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4. AUTISMO:

CHE COSA MANCA?

4.1. Le norme non mancano

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A ben guardare, sulla carta non manca nulla. Dovrebbero esserci linee guida per tutte le fasi della vita delle persone con autismo (art 2 L. 134/2015) ad orientare le scelte sulla base delle migliori evidenze scientifiche.

Dovrebbero essere garantiti servizi – riabilitativi, semiresidenziali e residenziali – come previsto dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) nell’ambito dell’assistenza distrettuale (DCPM 12.1.2017). Con la L. 112/2016 dovrebbe esserci una attenzione specifica al “Dopo di Noi”, meglio sarebbe stato “durante noi”. Tutto ciò, compresi i percorsi scolastici di cui ai DM 66 e s.m.i in applicazione della L. 107/2015, dovrebbe trovare il suo filo conduttore nei progetti individualizzati ex art. 14 L. 328/2000.

Da questa molto parziale rassegna discende poi a cascata un variegato e complesso insieme di norme regionali, tra cui il quadro programmatorio definito dal recente Piano Operativo Regionale Autismo (DGR 5415 del 25.10.2021); mentre a livello nazionale, sullo sfondo, restano i prossimi interventi indicati dalla Legge delega sulla disabilità nr. 227 del 22.12.2021.

Sulla carta è tutto previsto, sulla carta c’è tutto, sulla carta… purtroppo la realtà che vivono le famiglie e le persone con autismo è un po’ diversa e presenta numerose criticità

4.2. Servizi e presa in carico tempestiva

Se nel tempo è migliorata la capacità dei servizi sanitari di diagnosticare l’autismo in maniera sempre più precisa e precoce (attualmente nella maggior parte dei casi tra i 2 e i 4 anni), permangono forti difficoltà nella successiva presa in carico abilitativa.

Numerose famiglie si trovano così ad abitare il limbo delle liste d’attesa, per mesi quando non per anni, convivendo con il senso di impotenza e la dolorosa consapevolezza del tempo perso rispetto a quella presa in carico precoce e intensiva che qualsiasi studio raccomanda.

Purtroppo anche la recente introduzione da parte di Regione Lombardia della misura B1 Autismo non ha modificato significativamente la situazione a fronte della sostanziale saturazione dei servizi che peraltro, in alcuni casi, operano in regime sperimentale soggetto a rinnovi annuali ormai dal 2011. Chi può si rivolge a servizi o specialisti privati ma con costi, spesso rilevanti, a carico delle famiglie per ciò che, secondo la normativa (LEA 2017), dovrebbe essere un diritto.

Stabilizzazione delle unità d’offerta abilitative e implementazione di una rete d’offerta diffusa sul territorio e in grado di rispondere in tempi accettabili alla domanda di presa in carico

4.3. Ripensare le misure

Un aspetto particolare riguarda il sistema delle Misure adottato da Regione Lombardia, soprattutto la B1, alimentato in buona parte dal fondo nazionale per la non autosufficienza

(FNA). Con questo strumento si finanziano interventi per persone in condizione di marcata non autosufficienza, sulla base di un progetto individualizzato e erogati da servizi con precise caratteristiche. L’assegnazione avviene in base a graduatorie definite a seguito di bandi annuali. Purtroppo, per le criticità del sistema d’offerta (disponibilità di posti, carenza di figure professionali, ecc.), anche quando assegnate non sempre queste risorse possono essere utilizzate. Inoltre, per l’autismo, coerentemente con quanto indicato dalla normativa nazionale le misure escludono i soggetti con minore compromissione (gravità 1-2 DSM 5) ma, soprattutto nei primi anni di vita, non c’è significativa differenza nel bisogno di interventi abilitativi tra i diversi profili di gravità.

Superamento del sistema delle misure per quanto riguarda, in particolare, l’area degli interventi abilitativi

4.4. Sui banchi di scuola

Al di là degli slogan sulla “scuola di tutti” e sulla “inclusione”, si incontra una realtà estremamente eterogenea: situazioni di eccellenza supportate da personale motivato che riesce a costruire percorsi significativi convivono con serie criticità.

