I Quaderni del Conservatorio Domenico Cimarosa di Avellino II - 2016
a cura di Antonio Caroccia, Maria Fusco e Francesca Galluccio
I QUADERNI DEL CIMAROSA II-2016
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Conservatorio di musica Domenico Cimarosa
I Quaderni del Conservatorio Domenico Cimarosa di Avellino
II - 2016
a cura di Antonio Caroccia, Maria Fusco e Francesca Galluccio
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I Quaderni del Conservatorio Domenico Cimarosa di Avellino II/2016
Comitato di redazione de I Quaderni del Conservatorio Domenico Cimarosa Carmine Santaniello Direttore del Conservatorio Antonio Caroccia docente di Storia della musica
ISBN 978-88-99697-06-8
© Conservatorio di musica ³Domenico Cimarosa´ di Avellino Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere tradotta, ristampata o riprodotta, in tutto o in parte, con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, fotocopie, film, diapositive o altro senza autorizzazione degli aventi diritto. Printed in Italy
Maria Gabriella Della Sala docente di Storia della musica Francesca Galluccio docente di Lingua e letteratura italiana Tiziana Grande docente di Bibliografia e biblioteconomia musicale Marina Marino docente di Storia della musica Raffaella Palumbo docente di Storia della musica In copertina Salvatore Fergola (Napoli, 24 aprile 1796 - Napoli, 7 marzo 1874), Inaugurazione della strada ferrata Napoli-Portici, olio su tela, 1840 (Napoli, Collezione Intesa San Paolo, Galleria di Palazzo Zevallos Stigliano). La rivista scientifica «I Quaderni del Conservatorio Domenico Cimarosa» è una pubblicazione periodica senza fini di lucro a cura del Conservatorio Domenico Cimarosa. La redazione di questo numero è stata chiusa il 31 ottobre 2016.
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Conservatorio di musica ³Domenico Cimarosa´ Via Circumvallazione, 156 I - 83100 Avellino (AV) Tel. 0825/306.22 Fax 0825/78.00.74 redazionequadernicimarosa @conservatoriocimarosa.org www.conservatoriocimarosa.org
SOMMARIO
Presentazione di Luca Cipriano Presentazione di Carmine Santaniello
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Introduzione a cura di Antonio Caroccia, Maria Fusco, Francesca Galluccio
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Saggi MARINA MEZZINA A midsummer night¶s dream di Britten: favola musicale o dramma moderno?
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AUGUSTA DALL¶ARCHE Per una divulgazione musicale che seduca, tra i saperi e le pratiche
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LUIGI IZZO Amedeo Vella: una vita per la banda
41 Tesi
MARINA COTRUFO Musica e Spettacolo lungo il Miglio d¶Oro tra Sette e Ottocento
57
CARMEN BLASI 0XVLFD DOOD UDGLR QHJOL DQQL GHOOD UDGLR DWWUDYHUVR OH SDJLQH GHO ©5DGLRFRUULHUHª
GIOVANNI RECUPIDO Aspetti e ricezione del jazz nell¶operetta italiana: Un signore senza pace di Dino Rulli ed Enrico Serretta
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ELEONORA DAVIDE Un modello di comunicazione per l¶Alta Formazione Artistica Musicale: produzione, distribuzione e gestione dell¶informazione
147
Laboratorio Andrea Della Corte e la critica musicale gruppo di lavoro sotto la guida di Massimo Di Sandro DOMENICO PREBENNA Cenni biografici su Andrea Della Corte ROSSELLA GAGLIONE Della Corte e l¶idealismo LUCIA IANNOTTI 1HURQH GL 0DVFDJQL GDOOD IRQWH DO OLEUHWWR ROSSELLA GAGLIONE I capricci di Callot di Malipiero. Dalla fonte al libretto 6
163 164 166 174
CARMEN BLASI Volo di notte di Dallapiccola: dalla fonte al libretto PIETRO SQUEGLIA Pelléas et Mélisande di Debussy. Della Corte e Pizzetti a confronto LUCA SELLITTO Wozzeck di Berg. Della Corte e Mantelli a confronto DOMENICO PREBENNA 7KH 5DNH¶V SURJUHVV di Strawinskij. Della Corte e Mila a confronto
178 183 186 189
Note d¶archivio TIZIANA GRANDE La donazione µProcida¶ della biblioteca del Conservatorio di Avellino. Ritratto di Giuseppina Procida De Rogatis e catalogo dei manoscritti
193
Interventi GIANVINCENZO CRESTA Inventare O¶RSSRVWR Luigi Nono in Irpinia
215
ELEONORA DAVIDE /H DWWLYLWj GHO &RQVHUYDWRULR ³'RPHQLFR &LPDURVD´ QHO
221
(OHQFR GHOOH DWWLYLWj VYROWH GDO &RQVHUYDWRULR ³'RPHQLFR &LPDURVD´ QHO a cura di Eleonora Davide
228
Recensioni Bruno Mugellini Musicista: vita, luoghi, opere (Rossella Gaglione)
233
Sandro Cappelletto, I Quartetti per archi di Mozart: alla ricerca di un¶armonia possibile (Eleonora Davide)
234
Devozione e Passione: Alessandro Scarlatti nella Napoli e Roma barocca (Domenico Prebenna)
236
/D VFHQD GHO 5H LO 7HDWUR GL &RUWH GHO 3DOD]]R 5HDOH GL 1DSROL /XFLD ,DQQRWWL
,WDOLD 0XVLFD H VRFLHWj DOOD ILQH GHOOD %HOOH eSRTXH 3LHWUR 6JXHJOLD
7KH 1HDSROLWDQ &DQ]RQH LQ WKH (DUO\ 1LQHWHHQWK &HQWXU\ DV &XOWLYDWHG LQ WKH 3DVVDWHPSL 0XVLFDOL RI *XLOODXPH &RWWUDX /XFD 6HOOLWWR
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PRESENTAZIONE
Attraverso i Quaderni del Conservatorio, curati dai professori Antonio Caroccia, Maria Fusco e Francesca Galluccio, il Cimarosa divulga le preziose attività di ricerca FKH VL VYROJRQR DOOœLQWHUQR GHOOœ,Vtituto irpino UHVH SRVVLELOL JUD]LH DOOœLPSHJQR Fostante di docenti e studenti che vivono con passione la grande avventura culturale che i percorsi di studio offrono quotidianamente. La musica, la storia e letteratura del nostro Paese fanno parte di un patrimonio invidiabile che va studiato, raccontato, divulgato. Pertanto, il cospicuo bagaglio di conoscenze che il Cimarosa conserva, deve essere condiviso, come deve essere sostenuWD OœDWWLYLWj GL FRPXQLFD]LRQH H GLIIXVLRQH GL WDOL ULFFKH]]H Le attività artistiche, che in questi anni hanno coinvolto un pubblico sempre piÚ affezionato agli appuntamenti organizzati dal Conservatorio di Avellino, costituiscono il primo tassello che permette di leggere un mosaico fatto di risorse culturali straordinarie. Pubblicazioni come questa dei Quaderni, inoltre, raccontano un altro aspetto, altrettanto pregnante, della vita del Conservatorio ³&LPDURVD´, rappresentato dai contributi che i nostri docenti e gli studenti hanno prodotto per questo secondo numero, frutto dL DFFXUDWH LQGDJLQL DPSLDPHQWH GRFXPHQWDWH H GHOOœHYLGHQWH YRORQWj GL FoVWUXLUH XQ EDJDJOLR IRUPDWLYR DOOœDOWH]]D GHO QRPH GHOOœ,VWLWXWR GL $OWD Iormazione musicale. Un Conservatorio che, pur vantando solo quarantaquattro anni di attività , si è fatto conRVFHUH LQ ,WDOLD H DOOœHVWHUR SHU DIIOXHQ]D H TXDOLWj IRUPDWLYD QRQ HYLWDQGR le sfide che i tempi impongono. Un doveroso ringraziamento, pertanto, va a tutti coloro che si impegnano ogni giorno affinchÊ tutto questo sia possibile e a coloro, in particolare, che lo comunicano DOOœHVWHUQR DWWUDYHUVR SXEEOLFD]LRQL GL HVWUHPR LQWHUHVVH H GL JUDQGH YDOHQ]D FXOWXUDOH e formativa come i Quaderni del Conservatorio. Luca Cipriano Presidente del Conservatorio
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PRESENTAZIONE
Alla fine del mio secondo mandatR FRPH 'LUHWWRUH GHO &RQVHUYDWRULR ³'RPHQLFR &LPDURVD´ SRVVR FRQ PRGHVWLD H XQ SL]]LFR GL RUJRJOLR DPPHWWHUH GL HVVHUH IHOLFH GL aver contribuito al varo e al consolidamento di uno strumento periodico, quali i «Quaderni del Conservatorio». Uno strumento didattico per lo studio, la ricerca musiFDOH H PXVLFRORJLFD q VHJQR WDQJLELOH GL XQD ³VFXROD´ LQQRYDWLYD H IXQ]LRQDQWH ,O Conservatorio del prossimo futuro, dovrà essere non soltanto un luogo di pratica musicale ma, anche, sede di importanti riflessioni in campo teorico e musicologico. Una scuola nella quale la pratica e lo studio interagiscono sfociando nella produzione concertistica, nella promozione culturale e, non ultimo, in una attività editoriale egualmente interessata alla didattica e alla ricerca. 1HO PHQWUH PL DFFLQJR D VFULYHUH TXHVWH ULJKH LO 0LQLVWHUR GHOO¶,VWUX]LRQH GHOO¶8QLYHUVLWj H GHOOD 5LFHUFD PL FRPXQLFD FRQ DSSRVLWR 'HFUHWR FKH LO QRVWUR ,VWLWuWR q VWDWR DXWRUL]]DWR DG DWWLYDUH LO QXRYR FRUVR DFFDGHPLFR GL SULPR OLYHOOR LQ ³&RmposizionH LQGLUL]]R VFLHQ]H VWRULFKH FULWLFKH H DQDOLWLFKH GHOOD PXVLFD´ FKH VL DIILDnFD DO JLj LVWLWXLWR VHFRQGR OLYHOOR LQ ³'LVFLSOLQH VWRULFKH FULWLFKH H DQDOLWLFKH GHOOD PXVLFD´ H FRPSOHWD LO SHUFRUVR GL VWXGL LQ PXVLFRORJLD &Lz q IRQWH GL VRGGLVID]LRQH aver potenziato, valorizzato e contribuito a rendere sempre più accattivante e al passo FRL WHPSL O¶RIIHUWD IRUPDWLYD GHO Cimarosa 4XHVWL ³4XDGHUQL´ L WDQWL FRQYHJQL VFLHnWLILFL SURPRVVL OD UDVVHJQD ³3DUROH GL PXVLFD´ H L PROWHSOLFL VHPLQDUL WHVWLPRQLDQR, GXQTXH LO PLR LPSHJQR H TXHOOR GHL GRFHQWL GHOO¶,VWLWXWR LUSLQR YHUVR LO &RQVHUYDWRULR del futuro, sede, ripeto, non soltanto di produzione artistica ma, anche, di grande spessore scientifico. Esprimo, dunque, profonda gratitudine agli autori, ai curatori e ai membri del Comitato di redazione dei «Quaderni del Conservatorio Domenico Cimarosa», con O¶DXJXULR FKH TXHVWD SXEEOLFD]LRQH SHULRGLFD SRVVD UDSSUHVHQWDUH VHPSUH SL LO YROano e il mezzo per far conoscere e apprezzare le nostre attività e i nostri saperi. Carmine Santaniello Direttore del Conservatorio
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INTRODUZIONE
Quando nel 2015 «I Quaderni del Conservatorio Domenico Cimarosa» videro per la prima volta la luce, ritenevamo fossero ormai maturi i tempi per creare uno spazio destinato ai giovanL PXVLFRORJL XVFLWL GDOO¶DWHQHR LUSLQR 1RQ FL VEDJOLDYDPR SHUFKp il volume fu subito accolto favorevolmente, riscuotendo da più parti giudizi lusinJKLHUL FKH FL KDQQR VSLQWR D SURVHJXLUH TXHVWD ³LPSUHVD´ Ora, a distanza di un anno, esce il secondo numero che, per certi versi, è più ricco GHO SUHFHGHQWH FRQ O¶DJJLXQWD GL XQD QXRYD UXEULFD GHGLFDWD DL ³ODERUDWRUL´ La prima parte del volume denominata Saggi contiene i contributi dei docenti GHOO¶LVWLWXWR H GHJOL VWXGLRVL FKH JHQHURVDPHQWH KDQQR YROXWR Lnviare il loro saggio VRWWRSRVWR DOOD OHWWXUD H DOO¶DSSURYD]LRQH GHO FRPLWDWR GL UHGD]LRQH 0DULQD 0H]]LQD ($ PLGVXPPHU QLJKW¶V GUHDP di Britten: favola musicale o dramma moderno?) analizza le scelte compositive e drammaturgiche di $ PLGVXPPHU QLJKW¶V GUHDm di Britten, all¶interno di quel complesso percorso che il teatro musicale ha compiuto all¶LQL]LR GHO 1RYHFHQWR $XJXVWD 'DOO¶ $UFKH Per una divulgazione musicale che seduca, tra i saperi e le pratiche) si sofferma sulla divulgazione musicale, intesa come promozione e diffusione della cultura musicale nei contesti più disparati, fornendo nel contempo delle utili considerazioni sui saperi e le pratiche musicali e Luigi Izzo (Amedeo Vella: una vita per la banda SURSRQH XQ¶XWLOH DQDOLVL GHOOD FHOHEUH PDrcia funebre Una lagrima sulla tomba di mia madre GHOO¶REOLDWR FRPSRVLWRUH VLFLOLDQR $PHGHR 9HOOD GL FXL YLHQH WUDWWHJJLDWD DQFKH O¶RSHUD H OD ELRJUDILD La seconda parte del volume è riservata alla pubblicazione di estratti di alcune tesi finali del corso di studi di secondo livello in Discipline Storiche, Critiche e Analitiche della musica (Discamus) discusse negli Anni Accademici 2014/15 e 2015/16. Marina Cotrufo (Musica e Spettacolo lungo il 0LJOLR G¶2UR WUD 6HWWH H 2WWRFHQWR) descrive minuziosamente quella felice stagione storica, architettonica e musicale, che si svolse OXQJR OD ]RQD FRVWLHUD QDSROHWDQD WUD 6HWWH H 2WWRFHQWR OXQJR O¶DVVH FKH FROOHJD LO Vesuvio al mare ribattezzato 0LJOLR G¶2UR. Carmen Blasi (1925. Musica alla radio negli anni della radio, attraverso le pagine del «Radiocorriere») approfondisce attraverso le pagine del «Radiocorriere» gli esordi della radio, ricostruendo con dovizia di particolari e ampie schede la programmazione e i contenuti radiofonici musicali, fornendo nel contempo utili considerazioni sociologiche e musicologiche. Giovanni Recupido ($VSHWWL H ULFH]LRQH GHO MD]] QHOO¶RSHUHWWD LWDOLDQD Un signore senza pace di Dino Rulli ed Enrico Serretta) contribuisce a ricostruire gli esordi del jazz in Italia, con lo studio dellD IRUWXQDWLVVLPD VWDJLRQH GHOO¶RSHUHWWD LWDOLDQD H O¶DQDOLVL GHO Signore senza pace di Rulli e Serretta, infine Eleonora Davide (Un modello di comunicazione SHU O¶$OWD )RUPD]LRQH $UWLVWLFD 0XVLFDOH SURGX]LRQH GLVWULEX]LRQH H JHVWLRQH GHOO¶LQIRUPD]LRQH) affronta per la prima volta il ricco e complesso sistema GHOO¶LQIRUPD]LRQH QHOO¶$IDP DQDOL]]DQGR VWDWLVWLFDPHQWH TXHVWR VHWWRUH GHOO¶LVWUX]LRQH PXVLFDOH H SURSRQHQGR GHL YDOLGL PRGHOOL GL FRPXQLFD]LRQH FRPH OD ZHE UDGLR G¶DWHQHR 11
La terza parte del volume intitolata Laboratorio del gruppo di lavoro coordinato da Massimo Di Sandro è dedicata alla critica musicale di Andrea Della Corte. Vengono, dunque, proposti i lavori degli studenti del laboratorio di critica musicale che hanno analizzato e commentato alcuni articoli del celebre critico musicale de La Stampa. Nella rubrica 1RWH GœDUFKLYLR SURVHJXH OœRSHUD GL YDORUL]]D]LRQH H GL FRQRVFHQ]D del ricco patrimonio della biblioteca del Conservatorio di Avellino, con il contributo di Tiziana Grande dal titolo /D GRQD]LRQH ¾3URFLGDœ GHOOD ELEOLRWHFD GHO &RQVHUYDWorio di Avellino. Ritratto di Giuseppina De Rogatis e catalogo dei manoscritti. Un felice spaccato di vita musicale italiana del Novecento, ricostruito attraverso la raccolta di musiche (916 edizione musicali e 35 manoscritti) appartenute a Giuseppina ProciGD 'H 5RJDWLV H RUD FRQVHUYDWH QHOOD ELEOLRWHFD GHOOœ,VWLWXWR irpino. Lœultima parte del volume è dedicata agli Interventi. Gianvincenzo Cresta ripercorUH FRQ DFXPH H OXFLGLWj OœDPLFL]LD FKH OHJDYD /XLJi Nono alla città di Avellino, attraYHUVR UDFFRQWL SHUVRQDOL H FURQDFKH GHO WHPSR 8QœDPLFL]LD WHVWLPRQLDWD DQFKH GDOOD UHFHQWH YLVLWD DOOœ,VWLWXWR GL 1XULD 6FKÜnberg Nono. Eleonora Davide, poi, elenca minuziosamente le numerose attività del Cimarosa per OœDQQR 2015. Infine, la rubrica Recensioni sulle ultime novità editoriali in campo musicologico affidata agli studenti chiude lœesperienza di questo secondo numero dei Quaderni del Cimarosa, che ci auguriamo possa continuare a ricevere gli apprezzamenti e i favori della comunità scientifica e artistica. A conclusione, prima di congedare questo volume al lettore, desideriamo ringraziare sentitamente gli studenti, gli amici e i colleghi che con il loro contributo hanno voluto impreziosire questo volume. Un ringraziamento doveroso al Presidente del Cimarosa (Dott. Luca Cipriano), al Consiglio di Amministrazione e ai colleghi del Consiglio Accademico, che hanno supportato questa iniziativa. Esprimiamo profonda gratitudine al Direttore del Conservatorio (M° Carmine Santaniello), che ha accolto e avallato con entusiasmo la prosecuzione del progetto dei Quaderni. 4XHO ³VHPH´ D FXL VL IDFHYD ULIHULPHQWR QHO QXPHUR SUHFHGHQWH LQL]LD D GDUH L VXRL IUXWWL 1RQ UHVWD GXQTXH FKH DXJXUDUVL FKH TXHVWD ³LPSUHVD´ SRVsa proseguire nel migliore dei modi, a testimonianza delle grandi SRWHQ]LDOLWj GHO &RQVHUYDWRULR ³'oPHQLFR &LPDURVD´ Avellino, 31 ottobre 2016 Antonio Caroccia Maria Fusco Francesca Galluccio
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SAGGI
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Marina Mezzina A MIDSUMMER NIGHTœS DREAM DI BRITTEN: FAVOLA MUSICALE O DRAMMA MODERNO? Lœidea di un contributo che proponga unœanalisi e un approfondimento di A midsummer nightœs dream di Benjamin Britten nasce dalla lettura del contributo La passacaglia nel Teatro musicale nel Novecento di Antonio Rostagno.1 Lœarticolo espone lœaffascinante ipotesi secondo la quale molti compositori del Novecento, nei loro lavori teatrali, si avvalgono della forma strumentale di passacaglia, spogliata da SRVVLELOL ULIHULPHQWL D XQ LPSUREDELOH ³ULWRUQR DO SDVVDWR´ SHU ULVSRQGHUH D XQD HVigenza musicale sollecitata da una moderna drammaturgia. Questi compositori, mentre scelgono per le loro opere autori e tematiche a loro contemporanee, spogliano i loro GUDPPL PXVLFDOL GDOOH IRUPH FRQVLGHUDWH ³FDQRQLFKH´ SHU Oœopera lirica. La modernità e la novità del teatro musicale del Novecento si verifica in presenza di due condizioni irrinunciabili: la prima riguarda il libretto, che deve proporre elemHQWL GUDPPDWXUJLFL FKH VYLOXSSLQR XQD ³GUDPPDWXUJLD GHOOœLR´ GLVFRVWDQGRVL GDOOD tradizione del teatro idealistico;2 la seconda riguarda il compositore, che deve essere in grado di comprendere tali elementi e trovare forme e concezioni musicali capaci di renderli in musica. Il percorso che gli scrittori per il teatro compiono intorno alla fine del diciannovesimo secolo sembra essere quello di instaurare un nuovo legame fra contenuto del dramma e forma del dramma. Ogni autore propone una soluzione diversa alla crisi che la scrittura per il teatro attraversa alla fine dellœOttocento, crisi dovuta alla consapevolezza dellœillusione dellœuomo come centro e guida del proprio mondo, alla frammentazione psicologica e alla incapacità di dialogo, alla scoperta dellœipocrisia FKH JXLGD L UDSSRUWL VRFLDOL H OD FUXGHOWj FKH SXz FHODUVL QHJOL ³LVWLWXWL DIIHWWLYL´ ERrghesi, come il matrimonio e i legami famigliari. Il contenuto problematico e inesplorato del dramma moderno invita gli scrittori a rendere problematica e intentata anche la forma del dramma, fino ad allora fissa e sistematica.3 La stessa reazione sembrano aver avuto tutti quei compositori che hanno scelto di musicare contenuti drammatici che esprimessero queste problematicità : a cominciare dal Wozzeck di Berg il problema della forma dellœopera musicale teatrale si risolve nella ricerca di una soluzione adatta per ogni particolare esigenza drammatica. Un filo rosso, però, sembra legare questa molteplicità di scelte: lœuso di forme prese in prestito da un passato strumentale, ma reinterpretate in senso teatrale. Si impie1
ANTONIO ROSTAGNO, La passacaglia nel teatro musicale del Novecento, in Can We Talk of a Passacaglia Principle? Si può parlare di un principio-passacaglia, a cura di Susanna Pasticci, Rivista di Analisi e Teoria Musicale, 12/2014, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 2015, pp. 147-178. 2 PETER SZONDI, Teoria del dramma moderno, 1880-1950, Torino, Einaudi 2000; ed. orig. Theorie des modernen Dramas, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1956. 3 Ivi, pp. 31-45.
