Quaderni Gesualdiani 1 2015

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Quaderni Gesualdiani I - 2015

Atti della giornata di studio “iN...Giornata Gesualdiana� (Gesualdo, 7 dicembre 2015) a cura di Antonio Caroccia e Marta Columbro


QUADERNI GESUALDIANI I-2015



Quaderni Gesualdiani I - 2015

Atti della giornata di studio ³iN... *LRUQDWD *HVXDOGLDQD´ (Gesualdo, 7 dicembre 2015)

a cura di Antonio Caroccia e Marta Columbro

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Quaderni Gesualdiani I/2015

ISBN 978-88-99697-00-6

Comitato di redazione de I Quaderni Gesualdiani Antonio Caroccia

© 2015 ilCimarosa - Avellino

Vincenzo Cogliano

Tutti i diritti riservati.

Carmelo Columbro

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere tradotta, ristampata o riprodotta, in tutto o in parte, con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, fotocopie, film, diapositive o altro senza autorizzazione degli aventi diritto.

Marta Columbro Carmine Santaniello In copertina Stemma del Principe Carlo Gesualdo da Venosa

Printed in Italy

La rivista scientifica «I Quaderni Gesualdiani» è una pubblicazione periodica senza fini di lucro. La redazione di questo numero è stata chiusa il 9 dicembre 2015.

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SOMMARIO

Presentazione di Domenico Forgione Presentazione di Vincenzo Cogliano Presentazione di Carmine Santaniello Presentazione di Carmelo Columbro

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Introduzione a cura di Antonio Caroccia e Marta Columbro

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FRANCESCO COTTICELLI 8QR VJXDUGR DOOD ³QXRYD´ VFHQD

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PAOLOGIOVANNI MAIONE Circuiti musicali a Napoli tra Cinquecento e Seicento

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ANTONIO VACCARO Carlo Gesualdo. Verso Ferrara: viaggio nei dintorni di un sogno

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IDA PARADISO Gesualdo: Cenzi, Lasciti e Codicilli

41

MARTA COLUMBRO I maestri cordari nella Napoli cinque-seicentesca

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FRANCESCO NOCERINO Del genere diatonico, cromatico ed enarmonico sugli strumenti al tempo di Carlo Gesualdo

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ANTONIO CAROCCIA Scelte editoriali al tempo di Carlo Gesualdo: le fonti a stampa della Biblioteca del Conservatorio GL ³6DQ 3LHWUR D 0DMHOOD´ e dell¶Archivio musicale dei Gerolamini di Napoli

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RENATA MAIONE La Villanella ³RSHUD EHOOD HW GLOHWWHYROH´

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PRESENTAZIONE

Benvenuti nel Castello di Gesualdo dimora del principe Carlo e della sua Corte, luogo dove genialità artistica e dramma interiore si fusero per rendere immortale i madrigali Gesualdiani. Benvenuti in questo Monumento della musica dove, se si ricalcano le pietre che furono tacite testimoni del sacro tormento, si possono udire i loro lamenti dispiegarsi dopo secoli con le fattezze di un madrigale. Quando poi si volge di qui lo sguardo verso l¶orizzonte, che toglie il fiato, l¶anima riscopre la sua intimità e così ci si lascia conquistare dall¶emozione che fu tradotta per sempre nella musica di Carlo Gesualdo.

Gesualdo, 7 dicembre 2015

Domenico Forgione Sindaco del Comune di Gesualdo

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PRESENTAZIONE

,O VLPSRVLR D WHPDWLFD ³PXVLFD DQWLFD´ GDO WLWROR ³L1*LRUQDWD JHVXDOGLDQD´ q XQ appuntamento di alto contenuto scientifico nellœambito dellœHYHQWR ³,QYLWR D FRUWH´ La giornata di studio vede la partecipazione di musicologi ed esperti di fama internazionale, che attraverso il loro prezioso contributo preannunciano lœavvio delle attività GL DOWD IRUPD]LRQH SHU L FXOWRUL GL ³PXVLFD DQWLFD´ SUHVVR OD VHGH &DVWHOOR GL *HVXDldo, allo scopo recuperato. Dunque, lœevento culturale origina dalle caratteristiche intrinseche del bene culturale Castello di Gesualdo, già dimora dellœomonimo Principe Carlo, nobile artista di fama internazionale; condizione questa condensata nel titolo GHO SURJHWWR ³,QYLWR D corte ¹ fLQHVWUD FXOWXUDOH LQWHUQD]LRQDOH GDO &DVWHOOR GHO 3ULQFLSH &DUOR *HVXDOGR´ La formulazione e la portata dellœevento, trova logica articolazione in rapporto alle attività previste per il Castello di Gesualdo, a cui è assegnata una destinazione dœuso DVVROXWDPHQWH XQLFD QHO VXR JHQHUH ³&HQWUR (XURSHR GL &XOWXUD 0XVLFDOH FRQ VSHFLaliz]D]LRQH SHU OD SROLIRQLFD´ WDOH FRQQRWD]LRQH PLUD LQ VRVWDQ]D DOOD FUHD]LRQH GL XQ ³&HQWUR GL PXVLFD DQWLFD´ QHO &DVWHOOR GL *HVXDOGR RQGH GHQRWDUH XQD FRQWLQXLWj VWorica/artistica della località , anche attraverso la valorizzazione della figura del Principe madrigalista Carlo Gesualdo da Venosa. Il valore storico della produzione musicale attribuita a Carlo Gesualdo è di rilievo internazionale, la sua vicenda umana è al pari un elemento, sÏ di stridente connubio, ma dœaltro canto restituisce uno spessore emotivo di vita vissuta senza limitazioni. Questo intreccio, questo intrigante rapporto tra elaborazione culturale, ricerca di nuove espressività musicali, peraltro vissute in luoghi distanti dalle capitali culturali dellœepoca, e rapporto emotivo vissuto appieno, allœeccesso, rappresenta, nella specifica esperienza di vita, una singolare via di sperimentazione culturale. Al rapporto tra sfera culturale, luogo di elaborazione e produzione musicale fortemente innovativa per il periodo storico di riferimento, si è fatto riferimento nella elaborazione del progetto (e dellœevento) culturale VFHJOLHQGR LO WLWROR ³,QYLWR D FRUWH ¹ fLQHVWUD FXOWXUDOH LQWHUQD]LRQDOH GDO &DVWHOOR GHO 3ULQFLSH &DUOR *HVXDOGR´ 7


Alla redazione e realizzazione del progetto complessivo hanno contribuito i soggetti firmatari del protocollo dœintesa costitutivo del partenariato istituzionale; in particolare, per la natura delle componenti di progetto, espresse in azione A) ³(YHQWL´ HG azione B) ³,QWHUYHQWL´ KDQQR FRQIHULWR ULVSHWWLYDPHQWH Srevalente collaborazione, il &RQVHUYDWRULR GL PXVLFD GL $YHOOLQR ³'RPHQLFR &LPDURVD´ HG LO 6HJUHWDULDWR 5HJLonale della Campania del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, attraverso i propri funzionari. Lœevento si svolge prevalentemente presso il Comune di Gesualdo, segnatamente agli spazi pronti allœutilizzo del Castello, che si apre al pubblico per la prima volta attraverso le manifestazioni in programma; tuttavia, il costituto partenariato istituzionale, e le collaborazioni raccolte alla tenuta delle iniziative da parte di altri soggetti, consentono lœestensione dello svolgimento dellœevento ad altre località , principalmente campane, ovvero, ai luoghi gesualdiani: Napoli, Venosa, Avellino, Taurasi, Calitri, Conza della Campania. Citazione dœobbligo e ringraziamento particolare sono riservati alle istituzioni governative ed amministrative che, di fatto, hanno permesso che il SURJHWWR ³,QYLWR D FRUWH´ SRWHVVH QDVFHUH SUHQGHVVH FRUSR H VL UHDOL]]DVVH OD 5HSXbblica Italiana, per la diVSRVL]LRQH GHO ³3LDQR GL $]LRQH H &RHVLRQH´ 3$& OD 5HJLone Campania, per lœattuazione del PAC Campania; la Provincia di Avellino, comproprietaria del Castello di Gesualdo e partener dellœiniziativa; il Comune di Gesualdo comproprietario del Castello di Gesualdo e titolare del progetto. Un personale ringraziamento va a tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione dellœHYHQWR ³,QYLWR D FRUWH´ H a tutti coloro che vi hanno partecipato: istituzioni, pubblico, artisti, relatori, collaboratori e tecnici. A tutti Voi Grazie! Grazie per aver contribuito a diffondere la cultura. Gesualdo, 7 dicembre 2015 Vincenzo Cogliano 5HVSRQVDELOH GHO SURJHWWR ³,QYLWR D FRUWH´

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PRESENTAZIONE

È con estrema soddisfazione che mi accingo a presentare il primo numero dei Quaderni Gesualdiani che vedono la stampa per le Edizioni ³Cimarosa´ del Conservatorio. Si tratta di un numero speciale che raccoglie parte dei contributi presentati in occasione della Gionata di Studio ³L1... Giornata Gesualdiana´, una delle tante significative manifestazioni svolte nell¶ambito di un impegnativo progetto denominato ³Invito a corte´, progetto coordinato dall¶Architetto Vincenzo Cogliano e promosso dal Comune di Gesualdo, dalla Regione Campania con il partenariato del Conservatorio di musica ³Domenico Cimarosa´ di Avellino. Questo nostro impegno librario sta a suggellare, per la parte storico musicale, la prosecuzione delle iniziative già avviate, considerando tutto l¶articolato progetto di grande importanza ed interesse, e, soprattutto, di grande incidenza per tutta l¶area irpina e campana. I Quaderni Gesualdiani saranno infatti, per il Conservatorio ³Cimarosa´, solo il punto di partenza di una serie di ricerche musicologiche da far proseguire sul territorio e da rendicontare con ulteriori pubblicazioni che diano il meritato contributo alla figura del principe madrigalista ed alla nostra storia musicale; altre iniziative vedranno ancora l¶impegno e la partecipazione del ³Cimarosa´ per la realizzazione di corsi di studio ed eventi musicali da realizzare nel magnifico e oramai restaurato Castello di Gesualdo. Il Conservatorio di Avellino prosegue così la sua opera, sui binari di un preciso tracciato, insistendo nell¶impegno di rendere la musica e gli studi musicali sempre più vicini al territorio, alle nuove esigenze espresse dal campo sociale, distinguendosi, per professionalità e risultati, nel campo della didattica, della produzione musicale e della ricerca. Carmine Santaniello Direttore del Conservatorio ³'RPHQLFR &LPDURVD´

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PRESENTAZIONE

La complessa figura di Carlo Gesualdo ha da sempre suscitato grande interesse nel campo storico e musicale. Di certo ad esaltarne l¶indubbio fascino hanno contribuito diversi elementi: la sua drammatica vicenda personale, la spiccata, e per l¶epoca temeraria, ricerca espressiva insita nella sua arte musicale, nonché i legami con una Storia ancor più grande, quella del suo tempo, del suo Casato, che ci segnala forti incidenze fra arte, cultura e potere. Nonostante la grande fama rimangono tuttavia ancora scarse le notizie sul Principe, specie quelle biografiche. Non bastano più gli anniversari, celebrazioni sia pure importanti, atti a scandire il passaggio del tempo ed a riaprire il percorso della memoria. Gesualdo merita un¶attenzione, possiamo dire, permanente. E dunque sembra giusto attivare una serie di iniziative in campo musicologico, storico, didattico e musicale atte a ricordarne l¶opera, la figura, la valenza internazionale, unitamente al nostro glorioso passato in campo artistico. La giornata di studi sul Principe di Venosa, svoltasi a Gesualdo il 7 dicembre, a cura del Conservatorio ³Domenico Cimarosa´ di Avellino, ed afferente al progetto denominato ³Invito a corte´, coordinato dall¶Architetto Vincenzo Cogliano e promosso dal Comune di Gesualdo e dalla Regione Campania, si rendeva oltremodo necessaria per fare il punto della situazione e per segnalare gli eventuali avanzamenti raggiunti in questo campo della ricerca storica e musicologica. Tutto questo però ha segnato solo l¶inizio di un percorso che tenderà ad essere sempre più approfondito ed articolato, ed il primo numero dei Quaderni Gesualdiani, a cura di Antonio Caroccia e Marta Columbro, vuole essere una memoria ed uno sprone per quanto si è fatto e si intende ancora fare. Gli studi, soprattutto per quel che concerne il nostro musicista, non possono certo mai dirsi esaustivi o conclusi. Il Principe servirà ancora una volta da modello; la nostra attività vedrà infatti il suo punto cardine, la sua sede fisica e storica proprio in Gesualdo e nel suo castello, solido punto di partenza di un¶operazione culturale che tende ad avere un respiro nazionale ed internazionale con attività centrate sulla figura di Carlo ma anche sull¶eredità e sulla ricaduta che la sua esperienza musicale ha donato alle future generazioni mu10


sicali. Questo volume e tutte le iniziative intraprese, in concorso con gli altri partner, valgono da felice testimonianza di come Istituzioni diverse possano ben collaborare insieme quando si perseguono obiettivi comuni ed altamente culturali. Riformeremo in tal modo ³L¶Accademia´, così come faceva il Principe, dando voce a musicologi e musicisti esperti del campo, mediate l¶attivazione di specifici corsi di perfezionamento nei vari rami della musica antica, senza però tralasciare una necessaria e doverosa apertura verso la musica contemporanea e le nuove tecnologie. Carmelo Columbro Responsabile artistico delle attività del Conservatorio nell¶ambito del progetto ³Invito a corte´

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INTRODUZIONE

Molto è stato detto e scritto su Carlo Gesualdo, ma la figura del Principe, sebbene ampiamente studiata e discussa, richiede comunque sempre una approfondita riflessione. Ăˆ un dato di fatto che Gesualdo riesca ad essere un motore portante per la musica del suo tempo; la sua posizione di spicco nel panorama politico e culturale dellÂśepoca lo fa agire anche da appassionato mecenate. Nella sua ÂłAccademia´ egli si circonda dei musici piĂš sapienti ed allÂśavanguardia del momento (Jean de Macque, Pomponio Nenna, Scipione Stella) ed è in questo contesto che si vanno a sviluppare quelle tendenze fortemente innovative che avranno una forte ricaduta oltre che nel genere del madrigale anche nellÂśambito teorico e strumentale. Altro aspetto da non trascurare ci è dato dal particolare ambiente napoletano, nel quale si forma ed agisce primariamente il Principe. Qui vi era una diffusa cultura musicale nobiliare, ed infatti, oltre a Gesualdo, ben ventisette nobili erano noti ed affermati come musici (Luigi Dentice, Flaminio Caracciolo, Giacomo Carafa, ecc.), ma certo lÂśimpegno del nostro compositore e le scelte da lui compiute lo inseriscono chiaramente nella schiera dei grandi professionisti e non giĂ in quella del pur pregevole dilettantismo cortigiano. Questo e molto altro spinge ancor oggi gli studiosi ad indagare in modo sempre piĂš approfondito su quelle tematiche portanti che possano far meglio inquadrare la figura di Carlo Gesualdo. Ăˆ in questo contesto, e con questo spirito, che diamo i natali al primo numero dei Quaderni Gesualdiani, un volume in cui vanno a confluire una parte dei preziosi contributi che hanno animato la Giornata di Studio ÂłL1... Giornata Gesualdiana´ svoltasi il 7 dicembre 2015 nelle sale del Castello del Principe di Venosa e presieduta autoreYROPHQWH GD $JRVWLQR =LLQR SURIHVVRUH HPHULWR GHOOÂś8QLYHUVLWj Âł7RU 9HUJDWD´ GL Roma e Presidente della Fondazione Istituto Italiano per la Storia della Musica, a cui vanno i nostri sentiti ringraziamenti e quelli degli organizzatori. I vari articoli sviluppano un percorso storico musicale che interagisce con la cultura del tempo per poi scandagliare gli aspetti piĂš propriamente musicali di Gesualdo e 12


della sua particolare produzione. Un¶ampia trattazione verte sugli aspetti più generali, ma altrettanto fondamentali, dell¶ultima fase della cultura rinascimentale, sui mutamenti occorsi all¶arte musicale in quei decisivi frangenti. In particolare uno sguardo approfondito viene posto sulla situazione napoletana e campana, sulle forme musicali, sui rapporti fra musica e testo poetico, sulla costruzione degli strumenti ed i sistemi d¶intonazione allora adoperati, sul positivo ruolo di promozione svolto dal Principe di Venosa anche nell¶ambito dell¶editoria. La maggior parte dei contributi, frutto del lavoro di studiosi di fama internazionale, cui va il nostro sentito ringraziamento, risultano ricchi di informazioni documentarie inedite, volte a sanare alcune delle numerose lacune che ancora permanevano in alcuni tratti biografici e musicali. Questi saggi restano, dunque, utili ad aggiungere indispensabili nuovi tasselli atti a riformulare un giudizio critico sull¶uomo e sul musico Gesualdo.

Avellino, 9 dicembre 2015 Antonio Caroccia Marta Columbro

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Francesco Cotticelli UNO SGUARDO ALLA ³NUOVA´ SCENA Risalgono al XVI secolo molte delle idee che ancora oggi condizionano fortemente il nostro modo di vivere e intendere lo spettacolo: la ritualità occasionale che lentamente si fa consuetudine, prima di trasformarsi in stagione dai ritmi cadenzati; la separazione netta fra il pubblico e gli artisti, cui si riconoscono attitudini e saperi specialistici; la frontalità di una visione che si affida ad effetti illusionistici, come a volere estendere alle «fugaci parvenze» la stessa consistenza del reale (e finendo spesso col sottolineare la distanza); la scena come piacere privato e/o collettivo, alla ricerca di una collocazione sociale ed estetica nel mondo. Rispetto a una pratica millenaria precedente, si tratta per molti versi di un¶autentica rivoluzione, che affonda le sue radici in uno degli equivoci più inquietanti e suggestivi della storia: riprodurre l¶antico, recuperare un modello classico alla coscienza contemporanea, restituendo al teatro una funzione e una crucialità che gli erano stati troppo a lungo negati. Il risultato si nutre a lungo di quest¶illusione, ed è invece l¶autentica rifondazione di un fenomeno comunicativo e il suo infrangersi in molteplici stili e occorrenze. Vien da pensare al monito aureo di Albin Lesky a proposito della Poetica aristotelica, ovvero che una storia delle sue interpretazioni «e degli influssi che ne sono derivati dovrebbe rappresentare una parte importante della vita culturale dell¶Occidente ed essere in pari tempo la storia di errori grandiosi».1 La moderna civiltà dello spettacolo è un errore, ma nel senso migliore del termine, uno smarrirsi prendendo altre strade, raggiungendo altre mete. Con uno sguardo ravvicinato alle questioni scenografiche, il concetto risulta ripreso e variato da Anne Surgers, quando scrive che «la filiazione del teatro romano dal teatro greco è diretta nella forma. La mediazione tra il teatro romano e il teatro all¶italiana è diretta nello spirito, ma modificata nella forma».2 V¶è un bisogno di continuità, di tradizione, ma questa istanza genera conflitto, e novità. 1

ALBIN LESKY, Storia della letteratura greca (Geschichte der griechischen Literatur, Berna, A. Francke Verlag A. G., 1957-58), Milano, il Saggiatore, 19842, p. 712. 2 ANNE SURGERS, Scenografie del teatro occidentale, Roma, Bulzoni, 2002, p. 52. 15


UNO SGUARDO ALLA ³NUOVA´ SCENA

Come per il metodo filologico, sono spesso gli errori grandiosi i momenti piÚ illuminanti, tanto per lœintelligenza dei modelli greco-latini di riferimento, quanto per la funzione nevralgica che assumono diversi fenomeni della realtà cinque-seicentesca. Il tentativo di ripristinare una consuetudine classica si riverbera sulle riscoperte testuali (Plauto e Terenzio in primis), con unœincessante rielaborazione di tipi e strutture saggiamente contaminata con lœimpianto novellistico di marca romanza, nel solco di una standardizzazione desunta da confronti letterari; impronta di sÊ le ricerche su spazio e scenografia, identificando contenitori che piegano esigenze di realismo a prototipi ¾idealiœ ispirati a una tripartizione di genere anchœessa debitrice allœantico (si pensi alla testimonianza di Serlio nel cuore del Cinquecento) e allœesegesi di Vitruvio; orienta nettamente la pur tarda realizzazione di edifici teatrali autonomi (lœOlimpico di Vicenza, il teatro di Sabbioneta nellœultimo quarto di secolo), dove la riproposta di un impianto greco-latino si fa carico di uno spirito di propaganda e di magnificazione di un potere nobiliare a futura memoria. Lo spettacolo moderno ¹ nelle sue forme che piÚ hanno inciso nellœimmaginario e hanno lasciato duratura traccia di sÊ ¹ è il tradimento di unœesperienza dœarte nata e rivolta a unœintera collettività e aperta a un pubblico potenzialmente illimitato di fruitori. Mette profondamente in discussione i termini di un pregiudizio plurisecolare FRQWUR LO SDOFRVFHQLFR H L VXRL HVSRQHQWL LQ XQD ³JXHUUD´ WHQDFH FKH VDUj FRPEDWWXWD con alterne vicende su tutto il territorio europeo, ma segna una svolta elitaria, nutrita dellœautocelebrazione di un solo segmento della società , che trasforma ogni rappresentazione in unœoccasione di autorappresentazione imprescindibile per cogliere il senso di un fenomeno che oggi risulta difficile a decifrarsi, proprio perchÊ ogni singolo episodio ha senso nello specifico contesto in cui matura e per il circuito comunicativo che attiva, ma declina modi e istanze di una civiltà dai caratteri unitari. Ad essere affascinante è quel che di volta in volta sfugge a una ¾serialità œ, ma lœiterazione di moduli, le strategie narrative, le tecniche della composizione che si ripropongono rimangono elementi sostanziali dellœinsieme. Va da sÊ che ciascun elemento instaura un dialogo di altissima fattura intellettuale con le arti tutte dellœepoca: il mondo 16


FRANCESCO COTTICELLI

dellœepica trapassa in quello della tragedia; esiste un comune retroterra prossemicaiconografico che si viene indagando con sempre maggiore attenzione; la poesia per musica del Cinque-Seicento è a tutti gli effetti lœulteriore manifestazione di un clima manieristico che assorbe e trasforma il dettato petrarchesco in un ricercatissimo universo di autori/fruitori, verso quella locuzione artificiosa o parola nel labirinto3 entro cui si riassume lœintensa produzione lirica dellœepoca. Non sœintende il valore di questo milieu se non nella pluralità delle voci, nellœaccostamento spazio-temporale dei ritorni, delle modulazioni, che evidenziano come la corresponsione di tópoi e accenti e le infinite declinazioni siano fattori sostanziali dellœispirazione e degli orizzonti culturali coevi; in questa prospettiva, qualsiasi discorso sulla qualità esula da considerazioni di frivolezza o esasperante monotonia, trascende il principio della mimesi per seguire il processo di rarefazione del pensiero in linguaggio, profondissimo e ricco di vibrazioni estetiche e ideologiche. NÊ vale lœidea dellœintarsio poetico-musicale come trasfigurazione verso unœoriginalità assoluta, laddove il sistema si fonda sul confronto, sulla contrapposizione, sugli echi palesi o nascosti che artista e pubblico alimentano e riconoscono in un gioco incrociato di riferimenti e oltranze. In fondo, questo à mbito protetto resta garanzia di sopravvivenza e prosperità . Si è giustamente rilevato che finchÊ risulta confinato in un ambito privato, elitario, gratuito e, a partire dalla metà del XVI secolo, normalizzato, quanto al testo verbale, in ottemperanza alla Poetica aristotelica tradotta e interpretata dai critici classicisti, lo spettacolo teatrale gode in Italia di libera circolazione fino allœultimo ventennio del Cinquecento. Ciò che solleva le repriPHQGH WHRORJLFKH H PRUDOL GHOOD &KLHVD H Gj RULJLQH DQFKH LQ ,WDOLD D XQD ³JXHUUD´ FRntroriformistica nei confronti del teatro, a iniziare dai molteplici editti e omelie (15691583) del vescovo di Milano, Carlo Borromeo, è il professionismo attoriale, che immette lœevento spettacolare nella pratica cittadina, scatenando nel pubblico illusori fantasmi incantatori. Lœistituzione delle compagnie dellœArte, attestata dal 1545, e allœinterno di esse la presenza delle donne, documentata dal 1564 ¹ diabolica attrazione una volta sulla scena, secondo i controversisti cattolici ¹ , sono i fattori cardinali delle polemiche non soltanto da parte dei religiosi, ma anche dei teorici della letteratura: i lazzi, mimici e verbali, infatti, e la congerie irrazionale degli intrecci, irriducibili alla verosimiglianza, che caratterizzano le rappresentazioni dei comici di mestiere, suscitano la dura riprovazione di letterati illustri quali lœautore del Pastor fido, Battista Guarini (Il Verrato, 3

Cfr. GIULIO FERRONI-AMEDEO QUONDAM, La ³ORFX]LRQH DUWLILFLRVD´. Teoria ed esperienza della lirica a Napoli nellœetà del Manierismo, Roma, Bulzoni, 1973 e AMEDEO QUONDAM, La parola nel labirinto. Società e scrittura del Manierismo a Napoli, Roma-Bari, Laterza, 1975. 17


UNO SGUARDO ALLA ³NUOVA´ SCENA

1588), e Angelo Ingegneri (Della poesia rappresentativa, 1598). Il testo scritto, opera di DXWRUL FKH VHJXRQR OH ³UHJROH´ GHL VLQJROL JHQHUL imparato dai comici, controllabile preventivamente da una censura governativa, costituisce la garanzia contro lœesuberanza degli attori professionali e la loro drammaturgia, sempre meno qualificata a partire dai primi decenni del Seicento, al punto da suscitare lo sdegno di un comico colto quale fu ad esempio, Pier Maria Cecchini (Avisi a chi recita, 1628).4

Il quadro storico-ideologico si complica perchÊ, in effetti, lo spettacolo teatrale di PDUFD DULVWRFUDWLFD ³SULYDWR´ ³HOLWDULR´ ³JUDWXLWR´ RFFDVLRQDOH H PDUFDWR GDO Yagheggiamento dellœantico, irrompe e agisce contestualmente ad unœattività pubblica, mercenaria, continuativa che ne rappresenta lœineludibile controcanto. Il teatro professionistico, lœaltra grande novità della stagione rinascimentale e barocca, è stato anzi letto come una soluzione di compromesso tra lœutopia del teatro di corte e lœattività sregolata degli intrattenitori, rifunzionalizzando il talento dei singoli alle logiche di una compagnia, di progetti comunicativi di piÚ ampio respiro e ad un impiego di queste risorse fuori degli schemi e delle ricorrenze del contesto cortigiano. Nella sua fase aurorale la sfida degli attori di mestiere condivide in realtà molti dei presupposti su FXL VL IRQGD OD ³UHLQYHQ]LRQH´ GHOOD VFHQD PRGHUQD OD FDSDFLWj GL SURFHGHUH D XQD Wipizzazione di trame, di dramatis personae; lœarticolazione di linguaggi sottratti alla pratica quotidiana e codificati in una koinÊ a uso della scena (dallœaulico toscano degli innamorati al bolognese, napoletano, veneto, calabrese di tante maschere); nei suoi esiti piÚ consapevoli, la padronanza di generi e forme della letteratura e dellœarte, nonchÊ di tecniche della retorica che assimilano lœactio alla recitazione (secondo una linea che da Leone Deœ Sommi alle prime generazioni di comici porta a Barbieri e a Perrucci). Le investigazioni piÚ agguerrite e radicali tardano ancora ad avere ragioni di stereotipi cristallizzati al pari della formula Commedia dellœArte, rivedendo confini e caratteri distintivi di una esperienza culturale che si tende ad appiattire sulla pura

gestualitĂ ,

sulla

buffoneria,

sul

lazzo,

sul

predominio

assoluto

dellÂśimprovvisazione, sul repertorio limitato e la presenza invasiva di un numero incontrollato di maschere, e invece si avvale di competenze miste, di spiccata versatilitĂ 4

LAURA SANNIA NOWÉ-FRANCESCO COTTICELLI-ROBERTO PUGGIONI, Introduzione alla scena italiana, in La scena contestata. Antologia da un campo di battaglia transnazionale, a cura di Romana Zacchi, Napoli, Liguori, 2006, p. 4. 18


FRANCESCO COTTICELLI

e adattabilitĂ a latitudini diverse (dalla Spagna alla Francia, allÂśImpero, alla Russia, e Âą ovviamente Âą alla policroma situazione italiana), di fiuto commerciale e attitudini organizzative non comuni.5 Si tratta di unÂśofferta diffusa che modifica irreversibilmente gli spazi dello spettacolo nel panorama delle attivitĂ umane e la percezione del suo rilievo, ed è solo un errore di prospettiva minimizzarne la portata, considerata lÂśesaltazione della componente attoriale-esecutiva nel processo comunicativo e la conseguente labilitĂ delle testimonianze superstiti. Siamo al cospetto dello sfruttamento delle stesse dinamiche ÂľserialiÂś in un clima di mercato, di circolazione realizzata attraverso unÂśintraprendenza dal basso e uno slancio mecenatesco, di radicamento geografico e di migrazione, che ha successo perchĂŠ riesce sempre a muoversi tra estremi, lÂśassenza o la sterminata presenza di un testo, il desiderio di stanzialitĂ e il nomadismo obbligato, lÂśimmagine della virtĂš e la seduzione di stili di vita ai confini dellÂśillecito, lÂśoralitĂ trionfante e la necessitĂ di lasciar segni delle ÂŤmobili parvenzeÂť.6 Ed è per questa via complementare che diventano familiari nellÂśOccidente conFHWWL FRPH SDUWL H UXROL OD]]L ÂłVRJJHWWL´ DVSHWWL RSHUDWLYL HG HVLVWHQ]LDOL FRPH YHQGita, famiglia dÂśArte, tournĂŠe (il viaggio come dimensione fondante del professionismo).7 Ăˆ lÂśaltro volto di una svolta elitaria, di una separazione: chi fa teatro, musica, chi vive di teatro, musica è altro rispetto al pubblico osservatore, in una dinamica a lungo fluttuante, se è vero che dilettantismo e professionismo vivono di osmosi assai delicate, e Âą misurate sul contesto moderno Âą risultano categorie lontanissime 5

Si veda almeno SIRO FERRONE, La Commedia dellœArte. Attrici e attori italiani in Europa (XVIXVIII secolo), Torino, Einaudi, 2014. E si legga anche quanto Ferrone scrive a proposito di processi teatrali cinquecenteschi: Il teatro umanistico dellœÊlite, dellœavanguardia culturale, era un teatro di rappresentazione cioè simbolico, allusivo, un teatro che rinviava ad altro e conteneva lœallusione a un progetto culturale superiore, a una dignità morale da raggiungere. Il teatro che nasce dopo è un teatro che attraverso la modernità del funzionamento della compagnia svolge una funzione mediatrice, manifesta la sua inclinazione allœoccultamento dei contrasti. Lœimmedesimazione e la rappresentazione cessano di essere i modi di due società opposte e si conciliano nel nome della professionalità . La recitazione non coincide nÊ con la quotidianità nÊ con la trasformazione utopica, non è eversiva nÊ conservativa. Ma solamente un mestiere, una prestazione retribuita (SIRO FERRONE, Attori: professionisti e dilettanti, in SIRO FERRONE-LUDOVICO ZORZI-GIULIANO INNAMORATI, Il teatro del Cinquecento. I luoghi, i testi e gli attori, Perugia, Morlacchi, 208, pp. 104-105. 6 La felice espressione è di MARIO APOLLONIO, Storia della Commedia dellœArte, Roma-Milano, Augustea, 1930, p. 233. 7 Cfr. SIRO FERRONE, Attori mercanti corsari. La Commedia dellœArte in Europa tra Cinque e Seicento, Torino, Einaudi, 20102. 19


UNO SGUARDO ALLA ³NUOVA´ SCENA

dallÂśaccezione contemporanea. La scena del Principe e la commedia degli istrioni non sono realtĂ irrelate: a parte il fatto che lϫLQGXVWULD´ VL GHILQLVFH SURSULR LQ FRQWUDVWR alla frequente occasionalitĂ delle messinscene a corte, esse condividono un serbatoio di trame e tĂłpoi, un retroterra di gusti e fonti e talora anche un orizzonte dÂśattesa in destinatari in grado di contemplare la variazione, lo scarto su un patrimonio di esperienze condiviso. Ăˆ che il rilancio del jeu resta una forma di compiacimento e di autopromozione, mentre al di fuori dei palazzi si spinge fino al punto da proporsi come ragion dÂśessere, contributo alla vita civile nei modi dellÂśintrattenimento, della riflessione, esibendo un tecnicismo e una specializzazione largamente ricercati in ogni contesto. Una scelta problematica, ma Âą nel corso dei secoli Âą vincente. LÂśetĂ di Gesualdo coincide con lÂśavvio, lo scoppio di questa rivoluzione. E la vicenda del Principe-musico è un tassello straordinario di un mosaico assai complesso su cui non smettiamo di interrogarci. Basterebbe por mente allÂśinquietante storia privata che ha alimentato nei secoli il mito e ha avvolto di una luce di mistero una personalitĂ dallo spiccato talento artistico, in unÂśepoca in cui le traversie del vissuto e il piacere dellÂśeccesso si riverberano Âą a volte non senza atteggiamenti scaltriti Âą sullÂśimmagine di sĂŠ (si pensi agli Andreini, ai Martinelli, a Biancolelli, a Scaramouche, alla De Caro). O anche al tratto della musica come ossessione che emerge da alcune testimonianze, e lo ricollega ai pionieri dellœ³LPSUHVD EHOOLVVLPD H SHULFRORVD´ per dirla con Perrucci, sempre assorti in unÂśRSHUD GL ULFRQRVFLPHQWR GHO SURSULR ÂłPeVWLHUH´ GL XQD ULFHUFD GL FRQVHQVL FKH WUDVFHQGH OD SURSria figura e investe i destini di un intero microcosmo di sodali. O ancora a quellÂśisolamento aristocratico non scevro di contatti mirati, altro segno di quellÂśutopia cortigiana che prova a tradursi in exemplum mentre appare, forse, tributo a unÂśidea giĂ desueta della scena, come sarĂ per certe realizzazioni architettoniche di primo Seicento. O ai suoi testi, immersi nella grave sensibilitĂ religiosa di stampo controriformistico e in quella temperie manieristica cosĂŹ fascinosa e controversa, eppure non lontanissimi dagli artifici retorici di tanti soliloqui o dialoghi della scena professionistica, nel pieno rispetto della parola come actio assoluta, secondo i dettami di una retorica rilanciata dalla Ratio gesuitica. 20


FRANCESCO COTTICELLI

Come sempre, è la dialettica fra un mondo unico, irripetibile (e ancora oggi oggetto di ammirazione per le sue consonanze con le inquietudini dell¶oggi) e le tensioni di realtà apparentemente remote che possono sprigionare sensi nuovi. E nuove idee.

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Paologiovanni Maione CIRCUITI MUSICALI A NAPOLI TRA CINQUECENTO E SEICENTO Il calendario liturgico nella città di Napoli è costellato da sontuosi intrattenimenti sacri effettuati presso le molteplici dimore del Signore governate dai disparati ordini religiosi. Il logorante quanto edificante percorso devozionale partenopeo allestito dalle tante case è cadenzato da celebrazioni memorabili, si tratta di delizie paradisiache destinate ad accompagnare i pii pellegrini nel corso dell¶anno.1 I sensi tutti sono rapiti in un¶³HVWDVL´ Sresaga di giornate uniche all¶ombra di volte che già proiettano in un incanto di beatitudine eterna in raffigurazioni che rassicurano sul perpetuo soggiorno, circonfusi da delizie ancor più allettanti al cospetto di bellezze che provocano trasalimento e vertigine. Le sfolgoranti navate, avvolte da olezzanti nubi di preziosi incensi e risuonanti di armonie prodotte dai maggiori musici di voce e strumento, sono la cornice sublime per adorazioni e contemplazioni che rapiscono e illanguidiscono l¶animo già festoso QHO SUHJXVWDUH OR ³VSHWWDFROR´ FHOHVWH DOOHVWLWR VXL SDOFKL GHOOH VWHOOH 7UD GRWWH H SODuditissime predicazioni, tutte calibrate su una tecnica oratoria non lontana da quella di scene assai meno morigerate, e un¶accorta catechesi, volta a scuotere e intimorire i IHGHOL LQ XQ SURVHOLWLVPR WXWWR JLRFDWR D VXRQ GL ³SURPHVVH´ WUD JO¶ordini sparsi sul territorio, nonché raffinate macchine, erte a ostentare una magnificenza liturgica immarcescibile, e funzioni tese a magnificare l¶eroismo dei guerrieri di Cristo, intercessori potenti e benevoli, si compone un¶offerta esuberante di appuntamenti con la fede.2 I deschi del Signore sono talvolta resi ancor più visibili dai resoconti sopravvissuti che narrano di quelle occasioni in cui a nutrirsi del cibo celeste sono gli esponenti del potere terreno che annodano colla loro presenza patti autorevoli che sollevano i popoli da affanni e timori in quell¶DVVHQVR SRUWHQWRVR LO FDPPLQR GHL ³SDGUL´ GHO UHJQR 1

Sul calendario liturgico partenopeo si rinvia al Cerimoniale del viceregno spagnolo e austriaco di Napoli: 1650-1717, a cura di Attilio Antonelli, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino Editore, 2012. 2 Sulle istituzioni religiose a Napoli si rinvia almeno a CARLA RUSSO, Chiesa e comunità nella diocesi di Napoli tra Cinque e Settecento, Napoli, Guida, 1984. 23


CIRCUITI MUSICALI A NAPOLI TRA CINQUECENTO E SEICENTO

sul territorio è cadenzato da soste strategiche in quei palazzi riconosciuti dal popolo fervente come scrigni custodi di icone prodigiose o abitati da autorevoli servi di Dio che mediano con efficacia tra la terra e il cielo. Le tappe degli abitanti del Palazzo, seguiti dal corteggio sonoro, sono limitate e circoscritte a quei centri legati a una pratica devozionale cittadina quanto mai consolidata, le sortite vicereali e poi reali nei OXRJKL GL FXOWR RVFLOODQR GL QXPHUR GL DQQR LQ DQQR H VHJXRQR ÂłSLDQL´ WDWWLFL GL YDULD natura.3 Alle strade maestre della fede partenopea battute dai detentori delle sorti della paWULD VL DOOLQHDQR YLH PHQR OXPLQHVFHQWL PD QRQ SHU TXHVWR PHQR LQFLVLYH VXOOH ÂłJXLGH VDFUH´ GHL FLWWDGLQL ULFKLDPDWL GD VRQRUL VHJQDOL SURFHVVLRQDOL FKH DSURQR L VHQWLHUL FKH conducono a quelle fabbriche immaginifiche rese ancor piĂš radiose, secondo le possibilitĂ economiche, in occasione di date ricordevoli. Ăˆ qui che avanza uno stuolo di santi protettori reclamanti attenzione e considerazione,4 san Gennaro proprio al nascere del diciassettesimo secolo è oggetto di premurose attenzioni da parte della cittĂ che avvia con solennitĂ i lavori per la sua nuova dimora, lÂśoccasione viene corroborata dal giusto apparato sonoro come si apprende dai puntuali riscontri custoditi nel ricco archivio della deputazione preposta al buon governo della cappella.5 In data 7 giugno 1608 si legge che tra le ÂŤSpese fatte per Cesare Siniscalco de ordine delli Signori Deputati della nova Capella del Glorioso San Gennaro nella festa della prima Pietra posta nella fabrica di detta Cappella sotto li Setti de Giugno 1608. Sabato, et otto detto 'RPHQLFD >ÂŤ@ÂŞ VL VRQR DUUXRODWL Š%DUWRORPHR DQ]DORQH HW FRPSDJQL PXVLFL GHO &Drtello di Cornetti, et altri Instrumenti, et Ă cesare de florio, et compagni trombettieriÂť

3 Si veda, tra lœaltro, DOMENICO ANTONIO DœALESSANDRO, Per una biografia di Don Pietro Paolo Stella C.R., alias Scipione Stella, in Scipione Stella. Inni a cinque voci. Napoli 1610, a cura di Flavio Colussi e Domenico Antonio DœAlessandro, Lucca, LIM, 2007. 4 Sui patroni della città di Napoli si veda MARINO NIOLA, Il corpo mirabile. Miracolo, sangue, estasi nella Napoli barocca, Roma, Meltemi, 1997. 5 Sul ruolo del luogo si rinvia a San Gennaro tra Fede Arte e Mito, Napoli, EdR, 1997 dove, oltre ai densi contributi, è possibile consultare unœesauriente bibliografia alle pp. 202-207.

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PAOLOGIOVANNI MAIONE

per il «sonare che haverando da fare dimani otto del presente».6 Lo stuolo di fiati è pagato quattordici ducati. 2JQL ³JXHUULHUR´ DXUHRODWR KD SHFXOLDULWj UDVVLFXUDQWL SHU LO EXRQ ³JRYHUQR´ dell¶urbe e dispensa le proprie competenze con premurosa amorevolezza agli oranti fedeli; sanano corpo e spirito, governano meteorologie e stagioni, assicurano raccolti e sanità, intervengono sulla natura ribelle e placano l¶ira divina, accolgono benigni regnanti e potenti. Manifestazioni tangibili del loro essere vengono da prodigi inimmaginabili, su tutti quello ematico del martire Gennaro che è responso chiaro per il popolo sottomesso;7 PD GL ³PLUDFROL´ OD FLWWj QH DQQRYHUDYD XQ QXPHUR FRQVLGHUHYole, come considerevole erano ± e sono ± le reliquie, custodite gelosamente nelle chiese, dalle infallibili virtù.8 Una fitta mappa di luoghi si delinea seguendo le disparate tracce lasciate dalla frenetica attività dei pii luoghi; un camminamento serrato e cadenzato da grandi e piccole realtà si compone offrendo uno spaccato musicale vivace e alacre. Le maggiori personalità artistiche invadono gli spazi del culto offrendo un prodotto eccellente allineato alle più recenti acquisizioni del linguaggio musicale. I maestri di cappella, interpellati di volta in volta, non lesinano la loro presenza contando sul collaudato rapporto con i propri discepoli che assicurano manufatti di tutto rispetto; vere e proprie botteghe armoniche sorgono intorno agli illustri artefici che assicurano lavoro e apprendistato ai giovani discepoli. Le navate risuonano di «sceltissime voci, e istrumenti» per glorificare e magnificare, con musiche «nuovissime» scaturite dalle fluenti penne dei celebrati artigiani, le venerabili date di un annuario festivo circoscritto anche alle esigenze delle singole insule. 6 Il documento è riportato in MARTA COLUMBRO-PAOLOGIOVANNI MAIONE, La cappella musicale del Tesoro di San Gennaro di Napoli tra Sei e Settecento, Napoli, Turchini Edizioni, 2008, p. 187. Sull¶istituzione musicale gennariana si vedano anche SALVATORE DI GIACOMO, Maestri di Cappella, Musici ed Istromenti al Tesoro di San Gennaro, Napoli, a spese dell¶autore, 1920 e MARTA COLUMBRO-PAOLOGIOVANNI MAIONE, Gli splendori armonici del Tesoro. Appunti sull¶attività musicale della Cappella tra Sei e Settecento, Napoli, Deputazione della Real Cappella del Tesoro di San Gennaro, 2002. 7 Il rapporto tra il santo e la comunità è lucidamente analizzato da LUIGI MARIA LOMBARDI SATRIANI, De sanguine, Roma, Meltemi, 2000. 8 A tal proposito si veda NIOLA, Il corpo mirabile, cit.