Può arrivare ai familiari, per esempio, la richiesta di tenere a casa il figlio perché manca la copertura dell’insegnante o dell’assistente o il “consiglio” di iscriverlo altrove o la richiesta di tenere l’alunno fuori dalla classe “perché disturba” o di non mandarlo in gita. A ciò si aggiunge l’elevato turn-over del personale di sostegno. Ne ha parlato recentemente lo stes- so Ministro dell’Istruzione. Capita poi di registrare disparità e trattamenti diversi nell’ambito dello stesso istituto, altre volte le condizioni cambiano da un anno con l’altro semplicemente perché cambiano le persone. La sensazione è che, se si va oltre i dettati normativi, la realtà sia fortemente condizionata dai singoli individui più che da una cultura e da una prassi diffusa, radicata e condivisa.

Difficilmente anche l’enfasi con cui si richiama il modello ICF o la recente adozione di procedure e modulistica (PEI e certificazioni) basate su quel modello, avrà il potere di modificare questa situazione in assenza di una sensibilità e attenzione condivisa da parte del personale scolastico oltre che della disponibilità di condizioni e strumenti adeguati.

La scuola: stabilità del personale, formazione specifica, effettiva diffusione/condivisione di una cultura dell’inclusione e di buone prassi attente ai bisogni e caratteristiche dei singoli

4.5. Piccoli autistici crescono…

L’esordio dell’adolescenza e il percorso verso l’età adulta sono un altro passaggio critico caratterizzato dalle dinamiche tipiche dei processi di crescita, rese più complesse dalle specificità determinate dall’autismo.

Progressivamente aumenta il gap con i pari età sul piano delle competenze sociali e, in molti casi, delle competenze cognitive rendendo più problematici anche i percorsi scolastici e amplificando l’isolamento.

È anche la fase in cui, fortunatamente per un numero limitato di casi, si presentano o diventano particolarmente rilevanti condotte oppositive e/o auto/etero lesive. A ciò si accompagna una progressiva riduzione degli interventi abilitativi fino alla dimissione dai servizi.

Su questo tema, nelle tre ASST del bresciano, nell’ultimo anno si sono attivate equipe specifiche, con personale della Neuropsichiatria Infantile e della Psichiatria.

Al di fuori del lavoro avviato dagli specialisti, restano le difficoltà di ordine sociale per l’accesso a iniziative esterne alla famiglia nel tempo libero, nello sport e nella cultura. Sono opportunità di vita importanti per le persone e richiedono ulteriore lavoro di sensibilizzazione e formazione per azioni consapevoli e adeguate (per es. verso società sportive e loro tecnici, oratori, biblioteche, ecc..).

Aumentare l’attenzione rispetto alle problematiche dell’adolescenza e della transizione verso l’età adulta, migliorare la fruizione di opportunità esterne alla famiglia (tempo libero, sport, cultura)

4.6. L’età adulta, il lavoro, l’abitare

Per molti versi sono facce di un pianeta sconosciuto. Fino a pochi anni fa l’autismo era una condizione attribuita, studiata e trattata solo in riferimento all’infanzia. Gli adulti diventavano altro enfatizzando, a seconda delle situazioni, la componente di ritardo mentale o aspetti psichiatrici (schizofrenia, psicosi, ecc.). Anche per questa ragione, oltre che per la maggior attenzione e accuratezza delle diagnosi, i nuovi dati di ATS Brescia sul totale delle persone con autismo riportano solo il 20% di casi di maggiorenni (426) a fronte dell’80% dei casi nei minorenni (1.656). L’affermazione apparentemente banale che i bambini con autismo diventano “adulti con autismo” è una consapevolezza relativamente recente. Se si escludono i soggetti ad alto funzionamento per i quali è più facile ipotizzare percorsi di inserimento lavorativo e di vita in autonomia, per la grande maggioranza delle persone con autismo la fine della scuola e la maggiore età al momento significano il passaggio a servizi per la disabilità – CDD, CSE, RSD – non sempre preparati a intervenire rispetto alle specificità dei disturbi dello spettro.

Anche la L. 112 sul “Dopo di Noi” risulta trovare scarsa applicazione in questo ambito, al punto che Regione Lombardia, con la DGR 7429 del 30.11.2022 ha ritenuto di dover incentivare la sperimentazione di progetti pilota in applicazione della L. 112 e rivolti solo a persone con autismo.

Il lavoro e l’abitare restano a tutt’oggi sfide aperte con cui confrontarsi anche pensando al progressivo aumento di casi di persone con autismo che si affacceranno all’età adulta nei prossimi anni, così come i dati epidemiologici evidenziano, e al derivante aumento della domanda di servizi.