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A MIDSUMMER NIGHT¶S DREAM DI BRITTEN
ga una forma musicale chiusa che assicuri coerenza alla rappresentazione musicale di frammenti drammatici, che non si legano secondo trame consuete e logiche, ma rappresentano lo sviluppo di una psiche spesso malata e ossessionata. Nel caso di A midsummer night dream, è possibile parlare di questa commedia shakespeariana includendola nelle problematicità dei testi teatrali del µ900? I più importanti studiosi dei testi shakespeariani confermano che, sebbene scritti più di quattrocento anni fa, i drammi e soprattutto i personaggi degli intrecci drammatici di Shakespeare non solo anticipano la visione dell¶uomo moderno, ma in qualche modo la condizionano, in uno strano gioco di forze fra finzione e realtà dove è l¶uomo a rendersi simile ad Amleto, Falstaff, e a tutti i personaggi, eroi ed antieroi shakespeariani, più di quanto essi non rispecchino nelle loro recite la condizione umana. Harold Bloom non a caso intitola il suo libro Shakespeare: The invention of the Human,4 cercando di spiegare la sostanziale differenza fra i personaggi di Shakespeare e tutti i personaggi inventati per le scene prima di lui. Shakespeare con i suoi perVRQDJJL ³LQYHQWD O¶XRPR PRGHUQR´ SHUFKp DWWUDYHUVR ORUR LQGLFD DOO¶uomo un diverso modo di concepire sé stesso e le forze che governano il suo destino. Anche prima di Shakespeare il personaggio era consapevole che il proprio destino non era nelle proprie mani: l¶uomo-personaggio, però, era convinto di sottostare ad una legge superiore, infinitamente razionale e giusta, ovvero la legge di Dio, che lo guidava attraverso l¶esercizio della Provvidenza. Shakespeare consegna al palcoscenico un uomo che è immerso in un destino laico, se non addirittura talvolta assurdo e caotico, sebbene la morale alla quale ogni personaggio deve sottostare sia strettamente legata al mondo cristiano. I personaggi di Shakespeare non spiegano se stessi al pubblico, come immobili caratteri piegati ad un volere divino, ma sviluppano se stessi e imparano a conoscersi, prendono coscienza della loro realtà mentre attraverso le loro parole si svelano anche al pubblico. Dice Harold Bloom che «l¶effetto di Amleto sulla cultura mondiale è incalcolabile. Dopo Gesù, Amleto è la figura più citata a proposito della coscienza nel mondo Occidentale».5 Anche Agostino Lombardo6 nella sua raccolta di saggi shakespeariani, dal significativo titolo L¶eroe tragico moderno, ci propone i personaggi di Shakespeare come incarnazione e simbolo dell¶universo che si trovano a vivere sulle assi del palcoscenico. Nel fondare le sue basi sul teatro medievale riletto e superato dal Faust di Marlowe, il teatro di Shakespeare si apre alla modernità nel superamento dell¶eroe classico sia come tipologia di personaggi (non più o non solo re o santi, ma innanzitutto intellettuali, che sbagliano, peccano e impazziscono a causa della loro mente) ma anche e soprattutto (confermando la lettura di Bloom) che agiscono e si muovono su un percorso non più preordinato dal fato e non più abitato dagli dei. L¶uomo è solo e il suo cammino tragico si compie per la sua incapacità di comprendere il reale che lo circonda: testimone ultimo di questa moderna caduta ± secondo Lombardo ± è Otello. 4
HAROLD BLOOM, Shakespeare: The invention of the Human, Penguin, New York, 1998. Ivi, p. xix. 6 AGOSTINO LOMBARDO, L¶eroe tragico moderno, Roma, Donzelli Editore, 1996. 5
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MARINA MEZZINA
Otello cade per la sua incapacitĂ di distinguere il vero dal falso e quindi si trova in balĂŹa delle mistificazioni di Jago. Vale la pena riportare una piccola citazione da questo prezioso libro, per spiegare i motivi dellÂśincapacitĂ dellÂśeroe di leggere la realtĂ moderna: Ăˆ dunque la cecitĂ la causa della tragedia, e della fROOLD H GHOOD PRUWH GL 2WHOOR >ÂŤ@ ĂŠ proprio perchĂŠ la cecitĂ , la perplessitĂ , lo smarrimento di Otello non sono tanto i dati caratteriali ma anche il segno scenico, prodigiosamente incisivo, di una piĂš universale precarietĂ , di una difficoltĂ di leggere il cosmo che è propria di questo periodo di trasformazione in cui, come sϏ detto, nuove teorie astronomiche (di Copernico, del 1543; di Galileo, del 1611), la scoperta dellÂśAmerica e di nuove terre, lÂśemergere di nuove classi sociali, religiose hanno mutato e invero stravolto la fisionomia dellÂśuniverso meGLRHYDOH SURSULR SHUFKp >ÂŤ@ 2WHOOR q FDODWR LQ TXHVWD JUDQGH FULVL GHO PRQGR SURSULR per questo egli assume la forma del nuovo eroe tragico shakespeariano.7
Questœuniverso incognito diventa capriccioso e imprevedibile trasportato nel genere della commedia: se le radici della tragedia shakespeariana affondano nel passaggio fra il teatro medioevale e quello rinascimentale traghettate dal Faust di Marlowe, la commedia si rivolge anchœessa al medioevo, secondo lœinteressante studio di Daniel Albright.8 In particolare ci si riferisce a quel personaggio fuori dagli schemi consueti sia della cultura medioevale che rinascimentale: la Fortuna.9 Gli archetipi letterari si ritrovano nel Le roman de Fauvel (1310-16), un poema satirico di Gervais du Bus e The house of Fame (1380 circa), di Geoffrey Chaucer. Le scelte della Fortuna sono antigerarchiche, non conoscono meriti o intenti morali, sono dettate da una casualità che spesso gli scrittori si divertono a restringere a pochi elementi variabili. I personaggi GHOOH FRPPHGLH VRQR ³FRPLFDPHQWH FLHFKL´ SHUFKp OD UHDOWj VIXJJH DOOD ORUR FRmprensione secondo i canoni con cui sono abituati a confrontarsi con le cose del mondo. Si vedrà in quale modo Britten saprà cogliere questi elementi di moderna cosmicommedia, per citare il termine usato dallo stesso Albright per definire questo genere teatrale. Quando si parla, però, della modernità e della problematicità dei personaggi e dei drammi del ¾900, si pensa istintivamente al genere della tragedia. Anche i personaggi GL 6KDNHVSHDUH SL DPDWL H ULSUHVL GDJOL DXWRUL PRGHUQL âRVWDNRYLÞ R :DOWRQ SHU Fitare due autori indicati nellœarticolo di Rostagno) sono scelti fra quelli delle tragedie. Il merito di Britten è quello di aver intuito, con profonda intelligenza drammatica, quello che una commedia, A midsummer night dream, poteva offrire al compositore moderno. In genere questœopera di Shakespeare subisce danni dalla sua messa in scena moderna: ci testimonia sempre Harold Bloom che molti concepiscono la violenza ses7
Ivi, p. 75. DANIEL ALBRIGHT, Musicking Shakespeare, New York, University of Rochester, 2007. Ivi, p. 197: ÂŤThe Christian God carefully discriminates, weighs every gram of virtue and vice, sin and repentance, before assigning us to heaven or hell or purgatory; Fortuna, by contrast, is a gross goddess, attentive to nothing except her wheelÂśs internal rotary processÂť.
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A MIDSUMMER NIGHTÂśS DREAM DI BRITTEN
suale e la bestialitĂ come il nodo centrale di questo dramma sapiente e umanoÂť. Inoltre afferma che ÂŤVa di moda anche lÂśinterpretazione sessuale-politica, che mi dĂ i brividiÂť.10 Britten non scivola su questo terreno insidioso, nĂŠ sulla facile fascinazione della ÂłFRPPHGLD GHOOH IDWH´ D WDO SURSRVLWR VHPSUH QHOOÂśorizzonte cristiano Âą lÂśunico possibile per Shakespeare Âą le fate non sono un elemento positivo, nĂŠ neutro. Rigettati dalla teologia e dalle storie ufficiali, fate, elfi e folletti, assumono un profilo inquietante, notturno e nascosto, quasi di diabolica fattura. In questo studio si tenterĂ di mettere in luce alcune scelte musicali (fra le molte che il compositore mette in campo in questÂśopera) che testimoniano il talento drammatico di Britten nel comprendere i profondi significati che si celano nel Sogno e che, sempre attraverso quelle scelte, si collegano agli altri drammi fortemente moderni e problematici messi in musica da lui stesso e da altri compositori. Britten non è il primo musicista che raccoglie la sfida di musicare Shakespeare, ma è uno dei pochi che si rivela in grado di comprendere Shakespeare oltre le storie che il poeta racconta. Infatti alcune opere liriche (come il Romeo et Juliette di Gounod, o lÂśHamlet di Ambrois Thomas) non riescono ad andare molto oltre la trama e non sanno addentrarsi nella potenza del teatro shakespeariano. 8QD GHOOH FDUDWWHULVWLFKH ÂłFRVWUXWWLYH´ GHO WHDWUR GL 6KDNHVSHDUH q OD FRQIOXHQ]D GL stili teatrali diversi (spesso due, come in Macbeth, o Romeo and Juliet), o meglio ancora la contrapposizione di teatralitĂ che rispecchiano i conflitti delle difformi realtĂ rappresentate. Nel fare questo Shakespeare pone lÂśaccento sullÂśinadeguatezza di un solo punto di vista da cui guardare la realtĂ , ritratta nella sua logica multiforme e sfuggente, a volte persino incomprensibile.11 Il Sogno di una notte di mezza estate giĂ con il titolo ci suggerisce una percezione alterata della realtĂ , la quale inoltre è messa in scena da ben quattro livelli teatrali contemporanei e difficilmente conciliabili: abbiamo il mondo delle fate, lÂśDULVWRFUDWLFR PDWULPRQLR GL 7HVHR HG ,SSROLWD LO ÂłJLRFR´ GHL TXDWWUR ,QQDPRUDWL DWeQLHVL H LQILQH LO JURWWHVFR ÂłWHDWUR QHO WHDWUR´ JRIIDPHQWH VRVWHQXWR GDl mondo dei villani. Sappiamo dallo stesso Britten12 che, per ragioni di sostenibilitĂ musicale, il compositore, insieme a Peter Pears, prese la non facile decisione di tagliare il primo e il secondo atto della commedia originale.13 A livello drammaturgico questo comporta la VRVWDQ]LDOH ULGX]LRQH GHL TXDWWUR ÂłOLYHOOL´ WHDWUDOL D WUH FRQ XQ DFFHQQR GHO TXDUWR (quello di Teseo e Ippolita) soltanto nel finale dellÂśopera. In realtĂ non è importante quanti tipi di teatro Shakespeare metta in gioco nei suoi drammi, e di conseguenza, quanti il compositore ne scelga di musicare. Ăˆ importante il livello di conflittualitĂ che si percepisce fra i mondi rappresentati e lÂśequilibrio che 10
BLOOM, Shakespeare cit., p. 148. ALBRIGHT, Musicking Shakespeare cit., p. 29. 12 Cfr. A new Britten opera, Observer weekend review, 5 giugno 1960, pp. 9-11. 13 Ivi, p. 9: Con il Sogno il primo compito fu ridurre la commedia a dimensioni piÚ maneggevoli, il che in sostanza comportava semplificare e tagliare una storia estremamente complessa. In unœoperazione di questo tipo ci si può solo augurare di non perdere troppo dellœoriginale, ma dato che il canto occupa piÚ tempo della recitazione, tradurre in opera lœintero Sogno avrebbe prodotto un lavoro delle dimensioni dellœAnello wagneriano. 11
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si instaura fra le forze drammatiche che tentano di imporre il proprio linguaggio sulle altre. PerchĂŠ, innanzitutto, il conflitto si svolge a livello linguistico e stilistico. Il Sogno di Shakespeare, come e piĂš di altri lavori del drammaturgo inglese, è una poli-opera, che necessita una capacitĂ di inventiva formale e musicale fuori dellÂśordinario. Ăˆ forse per questo che il Sogno, pur esercitando un fascino e unÂśattrattiva unica, per i compositori si è rivelata spesso una sfida da accogliere con grande cautela, tanto che i lavori piĂš riusciti, come quelli di Purcell e Mendelssohn, scelgono di accompagnare il dramma, non di interpretarlo musicalmente. Britten ha avuto dalla sua parte, oltre il suo innegabile acume drammatico, una posizione storica di cui nessuno dei suoi predecessori aveva potuto beneficiare: il compositore inglese ha avuto a sua disposizione non piĂš un solo linguaggio musicale, ma diverse possibilitĂ stilistiche ed espressive offerte dalla modalitĂ , dalla tonalitĂ , dal cromatismo, dal serialismo, fino alla musica aleatoria.14 Ăˆ facile intuire che lÂśuso non piĂš di una musica, ma di molte musiche non sia da %ULWWHQ VHPSOLFHPHQWH ÂłDSSLFFLFDWR´ DG XQ SHUVRQDJJLR R EDQDOPHQWH XVDWR D VFRSR parodistico. Come si è detto a proposito della traduzione in chiave drammatica di forme strumentali, allo stesso modo si può affermare che Britten reinterpreti i linguaggi musicali, spesso alterandone il significato tradizionale, a servizio di una profonda aderenza al significato del testo. A mio avviso cϏ un esempio illuminante nel Sogno di Britten che sintetizza lÂśapproccio teatrale alla forma e lÂśuso manipolato dei linguaggi musicali. Durante il primo atto dellÂśopera vengono presentati i diversi gruppi di personaggi protagonisti del Sogno: ognuno di loro parla un linguaggio musicale incomprensibile e inconciliabile con quello degli altri. Le fate, ad esempio, sono rappresentate da arpe H FHOHVWD D FRORUDUH OH YRFDOLWj PHQR ÂłXPDQH´ GDO SXQWR GL YLVWD RSHULVWLFR 2EHURQ q niente meno che un controtenore, tipo di vocalitĂ che nel 1960 era stata appena riscoperta e mai usata in unÂśopera moderna, Tytania, un soprano di coloratura, ovvero la YRFH SL HVWUHPD H ÂłGLVXPDQD´ IUD L UHJLVWUL YRFDOL H OH IDWH H JOL HOIL LQWHUSUHWDWL GDlle voci bianche, che nel melodramma ottocentesco trovano spazio solo fra i ranghi di chierichetti e canti natalizi. Il quartetto degli Innamorati, dal canto suo, si esprime nel segno della vocalitĂ operistica tradizionale, mentre il gruppo dei villani parla uno strano dialetto, accompagnato da ottoni orchestrati in modo un poÂś sgraziato, pronto ad impossessarsi o a farsi impossessare da altri linguaggi musicali. ,Q TXHVWD ÂłEDEHOH´ GL OLQJXDJJL DSULUH FRQ XQ 3UHOXGLR LQWHVR DG LQWURGXUUH L WHPL dellÂśopera sarebbe veramente impossibile, ma Britten riesce ad inventare un espediente musicale in grado di unificare la sorprendente varietĂ stilistica presentata nel Primo atto. Il primo atto si apre sul bosco: sembra di sentire la foresta inspirare ed espirare nelle scale ascendenti e discendenti15 tese formare triadi maggiori (in stato fondamentale o in rivolto) accostate fra loro, però, senza una logica apparente (esempio 1).
14 15
ALBRIGHT, Musicking Shakespeare cit., p. 30. Ivi, p. 267.
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Esempio 1: Benjamin Britten, A midsummer night¶s dream. Atto primo, il bosco musicale.
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Lœ³LQJUHVVR DO ERVFR´ RFFXSD YHQWL EDWWXWH LQ FXL VL DVFROWDQR WXWWH OH WULDGL PDJJLori che offre il sistema temperato, ma lœavvicendarsi degli accordi consonanti nasconde una costruzione dodecafonica che risulta dalla serie delle dodici fondamentali delle armonie triadiche (esempio 2).
Esempio 2: Serie delle triadi maggiori che costituiscono lÂśintelaiatura armonica del bosco musicale.16
Il bosco musicale, quindi, grazie a questa mistura di consonanza e dodecafonia, ci introduce in un mondo dove lœapparenza naturale (in questo caso rappresentata dalla tonalità ) cela al suo interno qualcosa di artificiale e costruito (in questo caso la dodecafonia) e ci avverte che tutto quello che accadrà nella foresta delle fate, forse non è quello che sembra. Questa intuizione linguistica non serve soltanto a caratterizzare lœambiguità dellœambientazione drammatica, ma viene trasformata da Britten in una cornice che contiene e sorveglia le vivaci dinamiche stilistiche che si avvicendano nel primo atto. Lœidea espressa in queste prime venti battute si presta ad essere interpretata come il ritornello di un grande rondò che abbraccia lœatto intero: essa deriva da una forma strumentale, ma conduce episodi diversi allœinterno di una unità formale drammatica (figura 1).
A B A C A D A C A B A CABC BA
A=WOOD
B=FAIRES
C=LOVERS
D=RUSTICS
AB
Figura 1: riassunto formale dellÂśatto primo.
Non che in questœopera non siano presenti i classici numeri come arie e duetti, ma questi vengono inglobati e sciolti nella forma gerarchicamente superiore del rondò che si occupa di definire i gruppi contrapposti e di governare la loro conflittualità . Alla fine del primo atto la tensione drammatica causata dallœerrore del Folletto 3XFN GHILQLWR GD %ULWWHQ ³FRPSOHWDPHQWH DPRUDOH PD LQQRFHQWH´ HG HVHFXWRUH GL XQ linguaggio musicale completamente estraniato, non-cantante) è cresciuta rapidamente ed ha portato grande scompiglio allœinterno GHO ³JUXSSR GHJOL DPDQWL´ ,QROWUH VL Fomincia a mettere in moto lœingranaggio che porterà la regina delle fate, Tytania, a cadere sotto lœincantesimo dœamore per un villano con testa asinina! Come in altre opere di Britten (in particolare Peter Grimes e A turn of the screw) ma anche nelle opere di altri autori in cui si può rilevare la presenza di tale forma, nel
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Fra parentesi le triadi ripetute. Le note bianche evidenziano la serie di dodici suoni derivata dalle fondamentali degli accordi.
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punto piÚ teso dellœarco drammatico (in questo caso allœinizio del secondo atto) compare una passacaglia. La passacaglia del Sogno è formata da quattro accordi, che si susseguono, come nel primo atto, senza unœapparente logica costruttiva e ancora di piÚ senza alcuna connoWD]LRQH ULWPLFD &Lz FKH FDUDWWHUL]]D TXHVWR ³WHPD´ FRVWLWXLWR GL SXUD VRQRULWj q LO timbro abbinato ad ogni accordo: il primo corrisponde agli archi, il secondo agli ottoni, il terzo ai legni, il quarto allœarpa e alle percussioni intonate (esempio 3). Strings
Brass
Wood wind
s
Harps and Percus-
Esempio 3: Tema accordale della passacaglia in apertura dellÂśatto secondo.17
Anche in questo caso, inoltre, Britten ricorre alla commistione fra richiami alla consonanza tonale e relazioni dodecafoniche. Rispetto al primo atto, la discendenza dodecafonica delle triadi è piÚ precisa come nellœDIIHUPD]LRQH GL XQD ³YHUD´ VHULH GL dodici suoni. Infatti nel primo atto vi erano delle ripetizioni e la serie si doveva estrapolare dalla fondamentale di ogni nuova triade; i quattro accordi del secondo atto, invece, espongono in maniera precisa solo dodici note, organizzate successivamente in agglomerati sonori di due, tre o quattro suoni. La serie dei dodici suoni è mostrata nellœesempio 4:
Esempio 4: La serie di dodici suoni che costituiscono il tema accordale della Passacaglia dellÂśatto secondo.
Su questo basso armonico-VHULDOH GL SDVVDFDJOLD %ULWWHQ FRVWUXLVFH XQ SUHOXGLR ³LncDQWDWR´ FKH VL VYROJH QHO ERVFR 1HO SULPR DWWR OD IRUHVWD VL DGGRUPHQWD VRVSLUDQGR insieme ai protagonisti che la abitano, ed ora scivola nel sogno attraverso cinque variazioni che cominciano ad animare ritmicamente, melodicamente e anche nellœagogica il tema di base. Ogni tipologia accordale è sempre presentata dalla famiglia orchestrale che le è stata assegnata nel tema iniziale. Il preludio-passacaglia viene interrotto bruscamente dallœentrata vivace e rumorosa dei Rustici durante la quinta variazione, che per questo rimane incompleta. 'RSR L GXH DPSL HSLVRGL LQ FXL VL UDSSUHVHQWD GDSSULPD OD VFHQD GHOOD ³SURYD WHaWUDOH´ SHU OR VSHWWDFROR GHL UXVWLFL H LQ VHJXLWR DOOD WUDVIRUPD]LRQH GL %RWWRP 17
Si noti come Britten, per lœultimo accordo, che si può intendere come un Do maggiore, non inserisce il Sol, perchÊ già esposto nel terzo accordo, leggibile come una triade di Mib maggiore.
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lœincredibile scena di Tytania che corteggia lo stesso Bottom in veste asinina, al soSUDJJLXQJHUH GHO VRQQR VXL GXH LPSUREDELOL DPDQWL HFFR WRUQDUH L TXDWWUR DFFRUGL ³LnFDQWDWL´ VHWWH EDWWXWH GRSR VXOOH SDUROH GL 7\WDQLD O, how I love thee riascoltiamo dapprima il tema a-ritmico e subito dopo altre quattro variazioni. Allœentrata di Puck (n. 60) di nuovo la passacaglia si dissolve. Segue un episodio molto ampio in cui i quattro Innamorati (osservati da Oberon e Puck) si trovano in un momento di totale entropia, durante il quale tutti gli schemi sociali e affettivi abituali saltano. Nel momento in cui Puck rientra in gioco per riportare le cose al loro posto, ecco tornare la passacaglia. Per comprendere, però, in che modo gli accordi incantati della passacaglia possano interagire con il quartetto degli Innamorati, si deve approfondire il linguaggio musicale assegnato da Britten ai quattro giovani. Si è detto che gli amanti ateniesi rappresentano le voci classiche di un quartetto operistico. Fin dal duetto del primo atto, esordio di Lysander e Hermia, il linguaggio del melodramma è chiaramente la cifra stilistica del gruppo. Si nota facilmente, però, che, sebbene non in chiave parodistica, lœenfasi operistica risulta in qualche modo ostentata. Si pensi al duetto del voto di fedeltà fra Lysander e Hermia nel primo atto (n. 31): i due si ripetono il giuramento per dodici volte, prima di balbettarlo sfiniti altre cinque volte e addormentarsi. Dopo le prime ripetizioni, la naturale effusione del duetto dœamore cede il passo ad una mostra di sÊ e del proprio ruolo che lascia disorientati. Nella figura 2 possiamo vedere lœarco delle dodici tonalità maggiori del sistema temperato nellœordine che i due Innamorati percorrono nel loro rimandarsi I swear to thee.
LAb RE Mib FA DO# LA MI SOL SI FA# SIb D Figura 2: Le dodici tonalità maggiori espresse nel duetto Lysander-Hermia, atto primo. Questa esasperata saturazione delle triadi maggiori, con la sottostante ricorrenza dellœHOHPHQWR ³ ´ LQWHVR FRPH VHULH WRQDOPHQWH QRQ UHOD]LRQDWD ULFRUGD Oœambiguità del bosco cosÏ come presentato nel preludio del primo e del secondo atto. Questa ³GRSSLH]]D´ PXVLFDOH ULVFRQWUDWD DQFRUD LQ TXHVWR FDVR FRPLQFLD D GHOLQHDUH XQ Dccostamento del linguaggio tonale ad unœespressione esteriore deliberatamente ingannevole. In molti altri casi, soprattutto nel gruppo degli Innamorati, lœaggressività tonale e la dissimulazione operistica cela la vera identità musicale su cui i personaggi sono costruiti. Tornando al primo atto focalizziamo lœattenzione sullœentrata di Lysander: come si è visto il ritorno del tema del bosco del primo atto a 23 (seconda A di figura 1) introduce la prima apparizione del gruppo degli Innamorati. Questœentrata rompe con un Agitato (n. 24) la quiete del profondo respiro della natura. Su un ritmo fluttuante di terzine e duine ascoltiamo per la prima volta una cellula melodica: è in essa che risiede la vera natura musicale del quartetto degli Innamorati. (esempio 5) 21
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(VHPSLR $OFXQH HVSUHVVLRQL VLJQLILFDWLYH GHOOD ³FHOOXOD PHORGLFD GHO TXDUWHWWR GHJOL ,QQDPRUDWL´ QHOOœatto primo.
Nella figuUD VRQR PRVWUDWH VROWDQWR DOFXQH GHOOH RFFRUUHQ]H GHOOD ³FHOOXOD GHJOL ,QQDPRUDWL´ QHO SULPR DWWR VH QH SRWUHEEHUR FLWDUH PROWH DOWUH DOWUHWWDQWR VLJQLILFDWive, ancora nel primo atto. Come per le altre intuizioni musicali, anche per questa cellula¹base Britten prevede un duplice impiego: il primo è quello di offrire allœascoltatore una lettura piÚ profonda del carattere degli Innamorati, che vada oltre lœostentato ardore melodrammatico. Il secondo è quello di funzionare come un principio costruttivo nascosto, che si riferisce in ultima analisi proprio alla lettura modernamente drammatica che si sta ricercando in questa complessa commedia. Il personaggio della commedia differisce principalmente da quello della tragedia shakespeariana per la presenza o menR GHOOD ³FROSD´ RYYHUR LQ HQWUDPEL L JHQHUL L protagonisti contravvengono in qualche modo lœordine divino, etico e morale a cui sono sottoposti. Nella tragedia il protagonista è destinato a soccombere perchÊ in un modo o nellœDOWUR DQFKH SHU PRWLYL GL ³HUHGLWj´ YLHQH ULFRQRVFLXWR FROSHYROH GHOOD trasgressione. Nella commedia il protagonista è vittima non colpevole dei capricci della sorte, o di un dio, o di un folletto, o della sua stessa ingenuità o follia, e desidera trasgredire, ma il misfatto non si compie mai. Lœelemento comico della commedia deriva proprio dallœimprevedibilità degli eventi che travolgono i personaggi: il numero degli eventi possibili, però, deve avere un limite, altrimenti un caos completamente incontrollato getterebbe nellœorrore i protagonisti e si vedrebbe degenerare lœelemento comico.18 Questa limitazione riprende e spiega il discorso che si era fatto nella parte introduttiva, quando si era parlato degli eventi causati dalla gestione della Fortuna, eventi senza importanza gerarchica o prevedibilità in base a fattori conosciuti e stimati moralmente giusti o eticamente apprezzabili, come il castigo degli iniqui e il premio per i giusti. In A midsummer night dream, ad esempio, Shakespeare limita la possibilità dei poteri di Oberon e degli sbagli capricciosi di Puck con la combinatorietà legata al numero quattro degli Innamorati. 18
DENTON J. SNIDER, The System of ShakespeareÂśs Dramas, St. Louis, G. T. Jones and Company, 1877, passim.