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CIRCUITI MUSICALI A NAPOLI TRA CINQUECENTO E SEICENTO

Le basiliche sono il teatro liturgico da cui si dipanano percorsi processionali che investono i fitti meandri della capitale; ad esempio agli inizi del Seicento i figlioli dei conservatori cittadini iniziano ad assistere alle numerose processioni organizzate sul territorio e non mancano i gruppi di fiati, composti da generiche trombette e ciaramelle, destinati a dar suono ai percorsi festivi cittadini. Molteplici sono le notizie sullœattività musicale sacra cittadina, unœattività caldeggiata e incentivata da un milieu aristocratico che impone il proprio gusto e le preferenze artistiche allœinterno di questi teatri divini; le scelte dei complessi vocali e strumentali seguono un sotterraneo iter promosso da una classe direttiva che esprime in tal modo le proprie scelte culturali, il patronato ¹ splendido e munifico ¹ delle case afferenti al gotha locale impone allœinterno degli spazi ecclesiastici un gruppo di ³SURWHWWL´ FKH VL DYYDQWDJJLDQR VRFLDOPHQWH H SURIHVVLRQDOPHQWH GHOOœalto tutorato.9 Le cappelle nobiliari, che cadenzano disciplinatamente le navate, ostentano una grandiosità visiva che è riflesso di una contesa senza eguali, le case devote dellœaristocrazia gareggiano tra di loro in scelte artistiche ardite e raffinate, si rivolgono alle migliori maestranze affinchÊ il lustro del proprio blasone risplenda anche al cospetto del giudice supremo cosÏ come a quello del giudizio dei mortali. *OL DOWDUL OLPLWURIL DO ³PDJJLRUH´ VRQR VSLD HORTXHQWH GHOOœimperituro o perituro prestigio del casato attraverso quegli aggiornamenti estetici resi necessari dal passare del tempo e delle mode seppure il tutto avvenga sempre in ossequio allœalto portato spirituale rappresentato da quelle estreme dimore delle loro spoglie mortali. Ad esempio nel 1616 i governatori della Misericordia pagano a Camillo Lambardi maestro di musica per la musica fatta nella Celebrazione della messa et esequie per lœanima de Felippo Adorno10 loro consociato del Monte dei Morti. 9

Per tutto ciò si rinvia a DOMENICO ANTONIO DœALESSANDRO, Mecenati e mecenatismo nella vita musicale napoletana del Seicento e condizione sociale del musicista, in Storia della musica e dello spettacolo a Napoli. Il Seicento, a cura di Francesco Cotticelli e Paologiovanni Maione, di prossima pubblicazione. Si veda anche KEITH A. LARSON, Condizione sociale dei musicisti e dei loro committenti, nella Napoli del Cinque e Seicento, in Musica e cultura a Napoli dal XV al XIX secolo, a cura di Lorenzo Bianconi e Renato Bossa, Firenze, Leo Olschki, 1983, pp. 61-77. 10 Archivio Storico del Banco di Napoli, Banco della Pietà , giornale copiapolizze di cassa, matricola 69, partita estinta 16/V/1616. 26


PAOLOGIOVANNI MAIONE

La opulenta committenza partenopea va letta anche in questi percorsi sacri dove è possibile rilevare tendenze artistiche e protezioni nonchÊ disegnare una mappa, in una prospettiva piÚ ampia, che raggruppi quelle alleanze intellettuali che si manifestano anche nellœabbracciare le stesse istanze artistiche. Il visitatore dei templi registrava le cLIUH DOWLVRQDQWL GHL ³SULYDWL´ UHFLQWL H SHUFHSLYD L PHVVDJJL HVSOLFLWL H RFFXOWL RIIHUWL dallœapparato senza tralasciare i patti stretti con lœordine ospitante.11 Sono luoghi che nel corso dellœanno sœilluminano per solennizzare le date di una sacralità domestica non priva, talvolta, di avi saliti agli altari o in attesa di assidere tra gli esclusivi ranghi. La voce in bilancio per simili diletti prevede cifre dissimili e in linea con il ruolo economico della casa centrale, tra le occorrenze non manca mai lœapporto sonoro, anche questo governato da quegli ingranaggi allœinsegna di protezioni e gusti. La Chiesa del GesÚ Nuovo di Napoli, ad esempio, è una fabbrica assai vivace con OH VXH QDYDWH ³DIIROODWH´ GL DOWDUL PXQLILFDPHQWH DEEHOOLWL GD XQD QRELOWj DWWenta ¹ anche da queste presenze può trapelare il ruolo di un edificio religioso ¹ FKH VXOOH ³FeQHUL´ GHO WUDPRQWDWR SUHVWLJLR GL 5REHUWR 6DQVHYHULQR SULQFLSH GL 6DOHUQR ¹ resosi odioso per la sua ribellione al re Ferdinando I dœAragona ¹ decide di acquisire ¹ capeggiata da Isabella della Rovere principessa di Bisignano fautrice poi di sovvenzioni per lœaltare maggiore e non restituita allœimmediata memoria del pellegrino per la distruzione del suo articolato monumento funebre ¹ il sontuoso palazzo, confiscatogli, per farne dono alla Compagnia di GesÚ.12 Lœaustero bugnato un tempo custode delle domestiche quotidianità principesche è chiamato a vigilare su un contenuto di tuttœDOWUD QDWXUD H SRUWDWR OD PHWDIRULFD ³LmSORVLRQH´ GHOOH SURIDQH VDOH Gj YLWD D XQD vaghissima architettura religiosa ben presto annoverata tra le favorite del popolo napoletano. Tra le diverse cappelle gentilizie 11

Utili informazioni si desumono da Dimore signorili a Napoli. Palazzo Zevallos Stigliano e il mecenatismo aristocratico dal XVI al XX secolo, a cura di Antonio Denunzio-Leonardo Di MauroGiovanni Muto-Sebastian SchĂźtze-Andrea Zezza, Napoli, ArteÂśm, 2013. 12 Sulla Chiesa del GesĂš Nuovo di Napoli si vedano GENNARO ASPRENO GALANTE, Guida sacra della cittĂ di Napoli, Napoli, Stamperia del Fibreno, 1872; ANGELA SCHIATTARELLA, GesĂš nuovo, Castellammare di Stabia, Edizioni Eidos, [1997]; CARLO DE FREDE, Il principe di Salerno Roberto Sanseverino e il suo palazzo in Napoli a Punte di Diamante, Napoli, A. De Frede, 2000. 27


CIRCUITI MUSICALI A NAPOLI TRA CINQUECENTO E SEICENTO

Carlo Gesualdo principe di Venosa fece erigere il ÂŤCappellone di S. IgnazioÂť a cui destina un ingente somma: nel diciannovesimo paragrafo del suo testamento fa chiaramente riferimento alla somma di 30.000 ducati destinati alla costruzione della cappella nella Chiesa professa partenopea indicando che i tempi di realizzazione non debbano superare i cinque anni. Carlo lascia, inoltre, indicazioni per la celebrazione di 500 messe per la salvezza della propria anima da officiare presso lÂśaltare di famiglia nella cappella di S. Gregorio a Roma. Altre 500 messe, per accedere al Paradiso, devono essere celebrate in altre chiese a scelta della moglie. Dalle offerte provenienti dalle casse del principato si devono anche sovvenzionare 1000 messe da tenersi in S. Marciano di Fuente a Roma. La volontĂ del Principe si manifesta anche nei lasciti deVWLQDWL DOOH ÂłIDEEULFKH´ VDFUH DQFRUD DSHUWH FRPe la chiesa domenicana del SS. Rosario attigua al convento dei Domenicani di Gesualdo, la cui prima pietra fu posta nel 1578, a cui assicura 10.000 ducati mentre per il completamento dellÂśaltare maggiore del convento di S. Maria delle Grazie dei cappuccini a Gesualdo sono stanziati 50 ducati annui in cambio di una messa giornaliera celebrata da parte dei monaci, sempre per la salvezza della sua anima.13 AllÂśinterno di uno stesso edificio religioso coabitano dunque tante realtĂ che sono lo specchio fedele di un sistema cittadino, non cϏ giorno che lÂśattenzione dei fedeli non sia sollecitata da una solenne celebrazione accompagnata da quello sfarzo consono alla condizione dellÂśistituto. Non tutte le sedi possono permettersi, ad esempio, un organico musicale stabile e pertanto cϏ un mercato pronto a soddisfare le molteplici esigenze occasionali adeJXDQGRVL DQFKH DL GLYHUVL ÂłJHQHUL´ PXVLFDOL SURPRVVL GDL YDUL RUGLQL ĂŠ XQ EDFLQR GL artigiani estremamente scaltri pronti a soddisfare qualsiasi esigenza e sempre propensi a trovare mentori che facilitano ingaggi e aprono prospettive di lavoro allettante. 13

Per tutte queste notizie cfr. IDA PARADISO, Religione e religiosità nel principe e nel musico Gesualdo, tesi magistrale in Discipline Storiche, Critiche e Analitiche della Musica, Conservatorio di PXVLFD ³'RPHQLFR &LPDURVD´ GL $YHOOLQR $ $ -2013, relatore Professore Paologiovanni Maione. Su Gesualdo cfr. GLENN WATKINS, The Gesualdo hex: music, myth and memory, New York-London, W.W. Norton, 2010 e ANNIBALE COGLIANO, Carlo Gesualdo da Venosa per una biografia, Irsina (MT), Giuseppe Barile Editore, 2015. 28


PAOLOGIOVANNI MAIONE

L¶organizzazione musicale degli edifici sacri segue dinamiche diverse e differenziate, dettate, soprattutto, dal prestigio economico e di culto dei singoli luoghi; la presenza di compagini strumentali e vocali, del solo maestro di cappella, di ensemble occasionali, di convenzioni con i conservatori, di compositori nominalmente fissi ma i cui servigi e retribuzioni sono episodici, di cori e/o strumenti formati dagli stessi religiosi, rivelano il ruolo detenuto dalle singole istituzioni all¶interno del tessuto sociale. I principali centri istituzionali tra Cinque e Seicento per la produzione musicale sono la Cappella Reale, la Chiesa dell¶Annunziata e l¶Oratorio dei Filippini,14 costituitosi verso la fine del sedicesimo secolo. La Cappella Reale, che aveva attraversato un periodo di decadenza alla fine del regno aragonese, riprende la propria attività nel 1555; sono maestri di cappella Diego Ortiz (1555-1570), Francisco Martinez de Loscos (1570-1583), Bartolomeo Le Roy (1583-1598) e Jean de Macque, dal 1599 sino alla sua morte avvenuta nel 1614.15 Nella Chiesa dell¶Annunziata, a cui era collegato l¶ospizio dei trovatelli, opera Giovan Domenico da Nola, prima come organista e dal 1563 al 1588 quale maestro di cappella e Camillo Lambardi (1595-1634). Inoltre, sono legati a questa istituzione Scipione Stella (organista nel periodo 1583-1593) e Jean de Macque (quale secondo organista dal 1590 al 1594).16 Nella prima metà del diciassettesimo secolo la Cappella Reale, alla morte di de Macque, è retta da Trabaci che rappresenta l¶ottimo livello qualitativo della tradizio14

Sui filippini si rinvia a L¶oratorio dei filippini e la scuola musicale di Napoli, a cura di Guido Pannain, Milano, Edizioni Ricordi, 1934 e GIANCARLO ROSTIROLLA, Aspetti di vita musicale religiosa nella Chiesa e negli Oratori dei Padri Filippini e Gesuiti a cavaliere tra Cinque e Seicento, in La musica a Napoli durante il Seicento, a cura di Domenico Antonio D¶Alessandro e Agostino Ziino, Roma, Torre D¶Orfeo, 1987, pp. 211-274. 15 Cfr. DOMENICO ANTONIO D¶ALESSANDRO, Giovanni de Macque e i musici della Real Cappella napoletana. Nuovi documenti, precisazioni biografiche e una fonte musicale ritrovata, in La musica del Principe. Studi e prospettive per Carlo Gesualdo, a cura di Luisa Curinga, Lucca, LIM, 2008, pp. 21-156, a cui si rinvia per la ricca bibliografia citata. 16 Cfr. MARTA COLUMBRO, Le fonti musicali nella Conservatoria del patrimonio storico, artistico ed archivistico dell¶ex Reale Casa Santa dell¶Annunziata di Napoli, in Fonti d¶archivio per la storia della musica e dello spettacolo a Napoli tra XVI e XVIII secolo, a cura di Paologiovanni Maione, Napoli, Editoriale Scientifica, 2001, pp. 41-78 e EAD., Formazione e produzione musicale a Napoli fra µ500 e µ600: la Santa Casa dell¶Annunziata, in Enrico Radesca di Foggia e il suo tempo, a cura di Francesca Seller, Lucca, LIM, 2001, pp. 157-189. 29


CIRCUITI MUSICALI A NAPOLI TRA CINQUECENTO E SEICENTO

ne organistica napoletana; sotto la sua guida l¶organico della Cappella Reale, ospitata a Palazzo Vecchio, viene ingrandito, giungendo a contenere nel 1614 venticinque cantori e dodici strumentisti. Giovanni Maria Trabaci, il primo italiano alla guida della cappella musicale di Palazzo, «avrà per tutta la sua vita privata e professionale ampio riconoscimento pubblico del suo importante titolo di maestro della Cappella Reale».17 Il ceto aristocratico in questo clima stimola con il suo mecenatismo lo sviluppo della vita musicale napoletana; in particolare, Ferrante Sanseverino, principe di Salerno, promuove nel suo palazzo una serie di rappresentazioni teatrali, in cui ha un certo rilievo la musica: nel 1545 si mette in scena la commedia Gl¶ingannati con musica di Zoppino. L¶anno successivo si ha notizia della rappresentazione della commedia Philenia, autore il nobile napoletano Antonio Mariconda, con la musica di Vincenzo da Venafro, coadiuvato da Luigi Dentice. Nel marzo 1558 Maria del Vasto fa rappresentare l¶Alessandro di Enea Silvio Piccolomini in onore della viceregina nel suo palazzo: tra gli artisti intervenuti si ricordano Scipione delle Palle e Gian Leonardo dell¶Arpa.18 Del resto, la crescente importanza della nobiltà nella vita musicale del sedicesimo secolo è rilevata anche dagli scritti teorici di Scipione Cerreto (Della prattica musica del 1601) e di Pietro Cerone (El Melopeo y el Maestro del 1613). Il numeroso gruppo di aristocratici, che è parte attiva nello sviluppo della musica, come si è detto, ha un punto di riferimento in Carlo Gesualdo il cui padre Fabrizio già era stato un celebre appassionato di musica e Jean de Macque gli aveva dedicato il suo secondo libro di madrigali nel 1589. A Gesualdo sono legati, come è noto, molti eccellenti compositori, strumentisti e cantanti; si ricordano Scipione Stella, Pomponio Nenna, Rocco Rodio, Muzio Effrem, Stefano Felis, Scipione Dentice, Gian Leonardo Primavera. Oltre a questi vi sono una moltitudine di musicisti contemporanei di quali, ad esempio, Domenico Montella, Camillo e Francesco Lambardi, Giovanni Vincenzo 17

D¶ALESSANDRO, Giovanni de Macque cit., p. 120. Cfr. BENEDETTO CROCE, I Teatri di Napoli. Secolo XV-XVIII, Napoli, Pierro, 1891 (l¶opera era già apparsa a puntate nell¶«Archivio Storico per le Province Napoletane», 1889-1890, ed è stata più volte ristampata, con modifiche e aggiunte, presso Bari, Laterza; della quarta edizione ± 1947 ± si è tirata una ristampa, a cura di Giuseppe Galasso, presso Milano, Adelphi, 1992).

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Macedonio di Mutio, Muzio Effrem, Giovan Leonardo Primavera, che prediligono, come il circolo di compositori intorno al principe di Venosa, il madrigale, tenendo come riferimento poetico, soprattutto alla fine del secolo, Torquato Tasso. 19 Notevole impulso a questa forma viene dalla stampa musicale, che si interessa al genere dalla fine del 500 sino agli anni venti del secolo successivo. Il mercato musicale era particolarmente cospicuo e le case dei maggiorenti gareggiavano nellÂśapprovvigionarsi materiale nuovo come testimonia una polizza bancale in cui si apprende di un pagamento di dieci ducati fatto ÂŤa fran.co lambardoÂť dal ÂŤConte della Saponara in Conto di Certi madrigaliÂť20 nel 1617. Tra i due secoli lÂśattivitĂ spettacolare si intensificava sempre piĂš e i divertimenti promossi dallÂśaristocrazia erano YDULHJDWLVVLPL WUD L WDQWL VSLFFDQR JOL ÂłVSDVVL GL 3RVLOOLSR´ FRnsumati a mare in vaghissimi corteggi di imbarcazioni o nelle amene residenze a ridosso della collina, lÂśDQQR VXFFHVVLYR DOOD GLSDUWLWD GHO ÂłSULQFLSH GHL PXVLFL´ LO SURFXUDWore Delfino di RubDVWR SDJD RWWR GXFDWL D Š)UDQFHVFR /DPEDUGL >ÂŤ@ LQ QRPH GHO 'XFD di Cerenza per una musica fatta in Posilipo con i suoi CompagniÂť.21 Ăˆ questa unÂśimmagine destinata ad accompagnare lÂśidentitĂ della cittĂ nei decenni successivi quando lo scenografico golfo sarĂ palcoscenico di inebrianti e fascinose serenate marittime allÂśinsegna di un potere che fa propaganda di sĂŠ attraverso le maliose arti tanto ben rappresentate dalla cittĂ votata alla sirena Partenope.

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Si vedano PIERO MISURACA, Carlo Gesualdo, principe di Venosa, Palermo, LÂśepos, 2000 e Carlo Gesualdo, principe di Venosa, a cura di Ennio Speranza, Roma, Ismez, 2005. 20 Archivio Storico del Banco di Napoli, Banco della PietĂ , giornale copiapolizze di cassa, matricola 76, partita estinta 18/II/1617. 21 Archivio Storico del Banco di Napoli, Banco della PietĂ , giornale copiapolizze di cassa, matricola 53, partita estinta 18/VII/1614. 31



Antonio Vaccaro CARLO GESUALDO. VERSO FERRARA: VIAGGIO NEI DINTORNI DI UN SOGNO Gesualdo e Venosa, due città che non sono semplicemente due punti nella topografia dei luoghi gesualdiani. Due città ugualmente care ai Gesualdo, e in egual misura presenti e vive nella considerazione della famiglia, nonostante Venosa fosse un feudo di recente possesso rispetto ai feudi storici dell¶Irpinia: l¶acquisto del feudo risale al 1543, al tempo di Luigi IV Gesualdo, nonno di Carlo; mentre l¶avanzamento a Principato avviene nel 1561, appena cinque anni prima della nascita del Principe Madrigalista. Gesualdo e Venosa: se si rilegge la vicenda esistenziale del Principe; ma soprattutto se si ripercorre la sequenza degli eventi che narrano la storia della famiglia dei Gesualdo, sembra che la mano del destino abbia assegnato all¶una e all¶altra città ruoli non comuni, ruoli definitivi: ruoli, si direbbe emblematici: per cui se in una delle due città tutto ha inizio, nell¶altra tutto precipita e si estingue. La storia dei Gesualdo ha il suo epico leggendario inizio nella città irpina al tempo della dominazione longobarda. Ma è a Venosa che la storia di questa famiglia precipita come in un buco nero con un incredibile finale da tragedia scespiriana. Carlo Gesualdo ha vissuto un¶unica immensa tragedia, rispetto alla quale le pur tormentate vicissitudini della sua vita sembrano come sbiadire. L¶immensa tragedia di cui parlo è il pensiero della estinzione della casata e del nome dei Gesualdo. L¶incubo terrificante lo ha visitato per la prima volta nel 1600 quando gli è morto, all¶età di tre anni, Alfonsino, il suo secondogenito, nato dal matrimonio con Eleonora d¶Este, donna di raffinata cultura musicale e di rara sensibilità. Seconde nozze, come sappiamo, per Carlo Gesualdo, celebrate a Ferrara nel 1594. L¶incubo ± dicevo ± della estinzione della casata. Che si riaffaccia nel 1613, per esigere l¶ultimo indifferibile tributo dalla famiglia Gesualdo: il 20 agosto di quell¶anno muore a Venosa, per una caduta da cavallo, Emanuele Gesualdo, il ventiseienne primogenito del Principe, nato dal matrimonio con Maria d¶Avalos, 33


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lœassassinata. Muore il bellissimo e colto Emanuele, lœinquieto e turbolento ultimo rappresentante della dinastia; il giovane fastidioso, come su di lui si era espresso il vescovo venosino dellœepoca. Muore senza aver potuto assicurare un erede alla sua casa giacchÊ un figlio maschio gli è morto di pochi mesi. Lascia, morendo, una figlia di due anni e la moglie Polissena Fustenberg gravida di otto mesi. Un parto, dunque, deciderà le sorti della famiglia Gesualdo. Lœotto novembre del 1613, a Venosa, si registra lœatto di nascita di unœaltra bambina. E con esso, il tramonto della dinastia gesualdiana. Lœotto novembre. Esattamente due mesi prima: lœotto settembre era spirato nel Castello di Gesualdo il Principe dei Musici. Allœetà di quarantasette anni: essendo nato nel 1566, in piena temperie di Controriforma. Il Concilio di Trento ¹ sappiamo ¹ si è chiuso, dopo un complesso e travagliato percorso di diciotto anni, nel 1563. Lœanno successivo, il 1564 ¹ e non è dettaglio puramente cronologico ¹ è lœanno di nascita di William Shakespeare (1564-1616), coetaneo, si può dire, di Carlo Gesualdo, al quale sopravvivrà di tre anni appena. Ed è anche lœanno di nascita di Galileo Galilei (1564-1642). Shakespeare e Galileo: nostri ³padri moderni´ per riprendere il titolo di un interessante articolo comparso nel 2014 sul Sole 24Ore (a firma di Massimo Bucciantini). Due geni complementari, senza i quali ³saremmo tutti molto piÚ poveri e certamente diversi da quello che siamo diventati´; ³due grandi protagonisti della nostra modernità ´; moderni per il loro modo di guardare lœuomo e il mondo; moderni per aver dischiuso le nostre menti alla consapevolezza che niente è come appare: ³Galileo, applicando questo principio al mondo delle cose; Shakespeare alla natura contorta e inafferrabile dellœuomo´. Sulla base di questa riflessione ci sarebbe da chiedersi se il modo in cui Galileo e Shakespeare si sono posti di fronte al loro oggetto di indagine, non sia lo stesso con cui Carlo Gesualdo ha sperimentato e interpretato lœuniverso dei suoni, con ciò segnando la differenza che piÚ di ogni altra lo separa dai suoi contemporanei. Se cosÏ è si dovrebbe allora parlare di triade della modernità : Galileo, Shakespeare e Gesualdo.

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Recita una massima ebraica che ÂŤognuno è chiamato con tre nomi: uno è quello che ti viene dalla famiglia; lÂśaltro quello con cui la gente ti chiama; il terzo è quello che ci si conquista. Il migliore Âą conclude la massima Âą è quello che ci si conquistaÂť. Nella Chronologia Mathematicorum, alla voce Gesualdo si legge: ÂŤnobilissimus Carolus Gesualdus, Princeps Venusinus, nostrae tempestatis, Musicorum, ac Melopeorum princepsÂť.1 Dunque, il primo nome è quello che al Nostro viene dalla famiglia. Ăˆ LO ÂłJUDQ FRJQRPH´ OD FXL PHPRULD 7RUTXDWR 7DVVR DYHYD SHUSHWXDWR QHOOH RWWDYH GHO canto ventesimo della Gerusalemme Conquistata: ÂŤQui lÂśinsegna dal ciel e Âľl gran cognome | avran da genti sparse, ancise e domeÂť.2 IO ÂłJUDQ FRJQRPH´ FRQ LO TXDOH Soche famiglie potevano competere nel Regno di Napoli e nel resto della Penisola tra VHFROR ;9, H LQL]L GHO ;9,, LO ÂłJUDQ FRJQRPH´ FKH SHUVLQR XQ VRYUDQR )LOLSSR II di Spagna, è tenuto a onorare quando invia al Principe Madrigalista una lettera per felicitarsi con lui del matrimonio, ovvero del ÂŤcasamiento con Dona Leonor de EsteÂť. I Gesualdo, mecenati e uomini di raffinata e versatile cultura; famiglia di antica e solida nobiltĂ , uscita pressochĂŠ indenne dalla grave crisi che ha investito i grandi feudatari del Mezzogiorno nella seconda metĂ del Cinquecento; indebitati, i feudatari, al punto che ÂŤnon li restava da vivere quando avevano pagato gli interessiÂť, umiliati alla fuga dal Regno ÂŤper disperatoÂť; costretti ad alienare una parte del loro patrimonio. Niente di tutto questo che tocchi i cento e piĂš feudi irpini dei Gesualdo: famiglia per nulla incline, riferendomi alle tre ultime generazioni Âą per nulla incline, dicevo, allÂśuso delle armi e alla violenza in un secolo, il 1600, che violento è stato per vocazione Âą le pagine dei Promessi Sposi ne sono esplicita e drammatica testimonianza. Se cϏ un tratto caratteriale nel quale possono riconoscersi le ultime tre generazioni dei Gesualdo Âą Luigi IV, il nonno di Carlo; Âą Fabrizio II, il padre; lo stesso Carlo; un tratto che, per di piĂš, li identifica e li distingue nella molliccia e oziosa nobiltĂ napo1

GIUSEPPE BIANCANI, Aristotelis loca mathematica ex vniuersis ipsius operibus collecta, & explicata. Aristotelicae videlicet expositionis complementum hactenus desideratum. Accessere de natura mathematicarum scientiarum tractatio; atque clarorum mathematicorum chronologia, Bononiae, apud Bartholomaeum Cochium, sumptibus Hieronymi Tamburini, 1615 [ed. anast.: Firenze, Il giardino di Archimede, 2003]. 2 TORQUATO TASSO, Gerusalemme Conquistata, c. XX, st. 133. 35


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letana del tempo, è la cura con cui essi, i Gesualdo, amministrano i loro beni: di Luigi IV sappiamo che «come un buon padre di famiglia attende ad ammassar denaro»; e per quanto riguarda Fabrizio, è noto che intrattiene relazioni di affari con banchieri napoletani ed esteri. Mentre nessuno sospetterebbe nell¶ipercritico genio musicale l¶LQGROH YHQDOH WUDVPHVVDJOL GDO QRQQR /XLJL ©LO 3ULQFLSH GL 9HQRVD « QRQ GHVLGHUD QRYLWj HW DWWHQGH D IDU GDQDUL «ª VL OHJJH QHO UDSSRUWR FKH VX GL OXL UHGLJH XQ DJHQte del Granduca di Toscana, giunto nel Castello di Gesualdo a fargli visita intorno all¶anno 1600. Tornando alla massima ebraica dei tre nomi: il secondo nome ± essa recita ± è quello FRQ FXL OD JHQWH WL FKLDPD ³3ULQFLSH GL 9HQRVD´ SHU &DUOR *HVXDOGR È noto con quali mezzi la casata abbia acquisito il feudo lucano nel 1543 e come ne sia stata poi investita nel 1561 del titolo di Principe: una semplice operazione economica, l¶acquisizione; un puro e semplice investimento. Frutto del nepotismo disinvolto e spregiudicato da parte di un papa, Pio IV, l¶avanzamento del feudo a Principato. Nulla di epico o di glorioso; nulla che neppure lontanamente richiami gli scenari drammatici e le cupe atmosfere entro cui pochi decenni prima, nel 1513, Niccolò Machiavelli ha tracciato nel Principe i percorsi e fissato i mezzi per giungere alla conquista di un Principato: mezzi tra i quali è previsto anche il delitto: il titolo del capitolo ottavo del Principe recita: «La conquista del Principato per mezzo del delitto». E dunque: dei tre nomi enunciati dalla massima ebraica è l¶ultimo «Principe dei musici e dei compositori»: «Musicorum, ac Melopeorum princeps», quello che Carlo Gesualdo si è conquistato con la sua arte. E dunque, per lui, il nome migliore. Chi è il Principe? (WLPRORJLFDPHQWH ³3ULQFLSH´ ± dal latino primus e càpere ± è «colui che prende, colui che conquista il primo posto» Per Carlo Gesualdo, il terzo nome è quello che dichiara e suggella già nel giudizio dei contemporanei la preminenza rispetto ad altri compositori. È il titolo che gli attribuisce il primo posto nell¶aristocrazia del sentire e che gli ispira l¶orgoglio

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dell¶intellettuale che si è reso artefice della propria fortuna. L¶artista dal tratto originalissimo, fuori dell¶ordinario, aristocratico. Il creatore di una musica che, in conformità ai canoni di una poetica programmaticamente elitaria, vuole parlare esclusivamente a un pubblico selezionato, a una cerchia di eccellenze, a un élite di cultori dell¶estremamente bello e ricercato: l¶unico uditorio che il Principe rivendica ed esige. Poco più di mille e seicento anni prima, un altro Venosino, che in quanto ad autostima non è secondo a nessuno, neppure all¶ipercritico Gesualdo, e che anzi lo supera fino a sfiorare il delirio di onnipotenza: ebbene, questo Venosino ha lanciato il manifesto della sua poetica altrettanto elitaria epigrafandolo nei versi della Satira decima del Libro Primo delle Satire: «Non affannarti in cerca di consensi tra la massa. Accontentati di pochi selezionati lettori». E non si può non riflettere; non ci si può non emozionare al pensiero che Orazio Venosino, il figlio dell¶ex schiavo, e il più nobile tra i nobili, il Principe Carlo Gesualdo di Venosa, si incontrino al crocevia dell¶arte, accomunati nell¶aristocrazia del sentire. Si racconta che i Mori, dopo essere sbarcati sulle coste spagnole nel lontano secolo ottavo ± nel 711, a essere precisi ± bruciano le navi con le quali hanno compiuto la traversata dall¶Africa settentrionale fino alla penisola iberica. Vero o inventato che sia quel gesto estremo di bruciare le navi ovvero distruggere l¶unico mezzo che ti assicuri il ritorno in patria; quel gesto lo si legge come metafora della rottura irrimediabile con il passato, del desiderio di riscrivere altrove la tua esistenza. È lo stato d¶animo con cui un giovane provinciale, ventottenne, varca i confini dei suoi feudi e del Regno di Napoli, per incontrare l¶altra Italia, per portarsi a Ferrara, capitale del Ducato, che da essa prende nome. A Ferrara, dove per lui sono state combinate le nozze con Eleonora d¶Este, cugina del duca Alfonso II d¶Este: trentatré anni, «graziosissima fanciulla e inclinata alle virtù», secondo attendibili testimonianze; ma soprattutto intenditrice e cultrice di musica, educata al culto del bello e del sapere nel mondo dorato della corte estense. L¶anno è il 1594.

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Cosa spinge questo giovane inesperto, ma animato da una smodata ambizione, a YROHU ³EUXFLDUH OD VXD QDYH´ H FRQ HVVD LO FDULFR GL SDXUD GL LQTXLHWXGLQH GL DPDUH]]D soprattutto, e di disgusto, per lui non piÚ sostenibili? Il viaggio a Ferrara ¹ ovvero lœincontro con la corte estense ¹ è lœevento-cardine della vicenda biografica di Carlo Gesualdo: lo spartiacque biografico dopo il quale niente potrà piÚ essere come prima. Singolare vicenda quella nella quale ci inoltriamo: singolare, per essere la piÚ documentata, ovvero quella che come nessunœaltra offre varietà e ricchezza di testimonianze: al biografo che può seguirne ogni segmento; allo storico, interessato alle vicende politiche del ducato di Ferrara nel complicato intreccio dei rapporti con lo Stato della Chiesa; al musicologo, che penetra ed esplora il UDIILQDWR XQLYHUVR PXVLFDOH GHOOD FRUWH HVWHQVH FRQ L VXRL ³FRQFHUWL GHOOH GDPH´ LO suo prestigioso editore musicale Vittorio Baldini, i rinomati fabbricanti di strumenti musicali come Ippolito Cricca e Nicola Valentino; o, infine, allo studioso di letteratura che indaga il fenomeno del mecenatismo e dunque dei rapporti tra intellettuali e potere, Torquato Tasso è la figura di intellettuale che in questa vicenda emerge in tutto la sua grandezza e tragicità . Eppure, per quante carte noi possiamo stendere sul nostro scrittoio, rischiamo di coglierne solo una sbiadita eco se la nostra attenzione non si sposta e si concentra sullo scavo delle dinamiche piÚ profonde che ispirano i protagonisti e li muovono allœazione. Se, in altri termini, non pensiamo a questa vicenda come a una vicenda tutta umana. Tutto umano è il desiderio di Carlo Gesualdo di gettarsi alle spalle i disastri seguiti al tragico epilogo di una unione dalla quale non è nato niente di nuovo nÊ di buono e dopo la quale il mondo intorno a lui è cambiato dœun colpo e si è fatto sorprendentemente malvagio con lui. Tutto umano il desiderio del giovane musicista di ottenere che la corte estensH ³LO WHPSLR PXVLFDOH LQ FXL VL FHOHEUD LO ULWR GHO ULFRQRVFLPHQWR H GHOOD FRQVDFUD]LRQH´ OR DGRWWL OR DFFROJD FRPH Oœabitante del villaggio che smette la condizione dello straniero. Questa lœambizione, tutta umana, e neppure velata o taciu-

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ta, del giovane Carlo che nella lista degli oggetti destinati a seguirlo a Ferrara lascia spiccare la presenza di due «mute di libri» pronte per essere pubblicate. Umano è, ancora, il desiderio dei Gesualdo, in particolare del cardinale Alfonso, zio del Principe, di accasarlo subito perché le immense sostanze della famiglia «non vengano ad uscir dalla casa». Fin troppo umano il travaglio del duca di Ferrara Alfonso II d¶Este che tutto ha investito sulla persona del Principe di Venosa, caldeggiando e ottenendo le nozze tra questi e sua cugina Eleonora d¶Este. L¶infelice duca Alfonso è ossessionato dal problema della successione al ducato di Ferrara: questo dipende come feudo dallo Stato della Chiesa e secondo un accordo stipulato anni prima dovrà essere riannesso al dominio della Chiesa qualora il duca di Ferrara non lasci eredi diretti. All¶epoca dei fatti Alfonso II d¶Este ha sessant¶anni e non lascia eredi, nonostante le tre mogli dalle quali ha atteso invano una gravidanza risolutrice. Legando con un matrimonio la propria famiglia ai Gesualdo, che possono contare su appoggi e protezioni presso la Santa Sede, il duca Alfonso spera in una correzione se non in un annullamento del trattato, di modo che gli sia consentito di trasferire il feudo e il titolo al cugino Cesare, fratello di Eleonora. Umanissima e patetica, infine, l¶attesa di un altro personaggio, estraneo alle due casate, che a quelle nozze guarda come momento risolutivo delle sue pene: è Torquato Tasso che rincorre, per il tramite di Carlo Gesualdo, l¶amico mecenate, il sogno di riconciliazione e ritorno presso gli Estensi. Basterebbe questo soltanto a farci pensare a una storia come scritta da un autore deciso a prendersi tragico gioco dei protagonisti di una avventura sognata ricca di promesse e che invece si rivelerà alla fine una sorta di catabasi ovvero di discesa nel pozzo della disillusione: una partita a scacchi che la malasorte giocherà su più tavoli travolgendo uno dopo l¶altro i suoi avversari, gli eroi del nostro viaggio, argonauti senza gloria gettati dalla vita verso la vana ricerca dell¶inesistente vello d¶oro.

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Ida Paradiso GESUALDO: CENZI, LASCITI E CODICILLI Questo lavoro prende spunto dalla visione del contenuto delle buste degli ordini religiosi soppressi, in particolare di quello dei Domenicani di Gesualdo, conservate nella Biblioteca di Montevergine. La legge del 13 febbraio 1807 prevede la cancellazione, nel Regno di Napoli, degli ordini religiosi delle regole di San Bernardo e di San Benedetto con le diverse affiliazioni (Bernardoni, Camaldolesi, Cassiniani, Celestini, Certosini, Cistercensi e Verginiani). Tutto il materiale cartaceo degli archivi degli ordini soppressi in Provincia di Principato Ultra è consegnato dall¶amministratore del patrimonio regolare della diocesi di Avellino a Padre Raffaele de Benedictis il 12 agosto 1830. La Biblioteca di Montevergine è una delle 11 Biblioteche Statali annesse ai Monumenti Nazionali ed è situata in un¶ala del Palazzo Abbaziale di Loreto di Mercogliano. Nell¶archivio di questa Biblioteca sono contenuti trenta manoscritti, ventinove incunaboli, 1350 cinquecentine, 200.000 volumi a stampa, cica 7.000 pergamene (la più antica datata 974), 50 buste non catalogate del Fondo Musicale e 100.000 documenti sciolti che attestano la storia della Congregazione religiosa e della Santa Sede. Esiste un inventario solo per la documentazione archivistica, contenuta in circa dieci faldoni, il resto del fondo librario, di circa 1200 testi di argomenti musicali e non, utili a ricostruire la storia dell¶Italia meridionale dell¶inizio del Medioevo, è conservato in una sala della Biblioteca in attesa di catalogazione. Le undici Buste contengono 35 fascicoli e la disamina dei registri, l¶interpretazione e la trascrizione dei documenti costituiscono l¶origine di questo lavoro. L¶attenzione si è concentrata sul rapporto tra i Padri Domenicani di Gesualdo e la famiglia dei Principi del casato in un arco temporale di due secoli (XVI e XVII). Sono stati esaminati i fascicoli 183 e 185 della busta 47 e il fascicolo 191 della busta 49, riguardanti Cenzi, Lasciti e Codicilli testamentari della famiglia di Carlo Gesualdo. Interessante, ma non trascritto, il IDVFLFROR FKH FRQWLHQH LO /LEUR GHOOH 6SHVH HIIHWWXDWH SHU OD ³IDEULFD´ GHOOD &KLesa. Per comprendere il rapporto della famiglia dei principi di Venosa, in particolare 41


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Carlo, con la possibile espiazione dei peccati e la conseguente purificazione dell¶anima (attraverso la celebrazione di Messe e lasciti per la costruzione di luoghi religiosi) è necessario analizzare il riferimento storico-sociale-culturale e religioso in cui è cresciuto e si è formato il Principe di Venosa. È fondamentale fare un riferimento alle opere che hanno visto il compositore assorbito completamente dalla religione e dalla spiritualità come conseguenza della sua formazione e delle vicissitudini personali. Per la religione è fondamentale la formazione del giovane Carlo con le regole morali, sociali, culturali che il suo rango gli impongono, con le parentele ecclesiastiche di un certo rilievo; la religiosità, alla luce degli avvenimenti personali, si palesa attraverso le composizioni a partire dal 1603.Tra la fine del µ500 e gli inizi del µ600 Napoli è sicuramente la città italiana più popolosa e dopo Parigi la più popolata d¶Europa. Per oltre due secoli si alterneranno regnanti asburgici e aragonesi. Le famiglie più potenti del regno si trasferiscono a Napoli attratte dal desiderio di partecipare agli eventi culturali, formali e sociali che la raffinata e seducente vita cittadina impone al rango. In città non mancano cultura e amore per l¶arte (già nel 1224 Federico II istituisce l¶unica Università del Mezzogiorno) e sorgono accademie, circoli e salotti che realizzano un dibattito continuo. L¶immigrazione dalle provincie, così come l¶influenza della corona castigliana-aragonese, determina l¶evoluzione del costume napoletano che unita agli elementi tipici della tradizione produce la cosiddetta napoletanità.1 Collante della nuova identità napoletana è la religione. La società napoletana si divide in due grandi ambiti, quello ecclesiastico e quello laico (suddiviso in tre settori: la plebe, il popolo, la nobiltà); a margine gli spagnoli (per le differenze linguistiche e di abitudini) e le donne (considerate esseri inferiori). Nelle attività musicali partenopee emergono due figure: il sonatore e il musico. Molta musica si esegue nelle accademie non ufficiali come quella sorta in casa Gesualdo.2 In Italia dal 1551 al 1650 l¶editoria veneziana è quella dominante; il suo declino comincia dopo il 1620. 1 GIUSEPPE GALASSO, Breve premessa alla storia civile e sociale di Napoli, in Musica e cultura a Napoli dal XV al XIX secolo, a cura di Lorenzo Bianconi e Renato Bossa, Firenze, Olschki, 1983 (Quaderni della Rivista Italiana di Musicologia, 9), pp. 13-27. 2 KEITH A. LARSON, Condizione sociale dei musicisti e dei loro committenti, nella Napoli del Cinque e Seicento, in Musica e cultura cit., pp. 61-77.