Sviluppare risposte sul versante abitativo e lavorativo con percorsi differenziati ad integrazione di quanto già offerto dai servizi socio-assistenziali e socio-sanitari (CSE, SFA, CDD, RSD)

4.7. Trasversalmente, guardare alla persona

La persona con autismo non è solo l’autismo. Eppure spesso abbiamo la sensazione che tutto venga sempre ricondotto a quello, salvo poi scoprire che l’origine di nervosismo o di problemi comportamentali poteva essere, per esempio, un mal di denti o disturbi gastro-intestinali.

Purtroppo molte persone con autismo non riescono a comunicare verbalmente natura ed origine di malesseri o disagi come pure possono averne una alterata percezione (es. del dolore) e questo richiede a chi li segue una particolare attenzione, capace di andare oltre l’etichetta diagnostica per valutare la condizione della persona nel suo complesso.

Formazione dei medici e pediatri sul care-management delle persone con autismo e integrazione delle equipe di settore con specialisti per la valutazione di aspetti internistici, gastroenterologici, ecc.

4.8. Un ospedale accogliente

Un ulteriore problema che spesso vivono le persone con disabilità, non solo con autismo, e le loro famiglie è rappresentato dalla gestione degli accessi alle strutture sanitarie (appuntamenti, ricoveri, necessità particolari di persone non collaboranti, ecc.).

Per questo motivo fin dal 2010, con il Piano d’azione regionale disabilità (DGR 983 del 15/12/2010), Regione Lombardia aveva previsto l’attivazione di accessi e percorsi facilitati, il cosiddetto progetto DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance) in almeno un polo ospedaliero in ogni ASL.

Tale obiettivo è stato successivamente richiamato in numerosi atti regionali tra cui la DGR 5809 del 29.12.2021 “Approvazione del piano regionale per le politiche in favore delle persone con disabilità 2021/2023” e il Piano Operativo Regionale Autismo del 2021. Nonostante ciò, tale progettualità non è stata sviluppata in nessuna delle strutture ospedaliere presenti nelle tre ASST di competenza di ATS Brescia; mentre invece esistono percorsi avviati da tempo nell’ATS della Montagna a cui afferisce la Vallecamonica.

Attivazione in una struttura ospedaliera di un sistema per la gestione delle problematiche mediche nelle persone con disabilità, che garantisca accessi facilitati secondo un modello analogo al DAMA

4.9. Il progetto individualizzato

Uno strano fantasma si aggira nelle normative… sebbene previsto fin dal 2000 quando, con la Legge 328, all’art. 14 si indicava che “Per realizzare la piena integrazione delle persone disabili di cui all’art. 3 della legge 5.2.1992, n. 104, nell’ambito della vita familiare e sociale, nonchè nei percorsi dell’istruzione scolastica o professionale e del lavoro, i comuni, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell’interessato, un progetto individuale (…)” e nonostante sia stato richiamato successivamente da numerose normative, ad oggi risulta un aspetto fortemente carente. In sua assenza, i processi decisionali che coinvolgono le persone con disabilità sono più frequentemente determinati dalle contingenze quali la fine della scuola o l’invecchiamento dei genitori, piuttosto che essere ricondotti all’interno di un approccio progettuale. Significa, come scritto nel dettato normativo, accompagnare la persona nelle varie fasi di vita, definen- do gli obiettivi sulla base della valutazione iniziale, valutando le competenze raggiunte, individuando le risorse necessarie (il budget di progetto) e i servizi da attivare, definendone tempi e modalità di verifica e in cui venga individuata la figura del case manager. Il progetto individuale inoltre dovrebbe coinvolgere la persona nelle decisioni che la riguardano e tener conto dei suoi desideri e delle sue volontà.

Promuovere l’elaborazione dei progetti individuali da parte dei Comuni, in collaborazione con i servizi sanitari, come modalità partecipata di accompagnamento e supporto della persona nel percorso di vita

Testi: Simone Antonioli, Cristina Baruzzi, Sandro Bicelli, Mariella Fenini, Francesco Galelli, Giorgio Grazioli, Mauro Loda, Laura Pesce, Christian Ramus, Simona Rapicavoli, Ilario Trivella, Paolo Zampiceni, Paolo Zaninetta. Grafica e coordinamento: Angela Iussig

Crediti fotografici: Adriano Treccani (pag.6), Roberto Coccoli (pag.18)

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