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Le possibili combinazioni di errori, litigi, amori, disamori e ritorni sono molte, ma di numero finito. Britten raccoglie il suggerimento di Shakespeare e, attraverso la circolazione della cellula-base, crea una rete immutabile di relazioni, dove le trasposizioni e le inversioni dei quattro suoni che la compongono sembrano quasi dovute ad un calcolo matematico, che sposa le permutazioni possibili e apparentemente casuali della commedia. La formula melodica, che si trasforma senza mai diventare piÚ o meno importante nel canto dellœuno o dellœaltro personaggio, risulta il viatico ideale per lo svolgimento di eventi dettati dal caso, dal capriccio e dallœerrore. Nel secondo atto si trova lœincontro fra la macro-struttura della passacaglia e la cellula melodica degli Innamorati, nel momento di piÚ grande tensione drammatica. Il quartetto degli Innamorati è nel momento del suo massimo allontanamento dal nucleo centrale e ognuno fugge o insegue lœaltro, ma nessuno riesce ad incontrarsi o ad ascoltarsi. Ricomporre tale disaccordo è compito della magia che ha contribuito ad innescare lœescalation GHO GLVRUGLQH q SHU TXHVWR FKH OD ³SDVVDFDJOLD LQFDQWDWD´ DFFRPSDJQD LO folletto Puck nel tentativo di ricondurre ognuno dei quattro ad un sonno riparatore. Questa volta, però, gli accordi non si susseguono lœuno dopo lœaltro, nÊ formano una vera e propria variazione, piuttosto ognuno dei quattro accordi si abbina ad ognuno dei quattro Innamorati, inglobando nel suo colore e nel suo ambito tonale anche la cellula melodica del quartetto dei giovani amanti. 3HU SULPR YLHQH ³QHXWUDOL]]DWR´ /\VDQGHU´ VXO 5HE 0DJJLRUH SRL 'HPHWULXV FRQ il Re maggiore con la sesta aggiunta, poi Helena, con il Mib maggiore e infine Hermia, sullœarmonia finale di Do maggiore (esempio 6).
Reb = Lysander
Re = Demetrius
Mib = Helena
Do = Hermia
(VHPSLR OD ³FHOOXOD GHJOL ,QQDPRUDWL´ HVSUHVVD DOOœinterno dellœarmonia di uno dei quattro accordi del tema di passacaglia dellœatto secondo.
NellÂśesempio 6 si riporta solo una parte delle presentazioni della cellula melodica degli Innamorati, poichĂŠ tutto il passaggio risuona della suggestione di questo motivo per moto retto, retrogrado e contrario. Qui sono riprese soltanto le affermazioni dirette e, in particolare, lÂśultima cellula ha un peso importante. Si deve prestare molta attenzione allÂśultima affermazione della cellula di Hermia: infatti attraverso il Sib lasciato dalla voce, ma tenuto in vita dallÂśorchestra, veniamo introdotti nellÂśultimo episodio del secondo atto. QuestÂśepisodio rappresenta la coda 23
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finale della passacaglia e coincide con il ritorno delle fate sul palco, dopo che finalmente tutti gli Innamorati hanno sopito i loro ardori nel sonno. Cosa deve succedere a questo punto dell¶opera, per volere di colui che tutto ha iniziato, ovvero Oberon? Tutto deve tornare indietro, al suo volere originario di ordine e letizia. &RVu OD ³SDVVDFDJOLD LQFDQWDWD´ WRUQD LQGLHWUR SHU VHJXLUH LO YROHUH GHO UH GHJOL HOIL per la prima volta Britten compie il percorso dei quattro accordi al contrario. Da Do si torna a Mib, poi a Re e infine a Reb (esempio 7). Tutto allora ricomincia e si riprende la passacaglia nel verso consueto, fino alle parole delle fate In your waking shall be shown, in corrispondenza delle quali di nuovo l¶incantesimo ritorna indietro e si avvera il proverbio: Jack shall have Jill.
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Esempio 7: Percorso inverso del tema accordale di passacaglia dell¶atto secondo.
Conclusioni Delle molteplici caratteristiche musicali che testimoniano la forza inventiva e drammatica di Britten, ho scelto di mettere in luce quelle che rendono problematica la lettura della commedia di Shakespeare in senso moderno. Parte delle analisi e delle evidenze riportate in questo studio sono suggerite e indagate nei lavori che ho indicato in bibliografia. La mia lettura, però, cerca di collegare le scelte compositive e quelle drammatiche per collocare di diritto la commedia di Shakespeare musicata da Britten all¶interno di quel percorso complesso ed intricato che il teatro musicale ha compiuto all¶inizio del Novecento nel tentativo di rispondere alla crisi di una tradizione consolidata nei secoli. Britten mette a servizio di questa ricerca non solo la sua intelligenza drammatica, ma anche la sua sapiente esperienza di compositore strumentale. In particolare l¶uso della passacaglia viene elevato a dispositivo di controllo e sottolineatura della massima espressione drammatica. Questo è vero tanto nel teatro quanto nelle composizioni strumentali: tipici della passacaglia di Britten sono le interruzioni della ripetizione tematica e le sue riprese in punti di più alta tensione; inoltre la capacità di riprendere e ricollocare in momenti diversi temi importanti provenienti da atti o movimenti precedenti. 19
19 DARREN HANDEL, Britten¶s Use of the Passacaglia, «Tempo», new series, n. 94, Cambridge, Cambridge University Press, 1970, p. 2.
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In questo senso ciò che avviene nel secondo atto del Sogno non è molto diverso da quanto possiamo ascoltare, ad esempio, nella Cello Symphony, scritta solo tre anni dopo l¶opera in questione: le passacaglie di Britten hanno la forza di costruire un background capace di reggere il peso di tensioni e conflitti insolubili, perché vissuti tutti all¶interno dei personaggi o degli strumenti; dal punto di vista formale Britten abbandona il monotematismo tipico di questa forma per tratteggiare temi secondari che creano con il tema principale una dinamica da tenere sempre in equilibrio con grande maestria (esempi 8a e 8b). a.
b.
Esempio 8: Cello Symphony: a. prime cinque battute del tema di passacaglia-violoncello; b. tema secondario.
Il tema secondario appare più volte trasposto, su diversi registri e colori strumentali e questa molteplicità e varietà di riprese è possibile proprio alla stabilità del background di passacaglia eseguito dal violoncello solista. Grazie allo stesso procedimento il compositore riesce a domare l¶insistente e assillante cellula-motivo del gruppo degli Innamorati e a ricondurre quest¶ansia melodica all¶interno del flusso drammatico controllato dal tema dei quattro accordi del tema di passacaglia nell¶atto secondo. L¶elemento narrativo che più di tutti Britten interpreta come un significato tipico della drammaturgia del Novecento riguarda proprio il quartetto degli amanti ateniesi. Fra i tre gruppi sembra proprio questo il meno interessante e problematico: quattro giovani che a vario titolo rincorrono amanti e rivali, esprimendosi in uno stile operistico e vocale chiaramente connotato. Si è visto, però, che il compositore insinua insistentemente nell¶ascoltatore il dubbio che i sentimenti nobili ed eterni a gran voce protestati dai quattro siano la vera messa in scena della commedia. Impossibile in questo senso non pensare alle evaneVFHQWL ³VPDQLH LPSODFDELOL´ FDQWDWH GD XQD SURWDJRQLVWD GHOO¶altro famosissimo quartetto del Così fan tutte. Britten però si spinge oltre: si arriva ad un vero e proprio rovesciamento del leitmotive wagneriano nella cellula musicale usata per identificare melodicamente il quartetto degli Innamorati.20 Tale cellula non individua e non sottolinea alcun aspetto peculiare della psicologia di alcun personaggio, non si modifica con lui al modificare delle sue emozioni, non si evolve. A Lysander, Hermia, Demetrio ed Helena viene sconvolto il sentire e l¶onore riposto nei voti d¶amore, ma nessuno di loro sembra esserne colpito in modo particolare. Non vengono colpiti nell¶intimo, perché il loro in20
ALBRIGHT, Musicking Shakespeare cit., p. 287.
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timo musicale non muta. Al contrario del Leitmotive, la cellula-motivo di Britten non ci fornisce nessun indizio psicologico per inquadrare meglio la personalità dei quattro personaggi, anzi il permutare dei quattro suoni che la compongono sembra quasi doYXWR DG XQ FDOFROR PDWHPDWLFR FKH VSRVD OH SHUPXWD]LRQL ³SRVVLELOL H FDVXDOL´ IUD L quattro Innamorati FKH ULVXOWDQR LQILQH VHQ]D LGHQWLWj Ê XQ XVR GL XQD ³ULSHWL]LRQH FLUFRODUH H VLVWHPDWLFD´ GL XQ PDWHULDOH FKH LQGLFD VSHUVRQDOL]]D]LRQH LQcapacità di dialogo e casualità fatalistica dellœagire umano e che sostiene, insieme alla passacaglia, uno dei temi piÚ cari alla psicanalisi: la rimozione del trauma attraverso lœamnesia. Infatti la passacaglia può tornare indietro, come se si potesse girare la scena unœaltra volta, come se nulla fosse successo. I personaggi, nel terzo atto dimostrano appena la consapevolezza di aver calpestato in poche ore giuramenti dœamore e dœamicizia e sembrano veramente colpiti da una provvidenziale amnesia. Non è un caso, credo, che, a dimostrazione di tale imperturbabile mancanza di identità , lœapoteosi dellœaffermazione della cellula degli Innamorati avvenga proprio nel terzo atto. Alla fine del quartetto dopo il risveglio e lœappianamento di ogni diverbio amoroso, dopo aver cantato con un candore inspiegabile I have found [name] like a jewel, mine own and not mine own, di nuovo su dodici tonalità diverse ¹ denunciando, di fatto lœambiguità nellœaffermazione dellœamore ritrovato ¹ ecco la cellula-motivo cantata in quartetto (esempio 9).
(VHPSLR DSRWHRVL GHOOD ³FHOOXOD GHJOL ,QQDPRUDWL´ QHO TXDUWHWWR GHOOœatto terzo.
Questo nuovo tipo umano,21 che si esprime con una fissitĂ ai limiti della nevrosi, che si rende protagonista di un amore formale e stereotipato, si muove in uno scenario che lo vincola e lo costringe (come il bosco magico): la formula musicale ripetuta
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ROSTAGNO, La passacaglia nel teatro musicale del Novecento cit., p. 178.
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e la passacaglia incarnano musicalmente l¶una un meccanismo psicologico e l¶altra l¶universo mentale che tale meccanismo controlla. Ultima prova a favore di questa interpretazione è la ricorrenza nascosta e portante del numero 12: la costruzione dodecafonica celata da un¶invadente consonanza è stata rivelata in più punti. Ma c¶è un¶altra importante ricorrenza del 12: senza contare il tema, la passacaglia conta dodici ripetizioni, compresa la lunga variazione finale (tabella 1). First Firs entry Fir een entr TThe Them Theme h (Begin (Beg (Beginning) (Beginnin (Beginning (Beginn (Be (B Theme + voice Second Secon Sec Se EEntr Entry En (7 aafter afte af 5 56) 56 Passacaglia Passacagli Passacag Pass Passac Pas + LLovers Lov Love Lovers͛ Lover ͛ cell ce (from before befor be bef 94) 94 9 (fro 1 b (fr Reverse Rever Rev Re Revers Reve p path pa o of Passac Passacag Passaca Pass Passacaglia Pas Passacaglia͛ P ͛s Th TTheme The Them and an rreturn retu retur re (from (fro 101) (fr 101 10 1
Five Fi vvaria variations variation vari var variati Four variations One large variation Finale
Tabella 1: dodici variazioni sul tema di passacaglia nell¶atto secondo.
Quest¶ultima considerazione avvicina ancora di più il Sogno di Britten ad altre costruzioni musicali e drammatiche che per queste caratteristiche discendono direttamente dalla cruda modernità del Wozzeck. Molto spesso là dove si impiegano forme chiuse e variazioni sui loro temi, i compositori si avvalgono di riferimenti a numeri ricorrenti, significativi e simmetrici per delineare l¶orizzonte del palcoscenico musicale del Novecento, ormai commisurato allo spazio soggettivo della psiche umana.
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Augusta Dall¶Arche PER UNA DIVULGAZIONE MUSICALE CHE SEDUCA, TRA I SAPERI E LE PRATICHE Didattica e divulgazione: convergenze parallele La proposta divulgativa, intesa come promozione e diffusione della cultura musicale nei contesti più disparati, è asistematica, legata all¶occasionalità e µdepurata¶ dalla possibilità di verifica degli esiti di apprendimento, diversamente dall¶intervento didattico. L¶interlocutore della riflessione didattica è l¶alunno, un individuo colto in una fase temporalmente ben delimitata della propria esistenza, inserito in un contesto determinato. Abita luoghi intenzionalmente predisposti alla sua educazione, interagendo consapevolmente con i saperi e con altri individui il cui ruolo è funzionale al processo formativo; accoglie gli stimoli di apprendimento e li elabora restituendone una versione personale che viene sottoposta a verifiche e valutazioni. L¶interlocutore, invece, della costellazione di possibilità offerte dai tanti esempi di divulgazione è in genere un individuo che si ritrova, per volontà o per caso, a ritagliarsi e autogestirsi occasioni di crescita culturale, disseminandole in contesti variegati, nei tempi depurati dalle proprie urgenze esistenziali, interagendo con materiali i più disparati e con soggetti diversi, con i quali instaura un rapporto labile e momentaneo, ben distante dal rapporto definito dal contratto formativo. Da una parte quindi il riferimento è il gruppo-classe, entità di cui la didattica conosce e studia dinamiche e caratteristiche; dall¶altra è il pubblico, che il mondo della divulgazione si preoccupa forse troppo poco di conoscere (lasciando che lo faccia, per ben altre finalità, l¶universo del marketing). Sembra quasi che l¶intervento didattico si senta ripagato dalla propria missione, che lascia appunto l¶individuo desideroso di coltivare il personale percorso culturale quasi completamente solo, una volta conclusa l¶avventura formativa (che, per quanto riguarda la musica, nel nostro paese si interrompe bruscamente alla fine della scuola secondaria di primo grado per la maggioranza delle persone). In realtà questa solitudine viene vissuta anche durante l¶età scolare, quando, per esempio, al di fuori delle occasioni gestite dall¶istituzione, i ragazzi si ritrovano disarmati di fronte alla miriade di stimoli che contrappuntano (o forse invadono) le loro giornate, reagendo con atteggiamenti estremi: il netto rifiuto (delle cose noiose come la musica colta) e l¶acritica accettazione che sfocia nell¶adesione empatica a modelli conformati al consumismo più superficiale. Ritengo che la divulgazione musicale non dovrebbe solo colmare vuoti nella conoscenza degli alfabeti e delle grammatiche, ma cercare di far condividere tutto ciò che concorre all¶ermeneutica dell¶arte: le storie dei soggetti, delle procedure, delle scelte, degli strumenti, delle opere, sottolineando come anche la fruizione faccia parte dell¶incessante circolo di ridefinizione di sensi, funzioni e significati. Si tratterebbe insomma non solo di smontare il giocattolo-musica per mostrare come funziona, ma di narrare gli aspetti legati alla µfiliera¶ musicale svelandone, per così dire, il backstage: le porzioni di vita, i pensieri, le intenzioni, le illusioni e disillusioni, la fatica e le emozioni che rendono possibile la presenza di questa forma d¶arte che spesso stenta a dialogare con le vite, i pensieri, le intenzioni, le emozioni del pubblico odierno. Si potrebbe per 29
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esempio raccontare come certa musica che sembra così legata al passato venga attualizzata e vivificata nel presente attraverso le storie di chi giorno per giorno interroga questa presenza, coltivando ed alimentando una spinta interiore a confrontarsi con impegno ed umiltà con le opere, ricercandone l¶essenza e il senso. Divulgare e sedurre: qualche riflessione Quello che ci seduce nell¶incontro con una persona è la prima impressione, l¶attimo presente che condividiamo con essa e che suscita incanto, turbamento, alimentati magari da sguardi, ammiccamenti, sorrisi. Solo successivamente sorge il desiderio di approfondire la conoscenza ascoltandone la storia, il passato, interrogando, raccontando a nostra volta, in un processo nel quale continuamente conosciamo e ci riconosciamo. La musica può sedurre, questo è innegabile: la divulgazione, purtroppo, non sempre riesce a favorire quell¶incanto, quel turbamento dal quale far scaturire desideri di ulteriori contatti e frequentazioni con l¶universo del repertorio colto. Forse uno dei motivi è che spesso l¶opera-oggetto di divulgazione viene identificata esclusivamente come qualcosa che appartiene al passato, carica di appeal per chi ne fa oggetto di studio, per chi è già affascinato dal reverenziale senso della storia. In realtà l¶opera vive nel presente ed è in questo suo aspetto attuale che andrebbe presentata: nelle stratificazioni e trasformazioni che ha subito, nei make up (più o meno esteticamente accettabili) che possono attrarre lo sguardo di chi, nella propria vita frenetica, viene continuamente distratto da altri stimoli, più attraenti e meno impegnativi. L¶opera andrebbe interrogata partendo dal suo presente, da quello (poco o tanto) che ha in comune con il nostro mondo: cosa è, oggi, per (tutti) noi? Perché e come è sopravvissuta al suo passato? Da questo µcolpo di fulmine¶ possono quindi scaturire altre domande: come e perché è nata? Come si è sviluppata nel tempo? I discorsi sul presente e sul passato dell¶opera non dovrebbero procedere solo per giustapposizione (che giustificherebbe un approccio inutilmente nostalgico), ma embricandosi in maniera creativa, dando luogo ad un progetto avvincente che ne favorisca un¶ermeneutica viva, risultato di una coralità di contributi: quelli analitici ed esplicativi della musicologia e della critica, quelli perennemente in divenire degli interpreti, quelli intrisi di prorompente fragilità dei fruitori (esperti e non). L¶occasione divulgativa dovrebbe, secondo il mio parere, conformarsi ad alcune caratteristiche che cerchino di tener conto dei modi e delle forme di comunicazione che pervadono i nostri tempi e i nostri spazi di vita. Ne elenco di seguito alcune: La frammentarietà e l¶imprevedibilità. Una frammentarietà che si ricomponga nella totalità, favorendo frequenti µappigli¶ di senso. L¶interazione, ove possibile. Il concerto può, per esempio, aprire spazi di partecipazione al pubblico.
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La stimolazione plurisensoriale. Accompagnare la musica solo con le parole può limitare la portata dell¶atto divulgativo che deve saper µgiocare¶ anche con immagini, video, gestualità. La dimensione drammaturgica. Il testo divulgativo (non solo verbale) deve svilupparsi tra narrazione, drammaturgia, sceneggiatura, utilizzando i mezzi più efficaci per renderlo chiaro, avvincente, avvalendosi anche di un sapiente montaggio dei diversi elementi. Il backstage. L¶opera musicale è il risultato provvisorio dei contributi di diversi soggetti, di un processo di continua elaborazione che è importante raccontare e mostrare per stimolare un approccio, da parte dei destinatari, più autentico ed empatico. I meticciamenti culturali. Far scaturire la qualità dell¶esperienza con la musica, al di là delle discriminazioni e dei pregiudizi nei confronti di alcuni generi musicali. Il valore aggiunto. Un¶efficace occasione divulgativa dovrebbe sedurre anche il pubblico esperto, non tanto e non solo in ordine all¶ acquisizione di eventuali nuove conoscenze. Due oggetti divulgativi altamente seducenti Il web è pieno di esempi di divulgazione musicale che rispondono ad alcune caratteristiche tra quelle precedentemente elencate: basta navigare in youtube per imbattersi in documentari sulla vita di illustri compositori, in chiacchierate da salotto su biografie, stili compositivi, periodi significativi della storia della musica. Vorrei però citare un video, risultato di una mia parziale e frettolosa ricerca, che penso si possa considerare un esempio di divulgazione che seduce: si tratta di Chopin-documentario di Angelo Bozzolini e Roberto Prosseda.1 Dopo una introduzione di Silvia Corbetta, il documentario esordisce con immagini di vita quotidiana ambientate nell¶America degli anni Cinquanta, contrappuntate da prove d¶orchestra ed esecuzioni pianistiche e commentate dalla voce di Ignaz Friedmann che parla della invadenza monopolizzatrice della musica tedesca. Subito dopo, inaspettatamente, compare il cantante Bobby Mc Ferrin che intona con naturalezza il tema del famoso Preludio di Chopin op. 28 n. 7, decantandone, con rapita semplicità, la bellezza. Il documentario si dipana quindi presentando frammenti di interviste a direttori d¶orchestra, musicologi ed interpreti illustri, che si esprimono sulla biografia, lo stile, la poetica del compositore e sulle problematiche interpretative del suo repertorio; brevi clip degli ambienti storici accompagnate da una voce fuori campo che racconta frammenti biografici; carrellate sui luoghi che, ai giorni nostri, ne testimoniano il ricordo: la casa, la tomba; immagini tratte da alcune edizioni del concorso Chopin; addirittura i dagherrotipi µparlanti¶ di Fryderyk Chopin e di George Sand. 1
<https://www.youtube.com/watch?v=eKb7C7tN0EE> (ultima consultazione 1 settembre 2016).
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Non mancano inoltre immagini della campagna polacca che fanno da sfondo alla esibizione di un gruppo folk che esegue mazurche popolari per suggerire le possibili influenze che questo repertorio può aver avuto nella produzione chopiniana. Apprezzabilissime, nella loro poeticità quasi zen, le ultime immagini: una gallina passeggia intorno alla tomba di Chopin sulle note della marcia funebre dalla Sonata op. 35. Rimandando naturalmente alla visione integrale del documentario, vorrei sottolineare alcuni punti di forza che lo rendono un oggetto divulgativo di grande fascino ed efficacia. Confrontandolo con altri video dedicati al compositore polacco, ho apprezzato lœimpianto generale di organizzazione dei contenuti, che è in grado di suscitare, per cosÏ dire, una serie di ¾apertureœ, di piccole provocazioni culturali, piuttosto che trasmettere informazioni, suggellate e confezionate dalle autorità storico-musicali, da memorizzare. I continui rimandi tra passato e presente sono efficacemente embricati (attraverso anche un sapiente montaggio dei diversi frammenti), suscitando una immediata adesione, quasi empatica, con i testi e lasciando che lo spettatore trovi spazi di elaborazione personale dei contenuti in tempo reale. Questo documentario, lasciando trapelare la inevitabile incompiutezza del discorso sul mondo musicale di Chopin, fa nascere il desiderio di approfondirne la conoscenza, conseguendo lœimportante obiettivo divulgativo di creare interessi che si tramutino in bisogno di altri incontri, di altre scoperte, che stimolino in definitiva ciascuno a tessere propri, rinnovati, reticoli di senso. Il secondo esempio è costituito dalla serie di dodici programmi quasi documentari, quasi teatro, quasi musica e quasi divertimento 2 intitolata Cœè musica & musica, realizzata dal compositore Luciano Berio. In questo ciclo egli propone mirabilmente un viaggio (trasmesso nel 1972 in prima serata sul secondo canale televisivo della RAI) attraverso unœidea di musica e di opera musicale non scindibile da chi la fa, da chi la ascolta, da chi la scrive oltre che da chi la suona,3 interrogandosi sulle ragioni e sul senso del fare musica. Il messaggio di Berio era che esiste una pluralità di musiche e di opinioni sulla musica, tutte con la propria legittimità , che non permetteva in ultima analisi di poter affermare in modo univoco cosa fosse la musica.4 Come ben evidenziato da Ulrich Mosch nel testo citato in nota, il ciclo affronta temi riguardanti la formazione musicale e il lavoro, la voce e il canto, la composizione e il linguaggio musicale, la musica per danza e il teatro musicale, preceduti da un Ouverture iniziale (la prima puntata, che esordisce con la domanda, posta ad alcuni FRPSRVLWRUL FRQWHPSRUDQHL ³&RVœq OD PXVLFD"´ H XQ 5RQGz ILQDOH QHO TXDOH YHQJono riprese e rimescolate, sotto forma di improbabile dizionario, le tematiche affrontate nelle precedenti trasmissioni. Berio utilizza forme di comunicazione e di narrazione estremamente variegate: prove dœorchestra commentate anche dal pubblico presente, interviste ad esperti e a non esperti gestite con rigore e leggerezza, musiche e commenti verbali sapientemen2
Una polifonia di suoni e immagini, a cura di Ida De Benedictis, Milano, Feltrinelli editore, 2013, p. 6. La dichiarazione è di Luciano Berio. Ivi, p. 10. 4 Ivi, p. 14. 3
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te montati secondo criteri di convergenza, divergenza, giustapposizione, con lÂśobiettivo di rendere avvincente e scorrevole la fruizione dei contenuti. ÂŤA tal proposito, unÂśimportante funzione è assunta sin dallÂśinizio dallÂśalias di Berio, dalla marionetta con i suoi tratti: essa interviene con regolaritĂ e Âą allÂśoccasione anche con osservazioni palesemente inopportune Âą relativizza con le sue domande critiche la tematica presentata, rendendo in tal modo alcuni assunti provvisori o solo parzialmente validiÂť.5 LÂśautore presenta con leggerezza, ironia e autoironia le diverse figure e le componenti che rendono possibile la vita delle opere musicali: i compositori, gli interpreti, i critici, il pubblico, gli editori (nella puntata dedicata alla Terza Sinfonia di Beethoven una voce fuori campo legge alcuni passi del carteggio tra il compositore e il suo editore), gli impresari, i committenti; i luoghi e i protagonisti della formazione musicale (in Italia e negli Stati Uniti); i luoghi delle rappresentazioni musicali. Parte dal senso che il presente attribuisce allÂśopera per interrogarne quindi il passato, creando in maniera efficace una consapevolezza della storia come bisogno e necessitĂ per vivere meglio il presente, non proponendola come ricatto culturale discriminante tra esperti e non. Accoglie esempi musicali appartenenti a generi diversi facendo scaturire, senza moralismi o paternalismi culturali, il discorso sullÂśautenticitĂ dellÂśesperienza musicale piĂš che sulla oggettiva qualitĂ del prodotto (e sulla conseguente, inevitabile, unilaterale gerarchia che ne consegue). Evita le tentazioni biografico-celebrative, facendo trapelare lÂśumanitĂ dei grandi personaggi senza retorica, facendo, in qualche caso, parlare i documenWL VHQ]D ŕĄ&#x2019; spieJDUOL ŕĄ&#x201C; , lasciando che lo spettatore elabori autonomamente. Lascia trapelare una figura di musicista attuale, composita, eclettica: Berio è infatti, oltre che autore delle trasmissioni (quindi ricercatore, musicologo, intellettuale, divulgatore, sceneggiatore e drammaturgo), narratore, intervistatore, commentatore, presentatore, attore. Egli ha incarnato la prefigurazione del musicista che sa dialogare con la realtĂ , che cerca nuove modalitĂ di interazione con essa, ben consapevole di esserne comunque parte integrante. In definitiva, CϏ musica & musica costituisce un ottimo esempio di come complessitĂ e divulgazione possano trovare punti di contatto senza snaturarsi reciprocamente, perchĂŠ, come lo stesso Berio afferma, ÂŤi Testi della musica sono sempre da interrogare, consapevolmente o no. Insomma la comprensione della musica, come la comprensione di un testo, si avvera quando si ricostruiscono delle domande alle quali il Testo stesso può rispondere. Una visione un poÂś ermeneutica, forse, delle cose Âą ma io penso sia cosĂŹ. Ed è per questo che ci domandiamo contiQXDPHQWH ÂłFKH FRVÂśq OD PXVLFD"´.6
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Una polifonia cit., p. 19. Ivi, p. 24.