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Tra il 16° e il 17° secolo non solo muta il dato produttivo dellœeditoria musicale, bensÏ anche la natura: va distinta la produzione sacra da quella profana. Tra il 1600 e il 1620 lœinfluenza di quanto emerso nel Concilio di Trento, a seguito della Riforma Protestante, sulla musica e sullœeditoria musicale è ben evidente. A Venezia la stampa della musica sacra non eguaglia quella della profana. I due piÚ grandi editori musicali del tempo sono Gardano (prima in società con Amadino) e Vincenti. I Gardano raggiungono lœapice nel 1590 e si dedicano alla stampa musicale (quasi esclusivamente profana), mentre i Vincenti conciliano editoria musicale con produzione libraria generica. A Roma, che non eguaglia Venezia per numero di edizioni a stampa, la maggior parte della produzione è sacra, cosÏ come a Milano, considerata la seconda capitale della Controriforma. Napoli, invece, si discosta dalle citate città e nel primo trentennio del 17° secolo produce maggiormente musica profana (in particolare madrigali e villanelle). Prima del 1591 i libri dei compositori napoletani sono stampati in altre città e solo pochissimi, eccezionalmente, a Napoli. La censura ha un ruolo decisivo sulla vita culturale partenopea e proviene da due autorità , spesso in contrasto tra loro: la curia arcivescovile e il governo vicereale.3 I tipografi, gli editori, i librai sono condizionati da editti, proclami, sospensioni e licenze dei due organismi. Tutti gli editori dellœepoca incorrono in sanzioni; emerge la figura di Giovan Giacomo Carlino, tipografo di professione. Due sono gli ambiti della musica sacra napoletana del 17° secolo: quello povero e quello aristocratico. La produzione legata strettamente al culto popolare e alle pratiche devozionali è piÚ copiosa rispetto a quella della musica dœarte limitata a un entourage ristretto. Per tutto il ¾600 a Napoli lœentusiasmo ispirato alla devozione è forte e il culto mariano diviene il simbolo di una ricerca di soccorso e di protezione quasi ossessiva. La musica sacra di provenienza artistica aristocratica è legata a Carlo Gesualdo.4 Il rapporto con il sacro fa parte della vita del Principe cosÏ come delle famiglie nobili o di altri gruppi sociali. Carlo è il solo (forse perchÊ tutela3 ANGELO POMPILIO, Editoria Musicale a Napoli in Italia nel Cinque-Seicento, in Musica e cultura cit., pp. 79-95. 4 Lo sviluppo artistico del madrigale alimenta la produzione tipografica e Carlo Gesualdo è il fulcro GHOOD PXVLFD PDGULJDOLVWLFD QDSROHWDQD H SURPRWRUH GœLQWHQVD DWWLYLWj PXVLFDOH QHOOD SURSULD GLPRUD nei propri feudi e al di fuori del Regno

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to dallÂśalto rango nobiliare di appartenenza e dalla fama raggiunta) ad applicare in campo sacro le tecniche compositive impiegate nei madrigali. LÂśInquisizione, subita o agita, è ben presente nelle vicende della famiglia del Principe. Papa Pio V (15661572), fra Michele Ghisleri, domenicano, prima Commissario generale, poi Grande Inquisitore, rilancia il ruolo dellÂśInquisizione. Giulio Gesualdo, zio paterno, coinvolto a Napoli in un processo per negromanzia5 VL DEEDQGRQD D ÂłGLYLQD]LRQH VFRQJLXUL DUWL PDJLFKH H VWUHJRQHULD´ HG HOXGH OÂśinquisizione arcivescovile napoletana grazie alla famiglia di appartenenza (non è neanche interrogato dal vicario dellÂśarcivescovo che conduce le indagini). Ben altro ruolo è quello dello zio materno Carlo Borromeo, lÂśuomo che ha legato il suo nome per secoli allÂśesecuzione dei decreti tridentini, lÂśuomo che ha patrocinato lÂśistruzione, lÂśeducazione religiosa, promosso ordini, collegi, studi, lÂśuomo che ha rinunciato ai guadagni dei suoi numerosi benefici e del suo ricco arcivescovato di Milano per volgerle in elemosine. Ăˆ anche lÂśuomo dei roghi, della scomunica esemplare e del conflitto violento con lÂśautoritĂ secolare, governatore o re che sia. Rimette in piedi il mallus maleficarum (il martello delle streghe), il piĂš famoso e famigerato manuale dellÂśInquisitore, redatto nel 1486. Durante gli anni del Concilio trascorre molto tempo a Roma, affiancando suo zio Papa Pio IV, per supervisionare il lavoro della Riforma. La carriera ecclesiastica è rapidissima: Segretario Papale di Stato, dopo pochi giorni cardinale e subito a seguire arcivescovo di Milano. Carlo Borromeo vuole che le indicazioni del Concilio siano rese operative: nel canto le parole devono essere ben comprensibili.6 Ăˆ lÂśuomo che rinuncia ai suoi privilegi per fare beneficenza, ma è anche chi impartisce scomuniche esemplari o che dĂ la caccia alle streghe. Alfonso Gesualdo, zio paterno, cardinale di Napoli a fine Âľ500 presidente della Congregazione dei Sacri Riti, potente decano dei cardinali sino allÂśelezione di Clemente VIII, arcivescovo di Napoli dal 1596 è costretto a vivere ai 5

Altri inquisiti, tra i quali anche preti, fanno riferimento a Don Giulio, alla sua casa come luogo di riunione e ai libri di magia, posseduti ed esibiti. Fra questi La Clavicola di Salomone, il piĂš importante grimorio (testo di magia nera) trattante magia rituale, inFOXVR QHOOÂśLQGLFH GHL OLEUL SURLELWL HG indicato dalla Chiesa come estremamente eretico. 6 GLENN WATHKINS, Gesualdo: The Man and His Music, Oxford, Clarendon Paperbacks, 1991; ANNIBALE COGLIANO, Carlo Gesualdo. ,O SULQFLSH OÂśDPDQWH H OD VWUHJD. Napoli ESI, 2004. 44


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margini del potere ecclesiastico per un contenzioso con i francescani di Santa Maria la Nova e vivere di rendita del suo passato, facendo attenzione a non esporsi piÚ di quanto abbia già fatto. Il casato. La stirpe di Gesualdo è una delle piÚ potenti e famose del Regno di Napoli e, nella seconda metà del Cinquecento, una delle piÚ illustri dœItalia. Il capostipite è Guglielmo, figlio naturale di Ruggero II il Guiscardo. Carlo Gesualdo è il quindicesimo e ultimo signore del casato. Il padre, don Fabrizio II, è il primogenito di sette figli, e cosÏ come consuetudine dellœepoca, anchœegli segue le logiche economiche e GL SRWHUH FKH JRYHUQDQR OH ³SROLWLFKH´ PDWULPRQLDOL VSRVD *HURQLPD %RUURPHR Qipote del papa Pio V, sorella di Carlo Borromeo e cugina dellœarcivescovo di Milano, Federico Borromeo. A Napoli i Gesualdo dimorano presso palazzo di Torre Maggiore del duca Giovanni Francesco del Sangro in piazza San Domenico Maggiore e nella ORUR GLPRUD QDVFH XQ FHQDFROR LQWHOOHWWXDOH GL ³PXVLFL GL FDVD´ 1HO FDUWHJJLR FRQVHrvato alla Biblioteca Ambrosiana Geronima in una lettera datata 21 febbraio 1566, annuncia al fratello lœimminente parto e il desiderio di chiamare il nascituro Carlo. Lœultimo discendente della grande famiglia di origini normanne, nasce a Venosa lœ8 marzo 1566. Dopo la morte del fratello primogenito nel 1584 al giovane principe spetta il compito di dare un erede alla sua illustre genia. Per evitare che il patrimonio familiare si possa disperdere si decide che Carlo prenda in moglie nel 1586 sua cugina Maria dœAvalos, figlia della sorella del padre, Sveva e di Carlo dœAvalos. Maria è di sei anni piÚ grande, alle terze nozze e madre di due figli. Nel 1588 nasce lœatteso erede Emanuele e la vita scorre serena sino allœincontro a una festa da ballo con Fabrizio Carafa, secondo duca dœAndria e conte di Ruvo. Maria sœinnamora perdutamente di Fabrizio, sposato con Maria Maddalena Carafa, padre di quattro figli. Il triste destino dei due giovani amanti ha termine tragicamente la notte tra il 15 e il 16 ottobre 1590 nelle stanze del palazzo napoletano di Torre Maggiore ad opera di Carlo e dei suoi armigeri che li colgono in flagranza di adulterio, uccidendoli. Juan de Zuniga, vicerè di Filippo II di Spagna, riconosce la giusta causa che ha spinto il Principe a compiere lo scellerato gesto e archivia il processo il giorno dopo la sua apertura. Car45


GESUALDO: CENZI, LASCITI E CODICILLI

lo è esortato a lasciare Napoli per evitare ritorsioni da parte delle famiglie degli uccisi, così si rifugia nel feudo irpino di Gesualdo. Nel castello arroccato su un¶altura il Principe resta per un intero anno, dedicandosi con impegno alla composizione, isolandosi dalla società e curando poco i suoi affari. Nel 1591, alla morte del padre, eredita il titolo e un ingente patrimonio. Intanto Alfonso II d¶Este, per evitare che la mancanza di eredi legittimi potesse determinare automaticamente la riannessione del ducato di Ferrara al dominio della Chiesa,7 pensa a sua cugina Eleonora, sorella di Cesare I, duca di Modena, non più giovane, come sposa di Carlo Gesualdo, uomo libero, ricchissimo, di un gran casato e soprattutto nipote adorato del terribile cardinale Alfonso, decano del Sacro Collegio. È proprio Alfonso Gesualdo ad avviare la trattativa matrimoniale, le nozze non sono altro che un affare di stato e rappresentano una SURGXWWLYD ³ULDELOLWD]LRQH´ &DUOR KD FRVu DFFHVVR DOOD IDPRVD FRUWH GL )HUUDUD H DO VXR circolo musicale aristocratico ed esclusivo. Ad accogliere il Principe lungo la strada per la città estense c¶è il conte Alfonso Fontanelli abile diplomatico, cultore della musica, inviato dal duca per acquisire delle prime impressioni sul futuro cognato. Gesualdo giunge a Ferrara il 19 febbraio 1594 e i festeggiamenti in onore degli sposi durano tre giorni con balli, concerti, giostre, tornei e luculliani banchetti. Le nozze si celebrano il 21 febbraio 1594 nel fasto della corte estense e il 15 maggio Carlo parte per un lungo viaggio in compagnia del conte Fontanelli e la prima tappa è Venezia. Il Principe è insofferente ai doveri che il suo rango gli impongono, mentre incontra volentieri Angelo Gardano, il famoso stampatore e Giovanni Gabrieli grande compositore e organista di San Marco. Il 2 giugno parte via mare alla volta dei suoi feudi dirigendosi da Barletta a Venosa e poi a Gesualdo dove giunge l¶11 giugno e vi resterà per l¶intera estate. Solo il 29 dicembre del 1594 Carlo fa ritorno a Ferrara, dove la vita culturale e musicale vive momenti di grande splendore con scambi, confronti, produzioni a stampa, diventando il centro dell¶avanguardia madrigalistica. Carlo si dedica attivamente alle pratiche musicali, pubblicando i primi quattro Libri di Madrigali. 7

Gli Estensi sono vassalli del papato, il che, quindi, costituisce una minaccia costante per O¶LQGLSHQGHQ]D GHO GXFDWR 46


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Il carattere piuttosto difficile e la supponenza di Gesualdo non facilitano lœinserimento nellœambiente ferrarese ed è questo il motivo per cui fa nuovamente ritorno nei suoi feudi. Carlo si allontana da Ferrara definitivamente dal marzo 1596, iniziando il suo occultamento dalla vita sociale. Si ritira nellœamata Gesualdo, dove la sua sposa lo raggiungerà solo nel dicembre 1597 con il piccolo Alfonsino nato nel 1596. Il Principe non si mostra un consorte amorevole e da una relazione extraconiugale viene al mondo Antonio, figlio illegittimo. Il 22 ottobre 1600, dopo sedici giorni di malattia, muore il piccolo Alfonsino. Carlo si dedica freneticamente alle attività che gli sono congeniali: la caccia e la musica. Il castello subisce delle trasformazioni, sparisce il ponte levatoio, è ricoperto il fossato, la cima della torre maggiore è tramutata in belvedere e si realizzano ampi saloni con aperure nel cortile interno. Alla morte dello zio, il cardinale Alfonso, il 14 febbraio 1603, è nominato erede universale, accrescendo cosÏ notevolmente il proprio patrimonio. Contestualmente la salute di Carlo è minata da malesseri psicofisici (mal del castrone) 8 per circa un anno soffre per un avvelenamento provocato da una fattura della strega irpina Aurelia DœErrico.9 Si manifestano chiari segni di follia: dalla psicosi maniaco-depressiva a turbe del comportamento, dal sadomasochismo alla fustigazione ricevuta tre volte il giorno. Il Principe fa sistemare i suoi castelli, si prodiga per la crescita degli edifici dœistituzione religiosa e intraprende la costruzione di tre chiese e due conventi. Eleonora si prende cura del primogenito di Carlo, Emanuele, che nel 1607 in Boemia, sposa la Contessa Donna Maria Polissena Grafin von Furstemberg et Pernestan. I due sposi si insediano nel castello di Venosa e nel 1610 nasce lœerede della famiglia, ma la gioia è breve poichÊ il neonato muore dopo pochi mesi. Il 13 settembre 1611 nasce Isabella e ai primi mesi del 1613 Polissena è nuovamente incinta e tutti sperano 8

Una forma di asma che si manifesta con tosse, febbre violenta, forti e feroci emicranie. Presso la biblioteca Provinciale di Avellino è istituito il Centro Studi e Documentazione dedicato a Carlo Gesualdo e raccoglie un fondo cospicuo di documenti ritrovati in diversi archivi non solo italiani. Tra questi vi è la documentazione relativa ad un processo di stregoneria intentato nei confronti GL $XUHOLD 'œ(UULFR DPDQWH GL &DOR *HVXDOGR SHU FLUFD GLHFL DQQL MARTA COLUMBRO, Il fondo Gesualdo della Biblioteca Provinciale di Avellino, in La Musica del Principe: studi e prospettive per Carlo Gesualdo. Atti del Convegno internazionale di studi (Venosa-Potenza, 17-20 settembre 2003), a cura di Luisa Curinga, Lucca, LIM, 2008, pp. 171-184.

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nellœerede maschio. Emanuele però non vede venire al mondo il suo secondo figlio poichÊ il 20 agosto dopo una caduta da cavallo muore. Nasce una bambina, Leonora Emanuela Carlina, e cosÏ è estinta la linea maschile dellœasse ereditario. Carlo non assiste alla nascita della seconda nipote, muore allœetà di 47 anni lœ8 settembre 1613. Due settimane prima, nella notte tra il 3 e il 4 settembre, il Principe fa chiamare il dottor Francesco Antonio Stabiano, il musicista Don Giovanni Pietro e il suo segretario, lœAbate Fabrizio Adinolfo per modificare il suo ultimo testamento. La musica. Il Principe Carlo, educato con rigorosa disciplina, come secondogenito, è destinato alla carriera ecclesiastica ed ha come modello gli Exercitia Spiritualia di Ignazio di Loyola. Sin da piccolo segue studi severi, prima con il padre e poi in ambienti ecclesiastici; alla morte della madre è ospite dello zio Alfonso per essere indirizzato alla carriera religiosa. Si avvia alla formazione musicale grazie a musicisti come Pomponio Nenna, Nicolò Vicentino, Marcantonio Ingegneri, Stefano Felis, Scipione Stella e il grande madrigalista belga Jean de Macque. Alla luce dei tristi eventi del 1584 (muoiono il nonno Luigi, lo zio Carlo Borromeo e il fratello maggiore primogenito Luigi) lœappena diciottenne Principe, che già compone e promuove come mecenate attività musicali, è lœerede designato per assicurare la discendenza al casato. Forse per la rigida educazione gesuita ricevuta il carattere di Carlo è irrequieto e tormentato, cosÏ come la sua musica, e sempre piÚ nel corso degli anni neuropatico e sofferente nel corpo e nella mente. Gesualdo nella sua musica riesce a creare, attraverso lœalterazione di semitono negli intervalli melodici, squilibri tonali che generano in chi ascolta ignote vibrazioni e intime risonanze. Usa con disinvoltura accordi del tutto LPSUHYHGLELOL H DUGLWL FKH VRQR ³EHOOL H VXEOLPL´ PD DQFKH ³WUDJLFL H WHUULIiFDQWL´ 7XWWH OH FRPSRVL]LRQL VDFUH VRQR SUHJQH GL SDVVLRQDOLWj H IRUWL HPR]LRQL H proiettano il rapporto tra musica e testo in una dimensione moderna. I cromatismi esasperati, le scomposizioni tonali e le dissonanze riescono a dar voce alla sua anima VHQVLELOH H LQTXLHWD ,O ³PRGHUQLVPR´ GL *HVXDOGR VL UHQGH FRQFUHWR QHOOœespressività emozionale realizzata attraverso un cromatismo originale. Spesso in una sorta di compensazione fa corrispondere a un fitto intreccio cromatico un ritmo semplice e 48


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viceversa in uno piÚ rapido quasi non compaiono note alterate. La musica del Principe è assolutamente innovativa dal punto di vista compositivo: si crea un equilibrio perfetto tra armonia, carica emotiva della melodia, testo e musica. Nelle ultime opere ottiene un senso unitario dal testo frammentato ed esaltato in ogni singola parola anzichÊ nellœintera frase. La singola parola è autonoma per lœevocazione degli affetti, non ha bisogno di essere sostenuta dallœintera frase (ed è proprio ciò che caratterizza la musica di Gesualdo). Carlo ha la capacità di modellare sapientemente un corredo musicale molto duttile e utilizzare una ricca tecnica contrappuntistico-modale. Gesualdo riesce a calibrare lœintensità -espressiva, ogni voce ha il suo carico espressivo e di significato. Oltre allœarmonia e al contrappunto è il ritmo ad avere un ruolo importante nelle composizioni gesualdiane, che colpiscono in primis per il discorso cromatico e questo è dovuto allœLQWHQ]LRQH GL SRWHU ³PXRYHUH JOL DIIHWWL´ ,O 3ULQFLSH q XQR dei pochi musicisti del suo tempo ad avere la facoltà di scegliere quali testi musicare. Come nella produzione madrigalistica anche nella musica sacra lœelemento verbale determina la strXWWXUD GHOOD FRPSRVL]LRQH PXVLFDOH FUHDQGR L ³VRJJHWWL´ FKH KDQQR fondamenti musicali omologhi. La lunghezza e la scelta dei testi hanno un particolare significato: sono brevi per avere libertà di ripetizione e accentuazione di talune parole. Carlo Gesualdo dà a ogni singola parola il potere di rappresentazione degli stati emozionali in essa contenuta. Nelle Sacrae Cantiones utilizza parole prese della tradizione liturgica cattolica insieme con quelle che rispecchiano i suoi stati dœanimo. I testi possono essere suddivisi in due gruppi. Quelli che si rivolgono al Signore e contengono aneliti di pace, implorazioni di guarigione, espressioni di ringraziamento e quelli costituiti da preghiere alla Vergine Maria affinchÊ interceda a favore dei peccatori; ci sono poi i testi dedicati ai grandi personaggi della Bibbia e dei Vangeli. Lœandamento della linea melodica segue quello testuale e lœalternanza di sezioni omofoniche e polifoniche costituisce una delle prerogative compositive delle Sacrae Cantiones. Molto usato lo stile imitativo come artificio retorico e particolare lœentrata delle voci a coppie e a intervalli sia melodici sia ritmici irregolari. 10 Il pensiero musicale 10

GIOVANNI ACCIAI, Le composizioni Sacre di Carlo Gesualdo: un approccio sul piano della reto49


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di Carlo Gesualdo è prima di tutto di ordine melodico, la polifonia deve essere considerata come la sovrapposizione di melodie diverse, di dissonanze passeggere e le voci trattengono dei rapporti di consonanza. Diversi sono gli elementi manieristici nelle composizioni madrigalistiche e sacre del Principe: la scelta dei testi, con parole chiave che generano risposte musicali espressive, generalmente basato su contrasti per porre lœaccento su enfasi e tensione; lo stile musicale, con lœalternanza di allegri diatonici e adagi cromatici; il cromatismo, con progressioni armoniche; lœoscillazione armonica, con sezioni tonali indecise, ambigue e prive di cadenze definite; i contrasti, da quello di tempo a quello tra diatonismo e cromatismo, alla contrapposizione tra RPRIRQLD H FRQWUDSSXQWR LO ULIOHVVR GHOOH ³PHUDYLJOLH´ GHO WHVWR OHWWHUDULR FRQ OD scelta di mezzi espressivi idonei a rappresentare la parola. Il 1603 è lœanno che segna una svolta religiosa nella vita e nella musica di Gesualdo: sono pubblicati a Napoli da Costantino Vitali, nellœedizione curata da don Giovanni Cappuccio, i due libri di Sacrae Cantiones. Lœaccostarsi alla composizione sacra potrebbe essere per puro intento estetico o come movente di personale espiazione. Carlo, riesce a creare una vera e propria costruzione di contrasti molto estesa e decisa, grazie alla sua capacità di utilizzare i singoli elementi della musica per rappresentare gli affetti. Sfrutta le potenzialità tonali di ogni singolo suono per disorientare armonicamente lœascoltatore. Il cromatismo è spesso unito a dissonanze; per le invocazioni dolorose o nei passaggi di maggiore interiorizzazione, lœautore ricorre a frasi interamente accordali che compaiono saltuariamente alternandosi ad altre di carattere completamente diverso. Il Principe ricorre di frequente allœimitazione, libera e a specchio, su testi neutri dal punto di vista degli affetti. Per sottolineare parole particolarmente significative ricorre a unœimitazione piena di forza espressiva. La scrittura imitativa è molteplice e mutevole. Altro elemento della scrittura musicale di Gesualdo è la ripetizione intesa in senso globale: dalla ripetizione di singole parole o frasi alla trasposizione della sequenza di singole parti per evitare una ripetizione dove è attesa, dalla ripetizione letteraria a quella piÚ libera. Carlo, come altri compositori, utilizza la direzione del morica musicale. Ma non solo, in La Musica del Principe cit., pp. 249-274. 50


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vimento (ascendente/discendente) per raffigurare simboli e/o affetti. Il movimento discendente ha sempre un significato negativo e abbraccia grandi spazi sonori. Per evidenziare la parte marcatamente negativa degli affetti, il compositore utilizza nei tratti discendenti, dissonanze, sincopi, cromatismi e la velocità non è essenziale. Invece il movimento gioioso e vivace, in senso ascendente esprime il contenuto positivo degli affetti. Gesualdo ama gli estremi della tessitura vocale, con ampia estensione delle voci. I suoni bassi sono utilizzati per esprimere negatività e le voci con sonorità differenti riescono a dare la giusta espressione del testo. Lœespressione è resa grazie allœuso di pause, sincopi ed anche con una declamazione stentata. Il pathos e la personale intensità del messaggio sono gli elementi nuovi della musica spirituale di Carlo Gesualdo e altra prerogativa è lœeffetto di espansione melodica: allœinizio il tema è quasi accennato, privo di forze e poi si accresce e sœinvigorisce.11 Le Sacrae Cantiones non appartengono a un momento liturgico particolare, ma provengono da una forte esigenza espressiva che manifesta i temi del dolore, dellœangoscia, del pentimento, della morte. Sono due volumi con una chiara predominanza di mottetti mariani; Carlo deve trovare spesso conforto nella S.S. Vergine. Nel secondo volume lœautore raggiunge un livello di perfezione nel contrappunto; gli accidenti cromatici sœimpongono per evocare le lacrime, le desinenze accuratamente separate illustrano il dolore di Cristo. I Responsoria sono utilizzati insieme alle lamentazioni del profeta Geremia 12 durante lœUfficio delle tenebre del Sacrum Triduum e sono legati al simbolo trinitario: tre lamentazioni, scanditi da tre notturni con tre salmi ciascuno (27 responsori, 9 per ogni giornata). I testi sono tratti dalla liturgia del Mattutino del Triduo Sacro ed evocano la passione e lœagonia di Cristo e non possono non trovare una risonanza particolare nel compositore preso da rimorsi. Questi Uffici penitenziali, particolarmente lunghi, seguono un cerimoniale incantevole. I ventisette canti antifonali, attraverso la musica, riescono a potenziare il clima emozionale delle parole, in netto contrasto con 11

Carlo Gesualdo: principe di Venosa, scritti di Anthony Newcomb et alii, Roma, ISMEZ, 2005. Tratte dal testo biblico delle Lamentazioni, attribuito al profeta Geremia, predicano le necessità di XQ ULWRUQR IHGHOH DO %(5,7 QHOOœ$QWLFR 7HVWDPHQWR q LO SDWWR FKH 'LR KD IDWWR FRQ ,VUDHOH Š,R VDUz LO vostro Dio e voi sarete il mio popolo) condannando aspramente le pratiche idolatre, i frequenti soSUXVL GHL IRUWL FRQWUR L GHEROL OœRVVHUYDQ]D LSRFULWD H VXSHUILFLDOH GHL ULWXDOL

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la distanza e la freddezza della liturgia post-tridentina. Uno degli elementi per indurre a meraviglia lo spettatore, è il piacere dellœinganno, lœautore crea delle asimmetrie allœinizio di alcuni responsori. I ventisette canti evidenziano una diversa densità della voce, con particolare predilezione per un tono musicale drammatico. Gesualdo riesce a esaltare i contrasti presenti nel testo attraverso arditezze armoniche e tonali e per ³WUDGXUUH´ OD GRORURVLWj GHOOD PXVLFD ULFRUUH DOOœuso occasionale delle dissonanze e utilizza accostamenti di triadi solo quando costretto dallo stile del testo. Gli affetti positivi sono identificabili in movimenti piÚ vivaci in senso discendente, anche se i movimenti piÚ concitati sono utilizzati per i contesti negativi; lœandamento lento è impiegato per i passi testuali piÚ intimistici. Il Principe elabora una sapiente polifonia piena di contrappunti fioriti e dal punto di vista della scrittura è ben evidente lo sviluppo ampio su armonie solide. La tessitura musicale è polifonica e il movimento delle parti è condizionato, maggiormente, dallœimmagine verbale che produce il giusto andamento ritmico. La singolarità di questo lavoro è che Gesualdo realizzi lœintero ciclo e non come di consuetudine solo alcune parti e soprattutto il linguaggio musicale si discosta ampiamente da quello semplice e piuttosto distaccato usato da autori a lui contemporanei nel trattare i testi del tempo di Passione. Lœandamento oscillante, provocato dal movimento cromatico che sœinterseca con quello lineare, caratterizza le configurazioni contrappuntistiche che in breve spazio temporale provocano accelerazioni armoniche e aprono a sonorità inaspettate. Lœuomo musico cui è dedicato questo lavoro ci offre innumerevoli spunti su cui poter riflettere. Nato in una famiglia aristocratica con la presenza dœimportanti esponenti della Chiesa, Carlo Gesualdo e la sua musica non potevano non essere influenzati da essa. BenchÊ fosse normale per gli appartenenti al suo rango studiare musica e SUDWLFDUH OD UHOLJLRQH JOL HYHQWL IRUWXLWL GHOOD VXD YLWD OR KDQQR ³DLXWDWR´ D IRUWLILFDUOH. Per il fatto di essere il secondogenito è stato indirizzato verso una rigorosa formazione ecclesiastica (in previsione di intraprendere una carriera in tale ambito). Se non fosse morto prematuramente il fratello primogenito, non avrebbe potuto avere dei ³SULYLOHJL´ VRFLDOL H FXOWXUDOL GHL TXDOL YLFHYHUVD KD XVXIUXLWR H FKH KDQQR FRQVHQWLWR 52


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alla sua musica di raggiungere i vertici conosciuti. Ha acquisito una padronanza tecnica musicale non superficiale. Sotto l¶aspetto personale la formazione ricevuta ha IRUJLDWR LQ PDQLHUD HYLGHQWH LO SURSULR FDUDWWHUH H OD FRQFH]LRQH GL ³VDOYH]]D dell¶DQLPD´ 7XWWD OD VHULH GHL GRFXPHQWL GHOO¶archivio dei Domenicani di Gesualdo attesta quest¶aspetto. Dagli elementi rilevati, nasce la produzione musicale di Gesualdo che non avrebbe avuto una connotazione profana se la sua vita non fosse stata influenzata dalla morte del fratello. La nostra attenzione si è soffermata sulle opere sacre poiché per molto tempo la musica di Gesualdo è stata sinonimo di Madrigali, delle innovazioni presentate all¶interno dei Sei Libri composti nell¶arco della vita. È stato doveroso accennare a eventi su cui spesso si è costruita una leggenda, ma che hanno segnato profondamente il compositore, come l¶uxoricidio o la morte del figlio Emanuele. È stato indispensabile evidenziare tutte le innovazioni e i cambiamenti introdotti da Carlo nella pratica musicale che hanno influenzato i suoi contemporanei come i posteri.13

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DENIS MORRIER, Carlo Gesualdo, Paris, Fayard, 2003. 53


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APPENDICE Manoscritti. Le 11 buste (dalla n. 47 alla n. 57), contenenti i 35 Fascicoli (dal n. 182 al n. 216) provengono dal monastero dei Padri Domenicani di Gesualdo sotto il titolo del SS. Rosario. 14 Contengono Cenzi, Lasciti, riferimenti di Codicilli Testamentari, l¶atto di fondazione del Monastero (1577), assensi di concessioni, compravendite di territori, donazioni, ricevute di pagamento attestanti il forte legame tra la famiglia dei Principi di Gesualdo e il desiderio di salvezza dell¶anima. Nel paragrafo 19 del testamento si fa chiaramente riferimento alla somma di 30.000 ducati destinati alla costruzione di una cappella nella Chiesa del Gesù Nuovo a Napoli, indicando che i tempi di realizzazione non debbano superare i cinque anni. Carlo lascia indicazioni per la celebrazione di 500 messe per la salvezza dell¶anima, officiate presso l¶altare di famiglia, nella cappella di San Gregorio a Roma. Altre 500, per accedere al Paradiso, devono essere celebrate in altre chiese a scelte della moglie. Con le offerte provenienti dalle casse del principato si devono sovvenzionare 1000 messe da celebrarsi in S. Marciano di Fuente a Roma. È ben dettagliato il volere del Principe per quel che riguarda le chiese: quella domenicana del SS. Rosario deve essere terminata (al 1578 risale la deposizione della prima pietra) e sono destinati 10.000 ducati, vincolando la principessa Eleonora alla prosecuzione dei lavori. Per il completamento dell¶altare maggiore del convento di S. Maria delle Grazie sono stanziati 50 ducati annui in cambio di una messa giornaliera celebrata da parte dei monaci, sempre per la salvezza dell¶anima del Principe Le chiese ricoprono un ruolo principale nel testamento di Carlo Gesualdo che vuole ottenere un posto in questo mondo e nell¶aldilà. Gli eredi sono coloro che devono provvedere all¶ultimazione delle costruzioni.15 I Monastero dei Padri Domenicani di Gesualdo sotto il titolo del SS. Rosario16 BUSTA 47 Fasc. 182:

Platea del Monastero del SS. Rosario di Gesualdo (1696-1800). Costruzione della Cappella (Fogli 8 e 135 ).17 Fasc. 183: Libro (1°) contenente distinta descrizione dei Legati fatti al Convento dalla sua fondazione fino al 1768. (1577-1768). Fasc. 184: Carte relative ai vari possedimenti del monastero, tra cui figura un estratto della Platea (sec. XVIII). Fasc. 185: Libro (1°) in cui sono riportati strumenti ed altre scritture pertinenti al Ven.le Monastero del SS.mo Rosario (sec. XVI-XVII). BUSTA 48 Fasc. 186: Libro (2°) in cui sono riportati strumenti notarili ed altre scritture pertinenti al Ven.le Monastero del SS. Rosario (sec. XVI-XVII). 14

/¶RUGLQH PRQDVWLFR q LQGLFDWR VXO GRUVR GL RJQL %XVWD DQFKH VH DOO¶interno manca un ordinamento archivistico in quanto non esiste una prescrizione generale sul modo con cui i religiosi devono custodire i loro archivi 15 WALTER SCUDERO, Piangete, o grazie, e voi piangete, o amori: Carlo Gesualdo da Venosa, il principe madriJDOLVWD X[RULFLGD D 3DOD]]R GH¶ 6DQJUR QHOOD 1DSROL GHO WDUGR µ , Bari, Laterza, 2010. 16 Elenco ufficiale della Biblioteca di Montevergine degli archivi dei monasteri soppressi. 17 'DO )RJOLR GHO GRFXPHQWR RULJLQDOH GHOO¶$WWR &RVWLWXWLYR QRQ VL HYLQFH alcun nome legato alla famiglia dei Principi di Gesualdo. 54


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Fasc. 187: Libro (3°) in cui sono riportati strumenti notarili ed altre scritture pertinenti al Ven.le Monastero del SS. Rosario (sec. XVI-XVII). Fasc. 188: Copie di strumenti notarili (sec. XVI-XVII). BUSTA 49 Fasc. 189: Libro di copie di strumenti notarili estratte dalla scheda del notaio Pasquale Coluccelli di Gesualdo (relativi a capitoli, censi etc... (1763-1764). Fasc. 190: Libro di copie di strumenti notarili di diversi notai relativi a capitoli e censi del Monastero del SS. Rosario (1768-1789). Fasc. 191: Compendio delle scritture che si trovano nei fascicoli dell¶Archivio del Ven.le Convento del SS. Rosario di Gesualdo scritto nel 1723 da fra Giuseppe Pellegrino di Fragneto (atto di fondazione del Monastero, 1577, assensi di concessioni, compre di territori, donazioni, Legati etc.) (sec. XVI-XVIII). Fasc. 192: Ricevute di pagamento (sec. XVI-XVIII). Fasc. 193: Bastarduolo dei debitori del Convento del SS. Rosario (1769-1789). Fasc. 194: Libro d¶introito ed esito (1619-1621). BUSTA 50 Fasc. 195: Libro d¶introito ed esito (1630-1638). Fasc. 196: Libro d¶introito ed esito (1638-1647). Fasc. 197: Libro d¶introito ed esito (1647-1659). BUSTA 51 Fasc. 198: Libro d¶introito ed esito (1659-1675). Fasc. 199: Libro d¶introito ed esito (1675-1692). BUSTA 52 Fasc. 200: Libro d¶introito ed esito (1710-1725). Fasc. 201: Libro d¶introito ed esito (1726-1735). Fasc. 202: Libro d¶introito ed esito (1736-1756). BUSTA 53 Fasc. 203: Giornale dell¶introito (1752-1760). Fasc. 204: Libro d¶introito (sec. XVIII). BUSTA 54 Fasc. 205: Libro d¶introito ed esito (1755-1766). Fasc. 206: Giornale dell¶introito (1779-1785). BUSTA 55 Fasc. 207: Libro d¶introito ed esito (1780-1790). Fasc. 208: Libro d¶introito ed esito (1790-1809). BUSTA 56 55


GESUALDO: CENZI, LASCITI E CODICILLI

Fasc. 209: Libro d¶introito (1782-1806). Fasc. 210: Libro dei verbali dei consigli capitolari (1633-1725). Fasc. 211: /LEUR GHOOH VSHVH HIIHWWXDWH SHU OD ³IDEULFD´ GHOOD &KLHVD H GHO &RQYHQWR FRQ LO GHQDUR del Principe di Venosa (1637). Fasc. 212: Libro delle messe perpetue (1768-1809). BUSTA 57 Fasc. 213: Atti civili (sec. XVI-XVIII). Fasc. 214: Atti relativi ad una controversia sorta tra gli eredi di Stefano Carrabio e il Convento del SS. Rosario di Gesualdo circa un territorio sito nelle pertinenze di detto Convento (territorio di Fontana Tavora) (1716-1717). Fasc.215: Atti relativi ad una controversia tra il Monastero e il sig. Domenico Vicco (1792). Fasc. 216: Atti civili contro i coniugi Ferrara (1792). Di seguito alcuni estratti dei documenti originali con trascrizione diplomatica. BUSTA 47 Fasc. 183: Il volume 1 in pergamena con classica legatura archivistica, presenta legacci in pelle per chiudere e ha sul dorso tre tasselli con fili di pelle allumata passante. Misura cm.19,5 di larghezza e cm. 28 di altezza. Per poter creare i margini il foglio è stato ripiegato per 7 volte, con una larghezza di ca. 2,5 centimetri, ed è numerato in alto (a sinistra per Versus, a destra per Recto). All¶interno, nel cap. IV, sono inserite le volontà di Don Fabrizio, Don Carlo, Donna Isabella Gesualdo e Polissena Mendoza.

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II Delli Legati fatti a questo Convento dalli Signori dellœEccellentissima Casa18 D. Fabrizio Gesualdo Principe di Venosa prima del 1592, nel suo ultimo testamento legò annui ducati 200: compreso di 4 Cappellanie o di 4 Messe il giorno da celebrarsi in una delle Chiese deœ 33 *HVXLWL R GRYH VHPEUDYD DOOL 3DGUL GHO *HV 1XRYR LWHP VRQR SDUROH GHO WHVWDPHQWR ³ODVFLz docati 200 annui in perpetuum da riscuotersi dentro la città di Napoli, acciò di effettive ne facciano 4 cappellanie a giudizio delli RR. P. C. del GesÚ, acciò se ne dicano 4 Messe il dÏ per lœanima mia LQ XQR GHOOL ORUR OXRJKL R GRYH OL 3DGUL YRUUDQQR VXELWR VHJXLWD OD PLD PRUWH´ 9RO U I 5HJLVWUR del P. Pellegrino f.58. at°. Al P. Provinciale detti Gesuiti colli Padri Consultori rinunciarono lœaccettazione di d.o legato e determinarono che si fosse diviso col peso annesso alli conti delli PP. Domenicani delle terre di Gesualdo e di Tauraso; ottenute però prima lœapprovazione e cofirmazione di questo di loro stabilimento alla S. Sede Ibidem at° . Si ottenne da Clemente VIII con un suo Breve che principia Pacer Romanum Pontificem per lœapprovazione della sopprattassa determinata dai PP. Gesuiti, la copia del qual Breve quale è colla data deœ 7 Agosto 1592, è nel vol. 1 f. 29 at°, e lœoriginale conservasi nellœArchivio. D. Carlo Gesualdo Principe di Venosa e figlio del sopracitato D. Fabrizio assegnò duc. 100 annui, col medesimo peso a questo Con.to di Tauraso; ed altri duc. 100, col medesimo peso a questo Con.to di seguito in esecuzione della disposizione testamentaria dellœ Eccellentiss. suo Sig.e Padre determinata dalli Gesuiti confirmata già dal Ponteficie. Nella vendita della terra di Tauraso fu depositato il costo dalli Sig.ri Zatilla compratari nel S.R.C. per liberarli quibus poi comparvero li PP. di Tauraso, e si fecero liberare modis minus justis le detti duc. 2000, legati allœansid. Sig.re D. Fabrizio; quandochè si dovevano per metà a questo Con.to. Penetratosi da un figlio di questo Con.to tal operato dai PP. de Tauraso con matura considerazione e conseglio de saggi Religiosi di Napoli ne fè un pressante ricorso allœOdierno R.mo padre Generale, e le fu risposto che ne avesse presentata istanza al Vicario Ite. Fin qui mi è convenuto mandare in notizia a Posteri di tal fatto, ne devo passare oltre. ... perchè allœistromento della transazione fatta tra il Convento, e Donna Isabella Gesualdo. Dallœultimo testamento redatto il 3 settembre 1613 le indicazioni per la chiesa del SS. Rosario e dei Padri Cappuccini: Don Carlo Gesualdo Principe di Venosa Conte di Conza alli 3 di Settembre 1613, per N. Paolo Scarpa del Sorbo fece il codicillo al suo ultimo testamento, e dispose a beneficio di questo Con.to lœinfrasti. pagati. Vol. r. f.66. 1. Che tanto la fabricha della chiesa quanto fatta del Con.to si finisca, ed il danaro necessario

per detta fabrica si pigliasse dalli frutti delli diecimila doc. dal monte, che ha lasciato esso Eccellentiss. Principe, e che detta fabrica doveva terminarsi ad arbitrio dellœEccellentiss. Sig.a Principessa, oppure della Sig.a duchessa di Gravina sua zia. Ibidem Registro del P. Pellegrino f. 59 at°. 2. Che si faccia lœAltare Maggiore in detta Chiesa, al quale Altare lascia ducati 50. annui in perpetuo: con peso di una Messa il giorno mundo durante per lœanima sua, da dirsi in d.o suo Altare dopo sarà fabricato. Ibidem. 3. Che siccome esso codicillante aveva costremato di dare il pane, la carne, ed il vino alli PP. Cappuccini, cosÏ avessero sempre fatto li suoi eredi, gli mancando da questa sua pria 18

Tutti i documenti riportati, relativi alle buste dei monasteri soppressi, sono riprodotti in trascrizione diplomatica. 57


GESUALDO: CENZI, LASCITI E CODICILLI

disposizione siano tenuti dare il quadruplo alla Chiesa del SS. Ros. de PP. Domenicani. Donna Isabella Gesualdo Principessa di Venosa alli 8. di Maggio 1629. per N. Giovanfilippo Boreas nel suo ultimo testamento lasciò tre messe il giorno a questo Con.to in perpetuo da celebrarsi dalli PP. di detto Con.to, ordinando però che sia in piena libertà di suo marito stabilire la data, o capitale pe d.e messe, e determinare piÚ o meno messe secondo a lui sembrava piÚ convenevole. Oltre di questo legato, che non ebbe effetto non ritrovandosi notati in tabella, nÊ vi fu assegnamento alcuno, nÊ tampoco fu determinato da suo marito, prima di d.o tempo aveva fatto un altro legato, appropriamente. Dal testamento della Principessa Isabella redatto il 29 agosto 1628: Alli 19. Agosto 1628. la sud.ta Eccellentiss.a Sig.a Principessa fece un Istrumento di transazione col Con.to, collo quale lascia d.a Sig.ra Isabella si obbligò pagare allo d.o Con.to annui duc. 450, delli quali ogni anno il Con.to doveva riserbarsene ducati 150. per la fabrica e delli rimanenti si avessero celebrare la Messa a tenore dello stabilito in d.a transazzione, Registro del P.Pellegrino f.60. La detta Eccellentiss.a Signora si maritò con C. Nicola Laudisio col quale ebbe una figlia che morÏ in età pupillare e ricaduto lo stato al ..., se lo ricomprò il sopra.o C. Nicola Laudisio colli pesi a questi stesso soggetto. P. Patti n° VI dovette però ciò accadere non solamente per la morte della figlia, ma anche per la morte della madre. Furono con esattezza pagati detti duc. 450. sino al 1675, nel quale anno se ne ricavarono solamente duc. 150 e grana 34: ed in detto tempo fu alienato lo stato. Ibidem; nÊ in appresso se ne ricevè cosa alcuna fino al 1705. nel qual anno per ricorso fatto da creditori al S.R.C. per la lesione enorme ne fu ordinato il nuovo appresso; a tal denaro depositato in detto S.R.C. ne furono liberati in varie volte in beneficio di questo Con.to doc. 652 e f. 33 VB [...] Dai Legati fatti dalla Principessa Eleonora e dalla Principessa Polissena Mendoza, a metà del foglio 14 si legge: [...] LœAccellentis. a Sig.a D. Eleonora DœEste fece varii legati in beneficio di questo Con.to, come rilevasi da una fede autentica di N. Lucio Melchionne firmata dal Principe D. Carlo, e robonata col suo sugello, senza individuare però le qualità e quantità di legati, e senza che il Con.to vi avesse percepito cosa veruna Vol.1.f.g. LœAccellentis. Signora Principessa D. Polisena Mandozza nel 1644 donò a questo Con.to un capitale di doc.100. col peso di un Anniversario lœanno. Vol.3. f.22 at°. Reg. del P. Pellegrino. f. 58.at°. Dal d.o Capitale doc. 94. furono spesi dalli PP. alla fabrica della Chiesa; e duc. 6 furono dati a censo fra la summa di duc. 33. e carl. 3. a Giandomenico e Fabrizio Zaccaria alli nove per cento per Istrum. o rogato da Notaio Carlo Talia alli 31. ottobre 1644. ibidem. Dai Lasciti della Principessa Polissena Mendoza, nel foglio 15 al quarto rigo si legge: >@ H GRF GDOOL GHQDUL ODVFLDWL GDOOD VLJ UD (FFHOOHQWLV D 3ULQFLSHVVD ' 3ROLVHQD 0HQGR]]D FKH lasciò duc. 100 per uno Anniversario, li duc.94 si applicaURQR DOOD IDEULFD GHOOD &KLHVD>@ Dalle Delucidazioni dei pesi delle Messe al foglio 193 si legge: Dilucidazione deœ Pesi delle Messe, collœesatte Copie Di Tabelle, Note, Esposti, Riduzzioni, Clausole, Ordinazioni e dœaltro appar = tenimento alli pesi suddetti. 58


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Nel Convento del SS. Rosario della terra di Gesualdo compilata, ordinata e disposta coll¶assistenza, lumi, parere, Giudi = zio e dottrine. Nel M.R.P. Magister F. Urbano Maselli Priore nel Convento di Pedimonte A suppliche Nel M.R.P.L.F. Nicolangelo Zillante del detto Convento di Gesualdo Priore zelantiss.o. Prefazione Prima di ogni altro conviene avertirsi, che in questo Convento fondato fin dal mese di Aprile 1577. non si ritrovano ne tabelle prima del 1648, ne libri antichi di Messa prima del 1611. Si ritrovano 3 Libri di Messe oltre del corrente, ma il primo nella maggior parte confuso nelle Clausole Mensili; ne sono perse anche molte tabelle in Bergamene, la prima delle quali si suppone fatta dopo la Riduzione del 1648., l¶altra dopo la Riduzzione del 1674., con altro nome si è potuto intascare l¶origine, e la quarta doppo la Riduzzione del 1726. Oltre di queste vi sono due Copie di Tabelle inserite una nel Vol. III f.2. ordine retrogrado fatta nell¶anno 1672. e l¶altra inserita nel primo Libro delle Messe S. fatte nell¶anno 1692. Delle tre Riduzzioni suddette non vi sono l¶originali citati dal Padre Pellegrino, ma solamente dalla seconda Riduzzione vi è la copia e della Riduzzione dall¶anno 1726. ve n¶è copia ma non per inWLHUR QHO OLEUR FRUUHQWH GHOOH 0HVVH >«@ Copia dell¶esposto fatto per la Riduzione delle Messe nel 1674: [...]Copia dell¶esposto fatto per la Riduzzione delle Messe nel 1674 estratta da un foglio signato col n. 16 Copiato Relazione; e Notamento delle Messe Perpetue del Vnle Con.to del SS. Ros. della terra di Gesualdo dell¶Ordine de¶ Predicatori. L¶ultimo et Eccel.mo D. Fabrizio Gesualdo Principe di Venosa nell¶ult.o suo testamento lasciò alli PP. gesuiti di Napoli docati mille di capitale con peso di quattro Messe perpetue il giorno. Detti PP. rinunciarono il legato, et l¶Eccel.mo Principe D. Carlo Gesualdo figlio, ed erede del sud.o D. Fabrizio, mediante un Breve di Clemente VIII sotto la data di 7 Agosto 1592 sostituì questo Con.to e quello di Tauraso in d.o obligo di Messe quattro, cioè per il Con.to coll¶annua rendita di doc. 200 di monete di Regno per ciascheduno Con.to, altri doc. 100 si pagano a questo nt.o Con.o dalla Principessa Isabella. La copia della sud.a cessione de¶ PP. Gesuiti, e del sud.o Breve spedito si conserva in Con.to in carta Bergamena. L¶Ill.mo ed Eccel.mo D. Carlo Gesualdo nel codicillo del suo ultimo testamento sotto li 3 di settembre 1613 per mano di N. Paolo Scarpa dal Sorbo, lasciò a questo Con.to annui doc.50, con obligo di una Messa il giorno in perpetuo. Il d.o codicillo era col testamento in carta Bergamena si conVHUYD LQ &RQYHQWR >«@ In riferimento all¶illustrazione 13 al quinto rigo si legge:

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>«@ /¶Ill.mo ed Eccel.mo Sig.e D. Nicola Laudisio Principe di Venosa assegnò annui doc. dieci >«@ *LRYDQEDWWLVWD *DOOR GHOOD FLWWj GL &RQ]D FRQ SHVR GL XQD 0HVVD OD VHWWLPDQD QHOOD &DSSHOOD GHOOH $QLPH GHL 0RUWL>«@ Nei Legati fatti da Don Fabrizio, Don Gesualdo, Donna Isabella e Polissena Mendoza, si legge: III Delli Legati fatti da D. Fabrizio, Donna Isabella, e D. Carlo Gesualdo, e D. Polisena Mennozza. 1592-1613-1628-1642 V.f.266 D.Fabrizio Gesualdo nel 1590. nel suo ultimo testamento legò annui doc. 200. da pagarsi in Napoli. Col capte di doc. 2000. da celebrarsi d.o cappellanie, o in una delle Chiese delli Gesuiti, o dove li Gesuiti del Gesù Nuovo determinavano. Da questi fu deciso che si fosse diviso tal legato metà al Con.to di Tauraso e metà a questo Con.to di Gesualdo e così fu eseguito da D. Carlo Gesualdo figlio del d.o D. Fabrizio; si è sodisfatto sempre tal legato fino al 1675. nel qual tempo si cessò dalla celebraz. perchè essendo stato venduto lo Stato non si riceverono più l¶annui doc. 100. Quando si vendè Tauraso, da Sig.i Zatilla compratori del d.o fondo si fa deposito del costo di esso acciò si fusse liberato «...» come riferisce il P. Perti, li PP. del Con.to di Tauraso comparvero, e si fecero liberare tutti li duemila doc. col peso annesso in beneficio di quel Con.to che perciò non esigendosi da questo Con.to l¶annualità, ma essendosi esatta fin dal 1675. sembra non essere nell¶obligazione di rimettere le Messe attrezzate ne celebrarle per l¶avvenire. Ben meno però ricuperandosi d.o cap.te di doc. 2000. allora è nell¶obligo di situare le Messe in tabella proporzionale dalla rendita, che perciò Pro Eccellentis.mo Don Fabrizio Gesualdo si quid percipiatur tune ad ratam. [...]

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Figura 1: Prima di copertina del libro (I°) degli strumenti e scritture del SS. Rosario.

