindustria sull’innovazione e, in particolare, sulle realtà che le imprese considerano rilevanti ai fini dell’innovazione: università, centri di ricerca, imprese dello stesso settore, conferenze e fiere, consulenti. L’elemento significativo emerso dallo studio è che, secondo le imprese intervistate, i fornitori rappresentano la principale fonte per l’attivazione di processi di innovazione. Questo risultato supporta la nostra idea di filiera che crea valore attraverso il coinvolgimento delle imprese in un percorso comune. Peraltro, si tratta di una elaborazione del Centro Studi su dati Eurostat che mette a confronto l’Italia con la media UE e il risultato è lo stesso anche a livello europeo. Quindi non è una caratteristica solo italiana che si potrebbe attribuire alle note difficoltà del nostro Paese nell’accompagnare la ricerca e il trasferimento tecnologico, ma è un riscontro comune che sottolinea la rilevanza dei rapporti di filiera. L’indicazione che possiamo trarre, pertanto, è che i rapporti di fornitura devono evolversi sempre più in collaborazioni e partnership tra imprese.

L’impresa italiana ha bisogno di innovazione. Viene da una realtà dove questo aspetto ha sempre avuto grande attenzione, ma complessivamente c’è molto da fare. Pensiamo all’importanza dell’IoT, della digitalizzazione. In quale modo le filiere possono contribuire ad accelerare l’innovazione nelle imprese?

Nell’accelerazione dei processi di innovazione vedo un ruolo rilevante del capo filiera, normalmente un’impresa più strutturata, che può avere un ruolo di traino e orientamento delle imprese coinvolte. Va riconosciuta la capacità da parte delle imprese più strutturate di affrontare nuovi mercati, percorsi di innovazione e le sfide tecnologiche di oggi. Per queste imprese “trainanti” diventa importante la presenza nella filiera di realtà anche piccole, ma che possono assicurare qualità, flessibilità e competenze. È un aspetto essenziale soprattutto in questa fase di transizione verso modelli produttivi che integrano nuove tecnologie per la digitalizzazione e la sostenibilità. Non è un caso che si stiano moltiplicando iniziative di “capo filiera” volte ad accelerare la trasformazione digitale e l’adozione di modelli di economia circolare delle proprie filiere. Si tratta di attività impegnative e onerose, ma guidate da una sorta di “egoismo industriale”, che nasce dalla consapevolezza di quanto siano importanti le imprese della filiera per restare competitivi e rafforzare i propri business. I grandi player industriali sono in prima linea nelle transizioni che stiamo affrontando, ma per completarle devono poter contare sulla capacità di tutte le imprese della filiera di seguire lo stesso percorso. Questo è un aspetto molto concreto e rilevante e che influenzerà la composizione stessa della filiera: non sarà più sufficiente la qualità e l’affidabilità di un fornitore nella produzione di un certo prodotto, ma servirà anche la sua capacità di contribuire al raggiungimento di questi grandi obiettivi.

Che cosa è necessario che si sviluppi all’interno del nostro sistema associativo per alimentare le potenzialità delle filiere? E cosa è essenziale che il sistema Italia metta in moto, in termini di politiche industriali e di strumenti di aiuto alle imprese?

Il sistema associativo può certamente svolgere un ruolo per promuovere le filiere. Penso, ad esempio, alla trasformazione in chiave 4.0. Il nostro sistema si è dotato di una rete di Digital Innovation Hub, che negli ultimi due anni hanno avviato progetti di filiera con importanti player industriali. Il fine di questi progetti è sensibilizzare i fornitori più rilevanti e spingerli ad intraprendere percorsi di digitalizzazione e ad utilizzare gli incentivi del Piano Transizione 4.0, che per il 2022 sono ancora piuttosto rilevanti in termini di intensità dei sostegni. Quanto alle politiche industriali necessarie, credo che programmi come il Piano Transizione 4.0 siano di assoluto rilievo perché, anche se non sono previsti strumenti specifici per le filiere, contiene tutti gli ingredienti necessari per far crescere le imprese: supporto all’attività di ricerca e innovazione, agli investimenti e alla creazione di competenze. In condizioni di normalità questi sono gli strumenti di cui le imprese hanno bisogno, ma purtroppo stiamo attraversando periodi davvero complessi con problemi enormi da affrontare, primo fra tutti il caro energia che mette a serio rischio la continuità produttiva di tante imprese. Dobbiamo quindi adottare soluzioni di breve periodo per superare questa congiuntura, ma al tempo stesso lavorare per definire una strategia di medio lungo termine che risolva i problemi in modo strutturale. fare 71

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