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Concerto e divulgazione? Forse Il concerto può costituire occasione privilegiata in un progetto divulgativo, forse più degli oggetti (documentari, pubblicazioni), oramai facilmente reperibili ma sempre meno desiderati, ricercati e conosciuti. Come già sottolineato, in un contesto sociale nel quale, ufficialmente, il contatto con la musica colta da parte della maggioranza dei cittadini finisce con l¶ultimo giorno di frequenza della scuola secondaria di primo grado, è necessario promuovere, da parte dei musicisti e degli esperti, una diffusione della musica attivando le proprie risorse creative e culturali, le proprie capacità comunicative, persuasive e« VHGXWWLYH Il musicista, oggi, deve sedurre non solo con la musica, ma anche con le parole, le immagini, i gesti, gli sguardi, i sorrisi. Deve inventare nuovi tempi e nuovi luoghi per proporre le proprie performances: del resto il teatro e l¶arte visuale stanno praticando da decenni questo µdecentramento¶, questo movimento di avvicinamento al quotidiano, ai luoghi della vita. La musica, tranne qualche eccezione (i concerti nelle fabbriche durante gli anni Settanta, più recentemente il fenomeno del flash-mob) rimane ancorata alla ritualità esclusiva delle sale da concerto. Considerato che proporre, oggi, un concerto di musica colta è, nella maggioranza delle ipotesi, come pronunciare un discorso in una lingua sconosciuta, ritengo doveroso, da parte dei musicisti, mettere in condizione i propri interlocutori di acquisire strumenti di accesso e di comprensione, utilizzando, in maniera creativa e µriscaldante¶ i mezzi e i media che siano in grado di rendere seducente l¶esperienza di ascolto. Il concerto, a differenza del materiale registrato e cristallizzato preso in considerazione nei paragrafi precedenti, si basa sulla compresenza, in uno spazio e in un tempo condivisi, di mittenti e destinatari. È quindi una sorta di spazio performativo nel quale possono confluire, sotto la predominanza del linguaggio musicale, materiali testuali e audiovisivi e che potrebbe essere gestito come una rappresentazione teatrale. È una situazione comunicativa basata su una relazione (asimmetrica nella sua conformazione ma potenzialmente complementare nella sua essenza) nella quale, a fronte di determinate stimolazioni e suggestioni di carattere artistico e culturale, viene condivisa un¶esperienza di produzione di senso, unica ed irripetibile. Questa esperienza coincide e si conclude colla durata dell¶evento, non permettendo aggiustamenti, sviluppi, riprese. Il concertista (al contrario, come abbiamo visto, dell¶insegnante) non può prevedere (se non per sommi capi) caratteristiche e peculiarità del gruppo col quale interagirà e al quale, comunque, proporrà un¶esperienza basata su contenuti da lui decisi in maniera unilaterale, senza poterne verificare gli esiti. Unico feedback è quello in itinere, che si percepisce sottilmente attraverso la qualità dell¶attenzione e della concentrazione o, più evidentemente ma anche forse più ipocritamente, con la sonorità e la durata dell¶applauso. Prima, durante, intorno al concerto. L¶ascoltatore non esperto ha come riferimento prevalente la televisione (alla quale affida buona parte della conoscenza di ciò che accade fuori dalla propria realtà), che elegge a medium privilegiato per l¶informazione, l¶intrattenimento, la crescita µculturale¶, la condivisione di forme e 34
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modalitĂ di socializzazione. Questo mezzo formidabile ne ha in qualche modo influenzato le capacitĂ attentive, che si attestano su tempi brevi e su materiali il piĂš possibile multimediali. Tramite il proprio iphone, inoltre, è molto spesso connesso con altri, altrove: vive il presente come un tempo da documentare (fotografando, filmando) piĂš che da vivere in pieno; ama condividere le rappresentazioni delle esperienze piĂš che le esperienze stesse. Egli concepisce il proprio impegno culturale al di fuori dei palinsesti televisivi come qualcosa di voluttuario, cui dedicare pochi ritagli di tempo. Il mondo sulla punta delle dita: con le mani cosĂŹ, allÂśimprovviso. Proviamo, per gioco, a seguire il percorso casa-sala da concerto di un ascoltatore non esperto. Spegne (un poÂś a malincuore) la tv e si getta a capofitto sul suo iphone chiamando, mesVDJJLDQGR FKDWWDQGR IRWRJUDIDQGRÂŤ LQ XQ GHOLULR GL RQQLSRWHQ]D H GL DSSDJDPHQWR Raggiunge il luogo del concerto e nellÂśattesa continua ad affermare la propria esistenza raccontando ai propri ŕĄ&#x2019; FRQWDWWL ŕĄ&#x201C; dove sia e perchĂŠ; aggira lÂśordine del presentatore di turno di spegnere i cellulari scegliendo la modalitĂ silenziosa e continuando a carezzare con lo sguardo e con le dita la superficie amica del suo rapporto col mondo esterno, magari fotografando o filmando, riservando a quello che gli accade intorno unÂśattenzione tiepida e frammentata, intervallata da slanci di generositĂ durante i quali le mani si distaccano per un poÂś dallÂśoggetto prezioso per applaudire. LÂśapplauso. Parafrasando le parole di Roland Barthes, lÂśapplauso può essere considerato uno dei miti dÂśoggi, un vero gesto rituale: ÂŤIl mito non nasconde niente e non dichiara niente; il mito deforma; non è nĂŠ una menzogna nĂŠ una confessione: è unÂśinflessioneÂť.7 Le trasmissioni televisive sono piene di applausi: applaudire insieme è il gesto che ci fa sentire comunitĂ buona, generosa nella sua capacitĂ di accettazione, conferma, conforto. Anche se non so esattamente cosa e perchĂŠ sto applaudendo, io mi associo al gruppo affidando per qualche minuto al suono delle mie mani un potere che mi esalta: riuscire a valutare chi mi ha proposto un esempio delle proprie capacitĂ sottoponendole al mio giudizio. Anche se ho trascorso la maggior parte del tempo tra un applauso e lÂśaltro sbirciando in continuazione lo schermo del mio iphone, anche se ho utilizzato nel frattempo le mie mani per manipolare la sua liscia superficie mettendola al servizio di improrogabili urgenze comunicative. Passando dalla storia alla natura, il mito fa unÂśeconomia: abolisce la complessitĂ degli atti umani, dĂ loro la semplicitĂ delle essenze, sopprime ogni dialettica, ogni spinta a risalire, al di lĂ del visibile immediato, organizza un mondo senza contraddizioni perchĂŠ senza profonditĂ , un mondo dispiegato nellÂśevidenza, istituisce una chiarezza felice: le cose sembrano significare da sole. Al principio di piacere dellÂśuomo freudiano, si potrebbe aggiungere il principio di chiarezza dellÂśumanitĂ mitologica. Ă&#x2C6; tutta lÂśambiguitĂ del mito: la sua chiarezza è euforica.8
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ROLAND BARTHES, Miti dÂśoggi, Torino, Einaudi editore, 1994, p. 210. Miti dÂśoggi cit, p. 223.
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Riconosco di aver semplificato eccessivamente e di aver forzato provocatoriamente alcuni accostamenti. Tuttavia il riferimento è ad un dato di fatto disarmante: lÂśapplauso è lÂśunica occasione di risposta e di interazione che viene concessa al pubblico durante il concerto (oltre, naturalmente, lÂśascolto). Forse è troppo poco. Concerto e divulgazione: qualche idea Riporto di seguito due esempi di concerto nei quali ho cercato di mettere in pratica alcune strategie divulgative. Il primo, intitolato EST! EST!! EST!!! proponeva il seguente programma: di Anton 'YRÄ&#x153;iN Danze Slave op. 46 per pianoforte a quattro mani n. 2, n. 4, n. 7, n. 8; di BĂŠla BartĂłk Sei danze popolari rumene Sz. 56 e Sei danze in ritmo bulgaro (dal sesto volume di Mikrokosmos). Il libretto di sala recitava: Cosa succede quando la tradizione popolare si incontra con la maestria compositiva di autori come Anton 'YRÄ&#x153;iN e BĂŠla BartĂłk? E cosa succede se Bruno Bozzetto si lascia LVSLUDUH GD XQD 'DQ]D VODYD GL 'YRÄ&#x153;iN SHU FUHDUH XQ FDUWRQH DQLPDWR" ( VH XQ JUXSSR GL allegri musicisti rom rielabora la rielaborazione bartĂłkiana delle danze rumene?
Elenco di seguito gli argomenti e i materiali che ho ritenuto opportuno selezionare, tra i tanti possibili, per accompagnare il pubblico in un percorso intorno alle opere che ne favorisse la fruizione. Influenza del repertorio folk nel repertorio colto e viceversa: documentazione di carattere storico; brani tratti dal testo di Bela BartĂłk Scritti sulla musica popolare;9 video nel quale un gruppo rom rielabora le Sei danze popolari rumene sz. 56 di BĂŠla BartĂłk.10 Tempi dispari, emiola, forma: frammenti video;11 episodio dedicato alla Danza slava op. 46 n. 7 di $QWRQ 'YRÄ&#x153;iN WUDWWR GDO ILOP Allegro non troppo di Bruno Bozzetto;12 coinvolgimento diretto del pubblico nella realizzazione di cori parlati e ostinati con gesti-suono. Problematiche interpretative: esempi comparativi di soluzioni interpretative; confronto tra versione orchestrale e pianistica di alcuni brani. Scale modali, armonizzazione: rielaborazione in chiave blues di alcuni temi delle Danze in ritmo bulgaro di BĂŠla BartĂłk. 9
BĂ&#x2030;LA BARTĂ&#x2019;K, Scritti sulla musica popolare, a cura di Diego Carpitella, Torino, Bollati Boringhieri, 2001. <https://www.youtube.com/watch?v=HxHhSy36Klo> Taraf de HaĂŻdouks Âą Âł5RPDQLDQ )RON 'DQFHV´ &UDPPHdDiscs> (ultima consultazione 1 settembre 2016). 11 KWWSV ZZZ \RXWXEH FRP ZDWFK"Y PT(2Q & *GR! 6PHWDQD 3URGDQi QHYÄ&#x152;VWD %DUWHUHG %ULGH - Furiant (czech dance - %DOHWW .DQiO XĂĽLYDWHOH $FKLOOHV9DOGD KWWSV ZZZ \RXWXEH FRP ZDWFK"Y R $ Z *NLT0> Bulgarian dance anchy78; <https://www.youtube.com/watch?v=kuTbM0R0ADQ> ȿɪÉ?É&#x;ɧ É&#x17E;É&#x;É&#x17E;É&#x161; ÉąÉ&#x;ÉŞÉ&#x153;É&#x;ɧ É&#x17E;É&#x;É&#x17E;É&#x161; (UJHQ GHGD FKHUYHQ GHGD stoger. (ultima consultazione 1 settembre 2016). 12 Film del 1976 prodotto e diretto da Bruno Bozzetto e comprendente sei episodi animati (piĂš un finale composto da diversi cortometraggi di pochi secondi), ciascuno accompagnato da un celebre brano di musica classica, inseriti in un film-cornice girato dal vero, in bianco e nero. 10
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Il montaggio dei materiali e degli interventi interattivi ha favorito la concentrazione durante l¶ascolto, anche da parte dei bambini presenti nel pubblico. Una breve digressione sulla scelta del video Taraf de Haïdouks - ³5RPDQLDQ )RON 'DQFHV´, nel quale un gruppo di musicisti rom esegue la propria versione delle Sei danze popolari rumene sz. 56 di Béla Bartók. Nella simpatica intervista, il leader del gruppo (che ammette candidamente di non saper leggere la musica) racconta di come sia rimasto affascinato dall¶ascolto delle danze nella versione pianistica, fino al punto da volerne realizzare una elaborazione con il proprio gruppo. Mi è sembrato un interessante esempio di come la musica folk si fosse ispirata al repertorio colto, che si era a sua volta ispirato ad essa. Durante il concerto ho quindi proposto il puntuale confronto dell¶esecuzione di ciascuna danza nella versione folk e nella versione pianistica, prima di rieseguirne il ciclo senza soluzione di continuità. Il concerto Il nostro Satie - Suonato, interpretato e raccontato ha visto protagonisti i brani del compositore francese per pianoforte a quattro mani Morceaux en forme de poire e En habit de cheval, contrappuntati da letture di testi del compositore, digressioni sulla figura del flâneur, esecuzioni di fughe (con esemplificazione degli elementi costitutivi riportate su un cartellone colorato) e corali di Bach, riflessioni ad alta voce sulle scelte interpretative. Anche in questo caso il feedback in itinere è stato positivo, nonostante il repertorio proposto non fosse di immediato coinvolgimento. Vorrei però raccontare un inaspettato sviluppo di questa operazione divulgativa. Il mio libraio di fiducia (vivo in un piccolo centro della provincia barese) mi ha riferito di aver ricevuto l¶ordine di acquisto di ben tre copie del testo di Erik Satie I quaderni di un mammifero13 nel periodo immediatamente successivo al concerto. Voglio illudermi di aver aiutato, almeno un po¶, il caso, la coincidenza, la fatalità. Divulgare e sedurre: altre riflessioni Frammentare e ricomporre. Nei materiali video presi in considerazione precedentemente vi è un avvicendarsi di frammenti (di musiche, di discorsi, di immagini) che rendono la visione avvincente e adeguata agli attuali tempi attentivi, che si attestano mediamente sulla durata di uno spot o di un videoclip. Il loro obiettivo è quello di offrire delle panoramiche su argomenti di grande respiro culturale e semantico. Essi fanno riferimento ad una unitarietà di contenuti, esplorando gli spazi intorno alle opere come pretesto per riflessioni, considerazioni. Le interviste, gli interventi sono sapientemente proposti rispettando unitarietà concettuali ed evitando le lunghe prolusioni: i frammenti si intercalano reciprocamente in un montaggio dal grande fascino comunicativo. Nel concerto, la frammentazione a fini divulgativi, spesso temuta come responsabile di forme di snaturamento dell¶unitarietà, può contribuire alla ricomposizione della totalità, suggerendo tappe che facilitino la gestione di un processo complesso come quello della fruizione dell¶opera musicale, liquidato distrattamente come troppo fati13
ERIK SATIE, Quaderni di un mammifero, Milano, Adelphi edizioni, 1980.
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coso quando non preparato, prefigurato nei suoi meravigliosi, ineffabili, spesso insidiosi traguardi. I rapporti tra i vari frammenti possono essere di complementarietà, di contrasto, di conferma ma anche di giustapposizione, lasciando che sia il fruitore a creare relazioni e rapporti. Del resto la conoscenza non procede solo per successive stratificazioni ma anche per salti gestaltici: l¶obiettivo finale rimane comunque quello di favorire l¶ascolto integrale, continuo e partecipato dell¶opera musicale. Proporre esempi della relazione tra testo musicale e interpretazione. L¶opera musicale vive nel presente grazie alla mediazione dell¶esecutore che la interpreta, proponendone una versione, per quanto aderente al testo originario, personale, che si nutre di contributi di carattere culturale, cognitivo, tecnico, emotivo: far conoscere questo processo elaborativo penso costituisca un passaggio prezioso per la sua comprensione. L¶interprete che racconta la storia delle proprie scelte, proponendo esempi delle alternative che ha preso in considerazione e motivando il percorso che ha privilegiato, offre ai propri interlocutori una concreta chiave di accesso ad una fruizione più consapevole. Generi in genere. Il riferimento a generi musicali vicini al vissuto del pubblico può costituire un ponte sul quale far transitare in maniera più scorrevole il traffico di informazioni, suggestioni, incantamenti. In Chopin-documentario, oltre ai già citati esempi di musica folk, vi sono alcune immagini di un gruppo di musicisti di strada che esegue una bella versione del blues Sweet home Chicago; nelle trasmissioni di Berio riecheggiano con disinvoltura canzoni dei Beatles, di Orietta Berti e di Caterina Caselli; come già detto, nel mio concerto Est! Est!! Est!!! ho proposto una personale versione blues di un tema delle Danze bulgare di Bartok per evidenziarne il carattere modale e l¶importanza dell¶armonizzazione. Raccontare le storie del presente per rivelare la Storia del passato. Come già affermato, interrogare l¶opera nella sua presenza viva, attuale, porta inevitabilmente a volerne scoprire la genesi, la crescita, le trasformazioni nel tempo come elementi ineludibili per la sua conoscenza. Esempio efficace in questo senso è la settima trasmissione del ciclo C¶è musica & musica, dedicata alla Terza Sinfonia di Beethoven, che esordisce con le dichiarazioni di anonimi studenti americani sul valore che ha per loro la musica del compositore tedesco, seguite dalle riprese della prova d¶orchestra, aperta al pubblico, nella quale il direttore (Luciano Berio) confronta dapprima le diverse e successive stesure di alcune battute confrontandole con la versione definitiva. Il filmato contrappunta il materiale musicale con la lettura di stralci del carteggio tra Beethoven e il suo editore, con dichiarazioni del pubblico, degli orchestrali e di compositori contemporanei sul loro rapporto con la musica di Beethoven, e con le immancabili frecciatine ironiche della marionetta-Berio.
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AUGUSTA DALL¶ARCHE
Concerto e divulgazione? Sì, anche Immagino il concerto divulgativo come un¶occasione nella quale la dimensione estetica si incontri, in un tempo comune, con un¶ermeneutica esplicita e condivisa, affinché, in tempo reale e non a posteriori, si sommino i contributi ermeneutici di tutte le umanità che abitano e fanno vivere l¶opera musicale. Roland Barthes, nel già citato Miti d¶oggi, suggerisce: «è questo che dobbiamo cercare: una riconciliazione del reale e degli uomini, della descrizione e della spiegazione, dell¶oggetto e del sapere».14
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BARTHES, Miti d¶oggi cit., p. 238.
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Luigi Izzo AMEDEO VELLA: UNA VITA PER LA BANDA Amedeo Vella* Una curiosa sorte accomuna alcuni compositori, più o meno celebri: passare al ricordo dei posteri per un¶opera in particolare, a dispetto di una produzione copiosa ed eterogenea. Samuel Barber è noto al grande pubblico per il celebre Adagio per archi, ma quasi ignorato quale autore del Concerto per violino o per un melodramma denso e poliedrico quale Vanessa. Similmente, Sir Edward Elgar resta l¶acclamato autore di Pomp and Circumstance, ma meno noto per le splendide Enigma Variations. Tale sorte musicale, in ambito bandistico, è condivisa da Amedeo Vella, musicista prolifico e autore di numerose pagine strumentali e bandistiche, ma curiosamente, oggi ricordato soltanto per essere l¶autore della marcia funebre: Una lagrima sulla tomba di mia madre. Amedeo Patrizio Vella1 nacque a Naro, in provincia di Agrigento, il 28 agosto del 1839, da Calogero Vella, musicante e da Giuseppa Pacinella, donna di casa. Famiglia di musicisti di origini maltese, tra i cui bisogna ricordare il compositore Giuseppe Vella e Alfonso Vella, fratello di Amedeo, nominato a seguito di concorso ³OD tromba d¶,WDOLD´ Da un registro di cittadinanza di metà Ottocento, del Comune di Naro, si rileva che la famiglia Vella era composta da Don Calogero (capofamiglia), di professione musicante, Donna Giustina (figlia), di professione cucitrice, Don Amodeo Patrizio (figlio) di professione musicante militare, Don Alfonso (figlio) di professione musicante militare, mentre risulta deceduta il 17 luglio 1850 all¶età di quarant¶anni anni la signora Giuseppa Pacinella, moglie di Don Calogero. Le informazioni sugli studi iniziali di Amedeo sono alquanto scarse. Quasi sicuramente, dopo aver appreso i primi rudimenti musicali in famiglia fu inviato a studiare presso qualche istituto musicale ove acquisì elementi di armonia, di contrappunto, di composizione e di strumentazione, accumulando nel frattempo svariate esperienze musicali e coltivando sin da subito la sua passione di direttore di banda e di compositore. Tra il 1860 e il 1866 prestò servizio militare come capomusica di banda militare nel 54° Reggimento fanteria e partecipò alle campagne di guerra del 1860 e del 1866, durante le quali ottenne due medaglie al valore. Al ritorno dal fronte di guerra, intorno al 1870, iniziò la sua carriera di maestro di strumenti a fiato presso l¶Orfanotrofio provinciale e istituto agrario di Monteleone Calabro (l¶attuale Vibo Valentia) e pochi anni dopo, ottenne il posto di maestro della banda dell¶Istituto, affiancando l¶altro direttore e compositore Francesco Cappa. Nel 1876, all¶età di anni trentasette, sposò una giovinetta del luogo, tale Nazzarena Pulerà, più gio* Ringrazio il Prof. Gero Cangemi di Naro e il Sig. Calogero Chianta Vella (pronipote del maestro Vella), per le informazioni fornitemi. 1 Cfr. MARINO ANESA, Dizionario della musica italiana per banda. Biografie dei compositori e catalogo delle opere dal 1800 al 1945, Bergamo, Marino Anesa, 1993, p. 413; Album ricordo dei maestri di musica, Portici, edizioni musicali Florio, 1955, p. 9.