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GESUALDO: CENZI, LASCITI E CODICILLI

Figura 2: Dai legati fatti a questo Convento dalli Signori della Eccellentissima Casa ff. 10-11. 62


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Figura 3: Dai Legati fatti a questo Convento dalli Signori della Eccellentissima Casa ff. 10-11.

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Figura 4: DallÂśultimo testamento redatto il 3 Settembre 1613 indicazioni per la chiesa del SS. Rosario e dei Padri Cappuccini. 64


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Figura 5: Dal testamento redatto il 29 agosto 1628 dalla Principessa Isabella.

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Figura 6: Coperta del Libro dei legati fatti al Convento del SS. Rosario di Gesualdo dalla sua fondazione al 1768 (1577-1768).

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Figura 7: Delucidazioni dei Pesi delle Messe con le copie esatte delle Tabelle, le Note, gli Esposti e le Riduzioni.

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GESUALDO: CENZI, LASCITI E CODICILLI

Figura 8: Copia dell¶esposto fatto per la Riduzione delle Messe nel 1674.

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Marta Columbro I MAESTRI CORDARI NELLA NAPOLI CINQUE-SEICENTESCA L¶epoca del Principe Carlo Gesualdo, si contraddistingue per una serie di importanti innovazioni ed avanzamenti che percorrono tutto l¶arco musicale, sia a livello tecnico sia a livello teorico. Assistiamo a forme ardite di sperimentazione, ad una richiesta di espressività affettiva, emozionale, che conduce l¶arte dei suoni ad uno svecchiamento necessario. Il passaggio alla cosiddetta età moderna per la storia della musica, si consuma proprio tra fine µ500 ed inizio µ600 attraverso la graduale ed inevitabile trasformazione della polifonia che conduce alla dominante affermazione della monodia con basso continuo. Un percorso inevitabile, cui contribuirono senz¶altro le dinamiche del maturo pensiero estetico rinascimentale, in gran parte mutuato dalle dottrine degli antichi Greci, ed attuato proprio da quei nobili musici che praticando l¶arte, non per profitto ma per diletto, iniziarono a trasformare le stesse composizioni polifoniche in brani di più immediata e personale esecuzione, per voce sola con accompagnamento strumentale. L¶avanzamento poi sempre più tecnico e professionale, unitamente alla nascita del teatro d¶opera, porterà ben presto gli stessi nobili a lasciare sempre più il passo ai veri musici professionisti, rimanendo appassionati promotori e spettatori dell¶arte in oggetto. Non è un caso dunque che in un contesto così variegato e propiziatorio per l¶arte musicale, vedano per la prima volta la luce congregazioni1 e corporazioni atte a tute-

1

Alcune informazioni sul fenomeno congregativo musicale sono contenuti in GINO STEFANI, Musica Barocca, Milano, Bompiani, 1987, pp. 152-153; LORENZO BIANCONI, Il Seicento, in Storia della musica, a cura della Società Italiana di Musicologia, Torino, EDT, 1978, IV, pp. 87 e 90; Uno studio approfondito delle attività di una congregazione é presente nel lavoro di JULIANE RIEPE, Die Arciconfraternita di S. Maria della Morte in Bologna. Beitrage zur Geschichte des italienischen Oratoriums im 17. und 18. Jahrhundert, Padeborn, Schoningh, 1998 (Beitrage zur Geschichte der Kirchenmusik, Bd. 5). 69


I MAESTRI CORDARI NELLA NAPOLI CINQUE-SEICENTESCA

lare la professione, con regole tese alla qualificazione artistica ed alla regolamentazione del mercato lavorativo.2 La realtà napoletana in questo caso è ben più articolata che altrove, essa vede attive diverse congregazioni musicali, che nel corso del tempo si scindono o si uniscono tra di loro, laddove altre città italiane possono vantarne una sola, di solito intitolata a S. Cecilia.3 In un arco di tempo abbastanza ristretto vediamo appunto comparire le seguenti nuove istituzioni, ognuna con i propri regolamenti:4 Congregazione di Santa Cecilia, certo la più antica, cui erano iscritti i musici della Cappella Reale. Congregazione di S. Brigida, istituita nella chiesa omonima dai padri Lucchesi;5 Cappella della Beatissima Vergine Maria Nostra Avvocata: Congregazione e Monte dei musici in S. Giorgio Maggiore dei Padri Pii Operai;6 2

Gli statuti delle congregazioni musicali ricalcano le tipologie adottate da quelle degli altri mestieri, ben più datate, e certo in ossequio ai parametri conferiti dalle autorità competenti. 3 Cfr. MARTA COLUMBRO-ELOISA INTINI, Congregazioni e Corporazioni di musici a Napoli tra Sei e Settecento «Rivista Italiana di Musicologia», XXXIII/1 1998, pp. 41-76. Fanno menzione di alcune congregazioni napoletane gli articoli di: DOMENICO ANTONIO D¶ALESSANDRO, La musica a Napoli nel secolo XVII attraverso gli Avvisi e i giornali, in Musica e Cultura a Napoli dal XV al XIX secolo, a cura di Lorenzo Bianconi e Renato Bossa, Firenze, Olschki, 1983, pp. 145-164; 155-156; KEITH A. LARSON, Condizione sociale dei musicisti e dei loro committenti nella Napoli del Cinque e Seicento, in Musica e cultura a Napoli cit., pp. 61-77; 68, nota 7; DINKO FABRIS, Strumenti di corde, musici e congregazioni a Napoli alla metà del Seicento, «Note d¶Archivio per la storia musicale», n.s., I, 1983, pp. 63-110; FRANCESCO COTTICELLI-PAOLOGIOVANNI MAIONE, «Onesto divertimento, ed allegria dH¶ popoli». Materiali per una storia dello spettacolo a Napoli nel primo Settecento, Milano, Ricordi, 1996, pp. 36-45 e 192-200; ROSA CAFIERO, «Se i maestri di Cappella son compresi fra gli artigiani»:6DYHULR 0DWWHL H XQD ǥࣜTXHUHOOe¶ sulla condizione sociale del musicista alla fine del XVIII sec., in Civiltà musicale calabrese nel Settecento. Atti del convegno di studi (Reggio Calabria, 25-26 ottobre 1986) a cura di Giuseppe Ferraro e Francescantonio Pollice, Lamezia Terme, A.M.A., 1994 (Ricerche musicali dell¶A.M.A. Calabria, 3), pp. 29-69; DINKO FABRIS, Istituzioni assistenziali e congregazioni di musici a Napoli e nell¶Italia meridionale durante il viceregno spagnolo, in Confraternite, Chiesa e Società. Aspetti e problemi dell¶associazionismo laicale europeo in età moderna e contemporanea, Fasano, Schena, 1994, pp. 779-800; MARTA COLUMBRO, Storia e vicende del ceto dei musici: La Congregazione dell¶Addolorata nella Chiesa dell¶ecce Homo ai Banchi Nuovi, in La Congrega di S. Maria dell¶Addolorata dH¶ musici in Napoli al Largo Ecce Homo, a cura di Marina Fumo, Napoli, CUEN, 1999; pp. 7-12. 4 Nel presente articolo verranno utilizzate le seguenti abbreviazioni in riferimento a documenti e fondi esaminati: ASN (Archivio di Stato di Napoli); C.M. (Cappellano Maggiore); s.c. (Statuti e Congregazioni); R.S.C. (Real Camera di Santa Chiara) e ASBN (Archivio Storico Banco di Napoli). 5 I capitoli della Congregazione delli musici eretta in S. Brigida sotto il titolo e protettione delli SS. Pontefici Gregorio magno e Leone et S. Cecilia V., et M. l¶anno 1644 et aumentata il1649 al primo di luglio, sono trascritti in FABRIS, Istituzioni assistenziali cit., pp. 794-797. 6 ASN, C.M., s.c., f. 1196, inc. 46, statuto del 1655; ivi, f. 1201, inc. 1, statuti del 1699. 70


MARTA COLUMBRO

Cappella di S. Maria degli Angeli, suonatori di corde e musica, balli, trombette e ciaramelle, eretta nella chiesa di S. Nicola della Carità alla Regia Dogana;7 Arciconfraternita dell¶Addolorata in S. Nicola alla Carità dei Padri Pii Operai;8 Arciconfraternita della Beata Vergine dei Sette Dolori nella chiesa dell¶Ecce Homo ai Banchi Nuovi.9

A queste dobbiamo infine aggiungere quella dei fabbricanti di corde armoniche, corporazione da definire più artigianale che artistica, ma ugualmente importante per la sua vicinanza diretta con le componenti meccaniche dei più celebrati strumenti seicenteschi. L¶indagine svolta in merito, oltre ad osservare il punto di partenza della Corporazione così come si presenta nella realtà cinque-seicentesca, consente di tracciare un percorso lineare che si snoda per più secoli, fino all¶Ottocento, un percorso da cui emergono le problematiche, la specificità e l¶importanza di detta arte, fino alle ragioni della sua decadenza.10 Questa breve ricognizione sull¶antica arte dei cordari vuole tentare dunque di fornire un contributo atto a ricostruire alcune delle fasi meno note, ma non per questo meno incisive, della nostra storia musicale. Le poche fonti fino ad ora registrate unitamente ad un certo disinteresse, per la materia, fino a poco tempo fa ritenuta forse più marginale per la trattazione musicale, hanno lasciato un vuoto cognitivo che va senz¶altro compensato, specie per l¶area napoletana. Oggi finalmente si considera fondamentale la conoscenza di ogni aspetto costruttivo e meccanico relativo agli strumenti, giacché essa talvolta ci aiuta a meglio comprendere i livelli esecutivi adoperati dai nostri musicisti nei secoli passati.

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Ivi, f. 1201, inc. 31 e f. 1182, inc. 86, rispettivamente statuto del 1667 e riformazione del capitolo VII del 1681. Dinko Fabris fa risalire già al 1569 le prime capitolazioni di questa congregazione, cfr. Fabris, Strumenti di corde cit., p. 83. 8 Capitoli del 1732, ASN, C.M., f. 1184, inc. 22. 9 R.S.C., f. 19, inc. 1798. 10 Fondamentali e preziosi in questo campo restano gli articoli di PATRIZIO BARBIERI The Roman gut string makers 1550-2005», «Studi Musicali», XXXV/1, 2006, pp. 3-128. Cembalaro, organaro, chitarraro e fabbricatore di corde armoniche nella «Polyanthea» di Pinaroli (1718-32). Con notizie sui liutai e cembalari operanti in Roma, «Ricercare», I, 1989, pp. 111-205; in particolare sulla costruzione delle corde pp. 175-180. 71


I MAESTRI CORDARI NELLA NAPOLI CINQUE-SEICENTESCA

Tali aspetti costruttivi, a cominciare dalla struttura base, possono dunque fornire da un lato, importanti dettagli sulle strategie lavorative di volta in volta adoperate, e nel contempo possono avvicinarci perfino a meglio percepire l¶atmosfera, l¶ambiente, lo stile, il gusto e forse anche la tecnica, così come veniva intesa dalla scuola strumentale napoletana. La costruzione delle corde è un¶arte antica, complessa, che si piega a seguire lo sviluppo tecnico così come veniva richiesto dai nuovi atteggiamenti compositivi, ed anche in quest¶ambito si riscontrano poi significativi caratteri peculiari che distinguono, per un lungo arco di tempo, le varie scuole musicali italiane. Le informazioni ricavate dettagliano un articolato quadro non solo sulle vicende storico-sociali di questa particolare categoria lavorativa, ma offrono spazi di riflessione sugli aspetti più propriamente musicali e pratici riferiti alla manifattura delle corde armoniche. Non va per altro trascurato come gli artigiani napoletani rimasero per lungo tempo ai vertici massimi di questa arte, conservando gelosamente i segreti acquisiti con l¶estrema e duratura competenza; difatti i fabbricanti di vari paesi europei provarono ad imitarli portando avanti diversi esperimenti, senza raggiungere però gli stessi risultati o un buon successo. Il primato delle corde di minugia, come riportano diverse cronache, viene dato alla terra d¶Abruzzo, ed in particolare ai territori di Salle, Musellaro, Bolognano.11 Da questi paesi avrebbero avuto origine tutti coloro che poi l¶introdussero a Napoli, Roma, in Francia ed in Spagna, dove i loro stessi discendenti diventarono poi depositari di quest¶arte; di sicuro non furono storicamente gli abruzzesi i primi inventori, ma certamente va ad essi in gran parte attribuita la perfezione cui questo mestiere pervenne. Non si hanno neppure notizie precise su quando si sia sviluppata quest¶arte in queste zone da sempre votate principalmente alla pastorizia e, dunque, in qualche modo più vicine a trattare la materia prima utile a costruire le corde armoniche: le budella di pecore e capretti. La tradizione vuole che già questa si praticasse fin dal 1300. Solo 11

L¶$Eruzzo faceva comunque già parte del Regno di Napoli, a partire dal governo aragonese. 72


MARTA COLUMBRO

dopo la peste del 1656 in alcune scritture locali abruzzesi, quasi una sorta di censimento, vengono menzionati specificamente i cordari; nel catasto onciario di Salle si rileva, nelle carte seicentesche, l¶assenza di molti di questi dal territorio, poiché impegnati al lavoro delle corde di liuto in Foggia, Viterbo, Velletri, Orte, Anagni e Roma, mentre si registra il loro rientro dopo circa tre mesi.12 A quanto pare i maestri partivano ogni anno durante la Settimana Santa, per poi ritornare al paese natio dopo la festa di S. Giovanni a giugno. Si noti che questo lavoro, inizialmente stagionale, da svolgere fuori della zona d¶origine, dava loro la possibilità di poter poi affrontare le numerose incombenze offerte dalla campagna nel periodo estivo (mietitura ed altro). Comunque quali siano le origini è certo che a Napoli ben presto si istaurò quest¶arte in maniera stabile, duratura e proficua, divenendo col tempo così pregiata da essere riconosciuta valida per secoli anche all¶estero. Inizialmente dunque, ancora nel µ500, tale lavoro veniva svolto da singoli artigiani non stanziali, solo a partire dal µ600, quando la richiesta di mercato diventa più massiccia per la maggiore diffusione degli strumenti a corda e per la nascita di importanti istituzioni musicali (compresi i Conservatori), si avverte la necessità di creare specifici criteri statutari con il dichiarato obiettivo di stabilire regole utili alla sussistenza dell¶arte. La nostra corporazione, su queste basi, verrà infatti fondata nel 1653 13 da sei maestri: Francesco Sivo, Giuseppe della Monaca, Antonio Sivo, Giuseppe De Magistro, Giovanni Giacomo Moneta e Bernardino Di Giovanni.14 Come già era avvenuto per altre categorie sociali e per le stesse congregazioni musicali, i maestri cordari tendono fra di loro ad unirsi per far assumere maggior compattezza al loro ceto e per meglio regolamentare il mercato dell¶offerta e della distri-

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UBERTO D¶ANDREA, L¶antico abitato di Salle, Casamari, Tipografia dell¶Abbazia, s.d,, vol. I., pp. 69-111. 13 Lo statuto del 1653 sembra essere, allo stato attuale, il più antico per la storia napoletana. Lo studioso BARBIERI nel suo ponderoso articolo The Roman gut string makers cit., fa menzione di una congregazione romana i cui statuti risalgono già al 1599. 14 ASN, C.M., s.c., f. 1196, inc. 46. 73


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buzione, rispondendo in tal modo, oltre che ad una reale esigenza organizzativa, soprattutto ad una necessità legata alla mera sopravvivenza: Havendo considerato essi di detta Arte, che dal ritrovarsi quella senza regola, e modo di vivere, non può ricevere augmento alcuno anzi và in dies deteriorandosi e ne sono nati, e nascono altri inconvenienti; Per tanto a ciò possa augmentarsi, e per obviarsi à detti inconvenienti, hanno conclusa, e stabilita la seguente capitolazione da roborarsi con il beneplacito della Maestà del Re Nostro Signore, Dio sempre invittissimo guardi, acciò sortischi à servitio di Dio, della Maestà Sua, e del beneficio pubblico, mediante la protettione della Gloriosissima Vergine Maria, e intercessione del Glorioso Santo Erasmo protettore dell¶Arte. La quale Capitolatione si debbia osservare dagli huomini di quella, remettendosi l¶esecutione di Essa al Signore Eletto del F. P. che potempore sarà.15

Nonostante le buone intenzioni dichiarate, i capitoli statutari verranno nuovamente presentati a 32 anni di distanza, nel 1685; una vera e propria rifondazione della Cappella che vede stavolta attivi i discendenti dei primi firmatari, quali: Francesco Antonio Della Monaca, Nicola Sivo, Gaetano Di Giovanni, Alfonso Giordano (detto anche ³Fonzo´) e Giuliano De Lucca. La necessità di riproporre e ribadire gli atti fondanti della corporazione vengono ben riassunti già nelle parti introduttive:16 E come che l¶arte predetta da quel tempo a questa parte non ha possuto passare avanti, il tutto causato che a dette capitolazioni non si diede esecuzione e quando si havesse havuto da dare esequzione stante li pagamenti stabiliti erano materie de carlini, el huomini di detta arte erano pochissimi non possevano per tal causa e pagamento arrivare a mantenere lo che era stabelito in dette capitulazioni; e conoscendosi da essi di detta arte che in dies l¶arte predetta per non havere regola alcuna si va deterioranno per evitare l¶inconvenienti di loro mera, libera e spontanea volontà hanno fatto li presenti nuovi capitoli.

I due statuti, posti a confronto, ricalcano nelle linee generali indicazioni comuni a quelle in uso per altri mestieri, ma la nostra congregazione rivela una insistenza maggiore sui requisiti necessari richiesti per poter praticare quest¶arte e sulla tutela della professione.

15 16

Ivi, fol. 3v. Ivi, cap. II, fol. 4r. 74


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I vari capitoli regolano le modalità d¶ammissione, i rigorosi aspetti consociativi, gli oneri economici. Tale inquadramento risultava comunque indispensabile in quell¶epoca affinché i vari mestieri ricevessero il dovuto riconoscimento ufficiale, fungendo nel contempo da utili agenzie di mutuo soccorso per il proprio ceto. 17 Per il resto i due atti risultano del tutto simili nell¶impostazione, non mostrando nei contenuti grandi variazioni anche se, le prime capitolazioni, quelle del 1653, registrano un maggior numero di articoli al loro interno (19) mentre le seconde pur essendo un tantino più ridotte (16) risultano di certo più dettagliate, inasprendo gli obblighi e aumentando le tasse a beneficio della Cappella. Del resto già nella prefazione ben si chiarisce che gli statuti vengono riformati proprio a causa dei pochi fondi versati in precedenza nelle cassa comune: essendo pochi gli esperti del mestiere e per di più insofferenti rispetto alle regole da essi stessi dettate; dunque per non mandare l¶arte in collasso e per evitare molti altri inconvenienti si rifanno le capitolazioni ma questa volta esse insisteranno maggiormente, oltre che sulla reale fondazione di una Cappella, anche sulle opere di beneficenza e sui maritaggi per le figlie più bisognose dei maestri, uniformandosi in tal modo al buon vivere e al comportamento assunto dagli altri mestieri. Mentre il primo statuto appare effettivamente piuttosto sbrigativo in merito a pratiche assistenziali e caritative, il secondo cambia nettamente impostazione mettendo in mostra uno spiccato (per quanto poco convincente) µspirito di chiesa¶: Per primo hanno concluso e stabilito essi della detta arte, che si debbia et abbia da fondare una Cappella sotto il titolo al quale maggiormente l¶ispirerà la devozione, in quella Chiesa dove meglio li parerà e piacerà, e quella la debbiano dotare di una amministrazione, qualità sufficiente per la celebrazione di una messa perpetua in qualsiasi giorno di festa comandata, salario competente del clerico, deritto di sagrestia, apparati, et altro sarà di bisogno per la celebrazione di quella, da incominciarsi a far celebrare in detta Cappella la detta messa in qualsiasi giorno di festa comandata, elassi saranno anni quattro dal giorno che sarà imperato il Regio assenso e beneplacido alle presenti capitolazioni, quale qualità s¶obbligaranno essi huomini di detta arte pagarla anno per anno, et liberan ogn¶uno di essi la rata, sin¶a tanto che haveranno possibilità di fondare il capitale per il 17

Ogni mestiere richiedeva, in età post-conciliare un riconoscimento ufficiale acclarante la propria specificità ed esistenza, tant¶è che a Napoli il fenomeno congregativo assunse amplissime proporzioni presentando una vasta campionatura con il distinguo di varie tipologie riconducibili al luogo, alle finalità e al ceto (ottonari, caprettari barbieri, bambaciari ecc.). 75


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mantenimento di essa; però volenno far celebrare detta messa solenne in ogni giorno di festa prima di di detti quattro anni, stia ad eletione delli consoli pro tempore saranno di detta arte.18

Ecco la svolta, il punto nevralgico che sancisce l¶avvio di una nuova situazione: la ricerca di uniformità con le altre congregazioni. Molto si insiste nel formulare un apparato religioso che subito appare alquanto forzato e fittizio, vago com¶è proprio in quelle indicazioni che dovrebbero invece risultare fondamentali, rimandando per altro l¶attuazione degli uffici spirituali fino al raggiungimento di una certa solidità patrimoniale. Non crediamo dunque del tutto all¶autenticità di uno spirito religioso in parte indotto, giacché in vari altri consimili episodi,19 si ribadisce un¶adesione puramente formale a specifici parametri, ma necessaria per l¶inquadramento e la sopravvivenza delle stesse congregazioni. Va comunque sottolineato che lo spirito aggregativo veniva ad essere sicuramente fortemente incoraggiato tanto dallo Stato quanto dalla Chiesa che, oltre ad esercitare in tal modo un effettivo controllo amministrativo e spirituale, traevano da queste istituzioni anche benefici fiscali. Comunque in entrambe le capitolazioni il santo protettore rimane S. Erasmo. 20 Logicamente tale scelta non risulta casuale, ogni tipologia lavorativa eleggeva un deterPLQDWR VDQWR TXDOH WXWRUH GL XQ¶arte, di un mestiere, in base a precise simbologie che meglio si adattavano a rappresentare tale vicinanza. S. Erasmo, già protettore dei marinai, (noto anche con la contrattura del nome in S. Elmo), secondo la visione popolare subì come martirio l¶essere appeso alla gomena di una nave mediante i suoi stessi intestini,21 materia prima, fortunatamente animale, su cui i cordari fondavano la loro arte. 18

ASN, C.M., s.c., f. 1182, inc. 54, cap. I, fol. 5v. Col passare del tempo tutte le congregazioni musicali aumenteranno il loro impegno negli adempimenti religiosi, facendo officiare più messe ed imponendo ai confratelli regolari confessioni e comunioni. 20 La Corporazione inizialmente veniva intitolata a Gesù, Maria ed a S. Erasmo, nel secondo statuto la dedica rimane solo a S. Erasmo. 21 Le notizie riguardanti la sua vita ed il suo martirio sono riferite da una Passio abbastanza leggendaria, composta tra il secolo VI e XI, secondo la quale Erasmo, oriundo di Antiochia, all¶inizio della persecuzione di Diocleziano, si rifugiò sui monti del Libano, ritornato in città fu preso, scarnificato 19

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La Cappella sorgeva in prossimità della via al tempo denominata proprio µDè cordari¶,22 nelle vicinanze del Sedile di Porto; i maestri di quest¶arte svolgevano le loro attività situando le botteghe tutte in un medesimo luogo, e, nel nostro caso, in un luogo ben lontano dal centro abitato ed in prossimità di corsi d¶acqua, per il cattivo odore che tale lavorazione provocava, per gli scarti ritenuti infettivi e per il gran numero di topi che essa richiamava. Nel giorno del santo patrono, con una votazione segreta, si eleggevano due consoli che ricoprivano quest¶incarico per la durata di un anno, il primo fra gli eletti fungeva anche da tesoriere della congregazione. A ciascun capo di bottega venivano poi assegnati determinati ³caprettari´ (macellai) per il rifornimento della materia prima, con questi la congregazione aveva stabilito una qualche particolare convenzione che riduceva e bloccava i prezzi normalmente praticati. Le merci, le budella, ritirate dai macellai venivano equamente suddivise fra i capi di bottega il 1° di aprile; era fatto obbligo, in tale occasione, il versare una quota in favore della congregazione. Inizialmente (nel 1653) si trattava di un carlino al mese, ma in seguito tale tassa non sarà così esigua e generalizzata in quanto i fondi da destinare alla Cappella verranno dettagliati in base al numero dei mazzi di corde relativi ai singoli strumenti, con una riscossione che avveniva addirittura settimana per settimana, man mano che si fabbricavano le corde. Questo dettaglio ci consente di poter valutare e di conoscere meglio la diffusione ed il valore all¶epoca attribuita proprio agli stessi strumenti musicali: Per terzo hanno concluso e stabilito essi dell¶arte, che a ciascuno di quelli, li quali al presente esercitano detta arte ut sopra congregati nel tempo della spartenza delle merci servono per detta arte ad ogn¶uno di essi si debbia dare la parte intiera, e debbia pagare per il mantenimento della detta Cappella, et arte per ogni mazzo di corde di chitarra di e rinchiuso in carcere. Liberato miracolosamente passando per Sirmio, dove ebbe a subire persecuzioni da parte di Massimiano, giunse a Formia dove poco dopo morì. Incerta è la qualifica di Vescovo della città attribuitagli da documenti posteriori. Nel secolo XIII scene del suo martirio vengono riprese nel candelabro pasquale del Duomo di Gaeta. Tale iconografia è già presente dall¶VIII sec., più tardi lo si raffigura in abiti vescovili e quale protettore dei marinai, con un argano con attorcigliata una gomena; così appare in alcune pitture e sculture tedesche del XVI e XVII sec. Talvolta, seguendo l¶interpretazione popolare data alla rappresentazione, in luogo della gomena sono attorcigliati all¶argano gli intestini del Santo. Cfr. Enciclopedia Cattolica, Roma, Città del Vaticano, 1950, vol. V. 22 La toponomastica relativa alla via dei cordari è relativa al µ700, non ci sono infatti riferimenti a questa strada nelle mappe cittadine relative al µ600. 77


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settole, seu corde sissanta, un grano, per ogni mazzo di corde di violino di settole, seu corde trenta, un grano, che ogni quattro mazzi fanno un telaro a ragione di grana quattro il telaro, et il medesimo deritto si debbia pagare circa le corde dœarpa, et violone; piÚ per ogni armaggio di viola di corde quattro lœarmaggio grana due a raggione di mezzo grano la corda, per ogni corda di tromba marina un grano e per ogni pezzo di battere bambace, e per ogni mezzo pezzo mezzo grano; con esser tenuto ogni maestro dare notizia al consolo tesoriero sera per sera delle quantità di corde di chitarra, ed altri istromenti farà , acciò non si possa commettere fraude alcuna per il pagamento delli detti diritti di detta Cappella, e quello si debbia pagare da ognœuno di detta arte settimana per settimana al detto console tesoriero, dal quale si debbia fare libro a parte per detta esigenza, et di quello dichiarare quanto esigge, e da chi lœesigge, e per quale causa lœesigge.23

Alcuni termini presenti nel su citato articolo potrebbero destare qualche perplessitĂ nei lettori, mi riferisco alla parola ÂľsettoleÂś posta a definire le corde di chitarra e di YLROLQR QRQFKp DO FRVLGGHWWR SH]]R GL ÇĽEDWWHUH EDPEDFHÂś. Le setole normalmente stanno ad indicare i peli piĂš duri della pelle degli animali, nella lingua napoletana in particolare tale termine si utilizza soprattutto per il maiale; in senso piĂš generale tale parola può riferirsi anche a bacchettine rigide semplici ricavate dalle interiora di vari animali.24 Ăˆ FKLDUR FKH QHO QRVWUR VWDWXWR OD GL]LRQH ÇĽVHWWROHÂś utilizzata in una maniera forse un poÂś gergale, si riferisca comunque alle budella pecorine visto poi le numerose proibizioni, ben presenti nelle capitolazioni, che impediscono a questi antichi artigiani di poter fabbricare corde con altri materiali. Ed infatti di grande interesse appare la sollecita attenzione a non commettere frode nella costruzione delle corde, tenendo ben conto della qualitĂ dei materiali, requisiti che ben spiegano la grande fama da Napoli nel mondo anche in questo settore, ed era dunque tassativamente proibito fare corde con ÂľsfilacciÂś, o con intestini spaccati, o attingere la materia prima da altri animali che non fossero ovini.25 Oltre ciò a quale particolare attrezzo si può far risalire il termine di battere bambace? Certo questo strano appellativo compare nellÂśultimo gradino dellÂśelencazione del prezzo delle corde armoniche da attribuire a ciascuno strumento, e quindi si è spinti facilmente ad immaginare che anche questo ÂľpezzoÂś si destinasse ad un qualcosa di 23

ASN, C.M., s.c., f. 1182, inc. 54, cap. III, fol. 5r. Cfr. voce setole, in Grande Dizionario Enciclopedico UTET, Torino, Tipografico-Editrice Torinese, 1991, vol. XVIII, pp. 667. 25 ASN, C.M., s.c., f. 1182, inc. 54, cap. IV, fol. 5. 24

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sonoro, magari legato all¶area popolare. In un primo momento il pensiero si è spostato proprio sulla tradizione più folklorica napoletana, e, sulla base di testimonianze molto antiche,26 si poteva addirittura ipotizzare che una tale corda venisse utilizzata SHU OR VIUHJDPHQWR GHO QRVWUR ǥSXWLS ¶ o per percuotere altri particolari oggetti con lo scopo sempre di ricavarne suoni. Ma a sgombrare il campo da simili suggestioni sono state le ulteriori ricerche, con la visione di altri carteggi, che hanno infine confermato LO IDWWR FKH L ǥFRUGDUL¶ preparavano e vendevano i loro manufatti anche ai cappellai, alle industrie del cotone e per il confezionamento di fruste e racchette, per cui il termine in oggetto va preso unicamente, a mio avviso, in senso letterale indicando semplicemente un aggeggio utilizzato per battere la bambagia, ossia il cotone. Tornando alle nostre regole, molte di queste si riferiscono unicamente all¶apertura dell¶esercizio commerciale. Solo quelli che avevano maturato una continuità lavorativa nel settore, nella città di Napoli, per un numero di 10 anni consecutivi e previo esame di idoneità svolto alla presenza dei Consoli dell¶arte, acquisivano il titolo di ³maestro´, versando infine una tassa di ducati 15 a beneficio della Cappella. Ai nuovi entrati, per la durata di 5 anni, veniva però distribuita la metà delle merci normalmente spettanti ai capi bottega, trascorso il lustro essi potevano finalmente ricevere la parte intera. Non erano previste agevolazioni nemmeno per i figli dei maestri ai quali toccava, giustamente, subire la stessa trafila. Solo in caso di morte di un mastro di bottega si concedeva al figlio maggiore, e sempre nel rispetto delle norme già indicate, di poter saltare la fase prevista dal quinquennio, ricevendo la parte intera della merce. Le stesse regole valevano anche per eventuali associati alle botteghe. Unica eccezione che conferma la regola viene concessa, e fin dal primo statuto, agli eredi di un tale Andrea Follacchio, ai figli Antonio e Giuseppe «havendo considerato il beneficio fatto all¶arte dal quondam Andrea Follacchio à tempo esercitava detta arte»,27 26

Un suggestivo spunto lo si trova nel volume di BARTOLOMEO CAPASSO, Napoli greco-romana, Napoli, Berisio, 1987 (ristampa dell¶edizione del 1905) dove, in merito alla visita di Nerone, raccontata da Svetonio, si fa riferimento ad un particolare tipo di acclamazione, di applausi, di uso locale, prodotti con strumenti denominati bombi, embrici e cocci, corrispondenti agli attuali strumenti popolari quali putipù, mattoni e craste. 27 ASN, C.M., s.c., f. 1196, inc. 46, cap. 3, fol. 4. Le prerogative dei Follacchio saranno mantenute anche nelle nuove capitolazioni. 79


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questi, pur non essendo istruiti nel mestiere, ricevono le parti intere delle merci per farle lavorare, in loro nome, dagli artigiani competenti; per tale ragione pagheranno tutto le imposte come gli altri, allo loro morte cesserà però ogni privilegio. Ogni cordaro doveva lavorare solo le budella assegnategli secondo unœequa distribuzione, senza cercare in nessun modo di ingrandire lœattività , addirittura nellœHYHQWXDOLWj FKH VLD SXUH SHU VEDJOLR L ǼFDSUHWWDULœ fornissero piÚ pezzi del dovuto, anche questo andava immediatamente reso noto per ripristinare lœoriginale spartizione. Il timore di una concorrenza sleale pervade tutti gli articoli degli statuti, prevedendo pene severe che andavano dalle multe, alla perdita delle merci e finanche alla carcerazione. Le donne venivano escluse da questo mestiere, e la cosa non ci meraviglia, per esser detta arte di uomini e non di donne,28 nel senso però della gestione dellœimpresa. giacchÊ veniva loro consentito, per lo meno nel secondo statuto, di assumere il ruolo di lavoranti semplici senza però poter passare mai di livello.29 Molta attenzione veniva infine data alla crescita del capitale accumulato dalla Cappella, prevedendo, una volta accantonata una certa somma di depositarla in un pubblico banco a nome del tesoriere; raggiunta poi una certa cifra, considerata piuttosto ragguardevole, questa veniva impegnata in di una serie di investimenti, con entrate annue, è da farsi tassativamente con luoghi pii e con beni stabili nella città di Napoli e non nei suoi Casali.30 La previsione di future maggiori entrate faceva crescere anche lœattenzione per i piÚ bisognosi del ceto, oltre ai maritaggi, erano previste anche spese di sostentamento per le vedove dei maestri e guardando il letto viduale, e non altrimente,31 ed unœelemosina elargita per i funerali dei piÚ poveri del loro ceto. A queste fondamentali informazioni se ne aggiungono altre, reperite mediante lo spoglio di carte notarili e di polizze di bancarie.

28

Ivi, cap. 7, f. 5v. Questo riguarda lo statuto del 1685, quello precedente al capitolo 3 disponeva unÂśesclusione totale. Cfr. C.M., f. 1196, inc. 46, fol. 30 Ivi, cap. 17, fol. 7v. 31 Ivi, cap. 14, fol. 6v. 29

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Un primo documento datato 1682, presente nei fasci del Notaio Matteo Pietro Ottaiano, segnala una stipula di un contratto societario fra Giuliano de Lucca, Alfonso Giordano e Gaetano Di Giovanni; questi uniscono le loro forze lavorative fondando una societĂ per la durata di sei mesi, a partire dal 27 di aprile del suddetto anno. Gli introiti verranno divisi equamente fra i contraenti, dopo aver dedotto spese e fitto della bottega. A carico del solo De Luca resta la paga di tale Agostino Cioffo, 32 assunto come lavorante, per la stessa durata del contratto societario, con la paga di tre carlini al mese; inoltre informazioni rilevanti ci vengono fornite circa i prezzi stabiliti e le misure di lunghezza delle corde: metĂ delle corde misuravano palmi sette e mezzo con un costo di ducati 51 al migliaio, mentre lÂśDOWUD PHWj GHILQLWH ÇĽFRUGH OXQJKH DOOD URPDQDÂś costano ducati 61. Presenti negli stessi incartamenti notarili, visualizzati al momento fino al 1685,33 ulteriori convenzioni di vendita, capaci di farci rilevare lÂśallargamento la diffusione e la tenuta economica dellÂśattivitĂ commerciale. Vi sono infatti stipule tra gli altri maestri cordari di Napoli, quali Nicola Sivo, Alfonso Giordano, Gaetano de Giovanni e Francesco Antonio della Monica con Giuseppe Follacchio. QuestÂśultimo acquista le corde, con le solite prerogative, ma stavolta per conto di Salvatore Pantalone di Roma. Ăˆ chiaro che i Follacchio, discendenti di Andrea (come abbiamo visto uno dei probabili capostipiti dellÂśarte cordaria napoletana), sviluppano un rapporto privilegiato con i membri della congregazione: non fabbricando direttamente corde sfruttavano però il beneficio di comprarle e venderle, Giuseppe fungeva da intermediario tra le ditte napoletane e quelle romane, mentre suo fratello Nicola manteneva similari contatti con i fornitori pugliesi. Giuseppe e Nicola Follacchio risultano ambedue titolari di conti bancari a Napoli, le poche cedole visionate forniscono una campionatura che, ordinata cronologica-

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In alcuni documenti settecenteschi tale Cioffo viene menzionato a capo di una bottega di corde armoniche. 33 I contratti si susseguono nel corso degli anni mantenendo sempre le stesse modalitĂ . 81


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mente, ci fornisce utili ragguagli sul raggio delle loro attività offrendoci, per altro, i nomi dei loro contatti e dei loro fornitori:34 A Giuseppe Follacchio ducati 87 et per lui a Francesco Petrillo e Carlo Antonio Fatio, e servono per le corde di chitarra e liuto con la procura del prezo, et resta intieramente sodisfatto così di questo come pe ogni altro conto e per loro a Giuseppe Ciminelli per altrettanti e per esso ut sopra. (2 gennaio 1674).35 A Nicola Follacchio ducati 60, et per lui a Carlo Guarino, et Nicola de Martino, et sono per tante corde di chitarra, mandateli da Gaetano Morra di Lecce con suo ordine pagabile a Carlo Guarino, et Nicola de Guarino [sic]; et con questo pagamento resta intieramene sodisfatto; et per essi a Matteo Panzuto per altritanti. (12 agosto 1682).36 A Giuseppe Follacchio ducati 30 e per esso a Giulio Crancia per mandargliene tante corde di chitarra per prezzo fra essi d¶accordo. (14 marzo 1687).37

La corporazione dei maestri cordari mostra una presenza durevole e fattiva nel tempo. L¶osservazione delle sue vicende ci consente, nonostante numerose lacune sulla continuità cronologica dovuta alla scarsa documentazione delle fonti d¶archivio, di fornire un ulteriore apporto alla storia delle congregazioni, e, per vie più generali, di ricostruire tasselli importanti dei percorsi musicali napoletani. A tal fine resta utile segnalare alcune fonti relative al Settecento per osservare il successivo sviluppo di questa particolare categoria e far maggior luce su alcune pratiche seicentesche che permangono nel tempo. Interessanti notizie si ricavano da una causa intentata alla Gran Corte della Vicaria, nell¶anno 1797, da Anna Maria Bianco, vedova del maestro cordaro Pietro Cioffo, contro Nicola Castiglione di Napoli, citato per inadempienze contrattuali in una società di corde armoniche. Da questa fitta documentazione apprendiamo che la fabbrica di Cioffo (o Cioffi) risulta essere una delle 5 botteghe che a Napoli godeva della privativa Reale, ma né la vedova in questione, in quanto donna, né suo figlio Giovanni, ancora apprendista, potevano gestirla per proprio conto, per questo si rivolsero al Castiglione, per poter esercitare lo stesso il commercio in conto sociale, per la durata 34

Ringrazio gli amici Paologiovanni Maione e Francesco Nocerino per avermi fornito indicazioni su alcuni documenti bancari e notarili. 35 ASBN, Banco dello Spirito Santo, 2 gennaio, giornale matr. 557. f. 26. 36 Ivi, 12 agosto 1682, giornale matr. 627, f. 54. 37 ASBN, Banco di San Giacomo, 14 marzo 1687, giornale matr. 456, f. 315. 82


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di 4 anni. Fra i patti, oltre alla percentuale da dare alla Bianco sulla vendita delle corde, restava anche l¶impiego come lavorante da garantire a Giovanni Cioffi, con la paga mensile di 30 carlini. Ma il Castiglione, adducendo varie scuse, dopo solo due mesi dalla stipula del contratto, aveva in realtà venduto le forniture della ditta Cioffi, traendone per altro maggiore profitto, a delle botteghe romane con cui si era consociato (la celebre ditta Pica, Tosatti e Castiglione). La lite fra questi contendenti si protrae a più riprese con un botta e risposta che vede le colpe addebitate al Castiglione ed il conseguente scioglimento della società; una storia che rischiava di sortire conseguenze tragiche giacché quest¶ultimo, il Castiglione, fra le varie vicissitudini, non volendo versare le quote spettanti al giovane Cioffi, lo aveva infine rinchiuso in un suo magazzino da dove il ragazzo, dopo una intera giornata, era riuscito a fuggire solo la sera tardi, grazie all¶aiuto di alcuni abitanti del luogo «tutto sbigottito e con le calze tutte rose da morsi di zoccole». Ammalatosi per tale ragione il giovane non si recò al lavoro per quattro giorni, ed anche di questo si avvalse il Castiglione per poterlo licenziare e non pagare dichiarandolo inadempiente senza giustificazione. La faida delle corde armoniche ci consegna uno spaccato sociale veritiero che ben spiega le pressanti preoccupazioni di questi artigiani affinché ci fossero regole ben precise ed una vigilanza costante per farle rispettare. Nei carteggi della causa ritroviamo infatti i periti dell¶arte, Donato de Guida e Vincenzo di Rocco, chiamati alla disamina dei fatti e per il controllo dei conti societari. Fra le varie spese, che ora andiamo a riportare per fornire dettagli concreti di un¶economia reale, vale la pena di sottolineare quella prevista per il torcitore, di ducati 9 al mese, cifra che dà conferma della particolare importanza di questo ruolo all¶interno delle botteghe: Conto di Società fra Madama Bianco e Nicola Castiglione dal primo di quadresima 1798 a tutto settembre 1799. Dare di M.a Bianco n. 5232 budella pagati a rispettivi caprettari come sotto rescritti d. 313,92 Dalla vidua Vita budella n. 2214 a grana 6 importano 132.84 Da Ferdinando Avallone budella n. 1479 a grana 6 importano 88,74 Da Antonio Buonocore budella n. 898 a 6 importano 53,88 Da Francesco Buonocore budella n. 641 a 6 importano 38,46. 83


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Per regalo d¶inzogna dato alla vidua di Francesco Vita d. 5 Per regalo alli garzoni della medesima carlini 10 Per regalo alli garzoni dei fratelli Buonocore carlini 20 Per mesate sette ad un torcitore giusta il patto dell¶istromento d. 63,00 Per feccia per nove mesi d. 20,00 Per nove mesate a detta M.a Bianco d. 81 Per anticipazione fatta alla medesima alla stipula dell¶istromento d. 50,00 Per tanto lardo, ed inzogna dato alla medesima d. 10,75 Per anticipazione fatta di mesate alla medesima d. 2.00 Somma del suo dare d. 548,67. Avere di M.a Bianco per mazzi 94 di cantini a 3 fili per tanti ricavati dalle di contra budelle in summa di n. 5232 giusta il patto apposto nell¶istromento a Maria 18 di detti cantini a 3 fili per ogni 100 budella, a grana 60 il mazzo d. 564,90 Per un altra [sic] mesata che deve il Castiglione a detta Bianco d. 9 Per dieci mesate dovute al figlio di detta Bianco Giovanni Cioffo giusta il patto dell¶istromento a carlini 30 il mese d. 30,00 somma del suo avere d. 603,90. Ristretto di conto Avere di Maria Bianco, e Giovanni Cioffo come sopra importa d. 603,90 Dare di detta Bianco, e Cioffo come di contro importa d. 548.67 Restano creditori i detti Bianco e Cioffo dal Castiglione d. 55,23.

È interessante notare, dunque, come le regole istituite in un lontano passato siano sopravvissute in quest¶arte: la vedova non può risultare intestataria della bottega, rimangono le assegnazioni fisse dei caprettari per ciascun maestro, i periti dell¶arte, ovvero i consoli, controllano che si rispettino i loro regolamenti e inoltre la corporazione appare quanto mai presente ed incisiva, al punto tale da essere riuscita a salvaguardare, grazie alle privative, i maestri ed i loro commerci: Supremo Magistrato del Commercio Informatosi dai negozianti di corde armoniche di questa Città essi hanno il privilegio della privativa almeno per 20 anni alle cinque fabbriche di corde armoniche, ha il magistrato del Commercio trovato ragionevole tal domanda da potersi sovranamente dichiarare che ferma rimanendo la privativa concessa alle fabbriche dell¶Aquila e di Sulmona, e da quando la libertà di erigersi nuove fabbriche in altri luoghi del Regno, ove non ve ne siano, non possono in Napoli e nel distretto, oltre delle cinque fabbriche esistenti mettersi per 20 anni altre fabbriche, acciò gli attuali fabbricanti di Napoli, garantiti dal privilegio della privativa acquistino qualche sicurezza di loro capitali, impieghino in tal negozio maggiori somme e migliorino le manifatture delle corde, onde vi si aumentino

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le commissioni degli stessi; crescendo lÂśestrazione di tal genere cresca altresĂŹ lÂśimmissione del denaro dello Stato in aumento del commercio nazionale.38

Uno stato di cose davvero ottimale per poche famiglie ma che non durerà ancora per molto, un radicale mutamento toccherà di lÏ a poco lœintero sistema delle congregazioni39 ed anche lœambito di questo particolare mestiere che, visto gli elevati costi delle corde di budella, vedrà sempre di piÚ preferire lœutilizzo di corde di metallo: Oggi in Napoli le due principali manifatture di corda sono quelle del Putti, che sposò lœerede di Pica, e quella del Ruffini di Roma. ci ha ancora la vedova Guida, lœAvallone ed il Perrone che trafficano di agnelli e capretti, i quali tengono bottega ma giovansi tutti dellœopera di quelli di Salle e Mosellaro, che ogni anno dalla patria loro al fin de esercitarvi questœarte: e poichÊ essi non sono che operai subordinati, lœonore dellœarte si sostiene con Putti e col Ruffini. Oggi tale arte è scaduta. Il grave deterioramento ebbe inizio prima dellœinvasione francese del 1797 e dal governo in quei trambusti dellœItalia stabilito a Roma, a cui piacque rievocare il privilegio che avevano i manifattori di comperare essi solo e a prezzo determinato tutte le budella dei capretti e degli agnelli che si uccidevano. Si sciolse allora la società dei manifattori di corde, le botteghe cessarono, e le libertà menò alla licenza. Tutte le botteghe che erano in Francia, agevolavano già lo spaccio delle corde, i beccai cominciarono a vendere piÚ a caro le budella, sorsero molti guastamestieri, e venne da ultimo la moda degli strumenti a fiato a rendere meno ricercate le corde di minugia, sÏ che di presente questœ industria languide e neglitta.40 38

Grazie ad una segnalazione di Francesca Seller aumentano i dettagli sulle privative. In una lettera del 29 agosto del 1804 i firmatari (Irene Angelucci fu Angelo Pica, Antonio Castiglioni e C., Raffaele Giordano fu Michele, Francesco Magnetta, Donato di Guida, Nicola Castiglione, Giuseppe de Guida) ricordano che nel 1791 fu accordata privativa di esercizio a 5 fabbriche. Dopo sei anni fu richiesta proroga per altri 20; il Re acconsentĂŹ concedendo altri 10 di proroga dal marzo 1798. Ora nel 1804, questi richiedono un ulteriore proroga di anni venti per accordi giĂ stabiliti con i caprettari. A questD PLVVLYD YD DG DJJLXQJHUVL XQD VXSSOLFD GHO QRYHPEUH GL $QWRQLR *DJOLDQR ÇĽ0DHVWUR di corde armonicheÂś contro la proroga della privativa. Si apprende cosĂŹ che il Gagliano lavorava in una fabbrica romana lasciata la quale, in seguito a contrasti, fu assunto da di Guida a Napoli; in breve il supplicante chiede che la privativa sia estesa anche a lui. Una lettera ufficiale del Ministero, datata 6 marzo 1808, afferma la necessitĂ di trovare un accordo con il Gagliano per poi smetterla di concedere proroghe su proroghe alla suddetta privativa. Cfr., ASN, Ministero degli Interni, II Inventario, fascio 5967. 39 ASN, Ministero degli Interni, Arti e Mestieri, Inventario II, fascio 565, Reale Istituto di Incoraggiamento delle Scienze Naturali: Gli individui dHÂś ceti delle arti abolite in Napoli espongono che ciascunÂśarte ebbe la propria Cappella, aveva molti fondi acquistati di tempo in tempo, le cui rendite servivano per opere di pietĂ e per maritaggi delle figlie dHÂś rispettivi individui. Dopo lÂśabolizione di dette Arti avvenuta nel 1826 i beni delle medesime sono rimaste in abbandono, e le rendite vengono dilaniate da chi non vi vanta alcun diritto. Implorano quindi le disposizioni le piĂš energiche allÂśIntendenza di Napoli perchĂŠ prenda cura delle rendite e per lÂśavvenire progetti un metodo da far servire esse rendite al culto divino e per le opere di pietĂ . Maggio 1928 40 Cfr. NICOLA GIUSEPPE DURINI, Delle corde di minugie, ÂŤAnnali del Regno di NapoliÂť 1835, tomo IX, pp. 5-9. 85


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Da alcuni articoli e Dizionari sempre di epoca ottocentesca,41 riusciamo a ricostruire le tappe fondamentali della manifattura delle corde armoniche, nonché sostanziali rilievi circa alcuni tratti peculiari della rinomata tradizione napoletana. Il ciclo produttivo iniziava ogni anno a Pasqua, quando i primi agnelli di pochi mesi venivano macellati, e si concludeva a fine ottobre. Rispetto a quelle d¶oltralpe, il pregio delle nostre corde era principalmente dovuto alla giovane età dei capi di bestiame impiegati, essendo la lana dei montoni italiani poco pregiata e quindi non remunerativa, essi venivano macellati quando erano ancora agnelli di meno di un anno. I cordari prendevano la materia prima, detta ³paratura´ (forse µparti¶), come già detto, da alcune botteghe di caprettari loro preventivamente assegnate dal console della corporazione, nessun maestro poteva acquistare merci da botteghe diverse, prevedendo per questa mancanza delle pene che andavano, a seconda dei casi, dalle multe, alla perdita delle parti, o addirittura alla carcerazione. Dal dettaglio di conti e bilanci, nonché da dichiarazioni giurate di alcuni ³caprettari´, si riesce a stabilire da quali tipi di animali i nostri maestri ricavassero poi le corde. Gli ovini in oggetto vengono infatti denominati, in questi carteggi, in maniera diversa a seconda del periodo della loro nascita e l¶età della madre: mayorini, castrati e vernaccini, ciabarelle e pecore.42 Gli intestini di questi animali, sottili e resistenti, erano universalmente ritenuti i più adatti alla fabbricazione delle corde, specie di quelle più sollecitate dell¶intera famiglia degli strumenti ad arco: i cantini dei violini A seconda dei vari tipi di animale, della loro età, e in relazione al lavoro delle corde, le cosiddette ³capature´ presentavano un prezzo diverso: per mayorini, vernaccini

41

Ivi, p. 8. Cfr., anche: Nuovo Dizionario Universale Tecnologico o di Arti e Mestieri e della Economia Industriale e Commerciale, compilato dai signori Lenormand, Payen, Molard jeune, Laugier, Francoeur, Robiquet, Dufressnoy et alii, Venezia, Giuseppe Antonelli, 1837, vol. XIX. 42 Dicesi agnello il nato della pecora fino all¶età di quattro mesi, abitualmente si distinguono in base all¶epoca della nascita o all¶età della madre in Primitivi o Natalizi, forse corrispondenti ai nostri Maiorini (nascono in settembre-ottobre da pecore adulte); Vernacci, Cordeschi o Pasquali (nascono in gennaio-febbraio da pecore primipare), e Mulacchi (nascono in primavera da poche pecore che non hanno filiato prima), cfr. voce agnelli, in Grande Dizionario Enciclopedico UTET, Torino, Tipografico-Editrice Torinese, 1991, vol. I, pp. 336-337. 86


MARTA COLUMBRO

e castrati ogni capatura costava 6 grana lœuna, mentre quelle di ciavarelle un grano lœuna.43 Dopo la macellazione il budello doveva essere subito estratto e liberato dalla materia fecale, per evitare che lœazione corrosiva di questœultima ne menomasse le caratteristiche meccaniche. Erano necessari dunque numerosi lavaggi e non è un caso che tali manifatture, come già accennato, sorgessero preferibilmente vicino ai corsi dœacqua. Questo stato di cose permane ancora nellœ800: risulta infatti che i francesi, pur avendo introdotto lœuso del cloruro di potassio e del perbolato di sodio come disinfettante, considerarono sempre le botteghe dei cordari focolai dœinfezioni pericolose per la zona in cui erano ubicate. Delle quattro membrane che costituiscono lœintestino si prendeva quella piÚ resistente che era la muscolare, questa veniva innanzitutto ben raschiata, poi sgrassata e veniva per questo il budello messo a macerare in un catino contenente acqua mista a ǼSRWDVVDœ e forse a qualche altra sostanza nota solo al Maestro che ne custodiva geloVDPHQWH LO VHJUHWR 7DOH VROX]LRQH FKH L QDSROHWDQL FKLDPDYDQR ǼIHFFLDœ o anche ǼUDQQRœ, veniva cambiata tre volte al giorno e sostituita via via con una piÚ forte. Tra unœoperazione e lœaltra il budello veniva ripassato con un ditale e sciacquato in acqua pura. Tutto ciò proseguiva per alcuni giorni, fino ad un massimo di circa sedici. Dopo un accurato lavaggio in acqua pura i budelli, già suddivisi per qualità , essendo i migliori destinati ai cantini ed i peggiori alle grosse corde di contrabbasso, erano pronti SHU HVVHUH ǼILODWLœ. In alcuni casi se la lunghezza della corda che si voleva ottenere risultava inferiore a quanto previsto, allora si facevano delle giunture mediante cuciture. Per la cucitura si utilizzavano i filamenti staccati degli intestini stessi durante lœoperazione di raschiatura. Anche la cucitura meglio eseguita introduceva disomogeneità nella corda che aveva poi ripercussioni negative sul suono. Per questo tale operazione, menzionata invece in vari dizionari di arti e mestieri, veniva proibita, per lo meno a Roma e a Napoli, e anche con pene severe, già negli statuti congregativi del ¾600. 43

Tali notizie vengono riportate dal conto del macellaio Ferdinando Avallone, testimone della causa Bianco contro Castiglione, cfr. ASN, Gran Corte della Vicaria, Ord. Zeni, inv. 725, f. 114/19. 87


I MAESTRI CORDARI NELLA NAPOLI CINQUE-SEICENTESCA

Ogni corda armonica era costituita da un certo numero di budelli (in proporzione al diametro richiesto) i quali venivano attorcigliati tra loro grazie ad una particolare macchina. Una delle estremitĂ della corda era assicurata ad un gancio, si fissava poi al di sotto un peso di varie dimensioni per tenderle e poi ruotarle per farle bene attorcigliare secondo i dettami desiderati; le budella giĂ precedentemente erano state impregnate con una soluzione a base di allume di rocca per indurirle. Poi le corde venivamo messe ad asciugare su telai, sbiancate, tenendole per una nottata in una stanza contenente vapori di zolfo e poi ancora rifinite con strofinature fatte con crini di cavallo e sostanze varie. Infine si ungevano con olio di oliva e si avvolgevano in matasse per essere impacchettate. Il numero di budelli necessari per la costruzione di ogni corda variava da un minimo di due ad un massimo di 50 (tale numero serviva poi a distinguere ed a contrassegnare la corda stessa). Era proibito utilizzare corde spaccate (ovvero budelli suddivisi longitudinalmente). Non era un lavoro facile giĂ in partenza, a causa proprio del diverso spessore di uno stesso intestino,44 cosicchĂŠ anche nellÂśintrecciare piĂš fili per formare una corda, facilmente si creavano dei dislivelli che avrebbero poi portato ad una negativa ricaduta sullÂśemissione del suono. La distribuzione delle varie fasi lavorative avveniva secondo una graduazione dei ruoli e delle competenze, ben specifica ed a struttura verticistica, ma in caso di necessitĂ a tutti era richiesto di espletare ogni sorta di incombenza, anche la piĂš umile. 'L EDVH YL HUDQR L ÇĽPD]]LHULÂś, ad essi competeva nei giorni pari di ciascuna settimana, andare dai macellai a raccogliere le loro merci per poi iniziare le fasi della loro SXOL]LD SRL YL HUDQR JOL ÇĽVWULVFLDWRULÂś con lÂśincarico di ungere, lustrare e conservare le FRUGH JLj IDWWH L ÇĽFDSDWRULÂś addetti a dividere le budella sulla base della loro grandez]D L ÇĽWRUFLWRULÂś ed infine vi era il Maestro a capo della bottega che sovrintendeva a tutte le operazioni determinando le proporzioni delle varie misture, per infine sceglie44

Gli intestini, composti dal duodeno, dal digiuno e dallÂśileo, presentano nella loro lunghezza, spessori diversi: piĂš sottile il duodeno, piĂš spesso lÂśileo. 88


MARTA COLUMBRO

re le budella che si dovevano filare a due, tre o quattro capi.45 Ciascuna di queste categorie era impegnata per anni a sostenere lo stesso ruolo, per poi molto gradatamente passare ad un gradino lavorativo successivo. La bottega va quindi intesa in senso lato, certo luogo di lavoro per realizzare le proprie merci, ma anche laboratorio dove si consumava la crescita e la formazione di chi impara gradatamente l¶arte attraverso il contatto con l¶esperto, custodendo la tradizione ed i segreti di un mestiere che veniva tramandato a livello generazionale e mantenuto nell¶ambito ristretto dello stesso organismo lavorativo. I maestri cordari di Napoli rimasero, nel corso del tempo, rinomati e imbattibili in quest¶arte, in virtù della piccola taglia degli animali, del clima secco e temperato e di vari segreti adoperati per la manifattura. I fabbricanti di vari paesi, italiani e stranieri provarono ad imitarli, però senza successo. Addirittura nella città di Parigi i cantini napoletani vennero sottoposti ad attente analisi: ne risultò che essi erano piccolissimi al punto tale da destare il sospetto che i nostri maestri utilizzassero gli intestini non di ovini ma di altri animali. I fabbricanti francesi46 considerarono anche la possibilità che i napoletani usassero agenti chimici particolari per ridurre la dimensione del budello. Infine, non risolvendo il problema, cominciarono ad ammazzare castrati sempre più giovani e a far corde con le budella addirittura del cane e del gatto!

45

Le corde più sottili, quelle lavorate con un minor numero di budella servivano come prime, seconde e terze corde per diversi strumenti musicali mentre le più grosse si destinavano ai violoncelli ed ai contrabbassi, e le grossissime venivano fabbricate ad uso dei cappellai e dei manifattori di cotone. 46 Tale arte fu introdotta in Francia nel 1766 da tale Nicola Savarano, napoletano, che aprì una manifattura a Lione. 89



Francesco Nocerino DEL GENERE DIATONICO, CROMATICO ED ENARMONICO SUGLI STRUMENTI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO L¶arceleiuto, l¶arcesordellina, l¶arceteorba e l¶arcebordelletto, l¶arcechitarra e l¶arpa a tre registre, che malannaggia tante µmenziune! [GIAMBATTISTA BASILE, Le Muse, egloca IX]

Se la produzione polifonico vocale gesualdiana è molto cospicua, davvero esigua è la quantità di musica strumentale composta da Carlo Gesualdo (1566-1613) giunta sino a noi.1 Le poche composizioni conosciute del principe di Venosa sono solo tre ricercate, una canzon francese e una gagliarda, e di queste sono superstiti solo le ultime due, mentre delle tre ricercate, che si riteneva fossero andate perdute assieme alla raccolta di musiche di Jean de Macque che le conteneva, attualmente ci rimane solo la parte di tenore.2 I due manoscritti, canzon francese a Londra (British Library, Add. Mss. 30491) e gagliarda a Napoli (Biblioteca del Conservatorio, M.S. 55 olim Rari 4.6.3), sono, infatti, gli unici testimoni della musica strumentale gesualdiana, nonostante la dovizia di testimonianze riguardanti l¶abilità nell¶uso degli strumenti da parte del gentiluomo napoletano, prima fra tutte quella di Scipione Cerreto che letteralmente celebra Carlo Gesualdo: Tutto mi par che oggi si scorga nell¶Illustrissimo Signor Don Carlo Gesualdo Principe di Venosa, Nepote dell¶Illustrissimo, e Reverendissimo Cardinal Alfonso Gesualdo, al presente Arcivescovo di Napoli. Oltre che questo Signore è raro Sonatore di molti Stromenti, del Liuto hà passato il segno, e della Compositione non è meno de gli altri 1

Per la produzione polifonico vocale di Carlo Gesualdo, particolarmente per gli aspetti riguardanti il cromatismo, si rinvia al fondamentale studio CARL DAHLHAUS, Il cromatismo di Gesualdo, in Il madrigale tra Cinque e Seicento, a cura di Paolo Fabbri, il Mulino, Bologna, 1988, pp. 207-228 e al recentissimo ZHUQING (LESTER) HU, Towards modal coherence: mode and chromaticism in Carlo Gesualdo¶s two settings of O vos omnes, «Early Music» 43/1, 2015, pp. 63-78. Vedi anche MARTIN KIRNBAUER, Vieltönige Musik. Spierlaten chromatischer und enharmonischer Musik in Rom in der ersten Hälfte des 17. Jahrhunderts, Basilea, Schwabe, 2013 (Schola Cantorum Basiliensis Scripta, 3). 2 FRIEDRICH LIPPMANN, Giovanni de Macque fra Roma e Napoli: nuovi documenti, «Rivista Italiana di Musicologia», 13/2, 1978, pp. 243-279. Ringrazio il maestro Liuwe Tamminga, per avermi molto gentilmente comunicato il recente ritrovamento presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, nel corso della sua ricerca. 91


DEL GENERE DIATONICO, CROMATICO ED ENARMONICO

Compositori eccellente, per haver lui ritrovate nove invenzioni di componimenti, ornandoli di bei pensieri, e capricci, che forse danno meraviglia Ă tutti i Musici, e Cantori del mondo, lasciando da parte lÂśaltre sue rare virtĂš.3

Un ambito degli studi gesualdiani ancora poco indagato, che può contribuire a IRUPXODUH LQWHUHVVDQWL LSRWHVL VXO ODYRUR GHO ³principe dei musici´ ULJXDUGD OD TXestione su quali fossero gli strumenti del tempo di Carlo Gesualdo e con quali di essi il principe potÊ venire in contatto ed essere testimone, e anche partecipe, delle nuove esperienze che in campo organologico venivano realizzate durante il tempo in cui visse. Tutti gli strumenti musicali, impiegati a partire dalla seconda metà del Cinquecento SHU WXWWR LO 6HLFHQWR FRQWUDGGLVWLQWL GDO SUHILVVR ³DUFKL DUFL´ HV arcichitarra, archicembalo, arciliuto), ben differenti tra loro, hanno in comune uno sviluppo tecnico costruttivo teso verso un ideale di strumento musicale perfetto.4 Alla base di tale sviluppo vi è lo studio della teoria musicale antica attraverso soprattutto le fonti medievali e il tentativo di riproporre nella pratica musicale i tre generi previsti dalla musica greca: diatonico, cromatico ed enarmonico. Nellœantica teoria della musica greca, il tetracordo, fondamento di tutto il sistema musicale, era costituito da quattro note discendenti. I due suoni estremi, fissi, realizzavano sempre una quarta giusta, mentre i due suoni interni, mobili, potevano produrre intervalli diversi, realizzando cosÏ i tre generi diatonico, cromatico ed enarmonico. Il tetracordo diatonico era prodotto da un intervallo di semitono e due di tono (es.: Mi Fa Sol La); il tetracordo cromatico da due semitoni e una terza minore (es.: Mi Fa Fa# La); il tetracordo enarmonico da due quarti di tono e una terza maggiore (es.: Mi MI# Fa La). La difficoltà consisteva nellœintendere i suoni intermedi del genere cromatico ed enarmonico non come alterazione dei suoni diatonici, ma come spostamenti degli intervalli verso il suono grave del tetracordo; nel Rinascimento (e anche oltre) 3

SCIPIONE CERRETO, Della Prattica Musica Vocale Et Strumentale, Napoli, Giovan Iacomo Carlino, 1601, p. 155. 4 MARCO TIELLA, LÂśArchicembalo, ÂŤMusica AnticaÂť, I-II, 1999, pp. 7-12. 92


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l¶equivoco fu identificare la problematica degli intervalli con la problematica delle alterazioni. Occorre comunque precisare che, errori e ambiguità nell¶impiego di termini come diatonico, cromatico, enarmonico furono favoriti anche dallo sviluppo, nell¶età moderna, della musica strumentale, in particolare per la sua intrinseca esigenza di trovare e realizzare sistemi di accordatura che non solo soddisfacessero la possibilità di eseguire sugli strumenti brani musicali in grado di modulare, senza generare incontrollate dissonanze, ma anche temperamenti che consentissero di eseguire uno stesso brano insieme a molteplici strumenti diversi, senza sgradevoli µstonature¶. Numerose, a proposito di accordatura, erano le antiche testimonianze riguardanti le difficoltà del suonare insieme con più strumenti, come questa di Giovanni Battista Doni: con molto perdimenti di tempo, e confusione bisogna disporre gl¶Instrumenti, e distribuire i lumi, collocare i sedili, rizzare i leggii, e accordare gl¶Instrumenti: e Dio sa se dopo averli bene accordati, bisogna di tutto spesso rifarsi da capo per la molteplicità delle corde, e rallentamento loro.5

Per quanto riguarda la vocalità, al tempo del principe di Venosa, i cantanti agivano nell¶ambito del sistema, o meglio, intonazione naturale (ingl.: Just Intonation) quando eseguivano brani a cappella, oppure agivano nell¶ambito del temperamento mesotonico (ingl.: Meantone) quando il loro canto era invece accompagnato dagli strumenti musicali. Diretta conseguenza di questa pratica musicale era l¶imbattersi e scontrarsi in intervalli di difficilissima intonazione oltre che di sgradevolissimo effetto, non appena ci si fosse avventurati in modulazioni alle tonalità non vicine e con molte alterazioni. La ricerca di un sistema di accordatura che riuscisse ad eliminare le difficoltà indotte dai temperamenti non equabili, produsse numerosi tentativi di risposta nell¶ambito degli strumenti ad intonazione fissa.6

5

GIOVANNI BATTISTA DONI, Trattato della musica scenica, scritto tra il 1640 e il 1647, pubblicato in Lyra barberina. De¶ trattati di musica, a cura di Anton Francesco Gori, Firenze, Stamperia Imperiale, 1763, p. 111. 6 Sulla vocalità a Napoli al tempo di Gesualdo si vedano almeno MAURO UBERTI, Vocal techniques in Italy in the second half of the 16th century, «Early Music», ottobre 1981, pp. 486-498; JAMES 93


DEL GENERE DIATONICO, CROMATICO ED ENARMONICO

In particolare nell¶ambito degli strumenti a tastiera, è da segnalare la coesistenza, in epoca gesualdiana, di tre tipologie di tastiera, distinte in tastiere diatoniche, cromatiche ed enarmoniche. Le tastiere diatoniche,7 che corrispondono alle nostre ancora oggi comuni tastiere di tasti bianchi e neri, con la divisione dell¶ottava in 12 parti, erano costituite da 7 tasti bianchi e 5 tasti neri per ottava; a causa del sistema di accordatura non equabile vi erano diverse difficoltà per l¶impossibilità di alcune modulazioni, per l¶ambiguità di intervalli di tono maggiore e minore e per le notevoli differenze tra semitoni diatonici e semitoni cromatici. Con un temperamento mesotonico, il problema di far convivere su un solo tasto due note che nella realtà erano completamente diverse (es.: Re# e Mib oppure Sol# e Lab) diveniva quasi insormontabile; infatti, naturale conseguenza di ciò era la necessità di scegliere, in particolare per i tasti neri, quali note realizzare e muoversi in ambiti tonali con meno alterazioni possibili.8 In pratica, con una scala costituita da Do Do# Re Mib Mi Fa Fa # Sol Sol# La Sib Si, risultava proprio irrealizzabile, per esempio, eseguire una modulazione alla tonalità di Mi, per la mancanza della sensibile Re#, e inattuabile era anche l¶esecuzione dell¶accordo di Sol# che generava la sgradevolmente ululante ³TXLQWD GL OXSR´9 per l¶inammissibile sostituzione del Re# con il Mib.

Figura 1: Tastiera con ottava divisa in 12 parti (Picerli). WOOD, Gesualdo: Sacrae Cantiones II. An Analysis towards reconstruction, Vision Edition 004MA, 2015. 7 Le tastiere diatoniche antiche di solito avevano l¶ottava bassa corta, ossia mancante di Do# Mib Fa# e Sol#. I tasti che normalmente producono Mi Fa# e Sol#, suonavano invece rispettivamente Do Re Mi. 8 Il problema oggi è risolto grazie all¶adozione del temperamento equabile, che a costo di compromessi rende tutti uguali i dodici semitoni dell¶ottava e quindi, riprendendo il precedente esempio, rende con un unico suono le note Re# e Mib. 9 In realtà occorrerebbe riferirsi ad una sesta poiché l¶intervallo reale di cui si tratta era Sol#-Mib. 94


FRANCESCO NOCERINO

Le tastiere cromatiche risolvevano in effetti il problema del temperamento mesotonico a un quarto di comma; questo temperamento, seppure migliorando notevolmente lœeufonia dei singoli accordi (ragione del suo successo), non consentiva, come già visto, la circolazione fra le tonalità nel sistema ciclico 12, ossia con lœottava divisa in soli 12 tasti, da cui il bisogno di dividere ulteriormente lœRWWDYD ³VSH]]DQGR´ L WDVWL ossia mediante lœuso del sistema ciclico 19, in cui lœottava era divisa in 19 parti uguali,10 con 7 tasti bianchi e 12 tasti neri, di solito sistemati su tre file (o ordini); queste parti erano il risultato di un ciclo che passando per 19 quinte si richiudeva alla nota di partenza in modo da ottenere una scala con le seguenti note Do Do# Reb Re Re# Mib Mi Mi# Fa Fa# Solb Sol Sol# Lab La La# Sib Si Si#, come è possibile vedere sul clavicembalo di Domenicus Pisaurensis pubblicato dal teorico Gioseffo Zarlino nelle sue Istitutioni harmoniche:11

Figura 2: Tastiera con ottava divisa in 19 parti (Zarlino). 10

PATRIZIO BARBIERI, Cembali a tasti spezzati: ÂľcromaticiÂś oppure ÂľenarmoniciÂś?, in Arte organaria e musica per organo nellÂśetĂ moderna. LÂśUmbria nel quadro europeo. Atti del Convegno internazionale di studi (Amelia, Collescipoli, Foligno, Trevi, Gubbio, 14-18 settembre 2007), a cura di Erika Bellini, Perugia, Deputazione di Storia patria per lÂśUmbria, 2008 (Biblioteca della Deputazione di StRULD 3DWULD SHU OÂś8PEULD , pp. 125-130. 11 GIOSEFFO ZARLINO, Le Istituzioni armoniche, Venezia, Senese, 1612, p. 141. 95


DEL GENERE DIATONICO, CROMATICO ED ENARMONICO

L¶uso di questo tipo di tastiera era impiegato sul cembalo cromatico, strumento raro ma presente negli ambienti napoletani, e per il quale ci sono giunte composizioni di Ascanio Maione e Giovanni Maria Trabaci;12 il cembalo cromatico, o cembalo a tre ordini, viene ricordato anche dal teorico napoletano Scipione Cerreto in una sua preziosa testimonianza ancora inedita riguardante questa tipologia di strumenti: Se non m¶inganna la memoria dirò che in questa nostra Città di Napoli vi ni sono fatti con giunta de tasti cromatichi, li quali sono buoni, et atti per sonare queste armonie (che sono li Cimbali à tre ordini).13 Dirò di più che vi sono altri strumenti di corde, come Lauti, Arcilauti, Teorbie, Lire, et altri simili che sono atti à questo effetto.14

Inoltre, quasi a prova di una certa diffusione di cembali cromatici negli ambienti partenopei, è opportuno sottolineare che proprio a Napoli fu pubblicato un testo che forniva istruzioni su come accordare i cembali con la tastiera diatonica a 12 tasti e quelli cromatici a 19 tasti.15 Un esemplare di questa tipologia di strumento sarebbe appartenuto al principe di Venosa: infatti in un inventario dei beni conservati nel castello di Gesualdo redatto nel 1630, tra altri strumenti musicali menzionati e descritti («una chitarra», «un organo», «un arce leuto grande») appare, anche un clavicembalo che farebbe proprio pensare ad un cembalo a tre ordini: «C¶è un zimbalo grande coll¶ottave stese cromatiche lungo da nove palmi, sua cassa pintata fuori e dentro con suoi piedi. Un altro di grandezza ordinaria con sua cassa e piedi, l¶uno e l¶altro disarmati e mancanti di più tasti».16 12

CHRISTOPHER STEMBRIDGE, Music for the µCimbalo Cromatico¶ and other split-keyed instruments in Seventeeth-Century Italy, «Performance Practice Review», 5/1, 1992, pp. 5-43. LUIGI FERDINANDO TAGLIAVINI, Riflessioni sull¶arte tastieristica napoletana del Cinque e Seicento, in Musica e cultura a Napoli dal XV al XIX secolo, a cura di Lorenzo Bianconi e Renato Bossa, Firenze, Olschki, 1983 (Quaderni della Rivista Italiana di Musicologia, 9), pp. 141-144. 13 Scritto in margine. 14 SCIPIONE CERRETO, Dialogo Harmonico. Oue si tratta con un sol Raggionamento di tutte le regole del Contrapunto che si fa sopra Canto Fermo, et sopra Canto Figurato, et anco della Compositione di piu uoci, de Canoni, delle Proportionj, et d¶altre cose essentiali ad essa Prattica musica. Fatto tra il Maestro, et suo Discepolo per Scipione Cerreto Napolitano, Ms. autografo, [Napoli?], 1631, conservato presso il Museo internazionale e Biblioteca della musica di Bologna, cc. 210-211. 15 SILVERIO PICERLI, Specchio primo di musica, Napoli, Beltrano, 1630, pp. 8 e 18-19. 16 Archivio Segreto Vaticano, Archivio Boncompagni-Ludovisi, 1630, Copia pubblica dell¶Inventario delli mobili esistenti nel castello di Gesualdo, prot. 274, serie V, n. 6, ff. 1-28. Cita96


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La dimensione particolarmente grande del primo strumento e la specificazione dellœottava stesa, rispetto alla piÚ comune ottava corta, fanno pensare che lœaggettivo ³FURPDWLFKH´ SRVVD ULIHULUVL DOOH RWWDYH GL WXWWR OR VWUXPHQWR H TXLQGL FKH VL WUDWWerebbe proprio di un clavicembalo cromatico con ottave realizzate con 19 tasti ciascuna,17 con tutte le conseguenze che lœimpiego da parta del Principe di un tale strumento SRVVD DYHUH DYXWR QHOOD SURGX]LRQH GHOOH VXH ³FURPDWLFKH´ FRPSRVL]LRQL LQ SDUWLFROare dei suoi ultimi anni passati a Gesualdo. Infine, le tastiere enarmoniche, molto complesse, si avvicinavano piÚ delle precedenti alla realizzazione del genere diatonico, cromatico ed enarmonico. Questo tipo di tastiere prevedeva la divisione dellœottava in 31 parti uguali, con 7 tasti diatonici e 24 tasti cromatici, sistemati su almeno cinque file. Tra un tono e lœaltro vi erano perlomeno cinque tasti (es.: tra Do e Re avremmo trovato Do Rebb Do# Reb Do## e finalmente Re). Con strumenti che prevedevano una divisione dellœottava secondo il ciclo 31 era dunque realizzabile una circolazione attraverso 31 tonalità , mediante lœimpiego di modulazioni micro tonali, ossia prevedendo i quarti di tono.

zione tratta da MARTA COLUMBRO, Il Fondo Gesualdo della Biblioteca Provinciale di Avellino, in La Musica del Principe: studi e prospettive per Carlo Gesualdo. Atti del Convegno internazionale di studi (Venosa-Potenza, 17-20 settembre 2003), a cura di Luisa Curinga, Lucca, LIM, 2008, pp. 171-185: 182. 17 Dei due strumenti, allœepoca dellœinventario già in malridotto stato secondo la descrizione, oggi non esiste traccia al castello irpino. Un antico clavicembalo, non cromatico, ma con prima ottava stesa, appartenente attualmente a collezione privata e presente fino a tempi recenti presso il palazzo Pisapia di Gesualdo, è segnalato e fotografato in Gesualdo da Venosa. Fasti dimenticati di un principe del Rinascimento, a cura di Orsola Tarantino Fraternali-Kathy Toma, Avellino, Luciano de Venezia editore, 2009, p. 34. 97


DEL GENERE DIATONICO, CROMATICO ED ENARMONICO

Figura 3: Tastiera con ottava divisa in 31 parti (F. Colonna).

Alcune specifiche composizioni enarmoniche per questo tipo di tastiere sono giunte sino a noi, commissionate ad Ascanio Maione dal napoletano accademico linceo Fabio Colonna, autore de La Sambuca Lincea, overo dellœIstromento musico perfetto, un trattato specifico relativo a questa tipologia di strumento;18 nel trattato appena citato, vi è anche unœDQRQLPD IRUVH GHOOR VWHVVR &RORQQD" FRPSRVL]LRQH ³FLUFRODQWH´ tra le 31 tonalità che questo strumento poteva realizzare, la quale, sinora, risulta lœunica superstite di quel periodo.19 Di queste tipologie di strumenti, Carlo Gesualdo ebbe modo di conoscere a Ferrara un cembalo enarmonico, ricevendone una positiva impressione: lœarchicembalo di Nicola Vicentino:

18

FABIO COLONNA, La Sambuca Lincea, overo dellÂśistromento musico perfetto Lib.III >ÂŤ@ 1DSROL Vitale, 1618. 19 Cfr. PATRIZIO BARBIERI, La ÂŤSambuca LinceaÂť di Fabio Colonna e il ÂŤTricembaloÂť di Scipione Stella. Con notizie sugli strumenti enarmonici del Domenichino, in La Musica a Napoli durante il Seicento, a cura di Domenico Antonio. DÂśAlessandro e Agostino Ziino, Roma, Torre dÂśOrfeo, 1987, pp. 415-454. 98


FRANCESCO NOCERINO

Nel principio del 1594 fu a Ferrara il Signor Don Carlo Gesualdo Principe di Venosa, per isposar la Signora Donna Leonora dœEste,20 Sorella del Signor D. Cesare, per occasione della cui venuta tutti li Musici, et in particolare, quelli del Duca hebbero occasione di mostrar il lor valore, essendo che quel Principe, era intendentissimo di quella nobilissima facoltà proporzionata solo a gli animi nobili; onde fra tutti, chœegli udÏ, lodò particolarmente il Sig. Luzzasco deœ Luzzaschi Organista, per lœesquisita sua maniera di suonare, et per certo strumento Inarmonico.21

Lo strumento Inarmonico, lodato da Gesualdo era infatti il famoso Archicembalo di Nicola Vicentino,22 mirabilmente descritto da Ercole Bottrigari, proprio nel 1594: un Clavicembalo grande, con tutti i tre generi Armonici, secondo lœinventione, & divisione fatta di ventisei voci diatoniche in piÚ di centotrenta corde, con due tastami pieni di semituoni, ò tasti negri doppij, & spezzati, da Don Nicola Vicentino, sopranominato lœArcimusico, per haver egli rinovata la considerazione di questi tre Generi, di due de quali non era homai piÚ memoria alcuna appresso, non so sœio mi debba dire de gli huomini, ò solamente deœ Musici pratici; percioche deœ Musici Teorici, ò speculativi, deœ quali oggidÏ se ne trovano pochissimi, eglino sono, & sempre saranno; Et dellœaltro terzo Genere, che essi tuttavia essercitavano, non era da loro conosciuta la specie.23

Nel suo viaggio a Ferrara, Carlo Gesualdo fu accompagnato da una corte di cui faceva parte tra altri il musico Scipione Stella,24 il quale assieme al principe ebbe ugualmente

modo

di

assistere

allÂśesibizione

di

Luzzasco

Luzzaschi

25

allœarchicembalo. Una volta tornato a Napoli, Scipione Stella quasi certamente esortato anche dal Principe, provò a costruire un suo proprio cembalo enarmonico: a imitazione dellœArchicembalo del Vicentino, si sono vedute poi nuove foggie di Cla20

Le nozze furono celebrate a Ferrara il 21 febbraio 1594. AGOSTINO FAUSTINI, Aggiunta alle Historie del Sig. Gasparo Sardi >@ LQ Libro delle historie ferraresi del Sig. Gasparo Sardi >@ )HUUDUD, Gironi, 1646, p. 90. 22 NICOLA VICENTINO, Lœantica musica ridotta alla moderna prattica ..., Roma, 1555. Riguardo questo strumento si vedano TIELLA, Lœarchicembalo cit. e MARCO TIELLA, Progetti storici di strumenti a tastiera con corde pizzicate, Liuteria, III, 1983, pp. 15-29. Lœunico clavicembalo enarmonico antico ancora esistente è un esemplare, chiamato clavemusicum omnitonum, costruito nel 1606 dal veneziano Vito Trasuntino, attualmente conservato al Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna (n. inv. 1766). 23 ERCOLE BOTTRIGARI, Il Desiderio, Venezia, Amadino, 1594, p. 40. 24 Per una dettagliata biografia di Scipione Stella, alias Padre Pietro Paolo Stella dal 1598, vedi DOMENICO ANTONIO DœALESSANDRO, Per una biografia di Don Pietro Paolo Stella C.R., alias Scipione Stella, in SCIPIONE STELLA, Inni a cinque voci. Napoli 1610, a cura di Flavio Colusso e Domenico Antonio DœAlessandro, Lucca, LIM, 2007, pp. XI-LIV. 25 ANTHONY NEWCOMB, Carlo Gesualdo and a musical correspondance of 1594, Music Quarterly, LIV/4, october 1968, pp. 409-436: 418. 21

99


DEL GENERE DIATONICO, CROMATICO ED ENARMONICO

vicembali, di molte tastature, e divisioni: neœ quali non sœè però mai sentito sinœhora alcuna vera sonata Cromatica, o Enarmonica, nonche le melodie di piÚ dœun Tuono. Talœè quello del Padre Stella.26 Scipione Stella chiamò il suo clavicembalo enarmonico Tricembalo, e noi ne conosciamo taluni tratti solo grazie ad alcune descrizioni di Fabio Colonna 27 e da alcune accuse manoscritte di plagio, scritte di proprio pugno da Stella su un prezioso esemplare del testo della Sambuca Lincea, conservato presso la Library of Congress di Washington.28 ,Q SDUWLFRODUH OD WDVWLHUD q UDIILJXUDWD GDO &RORQQD FRQ OD GLGDVFDOLD ³'HOOR 6WHOOD DG RWWR RUGLQL´ >ILJXUD @ HG q GHVFULWWD FRPH XQD GRSSLD WDVWLHUD D TXDWWUR RUGLQL Gove lœinferiore è molto simile alla commune tastatura Chromatica e Diatonica, nella qual è meno impedita la mano per la comodità  (non dimentichiamo che Scipione Stella era un organista), con solo un ordine in piÚ e gli altri quattro di sopra sono simili. Il tricembalo, nonostante i suoi 52 tasti per ottava (effettivamente però, erano solo 31 note, in quanto alcune si ripetevano) non presentava grosse complicazioni dœHVHFX]LRQH SRLFKp VLPLOH DG XQ ³FRPXQH´ FHPEDOR FURPDWLFR FRQ GLYHUVL RUGLQL notevoli problemi erano presenti invece in alcune tonalità dove le combinazioni melodiche e armoniche risultavano particolarmente ardue e, ovviamente, per la difficoltà dellœaccordatura dei suoi complessivi 232 tasti. Per facilitare lœindividuazione delle differenti note, i tasti avevano diverse colorazioni; oltre al bianco e al nero erano impiegati anche il rosso, il verde e il giallo. Di questo strumento, attualmente purtroppo non conosciamo il cembalaro che lo realizzò,29 ma siamo certi che fu costruito a Na-

26

GIOVANNI BATTISTA DONI, Compendio del Trattato deÂś Generi e deÂś Modi della Musica, Roma, Fei, 1635, pp. 5 e 20. 27 COLONNA, La Sambuca Lincea cit., pp. 69-73. 28 Riproduzione fotografica e prima notizia in BARBIERI, La ÂŤSambuca LinceaÂť di Fabio Colonna e il ÂŤTricembaloÂť di Scipione Stella cit., pp. 204-207. 29 Ăˆ ben noto invece il realizzatore della Sambuca Lincea, il cembalaro napoletano, ma di origine lucchese, Francesco Beghini: COLONNA, La sambuca lincea cit., p. 76; sullÂśarte cembalaria a Napoli vedi FRANCESCO NOCERINO, Arte cimbalaria a Napoli. Documenti e notizie su costruttori e strumenti napoletani, in Ricerche sul Âľ600 napoletano. Saggi e documenti 1996-1997, Napoli, Electa, 1998, pp. 85-109. 100


FRANCESCO NOCERINO

poli proprio a seguito dell¶incontro di Scipione Stella e del principe Gesualdo da Venosa con l¶archicembalo di Nicola Vicentino a Ferrara.

Figura 4: Tastiera con ottava divisa in 31 parti (F. Colonna/S.Stella).

E di ritorno da Ferrara, don Carlo se ne tornò con l¶idea di un innovativo strumento enarmonico, e con ben due esemplari di un nuovo particolare strumento, l¶arciliuto, da poco tempo inventato da Alessandro Piccinnini. Realizzati a Padova dal liutaio Cristofaro Heberle, secondo la stessa testimonianza di Piccinnini stesso gli strumenti riuscirono isquisiti, i quali tutti portai a Ferrara dove dal Serenissimo mio Signore, et dall¶Eccelentissimo Principe di Venosa, che all¶hora ivi si trovava furono con grandissimo gusto uditi; e molto lor piacquero quei Bassi così sonori, e Sua Altezza ne donò due al sudetto Principe di Venosa, il qual con esso lui li portò alla volta di Napoli, et ne lasciò uno in Roma.30

30

ALESSANDRO PICCININI, Intavolatura di Liuto et di Chitarrone, libro primo, Bologna, Moscatelli, 1623, p. 8. Cfr. RENATO MEUCCI, Alessandro Piccinni e il suo arciliuto, «Recercare», XXI, 2009, pp. 111-132: 132; LUIGI SISTO, Carlo Gesualdo da Venosa e la trasmissione dell¶arciliuto a Napoli e nell¶Italia meridionale, «Philomusica on-line», XII/1, 2013, pp. 24-42. 101


DEL GENERE DIATONICO, CROMATICO ED ENARMONICO

Allo stato attuale delle nostre conoscenze, non sembra che il prezioso strumento del principe, sia sopravvissuto sino a noi, ma appare particolarmente interessante per la ricerca organologica la presenza a Vienna, nel Kunsthistorisches Museum, SAM.42 di un proto-arciliuto con due rose, datato 1595, firmato Wendelio Venere, ma attribuito proprio al liutaio Cristoforo Eberle,31 strumento che di certo avrà avuto molte caratteristiche in comune con lœarciliuto di don Carlo, presente nel castello di Gesualdo almeno sino al 1630, come ricordato nel già citato inventario: un arce leuWR JUDQGH FRQ GXH URVH QHOOR >@32 chiuso dentro una cascia di legno coverta di corame nero foderato di rosso.33 Il liuto di Gesualdo, comunque, doveva avere unœaccordatura mesotonica, come si evince dalle Annotazioni del Doni: nelle Musiche Cromatiche, o altre straordinarie, segnate con molti diesi#, & b.molli; per essempio in quelle del Principe di Venosa, si sentono talvolta molti riscontri di consonanze tanto imperfette, che lœorecchie ne restano grandemente offese. Al che hanno cercato di rimediare alcuni, con aggiungere un tastino neœ luoghi del semitono maggiore; massime nel primo; con che lo dividono nel minore, & nellœHFFHVVR´ 34

Riguardo agli strumenti a fiato, infine, per la loro lenta evoluzione dovuta ad un piÚ tardo sviluppo tecnologico, non sembra che questa tipologia di strumenti abbia interessato molto don Carlo Gesualdo, che anzi li riteneva in poco conto, come appare da quanto il Doni ci fa sapere: deglœInstrumenti di fiato si può fare oggi poco capitale, e perchÊ a molti Musici non piacciono, come intendo del Principe di Venosa, e del Padre Stella (benchÊ se gli avessero sentiti perfetti, ne averebbono forse fatta altra stima).35 In conclusione appare chiaro che Carlo Gesualdo fosse alla ricerca continua di un ideale di perfezione che conduceva a originali sviluppi, non solo dellœesperienza poli31

MEUCCI, Alessandro Piccinni e il suo arciliuto cit., p.115. /D SDUROD RPHVVD TXDVL FHUWDPHQWH q ³WRPSDJQR´ RYYHUR WDYROD DUPRQLFD 33 COLUMBRO, Il Fondo Gesualdo cit., p. 182. 34 GIOVANNI BATTISTA DONI, Annotazioni sopra il Compendio deœ generi e deœ modi della musica >@ 5RPD $QGUHD )HL SS -288. 35 GIOVANNI BATTISTA DONI, Trattato della musica scenica, scritto tra il 1640 e il 1647, pubblicato in Lyra barberina. Deœ trattati di musica, a cura di Anton Francesco Gori, Firenze, Stamperia Imperiale, 1763, p. 107. 32

102


FRANCESCO NOCERINO

fonica vocale ma anche di quella strumentale; tali sviluppi erano spesso audaci e, certamente, non comuni negli ambienti musicali della Napoli del suo tempo. E possiamo ritenere che, in particolare nell¶ultimo periodo della sua vita, l¶opera del principe di Venosa poté essere influenzata anche dagli strumenti musicali che conosceva e che impiegava, per ottenere quelle caratteristiche relazioni tra modalità e cromatismo, manifeste nella sua produzione polifonico vocale.