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vane di lui di oltre venti anni, dalla cui ebbe cinque figli: Gesualdo, Calogero, Giuseppina, Matilde e Irene. Amedeo Vella rimase a Monteleone fino al maggio del 1884, quando per motivi a noi sconosciuti presentò all¶Istituto le sue dimissioni e ritornò a Naro, suo paese natale, dove poi per circa un decennio fu direttore della banda municipale, portandola (anche con l¶aiuto del fratello Alfonso) in breve tempo a diventare tra le migliori bande musicali della Sicilia e del sud Italia. Tra la fine del 1895 e l¶inizio del 1896, a seguito d¶incomprensioni con l¶amministrazione comunale e con alcuni componenti della banda musicale, lasciò Naro, e tornatosene nuovamente a Monteleone, riprese il suo precedente incarico di maestro della banda musicale dell¶Orfanotrofio, incarico che mantenne poi fino al 1923. Nel febbraio del 1922, all¶età di ottantatré anni, a causa delle precarie condizioni di salute e colpito profondamente dalla perdita della moglie, inoltra alla direzione dell¶Orfanotrofio l¶istanza per essere collocato a riposo, ma nello stesso momento fu invitato a mantenere l¶incarico fino all¶espletamento del concorso per la nomina del nuovo direttore della banda. Collocato a riposo ufficialmente dal 1° maggio 1923, si era trasferito a casa di una figlia a Campagnolo Romano ma, ritornatosene ben presto a Monteleone, vi morì pochissimi giorni dopo, era il 5 luglio dello stesso anno. Durante i solenni funerali, fu accompagnato al cimitero sulle note delle sue marce funebri, eseguite dalla stessa banda dell¶Orfanotrofio. L¶opera L¶attività artistica di Amedeo Vella si sviluppa in un momento di particolari fermenti politico-sociali che si ripercuotono inevitabilmente anche nel campo musicale. L¶affermarsi della borghesia e la crisi del ³SDWURQDWR´ cambiano sostanzialmente il panorama musicale, aprendo nuove vie in ambito teatrale e, conseguentemente, nel repertorio bandistico. Il musicista va man mano sempre di più acquistando una dignità nuova, diversa, prendendo coscienza dell¶essere diventato un ³OLEHUR DUWLVWD´ Dal punto di vista politico, il Regno delle Due Sicilie sta affrontando anni difficili, attraverso i vari moti rivoluzionari e le tre guerre d¶indipendenza porteranno nel 1861 alla tanto agognata Unità d¶Italia. Raggiunta l¶unificazione però, il paese dovette riorganizzarsi e riprendersi dalla difficile situazione economico-sociale- politica in cui versava da molto tempo. È questa una precisazione da sottolineare, perché tale situazione e tali difficoltà non potevano non ripercuotersi negli animi e nella mente di ognuno e maggiormente nell¶animo di uno spirito così ideologicamente convinto sul piano politico. A riprova delle convinzioni politiche del Vella, sarà bene ricordare che nel 1900, in occasione dei funerali del Re Umberto I di Savoia scrisse una marcia funebre dal titolo Il Pianto d¶Italia e della quale una copia manoscritta inviò in omaggio alla corte reale. Invece, in occasione dello scampato attentato al Re Vittorio Emanuele III, avvenuto il 14 marzo 1912, offrì allo stesso monarca una marcia militare. A fine Ottocento aderì entusiasticamente alla riforma bandistica propinata da Alessandro Vessella, allora direttore della banda municipale di Roma, nella quale si proponeva il rinnovamento organologico degli strumenti e dei contenuti bandistici, muovendosi verso 42
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una affermazione sinfonica della stessa. Di carattere deciso, forte, a volte scontroso, sicuro delle proprie idee artistiche e musicali, portò le bande da lui dirette sempre a un alto livello di preparazione, distinguendosi sempre per le ottime esecuzioni e per la varietà dei programmi eseguiti. Sotto la sua guida si formarono numerose schiere di musicisti, che in seguito trovarono lavoro presso bande civiche e reggimentali e, malgrado qualche normale e comprensibile alterco avuto con i propri superiori, da questi fu sempre lodato e apprezzato per le sue non comuni doti artistiche e umane. Diresse per molti anni (circa 45) la banda dell¶Orfanotrofio di Monteleone Calabro (oggi Vibo Valentia) e in città, come in tutto il circondario, lui e la sua banda erano diventati un punto di riferimento in occasione di feste religiose e civili, sia di funerali. A tal proposito, va ricordata la sua marcia funebre Una lagrima sulla tomba di mia madre (in seguito pubblicata dalla casa musicale Pucci di Portici), rimasta impressa nel cuore e nella mente di tutti i cittadini vibonesi. La scrittrice Maria Meli così ricorda le funzioni che si tengono a Vibo Valentia per la settimana santa: «Il pezzo principale eseguito dalla Banda era una marcia funebre dal titolo Lacrime sulla tomba di mia madre composta dal Maestro Amedeo Vella che, per quasi un cinquantennio, diresse la Colonia Corrigendi dell¶Orfanotrofio di Vibo Valentia».2 Vella, in qualità di compositore, si cimentò in vari generi musicali: marce (funebri, militari), opere didattiche (metodo per flauto e ottavino in Do; metodo per trombone e bombardino), riduzioni per banda di opere teatrali (concerto per trombone sul Rigoletto di Verdi; Atto terzo della Traviata di Verdi per banda; Fantasia per trombone sui motivi dell¶opera Lucrezia Borgia di Donizetti, ecc.), musica sacra (Messa di Gloria; Tantum ergo; Lux eterna; Libera scriptus; Requiem; Libera me domine e altre). Un¶altra fonte di guadagno per Vella furono, probabilmente, le commissioni sacre; compose, infatti, su commissione, moltissima musica sacra e che spesso egli stesso accompagnava all¶organo. Infatti, risulta che l¶artista oltre alla conoscenza organologica di tutti gli strumenti musicali della banda conosceva molto bene anche l¶organo. Sappiamo per certo che intrattenne rapporti di amicizia con molti artisti (poeti, cantanti, musicisti, pittori, ecc.) tra cui Olindo Guerrini, uno dei grandi poeti della scapigliatura milanese e con il tenore Enrico Caruso, che il Vella fece cantare a Nicotera (piccola cittadina nei dintorni di Vibo Valentia), in occasione del matrimonio di un nobile del luogo e in altre occasioni. Si parla anche di una sua presunta amicizia con Giuseppe Verdi, seppur attestata soltanto da fonti orali. Una nota di colore ci narra che Amedeo Vella collaborò con Giuseppe Verdi all¶epoca della composizione dell¶opera Un ballo in maschera (1859). A seguito di alcuni problemi alla vista, Verdi fu aiutato proprio dal giovane Amedeo, a cui avrebbe dettato dei passi dell¶opera e che prontamente avrebbe trasferito sulla carta. In qualche misura, è possibile dar credito alla veridicità di queste parole, poiché durante la composizione dell¶opera il maestro Verdi si trovava a Napoli e da poco aveva subìto un intervento agli occhi. Tutto questo ci porta anche a pensare che il giovane
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MARIA MELI, Canti e feste del vibonese, Vibo Valentia, Graficam, 1992, p. 80. 43
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Vella in quel periodo si trovasse a Napoli quale allievo presso uno dei conservatori napoletani. La produzione Tra la numerosa produzione musicale di Amedeo Vella, segnaliamo: La Tradita (mazurka) Elvira (mazurka) La brontolona (mazurka) Il Pastiglione (polka) Piccolo divertimento per ottavino e banda Piccolo divertimento per quartino in mi bemolle e banda Valzer delle cicale La biondina (polka) Scherzo fantastico per cornetta o flicorno soprano e banda Prestissimo (galop) per la musica sacra: Messa di Gloria Requiem Dies Ire Novena Tantum ergo Qui tollis Pange lingua Libera me Domine Il compositore, durante la sua lunga carriera, si occupò anche di problemi tecnici e di didattica, compilando metodi per lo studio degli strumenti a fiato, in cui sicuramente profuse tutta lœesperienza maturata in tanti anni di attività come direttore di banda e insegnante di strumenti a fiato. Fra i principali, ricordiamo: Metodo per trombone e bombardino Metodo per flauto e ottavino Ventiquattro studi per flauto
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Un¶altra parte importante della produzione musicale di Vella è rappresentata dalle trascrizioni e strumentazione per banda di brani operistici e sinfonici. La Traviata di Giuseppe Verdi (Atto 3°) Il Lamento del Bardo di Saverio Mercadante (Sinfonia) La forza del destino di Giuseppe Verdi (Sinfonia) Giovanna d¶Arco di Giuseppe Verdi (Sinfonia) Guarany di Carlos Gomes (Sinfonia) La bella Italia di Francesco Gemme (Sinfonia) La Schiava Saracena di Saverio Mercadante (Sinfonia) Fantasia per trombone su motivi dell¶opera Lucrezia Borgia di Gaetano Donizetti La produzione musicale più ragguardevole di Vella sono le marce. In queste composizioni culmina veramente tutta l¶arte bandistica del compositore siciliano, che si dedicò sia alle marce funebri che a quelle militari. Tra le marce militari ricordiamo: Per sfilare in parata Marcia militare n. 42 Catania Alessandria Venezia Vittorio Emanuele III Perugia La Vibonese Passeggiata militare e tra quelle funebri: Una lagrima sulla tomba di mia madre Pensiero lugubre Odissea crudele Ricordi funesti Pianto e dolore Il pianto d¶Italia
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Una lagrima sulla tomba di mia madre Questa marcia, inspiegabilmente, resta a tuttœoggi il brano piÚ eseguito nellœItalia del Mezzogiorno, nella particolare occasione dei riti della settimana Santa.3 Una circostanza ancor piÚ surreale, se si considera che la marcia non rappresenta unœopera della piena maturità artistica del musicista, ma di un componimento giovanile, essendo stata scritta allœetà di undici anni, quasi di getto, a seguito della morte della madre. Il brano del giovane Vella finisce per diventare rapidamente un successo, mettendo in OXFH OH JLj SUHFRFL TXDOLWj FRPSRVLWLYH ,Q 6LFLOLD OD PDUFLD q ULFRUGDWD FRPH ³$ 9HlOD´ TXDOH FRQVHJXHQ]D GHOOD WUDGL]LRQDOH GHQRPLQD]LRQH GL XQD PDUcia con il nome e cognome dellœDXWRUH OD ³$´ SXQWDWD QHOOD WUDGL]LRQH VLFLOLDQD YLHQH DGGLULWWXUD RPHVVD FRQWUDHQGR LO QRPH FRQ OD VHPSOLFH ³$´ 4 Dalla iniziale fortuna in Sicilia, dove la marcia funebre era utilizzata in occasione di funerali pubblici e privati, solo in seguito fu adottata ed eseguita in tutta la regione, fino ad estendersi a macchia dœolio per tutto il Mezzogiorno, quale tradizionale musica che accompagna la processione dei Misteri del VenerdÏ Santo. Va inoltre ricordato come la fortuna di questa composizione musicale sia legata anche allœinserimento in due colossi della cinematografia nostrana: i film Pane, amore e... (1955) di Dino Risi e Amarcord (1973) di Federico Fellini.5 Ben altre opere strumentali ed innumerevoli pagine bandistiche di Vella, tuttavia, finirono per cadere nellœanonimato, sepolte dalla polvere dellœoblio.
Figura 1: Amedeo Vella, Una lagrima sulla tomba di mia madre, Portici, Casa musicale Pucci, 1949.
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<https://it.wikipedia.org/wiki/Amedeo_Vella - cite_note-vella-1> (ultima consultazione 31 ottobre 2016). Ibidem. 5 Ibidem. 4
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Vella compose Una lagrima sulla tomba di mia madre nel 1850, esattamente in un contesto storico che vede lœintenso fiorire di attività bandistiche, in particolare al Sud. In questo periodo si cercò di produrre un tipo di repertorio che non perdesse quel tanto amato lirismo melodico piÚ colto e che allo stesso tempo continuasse ad essere vicino al tradizionale modo di percepire la musica da parte del popolo. In questo periodo sarebbero state concepite molte delle piÚ interessanti marce sinfoniche che, quanto a struttura formale ed intenti, possono considerarsi a tutti gli effetti quali figlie legittime della sonata classica, conservandone la forma tripartita e il tipico bitematismo. Naturalmente non tutte le marce seguono questo schema, come nel caso di questa composizione, dalla struttura piÚ semplice e lineare, ma che comunque conserva una forma codificata e chiara: una introduzione, un corpus FHQWUDOH PDFUR VH]LRQL $´ H ³%´ H XQD FRGD FRQFOXVLYD Anche il linguaggio e lœestetica di Vella rimane fedele al romanticismo, talora stringendo lœocchiolino ad echi operistici e un certo lirismo belcantistico, figlio della tradizione del melodramma imperante in Italia a metà secolo XIX. NÊ deve sorprendere questo voluto richiamo a pagine della letteratura operistica coeva, se si considera che, storicamente, la marcia ¹ in particolare quella sinfonica ¹ rappresentava una forma strumentale trasfigurante i capolavori del belcantismo nostrano, dove i virtuosismi dei clarinetti nei passaggi dei soli e i controcanti degli strumenti baritonali portano alla mente le arie delle opere che il popolo tanto amava, sorrette dalle armonie corni e flicorni contralti, e dal pedale dei bassi oltre che gli accordi, spesso di terza, di strumenti intermedi (II clarinetti, sax contralti). Da un punto di vista eminentemente armonico, la sintassi e le scelte dei campi accordali rivelano una lineare semplicità di intenti ed organicità dei mezzi impiegati. In questo giudizio va tenuto in giusto conto che trattasi di una composizione giovanile, e certamente il ricorso a strutturazioni armoniche lineari va inquadrato nellœottica della giovane età : le armonie sono organizzate con chiari movimenti cadenzali al basso, spesso sui gradi fondamentali, percorrendo in modo lineare lœarea della tonica, sottodominante e dominante, su canonici moti cadenzali (I ¹ IV ¹ V- I) a) lœintroduzione lœIntroduzione (battute 1-14) ci conduce, da subito, in un clima di attesa e di lugubri sonorità accordali. Lœincipit è un canto mesto che sinuosamente si snoda nel registro grave. Un elemento ritmico in terzine, lievemente staccate, è affidato a flicorni e saxofoni, che nel registro grave risuonano oscuri e severi. DœLPSURYYLVR LO IUDJRUH GHO ³WXWWL´ EDWWXWD 8QD VRQWXRVD JUDQLWLFD VHTXHQ]D accordale scandita in fortissimo, con aggregati armonici gravitanti fra lœaccordo di sesta alterata tedesca e la sua risoluzione, ancor tesa e sospesa, sulla dominante, a mezzo di un pedale acuto di sedicesimi ribattuti, affidati a flauti e clarinetti, esempio 1:
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Una sintesi armonica di queste battute introduttive ci informa, inoltre, della sostanziale volontĂ di polarizzare lÂśordito armonico su area dominantica, esempio 2:
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da cui, considerando lœDFFRUGR GL VHVWD DXPHQWDWD ³WHGHVFD´ TXDOH PHUR DFFRUGR GL volta rispetto alla triade di dominante, si può ulteriormente riassumere a livello piÚ profondo lœintelaiatura armonica, rivelante il dispiego lineare delle tre funzioni armoniche fondamentali: T, SD, D, esempio 3:
Chiavi di lettura di questa prima sezione introduttiva diventano, pertanto, il progressivo incremento tensivo dœinsieme e la creazione di una atmosfera generale elusiva ed instabile, quasi sospesa nel vuoto, unitamente alla sinuosità ritmica delle figurazioni in andamento grave (utilizzata quale elemento di raccordo nella sezione finale della marcia). Lœinsistenza dellœDFFRUGR GL VHVWD HFFHGHQWH ³WHGHVFR´ FRQ LQWHUYDOOL GL terza maggiore, quinta giusta e caratteristica sesta aumentata rispetto al basso: 356#) con la sua risoluzione sulla dominante, senza questœultima naturalmente ricada sulla tonica, finisce per creare un clima elusivo e di attesa. Vella usa il caratteristico accordo di sesta aumentata (battute 5-6 e segg.), facendolo risolvere sulla dominante, anzichÊ sulla triade di tonica in secondo rivolto (I46): riVROX]LRQH FKH SURGXFH OH FRVLGGHWWH ³TXLQWe di 0R]DUW´ 0LE - 6LE ĺ /D- Re), ovvero due quinte che si producono fra le parti che si muovono, per moto retto, a distanza di un semitono, esempio 4:
E /D VH]LRQH ³$´ Lœintroduzione lascia spazio ad unœDPSLD PDFURVH]LRQH WULSDUWLWD ³$´ RUJDQL]]DWD al suo interno in tre periodi:
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VH]LRQH ³$´ a, b, a¶) periodo misure a battute 15-22 b battute 23-31 a¶ battute 32-38
caratterizzazione WHPD ³FURPDWLFR´ DO JUDYH tutti; blocchi accordali Ripresa del tema cromatico, affidato all¶acuto; giochi di risposte tematiche con imitazioni
Il primo periodo, linearmente pensato in otto battute, è ritornellato e caratterizzato da una melodia cromatica. Il tema viene enunciato, una prima volta (battute 15-22), da flicorni e saxofoni in pianissimo e in oscuro registro grave. La figurazione melodica si declina in successioni di cromatismi ascendenti e discendenti: quasi un pianto lamentoso, ancorché sommesso e interiorizzato, mentre la scarna punteggiatura al basso tocca i gradi fondamentali che risuonano, scarni, come un lugubre hoquetus, esempio 5: Periodo a) (8 batt.): I - IV - I - V - I - IV - V- I
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Una mesta cellula ritmica di corni e tromboni, col suo passo cadenzato, sembra quasi ricondurre alla materialità unœatmosfera altrimenti sospesa e sfuggente. Il successivo periodo b) (battute 23- DIILGDWR DO ³WXWWL´ q VLPLOPHQWH LQWULVR GL tragica, enfatica gestualità . Particolarmente efficace appare la costruzione armonica su un accordo dolente di settima diminuita, attaccato in fortissimo dal tutti (topos canonico, quello della settima diminuita, cui convenzionalmente si associa lœidea del tragico e della tensione cupa) che si ¾VFLRJOLH´ SURJUHVVLYDPHQWH VXOOœaccordo di tonica (battute 23-25), esempi 6-7:
ovvero
Lo stesso tema cromatico (aÂś), dopo questa breve transizione, viene riproposto nella tessitura piĂš luminosa ed acuta (battute 31-38), a moÂś di vera e propria ripresa, questa volta affidato allÂśacuto (sezione di flauti e clarinetti). Ad arricchire la sezione contribuisce un gioco imitativo tra sezioni strumentali differenti, esempio 8: 51
AMEDEO VELLA: UNA VITA PER LA BANDA
Si noti come una caratteristica principale della marcia di Vella sia il frequente susseguirsi ed alternarsi delle classi di strumento, affidando il tema prima al grave, poi all¶acuto, al fine di sfruttare al meglio accostamenti e timbriche eterogenee. F OD VH]LRQH ³%´ LQ maggiore) Il grigio canto di morte, nella nuova sezione della marcia (battuta 39 e segg.), sembra volersi aprire ad un messaggio di speranza: una melodia cantabile, tenera, si snoda sommessa, al grave; pervade l¶animo per il suo messaggio di calma rassegnata. Tematicamente è desunta dalla figurazione delle terzine iniziali, ma ora assume una nuova connotazione. Il clima cupo e luttuoso dell¶introduzione è lontano, trasfigurato in innocente dolcezza. Il dramma appare lontano, per un attimo ogni inquietudine rimossa. Prevale, piuttosto, un sentimento di rassegnazione e di abbandono, l¶idea rasserenata del riposo eterno, esempio 9:
Il tema al grave, nella tonalità di sol maggiore, appare come un roseo colore di speranza dopo il grigiore lineare della prima parte; la quiete è finalmente sopraggiunta, a OHQLUH TXHOOD ³ODJULPD´ H LO GRORUH GHOOD SHUGLWD
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d) La coda 6ROR DOOD ILQH TXDVL D VSD]]DU YLD TXHVWR HIILPHUR PRPHQWR GL ³RDVL OLULFD´ WRUQD D stagliarsi, tenebrosa e implacabile, lœombra ritmico-motivica del tema portante in minore, col quale, a guisa di coda solenne, conclude la marcia funebre. La coda si estende nelle ultime sette misure, con figurazioni di sedicesimi ascendenti cromaticamente che riportano, quasi brutalmente, al senso pieno del dramma e di inquietudine iniziale. BenchÊ nella semplicità dei mezzi dispiegati, la marcia di Vella rivela in nuce le potenzialità tecnico-espressive del compositore, la solida struttura da cui si propagano frammenti di poetiche illuminazioni, in cui si concentra come unœimmagine fissa lœemozione espressiva. In questa apparente semplicità di mezzi si intravede una fede accolta con equilibrio e grande sensibilità del musicista agrigentino. La trascendenza appare qui nella sua veste piÚ terrena, piÚ umana. I frequenti richiami tematico-intervallari (il tema in terzine dellœincipit che ritorna nella sezione in maggiore; i procedimenti cromatici discendenti e la struttura tripartita con la ripresa del tema principale) fra le varie sezioni della marcia, contribuiscono a conferire unità ed equilibrio al componimento. A livello espressivo, poi, le atmosfere livide e angoscianti, lœoasi centrale di un effimero e quasi trasognato lirismo, gli improvvisi scoppi di violenza sonora del finale, rendono convincente e sentito ogni passaggio di questo celebre brano bandistico. Conclusioni Nel riportare in auge la vicenda umana e artistica di Amedeo Vella, ci siamo imbattuti in un personaggio di spessore nel panorama artistico relativo alla composizione originale per banda. Artista intraprendente sia sul piano musicale che in quello sociale, Vella prese parte attivamente alle maggiori novità offerte dal panorama artistico dellœepoca. Educato in una atmosfera romantica, non disprezzò mai altri e nuovi modelli musicali che si affacciavano allœorizzonte del primo Novecento. Sul piano sociale, non mancò di partecipare attivamente alla causa risorgimentale e allœunità del Paese. E, anche, se a causa delle ristrettezze economiche nelle quali versava la famiglia, fu costretto a privilegiare la direzione di una banda e la composizione di brani dal sicuro e facile guadagno, possiamo affermare con un pizzico di presunzione, che egli avrebbe potuto dedicarsi tranquillamente alla composizione di opere teatrali e al sinfonismo del tempo riscuotendo, forse, maggiore successo. Va da sÊ, però che resta ancora oggi uno degli autori privilegiato di musica per banda, in particolar modo per la sua Una lagrima sulla tomba di mia madre.
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Figura 2: Amedeo Vella (Album ricordo dei maestri di musica, Portici, edizioni musicali Florio, 1955, p. 9).
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Figura 3: Atto di nascita di Amedeo Vella (Anagrafe del Comune di Naro).