103



Antonio Caroccia SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO: LE FONTI A STAMPA DELLA BIBLIOTECA DEL CONSERVATORIO ³6AN PIETRO A MAJELLA´ E DELL¶ARCHIVIO MUSICALE DEI GEROLAMINI DI NAPOLI Il cospicuo materiale bibliografico pervenuto e conservato presso l¶Archivio dei Girolamini di Napoli è la dimostrazione di una tradizione musicale di grande rilievo. 1 Una tradizione musicale, che si esplicherà sia attraverso la produzione manoscritta sia tramite la stampa. Esaminiamo, ora, i documenti a stampa di questa istituzione nella loro interezza, provando a fornire qualche coordinata di riferimento.2

Autori 10 8 6 4 2 0 Colombini Francesco

Dentice Scipione

Gesualdo Carlo

Grandi Palazzotto Rubino Trabaci Alessandro Tagliavia Bonaventura Giovanni Giuseppe Maria

Colombini Francesco

Dentice Scipione

Gesualdo Carlo

Grandi Alessandro

Palazzotto Tagliavia Giuseppe

Rubino Bonaventura

Trabaci Giovanni Maria

Figura 1: Gli autori delle edizioni musicali della biblioteca e dell¶archivio dei Girolamini di Napoli.

1

Sui fondi di questo Archivio si rinvia a LILIA FLAVIA FIDENTI, Il fondo musicale dei Girolamini: la struttura, le forme e gli stili. Tesi di dottorato in culture, linguaggi e politica della comunicazione, XXVI ciclo. Università degli Studi di Teramo, Anno Accademico 2013/14, tutor Professoressa Paola Besutti e SALVATORE DI GIACOMO, Catalogo generale delle opere musicali teoriche e pratiche di autori vissuti sino ai primi decenni del secolo 19. esistenti nelle biblioteche e negli archivi SXEEOLFL H SULYDWL G¶,WDOLD FLWWj GL 1DSROL $UFKLYLR GHOO¶2UDWRULR GHL )LOLSSLQL, Parma, Fresching 1918. 2 8Q¶XWLOH LQGDJLQH VXOOD SURGX]LRQH PXVLFDOH D VWDPSD LQ DUHD QDSROHWDQD q VWDWD FRQGRWWD GD ANGELO POMPILIO, Editoria musicale a Napoli e in Italia nel Cinque-Seicento, in Musica e cultura a Napoli dal XV al XIX secolo, a cura di Lorenzo Bianconi e Renato Bossa, Firenze, Olschki, 1983 (Quaderni della Rivista italiana di musicologia, 9), pp. 79-103, nello stesso volume vedi, anche, Cronologia delle edizioni musicali napoletane del Cinque-Seicento, pp. 103-139. 105


SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

Come possiamo notare, tra gli autori maggiormente rappresentativi, per le fonti musicali a stampa, troviamo Alessandro Grandi con otto titoli e Scipione Dentice con cinque numeri.3

Luoghi di edizione

Bologna

Danzica

Ferrara

Gesualdo

Messina

Milano

Napoli

Palermo

Roma

Venezia

Figura 2: Luoghi di stampa delle edizioni della biblioteca e dell¶archivio dei Girolamini di Napoli.

Tra i luoghi di edizione troviamo parità tra Napoli e Venezia, con ventisette titoli e a seguire Roma con ventiquattro unità Interessante attestare anche una cospicua produzione palermitana con sei numeri e con curiosità annotare la presenza di Danzica, con due produzioni dello stampatore Georg Rhetus per le opere di Paul Siefert.

3

Questo grafico è stato prodotto tenendo come unità minima di riferimento di almeno tre produzioQL D VWDPSD 6XOOD VWRULD GHOO¶HGLWRULD PXVLFDOH WUD &LQTXH H 6HWWHFHQWR VL ULQYLD DO Dizionario degli editori musicali italiani dalle origini al 1750, della Società Italiana di Musicologia, cura di Bianca Maria Antolini, in preparazione. 106


ANTONIO CAROCCIA

Editori 16 14 12 10 8 6 4 2 0

Alessandro Gardano

Alessandro Vincenti

Angelo Gardano

Francesco Terranova

Gardano appresso B. Magni

G. Battista Robletti

G. Battista Sottile

G. Giacomo Carlino

Nicola Muzio

Ottavio Beltrano

Figura 3: Gli editori delle edizioni musicali conservate nella biblioteca e nellÂśarchivio dei Girolamini di Napoli.

Tra gli editori considerati, con almeno due titoli, spiccano il veneziano Alessandro Vincenti4 e il napoletano Ottavio Beltrano. Alessandro Gardano (Roma) Alessandro Vincenti (Venezia) Angelo Gardano (Venezia) Francesco Terranova (Palermo) Gardano Appresso Bartolomeo Magni (Venezia) Giovanni Battista Robletti (Roma) Giovanni Battista Sottile (Napoli) Giovanni Giacomo Carlino (Napoli) Nicola Muzio (Roma) Ottavio Beltrano (Napoli)

4

2 15 3 3 3 3 3 3 3 10

Cfr. Indice di tutte le opere di musica che si trovano nella stampa della Pigna di Alesandro Vincenti, In Venetia, 1621. 107


SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

Anno di edizione 1670 1642 1638 1635 1632 1628 1620

1607 1602 1585 0

1

2

3

4

5

1585

1600

1602

1603

1607

1613

1620

1624

1628

1632

1634

1635

1637

1638

1640

1642

1651

1670

6

1630

Figura 4: Anni di riferimento delle edizioni musicali conservate nella biblioteca e nellÂśarchivio dei Girolamini di Napoli.

La prima stampa che troviamo è del 1564, si tratta delle canzoni spirituali di Stefano Fabbri per lœeditore romano Vitale Mascardi;5 mentre lœultima produzione conservata è lœArmonia sagra a due voci di Domenico Antonio Giordani stampata a Roma da Chracas nel 1724.6 1585 1600 1602 1603 1607 1613 1620 1624 1628

2 2 2 2 3 4 3 3 5

5

STEFANO FABBRI, R. Floridus canonicus de Sylvestris a Barbaro, Roma, Vitale Mascardi. 1564 1DSROL $UFKLYLR PXVLFDOH GHL *LURODPLQL GÂśRUD LQ SRL ,-Nf, ST 30.1). 6 DOMENICO ANTONIO GIORDANI, Armonia sagra a due voci, Roma, Chracas, 1724 (I-Nf, ST 11.1). 108


ANTONIO CAROCCIA

1630 1632 1634 1635 1637 1638 1640 1642 1651 1670

2 2 2 3 2 4 3 2 2 2

Forme musicali

Antifona

Canzona spirituale

Cantico

Canto sacro

Concerto

Coro

Dramma musicale

Inno

Lauda

Litania

Madrigale

Madrigale spirituale

Messa

Mottetto

Offertorio

Opera

Passione

Responsorio

Salmo

Figura 5: Le forme musicali di riferimento per le edizioni musicali conservate nella biblioteca e nellÂśarchivio dei Girolamini di Napoli.

Per quel che riguarda le forme musicali, troviamo una netta predominanza per il mottetto (34), e a seguire la messa (13) e il salmo (16). Antifona Canzona spirituale Cantico Canto sacro Concerto 109

5 7 4 1 4


SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

Coro Dramma musicale Inno Lauda Litania Madrigale Madrigale spirituale Messa Mottetto Offertorio Opera Passione Responsorio Salmo

1 1 4 2 5 5 4 13 34 1 1 2 2 16

Nella biblioteca dei Gerolamini, troviamo le stampe del Tempio armonico di Ancina e del Quarto libro delle laude a tre e quattro voci raccolte da Soto de Langa per i tipi di Alessandro Gardano del 1591. Per lœambito meridionale è opportuno, anche, segnalare le edizioni del quarto e quinto libro dei madrigali di Scipione Dentice, per la bottega di Antonio Pace del 1602 e Giovanni Battista Sottile del 1607; i Mottetti di Marotta e Palazotto stampati a Palermo da Giovanni Battista Maringo nel 1635 e nel 1616. E sempre per questo genere si segnalano le edizioni del primo libro dei Mottetti di Sabino editi da Ambrosio Magnetta nel 1627 e quelli di Fasolo stampati da Beltrano nel 1635.7 Analizziamo, ora, qualche produzione a stampa di rilievo. I Girolamini possiedono, ad esempio, di un capostipite come può essere Jean de Macque, una raccolta di Mottetti a cinque, sei e otto voci, un unicum, purtroppo incompleta perchÊ mancante della parte dellœalto, stampata a Roma da Nicola Muzio nel 1596.8 Il primo libro dei Mottetti di Macque costituisce una delle pietre angolari della storia musicale napoletana. Proprio Macque sarà determinante per gli sviluppi futuri di uno stile tutto napoletano, che possiamo sicuramente rintracciare in Scipione Dentice e di cui i Girolamini con7 Sulla stampa del Seicento vedi FRANCESCO BARBERI, Introduzione alla Tipografia del Seicento, Š$FFDGHPLH H %LEOLRWHFKH Gœ,WDOLDª /,, PDJJLR-giugno 1984, pp. 212-237 e LII/6, novembredicembre 1984, pp. 507-526 8 JEAN DE MACQUE, Joannis Macque Valentinatis Belgae Potectorum quinque, sex,et octo vocum Liber Primus, Roma, Nicola Muzio, 1596 (I-Nf, ST 31.4).

110


ANTONIO CAROCCIA

servano ben cinque titoli tra madrigali, madrigali spirituali e mottetti. Tra lœaltro, il Dentice ritiratosi nellœOratorio dei Filippini, vi mori nel 1635.9 Una delle piÚ antiche pubblicazioni polifoniche rinvenute presso lœOratorio di Napoli è il Secondo libro dei Mottetti di Annibale Stabile (1540-1595),10 maestro di musica nel Collegio germanico a Roma, presunto allievo di Palestrina, contemporaneo di San Filippo, del Tarugi, dellœAncina. Mottetti pubblicati a Venezia da Angelo Gardano nel 1585. I mottetti di Annibale Stabile sono decisivi per la formazione polifonica della scuola napoletana; è indubbia lœefficacia chœessi esercitarono per la maturazione stilistica di Trabaci e Gesualdo. Le piÚ antiche composizioni di autori napoletani o naturalizzati conservate presso lœArchivio sono quelle di Scipione Stella, Giovanni di Macque e di Scipione Dentice, alcune delle quali mancanti della parte dellœalto. NellœOratorio vi sono due raccolte di musica sacra stampate da Gian Domenico Montella: Motectorum et missarum cum octo vocibus e i Psalmi quibus ad completorium per totum annum utimur octo et quattuor vocibus stampate rispettivamente dallo Stigliola nel 1600 e Giovanni Battista Sottile nel 1605.11 Queste edizioni sono le piÚ antiche di musica sacra dœautore napoletano pervenuteci complete e conservate a Napoli. Altro musicista napoletano di cui si trovano opere a stampa presso lœOratorio è Camillo Lambardi, allievo di Giovan Domenico Nola, di cui prese il posto di maestro di cappella alla SS. Annunziata. LœOratorio possiede il Secondo libro dei mottetti a tre voci con il basso continuo e lœorgano, opera decima, stampate da Beltrano nel 1628.12 Figura centrale del movimento musicale napoletano tra la fine del XVI secolo 9

&RPH q ULVDSXWR OD PXVLFD HEEH XQD SDUWH GL SULPœRUGLQH QHO SURJUDPPD GLGDWWLFR HG HVFDWRORJLFR filippino e questi intenti pedagogici trovano piena conferma nei documenti a stampa conservati, anche se non è facile trovare spesso titoli profani facenti parti di autori che in qualche modo hanno soggiorQDWR KR DYXWR GHL FRQWDWWL FRQ OœDPELHQWH GHL JHURODPLQL 'HO UHVWR JOL VWHVVL FDQWL LQFOXVL QHO Tempio Armonico GHOOœ$QFLQD QRQ VRQR RULJLQDULDPHQWH Vpirituali, ma profani, trasformati, poi, e rielaborati dallo stesso compositore, nel senso da lui voluto. 10 ANNIBALE STABILE, Sacrarum Modulationioum quae quinis, senis, et octonis vocibus concinuntur. Liber Secundus, Venezia, Angelo Gardano, 1585 (I-Nf, ST 30.2). 11 GIOVAN DOMENICO MONTELLA, Motectorum et missarum cum octo vocibus, Napoli, Tipografia ad Porta Regale (Stigliola), 1600 (I-Nf, ST 44/1-8) e Napoli, Giovanni Battista Sottile, 1605 (I-Nf, ST 45/1-7). 12 CAMILLO LAMBARDI, Il Secondo Libro di Mottetti, Napoli, Ottavio Beltrano, 1628 (I-Nf, ST 28.2). 111


SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

e l¶inizio del XVII è Giovanni Maria Trabaci e a divulgare la sua fama contribuirono non poco, proprio i padri dell¶oratorio. Nel 1602 apparve la stampa, per i tipi di Carlino, di una raccolta di mottetti (Motectorum quinque, sex et octo vocum cum quibusdam rythmis in fine, quinque vocibus decantandis. Liber Primus) e di cui i padri si dovettero assumersi la spesa, rivolgendosi al Carlino che era il loro stampatore abituale.13 Tra l¶altro, diverse edizioni del compositore pugliese riportano motti e insegne di gratitudine verso quest¶ordine. Lo stesso musicista fu incaricato di collaudare l¶organo della chiesa dei Girolamini nel 1597. A lui i Padri rimasero sempre legati anche quando entrò parte della Cappella Reale tra il 1601 e il 1602. Di Pomponio Nenna, maestro di Gesualdo, si conservano presso l¶Archivio i Responsori di Natale e della Settimana Santa a 4 voci, opera pubblicata postuma nel 1622 da Paolo Riccio nella stamperia di Beltrano.14 Di Carlo Gesualdo sono conservate diverse opere a stampa di musica sacra: si tratta di tre raccolte, ossia le Sacrarum Cantionum Liber primus quorum una septem vocibus, caeterae sex vocibus, singulari artificio compositae per i tipi di Costantino Vitale nel 1603 (questa mancante della parte della sesta voce),15 e sempre ad opera dello stesso stampatore troviamo le Sacrarum Cantionum quinque vocibus liber primus;16 mentre i Responsoria et alia ad officium hebdomadae sanctae furono stampati a Gesualdo da Carlino nel 1611.17 Le opere di Gesualdo mancano di dedica, dato il lustro e il potere dell¶autore che non aveva bisogno di ingraziarsi il mecenate di turno, per ottenere la pubblicazione delle sue opere. Tra l¶altro, egli poteva permettersi qualsiasi spregiudicatezza nella stampa delle sue opere, tutelato com¶era dall¶alto livello sociale; del resto, ogni altro compositore avrebbe temuto ritorsioni dalle autorità ecclesiastiche del tempo, impegnate sul fronte µrifor13

GIOVANNI MARIA TRABACI, Motectorum quinque, sex et octo vocum cum quibusdam rythmis in fine, quinque vocibus decantandis. Liber Primus, Napoli, Giovanni Giacomo Carlino, 1602 (I-Nf, ST 33.2). 14 POMPONIO NENNA, Responsorij di Natale e di Settimana Santa a quattro voci, Napoli, Ottavio Beltrano ad istanza di Paolo Riccio, 1622 (I-Nf, ST 19.1). 15 CARLO GESUALDO, Liber primus quarum una septem vocibus singulari artificio, Napoli, Vitale Costantino, 1603 (I-Nf, ST 8.2). 16 CARLO GESUALDO, Sacrarum cantionum quinque vocibus. Liber primus, Napoli, Vitale Costantino, 1603 (I-Nf, ST 8.1). 17 CARLO GESUALDO, Responsoria et alia ad officium hebdomadae sanctae, Gesualdo, Giovanni Giacomo Carlino, 1611 (I-Nf, ST 8.3). 112


ANTONIO CAROCCIA

mista¶, uscendo dai canoni consueti della composizione chiesastica. Di certo, queste composizioni dimostrano, come l¶arte di Gesualdo fu un modello anche per il genere sacro, anche se i compositori della sua cerchia non mostrarono il coraggio innovativo in questo campo, ma anche nella struttura del madrigale e della musica strumentale. Un ultimo accenno a Giovanni Maria Sabino, organista presso i Girolamini nel 1630, di lui si conserva Il primo libro delli mottetti a due voci stampato da Ambrosio Magnetta nel 1627.18 Opera offerta in dedica dall¶editore al Padre Bonaventura di Gugliano, predicatore, teologo e guardiano del Conservatorio di S. Maria La Nova dei Minori osservanti di San Francesco a Napoli, con due parti di Canto e basso d¶organo. In questi mottetti, più che nei salmi, lo stile di Sabino è moderno, attingendo a volte a forme profane come ad esempio alla villanella o a forme di danza. Un rapidissimo accenno a qualche editore di area meridionale. Ad esempio, di Lazzaro Scorrigio, l¶Oratorio conserva i Madrigali spirituali a cinque voci di Scipione Dentice pubblicati nel 1629.19 Lo Scorriggio di cui non conosciamo il suo anno di nascita, ma soltanto quella di morte, avvenuta nel 1638, fu uno dei tipografi più brillanti del XVII secolo a Napoli.20 La sua attività è documentata con circa trecento composizioni uscite tra il 1612 e il 1639. Proprietario, anche, di una libreria, come librario promosse la stampa di diverse opere. Gli successe la vedova Fulvia Stanzione, che firmò alcune pubblicazioni negli anni 1638-39. Nella impostazione dei frontespizi, riccamente decorati con fregi architettonici, stemmi nobiliari ed elementi simbolici, Lazzaro Scorriggio si connota come tipografo già pienamente seicentesco. Fu, anche, stampatore fidato per i Gesuiti. Tra l¶altro, proprio in ambito ecclesiastico, appare interessante un confronto con altre città, come ad esempio Venezia, ove le idee ancora circolavano liberamente e non erano sottoposte alla censura dell¶inquisizione ec18

GIOVANNI MARIA SABINO, Il primo libro delli mottetti a due voci, Napoli, Ambrosio Magnetta, 1627 [non più presente nella biblioteca dei Girolamini]. Su Magnetta, vedi CLAUDIO SARTORI, Dizionario degli editori musicali italiani. Tipografi, incisori, librai-editori, Firenze, Leo S. Olschki, 1958, p. 91. 19 SCIPIONE DENTICE, Madrigali spirituali a cinque voci, Napoli, Lazaro Scoriggio, 1629 (I-Nf, ST 6.1). 20 GIAMPIERO DI MARCO, Librai, editori e tipografi a Napoli nel XVII secolo (Parte II), «La Bibliofilia», CXII/2, 2010, pp. 141-183: 173-174. 113


SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

siastica, che camminava a braccetto con lœautorità politica spagnola.21 Ad esempio, nel 1601 il cardinale Gesualdo ordinò ai librai di Napoli di non vendere messali stampati a Venezia dai Giunta dopo il 1597 e altre edizioni veneziane. 22 Ma la condanna stimolava spesso la richiesta dei libri; le maglie anche a Napoli non erano poi cosÏ strette; le autorità civili erano contrarie a eccessi censori. Tra lœaltro, proprio Scorrigio ne pagherà alcune conseguenze, quando stamperà una lettera volgare scritta dal carmelitano fra Paolo Antonio Foscarini sulla stabilità dei cieli e la mobilità della terra conforme allœopinione di Niccolò Cusano. Seppur fu ordinato di carcerarlo dalla corte Arcivescovile, riuscÏ a fuggire e nascondendosi per circa un mese fu poi processato e condannato al pagamento di 100 ducati. Passiamo ora ad unœaltra prestigiosa istituzione napoletana, come la biblioteca del &RQVHUYDWRULR ³6DQ 3LHWUR D 0DMHOOD´ GL 1DSROL 23 Come sappiamo, la biblioteca trae origine da un progetto saggio e ambizioso, che verso la fine del 1791 Saverio Mattei, in qualità di regio delegato del Conservatorio della Pietà dei Turchini, prospettò a 21 Cfr. PIETRO MANZI, La stampa in Italia e particolarmente a Napoli tra il Concilio di Trento ed il primo ventennio del Seicento: vicende e annali Š$FFDGHPLD H %LEOLRWHFKH Gœ,WDOLDª ;;;,; -5, luglio-ottobre 1971, pp. 290-317. 22 Cfr. CORRADO MARCIANI, Editori, tipografi, librai veneti nel Regno di Napoli nel Cinquecento, Studi veneziani, X, 1968, pp. 457-550. 23 Per la storia della bLEOLRWHFD GHO &RQVHUYDWRULR ³6DQ 3LHWUR D 0DMHOOD´ VL ULQYLD D UGO SESINI, Il riordino della biblioteca, Bollettino del Real Conservatorio di musica S. Pietro a Majella, IV/2 1941, pp. 3-7; GUIDO PANNAIN, Il R. Conservatorio di Musica San Pietro a Maiella di Napoli, Firenze, Le Monnier, 1942; ANNA MONDOLFI BOSSARELLI, Dieci anni di vita della Biblioteca, AnQXDULR GHO &RQVHUYDWRULR GL PXVLFD ³6DQ 3LHWUR D 0DMHOOD´ SS -61; ANNA MONDOLFI BOSSARELLI, La Biblioteca del Conservatorio di Napoli Š$FFDGHPLH H %LEOLRWHFKH Gœ,WDOLDª XXXVIII/4-5 1970, pp. 286-92; ALFREDO TARALLO, La Biblioteca del Conservatorio di Napoli a duecento anni dalla sua fondazione, Napoli, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, 1991; MAURO AMATO, /D ELEOLRWHFD GHO FRQVHUYDWRULR ³6DQ 3LHWUR D 0DMHOOD´ GL 1DSROL GDO QXFOHR RULJLQDOH Dlle donazioni di fondi privati ottocenteschi, in )UDQFHVFR )ORULPR H Oœ2WWRFHQWR PXVLFDOH. Atti del Convegno di studi (Morcone, 19-21 aprile 1990), a cura di Rosa Cafiero e Marina Marino, Reggio Calabria, Jason Editrice, 1999, pp. 645-69; TIZIANA GRANDE, Contributo alla storia della Biblioteca del Conservatorio di musica San Pietro a Majella di Napoli: gli anni 1889-1935, Fonti Musicali Italiane, 3, 1998, pp. 199-214; Conservatorio di Musica di San Pietro a Majella, a cura di Giovanna Ferrara, Aversa, Grafica Nappa, 2003, pp. 49-56; TIZIANA GRANDE-MAURO AMATO, La biblioteca del Conservatorio nel secondo Novecento, in Percorsi della musica a Napoli nel Novecento, a cura di Gianluca 'œ$JRVWLQR 1DSROL (GL]LRQL 6FLHQWLILFKH ,WDOLDQH SS -100 (numero speciale monografico di Meridione. Nord e Sud nel Mondo, V/2 2005); ANTONIO CAROCCIA, La Biblioteca di San Pietro a Majella tra le due guerre, in Mario Pilati e la musica del Novecento a Napoli tra le due guerre, Atti del Convegno di studi (Napoli, 5-6 dicembre 2003), a cura di Renato Di Benedetto, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2007, pp. 75-111.

114


ANTONIO CAROCCIA

Ferdinando IV. Mattei,24 uno dei personaggi piĂš in vista nel contesto socio-culturale dellÂśepoca e grande appassionato di musica, mise subito mano al riordinamento del 24

Sulla figura di Saverio Mattei, oggetto negli ultimi anni di una seria e copiosa indagine, si rinvia a GIULIO FERRONI, La cultura calabrese e il modello metastasiano: Michele Torcia e Saverio Mattei, Atti del convegno di studi (Rende-Cosenza, 9-12 novembre 1993), a cura di M. De Bonis, P. Falco e M.F. Minervino, Cosenza, Edizioni Periferia, 1985, pp. 113-127; PAOLO FABBRI, Saverio Mattei: un profilo bio-bibliografico, in Napoli e il teatro musicale in Europa tra Sette e Ottocento. Studi in onore di Friedrich Lippmann, a cura di Bianca Maria Antolini, Wolfgang Witzenmann, Firenze, Olschki, 1993 (Quaderni della Rivista Italiana di Musicologia, 28), pp. 121-144; ID., Saverio Mattei e la musica filosofica, in Studien zur italienische Musikgeschichte VI, hrsg. von Friedrich Lippmann, Laaber, Laaber-Verlag, 1998 (Analecta musicologica, 30), pp. 610-629; MARINA MARINO, Il Socrate immaginario ovvero un erudito calabrese del XVIII secolo, in Civiltà musicale calabrese del Settecento. Atti del convegno di studi (Reggio Calabria, 15-26 ottobre 1986), a cura di Giuseppe Ferraro, Francescantonio Pollice, Lamezia Terme, A.M.A. Calabria, 1994 (Ricerche musicali GHOOœ$ 0 $ &DODEULD SS -28; ALFREDO TARALLO, /œLPSHJQR HGLWRULDOH GL 6DYHULR 0DtWHL EUHYL QRWH DOOœHGL]LRQH QDSROHWDQD GHOOœRSHUD GL 0HWDVWDVLR -1785), in Pietro Metastasio il testo e il contesto. Atti del Convegno di studi (Avellino, 26 marzo 1998), a cura di Marta Columbro e Paologiovanni Maione, Napoli, Altrastampa, 2000, pp. 65-76; ROSA CAFIERO, Sei maestri di cappella son compresi fra gli artigiani: Saverio Mattei e una querelle sulla condizione sociale del musicista alla fine del XVIII secolo, in Civiltà musicale calabrese del Settecento cit., pp. 29-69; EAD., 6DYHULR 0DWWHL ŠYHUVXVª *LRYDQQL %DWWLVWD 0DUWLQL 8QD GLVSXWD ³VRSUD OD PXVLFD´ QHOOD 1apoli del XVIII secolo, in Musicam in subtilitate scrutando. Contributi alla storia della teoria musicale, a cura di Maria Teresa Rosa Barezzani, Daniele Sabaino, Rodobaldo Tibaldi, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 1994 (Studi e testi musicali, 7), pp. 371-382; FRANCESCO COTTICELLIPAOLOGIOVANNI MAIONE, Funzioni e prestigio del modello metastasiano a Napoli: Saverio Mattei e le proposte di una nuova drammaturgia, in Legge, Poesia e Mito. Giannone, Metastasio e Vico fra Tradizione e Trasgressione nella Napoli degli anni Venti del Settecento. Atti del Convegno di studi (Napoli, 3-5 marzo 1998), a cura di Mario Valente, Roma, Aracne, 2001, pp. 281-321; ID., Per una nuova drammaturgia a Napoli: Saverio Mattei e il modello metastasiano, Napoli nobilissima, quinta serie, IV/3-4, maggio-agosto 2003, pp. 89-104; LUCIO TUFANO, Ancora su Saverio Mattei: un giudizio critico di Vincenzo Manfredini, una polemica con Francesco Fontana e trenta lettere inedite a Giovanni Cristofano Amaduzzi, in Miscellanea musicologica calabrese II, a cura di Felicia di Salvo, Francescantonio Pollice, (Ricerche musicali A.M.A. Calabria, 10), pp. 75-108; ID., Lettere di Saverio Mattei a padre Martini (con una digressione su Salvatore Rispoli), in Napoli musicalissima: studi in onore del 70. compleanno di Renato Di Benedetto, a cura di Enrico Careri e Pier Paolo De Martino, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 2005, pp. 91-118 e ANNA MARIA RAO, Saverio Mattei, in Dizionario Biografico degli Italiani YRO 5RPD ,VWLWXWR GHOOœ(QFLFORSHGLD Italiana Treccani, 2008, pp. 58-60. Si veda anche la bibliografia precedente LORENZO GIUSTINIANI, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, II, Napoli, Stamperia Simoniana, 1787, pp. 243-252; DOMENICO MARTUSCELLI, voce Saverio Mattei, in Biografia degli uomini illustri del 5HJQR GL 1DSROL RUQDWD GHœ ORUR ULVSHWWivi ritratti, IV, Napoli, Nicola Gervasi, 1817; DOMENICO VACOLINI, voce Mattei (Saverio), Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del seFROR ;9,,, H GHœ FRQWHPSRUDQHL, a cura di Emilio De Tipaldo, IV, Venezia, Alvisopoli, 1837, pp. 352- 353; CARLANTONIO DE ROSA [Marchese di Villarosa], Ritratti poetici di alcuni uomini di lettere antichi e modernidel Regno di Napoli, vol. 2, Napoli, Fibreno, 1834, pp. 221-230; CAMILLO MINIERI RICCIO, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli, Tipografia GHOOœ$TXLOD ULVW DQVW %RORJQD )RUQL SS 201-211; SAVERIO MATTEI DI TOMMASO, Cenno della vita e delle opere di Saverio Mattei 1DSROL 7LSRJUDILD GHOOœ$FFDGHPLD delle Scienze, 115


SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

Conservatorio nel quale aveva trovato tutto nel massimo sconcerto. Nel denunciare lo stato di profonda crisi dellœistituto e sollecitato dal nascente collezionismo e dagli entusiasmi bibliofili di amateurs raffinati come Gaspare Selvaggi25 e Giuseppe Sigismondo,26 il Mattei propose al re lœistituzione di una biblioteca tanto perchÊ i giovani alunni avessero agio di studiare e specchiarsi nelle opere classiche dei sommi maestri.27 Sollecitando quindi il sovrano a concreti interventi, per la buona riuscita dellœimpresa, il regio delegato cominciò subito ad adoperarsi in prima persona e donò infinite carte, antiche e recenti, di ottimi autori. 28 Contemporaneamente si giovò dellœamicizia di Giuseppe Sigismondo, bibliofilo erudito, storico della cultura napoletana e musicista dilettante, che nominò bibliotecario persuadendolo a cedere la sua preziosa raccolta di libri rari e manoscritti musicali, sui quali era solito riportare il proprio nome (notissima la formula Sigismondo P.) e, nella maggior parte dei casi, la data in cui la partitura era stata acquistata o copiata. In poco tempo, il nucleo originario fu cosÏ costituito. Nella relazione presentata al re nel gennaio del 1795, Mattei ne illustrò la consistenza: Incominciando dagli antichissimi madrigali del Duca [principe] di Venosa e discendendo piano piano alla nostra età , si sono raccolti ogni genere di musica vocale, istrumentale, sacra, profana e buffa, moltissime car-

1891; VINCENZO MORELLI, Nel Settecento napoletano. Saverio Mattei avvocato e musicologo, Š/œDUWH SLDQLVWLFD QHOOD YLWD H QHOOD FXOWXUD PXVLFDOHª 9,,, QRYHPEUH S 25 6XOOœDUJRPHQWR VL ULQYLD D DINKO FABRIS, LœDUW GH GLVSHQVHU VD FROOHFWLRQ OH FDV GX QDSROLWDLQ Gaspare Selvaggi (1763-1856), in Collectioner la musique: Êrudits collectioneurs, vol. 3, (Actes du colloque de Royaumont, 14-16 novembre 2014), ÊditÊ sous la direction de Denis Herlin, Catherine Massip & Valerie De Wispelaere, Turnhout, Brepols, 2015, pp. 359-394 e ROSA CAFIERO, Una sintesi di scuole napoletane: il Trattato di armonia di Gaspare Selvaggi (1823), Studi musicali, XXX, 2001, pp. 425-481. 26 Per le notizie biografiche su Giuseppe Sigismondo vedi CARLANTONIO DE ROSA [Marchese di Villarosa], Memorie dei compositori di musica del Regno di Napoli raccolte dal Marchese di Villarosa, Napoli, Dalla Stamperia reale, 1840, pp. 206-212; SALVATORE DI GIACOMO, Il Conservatorio di 6DQWœ2QRIULR D &DSXDQD H TXHOOR GL 6 0 GHOOD 3LHWj GHL 7XUFKLQL, Palermo, Remo Sandron, 1924, p. 273; DENNIS LIBBY, Giuseppe Sigismondo, an eighteenth-century amateur, musician, and historian, in Studi pergolesiani, 2, a cura di Francesco Degrada, Firenze, La Nuova Italia, 1988, pp. 222-238; FRANCESCO DEGRADA, Giuseppe Sigismondo, il Marchese di Villarosa e la biografia di Pergolesi, in Studi Pergolesiani, 3, a cura di Francesco Degrada, Firenze, La Nuova Italia, 1999, pp. 251-277. 27 FRANCESCO FLORIMO, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatorii, con uno sguardo sulla storia della musica in Italia, vol. 3, Napoli, Morano editore, 1881-1883, (rist. anast. Sala Bolognese, Forni editore, 1969), pp. 63-64. 28 Ibidem 116


ANTONIO CAROCCIA

teÂť.29 Pochi mesi dopo Mattei morĂŹ (6 settembre), ma lÂśistituzione da lui fortemente voluta continuò il suo glorioso cammino che la porterĂ a diventare per sempre il tempio della storia musicale napoletana. Ăˆ dellÂśinizio del nuovo secolo un primo Indice di tutti i libri e spartiti di musica che conservansi nellÂśArchivio del Real Conservatorio della PietĂ deÂś Torchini [...],30 che permette di rilevare il considerevole valore documentario delle collezioni raccolte fino ad allora (1801). Ove possiamo trovare la collezione di volumi a stampa dellÂśEuridice di Caccini (una stampa del 1600 di Giorgio Marescotti, oggi non piĂš rintracciabile), il Dialogo della Musica antica e moderna di Vincenzo Galilei (1602), le Toccate dÂśintavolatura di cimbalo ed organo di Frescobaldi (1637) e alcune rare edizioni di madrigali. LÂśinesauribile solerzia e la costante attivitĂ di Giuseppe Sigismondo, tesa ad acquisire materiali idonei per la corretta istruzione degli alunni, sÂśinterruppe però quando la biblioteca, seguendo le sorti del Conservatorio o meglio del Real Collegio di Musica, nella primavera del 1826 passò nellÂśattuale complesso monumentale di San Pietro a Majella dove, finalmente trovò il suo assetto definitivo. QuestÂśultimo trasferimento, infatti, coincise con la scomparsa dellÂśesperto bibliofilo e lÂśufficio di bibliotecario passò al giovanissimo Francesco Florimo,31 che di certo non fece mancare il suo apporto nellÂśincremento delle collezioni e delle unitĂ bibliografiche. Passiamo ora ad esaminare la consistenza delle fonti a stampa. Ad oggi, per il periodo preso in esame, ossia dal Cinquecento agli anni novanta del Seicento circa, la biblioteca possiede circa 150 esemplari musicali a stampa, escludendo dal computo i trattati e i metodi. 29

SAVERIO MATTEI, Per la biblioteca musica fondata nel Conservatorio della Pietà con reale approvazione. Memoria, Napoli, s.n.t. [1795]. Pubblicata, anche, in FRANCO SCHLITZER, Una inedita relazione di Saverio Mattei sul Conservatorio della Pietà dei Turchini..., Bollettino del Regio Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli, I/4, giugno 1938, pp. 23-29; Per la biblioteca musica eretta nel Conservatorio della Pietà . Iscrizioni di Saverio Mattei, [Napoli], s.n.t. [1795]. %LEOLRWHFD GHO &RQVHUYDWRULR ³6DQ 3LHWUR D 0DMHOOD´ >GœRUD LQ SRL ,-Nc], Misc. 87(3). 30 Indice di tutti i libri, e spartiti di musica che cRQVHUYDQVL QHOOœ$UFKLYLR GHO 5HDO &RQVHUYDWRULR GHOOD 3LHWj GHœ 7RUFKLQL, Napoli, s.n.t., 1801. 31 Sulla figura di Florimo si rinvia a ROSA CAFIERO, Francesco Florimo, in Dizionario Biografico degli Italiani, XLVIII, 1997, pp. 349-353; Francesco Florimo e Oœ2WWRFHQWR PXVLFDOH cit.; ANTONIO CAROCCIA, La corrispondenza salvata. Lettere di maestri e compositori a Francesco Florimo, Palermo, Mnemes 2004; ID., , FRUULVSRQGHQWL DEUX]]HVL GL )ORULPR 6HOH]LRQH GDOOœ(SLVWRODULo, Lucca, LIM, 2007 e La corrispondenza salvata. Lettere di Lauro Rossi a Francesco Florimo, Porto 6DQWœ(OSLGLR /H 0DUFKH GHOOD PXVLFD 117


SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

Autori

Agazzari Agostino

Cifra Antonio

Dentice Scipione

Gesualdo Carlo

Graziani Bonifacio

Lambardi Camillo

Orlando di Lasso

Marenzio Luca

Philippe de Monte

Montella Giovan Domenico

Nenna Pomponio

Vecchi Orazio

Raccolte Figura 6: Gli autori delle edizioni musicali conservate nella biblioteca del Conservatorio di Napoli.

Fra gli autori maggiormente rappresentati per il periodo considerato troviamo, non a caso, Carlo Gesualdo con ben undici titoli, a ruota Philippe De Monte con dieci attestazioni e Luca Marenzio con nove documenti.

Luoghi di edizione

Bologna

Ferrara

Firenze

Genova

Londra

Milano

Napoli

Orvieto

Roma

Venezia

Madrid

Figura 7: Luoghi di edizione delle stampe musicali conservate nella biblioteca del Conservatorio di Napoli.

118


ANTONIO CAROCCIA

Per i luoghi di edizione troviamo lÂśaffermazione di Venezia con settanta titoli, e non poteva essere altrimenti, anche se Napoli e Roma, rispettivamente con trentotto e venti numeri, si difendono molto bene.

Raccolte

Venezia

Orvieto

Roma

Figura 8: Le raccolte a stampa conservate nella biblioteca del Conservatorio di Napoli.

Per quel che riguarda le raccolte miscellanee, troviamo anche qui la netta predominanza veneziana con otto titoli, Roma tre e infine Orvieto, con la Scelta dei Salmi, Magnificat e Antifone curata da Fabio Costantini del 1620, per i tipi di Bartolomeo Zanetti.32

32

Scelta de Salmi a 8: Magnificat, Antifone, cioè Regina coeli, Ave Regina coelorum, Alma Redemptoris, et Letanie della Madonna. Libro Quinto, Opera Seconda con il Basso continuo per lœOrgano, a cura di Fabio Costantini, Orvieto, Bartolomeo Zanetti, 1620.

119


SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

Editori 16 14 12 10 8 6 4 2 0

Editori Figura 9: Gli editori delle stampe conservate nella biblioteca del Conservatorio di Napoli.

Fra gli editori maggiormente rappresentativi di queste fonti, troviamo gli eredi di Girolamo Scoto; mentre fra i napoletani si distinguono Carlino, Beltrano, Bonino e De Bonis.

Anno di edizione

1580

1581

1585

1589

1591

1593

1602

1603

1605

1606

1607

1608

1611

1615

1616

1617

1620

1622

1634

Figura 10: Anno di edizione delle stampe musicali conservate nella biblioteca del Conservatorio di Napoli. 120


ANTONIO CAROCCIA

Sempre, per gli anni considerati, troviamo, poi, 7 numeri per il 1581 e 6 rispettivamente per il 1603 e il 1611.

Forme musicali

Antifona Canzona Canzonetta Concerto Dramma per musica Fuga Inno Madrigale Messa

Cantata Canzone spirituale Capriccio Corrente Duetto Graduale Lauda Magnificat Mottetto

Figura 11: Le forme musicali delle stampe conservate nella biblioteca del Conservatorio di Napoli.

Per quel che attiene, invece, alle forme musicali, la preminenza aspetta al Madrigale con ben ottantacinque attestazioni e a seguire troviamo il Mottetto con quattordici titoli. Questo è in grandi numeri il patrimonio a stampa della biblioteca del Conservatorio. Cerchiamo, ora, di capire come questo patrimonio sia giunto in biblioteca. Di certo, un primo nucleo consistente, come abbiamo già avuto modo di notare, è giunto in biblioteca grazie a Giuseppe Sigismondo, che volle personalmente donare le sue carte musicali all¶istituzione, come dimostra l¶inventario del 1826.33 In questo elenco troviamo, anche, fonti a stampa, come nel caso delle Messe et mottetti a quattro voci: Opera seconda di Nicola Tortamano pubblicati a Napoli nel 1627 da Ottavio Beltra33

Inventario delle fonti musicali appartenute a Giuseppe Sigismondo, (Napoli, Archivio di Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Busta 85) trascritto in ROSA CAFIERO, Una biblioteca per la biblioteca: la collezione musicale di Giuseppe Sigismondo, in Napoli e il teatro musicale in Europa tra Sette e Ottocento. Studi in onore di Friedrich Lippmann, a cura di Bianca Maria Antolini, Wolfgang Witzenmann, Firenze, Olschki, 1993 (Quaderni della Rivista Italiana di Musicologia, 28), pp. 299-367. 121


SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

no.34 Non abbiamo ragion di non credere, a quanto afferma Florimo, nella Scuola musicale di Napoli, che «Dopo il Mattei, altri ragguardevoli personaggi seguirono il bello esempio, e fu primo il bravo dilettante Giuseppe Sigismondi, poi nominato Archivista, che arricchì la biblioteca di pregevolissime opere e carte musicali, e di un¶interessantissima collezione di madrigali dal 1550 al 1728».35 È possibile trovare traccia di questi materiali nei primi cataloghi della biblioteca. Ad esempio, nel catalogo del 1801,36 alla voce Gesualdo troviamo l¶edizione dei Madrigali del 1599 di Baldini, mentre nel catalogo del 1823 possiamo notare le stampe dei madrigali di Luzzaschi.37 Vorrei in un¶ultima analisi, soffermarmi su alcune di queste fonti conservate nella prestigiosa biblioteca. Questa analisi non può che iniziare da Carlo Gesualdo. Del Principe di Venosa la biblioteca conserva le seguenti opere:

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NICOLA TORTAMANO, Messe et motteti a quattro voci. Opera seconda, Napoli, Ottavio Beltrano, 1627. 35 FLORIMO, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatorii cit, p. 64. 36 Indice di tutti i libri cit. 37 Indice generale di tutte le opere di vario genere che rattrovansi nella Biblioteca Musicale del Real Collegio di musica in S. Sebastiano, 1823 (I-Nc, manoscritto senza collocazione). 122


ANTONIO CAROCCIA

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Tra queste spiccano le edizioni napoletane di Carlino e Nucci;38 la partitura genovese di tutti i sei libri curata da Simone Molinaro per Giuseppe Pavone 39 e i primi tre libri stampati a Ferrara da Vittorio Baldini.40 Per la maggior parte, si tratta di edizioni incomplete, eccezion fatta per le stampe veneziane del Gardano del 1607 e 1611 e la partitura del Pavoni. Di quest¶ultima, la biblioteca conserva due esemplari e di cui la seconda copia mostra delle parti manoscritte di Sigismondo.41 Questo aspetto del ³EUDYR PXVLFLVWD GLOHWWDQWH´ QRQ VWXSLVFH DIIDWWR H DQ]L GLPRVWUD VRUSUHQGHQWHPHQWH l¶LQWHUHVVH YHUVR TXHVWD OD PXVLFD ³DQWLFD´ DQFKH D FDYDOOR WUD 6Htte e Ottocento.42 Tra l¶altro, lo stesso Sigismondo metterà in partitura di suo pugno alcuni madrigali di

38 CARLO GESUALDO, Madrigali a cinque voci: libro quinto, Napoli, Giovanni Giacomo Carlino, 1611 (I-Nc, 39.1.7); Madrigali a cinque voci et aggiuntovi li due madrigali, che mancano al sesto libro ristampato in Venetia: Libro primo, Napoli, Lucrezio Nucci, 1617 (I-Nc, 39.1.7). 39 CARLO GESUALDO 3DUWLWXUD GHOOL VHL OLEUL GH¶ PDGULJDOL D FLQTXH YRFL *HQRYD *LXVHSSH 3DYRQL 1613 (I-Nc, 35.1.11). 40 CARLO GESUALDO, Madrigali a cinque voci: [lib. 1°], Ferrara, Vittorio Baldini, 1594; [lib. 2°], 1594 e [lib. 3°], 1595 (I-Nc, 39.1.7). 41 I-Nc, (35.1.12). 42 Sulla ricezione gesualdiana nel Settecento vedi MARIA GRAZIA SITÀ, La ricezione settecentesca di Gesualdo: Burney, Padre Martini e gli altri, «Studi musicali», 33/2, 2004, pp. 285-302.

123


SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

Gesualdo (Moro e mentre sospiro),43 Marenzio (Ahi tu mel neghi)44 e di Scarlatti (Cor mio deh non languire).45 Interessante appare la stampa del primo libro a cura del Nucci, di cui conserviamo soltanto la parte del basso.46 Passiamo ora in rassegna alcune opere degli stampatori locali. Il Primo Libro delle Recercate a due voci con alcuni curiosi De Spagnolis, Giovanni canoni a due, tre et a quattro Camillo voci : Opera terza Napoli

Ottavio Beltrano

1626

Mattei, Giacinto

Libro Primo deÂś Madrigali concertati a due, e tre voci con il Basso continuo : opera seconda Napoli

Ottavio Beltrano

1634

Nenna, Pomponio

Responsorij di Natale e di Settimana Santa a quattro voci Napoli

Ottavio Beltrano

1622

Polastrella, Filippo

Vespri, Messa e Mottetti a quattro et altri anco e tre: libro primo Napoli

Ottavio Beltrano

1630

Tortamano, Nicola

Messe et motteti a quattro voci : Opera seconda Napoli

Ottavio Beltrano

1627

Tortamano, Nicola

Messa, vespero et hinni a quattro voci : con una messa a due chori : Libro primo Napoli

Ottavio Beltrano

1622

Trabaci, Giovanni Maria

Passionem D.N. Jesu Christi secundum Mattheum, Marcum, Lucam et Joannem ad ipsius Redemptionis dulcidinem a fidelibus degustandem : Opus decimum tertium Napoli

Ottavio Beltrano

1634

Il Primo Libro delle Recercate a due voci con alcuni curiosi De Spagnolis, Giovanni canoni a due, tre et a quattro Camillo voci : Opera terza Napoli

Ottavio Beltrano

1626

43

I-Nc, 34.4.7 olim Rari Cornice 18.1(4). Ibidem 45 Ibidem 46 I-Nc, 39.1.7. 44

124


ANTONIO CAROCCIA

Uno degli editori più rappresentati è Ottavio Beltrano.47 Tipografo di origine calabrese, che inizia la sua attività in quel di Cosenza (1620), per trasferirsi poi a Napoli e infine ad Ancona e nel mezzo sarà attivo anche a Sorrento, a Montefusco, a Benevento. Nel 1626 ha una bottega di libraio ed una stamperia in San Biagio dei Librai. Nel 1642 è stampatore arcivescovile. Nei frontespizi delle sue opere preferisce ricorrere ad incisioni delle armi delle famiglie dedicatarie dell¶opera, piuttosto che ad una sua insegna tipografica. Scipione Bonino era di origine piemontese ed era tipografo ed editore.48 Agli inizi della sua carriera fu editore di alcune opere impresse nella stamperia di Sottile, 49 come ad esempio le villanelle di Lambardi50 e teneva la sua bottega a San Biagio nel palazzo Riccardi. Lambardi dal 1626 al 1630 fu primo maestro alla Pietà dei Turchini e questi materiali provengono proprio dall¶antico Conservatorio. Sempre del 1607 è la stampa dell¶ottavo libro dei madrigali di Montella.51 Novello De Bonis di origini milanesi, nel 1637 sposa Anna Beltrano, fu stampatore arcivescovile per un lungo periodo tra il 1663 e il 1770.52 La sua attività è documentabile dal 1638 e le sue stampe musicali sono di alta qualità e si caratterizzerà in questo campo. 53 La società tra Giovanni Battista Gargano e Lucrezio Nucci risale 1606 e prosegue fino alla morte del secondo. I due usano come marca l¶affiancamento di quelle che possono essere le loro marche personali: un¶aquila per il Gargani e un drago per Nucci.54

47

Cfr. GIAMPIERO DI MARCO, Librai, editori e tipografi a Napoli nel XVII secolo (Parte I), «La Bibliofilia», CXII/1, 2010, pp. 21-61: 38. 48 Ivi, p. 40. 49 DI MARCO, Librai, editori e tipografi a Napoli nel XVII secolo (Parte II) cit., p. 176. Vedi, anche, SARTORI, Dizionario degli editori musicali italiani cit., pp. 148-149. 50 FRANCESCO LAMBARDI, Villanelle a tre et a quattro voci, et Arie. Libro Primo, Napoli, Gio. Battista Sottile per Scipione Bonino, 1607 (I-Nc, 39.1.12). 51 GIOVAN DOMENICO MONTELLA, /¶2WWDYR /LEUR GH 0DGULJDOL D FLQTXH YRFL, Napoli, Gio. Battista Sottile per Scipione Bonino, 1607 (I-Nc, 39.1.18). 52 SARTORI, Dizionario degli editori musicali italiani cit., p. 31. 53 DI MARCO, Librai, editori e tipografi a Napoli nel XVII secolo (Parte I) cit., p. 52. 54 Ivi, pp. 60-61. 125


SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

Figura 12: Società Giovan Battista Gargano e Lucrezio Nucci.

Antonio Pace, tipografo-editore di origine veneta, fu socio di Giovan Giacomo Carlino dal 1593 al 1599.55 Nel 1603 il viceré conte di Benavente ordina al Capitano di Bari di arrestarlo e condurlo a Napoli. Negli anni seguenti lavora a Bari. Carlino e Paci possono reputarsi i continuatori di Orazio Salviani rilevandone l¶attrezzattura.56 La Marca tipografica della società di paci e Carlino sono due mani destre che si stringono. La sua attività è attestata fino al 1606.

Figura 13: Società di Giovan Giacomo Carlino e Antonio Pace.

Giovan Battista Sottile inizia la sua attività nella tipografia di Tarquinio Longo.57 La sua attività è nota tra il 1602 e il 1627. Abbiamo visto come nel 1606-07 stampi alcune opere avendo come editore Scipione Bonino e nel 1608 i due diverranno, anche, soci. Felice Stigliola fratello del tipografo Nicola Antonio, nel 1595 per la carcerazione di questo, per le sue convinzioni favorevoli alle teorie copernicane, dirige l¶attività ti55

DI MARCO, Librai, editori e tipografi a Napoli nel XVII secolo (Parte II) cit., pp. 155-156. TORI, Dizionario degli editori musicali italiani cit., p. 112 56 DI MARCO, Librai, editori e tipografi a Napoli nel XVII secolo (Parte I) cit., p. 46. 57 DI MARCO, Librai, editori e tipografi a Napoli nel XVII secolo (Parte II) cit., p. 176. 126

SAR-


ANTONIO CAROCCIA

pografica.58 Dal 1597 appare la sottoscrizione Nella stamperia di Felice Stigliola a Porta Regale. La Porta Reale fu spostata nel 1536 al capo nord di Toledo. Dal 1599 al 1603 la stamperia è diretta però da Costantino Vitale. Si ritrova la sottoscrizione di Felice tra il 1603 e il 1606. La stampa dei madrigali del nobile cosentino Manilio Caputi, che si fa effigiare sul frontespizio, dimostra come questo stampatore fosse ben inserito nei circoli culturali e nobili del tempo; difatti i suoi autori, come Montella (liutista di corte) e Philippe Rogier (maestro di cappella del re di Spagna) sono tutti vicini alla corte reale. Costantino Vitale fu attivo come tipografo tra il 1599 e il 1624. 59 Cresciuto nella casa di Carlino, sposa Vincenza Amodeo appartenente a famiglia di stampatori e muore a 65 anni nel 1626. Nel 1600 è stampatore arcivescovile. La sua bottega si trova a Porta Reale, nella zona di Piazza del Gesù, dove insieme a San Biagio, si trova il maggior insediamento di librai e di tipografi. Per qualche tempo, fino al 1603, gestisce la stamperia dello Stigliola costretto in esilio a Roma. Nel biennio 1604-06 sembra lavorare come socio di Felice Stigliola. Alla morte di questi ne acquista l¶attrezzattura e continua l¶attività avendo come socio Giovan Giacomo Carlino, col quale lavora fino al 1611.60 Tra l¶altro, pubblicherà nel 1618 la Sambuca lincea di Fabio Colonna con il frontespizio inciso da Alessandro Baratta. Tra l¶altro, a causa dell¶inasprimento dei diktat della censura, viene fatto imprigionare dal viceré nel 1600.

58

Ivi, p. 177. Ivi, p. 181. Cfr., anche, SARTORI, Dizionario degli editori musicali italiani cit., p. 168. 60 CFR. GIUSEPPINA MONACO, voce Giuseppe Carlino, in Dizionario dei tipografi e degli editori italiani. Il Cinquecento, volume I A-F, edito da Marco Menato, Ennio Sandal, Giuseppina Zappella, Milano, Editrice Bibliografica, pp. 258-261 e SARTORI, Dizionario degli editori musicali italiani cit., pp. 42-43. 59

127


SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

Figura 14: Costantino Vitale.

Tra le tante curiosità che questi documenti possono suggerire, segnalo la stampa dei madrigali di Luzzasco Luzzaschi ad opera di Carlino, che evidenzia come i rapporti tra le corti di Napoli e quelle di Ferrara fossero ben saldi dopo le seconde nozze del principe Gesualdo. $ FRQFOXVLRQH GL TXHVWR UDSLGR HVDPH OD ELEOLRWHFD GHO &RQVHUYDWRULR ³6 3LHWUR D 0DMHOOD´ H Oœarchivio musicale dei Gerolamini, confermano di essere sempre stati uno specchio fedele della vita musicale napoletana, con i loro preziosi tesori musicali che rispecchiano le scelte editoriali del tempo del Principe Gesualdo.

128


129

Anerio, Giovanni Francesco

Anerio, Giovanni Francesco Banchieri, Adriano Bartholomeo Cappello

Bellazzi, Francesco Bernardi, Stefano

Buchner, Philipp Friedrich Capece, Alessandro

Caresana, Cristoforo

Cavalieri, Emilio: de

ST 1.1

ST 1.2

ST 15.2

ST 2.2

ST 3.1

Biblioteca

ST 7.3

ST 2.1

ST 4.1

ST 1.3

Ancina, Giovanni Giovenale

Autore

Biblioteca

Collocazione

Rappresentatione di anima, et di corpo / nuovamente posta in musica dal sig. Emilio del Cavalliere, per recitar cantando ; data in luce da Alessandro Guidotti bolognese

Motetti a due, a tre, et a quattro voci

Motetti a due e tre voci : opera 26

Concerti ecclesiastici

Messe a quattro et cinque

Salmi delle compiete

Selectio concentica Psalmorum quinque

Salmi festivi intieri,coristi,allegri,et moderni

Antiphonae seu Sacrae cantiones : terza parte

Antiphonae seu Sacrae cantiones : seconda parte

Tempio armonico della beatissima Vergine N.S.: prima parte a 3 voci

Titolo

Roma

Napoli

Napoli

Venezia

Venezia

Napoli

Napoli

Venezia

Roma

Roma

Roma

Luogo

Nicola Muzio

Novello De Bonis

Alessandro Vincenti Ottavio Beltrano

Giovanni Battista Robletti Riccardo Amadino ex tipografia Ottavio Beltrano Ottavio Beltrano Alessandro Vincenti

Giovanni Battista Robletti

Nicola Muzio

Editore

1600

1700

1636

1642

1624

1620

1645

1613

1613

1613

1599

Anno

Opera

Mottetto

Mottetto

Mottetto

Messa

Salmo

Salmo

Antifona, Canzona spirituale Salmo

Antifona, Canzona spirituale

Lauda

Forma

D 1291

C 1047

C 894

B 2052

C 919

B 807

A 1104

A 1104

A 1034

RISM

Organico

C1, T e B, bc

C1,C2,A,T,B, bc C1,C2,B,bc

C,A,T,B,Vq,b/org

C,A,T,B,bc

C1,C2,A,T,B, b/org

C,A,T,B,b/org

Secunda pars: A,T,b/org; Tertia pars: C,A,T,b/org C,A,T,b/org

2S,B

Edizioni musicali a stampa della biblioteca e dellÂśarchivio musicale dei Girolamini dal 1564 al 1724

I

APPENDICE

Note


130

Colombini, Francesco

Dentice, Scipione Dentice, Scipione

Dentice, Scipione Dentice, Scipione

Dentice, Scipione Donati, Ignazio Fabbri, Stefano Fasolo, Giovanni Battista

ST 5.1

ST 31.3

Biblioteca

ST 6.1

Gesualdo, Carlo Gesualdo, Carlo

Gesualdo, Carlo

Ghizzolo, Giovanni

ST 8.1

ST 8.3

ST 10.2

ST 8.2

Foggia, Francesco

ST 7.2

Biblioteca

ST 30.1

ST 6.2

Biblioteca

ST 35.2

ST 3.2

Colombini, Francesco Colombini, Francesco

ST 5.2

Salmi, messa et falsi bordoni concertati a quattro voci

Responsoria et alia ad officium hebdomadae sanctae

Liber primus quarum una septem vocibus singulari artificio

Sacrarum cantionum quinque vocib : liber primus

Motetti a due et tre voci con una Messa a 3 voci pari ... : Con il Basso Continuo per l¶Organo : Libro secondo. Opera sesta Litaniae et Sacrae cantiones binis, ternis, quaternis, quinisque vocibus concinendae

R. Floridus canonicus de Sylvestris a Barbaro

Concerti ecclesiastici a due, tre, quatro

Madrigali spirituali a cinque voci

Il Quinto Libro de Madrigali a cinque voci

Il Quarto Libro de Madrigali a cinque voci

Scipionis Denticis moctectorum quinque vocibus liber primus Quinto Libro de Madrigali a cinque voci

Mottetti concertati a due tre quattro e cinque voci con il Basso continuo

Concerti ecclesiastici a due, tre quattro et cinque voci con il basso continuo per l¶organo Mottetti concertati a due, tre, et quattro voci con il Basso continuo per l¶Organo

SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

Venezia

Gesualdo

Napoli

Napoli

Roma

Napoli

Roma

Venezia

Napoli

Napoli

Napoli

Napoli

Roma

Venezia

Venezia

Venezia

Alessandro Vincenti

Giovanni Giacomo Carlino

Vitale Costantino Vitale Costantino

Vitale Mascardi

Lazaro Scoriggio Alessandro Vincenti Vitale Mascardi Ottavio Beltrano

Francesco Coattinum Giovanni Battista Sottile Antonio Pace Giovanni Battista Sottile

Alessandro Vincenti

Alessandro Vincenti Alessandro Vincenti

1624

1611

1603

1603

1652

1635

1564

1626

1629

1607

1602

1607

1594

1628

1623

1628

Messa, Salmo

Responsorio

Canzone spirituale Canzone spirituale

Litania

Canzone spirituale Mottetto, Messa

Madrigale spirituale Concerto

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Mottetto

Mottetto

Mottetto

Concerto

G 1793

G 1720

G1749

G 1748

F 1443

1654/2

D 3386

D 1666

D 1665

D 1664

D 1665

D1661

C 3441

C 3440

C 3443

S,A,T,B,org

C,A,T,B,Vq,V-sx

C,A,T,B,Vq,V-sx

C,A,T,B,V-q

C1,C2,A,T,B, org

2V/3V/4V/5V, b/org C1,C2,T,B,b/o rg V1,V2,V3,org

C,A,T,B,V-q

C,A,T,B,V-q

B

C,A,T,B,V-q

C,T,B,V-q

C,A,T,B,b/org

C,A,T,B,Vq,bc C,A,T,B,bc

2° copia a ST 4.2 con parti manoscritte


131

Grandi, Alessandro

Grandi, Alessandro

Grandi, Alessandro

ST 14.3

ST 12.1

ST 14.1

ST 14.1

Grandi, Alessandro

ST 13.1

Grandi, Alessandro Grandi, Alessandro

Grandi, Alessandro

ST 12.2

ST 13.3

Grancino, Michel¶Angelo

ST 11.2

Grandi, Alessandro

Giordani, Domenico Antonio

ST 11.1

ST 13.1

Giamberti, Giuseppe

ST 9-10.1

Salmi ad otto brevi con il primo choro concertato

Messe concertate a otto voci

Motetti a cinque voci con le letanie della Beata Vergine

Celesti fiori ... : libro quinto de Concerti a 1.2.3.4. voci

Il Terzo Libro de Motetti a due tre e quattro voci

Il Primo Libro de Motetti a due, tre, quattro, cinque et otto voci

Il Secondo Libro de Motetti a due, tre et quattro voci

Motetti a una, et due voci con sinfonie di due Violini : Libro Terzo

Il Secondo Libro de Concerti a 1, 2, 3 e 4 voci

Armonia sagra a due voci

Antiphonae et motecta festis omnibus propria et comunia iuxta forman breviarii romani

131

Venezia

Venezia

Venezia

Venezia

Venezia

Venezia

Venezia

Venezia

Milano

Roma

Roma

Alessandro Vincenti

Alessandro Vincenti Gardano appresso Bartolomeo Magni Bartolomeo Magni Alessandro Vincenti

Alessandro Vincenti

Alessandro Vincenti

Alessandro Vincenti

Filippo Lomazzo

Giovanni Battista Robletti Chracas

1640

1637

1640

1638

1621

1628

1628

1637

1624

1724

1650

Salmo

Messa

Mottetto, Litania

Concerto

Mottetto

Mottetto

Mottetto

Mottetto

Concerto, Messa, Cantico

Offertorio

Antifona, Mottetto

G 3454

G 3462

G 3430

G 3442

G 3437

G 3421

G 3426

G 3451

G 3398

G 1831

Coro1(C,A,T,B), Coro2(C,A,T,B), bc

C1,C2,A1,A2, T1,T2,B1,B2, org

C,A,T,B,Vq,org

2V/3V/4V/5V/ 8V,org/cemb/c hitne/str 2V/3V/4V/5V, b/org 1V/2V/3V/4V, org

2V/3V/4V,b/o rg

1V/2V,vl1,vl2, org

C,A,T,B

A,T,org

2V/3V/4V,org

2° copia a ST 14.2

2° copia a ST 13.2

altri concerti e una messa da morti di Giovanni Domenico Rognoni Taeggio. Raccolti da Giovanni Lopez

ANTONIO CAROCCIA


132

Graziani, Bonifacio

Guglietti, Francesco Guidetti, Giovanni Domenico

Biblioteca

ST 15.1

Macque, Giovanni : de

Marenzio, Luca

Marenzio, Luca

Marini, Giuseppe

Marotta, Agapito

Martini, Francesco

ST 16.1

ST 16.4

ST 15

Biblioteca

ST 17.1

Landi, Stefano

Biblioteca

ST 31.4

Lambardi, Camillo

ST 28.2

Biblioteca

Grandi, Alessandro

Raccolta di Mottetti, del Marotta. Libro Primo. A due, a tre, a quattro, a cinque. Con il Basso continuo et un Salmo a 3, et una Litania a 5 o a 6 Motecta festorum totius anni communi sanctorum quaternis vocibus concinenda

Messe e mottetti a otto voci

Il primo libro dei madrigali a 5 voci nella nativitĂ del Signore

il Primo Libro de Madrigali spirituali

Joannis Macque Valentinatis Belgae Potectorum quinque, sex,et octo vocum Liber Primus

Il S. Alessio

Salmi et Litanie a cinque con il Basso continuo : Opera prima Cantus ecclesiasticus Passionis Domini Nostri Iesu Christi secundum Mattheum, Marcum, Lucam et Joannem. Iuxta ritum capellae S. D. N. Papae ac sacrosanctae Basilicae Vaticanae a Joanne Guidetto bononiensis ... in tres libros divisus .. Il Secondo Libro di Mottetti

Psalmi vespertini binis choris una cum Organo certatim suaviterque decantandi : Opus 17.

Il Quarto Libro de Motetti a due, tre, quattro et sette voci

SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

ST 13.2

Roma

Palermo

Venezia

Venezia

Venezia

Roma

Roma

Napoli

Roma

Napoli

Roma

Palermo

Gardano appresso Bartolomeo Magni Giovanni Battista Maringo Bartolomeo Zanetti

Erede di Girolamo Scotto Angelo Gardano

Nicola Muzio

Paolo Masotti

Ottavio Beltrano

Ottavio Beltrano Alessandro Gardano

Amedeo Belmonti

Giovanni Battista Maringo

1607

1635

1621

1580

1606

1596

1634

1628

1586

1640

1660

1620

Mottetto

Mottetto

Messa, Mottetto

Madrigale spirituale

Madrigale spirituale

Mottetto

Dramma musicale

Mottetto

Salmo, Litania Passione

Salmo

Mottetto

M 1000

M 713

M 675

M 530

M 527

M 91

L 534

L 357

G 5018

G 3684

G 3433

C1,C2,T,B

C,A,T,B,bc

C1,C2,A1,A2, T1,T2,B1,B2, bc

C,A,T,B,V-q

S,A,B,5

C1,C2,B,bc

Coro1(C1,C2,A, T,B),Coro2(C, A,T,B),org C1,C2,A,T,B, bc

2V/3V/4V/7V, bc/org

mancate di frontespizio

Solo liber secundus e tertius


133

Montella, Giovan Domenico MOTTETTI di AUTORI VARI Nenna, Pomponio

Palazzotto Tagliavia Giuseppe

Palazzotto Tagliavia Giuseppe Palazzotto Tagliavia Giuseppe Palestrina, Giovanni Pierluigi

ST 18.2

ST 2.26

ST 27.2

Biblioteca

Biblioteca

ST 19.1

,

,

,

Montella, Giovan Domenico

ST 18.1

ST 16.3

Mazzocchi, Domenico

Massone, Andrea Massone, Andrea

ST 17.3

ST 17.2

ST 7.1

Il primo libro de¶ mottetti ad una, due e tre voci : con uno à quattro variato nel fine, col basso continuo per l¶organo Ioannis Petri Aloysii Praenestini sacrosanctae Basilicae Vaticane cappelle magistri Hymni totius anni secundum sanctae romanae ecclesiae consuetudinem quattuor vocibus concinendi necnon Hymni religionum cum privilegio Summi Pontificis

Sacre canzoni musicalin a due, e tre, quattro e cinque voci

Messe brevi concertate a otto voci e due Mottetti variati nel fine : co¶l basso per l¶organo : libro primo opera decima

Responsorij di Natale e di Settimana Santa a quattro voci

Nella Risurrezione del Signore

Psalmi quibus ad cpmpletorium per totum annum utimur octo et quatuor

Motectorum et missarum cum octo vocibus

Madrigali a cinque voci et altri varii Concerti

Il primo libro delli mottetti a due et a tre voci et nel fine una Letania della Madonna e quattro voci Il primo libro delli mottetti a due et a tre voci et nel fine una Letania della Madonna e quattro

Roma

Palermo

Messina

Napoli

Napoli

Napoli

Napoli

Roma

Napoli

Napoli

Giovanni Battista Maringo Giacomo Tornieri & Bernardino Donangeli excudebat Francesco Coattino

Pietro Brea

Ottavio Beltrano ad istanza di Paolo Riccio Ottavio Beltrano

Tipografia ad Porta Regale (Stigliola) Giovanni Battista Sottile

Francesco Zanetti

Ottavio Beltrano Ottavio Beltrano

1598

1616

1631

1632

1622

1605

1600

1638

1638

1638

Inno

Mottetto

Canzone spirituale

Messa, Mottetto

Responsorio

Mottetto

Salmo

Messa, Mottetto

Madrigale spirituale

Mottetto

Mottetto

P 737

P 650

P 653

P 654

N 380

M 3415

M 3411

M 1673

M 1325

M1325

1V/2V,3V,4V, b/org

C,A,T,B,V-q

C1,A1,T1,B1, C2,A2,T2,B2, Bc

C,A,T,B,b/org

C1,C2,A1,A2, T1,T2,B1,B2

C1,C2,A1,A2, T1,T2,B1,B2

C,A,T,B,V-q

2V/3V

2V/3V

mancate di frontespizio

ANTONIO CAROCCIA


134

Petrobelli, Francesco

Rafone, Luca

Rore, Cipriano

Rore, Cipriano

Rovetta, Giovanni Battista

Rovetta, Giovanni Battista

Rubino, Bonaventura

Rubino, Bonaventura

Rubino, Bonaventura

Sabbatini, Pietro Paolo

ST 20.1

ST 16.2

Biblioteca

ST 20.2

ST 21

ST 2.25

ST 23

ST 24

ST 27.1

Psalmi magmificat cum quatuor antiphonis

Messa e salmi a otto voci conertati nel primo choro : opera seconda

Il primo de mottetti concertati

Messa e salmi a otto voci conertati nel primo choro : opera seconda

Messa e Salmi concertati a cinque, sei, sette, otto voci e due violini

Mottetti concertati a due, tre, quattro e cinque voci

Tutti i madrigali di Cipriano de Rore a quattro voci, spartiti et accomodati per sonar d¶ogni sorte d¶istrumenti perfetto, et per qualunque studioso di contrapunto

Il primo libro delle fiamme: madrigali a 4 e 5 v oci

Salmi brevi a quattro voci

Musiche sacre concertate con istromenti di Francesco Petrobelli maestro di Cappella della cattedrale di Padova

SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

ST 19.2

Roma

Palermo

Palermo

Palermo

Venezia

Venezia

Venezia

Venezia

Napoli

Bologna

Paolo Masotto

Francesco Terranova

Francesco Terranova

Francesco Terranova

Alessandro Vincenti

Alessandro Vincenti

Gioseffo Ricci Erede di Girolamo Scotto Angelo Gardano

Giacomo Monti

1630

1651

16..

1651

1639

1635

1577

1585

1653

1670

Salmo, Litania, Antifona

Messa, Salmo

Mottetto

Messa, Salmo

Messa, Salmo

Mottetto

Madrigale

Madrigale

Salmo

S 24

R 3041

R 3042

R 3041

R 2966

R 2964

R 2513

R 2517

R 45

P 1647

Coro1(S,A,T,B), Coro2(S,A,T,B), bc Coro1(C,A,B,T), Coro2(C,A,B,T), org

Coro1(S,A,T,B), Coro2(S,A,T,B), bc C1,C2,A,T,B, bc

C1,C2,A1,A2, T1,T2,B1,B2, vl1,vl2

2V/3V/4V/5V, bc

4V/5V

C.A.T.B.,Bc

C,A,T,vl1,vl2, vla,fag,bc

2° copia a ST 22.1-.2


135

ST 30.3

Stabile, Annibale Stamigna, Nicola

ST 30.2

Biblioteca

Soto de Langa, Francisco [compilatore]

Siefert, Paul

Biblioteca

Biblioteca

Scorpione, Domenico Siefert, Paul

ST 29.1

Silvestri, Florido : de

Sandoli, Giovanni Battista

ST 28.1

ST 29.2

Sabino, Giovanni Maria

Biblioteca

Sacrarum Modulationioum quae quinis, senis, et octonis vocibus concinuntur. Liber Secundus Sacrorum concentuum : Liber Primus

Il Quarto Libro delle Laudi a tre et quatro voci

Canticum seu Symbolum Divi Ambrosij et Augustini. Te Deum laudamus, compositum a 1,2,3,4, et 5 vocibus Epitalamium in augustissimarum solemnitatem nuptiarum sernissimi... Principis Vladislai 4. D.G. Regis Poloniae... et serenissime... Ludovicae Mariae Gozagae D.G. Reginae Poloniae... celebratarum warsaviae anno 1646 die 11. mesis martii, compositum sex choris, 25 vocibus vivis et intrumentis com Basso generali, pro separatis vel ad placitum conjunctis choris, Ă Paulo Syferto, olim serenissimi Regis Sigismundi 3. augustae memoriae, nunc p.t. Dantisci in templo B.M.V. organario R. Floridus canonicus de Sylvestris a Barbarano

Armonia sacra a due e tre voci

Liber primus mottectorum et missarum quator

Il primo libro delli mottetti a due voci

Roma

Venezia

Roma

Roma

Danzica

Danzica

Napoli

Napoli

Napoli

Angelo Gardano Andrea Fei [Federici Franzini]

ex tipografia Ludovico Grignani Alessandro Gardano

Georg Rhetus Georg Rhetus

Giovanni Giacomo Carlino Bonis

Ambrosio Magnetta

1670

1585

1591

1649

1646

1642

1691

1613

1627

Mottetto, Salmo

Mottetto

Lauda

Canzone spirituale

Coro

Inno

Canto sacro

Messa, Mottetto

Mottetto

S 4342

S 4201

1591/3

1649/2

S 7267

S 2614

S 871

S 39

S,A,T,B,Vq,V-sx S,A,T,B

2V/3V/4V/org

1V/2V/3V/4V/ 5V,>str,bc

C1,C2,B,org

C,A,T,B

2v

scomparso

ANTONIO CAROCCIA


136

Tartaglino, Ippolito Trabaci, Giovanni Maria

Trabaci, Giovanni Maria

Trabaci, Giovanni Maria

Urio, Francesco Antonio

Biblioteca

ST 33.1

Biblioteca

ST 34.1

ST 33.2

Tarditi, Paolo

ST 32

Sci-

Stella, pione

ST 31.2

Sci-

Stella, pione

ST 31.1

Passionem D.N. Jesu Christi secundum Mattheum, Marcum, Lucam et Joannem ad ipsius Redemptionis dulcidinem a fidelibus degustandem : Opus decimum tertium Motetti di concerto a due, tre, e quattro voci con violini, e senza : opera prima

Psalmi vespertini quatuor vocibus cum nonnullis rytmis ad calcem adiectis auctore Ioanne Maria Trabacio

Motectorum quinque, sex et octo vocum cum quibusdam rythmis in fine, quinque vocibus decantandis : Liber Primus

Mottettorum quinque et sex vocum : liber primus

Psalmi, magnif. cum quatuor antiphonis ad vesperas : liber secundus

Scipionis Stella patritii neapolitani moctectorum quinque vocibus

Hymnorum ecclesiasticorurum liber primus

SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

Roma

Napoli

Venezia

Napoli

Roma

Roma

Ferrara

Napoli

Giovanni Giacomo Komarek

Gardano appresso Bartolomeo Magni Ottavio Beltrano

Giovanni Osmarino Giovanni Giacomo Carlino

Luca Antonio Soldi

ex tipografia Giovanni Giacomo Carlino e Costantino Vitale Vittorio Baldini

1690

1634

1630

1602

1574

1620

1595

1610

Mottetto

Passione

Salmo

Mottetto

Mottetto

Salmo, Cantico

Mottetto

Inno

U 106

T 232

T 225

S 5732

solo Primus Liber

Solo 5 parti

C1,C2,A,B,org/C1,C2,A,B,vl1,vl2,org

C,A,T,B,org

A,T,B,V-q

Coro1 (C,A,T,B),vl,lt ,tior,Coro2 (C,A,T,B),cnt o,tior,org V-q

S,T,B,V-q

S,A,T,B,V-q


137 II

Venezia

Roma

Napoli

Venezia

Venezia

ex Tipografia Bernardino Tani Ciera

Ottavio Beltrano

Giacomo Vincenti

Giacomo Vincenti

1625

1643

1632

1618

1617

Antifona

Inno

Messa, Vespro

Salmo, Inno, Cantico

Messa

Titolo

Ghirlanda di fioretti musicali composta da diversi ecc.ti musici a tre voci con l¶intavolatura del cimbalo et liuto Lodi della musica a 3 voci composte da diversi ecc.ti musici con l¶intavolat. del Cimbalo et Liuto : Libro Primo Liber primus Musarum cum quattuor vocibus Sacrarum cantionum que vulgo Mottetta vocantur ab Orlando De Lassus, Cipriano Rore, et aliis ecclesiasticis authoribus compositarum, et ab Antonio Barré collectarum

Autore

[curato da Simone Verovio] [curato da Simone Verovio] [curatore Antonio Barre] Venezia

Roma

Roma

Luogo

Simone Verovio Simone Verovio Francesco Rampazetto

Editore

1563

1595

1589

Anno

Mottetto

Forma

Edizioni musicali a stampa della biblioteca del Conservatorio di Napoli dal 1520 al 1623

Antiphonarium Romanum de tempore et sanctis ad ritum Breviarij, ex decreto Sacrosancti Concilij Tridentini restituti Pii Quinti Pont. Max. jussu editi et Clementis 8. auctoritate recogniti. Ea omnia continens, quae tum ad divinum Officium decantandum tum ad religiosorum commodum, necessaria sunt. De licentia superiorum

Messa e vesperi concertati a quattro voci

Biblioteca

Velasco, Pietro

ST 35.1

Salmi, hinni, magnificat, antifone, falsi bordoni, et motetti concertati a una due tre e quattro voci con il basso per l¶organo

Hymni sacri Breviarii Romani S. mi D. N. Urbani Papae 8. auctoritate recogniti. Qui ubique per omnes Ecclesias tam secularium quam regularium debent recitari

Valentini, Giovanni

Biblioteca

Missae concertatae Ioannis Valentini ... quatuor, sex et octo vocum una cum basso ad organum

Biblioteca

Valentini, Giovanni

ST 34.2

1563/3

I 1595/6

1589/11

RISM

V 1105

V 90

V 89

C,A,T,B

3V,cemb

Consistenza

S,A,T,B,org

S,A,T,B,b/org

S1,S2,A1,A2, T1,T2,B1,B2, b/org

scomparso

ANTONIO CAROCCIA


138

Venezia

Psalmi sex qui in vesperis ad concentus varietatem interponuntur ternis vocibus: op. 10 sacrarum cantionum quae quinis, senis, septenis, octonisq. vocibus concinuntur : liber tertius : cum basso ad organum Sacrae laudes de Jesu, de B. Virgine ... 4,5,6,7,8 voc. : Liber secundus

Napoli Napoli Napoli

Roma Roma Madrid Napoli

Cantate a voce sola : libro primo : opera seconda

Primo libro de¶ mottetti a due, tre, quattro e cinque voci ... : opera prima Il primo libro de¶ madrigali a quattro voci

Il primo libro de¶madrigali a quattro voci

Secondo libro di chitarra

L¶ arpa di David accordata co¶ sacri concerti [a 5 voci]

Obras de musica para tecla arpa y vihuela

Primo Libro de¶ Madrigali a cinque

Arcadelt, Jacob

Bartolotti, Angelo Michele Borgiani, Domenico Cabezón, Antonio : de Caputi, Manilio

Napoli

Napoli

Venezia

Venezia

Agazzari, Agostino Agresta, Agostino Amodei, Cataldo Amodei, Cataldo Arcadelt Jacob

Agazzari, Agostino

Venezia

Venezia

Venezia

Venezia

Nuova spoglia amorosa : nella quale si contengono madrigali a quattro et cinque voci scielti dall¶opere de¶ più famosi et eccellenti musici

Roma

Orvieto

Missae quattuor tam organis, quam pleno choro accomadatae, quarum duae quattuor vocibus, altera quinque, postrema vero octo concinuntur : cum basso ad organum : opus decimum septimum / auctore AuJXVWLQR $JD]DULR « Psalmi ac magnificat qui in vesperis solemnioribus decantantur quinis simplicibus vocibus cum organo : opus decimum tertium / quos Augustinus Agazarius ... ad recentiorem elegantioremque canendi formulam nuper construxit Psalmorum ac Magnificat, quorum usus in vesperis frequentior est, octo vocibus ab Augustino Agazario ... : opus decimum quintum Madrigali a sei voci : libro primo

[curatore Francesco Cavallotti] A. Gabrieli, J. De Macque, M.A. Ingegneri Agazzari, Agostino Agazzari, Agostino Agazzari, Agostino Agazzari, Agostino

Scelta de Salmi a 8 : Magnificat, Antifone, cioè Regina coeli, Ave Regina coelorum, Alma Redemptoris, et Letanie della Madonna : Libro Quinto : Opera Seconda : con il Basso continuo per l¶Organo Scelta de¶ Mottetti da cantarsi a due e tre voci

SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

[curatore Fabio Costantini]

Gio. Angelo Muti Francisco Sanchez Stigliola

Riccardo Amadino Costantino Vitale Novello de Bonis Novello de Bonis Gio. Battista Sottile per Scipione Bonino Gioseffo Ricci

Riccardo Amadino

Bartolomeo Magni Riccardo Amadino Riccardo Amadino Riccardo Amadino

Giacomo Vincenti

Giacomo Fei

Bartolomeo Zanetti

1593

1578

1678

1650 circa

1654

1608

1679

1685

1617

1611

1611

1614

1615

1616

1620

1593

1665

1620

Madrigale

Mottetto

Madrigale

Madrigale

Mottetto

Cantata

Madrigale

Salmo, Magnificat

Salmo

Messa

Lauda

Canzone spirituale

Salmo, Vespro

Madrigale

Mottetto

Salmo, Antifona, Magnificat

1578/24

B 3749

B 1148

I 1654/6

I 1608/14

A 948

A 430

A 366

A 361

A 372

A 336

A 339

A 360

1665/1

1620-1

A,T,B,V-q

arp,vih,keyb

S,B

chit

A

C,T,B

C2, vl2

V,bc

C,A,T,B,V-q,V-sx

B (2 coro)

C,A,T,V-q

V-oc

V-oc

V

org

B

org

Coro1(C,A,T,B),Coro2(C,A,T,B),b/org


139

1615

Bologna Venezia

Sacri Concerti a due, tre, quattro e cinque, parte con Violini, e parte senza : Opera 47 Madrigali a cinque voci : Libro terzo

Madrigali a cinque voci : Libro quarto

Il Primo Libro de Madrigali a 5. voci

Madrigali a cinque voci : libro primo

De gli Scherzi armonici trovati e facilitati in alcune curiosissim suonate sopra la chitarra spagnuola da Franceso Corbetta pavese

Il Primo Libro de Madrigali a cinque voci

Cifra, Antonio

Cifra, Antonio

Cifra, Antonio

Corbetta, Francesco

De Benedictis, Giovanni Tommaso De Spagnolis, Giovanni Camillo Dentice, Scipione Dentice, Scipione Dentice, Scipione Dentice, Scipione Di Alberti, Innocenzo Fasolo, Giovanni Battista Fontanelli, Alfonso Fontanelli, Alfonso Frescobaldi, Girolamo Napoli Venezia Napoli Napoli Napoli Venezia Venezia Venezia Venezia Roma

Il Primo Libro delle Recercate a due voci con alcuni curiosi canoni a due, tre et a quattro voci : Opera terza

Secondo Libro de Madrigali a cinque voci

Il Quarto Libro de Madrigali a cinque voci

il Quinto Libro de Madrigali a cinque voci

Primo Libro de Madriigali a cinque voci

Primo libro de madrigali a quattro voci

Annuale che contiene tutto quello, che deve fare un organista, per risponder al choro tutto l¶anno. Opera 8 Il Primo Libro de Madrigali senza nome. A cinque voci

Secondo Libro de Madrigali senza nome. A cinque voci

Toccate d¶intavolatura di cimbalo et organo partite di diverse arie e corrente, balletti, ciaccone, passachagli : libro p.o

Venezia

Bologna

Roma

Roma

Roma

1668

Bologna

Bel-

Giovanni Battista Sottile Mattia Cancer eredi Giacomo Vincenti Alessandro Vincenti Angelo Gardano Angelo Gardano Nicolò Borboni

Angelo Gardano Antonio Pace

Ottavio trano

Giacomo Monti e Carlo Zenero Scipione Ricci

Luigi Zannetti

Giacomo Vincenti Giovanni Battista Robletti Luigi Zanetti

Pi-

1637

1604

1603

1645

1603

1591

1607

1602

1596

1626

1589

1639

1605

1605

1617

1661

1693

Canzonette per camera a voce sola : Opera 27

de

1681

Napoli

de

Duo di Cristoforo Caresana

Novello Bonis Novello Bonis Antonio sarri

Napoli

Duo di Cristoforo Caresana

Caresana, Cristoforo Caresana, Cristoforo Cazzati, Maurizio Cazzati, Maurizio Cifra, Antonio

Toccata, Corrente

Madrigale

Madrigale

Partita,

Inno, Messa, Fuga

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Recercare

Madrigale

Sonata

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Concerto

Canzonetta

Duetto

Duetto

F 1859

F 1481

F 1478

A 678

D 1660

D 1665

D 1664

D 1662

D 1286

C3650

C 2212

C 2212

C 2220

C 2218

C 1646

C 1620

C1046

C1043

org/cemb

B

B

>V,org

C,A,T,B

B

A,B

C,A,T,B,V-q

B

C,T

C,A,T,B,V-q

chit

C,A,T,B,V-q

C,A,T,B,V-q

C,A,T,B,V-q

C,A,T,B,V-q

B

V,bc

C1,C2

C2

ANTONIO CAROCCIA


140 Ferrara Venezia Venezia Venezia Roma

Madrigali a cinque voci : [Libro terzo]

Il Secondo libro de¶ concerti a quattro voci. Con il basso per sonar nell¶organo. ... : Opera settima Sacrarum Cantionum cum quinque vocibus ... : liber primus

motectorum : Liber primus quatuor vocum

l Sesto Libro de Mottetti a voce sola : Opera 19

Roma

Ferrara

Madrigali a cinque voci : [Lib.2°]

Mottetti a due, tre, quattro e cinque voci di don Bonifatio Gratiani già

Ferrara

Graziani, Boni-

Napoli

Gesualdo

Napoli

Madrigali a cinque voci et aggiuntovi li due madrigali, che mancano al sesto libro ristampato in Venetia : Libro primo Madrigali a cinque voci : [lib. 1°]

Madrigali a cinque voci : libro quinto

Car-

Venezia

Genova

Madrigali a cinque voci : del Venosa. Libro terzo

Car-

Venezia

Partitura delli sei libri de¶madrigali a cinque voci

Madrigali a cinque : del Venosa. Libro quarto

Car-

Venezia

Gesualdo, Carlo Gesualdo, Carlo Gesualdo, Carlo Gesualdo, Carlo Gesualdo, Carlo Ghizzolo, Giovanni Gnocchi, Giovanni Battista Gombert, Nicolas Graziani, Bonifacio

Madrigali a cinque voci : Libro secondo

Car-

Venezia

Madrigali a cinque voci : libro sesto

Madrigali a cinque voci : Libro primo

Napoli

Madrigali a cinque ... . : Libro Terzo

Car-

Napoli

Libro secondo di madrigali a cinque voci

Gesualdo, Carlo

Gesualdo, lo Gesualdo, lo Gesualdo, lo Gesualdo, lo Gesualdo, lo

Firenze

Roma

Il secondo libro di toccate canzone versi d¶hinni Magnificat gagliarde correnti et altre partite d¶intavolatura di cimbalo et organo La Flora

SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

Frescobaldi, Girolamo Gagliano, Marco : da Genvino, Francesco Genvino, Francesco

Nicoò Borboni Pignoni Zanobi Giovanni Battista Sottile Giovanni Giacomo Carlino Angelo Gardano Angelo Gardano Angelo Gardano e fratelli Angelo Gardano e fratelli Giovanni Giacomo Carlino Giovanni Giacomo Carlino Giuseppe Pavoni Lucrezio Nucci Vittorio Baldini Vittorio Baldini Vittorio Baldini Alessandro Vincenti Riccardo Amadino Antonio Gardano Giovanni Battista Caifabri[succ Mascardi] Vitale Ma1676

1676

1551

1602

1623

1595

1594

1594

1617

1613

1611

1611

1611

1611

1608

1607

1612

1605

1628

1637

Mottetto

Mottetto

Mottetto

Canzone spirituale

Concerto

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Toccata, Canzona, Partita Melodramma

G 3693

G 3687

1551/2

G 1784

G 1731

G 1725

G 1730

G 1743

G 1741

G 1739

G 1733

G 1737

G 1728

G 1723

G1587

G 1586

G 118

F 1867

C.1.,C.2.,C.3.,A. Org.

1V,org

T

C,A,T,V-q

T

C.A.

C,A

C,A

B

A.B.5.

A,B,q

C,A,T,B,V-q

C,A,T,B,V-q

C.A.T.B.5

C,A,T,B,V-q

C,A,T,B

B

cemb/org


141

Musiche sagre e morali composte ad una, due, tre e quattro voci: op. 25

Terzo libro dei madrigali a cinque voci

secondo libro de madrigali a cinque voci

Graziani, Bonifacio

Sci-

Sci-

Lacorcia, pione Lacorcia, pione

Venezia Venezia Roma Napoli

Il S.Alessio

I Motetti ... : a tre voci : Libro Primo

il Primo Libro dei Madrigali a quattro voci

il Primo Libro de Madrigali a cinque voci

Sonate di violino a voce sola : Libro primo opera terza

Seconda scelta delli madrigali a cinque voci

Landi, Stefano

Lasso, Orlando : di Lasso, Orlando : di Lasso, Orlando : di Leoni, Giovanni Antonio Luzzaschi, Luzzasco

Macedonio, Giovanni Vincenzo Maione Asca-

Venezia

Villanelle a tre et a quattro voci,et Arie : Libro Primo

Lambardi, Francesco

Napoli Napoli

Il secondo libro de madrigali a cinque voci

Primo libro di Ricercari a tre voci

Roma

Napoli

primo Libro di Madrigali a quattro voci

Napoli

Napoli

Napoli

Napoli

Roma

Roma

Lambardi, Camillo

Secondo Libro de Madrigali ariosi a quattro voci

Sacra Mottecta una cantu voce cum Organo decantanda : Liber Tertius. Opus 8

Graziani, Bonifacio

Lambardi, Camillo

maestro di cappella del GiesĂš e Semin. Romano : Opera 24.

facio

Angelo Gardano Girolamo Scoto eredi Girolamo Scoto eredi Vitale Mascardi Giovanni Giacomo Carlino Giovanni Giacomo Carlino Giovanni Bat-

Giovanni Battista Caifabri[succ Mascardi] Giovanni Battista Caifabri[succ Mascardi] Costantino Vitale Giovanni Giacomo Carlino Gio. Battista Gargano e Lucrezio Nucci Giovanni Giacomo Carlino Gio. Battista Sottile per Scipione Bonino Paolo Masotti

scardi

1606

1606

1613

1652

1586

1588

1592

1634

1607

1600

1609

1616

1620

1678

1677

Recercare

Madrigale

Madrigale

Sonata

Madrigale

Madrigale

Dramma per musica Mottetto

Villanella

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Mottetto

Mottetto

M 23

L 3131

L 969

1588/24

L 1001

L 534

L 360

L 358

L 359

L 152

L 153

G 3671

str-s,str-t,str-b

C,A,T,B

C,A,B,V-q

vl,bc

C,A,T,B,V-q

C,A,T,B

C,T,B

>V,Coro,orch

C,A

C,A,T,B

S,A,T,B,V-q

C,A,T,B,V-q

C

C,bc

ANTONIO CAROCCIA


142

Madrigali a quatro voci : libro primo

Il Primo Libro de Madrigali a sei voci

Secondo Libro de Madrigali a cinque voci

Settimo Libro de Madrigali a cinque voci

Primo Libro de Madrigali a cinque voci

Sesto Libro de Madrigali a cinque voci

Terzo Libro de¶ Madrigali a cinque voci

Primo Libro de Madrigali a sei voci

Marenzio, Luca

Marenzio, Luca

Marenzio, Luca

Marenzio, Luca

Marenzio, Luca

Marenzio, Luca

Marenzio, Luca

Bologna Venezia Roma Roma

Il Primo Libro delle Cantate da camera a voce sola: opera quarta

La Catena d¶Adone

Ricercari a due voci, per sonare e cantare

Ricercari a due voci per sonare, e cantare

Monte, Philippe : de Monte, Philippe : de Monte, Philippe : de Monte, Philippe : de

Bologna

Libro Primo de¶ Madrigali concertati a due, e tre voci con il Basso continuo : opera seconda Canzonette e cantate a due voci : Opera Terza

Mattei, Giacinto Mazzaferrata, Giovanni Battista Mazzaferrata, Giovanni Battista Mazzocchi, Domenico Metallo, Gramatio Metallo, Gramatio Venezia Venezia Venezia Venezia

Il Quarto Libro de Madrigali a quattro voci

Il Primo Libro de Madrigali a cinque voci

Il Secondo Libro delli Madrigali a cinque voci

L¶ ottauo libro delli madrigali a cinque voci.