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TESI
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Marina Cotrufo MUSICA E SPETTACOLO LUNGO IL MIGLIO D¶ORO TRA SETTE E OTTOCENTO Con il termine Miglio d¶Oro si intende il tratto dell¶antica Strada Regia della Torre Ottava o Strada Regia delle Calabrie che congiungeva Villa de Bisogno, sull¶attuale Corso Resina di Ercolano, a Torre del Greco e fu così denominato per l¶eccezionale concentrazione di ville e manufatti architettonici di elevatissimo pregio. Le Ville Vesuviane conobbero, durante il XVIII secolo, un periodo di grande splendore. Era il 1738 quando la regina Maria Amalia di Sassonia, avendo sposato Carlo di Borbone ± da quattro anni sul trono di Napoli ± indusse suo marito a scegliere Portici per la costruzione di una Villa Reale nonché per dare inizio agli scavi di Ercolano, ai quali seguirono, dieci anni più tardi, quelli di Pompei. Da quel momento tutti i nobili napoletani decisero di seguire l¶esempio lanciato dalla corte dei Borbone facendo costruire lungo la zona costiera ai piedi del Vesuvio le loro ville per il soggiorno estivo. Lungo questo µasse ideale¶ che collega il Vulcano al mare, ribattezzato Miglio d¶oro, prese vita un patrimonio storico e architettonico senza precedenti, espressione di uno dei periodi più fiorenti vissuti dalla società napoletana. La ben nota sensibilità dell¶aristocrazia napoletana verso ogni forma di spettacolarità artistica, musicale e teatrale è ad oggi ancora evanescente e inarrivabile a causa dell¶inesistenza di testimonianze cartacee e archivistiche. Quanto più si cerca di affondare nei tessuti storici, tanto più vi si prospetta un mosaico che con i sondaggi va componendosi frammentariamente. L¶attenzione che va posta quindi verte a far riemergere una parte della storia che recupera eventi e manifestazioni che rispecchiavano la vita sociale del tempo. È chiaro che detti intrattenimenti si svolgevano nelle più svariate occasioni, ma domestici od ufficiali che fossero erano all¶insegna di un cerimoniale aristocratico. Allargando il raggio di indagine alle più disparate fonti si osserva la complessità della storia spettacolare. Gli interventi sonori e musicali invadevano i palazzi soddisfacendo pratiche mondane e religiose ± ogni palazzo era dotato di una cappella privata, presso cui si svolgevano le spettacolarizzazioni liturgiche ± che accompagnavano la quotidianità dei signori durante i loro soggiorni nelle ville. Il bisogno di ostentare ogni singolo gesto di rappresentanza giustificava le numerose richieste di permesso dei signori presso le sovrintendenze, per poter ospitare nelle loro ville le compagnìe teatrali del momento allo scopo di inscenare opere, drammi per musica, commedeje pe musica o opere letterarie. Il censimento dei documenti superstiti dell¶epoca ha costituito il bacino da cui è stato reperito il materiale testuale. L¶abbondanza dei materiali emersi nella ricerca, tutti inediti, conferisce una nuova sponda di approdo ad un contesto storico mai esplorato in questo senso. La magnificenza di quel periodo, e le attività da esso deri57
MUSICA E SPETTACOLO LUNGO IL MIGLIO D¶ORO TRA SETTE E OTTOCENTO
vate, si rivelano interessantissimi spunti di ricerca musicologica che andrebbero ad arricchire una letteratura inesplorata; bisogna però tener conto che le difficoltà maggiori sono rappresentate da una scarsissima bibliografia, ed il faticoso inseguimento di una documentazione rara e dispersa nelle tante istituzioni campane. L¶Archivio di Stato di Napoli1 ha rappresentato la tappa più articolata di tutte. L¶immenso patrimonio cartaceo di cui dispone l¶Archivio offre molte opportunità e strategie di ricerca a seconda degli obiettivi e dei risultati che si vogliono ottenere. Nel mio caso specifico, il campo di azione permetteva ben poco movimento tra le fonti cui attingere, per cui è stato necessario concentrarsi innanzitutto sul periodo in esame e su quanto prodotto dalla storia stessa sotto forma di testimonianza cartacea. Del Settecento resta ben poco, per via dei terremoti, delle eruzioni, e di quanto altro abbia contribuito a disperdere preziosissimi tasselli che avrebbero potuto ricostruire uno scorcio di storia ancora così sconosciuto alla musicologia moderna. Nonostante tutto, però, il percorso archivistico (articolato e a tratti tenebroso) ha rivelato qualche flebile traccia di ciò che narra tutta la letteratura consultata: la musica nelle ville private. La mappa del Duca di Noja (1750) Le Ville Vesuviane, edifici disegnati e realizzati da grandi architetti come Vanvitelli, Sanfelice, Fuga e Vaccaro, presentano caratteristiche ricorrenti: gusto scenografico, uso sapiente di effetti ottici e mescolanza di ordini architettonici. All¶interno dei palazzi le fughe prospettiche dei colonnati e i ritratti dell¶ambiente circostante venivano dipinti secondo l¶intento di farsi trasportare completamente dal contatto con la natura. All¶esterno il percorso dei viali, in asse con le ville, sembra essere stato suggerito dal lieve discendere del suolo verso le spiagge e la disposizione degli alberi pare pensata affinché, sopra le verdi discese, si potesse scorgere da un lato il Vesuvio, dall¶altro l¶azzurro del mare. La bellezza di queste atmosfere era tale da spingere chi le viveva a dimenticare le minacce incontrollabili del Vulcano e a godere momenti di felice e spensierato riposo, così come raccontano le cronache del tempo. Il declino dell¶area del Miglio d¶Oro, iniziato nel corso dell¶800 a causa di vari fenomeni legati allo sviluppo aziendale e proseguito nel secolo scorso con la speculazione edilizia successiva alla seconda guerra mondiale, ha provocato la progressiva rovina del patrimonio delle Ville Vesuviane. Centodieci anni dopo la caduta del Regno delle Due Sicilie, con la legge del 29 luglio 1971, n. 578, il complesso delle ville è stato riconosciuto come Patrimonio Culturale della Repubblica Italiana e successivamente inserito nella Lista del Patrimonio dell¶Umanità dell¶UNESCO nell¶ambito del Parco Nazionale del Vesuvio. Oggi, centoventuno delle magnifiche residenze so1
A questo proposito ringrazio: la Dottoressa Imma Ascione, i Dottori Gaetano Damiano, Fausto De Mattia e quanti si sono resi disponibili a delucidazioni sui criteri di consultazione e richiesta delle fonti archivistiche. I Dottori Gaetano Damiano e Fausto De Mattia in particolare, in quanto hanno seguito i miei numerosi e difficili passaggi di ricerca attraverso le innumerevoli fonti; inoltre hanno contribuito ad aggiustare la mira delle mie indagini quando cominciavo a perdermi nei labirinti documentali, consigliandomi e talvolta anche ricercando insieme a me. Ringrazio la squisita cortesia, indispensabile soprattutto nelle giornate dagli sterili risultati.
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no sotto la tutela dell¶³(QWH SHU OH 9LOOH 9HVXYLDQH´ FKH VL SURSRQH GL UHFXSHUDUH H valorizzare questo immenso complesso artistico, storico e culturale per mezzo di interventi di restauro e strategie mirate a restituirne l¶antico splendore. La maggior parte di questi edifici figura nella cartografia del territorio di Napoli del tempo. La mappa fu commissionata dal Tribunale degli Eletti o di San Lorenzo a Giovanni Carafa, duca di Noja, nel 1750. Alla morte del duca, nel 1768, la direzione dell¶opera passò a Giovanni Pignatelli, principe di Monteroduni, che la portò a compimento nel 1775. La mappa, la più celebre opera topografica, è composta da 35 tavole in rame, oggi custodite al Museo di San Martino, incise da Giuseppe Aloja, Gaetano Cacace, Pietro Campana e Francesco Lamarra. Le dimensioni della carta, che raffigura un territorio che si estende tra Capodimonte, Bagnoli, Nisida e Portici, sono 5,016 metri di larghezza x 2,376 metri di altezza e la sua scala grafica è 1:3.808; il progetto della mappa segue criteri scientifici pienamente inseriti nello spirito riformista e illuminista del tempo. Essa costituisce un¶importante fonte iconografica per lo studio topografico ed urbanistico del territorio e per l¶analisi delle variazioni urbanistiche intervenute nella città di Napoli (e nei paesi limitrofi) durante il regno di Carlo di Borbone e di suo figlio Ferdinando IV. Questo documento fondamentale, consente, tra l¶altro, lo studio della genesi e della disposizione urbanistica originaria delle Ville Vesuviane del Miglio d¶Oro.
Figura 1: Mappa del Duca di Noja (1750), con la pianta della Real Villa, i suoi giardini e le circoscrizioni limitrofe dei conventi.
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Attraverso le fonti Per cominciare, i fondi dell¶Archivio di Stato di Napoli che raccolgono il materiale settecentesco per eccellenza erano: il fondo Segreteria di Casa Reale Antica, Segreteria di Stato di Casa Reale Antica, Fondo Teatri, gli Archivi Privati delle Casate (rinvenute attraverso lo studio della schedatura su descritta), compreso quello di Borbone. Infine la Maggiordomia. /D SULPD WDSSD LQ DVVROXWR q VWDWD TXHOOD GL YLVLRQDUH WXWWD OD ELEOLRJUDILD 2 GHSRVLWD WD SUHVVR OD )RQGD]LRQH (QWH 9LOOH 9HVXYLDQH LQ TXDQWR KD RIIHUWR XQD SDQRUDPLFD VXL SURSULHWDUL GHOO¶HSRFD HG XQ DPSLR UDJJLR GL GHVFUL]LRQH GHL IHQRPHQL YHVXYLDQL D SDUWLUH GDOOH YDULH HUX]LRQL H ILQHQGR FRQ L GHWWDJOL XUEDQL GHOOH FLUFRVFUL]LRQL WHUULWR ULDOL 3HU TXHVWLRQL GL IXQ]LRQDOLWj DOOD WHPDWLFD WUDWWDWD ULSRUWHUz VROR OH WHVWLPRQLDQ ]H ELEOLRJUDILFKH FKH KDQQR SURGRWWR LQGL]L H VSXQWL VWLPRODQGR L SDVVL VXFFHVVLYL GL LQGDJLQH /H IRQWL x
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2
Gentilmente prestatami dal Dottore Malafronte, a cui va il mio sentito ringraziamento. GIOVANNI ALAGI, San Giorgio a Cremano, vicende - luoghi. Con note biografiche e scritti inediti di Davide Palomba, a cura di Giovanni Coppola, San Giorgio a Cremano, ed. Parrocchia Santa Maria del Principio, 1984. 4 Pare che la Baronessa fosse molto malata e questo atto notarile probabilmente è stato stilato sul letto di morte. Si veda, ALAGI, San Giorgio a Cremano, vicende cit. 3
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%LEOLRWHFD 1D]LRQDOH GL 1DSROL «Monitore delle due Sicilie» 1811: - 13/3/1811: Avvisi giudiziari. Al 29/4 venturo ci sarà la 1a pubblicazione della vendita di un territorio con casetta rurale sito nella Torre del Grego, pignorato alli Signori Aniello Galluccio e Alessandro d¶Alessandro ad istanza de¶ Signori Michele e Raffaele Scotti. Domenico Pinto usciere. - 23/3/1811: Avvisi giudiziari. Vendita terreno con casa rurale di Torre del Greco a danno di Tommaso, Giuseppe, Giacomo e Domenicantonio a istanza della Sig. Agnese Brancaccio.
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Vuol dire ³sangiorgese´. Archivio Diocesano di Napoli, Santa visita, Luigi Ruffo Scilla, vol. V., f. 208 r. In ALAGI, San Giorgio a Cremano, vicende cit. 7 VITTORIO GLEIJESES-ANTONIO NIEGO, Ville e palazzi vesuviani, Napoli, Società Editrice Napoletana, 1980. 8 Antonio d¶Aquino di Caramanico. 9 Anche se molto malato era il Principe in carica ancora al 1/12/1760. 6
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- Altre vendite di mobili, terreni, e quanto altro in S. Giorgio a Cremano, Resina, Portici, ecc.
ÂŤMonitore napoletanoÂť 1806: nulla di pertinente. I teatri citati in tutti periodici sono quelli sul territorio di Napoli: San Carlo, Teatro del Fondo, Teatro dei Fiorentini, Teatro Nuovo, Teatro San Carlino, Teatro San Ferdinando, Teatro Fenice, Circo dÂśEquitazione e Teatro Meccanico. Dalle lunghe consultazioni altre informazioni a supporto della tematica della tesi non sono emerse. x
Biblioteca comunale di Portici presso Villa Savonarola
- Portici dal 1700 al 1860:10 dalla consultazione di questo testo, ne è derivata tutta la letteratura già illustrata dalle altre fonti letterarie, con particolare riferimento alle attività artistiche svoltesi in quel periodo a Portici e i vari movimenti politici avvenuti sul territorio. Purtroppo nessun accenno ad attività musicali presso le ville in esame. - Portici, storia di una città :11 idem. - Portici, notizie storiche:12: qui è emerso qualche elemento in piÚ riguardo soprattutto le personalità di passaggio a Portici che hanno alloggiato però a Villa Nava. Dove a tal proposito si fa riferimento al Costanzo, il Sabbatini e il Merliani che convenivano ad intrattenimenti durante le serate di accademia. Questi eventi si tenevano in un luogo in particolare che lœAscione descrive come ambiente semicircolare, con al centro una fontana ed una ninfa e i portici tuttœintorno, il tutto sottoposto al livello del suolo. Per cui probabilmente si riferisce al teatro interrato di cui le letterature parlano ma che allo stato attuale ancora non emerge da prove rilevate sul posto. x
Gazzette del ¾70013 - 14/8/1708 (2): Nella sera pure dellœaccennata domenica [12 agosto] si portò sua altezza il general comandante principe Darmestat a godere il divertimento di una bella commedia intitolata La forza del sangue, fatta rappresentare da sua altezza il generale della nostra cavalleria principe di Elbeuff, avendovi egli invitato i principali comandanti e capi militari, riuscendo di molta loro soddisfazione.
10 Portici dal 1700 al 1860 son venuti e ne hanno scritto, a cura di Teodoro Reale e Stanislao Scognamiglio, Portici, Libreria S. Ciro, 2004. 11 ANTONIO FORMICOLA, Portici, storia di una città : con documenti e fotografie inedite 3RPLJOLD Gœ$UFR 3URJHWWR stampa, 1999. 12 BENIAMINO ASCIONE, Portici, notizie storiche 3RUWLFL &RQIHUHQ]D GL 6 9LQFHQ]R GHœ 3DROL 13 Le notizie sono state desunte da AUSILIA MAGAUDDA-DANILO COSTANTINI, Musica e spettacolo nel Regno di Napoli attraverso lo spoglio della Gazzetta (1675-1768), Roma, Ismez, 2009. La consultazione di questo testo è stata tra i primi punti esaminati per la ricostruzione della quotidianità nel vesuviano. Molte delle informazioni rilevate non combaciavano per il periodo (antecedente a quello in esame) o per fatti narrati e avvenuti al di fuori degli edifici in oggetto.
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- 6/1/1711 (2): La nuova della cui vittoria [presso Madrid], partecipata da S. E. a voce al commissario generale di campagna D. Giacomo Salerno, ne fÊ egli far le rimostranze giolive a tutta la provincia di Terra di Lavoro e nella sua residenza della Torre del Greco, per tre sere fuochi e lumi, con farne cantare il Te Deum in quella chiesa.14 - 3/2/1711 (2): Del matrimonio che già mesi addietro fu scritto essersi concluso tra D. Filippo Orsino duca di Gravina e grande di Spagna con D. Giovanna Caracciolo di Torella, ne fu giovedÏ suddetto [29 gennaio] fatta la funzione nella chiesa deœ PP. Predicatori al casal della Barra, avendo fatto lœufficio di parroco lœeminentissimo Orsino arcivescovo di Benevento, donde ivi per tal effetto portossi. [...]. - 19/7/1712 (3): Dopo lo scritto battesimo15 del bambino Pisanelli, fÊ quella sera spiccare la sua gran generosità la commare principessa di Tarsia nel suo casino ivi, detto lo Sguazzatorio, dando [...] a dame e cavalieri, rinfreschi, scelta musica [...]. - 18/6/1737 (2): Anche alli 2 del corrente mese nella venerabile chiesa di S. Maria della Sanità della Barra deœ PP. Domenicani si solennizò la festività dellœapostolo delle Spagne S. Vincenzo Ferrerio, con scelta musica, vago apparato e sparo di mortaretti [...]. - 7/4/1739 (1): Le maestà deœ nostri sovrani continuano il loro soggiorno nella R. villa di Portici. Per le funzioni della Settimana Santa le maestà loro si condussero in quella chiesa deœ PP. Agostiniani Scalzi, dove furono solennizzate dalla musica della R. Cappella. [...]. - 20/10/1739 (1): Continuano le maestà deœ nostri sovrani con perfetta salute il loro soggiorno nella R. villa di Portici, dove giovedÏ prossimo scorso [15 ottobre] per il nome della serenissima sig. infanta D. Maria Teresa, sorella della maestà sua, vi fu gala in corte con numeroso concorso di nobiltà , [...]. Lo stesso giorno si cantò colà daœ musici del R. Palazzo un solenne Te Deum nella chiesa deœ PP. Agostiniani Scalzi, in rendimento di grazie a Sua Divina Maestà per lo ristabilimento in salute della suddetta serenissima sig. Infanta. [...]. - 30/10/1742: GiovedÏ mattina della scorsa settimana [25 ottobre], per gli anni che compiva la maestà della regina di Spagna madre del re nostro signore, si portarono [i sovrani] in essa R. villa [di Portici] [...]. La stessa sera le loro maestà si divertirono con una piacevolissima commedia, che fu espressamente rappresentata in quel picciolo R. Teatro, collœaccompagnamento di bellissimi balli. - 1/6/1745: In contrassegno di giubilo per un cosÏ felice ed importante avvenimento [vittoria dei Francesi presso Tournai in Fiandra] [...], per ordine della maestà del re nostro signore [...] alli 27 si tenne cappella nella sua R. villa di Portici e vi si cantò il Te Deum [...], come altresÏ si cantò altro Te Deum nella Cappella del Tesoro in questa cattedrale [...]. - 5/10/1745 (1): Questa importantissima notizia [che il duca della Vieufille aveva conquistato Pavia il 21 settembre] fu subito annunziata al pubblico [...] ed il giorno susseguente [...], nella R. villa di Portici [...], si cantò un solenne Te Deum nella chiesa di queœ PP. Agostiniani Scalzi.16 14 ,Q TXHVWR FDVR OD GLFLWXUD ³UHVLGHQ]D´ KD VWLPRODWR DWWHQ]LRQH PD D WXWWœoggi non è certo che si parli di una delle ville del Miglio dœOro. 15 Il battesimo era avvenuto la settimana precedente nella riviera di Portici presso la villa di Pietra Bianca (Villa Nava) di proprietà della Marchesa Pisanelli. Il bambino fu tenuto a battesimo da D. Antonia Spinelli Principessa di Tarsia e dal Conte dœAcerra Marchese di Laino Grande di Spagna, Alfonso de Cardenas. Si veda GDN, 12 lug. 1712. 16 Numerose altre notizie inerenti conquiste e vittorie sul campo, vengono riportate in piÚ punti e tutte concludono con la celebrazione attraverso il Te Deum nella Chiesa dei PP. Agostiniani Scalzi, come in questo esempio: 2/11/1745 (2): Sabato prossimo scorso fu pure annunziato al pubblico [...] la presa dœAth, resasi alle armi del re cristianissimo [...], per il qual felice avvenimento fu pure cantato avantœieri altro solenne Te Deum nella R. villa di Portici, in quella chiesa deœ PP. Agostiniani Scalzi [...]. Si veda MAGAUDDA-COSTANTINI, Musica e spettacolo nel Regno di Napoli cit., p. 654. Ma per la centralità del tema di questo contributo risultano forse piÚ interessanti gli spaccati di vita quotidiana e le occasioni
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- 18/4/1747: Proseguiscono le maestà deœ nostri reali sovrani il loro soggiorno nella R. Villa di Portici [...]. E nel dopo pranzo di domenica [16 aprile] [...] si trasferirono in questa R. chiesa del Carmine Maggiore allœadorazione del Venerabile, ricevendone la benedizione dopo il canto delle litanie della B. Vergine. - 20/6/1747 (1): Nella sera di esso martedÏ [13 giugno] unœora avanti la mezza notte la maestà della regina nostra signora diede felicemente alla luce un bellissimo principe,17 ben formato e robusto [...]. Nella seguente mattina lœeccellentissima Città in corpo in abito di cerimonia si portò in detta R. villa [di Portici] [...] a complimentare la maestà sua per un sÏ felice avvenimento [...]. Dopo di che tutti si trasferirono con la maestà sua nella chiesa di quei PP. Agostiniani al solenne Te Deum, che fu cantato daœ primi virtuosi di questa capitale, in rendimento di grazie allœAltissimo dœessersi degnato di dare la desiderata prole maschile aœ nostri regnanti [...]. - 19/11/1748 (1): MartedÏ della scorsa 12 dellœandante, alle ore 8 e mezza conto di Spagna, nella R. villa di Portici la maestà della regina nostra signora si sgravò felicemente di un principe secondogenito18 [...]. Nella seguente mattina lœeccellentissima Città si portò in abito di cerimonia in detta R. villa [...]. Dopo di che si trasferirono tutti colla maestà sua [Carlo di Borbone] nella chiesa di quei PP. Agostiniani ed assisterono al canto di un solenne Te Deum [...]. - 9/12/1749: MartedÏ della scorsa 2 dellœandante [dicembre], alle ore 8 ed un quarto dœItalia, nella R. villa di Portici la maestà della regina nostra signora si sgravò felicemente di una infanta [Maria Teresa] [...]. Nella seguente mattina lœeccellentissima Città si portò in abito di cerimonia in detta R. Villa, [...] a complimentare la maestà sua [Carlo di Borbone] per un sÏ felice avvenimento e furono tutti ammessi al bacio della sua R. mano. Dopo di che si trasferirono tutti colla maestà sua nella nuova R. Cappella di Corte ed assisterono al canto di un solenne Te Deum [...]. - 9/7/1754 (1): [...] Oltre le prime felicitazioni che il re nostro signore tutto giulivo accolse su tale lietissimo assunto,19 si è questo celebrato con tre giorni consecutivi di gala, nel primo deœ quali, giovedÏ [4 luglio], si cantò nella R. Cappella in Portici solenne Te Deum [...].
8OWHULRUH IRQWH FRQVXOWDWD20 SHU UHFXSHUDUH XQD WUDFFLDELOLWj EDQFDULD WUD L SURSULHWDUL GHOOH 9LOOH - 3DOD]]R GL &DSXD 21 GRYH VL QDUUD SDUWH GHOOD VWRULD GL %DUWRORPHR GL &DSXD 3ULQ FLSH GHOOD 5LFFLD *UDQ &RQWH GL $OWDYLOOD H 'XFD GL $LUROD 22 H GHL VXRL PRYLPHQWL EDQFDUL SUHVVR LO %DQFR GHO 66 6DOYDWRUH H WDOYROWD VX TXHOOR GL 6 (OLJLR 'DOOH SROL]]H VL HYLQFH FKH LO 3ULQFLSH DYHVVH DSSHQD DQQL PD PRVWUDYD WUDWWL GL XQD SHUVRQDOLWj VRFLDOH DULVWRFUDWLFD H JLXULGLFD >ÂŤ@ 1RQ VROR FXUD SHU OH DUWL H OD GHFRUD ]LRQH>ÂŤ@ PD DQFKH LQILQLWR DPRUH SHU LO 7HDWUR >ÂŤ@ $OWUH QRWHYROL VRUSUHVH FRQ
che accompagnavano gli eventi musicali. 17 Si celebra la nascita di Filippo Pasquale. 18 Il secondogenito era Carlo Antonio. 19 In occasione della nascita dellÂśinfanta Marianna. 20 Un grazie allÂśArchitetto Luigi Abetti, motivatissimo e appassionato alla mia ricerca, mi ha segnalato e procurato questa fonte. Vedi nota 18. 21 Palazzo di Capua, a cura di Franco Strazzullo, Napoli, Arte Tipografica, 1995. 22 Proprietario dellÂśEsedra, ex Villa Buono di Portici.
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Intrattenimenti domestici nelle Ville: La librettistica emersa La spettacolarità settecentesca sulle scene napoletane offriva spesso il fianco a commedianti ed impresari che si muovevano con agile disinvoltura tra i circuiti teatrali pubblici e privati. Al tempo i quattro grandi Conservatori napoletani: S. Onofrio a Capuana, S. Maria di Loreto, Pietà dei Turchini e Poveri di Gesù Cristo «erano fucina incessante di musicisti e compositori educati ad un gusto e a regole sempre identificati (anche problematicamente) nel segno della napoletanità», mentre «facoltosi commercianti tentavano l¶avventura dell¶impresariato nella speranza di lauti guadagni ma ancor più di un avanzamento sociale [...]».24 Ma le occorrenze da gestire erano molteplici sotto il profilo sociale e politico, e coinvolgevano sia i librettisti che gli impresari. I nobili committenti, d¶altro canto, tenevano a badare ad un proprio tornaconto al cospetto dell¶aristocrazia, affinché confermasse il prestigio e la volontà nel manovrare certe preferenze attoriali e canore anziché altre. Da qui, il passo alle scelte delle maestranze da ospitare presso i nobili alloggi, erano costellate di attenzioni sul gusto vocale, musicale e stilistico, nonché poetico e compositivo da parte dei produttori commissionati. Durante il periodo estivo invece, conclusesi le stagioni teatrali, le compagnìe comiche itineravano nel territorio napoletano alla ricerca di ingaggi e visibilità, ma la dinamica era quella di usufruire di capannoni di legno od anche di strutture mobili che venivano allestite all¶aperto per un determinato periodo di tempo. Il tutto, poi, veniva smontato e trasferito altrove, alla ricerca di spettatori e platee che animavano feste, fiere, etc. Nel caso specifico delle Ville del Miglio d¶Oro, i signori guardavano in particolar modo allo svago privato, in quanto alloggiavano in queste residenze in occasioni festive o di villeggiatura; gli intrattenimenti che ospitavano erano di natura orchestrale e teatrale e servivano ad accompagnare momenti conviviali o familiari dove spesso si producevano anche i proprietari stessi. Reperire tracce documentarie che attestino questi avvenimenti spettacolari è tutt¶oggi oggetto di ricerca in quanto gli enti archivistici consultati non dispongono di testimonianze cartacee relative al XVIII secolo. L¶unico documento emerso per la librettistica riguarda Villa Vannucchi (S. Giorgio a Cremano) e risale agli inizi dell¶Ottocento; si tratta del libretto25 de Il fantasma e al momento è l¶unica testimo23
Palazzo di Capua cit., p. 284. FRANCESCO COTTICELLI, Teatro e scena a Napoli tra Viceregno e Regno nel Settecento, «Italica», 77/2, 2000, pp. 214-223: 216. 25 Ringrazio vivamente la squisita collaborazione della Biblioteca Rogadeo di Bitonto, nella persona della Sig. Castellano e della bibliotecaria, la Dottoressa Caponio, che hanno provveduto senza meno ad inviarmi il testo del libretto Ben lieti di aver partecipato alla mia tesi con la loro disponibilità, ed entusiasti all¶idea di valorizzare parte del patrimonio della loro biblioteca inviandomi questo documento, mi hanno anche riferito (per completezza di informazione) che il 24
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nianza26 di una commedia tenuta in questa villa di proprietà del Principe di Caramanico e che si può ricondurre al tratto di strada che ospitava il Miglio d¶Oro. Per le richieste di rappresentazione presso le case private, e rinvenute durante le indagini archivistiche, sono emerse quelle avanzate presso La Deputazione e la Soprintendenza dei Teatri27 e mappano le ville in una circoscrizione che va da Torre del Greco a Barra.28 Questi documenti sembrano abbastanza numerosi rispetto alle aspettative riposte. In definitiva, la fervida vita teatrale che animava le strade, i teatri, le dimore private e i cortili, era a testimonianza che il territorio napoletano anche nella sua µprovincialità¶, conservasse una sua dimensione scenica e performativa frenate solo nel periodo quaresimale. Questa vivacità artistica attirò non poco l¶attenzione di noti ospiti e viaggiatori stranieri,29 che in più occasioni ribadirono nei loro scritti le piacevoli scoperte paesaggistiche, architettoniche e artistiche di una città che ancora oggi difende uno spessore storico non comune. La musica sacra nelle cappelle dei signori Il delicato capitolo sulla musica sacra tocca scenari della quotidianità napoletana quasi inarrivabili con gli strumenti storici attuali, «ma la vita musicale napoletana nel XVIII secolo, così come ogni altra epoca della sua storia, si svolge senza confini tra luoghi chiusi e spazi aperti, in una mescolanza di sacro e profano che è stata ben mesVD LQ HYLGHQ]D GDL QXPHURVL VWRULFL >«@ FKH VL VRQR LQWHUHVVDWL DL SL GLVSDUDWL DVSHWWL GHOOD ³VSHWWDFRODULWj´ QDSROHWDQDª 30 Carlo III di Borbone, noto per la sua fede cristiana (come già detto), ha voluto anche nella sua residenza estiva un luogo per coltivare il culto. Questa pratica favorì indirettamente non solo il proliferare delle ville limitrofe che come una costellazione si andarono via via costituendo, ma anche l¶esigenza di erigere cappelle sui perimetri fronte strada o nei cortili interni. Di conseguenza «[...] le aristocratiche dimore private si allineano agli edifici teatrali e religiosi in una proposta spettacolare in cui dimensione sacra e profana si intersecano e si sovrappongono». 31 La tradizione di ospitare commedianti o di animare messe private alimentava una pratica ormai quotidiana che contraddistingueva una spettacolarità condita di diversi valori, coerenti con la solibretto rientra nei rari in un¶opera in quattro tomi dal nome La Gelmira e fa parte delle donazioni ravellesi. Alla mia domanda su come potesse un libretto napoletano trovarsi lì a Bitonto, la Sig. Castellano mi ha spiegato che a suo tempo con ogni probabilità gli eredi del nobile, in stretto contatto di amicizia e stima col Conte Rogadeo, possono avergliene fatto dono. Per cui ad oggi si ritrova nel patrimonio di quella biblioteca. 26 3HU OD ³ULFKLHVWD GL UDSSUHVHQWD]LRQH´ HG LO IURQWHVSL]LR GHO OLEUHWWR VL YHGD $SSHQGLFH 27 Istituzioni borboniche che gestivano e regolamentavano le attività teatrali. 28 I nominativi dei proprietari in tutto sono 15, ma per qualcuno di essi, è emersa una documentazione più proficua rispetto ad altri. 29 CESARE DE SETA, Architettura ambiente e società a Napoli nel µ700, Torino, Einaudi, 1981. 30 MARINA MARINO, La musica sacra nel Settecento a Napoli, in Storia della Musica e dello Spettacolo a Napoli, a cura di Francesco Cotticelli e Paologiovanni Maione, 2 voll., Napoli, Turchini Edizioni, II, p. 826. 31 MARIA FEDI-GIANLUCA STEFANI, Iconografia dello spettacolo a Napoli nel Settecento, in Storia della Musica cit., I, p. 332.
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cietà dell¶epoca, dove anche la devozione al Santo Patrono o la venerazione in senso lato «è incentivata, comunque, sia da un credo collettivo che da una devozione circoVFULWWD H ³IDPLOLDUH´ª 32 Da allora ogni villa del Miglio d¶Oro ha avuto o conserva ancora una cappella annessa. Chiaramente stiamo parlando di un tessuto sociale che ancora adesso promuove una certa esclusività per cui non era raro che i proprietari si invitassero tra di loro o usufruissero della cappella e dei musici per celebrare onomastici, nascite, e µfeste comandate¶. «[...] la carriera dei compositori, fin dai tempi dell¶apprendistato nei Conservatori, iniziava dalle messe e da altre forme destinate alla liturgia e la fama conquistata nei teatri d¶Europa con il melodramma non impediva certamente ai più noti di proseguire in quel genere».33 Tra tutti i proprietari è emerso, per l¶abbondante letteratura in proposito, il Principe di Caramanico. Le fonti storiche ne parlano come un assiduo residente nella Villa Vannucchi e i dati contabili fanno emergere che le spese di cappellanìa fossero per un uso quotidiano: la manutenzione, i fiori, gli accessori, i paramenti, etc. Da ciò se ne ricava che il Principe di Caramanico, Tommaso Landolfo d¶Aquino, tra le sue residenze, abitava proprio a S. Giorgio a Cremano; anche in sua assenza provvedeva affinché al parroco non mancassero piviali, stole, biancheria per l¶altare sempre puliti per celebrare degnamente agli orari fissati dal cappellano che abitava con loro. Purtroppo ad oggi risulta ancora difficile recuperare il patrimonio documentale che certifichi le attività sacre nelle cappelle napoletane, in quanto gran parte del materiale e dei manoscritti fu copiata, derubata,34 dispersa in seguito a terremoti e sciagure di vario genere; e ora si trovano prevalentemente fuori Napoli. A maggior ragione, anche in questo caso, testimonianze documentarie o partiture eseguite in queste occasioni non sono pervenute; come di consueto lo studioso si fida delle fonti che legge ed analizza per poter raggiungere un giorno una tangibilità di quanto riscontrato nelle narrazioni storiche. Iconografia del Miglio d¶Oro ± Giardini musicali e pareti sonore La cura estetica dei giardini e delle tenute che incorniciavano le ville andava ben oltre l¶attenzione di una bellezza fine a sé stessa. Molta letteratura descrive quanto sia celato dietro il semplice sguardo d¶insieme che si apriva alla vista dei fortunati ospiti dei signori. Le pareti degli appartamenti poi non mancavano di affreschi e richiami agli strumenti ed alla musica, dedicando intere pitture a simili soggetti come satiri e muse che imbracciavano strumenti in leggiadre pose. Ampie sale dedicate alla musica lasciavano intuire che all¶interno delle ville fervide erano le attività di intrattenimento e di accompagnamento durante le feste. Le villeggiature, primaverili o estive che fossero, ri-
32
FRANCESCO COTTICELLI-PAOLOGIOVANNI MAIONE, Onesto divertimento ed allegria de¶ popoli. Materiali per una storia dello spettacolo a Napoli nel primo Settecento, Milano, Ricordi, 1996, p. 35. 33 0$5,12, La musica sacra nel Settecento a Napoli cit., p. 836. 34 Ibidem.
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suonavano di buona musica in ogni luogo, per il sereno piacere dei proprietari che potevano usufruirne come ¾valore aggiuntoœ in presenza o meno dei loro ospiti. Negli ambienti esterni le piante posizionate nei punti giusti, i deliziosi viali percorrevano aiuole sontuose di fiori ed alberi rari e ricercati, per non parlare delle fontane a completamento di uno scenario che beneficiava delle sapienti coreografie dei getti dœacqua nonchÊ del ¾profilo sonoroœ che dolcemente propagavano. Ecco cosa vedevano le dame e i cavalieri dellœepoca quando scendevano dalle loro carrozze per andare ad assistere a spettacoli ed intrattenimenti accademici, animati allœesterno delle logge: Nel corso del Settecento, a queste visioni si affiancava una concezione altra, una nuova consapevolezza degli spazi teatrali non necessariamente aderenti alla tangibilità del concreto.35 I giardini esibivano una matrice geometrica ispirata alle fonti iconografiche del Cinquecento, suggerendo simbologie astronomiche e astrologiche; per cui da qui avremo: il Giardino metafisico, il Paradiso celeste, il Giardino macrocosmico (e microcosmico), il Giardino dellœarte e degli artisti, il Giardino intellettuale,36 ecc., ognuno contraddistinto per delle caratteristiche architettoniche. Sulla base di questi presupposti, dalla mappa del Duca di Noja si possono facilmente rilevare le forme regolari e ricorrenti delle planimetrie rappresentate. Dette forme trovavano ispirazioni dalle fonti iconografiche del passato, ispirate a disegni di uomini di scienza e intelletto, come filosofi, medici, artisti, religiosi, ecc. La connotazione di segreto, quindi Giardino segreto, nasce dallœesigenza di configurare un luogo riservato alle attività di riunione tra privilegiati: dotti, scienziati, artisti, che solevano tenere delle vere e proprie Accademie per discutere e confrontarsi su argomenti di scienza e letteratura. Ragion per cui segreto era uno spazio di svago, riposo, riflessione, meditazione, ossia condizioni che favorivano e predisponevano i dotti alla creazione di produzioni letterarie, artistiche o scientifiche. Per avere un riscontro piÚ diretto di quanto detto è necessario osservare alcuni dettagli con attenzione usufruendo di oggetti figurativi, che oltre a rappresentare una fonte documentaria, si rivelano utile strumento di ricostruzione di uno spaccato alTXDQWR HQLJPDWLFR GL TXHVWD VRFLHWj FKH YD EHQ ROWUH OD VHPSOLFH ³VFHQRJUDILD HVWHrQD´ SHU L FRPPHGLDQWL GL Wurno. Villa Campolieto (Ercolano) e lœaffresco coi musici Della villa tante sono le cose che si potrebbero annoverare tra le bellezze architettoniche e naturalistiche, nonchÊ lœimportanza degli artisti che hanno operato al fine di cotanta bellezza. Il Fischetti, il Vanvitelli, solo per citarne alcuni. Allœinterno della villa ritroviamo ambienti che richiamano continuamente la musica attraverso affreschi realizzati su precise indicazioni del Fischetti. Nota per la sua particolarità è la Sala dellœIncannucciata dove si possono ammirare raffigurazioni sullœintero perimetro che ritraggono il giardino esterno, nel quale vi è il Di Sangro tra i giocatori a carte e 35 36
FEDI-STEFANI, Iconografia dello spettacolo a Napoli nel Settecento cit., p. 347. ),/,332 %$5%(5$, Cultura e scienza nei giardini delle ville vesuviane, Portici, Effegi, 2007.
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sullo sfondo le isole del Golfo; poco più avanti un raro autoritratto del Vanvitelli col monocolo, poi vi è la servitù che offre da bere agli ospiti. Sul lato sinistro (con le spalle alla finestra) vi è l¶esedra che ospita un quartetto composto da due archi, un flauto traverso e uno strumento a fiato non identificato ma probabilmente un oboe. 37 Infine negli angoli l¶affresco mimetizza delle piccole uscite, ma una parte della raffigurazione che ritraeva una delle quattro stagioni è andata persa.38 Gli architetti che hanno studiato a fondo questa sala, spiegano che: «Il Vanvitelli invece, raccogliendo i voleri del padrone di casa, stravolge completamente l¶impianto originario, rendendolo circolare con una tecnica cosiddetta incannucciata, che consiste in una nervatura in legno, sovrapposta con canne da bambù, ingessata e poi affrescata. L¶affresco, che decora l¶intera stanza, opera del Fischetti e del Magrì, riproduce la struttura portante raffigurante un gazebo ricoperto da un vitigno coltivato nei fondi del principe e dove la famiglia amava oziare con gli ospiti nelle belle giornate estive».39 Raro esempio di raffigurazione di un momento conviviale all¶aperto con le testimonianze delle attività musicali, degli strumentisti e dell¶organico.
Figura 2: Sulla sinistra la Principessa, nell¶angolo a destra il Vanvitelli e in alto a sinistra lo sfondo con l¶esedra e il quartetto di musicisti.
37 Il Dottore Malafronte, responsabile della Villa, mi ha spiegato che gli studiosi affermano che la scelta di posizionare i musicisti sull¶esedra fosse per permettere probabilmente una migliore propagazione del suono durante le attività all¶aperto dei Signori e dei loro ospiti. 38 Relazione storica. Lavori di restauro del complesso monumentale della Villa Campolieto di Ercolano (Na), Progettisti Ufficio tecnico F.E.V.V. Arch. Paolo Romanello; Responsabile del procedimento, geom. Luigi Gaglione; il Presidente, prof. Giuseppe Galasso, p. 5. 39 Ibidem.
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MUSICA E SPETTACOLO LUNGO IL MIGLIO D¶ORO TRA SETTE E OTTOCENTO $33(1',&,
, Schedatura delle Ville vesuviane40
6DQ *LRYDQQL D 7HGXFFLR 1HVVXQD FDVDWD Ã&#x160; VXOOD 0DSSD GHO 1RMD41 3RVWD VXO WUDWWR LQL]LDOH GHO 0LJOLR G¶2UR VXOOD VWUDGD 5HJLD GHOOH &DODEULH 9LFLQR VL WURYD OD FKLHVD 6 0DULD 6XFFXUVD 0LVHULV /H WUH DSHUWXUH VXO ILDQFR GHOOD YLOOD VL DSURQR LQ FRUULVSRQGHQ]D GHOOD FKLHVD 9LOOD )DUDRQH & VR 6 *LRYDQQL 1HVVXQD FDVDWD 1RQ ULVXOWD VXOOD 0DSSD GHO 1RMD &RPSOHWDPHQWH ULFRVWUXLWD QHO 9LOOD 3DSD & VR 6 *LRYDQQL 1HVVXQD FDVDWD Ã&#x160; VXOOD VXOOD 0DSSD GHO 1RMD 9LOOD 3DXGLFH & VR 6 *LRYDQQL 1HVVXQD FDVDWD Ã&#x160; VXOOD 0DSSD GHO 1RMD 9LOOD 3HUFXRFR & VR 6 *LRYDQQL 1HVVXQD FDVDWD Ã&#x160; VXOOD 0DSSD GHO 1RMD 'DOO¶RVVHUYD]LRQH GHOOD IRWRJUDILD VXO SRUWRQH F¶q LQFLVR ³9LOOD *LRYDQQL 3HUFXRFR´ 3DOD]]R 3URFDFFLQL & VR 6 *LRYDQQL 1HVVXQD FDVDWD Ã&#x160; VXOOD 0DSSD GHO 1RMD 9LOOD 5DLROD 6FDULQ]L & VR 6 *LRYDQQL 1HVVXQD FDVDWD Ã&#x160; VXOOD 0DSSD GHO 1RMD 9LOOD 9LJQROD 9LD /LHWR 1HVVXQD FDVDWD Ã&#x160; VXOOD 0DSSD GHO 1RMD &RVWUXLWD QHO ;9,, VHF 9LOOD 9LWWRULD & VR 6 *LRYDQQL 1HVVXQD FDVDWD Ã&#x160; VXOOD 0DSSD GHO 1RMD 'DOO¶RVVHUYD]LRQH GHOOD IRWRJUDILD VXO SRUWRQH F¶q LQFLVR ³9LOOD 0 9LWWRULD´ 9LOOD 9ROSLFHOOL , & VR 6 *LRYDQQL 1HVVXQD FDVDWD Ã&#x160; VXOOD 0DSSD GHO 1RMD 9LOOD 9ROSLFHOOL ,, & VR 6 *LRYDQQL 1HVVXQD FDVDWD Ã&#x160; VXOOD 0DSSD GHO 1RMD %DUUD 9LOOD $PDOLD 9LD * %DWWLVWD 1HVVXQD FDVDWD Ã&#x160; VXOOD 0DSSD GHO 1RMD Ã&#x160; GHO 9LOOD %LVLJQDQR R 9LOOD 5RRPHU & VR Ã&#x160; VXOOD 0DSSD GHO 1RMD 'L &DUDID GL 0DGGDORQL 5LVDOH DOOD 6LUHQD SULPD PHWj GHO µ TXDQGR IX DFTXLVWDWD GDO EDQFKLHUH ILDPPLQJR *DVSDUH 5RRPHU 1HO IX ULOHYDWD GDOOD IDPLJOLD 6DQVHYHULQR GL %LVLJQDQR 9LOOD )LORPHQD & VR 6LUHQD 1HVVXQD FDVDWD Ã&#x160; VXOOD 0DSSD GHO 1RMD 9LOOD *LXOLD R 'H *UHJRULR 9LD 7URSHDQR Ã&#x160; VXOOD 0DSSD GHO 1RMD FRQ OD GHQRPLQD]LRQH ³9LOOD H GHOL]LH GHL 6DQQLFDUGR´ 'HO 3ULQFLSH GL 6DQ 1LFDUGR WXWW¶RJJL GHL 6DQQLFDQGUR 9LOOD 1DVWL RUD /HWL]LD 9LD * % 9HOD 1RQ ULVXOWD VXOOD 0DSSD GHO 1RMD 'L &DQWDOXSR H SRL 1DVWL ,O FRUSR GHOO¶DUFR SURVSLFLHQWH VL DSUH VXO JLDUGLQR VDOHQGR XQD JUDGLQDWD HG q VWUXWWXUDWR FRPH DUFR WULDQJRODUH FKH ID GD TXLQWD VFHQRJUDILFD VXOO¶DUHD YHUGH 9LOOD 3LJQDWHOOL GL 0RQWHOHRQH & VR Ã&#x160; VXOOD 0DSSD GHO 1RMD 6LUHQD 'HO 'XFD 'LHJR 3LJQDWHOOL QHO 'HQRPLQDWD VXOOD 0DSSD FRPH ³9LOOD H GHOL]LD GH¶ 3LJQDWHOOL GL 0RQWHOHRQH´ 9LOOD &ULVWLQD & VR 6 *LRYDQQL
40 Il contenuto di questa sezione ha il solo scopo di riportare quanto raccolto dalle schede cartacee consultate presso l¶Ente Ville Vesuviane. Nella maggior parte dei casi si evince: la casata di appartenenza, la posizione o la presenza dell¶edificio sulla Mappa del Noja e l¶anno di costruzione. 41 Per le notizie inerenti a Giovanni Carafa Duca di Noja e alla Mappa si rimanda alla trattazione nel paragrafo appena esposto.
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Villa Salvetti Torricelli disponeva di un piccolo teatrino usato per le conferenze. 6(5*,2 %5$1&$&&,2, Ville vesuviane del XVIII secolo, «La Provincia di Napoli: rivista dell¶amministrazione provinciale», 3, 1980. *LRYDQQL 5DQR IHFH FRVWUXLUH OD FKLHVHWWD FRQ FDPSDQLOL D YHOD 4XHVWD FDSSHOOD IX HUHWWD VXL UXGHUL GL XQ¶DOWUD GHGL FDWD D 6 0LFKHOH $UFDQJHOR 9HQQH GLVWUXWWD QHO GDOO¶HUX]LRQH GHO 9HVXYLR 7UD LO H LO LO IRQGR H OD FDS SHOOD IXURQR DFTXLVWDWL GDL %RQRFRUH FKH QH HIIHWWXDURQR LO UHVWDXUR FRPH ULVXOWD GDOO¶HSLJUDIH PDUPRUHD DOO¶LQWHUQR GHO OD FDSSHOOD (51(672 '( 0$57,12-9,7725,2 3$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH LQ 6DQ *LRUJLR D &UHPD QR (UFRODQR (QWH SHU OH YLOOH YHVXYLDQH 44 5LVDOH DOOD SULPD PHWj GHOO¶ )X GHO 9HVFRYR *LXOLR 6FRQGLWR &DSHFH FRPH UHVLGHQ]D GL YLOOHJJLDWXUD 3RL SDVVz DO 3ULQFLSH &DUDFFLROR GL )RULQR 6L YHGD '( 0$57,12-3$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW 45 $SSDUWHQQH DO 3ULQFLSH GL /X]]L 3LHWUR 0DULD )LUUDR &RQVLJOLHUH GL 6WDWR FKH QHO O¶DFTXLVWz GDO VDFHUGRWH *LD FLQWR /RIUDQR 1HOO¶ SDVVz DL 9ROSLFHOOL HG LQILQH DL &DUDID 3HUFXRFR 6L YHGD '( 0$57,12-3$1'2/), 3RUWRQL H UR VWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW 46 /D FKLHVD LQWLWRODWD DOOD 0DGRQQD $GGRORUDWD IX FRQVDFUDWD QHO $UFK VWRULFR 'LRFHVDQR GL 1DSROL 6DFUD 3DWUL PRQLD 3DQGHWWD , 1XP DQQR $UFK SULYDWR &DUDFFLROR GL 7RUHOOD 1XP 2UG DQQR ± LQ '( 0$57,12-3$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW 47 )X DFTXLVWDWD GDO 3ULQFLSH GL &DULDWL 6FLSLRQH 6SLQHOOL QHO 6L YHGD '( 0$57,12-3$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW 48 Nell¶800 apparteneva al Marchese Vannucchi, che successivamente acquistò anche la villa del Principe di Caramanico (attuale Villa Vannucchi). L¶edificio poi andò alla figlia che a sua volta la vendette ai Cosenza. A questo proposito si veda '( 0$57,12-3$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW 49 Nel 1746 era del sacerdote D. Giacinto Lofrano, datagli in dono dal Marchese D. Carlo Girolamo Vivaldi nel 1741. Passò poi ai d¶Afflitto Principi di Scanno. Un d¶Afflitto sposò la figlia del Duca di Castro Pignano. All¶inizio del µ900 43
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l¶edificio venne ereditato da Filippo Galante, imparentato quindi coi d¶Afflitto. Sul soffitto della scala era rappresentato su una tela lo stemma della Casata dei Principi di Scanno. Si veda '( 0$57,12-3$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW 50 Nella mappa di Nicola Anito del 1791 è indicata come proprietà dei fratelli Sorrentino. Si veda '( 0$57,123$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW 51 Nel 1768 era di Gaetano Vella proprietario di Villa Marullier; l¶aveva acquistata dal Rev. Donato Scarnato. All¶interno del cortile vi è un¶edicola votiva della Madonna e un orologio a meridiana. Si veda '( 0$57,12-3$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW 52 Fatta erigere dal mercante Francesco Maria Berio su un terreno acquistato nel 1748 dai fratelli Blasio. Era grande amico del Canova e spesso lo ospitava presso la sua residenza. Nel 1870 la villa passò a Tommaso Vargas Macchucca Principe di Casapesenna. Poi nel 1913 andò ai Leone. Si veda '( 0$57,12-3$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVX YLDQH FLW 53 Luca Giordano nel 1690 eresse la piccola chiesetta dedicata alla Madonna del Carmine. Nel 1798, l¶edificio e la cappella furono intestati a Nicola Giordano, suo fratello. Nel catasto del 1877 lo stabile risultava intestato ai Bernabò. Si veda '( 0$57,12-3$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW 54 Pascale Vella la comprò nel 1759 da Santolo Cocozza. Nel 1768 andò al figlio Gaetano che costruì la cappella intitolandola a S. Anna e S. Gioacchino. Nel 1788 passò al Notaio Antonio de Nigro che restaurò la cappella, intitolandola stavolta a S. Gennaro. Dai de Nigro andò ad Emilio Marullier e dopo ai Starita che comprarono anche Villa Starita a Portici che fu di Enrico Pessina. Si veda '( 0$57,12-3$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW 55 Ã&#x2C6; visibile sulla Mappa di Nicola Anito (1791). Si veda '( 0$57,12-3$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW 56 Nel 1741 fu di Donna Emmanuela Caracciolo, Marchesa di Brianza e Duchessa di Montecalvo. La comprò per il figlio Pompeo Pignatelli. Riporta una cappella annessa. Nel 1873 ci fu un allungamento della cappella voluto da Carlo Pignatelli di Montecalvo. Si veda '( 0$57,12-3$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW 57 Dalla Mappa Anito (1791) risulta di proprietà di Giovanni Antonio del Duca. Si veda '( 0$57,12-3$1'2/), 3RU WRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW
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MARINA COTRUFO
9LOOD 6LQLFRSUL 58 9LD 3LWWRUH 9LOOD 7DQXFFL 9LD GH *DVSHUL
9LOOD 7XIDUHOOL GL VRWWR 59 9LD 7XIDUHOOL 9LOOD $YDOORQH 7XIDUHOOL 9LD 3HVVLQD 9LOOD 8PPDULQR 60 9LD *UDPVFL 9LOOD 9DQQXFFKL 61 9LD 5RPD
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58 Eretta nel 1748 da Don Lelio Donnamaria. Nel 1783 era dei coniugi Emilia Donnamaria e Antonio Catenacci. Nel 1850 passò a Irene Catenacci de Consalvo, moglie di Antonio Sinicopri. Il figlio Luigi sposò Amalia Lettieri dei Principi di Pietrastornina. Nel 1922 andò poi ad Amalia Sinicopri, moglie del Generale Armando de Rosa. Si veda '( 0$5 7,12-3$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW 59 Nel 1607 a Don Salvatore Bolino toccò la cappella con l¶edificio. Nella seconda metà del µ700 Ferdinando IV la incluse tra i Siti Reali come riserva di caccia dove spesso organizzava battute col Principe di Caramanico. Oggi ne è proprietario il Conte Fabrizio. Si veda '( 0$57,12-3$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW 60 Appartenne: nel µ500 al Duca di Termoli (uno dei titoli nobiliari del principe di S. Nicandro); nel µ600 ai De Martino; nel µ700 a Luigi Barone di Casignano; nell¶800 ai Rossi e ai Mannino Barone di Macchiagodena; nel µ900 agli Ummarino. Si veda '( 0$57,12-3$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW 61 Nel 1755 fu dei fratelli Gaetano e Michelangelo Fabbricatore. Andò a Giacomo d¶Aquino Principe di Caramanico, Conte di Palena e Duca di Casoli. La cappella gentilizia fu intitolata all¶Immacolata Concezione. Nel 1845 alla morte del Principe Tommaso Landolfo d¶Aquino, passò alla figlia Baronessa Marianna Aymè. Nel 1851 andò al Conte Lorenzo Van den Henvel. Nel 1912 la Contessa Anna de Jorio la cedette al Marchese Giuseppe Vannucchi. Infine, dal 1984 l¶erede Vannucchi vendette il tutto al Comune di San Giorgio a Cremano. Si veda '( 0$57,12-3$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW Inoltre un¶ulteriore fonte dice che vi era un locale ad uso teatro ed una cappella privata per la messa in casa e le cerimonie familiari. Si veda SERGIO BRANCACCIO, Ville vesuviane del XVIII secolo cit. 62 Nel 1750 fu di Ferdinando de Cristofaro. Andò poi alla famiglia Riario Sforza a cui si deve lo stemma gentilizio. Successivamente fu di una componente della famiglia che sposò il Barone Lorenzo Zampaglione. Si veda '( 0$57,123$1'2/), 3RUWRQL H URVWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW
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MUSICA E SPETTACOLO LUNGO IL MIGLIO D¶ORO TRA SETTE E OTTOCENTO
9LOOD G¶$PRUH 9LD 'H *UHJRULR 9LOOD G¶(OERHXI 64 *UDQDWHOOR
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63 Numerose sono le leggende che accompagnano come di consueto palazzi così antichi. Quella che riguarda il Palazzo &DSXDQR QDUUD GL XQD GHOOH 3ULQFLSHVVH GL 6WLJOLDQR FKH HUD SDUWLFRODUPHQWH ³YLYDFH´ VRSUDWWXWWR FRQ L PDULQDL HG L Sescatori. Le sue ignare vittime pare facessero poi una tragica fine a conclusione delle folli notti con la Principessa, la quale era solita farli precipitare da una finestra che dava su un cortile interno puntellato di enormi e appuntiti pali di ferro, doveva pur nascondere le prove al Principe! 64 Il 9 luglio 1716 fu ceduta a Don Giacinto Falletti Duca di Cannalonga, i cui eredi nel 1742 la vendettero al Sovrano che ne fece la Dipendenza al mare di Palazzo Reale. Si veda %5$1&$&&,2, Ville vesuviane del XVIII secolo cit. 65 %5$1&$&&,2, Ville vesuviane del XVIII secolo cit.