Napoli

Quarto Libro de Madrigali a sei voci

Marenzio, Luca

Venezia

Venezia

Venezia

Venezia

Venezia

Venezia

Venezia

Venezia

Vitale Mascardi a spese di Caifabri Angelo Gardano Girolamo Scoto eredi Girolamo Scoto eredi Girolamo Scoto eredi

Alessandro Vincenti Giacomo Fei

Giacomo Monti

Vitale Mascardi Alessandro Gardano Angelo Gardano Angelo Gardano Angelo Gardano Angelo Gardano Angelo Gardano Giacomo Vincenti Girolamo Scoto eredi Girolamo Scoto eredi Ottavio Beltrano Giacomo Monti

Roma

tista Sottile Roma

Marazzoli, Marco Marenzio, Luca

La Vita humana overo il Trionfo della pietà

nio

SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

1580

1580

1580

1588

1685

1665

1626

1677

1675

1634

1603

1596

1591

1603

1602

1600

1581

1581

1585

1658

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Recercare

Recercare

Melodramma

Cantata

Canzonetta, Cantata

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Dramma per musica Madrigale

M 3370

M 3336

M 3331

M 3375

M 2559

M 2457

M 1671

M 1512

M 1509

M 1373

M 513

M 502

M 547

M 558

M 356

M 561

M 539

M 500

M 578

M 412

C,A,T,B,V-q

C,A,T,B,V-q

C,A,T,B,V-q

C,A,T,B

C,T

C

V,bc

C1,C2,bc

B

6V

C,A,B,V-q

C,A,B

A,V-q

C,T,B,V-q

A,V-q

V-sx

C,A,T,B

>V,Coro,orch


143

Venezia Venezia Napoli Napoli

Il Primo libro delli Madrigali a sei voci

Il Terzo Libro di Madrigali a quattro

Sesto Libro de Madrigali a cinque voci

LÂś Ottavo Libro de Madrigali a cinque voci

Venezia Venezia

Madrigali a cinque voci quinto libro

sesto libro de madrigali a cinque voci

il settimo libro de madrigali a cinque voci

Venezia

quarto libro de madrigali a cinque voci

Nenna, Pomponio

Venezia

Napoli

Venezia

Quinque Missarum harmonia diapente id est quinque voces referens quarum nomina subsequuntur Madrigali a cinque voci di Gio. Maria Nanino et di Annibal Stabile

Morales, Cristobal : de Nanino, Giovanni MariaStabile, Annibale Nenna, Pomponio Nenna, Pomponio Nenna, Pomponio

Venezia

Settimo Libro de Madrigali a 1,2,3,4 et sei voci, con altri generi di canti

Napoli

Venezia

il decimo Libro delli Madrigali a cinque voci

Quarto Libro de Madrigali a cinque voci

Venezia

Il Quarto Libro delli Madrigali a cinque voci

Napoli

Venezia

Il Terzo Libro delli Madrigali a cinque voci.

Primo Libro de Madrigali a quattro voci

Venezia

Il Nono Libro de Madrigali a cinque voci

Monteverdi, Claudio

Montella, Giovan Domenico Montella, Giovan Domenico

Monte, Philippe : de Monte, Philippe : de Monte, Philippe : de Monte, Philippe : de Monte, Philippe : de Monte, Philippe : de Montella, Giovan Domenico Montella, Giovan Domenico

Angelo Gardano e fratelli Angelo Gardano erede Gardano appresso Bartolomeo Magni Gio. Battista Sottile per Scipione Bonino

Girolamo Scoto eredi Girolamo Scoto eredi Girolamo Scoto eredi Girolamo Scoto eredi Girolamo Scoto eredi Girolamo Scoto eredi Costantino Vitale Gio. Battista Sottile per Scipione Bonino Giovanni Battista Sottile Giovanni Giacomo Carlino Gardano appresso Bartolomeo Magni Antonio Gardano Angelo Gardano

1608

1614

1612

1609

1581

1606

1628

1602

1604

1607

1603

1585

1582

1581

1581

1581

1580

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Messa

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

N 392

N 390

N 387

N 384

N 29

1547/4

M 3497

M 3419

M 3422

M 3429

M 3421

M 3378

M 3342

M 3373

M 3357

M 3354

M 3372

C,A,T,B,V-qt

C,A,T,B,V-qt

C,A,T,B,V-qt

C,A,T,B,V-qt

A,V-q

S,A,T,B,V-q

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C,A,T

A,T,B

C,T,V-q

C,T,B

C,A,V-q,V-sx

C,A,T,B,V-q

C,A,T,B,V-q

C,A,T,B,V-q

C,A,T,B,V-q

ANTONIO CAROCCIA


144

Napoli

Il primo libro de madrigali a cinque voci

Venezia Roma Milano Venezia

Il Primo Libro de¶ Madrigali a cinque voci

Il Secondo Libro de Madrigali a cinque voci

Terzo libro dei madrigali a cinque voci

il Primo Libro di Madrigali a quattro voci

Toccate e corenti d¶intavolatura d¶organo e cimbalo

Il primo libro de motetti a voce sola ... : opera 2.a

Madrigale a cinque voci concertanti da cantarsi su gli stromenti

Ratti, Lorenzo

Roccia, Dattilo

Roccia, Dattilo

Rore, Cipriano : de Rossi, Michelangelo Sanromano, Carlo Giuseppe Scacchi, Marco

Napoli Venezia

Capricci da sonare cembali et organi

Primo libro de madrigali a cinque voci con due a otto nel fine

Messe et motteti a quattro voci : Opera seconda

Tortamano, Ni-

Napoli

Venezia

Selva di varie composizioni d¶intavolatura per cimbalo ed organo

Storace Bernardo Strozzi Gregorio Taroni, Antonio

Napoli

Napoli

Venezia

Baci ardenti. Secondo libro de¶ madrigali a cinque voc

Puliti, Gabriello

Venezia

Napoli

Vespri, Messa e Mottetti a quattro et altri anco e tre: libro primo

Polastrella, Filippo Puente, Giuseppe : de

Venezia

Madrigali a cinque voci Venezia

Venezia

l secondo libro de madrigali a cinque voci

Madrigali a cinque voci : libro secondo

Venezia

Londra

Psalmorum Davidis paraphrasis poetica Georgii Buchanani Scoti

Motecta festorum totius anni cum communi sanctorum : quaternis vocibus liber primus

Napoli

responsorij di Natale e di Settimana Santa a quattro voci

Pecci, Tommaso

Palestrina, Giovanni Pierluigi : da Pallavicino, Benedetto Pecci, Tommaso

Nenna, Pomponio Olthof, Statius

SCELTE EDITORIALI AL TEMPO DI CARLO GESUALDO

Novello de Bonis Gardano appresso Bartolomeo Magni Ottavio Bel-

Francesco Vigone Bartolomeo Magni

Alessandro Raveri Gardano appresso Bartolomeo Magni Gardano appresso Bartolomeo Magni Ottavio Beltrano Giovanni Giacomo Carlino Giacomo Vincenti Giacomo Vincenti Costantino Vitale Costantino Vitale Antonio Gardano Carlo Ricari

Ottavio Beltrano Sarah Griffinum Antonio Gardano

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Messa, Mottetto

Madrigale

CapriccioRecercare Capriccio

Madrigale

Mottetto

Toccata,Corrente

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Vespro, Messa, Mottetto Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Mottetto

Salmo

Responsorio

S 1131

S 883

R 2745

R 2507

R 1809

R 1807

R 329

P 5649

P 5566

P 1117

P 1108

P 777

P 689

O 87

N 380

C,A,T,B,org

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T

Coro(4V)

C,A,T,B,b/org


145 Napoli

Madrigali a sei voci : libro primo

Le veglie di Siena, overo i varii humori della musica moderna : a tre a 4. a 5. et a 6. voci : settimo libro de madrigali a cinque voci

Il primo libro deÂś madrigali a cinque voci

Vecchi, Orazio

Vecchi, Orazio

Venezia

Spoglia amorosa : Madrigali a cinque voci di diversi eccellentisimi musici Graduale ad consuetudinem sacro sancte Romane Ecclesie.

Psalterium et Hymnarium secundum morem et consuetudinem sancte Romane ecclesie

Venezia

Spoglia amorosa : Madrigali a cinque voci

Venezia

Venezia

Venezia

Venezia

Venezia

Venezia

Motetti et Salmi a otto voci composti da otto eccellentiss. Autori

Il Lauro verde : madrigali a sei voci

Venezia

Madrigali a cinque voci : libro primo

Vecchi, Orazio

Wert, Giaches : de Zoilo, Cesare

Venezia

Canzonette : libro primo : a sei voci Venezia

Venezia

Ugolini, Vincenzo Vecchi, Orazio

Napoli

Passionem D.N. Jesu Christi secundum Mattheum, Marcum, Lucam et Joannem ad ipsius Redemptionis dulcidinem a fidelibus degustandem : Opus decimum tertium Il Primo libro de madrigali a cinque voci Giacomo Vincenti Angelo Gardano Angelo Gardano Angelo Gardano Angelo Gardano Angelo Gardano Ambrosio Magnetta Angelo Gardano Giacomo Vincenti Girolamo Scoto eredi Girolamo Scoto eredi Lucantonio Giunta Lucantonio Giunta

Ottavio Beltrano Girolamo Bartoli Ottavio Beltrano

Genova

trano Napoli

Tortamano, Nicola Tosone, Marcello Trabaci, Giovanni Maria

Messa, vespero et hinni a quattro voci : con una messa a due chori : Libro primo il primo libro de madrigali a quattro voci

cola

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Salmo, Inno

Graduale

Madrigale

Madrigale

Mottetto

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Madrigale

Canzonetta

Madrigale

Passione

Messa, Vespro, Inno Madrigale

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Z

W 884

V 1053

V 1042

V 1043

V 1026

U 29

C,T,B

C,A,T,B,V-q

Coro 1

C,T,B,V-q

C,A,B,V-q

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S,A,T,B,V-q,V-sx

S,A,T,B,V-q,V-sx

S,A,T,B,V-q

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C,A,T,B,V-q

A,T,B

C,A,T,B,Coro1,Coro2,org

ANTONIO CAROCCIA



Renata Maione LA VILLANELLA NAPOLETANA: ³OPERA BELLA ET DILETTEVOLE´ Tra la fine del XVI e l¶inizio del XVII secolo Napoli, con i suoi 300.000 abitanti, era la maggiore città d¶Italia e la seconda in Europa dopo Parigi. Fin dall¶arrivo degli Aragonesi (1443) vi fu un progressivo accentramento della vita amministrativa e giudiziaria nella capitale del Regno e un grande rifiorire dell¶arte e della cultura: al dialetto napoletano venne riconosciuta la dignità di lingua e fu adottato a Corte, molti illustri poeti, quali Giovanni Pontano e Pietro Antonio Caracciolo, scrissero opere in napoletano. Ma con la dominazione spagnola (1504) si ebbe una decisa preminenza del potere regio che tolse forza alla nobiltà, sottoponendola a un controllo di gran lunga maggiore rispetto al passato; le nuove norme di etichetta e i nuovi equilibri di potere costrinsero, a poco a poco, i baroni ad abbandonare le proprie residenze di provincia e ad andare ad abitare nella capitale: la vita cittadina era estremamente più raffinata e seducente di quella provinciale. E così la città si popolò sempre di più, con le sue possibilità di lavoro favorì l¶afflusso di un gran numero di persone attratte dalla prospettiva di condizioni di vita migliore, ben presto divenuta un mito largamente superiore alla realtà dei fatti; Napoli acquisì, allora, uno dei caratteri che poi le resterà peculiare: la folla. «Veggo per ogni strada, ogni vico, ogni cantone tanta frequenza di popolo che mi urtano, mi calpestano e ho difficoltà di uscir di mezzo a loro» e ancora «vado nelle chiese, che sono tante e le ritrovo pienissime di popolo, e per la città pare che non manchi alcuno»1 scriveva Giulio Cesare Capaccio, segretario a lungo dell¶amministrazione cittadina.2

1

GIUSEPPE GALASSO, Napoli capitale: identità politica e identità culturale cittadina. Studi e Ricerche 1260-1860, Napoli, Electa, 2003 (Biblioteca Electa Napoli), p. 115 2 GIULIO CESARE CAPACCIO &DPSDJQD G¶(EROL, Salerno 1552), nominato segretario della città di Napoli dal viceré don Juan Alonso Pimentel Herrera, fu autore di molti testi, in latino e in italiano, di teologia, letteratura e antiquariato. Morì a Napoli nel 1634 e venne sepolto nella chiesa di S. Maria la Nova. 147


RENATA MAIONE

Lo stesso Capaccio divide la società laica napoletana in tre classi: la nobiltà , il popolo e la plebe; Camillo Tutini3 dice che il popolo per ragion di natali non convenendo coœ Nobili, e per virtÚ e per ricchezze lontanissimo dai plebei, costituisce una terza specie, che col nome di Popolo viene da esse specialmente chiamata. E il Popolo, cosÏ come la nobiltà , organizzava nelle proprie dimore delle Accademie a cui prendevano parte musicisti e, spesso, gli stessi mecenati; ben nota è quella che si formò nelle dimore dei principi Gesualdo4 e di Marino Cortese, tra i nobili, e di Fabio Stantione5 che apparteneva al popolo. Parallelamente allœespressione madrigalesca elegiaca e sentimentale e, direi, in contrapposizione con essa si svilupparono in Italia forme minori di musica a carattere popolaresco. Nella Napoli sfarzosa e ribollente di vita degli inizi del XVI secolo si manifestò una contemporaneità tra opposte culture, lœuna plebea lœaltra dotta, che affondava le sue radici in un remoto passato e che costituÏ, nei secoli, una delle sue maggiori peculiarità : fin dalla prima metà del Duecento, epoca a cui risale la prima testimonianza di un frammento di canto popolare giunto fino a noi e tempo in cui Federico II di Svevia volle in questa città aprire la prima università del meridione. 6 Nacque nel Cinquecento una forma dialettale che, nelle diverse edizioni pervenuteci, veniva indicata con termini diversi: villanelle, villanesche, villanesche alla napoletane, canzoni alla napoletana, canzoni villanesche, villotte alla napoletana, arie alla na3

La frase riportata è tratta da 'HOOœRULJLQH H IRQGD]LRQH GHœ VHJJL GL 1DSROL, 1644. Cfr. KEITH A. LARSON, Condizione sociale dei musicisti e dei loro committenti nella Napoli del Cinque e Seicento, in Musica e cultura a Napoli dal XV al XIX secolo, a cura di Lorenzo Bianconi e Renato Bossa, Firenze, Olschki, 1983 (Quaderni della Rivista Italiana di Musicologia, 9), pp. 61-67: 62. 4 Al cenacolo attivo presso la corte dei Gesualdo, promosso da Fabrizio II e ulteriormente incentivato dal figlio Carlo, sono riconducibili i principali nomi del mondo musicale partenopeo: Rocco Rodio, Jean de Macque, Scipione Dentice, Scipione Stella, Pomponio Nenna, Camillo e Feancesco /DPEDUGL 9D LQROWUH ULFRUGDWR FKH OH QR]]H GL &DUOR *HVXDOGR FRQ (OHRQRUD Gœ(VWH, nel 1594, poseUR LQ FRQWDWWR OD FXOWXUD QDSROHWDQD FRQ TXHOOD IHUUDUHVH DOOœHSRFD GRPLQDWD GDOOD ILJXUD GL /X]]DVFR Luzzaschi. 5 Fabio Stantione venne elogiato da Rocco Rodio, nella prefazione del II Libro di Madrigali a 4 voci (1587), per le attività musicali che promuoveva nel suo palazzo. 6 $ FKL SUHPHYD SHUFKp Oœ8QLYHUVLWj DYHVVH VHGH D 3DOHUPR H QRQ D 1DSROL )HGHULFR ,, VFULVVH GL SUHIHULUH ŠOœDPDWLVVLPD FLWWj GL 1DSROL GRYH WXWWH OH FRVH DEERQGDQR GRYH VRQR DPSLH H DFFRJOLHQWL le case, dove i costumi degli abitanti sono affabili, e dove facilmente si trasporta per terra e per mare tutto quanto è necessario alla vita. Cfr. VITTORIO PALIOTTI, Storia della canzone napoletana, Roma, Newton e Compton, 1996, p. 12. 148


LA VILLANELLA NAPOLETANA: ³OPERA BELLA ET DILETTEVOLE´

poletana o anche, semplicemente, napoletane. La prima stampa di tale forma fu realizzata il 4 ottobre 1537 da Johannes de Colonia, con il titolo Canzone villanesche alla napoletana. La raccolta comprendeva 15 composizioni polifoniche di autore anonimo, i testi erano strofici, composti prevalentemente da quattro coppie di endecasillabi, ciascuna seguita da una ripresa. Alcuni di questi testi erano in dialetto e uno, in particolare, è stato attribuito al celebratissimo poeta napoletano Velardiniello, o Belardiniello: Boccuccia de no pierzeco apreturo, in cui la bocca femminile viene paragonata a una pesca sul punto di schiudersi.7 Questa pubblicazione seguì di solo quattro anni la prima stampa che recava la dicitura µmadrigali¶ edita a Roma, ad opera di Valerio Dorico, nel 1533; la canzone villanesca sembrò sorgere dal nulla, già perfettamente definita: prima del 1537 in nessuna raccolta di musica profana, o di poesia popolare partenopea, erano presenti componimenti con la struttura descritta. Sulle origini e la derivazione della canzone villanesca alla napoletana, tanto in termini musicali quanto etimologici, si sono pronunciati illustri studiosi dando vita a un animato dibattito. Emil Vogel, nel 1892, pubblicò a Berlino la Bibliothek der gedruckten weltlichen Vocalmusik Italiens aus den Jahren 1500-1700, opera che fornì un enorme contributo alla ricerca dei testi musicati a stampa di villanelle, conservati nelle più importanti biblioteche pubbliche e private d¶Europa. Nel 1912 Francesco Novati affrontò per primo la questione delle origini della villanesca nel suo Contributo alla storia della lirica musicale italiana popolare e popolareggiante dei secoli XV, XVI, XVII.8 Egli affermava che µvillanella¶ è «un termine generico il quale abbraccia qualsivoglia composizione poetico-musicale che si ispiri all¶imitazione di forme care alla musa popolare». Tale idea venne contestata da Gennaro Monti che, nel suo volume Le villanelle e l¶antica lirica dialettale a Napoli, giunse ad affermare: «le villanelle non sono altro che le canzoni di Napoli del Cinquecento e dei primi del Seicento, sono il nome specifico onde venivano chiamate le liriche popolari napole-

7

Tale attribuzione è stata fatta da Benedetto Croce e da Ferdinando Russo. FRANCESCO NOVATI, Contributo alla storia della lirica musicale italiana popolare e popolareggiante dei secoli XV, XVI, XVII, «Miscellanea Renier», Torino, Loescher, 1912, p. 960. 149 8


RENATA MAIONE

tane».9 Nel 1925 Carlo Carcaterra pubblicò un saggio, Canzoni villanesche e villanelle, in cui contestò il regionalismo montiano affermando che forme villanesche erano fiorite in altre città, oltre che a Napoli, quali Roma, Venezia, Firenze e «soltanto più tardi, quando la canzone a Napoli raggiunse una bellezza artistica tutta sua, la parola ³YLOODQHOOD´ diventò sinonimo di napoletana».10 Ciò che il Monti e l¶Einstein11 rimarcarono fu la derivazione poetica della villanella dallo strambotto, forma estremamente diffusa in tutta la penisola, che assunse struttura e caratteri diversi a seconda della collocazione geografica: secondo il Redi il lemma sarebbe derivato da µmotto¶ ed era «poesia che si canta agli innamorati»,12 il Salvini lo definì «quasi strano motto»,13 per il Crescimbeni14 esso era un componimento µstrambo¶. Anche a Napoli lo strambotto ebbe nel Quattrocento una grande fioritura, grazie al fatto che alla sua struttura di coppie di endecasillabi si potevano adattare tanto testi letterari quanto testi dialettali. Tra le diverse tipologie regionali di tale forma, nel XVI secolo, quella preferita da dilettanti e poeti di corte a Napoli era la struttura toscana. Se si analizzano i testi dei brani contenuti nella raccolta del Colonia si può notare che essi altro non sono che strambotti toscani, con l¶aggiunta di una ripresa dopo la coppia di versi originari (mutazione). Lo schema della versificazione dello strambotto toscano era AB AB AB CC; di seguito si riporta la successione delle rime nelle villanesche della prima stampa:15 1. Madonna tu mi fai 2. Madonna tu sei intrata

ABcd ABccdd

ABcd ABcd EEcd ABccdd ABccdd EEccdd

9

GENNARO MARIA MONTI, Le villanellH DOOD QDSROHWDQD H O¶DQWLFD OLULFD GLDOHWWDOH D 1DSROL, Città di Castello, Il Solco, 1925, p. 193. 10 CARLO CARCATERRA, Canzoni villanesche e villanelle, «Archivium Romanicum», vol. X, 1926. 11 ALFRED EINSTEIN, Die Parodie in der Villanella, «Zeitschrift für Musikwissenschaft», II, p. 4. 12 FRANCESCO REDI, Bacco in Toscana, Firenze, 1685. Cfr. FLAVIO TESTI, La musica italiana nel Medioevo e nel Rinascimento, Busto Arsizio, Bramante, 1977, I, p. 240. 13 ANTON MARIA SALVINI, $QQRWD]LRQL VRSUD ³OD 7DQFLD´ GL 0 %XRQDUURWL LO JLRYDQH, Firenze, 1726. Cfr. FLAVIO TESTI, La musica italiana cit., p. 240. 14 GIOVANNI MARIO CRESCIMBENI, Comentarj intorno alla sua Istoria della volgar poesia, Roma, 1702-1711, vol. I. Cfr. FLAVIO TESTI, La musica italiana cit., p. 240. 15 Tabella tratta da DONNA G. CARDAMONE, Forme musicali e metriche della canzone villanesca alla napolitana, «Rivista Italiana di Musicologia», 1977, pp. 25-72: p. 28. 150


LA VILLANELLA NAPOLETANA: ³OPERA BELLA ET DILETTEVOLE´

3. Fatte li fatti tuoi ABbba ABbba ABbba ABbba CCbba 4. Fra quante donne ABbcc ABbcc BBbbc DDdcc 5. Chi cerca de vedere ABb ABb ABb CCb 6. Voglia mi vene ABCdd ABCdd ABCdd EBEdd 7. Deh quando ti veggio Ab1-Ab2 Cb1-Cb2 Db1-Db2 Ab1-Ab2 8. Boccucia d¶uno persico ABbcca ABbcca ABbcca DDdeed 9. Dove nascesti ABbbc ABbbc ABbbc DDbbc 10.Che sia malditta ABbbc ABbbc ABbbc CCbcc 11.Tu sai che ABbbc ABbbc ABbbc DDbbc 12.Va figlia bella ABbcd ABbcd ABbcd EEefe 13.Ianni dell¶uorto ABbbcc ABbbcc ABbbcc DDdeee 14.Voi cognosciete ABbcc ABbcc ABbcc DDdcc 15.O vecchia tu che guardi ABbbbc ABbbbc ABbbbc AAbbbc Nel solco della tradizione melica popolare anche gli anonimi autori di queste composizioni adattarono sempre la forma al contenuto, alterando rime o numero di versi a seconda della necessità. Alterazioni rispetto alla struttura dei distici si hanno in Fatti li fatti tuoi, presenta cinque mutazioni, Fra quante donne, nella terza mutazione ripete due volte l¶elemento B, Voglia mi vene, presenta terzine anziché distici, Deh quando ti veggo, i versi dei distici sono uguali fra loro e cambiano a ogni mutazione tranne l¶ultima che ripete la prima, O vecchia tu che guardi, l¶ultima mutazione è un distico di rima A. Molto più varia risulta la struttura delle riprese che possono presentare da uno a quattro versi: sette poesie hanno una ripresa di tre versi; quattro hanno una ripresa di quattro versi; tre hanno una ripresa di due versi e una di un verso solo. I due versi della mutazione erano solitamente parisillabi (endecasillabi) e questo, ancora una volta, riconduce allo strambotto toscano; molto libera invece la versificazione della ripresa che utilizzava versi ora lunghi, ora brevi, elemento che fa pensare a una derivazione popolare: desunto, centonizzato o inventato che fosse, il tono era quello salace

e

canzonatorio

dell¶espressione

del

popolo.

Molto

probabilmente

l¶introduzione di una ripresa tra i distici dello strambotto derivò dalla pratica di improvvisare, da parte del cantore, un interludio completo di testo e musica alla fine di ciascuna strofa: quasi a creare un¶espansione ornamentale conclusiva. Gli elementi melodici erano di solito due per il distico, uno per ciascun verso, e un altro per la ri151


RENATA MAIONE

presa; solitamente gli elementi musicali che venivano ritornellati erano il primo e l¶ultimo, mentre il secondo svolgeva quasi sempre una funzione di transizione. La ritornellazione veniva segnata con il segno :|| oppure :||: che indicavano la ripetizione dall¶inizio al segno, oppure da uno stesso segno precedente o, ancora, da una precedente linea verticale che attraversava l¶intero rigo musicale. L¶argomento di sicuro più presente nelle villanesche, soprattutto all¶origine della forma, era quello dell¶amore in tutte le sue espressioni: desiderio, speranza, gioia, dolore. Con il passare del tempo alla mutazione della struttura e della musica corrispose un cambiamento dei temi trattati, che si fecero più ricercati e cortigiani: celebrazioni di avvenimenti fausti o lodi a nobildonne. La villanesca segnò il punto di incontro, come già detto, tra l¶ars musica (musica colta) e la musica simplex (musica popolare): certamente gli esempi che ci sono giunti, anche successivi al 1537, sono stati scritti tenendo presenti le regole del comporre musicale, ma nel farlo si è tentato di riprodurre la tradizione di musici non professionisti. Raramente questi due elementi hanno trovato un equilibrio nelle composizioni edite dal Colonia, in esse certamente prevale l¶aspetto popolareggiante: la melodia del µcantus¶ era dominante e presentava precise formule cadenzali conclusive; gli schemi ritmici e melodici erano strettamente legati agli accenti verbali con andamento declamatorio (ripetizione della stessa nota) o con alternanza di valori lunghi e brevi; le melodie erano costituite da brevi figurazioni scalari o ruotavano intorno a una nota centrale; intervallo peculiare era la terza. Quello che caratterizza le villanesche è l¶esistenza di un µmodo¶ di intonare i versi che le rendeva adattabili a testi diversi: caratteristica, questa, tipica del canto popolare che aveva lo scopo di facilitare la trasmissione orale dei repertori e che consentiva alla melodia di conservare dei caratteri ben riconoscibili, pur se veniva fatta oggetto di variazioni e interpretazioni da parte di esecutori e compositori. La diffusione della villanesca in tutta Italia fu rapida: il grande interesse della cultura cinquecentesca per la musica favorì la pratica di questa forma, grazie anche alla sua freschezza e semplicità esecutiva, tanto presso i ceti elevati che presso il popolo. La grande notorietà dei motivi di villanesche portò spesso il 152


LA VILLANELLA NAPOLETANA: ³OPERA BELLA ET DILETTEVOLE´

clero a utilizzarli per diffondere canti religiosi, il cui testo sostituiva quello originale. Ad esempio: Vola vola pensier fuor dal mio petto Vanne veloce a quella faccia bella divenne prima una lauda al Crocefisso Vola vola pensier fuor dal mio petto Vanne veloce a pié del mio Signore

e poi una parodia Vola vola buon frate alla cucina Vanne veloce al cuoco e alla padella E con dolce favella Dilli cortesemente e con prestezza Deh faccia una frittata in gentilezza.

Napoli poté vantare molti e celebrati interpreti di villanesche, e tra questi il più famoso fu Giovanni Leonardo dell¶Arpa16 che Giovan Battista del Tufo così descrive: Ma chi potrà mai sciogliere la scarpa / A quel grande uom Gian Lonardo dell¶Arpa? / Ché lui quasi in affetto / Con l¶ingegno, valor, arte e giudizio / Con sì bello esercizio / Ha dimostrato furore / Le grandezze del caro / Suo celeste divin strumento raro.17

Dal punto di vista testuale caratteristica della villanesca era il troncamento delle parole, tipico del dialetto napoletano, e la ripetizione di frammenti di parole o di frasi che venivano poi riprese e concluse. Spesso i testi si ispiravano al linguaggio proverbiale, come è ovvio che fosse in una poesia popolare, citando autentici proverbi, oppure facendo paragoni proverbiali, o centonizzando proverbi, o, ancora, creando nuovi proverbi che venivano poi, per legittimarli, attribuiti a immaginari personaggi locali. Sempre a un¶origine, o ispirazione, popolare può essere ricondotta la disposizione delle parti polifoniche in questa forma: delle tre voci (Bassus, Tenor, Cantus) le due superiori, Tenor e Cantus, procedevano solitamente omoritmicamente per terze paral16

Probabilmente egli fece parte della camerata musicale che si riuniva presso le dimore del principe Carlo Gesualdo. 17 GIOVAN BATTISTA DEL TUFO, Atti della R. Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, vol. X, Napoli, 1881, pp. 71-72. 153


RENATA MAIONE

lele, il Bassus completava la triade seguendo le parti, a volte per moto parallelo. Questo dava luogo a un¶altra caratteristica della villanesca che era quella di creare movimenti di quinta, il più delle volte, o anche di ottava, di unisono o di seconda: probabilmente, dietro questi µerrori¶, c¶era la volontà di ironizzare sull¶arte contrappuntistica. In ogni caso questo modo di procedere era tipico del canto solistico accompagnato da uno strumento, come usavano fare contadini e pastori, in cui il basso aveva la sola funzione di sostegno, muovendosi parallelamente alla melodia. Uno strumento tipico della tradizione popolare napoletana era il µcolascione¶, o µcalascione¶, che apparteneva alla famiglia dei liuti; la cassa assomigliava a quella del mandolino, ma il manico era molto più lungo, circa un metro; era tastato ed era armato con due o tre corde: richiedeva scarsa abilità per suonarlo. Ma sappiamo che spesso le villanesche potevano essere accompagnate da chitarre, viola e violone, clavicembalo, liuto e anche strumenti a percussione; come ci viene testimoniato da cronache del tempo. Lo stesso Giovan Battista Basile, nell¶Egloga IX Calliope overo la museca, parlando diffusamente della villanesca ne fa intonare una al personaggio Titta che si accompagna con il liuto e, nell¶apertura della V giornata del Pentamerone, Zoza, per penitenza, deve cantare una villanesca che viene accompagnata dalla cetra e dal tamburello. In un periodo di grande ripresa, che vide una totale risistemazione urbanistica della città di Napoli in occasione della visita dell¶imperatore Carlo V, nel 1535, la pubblicazione di Johannes de Colonia favorì la diffusione della musica napoletana in tutta Europa; nel corso del Cinquecento moltissime furono le edizioni di canzoni napoletane fuori dai confini del Regno. Si risvegliò un interesse per la musica popolaresca che si poneva come alternativa µleggera¶ al madrigale quale forma di intrattenimento. Inoltre l¶uso del napoletano, almeno nella prima fase, può anche essere letto come una volontà di affermazione della secolare cultura locale in opposizione all¶oppressione spagnola. Indipendentemente dai valori intrinseci delle composizioni contenute, l¶edizione del Colonia riveste un ruolo storico di indubbia importanza: per la prima volta in Italia venne utilizzata la stampa musicale in un¶unica impressione con valori mensurali introdotta in Francia, da Pierre Attaingnant, nel 1528. Qualsiasi 154


LA VILLANELLA NAPOLETANA: ³OPERA BELLA ET DILETTEVOLE´

trattazione sulla villanesca non può che basarsi sulle testimonianze che ci sono pervenute e queste, le stampe, sono per loro natura estremamente deperibili. Probabilmente, se qualche villanesca fosse stata composta negli anni precedenti al 1537, avrebbe suscitato l¶interesse di due stampatori musicali che sappiamo essere attivi a Napoli già nel 1519: Antonio de Frizis e Giovanni de Caneto. Quest¶ultimo, unico a essere riuscito a mantenere un¶attività nei primi trenta anni del µ500 nella città partenopea, pubblicò, il 4 ottobre 1519, i Fioretti di frottole barzellette capitoli strambotti e sonetti. Libro secondo in cui sono contenute nove frottole attribuite al napoletano Giovan Tommaso di Maio che sarà poi famoso come autore di villanesche. Nel 1535-1536, come detto, la città si arricchì di strade, monumenti, fontane e la vita sociale rifiorì grazie alle tante attività ludiche e artistiche organizzate in onore dell¶imperatore. È in questo panorama che va collocata anche la stampa delle Canzoni villanesche di Johannes de Colonia che, fiducioso nella ripresa delle attività artistiche, pubblicò con le sue sole forze, per quel che ne sappiamo, il volume. Il libro manca di dedica e di privilegio, né riconosce l¶intervento o l¶aiuto di altri stampatori. Fino alla sua comparsa a Napoli, nel 1537, nulla sappiamo di Johannes e anche il µde Colonia¶ non è chiarificatore esistendo, oltre alla città tedesca, altre località con questo nome sia in Svizzera che in Italia. Ciò che fa propendere per una collocazione renana è l¶incisione che si trova sul frontespizio della pubblicazione. Sotto il titolo è presente un¶immagine che raffigura tre donne dedite all¶attività nei campi; ciascuna di esse, da sinistra verso destra, è contrassegnata da una didascalia: µBas¶ (Bassus) µCan¶ (Cantus) µTen¶ (Tenor) rappresentando così un¶ideale fusione tra la tradizione orale, propria del canto contadino (musica simplex), e la tradizione scritta (ars musica) (figura 1).

155


RENATA MAIONE

Figura 1: Frontespizio della Canzone villanesche alla napolitana (1537).

Queste figure femminili sono su uno sfondo nero cosparso di punti incisi con il bulino: lo stile punteggiato era stato in uso nella regione di Colonia fino alla fine del Quattrocento, ma quello utilizzato da Johannes si caratterizza per una maggiore grandezza dei punti. Dei tre libri parte editi è andato perduto quello del Bassus ma, per fortuna, Colonia appose il colophon anche sulla parte del Cantus, cosa che ci ha permesso lœattribuzione e lœesatta collocazione cronologica dellœedizione. A questo biennio di splendore seguÏ un periodo di progressivo declino delle attività artistiche a Napoli, sempre piÚ schiacciata dallœintransigente potere spagnolo; la produzione editoriale si fermò quasi del tutto e i musicisti napoletani dovettero rivolgersi agli stampatori veneziani. Paradossalmente i grandi diffusori della villanesca alla napoletana furono due editori settentrionali, Girolamo Scotto e Antonio Gardano, e solo negli ultimi decenni del secolo, ormai profondamente mutata nello stile e con il nome di ¾villanellaœ o ¾canzonettaœ, tornò a essere pubblicata nella sua terra dœorigine.18

18

Gli editori musicali a Napoli degli ultimi decenni del XVI secolo furono Giovan Battista Sottile, *LXVHSSH &HFFKL GHOOœ$TXLOD *LRYDQQL %DWWLVWD *DUJDQR 7DUTXLQLR /RQJR $QWRQLR 3DFH H *Lovanni Giacomo Carlino che, nel 1611, stabilÏ la sua stamperia nel castello del principe Carlo Gesualdo. Cfr. DONNA G. CARDAMONE, *OL HVRUGL GHOOD ³FDQ]RQH YLOODQHVFD DOOD QDSROHWDQD´, in Il madrigale tra cinque e seicento, a cura di Paolo Fabbri, Bologna, il Mulino, 1988. 156


LA VILLANELLA NAPOLETANA: ³OPERA BELLA ET DILETTEVOLE´

La seconda raccolta di villanesche vide la luce a Venezia, nel 1541, per i tipi dello Scotto; il titolo era Canzoni villanesche de Don Ioan Dominico del Giovane da Nola. Libro primo e secondo. A differenza di Johannes de Colonia che, nell¶edizione del 1537, aveva stampato sulla pagina sinistra la melodia con il testo della prima strofa e sulla pagina destra l¶intero testo poetico (ripetendo anche la prima strofa), Scotto, prima, e Gardano, dopo, stamparono anch¶essi la melodia corredata della prima strofa, sotto tale brano fecero poi seguire la stampa delle sole restanti strofe. Fra le composizioni di questa pubblicazione erano presenti testi in dialetto napoletano e frequente era la centonizzazione di proverbi; la somiglianza rilevante tra le forme poetiche utilizzate da Domenico del Giovane da Nola e quelle stampate da Johannes da Colonia sembrerebbe assegnare a tale compositore un ruolo importante nella definizione della prima villanesca. Di questa raccolta, originariamente stampata in un unico volume andato distrutto durante la seconda guerra mondiale, Antonio Gardano realizzò, nel 1545, una ristampa dividendo, però, le composizioni in due volumi. Iniziato il processo di diffusione della villanesca questa seguì due differenti indirizzi, dapprima collegati tra loro, poi sempre più divergenti: le villanesche a 3 voci, direttamente riconducibili alla origine napoletana e ad autori napoletani, le villanesche a 4 voci, ambito frequentato da musicisti non napoletani. Nello stesso 1545 il Gardano pubblicò le villanesche napoletane di Vincenzo Fontana, napoletano di cui ignoriamo tutto, e di Giovan Tommaso Cimello,19 di formazione napoletana, forse anche autore di testi in vernacolo. Ancora il Gardano pubblicò nel 1546 le composizioni villanesche di un altro esponente della capitale meridionale: Giovan Tommaso Di Maio. Se i brani di Fontana e Cimello si tenevano ancora molto legati alla tradizione popolare con composizioni ± per la maggior parte in italiano ± fresche, ingenue, a volte omofone, molti testi musicati dal Di Maio erano in dialetto e avevano una struttura riconducibile al modello ABb ABb ABb CCC in cui allo storico legame di 19

La raccolta si intitolava Canzone villanesche al modo napolitano a 3 v con una battaglia villanescha a 3 libro I. 157


RENATA MAIONE

rima tra l¶ultimo verso della mutazione e il primo della ripresa si aggiungeva il cambiamento dell¶ultima strofa, che era monorima. Considerato autore dei testi che musicò, tra le villanesche di Di Maio comparve per la prima volta il tema del poeta che vorrebbe essere trasformato in uccello per poter raggiungere la donna amata O Dio che fusse penta rennenella / Che a ssa fenestra venesse annidare. / Che meglio albergo non porria trovare. Che contemplando questa faccia bella / De subito me poseria abenare . / Che meglio albergo non porria trovare. El foco che nel cor me rinovella / Cantando te vorria manifestare. / Che meglio albergo non porria trovare. Che s¶ascoltassi mio focoso ardore / Io creggio pietra per mollarte il core, / Più d¶altro amante che sequesse amore.

Negli anni seguenti le pubblicazioni spesso prevedevano raccolte antologiche di autori diversi in cui si trovano nomi di musicisti napoletani, o meridionali, quali Leonardo Primavera, Leonardo dell¶Arpa, Pomponio Nenna. A questi nomi può essere aggiunto quello di Orlando di Lasso che, vissuto a Napoli dal 1549 al 1552, pubblicò da Valerio e Luigi Dorico, a Roma, Villanelle d¶Orlando di Lasso e d¶altri eccellenti musici. Libro secondo (1555): anche in questa raccolta è presente una versione di S¶io fossi ciaolo insieme ad altre in dialetto napoletano che, sembra, il fiammingo avesse imparato da Gian Domenico del Giovane da Nola. L¶altro ramo di sviluppo della villanesca, composta a 4 voci da musicisti non napoletani, vede come maggior rappresentante Adriano Willaert, maestro di cappella in San Marco a Venezia. Fiammingo di origini, veneziano di adozione pubblicò la sua prima raccolta nel 1544, ma già in un¶antologia del 1542 (Madrigali a quattro voce di Geronimo Scotto con alcuni alla misura di breve, Scotto, Venezia) erano presenti due sue villanesche a 4 voci che, oltre a rappresentare i primi esempi noti di tal genere di forma, introdussero anche l¶innovazione delle µnote nere¶.20 Inizialmente le villanesche settentrionali erano rielaborazioni a 4 voci di quelle napoletane: se ne riutilizzavano i testi dialettali e la melodia principale, che Willaert inizialmente collocò nella voce superiore. Nelle composizioni successive, Canzoni villanesche alla napoletana 20

Cfr. NINO PIRROTTA, Willaert e la canzone villanesca, «Studi Musicali», IX/2, 1980. 158


LA VILLANELLA NAPOLETANA: ³OPERA BELLA ET DILETTEVOLE´

di M. Adriano Willaert a quattro voci (Scotto, 1544) ristampa del Gardano nel 1545, il compositore pose il cantus prius factus generalmente al Tenor, a volte lo lasciava µvagare¶ tra le voci. Il processo di contaminazione della villanesca era ormai compiuto, cominciavano a comparire le dizioni µvillanella¶ o µcanzone alla napolitana¶, l¶italiano sempre più spesso si sostituiva all¶originario dialetto, anche le peculiari caratteristiche ritmiche e melodiche andavano scomparendo, i versi divenivano più corti e le strofe brevi prendevano il sopravvento. Il nuovo repertorio, nella Napoli del primo Seicento, veniva intonato dagli stessi cantanti napoletani, anche i più famosi, e la µvecchia¶ villanesca sembra oramai dimenticata. Nell¶episodio già citato della IX Egloga, Giovan Battista Basile, rimpiangendo i tempi d¶oro della forma, diceva: Titta mio, pe¶ te dire / proprio comme la sento / sse canzune de musece de notte, / de poete modierne, /non toccano a lo bivo. / Oh bello tiempo antico, / o canzune massicce, / o parole chiantute, / o concierte a ddoi sole, / o museca de truono, / mò tu non siente mai cosa de¶ buono! /E dove so¶ sporchiate / chelle che componeva / Giallonardo de l¶Arpa, / che ne µncacava Arfeo, / dove se conservava / doce comme lo mèle / la mammòria de Napoli gentile? / Dov¶è iuto lo nomme / vuostro, dove la famma / o villanelle mei napoletane? / Ca mò cantate tutte µn toscanese. (Titta mio, per dirti proprio come me la sento, queste canzoni di musici notturni, di poeti moderni, non toccano nel vivo. Oh bel tempo antico, o canzoni ben piantate, o concerti ben suonati, o musica di sicuro effetto, adesso tu non senti mai un che di buono! E dove più sono sbocciate quelle che componeva Gian Leonardo dell¶Arpa, che faceva impallidire Orfeo dove si conservava, dolce come il miele, la memoria di Napoli gentile? Dov¶è finita la vostra nominanza, la vostra fama, o villanelle mie napoletane? Ché adesso cantate tutte in italiano).21

21

Traduzione di ROBERTO DE SIMONE, Disordinata storia della canzone napoletana, Ischia, Valentino, 1994, p. 32. 159



Iniziativa in partenariato con:

Provincia di Avellino

Š 2015 edizioni ilCimarosa tutti i diritti riservati

ISBN 978-88-99697-00-6


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