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MARINA COTRUFO
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3DOD]]R 5XIIR GL %DJQDUD & VR *DULEDOGL 3DOD]]R 6HUUD GL &DVVDQR 9LD =XPELQL
9LOOD 6RUYLOOR 67 9LD =XPELQL 9LOOD 6WDULWD &XSD )DULQD 3DOD]]R 9DOOH 9LD 8QLYHUVLWj 9LOOD =HOR 68 9LD $GGRORUDWD 3DOD]]R & VR *DULEDOGL 3DOD]]R & VR *DULEDOGL 3DOD]]R & VR *DULEDOGL 3DOD]]R & VR *DULEDOGL ± 69 3DOD]]R & VR *DULEDOGL
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66 Si organizzavano cene, feste, concerti; si recitavano commedie e drammi, in un¶usanza che si sarebbe estesa all¶800 FRQ OH ³ILORGUDPPDWLFKH´ FKH GXUDQWH O¶estate si spostavano dalle case di città alle dimore di villeggiatura sulla costa. Si veda %5$1&$&&,2, Ville vesuviane del XVIII secolo cit. 67 Il restauro ha completamente distrutto la cappella che vi era annessa un tempo sul fianco destro. Si veda %5$1&$& &,2, Ville vesuviane del XVIII secolo cit. 68 Include una piccola cappella. Si veda %5$1&$&&,2, Ville vesuviane del XVIII secolo cit. 69 Sembrerebbe visibile sulla Mappa del Noja. Si veda %5$1&$&&,2, Ville vesuviane del XVIII secolo cit. 70 Di proprietà dei Serpone (dopo i Marchesi Arena) fino a poco tempo fa. Dispone di una cappella privata molto piccoOD QHO JLDUGLQR RJJL PROWR WUDVIRUPDWD ,O PXWDPHQWR GL GHVWLQD]LRQH FRQVLVWH QHO IDWWR FKH RUD q DGLELWD D ³GHSHQGHQFH´ residenziale di uno de nuovi proprietari. Si veda %5$1&$&&,2, Ville vesuviane del XVIII secolo cit. 71 L¶esedra veniva utilizzata nei periodi estivi per le rappresentazioni teatrali. Si veda %5$1&$&&,2, Ville vesuviane del XVIII secolo cit.
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MUSICA E SPETTACOLO LUNGO IL MIGLIO D¶ORO TRA SETTE E OTTOCENTO
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72 La torre merlata della villa ha 7 merli, il che dimostra che era posseduta da Duchi. L¶immagine di San Gennaro testimonia la devozione della famiglia al Santo come protettore di Napoli. Oggi appartiene alla famiglia Arcucci che la comprò all¶asta alla fine del XVIII sec. dal Generale Durante che non aveva eredi. *,86(33( ,03(5$72, Splendore e PLVHULD ³/H ville vesuviane del XVIII secolo´, Torre del Greco, Arti Grafiche Editoriali Palomba, 1975.
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MARINA COTRUFO
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73 Veduta della nuova Eruzione dalle falde del Vesuvio fra li Camaldoli e li Mortellari cominciata il dì 23 Xbre del Vesuvio... del 1760 eseguita da A. Joli e incisa da Filippo Morghen, incisore di origine fiorentina che venne a Napoli nel 1752. Diede vita ad una numerosa famiglia di incisori e disegnatori che in parte fecero la loro fortuna. A questo proposito si visiti <http://www.treccani.it/enciclopedia/morghen_(Dizionario_Biografico)> (ultima consultazione 27 settembre 2015). 74 Francisco La Vega, discendente da una famiglia spagnola, membro dell¶Accademia di Scienza dal 1787, è presente come assistente del direttore degli scavi Rocque JoaquÃn de Alcubierre dal 26 aprile 1764. Ã&#x2C6; autore di due celebri tavole disegnate dal fratello Pietro, edite nel 1797, e raffiguranti la topografia dell¶antica Ercolano. 75 Della Marchesa Macrina-Palomba. Risale alla seconda metà del µ700. Si veda '( 0$57,12-3$1'2/), 3RUWRQL H UR VWH GHOOH YLOOH YHVXYLDQH FLW 76 Palazzo denso di storia che ha ospitato anche Sir Hamilton e sua moglie per poter effettuare le sue escursioni al Ve-
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MUSICA E SPETTACOLO LUNGO IL MIGLIO DÂśORO TRA SETTE E OTTOCENTO
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suvio o fare osservazioni con i suoi potenti cannocchiali provenienti dallœInghilterra. Mr. Hamilton e sua moglie erano anche eccellenti musicisti: lui era già allievo del maestro Felice Giardini, ottimo violinista; lei era una finissima clavicembalista, artisticamente apprezzata per il raro tocco dallo storiografo e compositore Charles Burney. Tantœè vero che diedHUR SURYD GHOOD ORUR EUDYXUD HVLEHQGRVL DQFKH D 3DOD]]R 6HVVD LQ VHUDWH PXVLFDOL DOORUD GHQRPLQDWH ³$FFDGHPLH GL 0XVLFD´ 0D WUD OH YDULH DWWLYLWj SHU EHQHILFLDUH DO PHJOLR GL TXHVWH HVSHULHQ]H YXOFDQRORJLFKH +DPLOWRQ SUHVH LQ DIILtto da Giacomo Scherini, un ricco possidente di Torre del Greco di origine napoletana, unœisolata villa di campagna sulla Via Regia. Questa villa dal 1768 prese il nome di Villa Angelica proprio grazie a Sir Hamilton e fu meta di molti personaggi illustri provenienti dallœInghilterra, tra questi proprio Charles Burney. *,29$11, 6$/9$725(, Palazzo Salvatore allœombra di Villa Angelica, Penta, Gutenberg Edizioni, 2006. Charles Burney il 26 ottobre 1770, scrive cosÏ: La villa è circondata da un giardino, o meglio un vigneto, assai grande, con dellœuva squisita. [...] Appena si fece buio lœesecuzione musicale si alternò con lœosservazione del Vesuvio, allora in piena attività . [...] Ebbi la gioia di rimanere costÏ per due o tre giorni, e tra gli altri svaghi non mancò la musica poichÊ Mr. Hamilton ha nella sua casa due paggi, eccellenti esecutori, lœuno violinista, lœaltro violoncellista, &+$5/(6 %851(<, Viaggio musicale in Italia, ed. it. a cura di Enrico Fubini, Torino, EDT, 1979, pp. 310-311. Inoltre Sir Hamilton era solito ospitare anche celebrità musicali presso la sua residenza per elogiare i piaceri dellœarte e tenere serate¹concerto dove si esibiva con sua moglie e gli ospiti. Tantœè vero che nel maggio del 1770 chiamò presso di sÊ anche Leopold Mozart e suo figlio Wolfgang Amadeus in occasione di queste accademie; un aneddoto narra che Leopold e W. Amadeus quella sera indossarono degli abiti già raffigurati in un ritratto realizzato da Pietro Fabris. Il caso volle che questo pittore fosse un artista personale di Sir Hamilton ed era contraddistinto da grande talento nel raffigurare scene che faceva apparire molto realistiche. Non ultimo raffigurò anche proprio quella serata¹concerto che passò alla storia come preziosa testimonianza iconografica della venuta di Mozart a Napoli. A questo proposito si veda '20(1,&2 $1721,2 'œ$/(66$1'52, I Mozart nella Napoli di Hamilton, Napoli, Grimaldi & C. editori, 2006. Il testo di Burney rientra nella vastissima letteratura del grand tour, cioè delle cronache dei viaggi in Italia degli intellettuali europei fra Sette e Ottocento. In molti casi quei viaggiatori si sono soffermati nei dintorni delle ville del Miglio dœoro ma senza menzionare attività di musica o spettacolo.
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MARINA COTRUFO
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Figura 1: Permesso di rappresentazione accordato il 14 aprile 1805 al Principe di Caramanico per la commedia Il Fantasma, (ASN, fondo Deputazione dei Teatri e Spettacoli).
77 In questa sezione sono raccolti solo alcuni dei documenti rinvenuti dalle ricerche presso lœArchivio di Stato di Napoli (dœRUD LQ DYDQWL $61 DOOR VFRSR GL GDUH DO OHWWRUH XQ ³DVVDJJLR YLVLYR´ GL TXDQWR HVSRVWR H XQD WHVWLPRQLDQ]D GHOOD IHrvida vita artistica che caratterizzava la quotidianità dellœaristocrazia del tempo.
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MUSICA E SPETTACOLO LUNGO IL MIGLIO D¶ORO TRA SETTE E OTTOCENTO
Figura 2: Frontespizio del libretto di Il fantasma, commedia in due atti, di carattere buffo, rappresentata presso la Villa Vannucchi di Caramanico (San Giorgio a Cremano). Prevede sei interpreti (tre donne e tre uomini), il testo è in dialetto e la musica è del Cavaliere D. Michele Carafa di Colobrano. (Bitonto %LEOLRWHFD &RPXQDOH ³(XVWDFKLR 5RJDGHR´ Gonazioni ravellesi, rari, opera in quattro tomi: La Gelmira).
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MARINA COTRUFO
Figura 3: Richiesta di D. Giuseppe Santoponte per la costruzione di un teatro privato nella sua abitazione presso Torre del Greco. (ASN, inventario n. 410 Soprintendenza dei Teatri e Spettacoli 1795 - 1889, f. 22, anno 1828).
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MUSICA E SPETTACOLO LUNGO IL MIGLIO D¶ORO TRA SETTE E OTTOCENTO
Figura 4: Permesso accordato alla Contessa di Camaldoli di rappresentare il Torquato Tasso di Goldoni nel suo teatro privato nella Città di Portici. (ASN, inventario n. 410 Soprintendenza dei Teatri e Spettacoli 1795 - 1889, f. 22, anno 1828).
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Carmen Blasi 086,&$ $//$ 5$',2 1(*/, $11, '(//$ 5$',2 $775$9(562 /( 3$*,1( '(/ ©5$',2&255,(5(ª Introduzione La radio ha accompagnato la storia del Novecento, ne ha registrato gli eventi e ne custodisce la memoria; accanto al cinema ha orientato e veicolato l¶immaginario collettivo di intere generazioni; ha preparato la strada alla televisione e, soprattutto, da veicolo di diffusione, il nuovo medium si è trasformato progressivamente in mezzo di espressione, comunicazione e comportamento, dotato di una propria tecnica e di canoni estetici precisi. Il secolo scorso è stato quello in cui, nel mondo industrializzato, per la prima volta i prodotti delle idee dell¶immaginazione venivano messi a disposizione di tutti, attraverso l¶etere, e assumevano un ruolo centrale nella vita delle masse. Fra i prodotti della cultura popolare la radio e la televisione, ancor più della stampa, del cinema e del teatro hanno determinato la fisionomia dell¶immaginario sociale. Le scoperte e i continui perfezionamenti tecnici a partire dai primi anni Venti, insieme alle motivazioni di carattere politico, economico e culturale hanno creato le condizioni di base perché la radio potesse diventare il primo grande mezzo elettronico di comunicazione di massa. Quali sono stati gli effetti sociali di un medium così radicato e diffuso, che raggiungeva platee di utenti molto superiori a quelle del cinema, della stampa o del teatro? Prendendo lo spunto dallo studio del repertorio per le µorchestrine¶ degli anni Venti e Trenta del Novecento1 la mia ricerca si è estesa ± inglobando la cornice politica, quella del regime fascista che ha utilizzato la radio come mezzo di informazione e formazione per influenzare le opinioni, acquisire e accrescere consensi e diffondere l¶ideologia ufficiale ± all¶analisi dello stesso periodo attraverso una fonte particolare ed ancora poco indagata come il «Radiocorriere»: la bibliografia esistente è certamente vasta, ma prevalentemente orientata alla televisione e ad anni più recenti. Infatti, solo agli inizi degli anni Ottanta, nella fase più tumultuosa della competizione con la TV commerciale, la RAI, finalmente orgogliosa del proprio passato e allo scopo di riaffermare il suo ruolo centrale di servizio pubblico, promuove una grande mo1
Nell¶ambito del corso di Metodologia della ricerca storica musicale 2014/15 presso il Conservatorio di Avellino tenuto all¶interno del corso di II livello in Discipline storiche, critiche e analitiche della musica, è stata presa in considerazione una grande quantità di composizioni risalenti a questo periodo. A questo proposito si rimanda a Il Fondo Castelli della %LEOLRWHFD GHO &RQVHUYDWRULR ³'RPHQLFR &LPDURVD´ di Avellino, a cura del gruppo di lavoro sotto la guida di Marina Marino, «I Quaderni del Conservatorio Domenico Cimarosa di Avellino», a cura di Antonio Caroccia, Tiziana Grande e Marina Marino, I, 2015, Avellino, Il Cimarosa, 2015, pp. 123-172.
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1925 MUSICA ALLA RADIO NEGLI ANNI DELLA RADIO
stra illustrativa dei primi sessantœanni della radio italiana.2 Inoltre la vicenda radiofonica è quasi sempre stata raccontata in chiave politica-istituzionale-ideologica e solo da poco si è intrapresa la strada di ricostruire da un lato le linee di programmazione e i contenuti di ciò che andava in onda, dallœaltro gli ascolti e le domande del pubblico. Le fonti periodiche, tra lœaltro, possono offrire alla ricerca musicologica apporti di grandissima importanza in molteplici campi di interessi e ogni studioso ha sperimentato lœabbondanza e la varietà di notizie che si possono qui reperire. Le iniziative di schedatura e di spoglio delle fonti periodiche ottocentesche e novecentesche forniscono sicuramente un aiuto inestimabile non solo nel portare alla luce dati, dettagli, nomi, vicende altrimenti difficilmente reperibili, ma anche nel suggerire nuovi argomenti di ricerca.3 Sullœesempio del Radio Times della BBC, esce a Milano il 18 gennaio 1925 il primo numero del settimanale Radiorario, successivamente Radiocorriere: è questa la principale fonte della mia ricerca e cioè la raccolta dellœintera collezione di tutti i numeri della rivista settimanale, dal 1925 al 1995, presente sul sito delle teche Rai.4 Negli anni il dibattito degli studiosi in merito alla funzione della radio relativamente alla crescita della cultura italiana ha assunto una posizione del tutto favorevole, anzi si cerca di tenere accesa lœDWWHQ]LRQH VXO ³WHPD UDGLRIRQLFR´ FRPH TXHO FDQDOH FKH ha permesso di raggiungere gran parte delle popolazioni lontane dai centri di produzione teatrale e musicale. Per questo mi auguro che la mia ricerca possa essere un piccolo contributo al rinnovato interesse per la radio e la sua storia affascinante, lunga e complessa.
2 FRANCO MONTELEONE, Storia della radio e della televisione in Italia. Costume, società e politica, Venezia, Marsilio, 2013, p. XXVII. 3 Diversi periodici musicali dellœOttocento sono stati digitalizzati e indicizzati nel progetto RIPM e sono consultabili in formato cartaceo e al sito <www.ripm.org> (ultima consultazione 8 agosto 2016). 4 Nellœambito della mia tesi di laurea del corso di diploma accademico di secondo livello in Discipline storiche, critiche e analitiche della musica - discussa nellœ$QQR $FFDGHPLFR SUHVVR LO &RQVHUYDWRULR GL PXVLFD ³'RPHQLFR &iPDURVD´ GL $YHOOLQR UHODWRUH SURIHVVRUHVVa Marina Marino - il consistente materiale (ogni annata contiene circa cinquanta fascicoli di circa venticinque pagine ciascuno), mi ha portato a suddividere il lavoro in un primo capitolo in cui descrivo il percorso storico della radio e del suo periodico mettendo in evidenza le sue funzioni e i diversi contenuti compresi in un periodo di tempo molto ampio fino al lento declino radiofonico con lœarrivo della televisione. Il secondo capitolo, invece, dedicato interamente allœanno 1925, mette in evidenza le contraddizioni della musica del primo Novecento e le nuove tendenze e orientamenti dei compositori e del pubblico. Al fine di mostrare con chiarezza i risultati di questa analisi il secondo capitolo è corredato da due Appendici: nella prima si fa uno spoglio di ogni pagina del settimanale per quellœanno, mentre nella seconda si ricostruisce lœintera programmazione musicale mandata in onda. Si evincerà che buona parte del palinsesto era occupata dalla musica prevalentemente colta, sinfonica e lirica secondo i dettami del tempo dove il ritorno allœantico, soprattutto quello strumentale, era uno degli obiettivi principali della nuova generazione di musicisti. Questa seconda appendice ha occupato la maggior parte del lavoro di ricerca considerando che la ricostruzione delle 50 programmazioni del 1925 ha prodotto per ogni tabella circa 450 autori. Vista lœenorme quantità di dati ricavati (il numero totale degli autori trasmessi dalla radio è di circa 22.500 ed ancora maggiore è quello delle opere) si è scelto un formato digitale allegato alla tesi.
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CARMEN BLASI
Gli esordi dell¶URI e il «Radiocorriere» Nel 1924 viene istituita a Roma l¶URI (Unione Radiofonica Italiana), una società privata il cui capitale sociale è detenuto dalla Radiofono, socio di maggioranza appartenente al gruppo Marconi, e dalla SIRAC (Società italiana radio audizioni circolari), un¶azienda che produce apparecchi radiofonici su licenza dell¶americana Western Electric.5 Mediante apposita convenzione,6 firmata nello stesso anno tra l¶URI e il Ministero delle Comunicazioni, il governo fascista concede alla Società l¶esclusiva del servizio di audizioni circolari per la durata di sei anni: tale convenzione rappresenta l¶atto di nascita del primo regime giuridico radiofonico in Italia.7 L¶URI decide che è necessario affiancare a questa rivoluzionaria novità un altro strumento: l¶anno successivo, il 18 gennaio 1925, esce il primo numero del settimanale «Radio Orario» con l¶intento di sviluppare un intenso dialogo con il pubblico al fine di conoscerne gusti, orientamenti, giudizi. La rivista contiene 24 pagine al prezzo di 1,50 lire, mentre l¶abbonamento annuo costa 45 lire; la copertina è semplice, l¶impaginazione altrettanto. La creazione del periodico risultava fondamentale considerato che la diffusione degli apparecchi radiofonici non era equiparabile a quella degli altri Paesi europei a causa di diversi problemi di ordine economico ed industriale, tra cui la modesta potenza delle stazioni emittenti, l¶eccessivo costo degli apparecchi, la scarsità di energia elettrica e, soprattutto, le difficoltà linguistiche.8 I problemi relativi alla promozione del mezzo fanno già parte di una visione strategica della direzione aziendale, che viene attuata attraverso un rapporto diretto con il pubblico della radio; la stampa aziendale risulta, così, un terreno privilegiato di comunicazione: riservando largo spazio alle lettere degli ascoltatori divisi tra coloro che desiderano tranquillamente e senza nessuna difficoltà udire della buona musica e interessanti notizie, e quella dei radioamatori, che invece desiderano sentire oltre le buone trasmissioni della stazione locale anche le trasmissioni estere. Si può osservare che gli schemi di palinsesto delle varie stazioni europee erano piuttosto simili. Infatti, ricerche comparative effettuate sulla programmazione 5
Con il Regio Decreto del 1 maggio 1924 n. 655 venivano definiti i contenuti delle radiodiffusioni: concerti, teatro, conversazioni, notizie. Veniva inoltre regolato il sistema dei finanziamenti ai futuri concessionari attraverso la pubblicità commerciale e i canoni di abbonamento, una prassi che resterà immutata in tutta la storia della radiodiffusione italiana, l¶unica nel mondo ad adottare le forme di entrata, considerate incompatibili fra loro in altri paesi. 6 Vedi Regio Decreto del 14 dicembre 1924 n. 2191. 7 DANIELE DOGLIO-GIUSEPPE RICHERI, La radio. Origini, storia e modelli, Milano, Mondadori, 1980, p. 78. Nel 1922 nasce a Londra la BBC (British Broadcasting Company), una company, cioè una società a capitale privato che nel 1928 verrà trasformata in ente pubblico; in Germania nel 1923 vengono concesse le prime licenze ad un ristretto numero di imprese che, due anni dopo, sono raggruppate in un un¶unica società, RRG (Reich Rundfunk Gesellschaf); in Francia tra il 1923 e il 1926 si va configurando un sistema misto, con un servizio pubblico nazionale accanto a diverse emittenti private. 8 Secondo i dati ricavati da Gli abbonamenti alle radiodiffusioni nel 1957, parte III, Confronti storici, Roma 1968, p. 89, alla fine del 1926 gli abbonati erano circa 27.700 (il doppio dell¶anno precedente), nel 1928 divennero 61.500, nel 1929 oltre 100.000. Si tratta di incrementi significativi in termini percentuali, ma non in valore assoluto: nel 1927 si contavano in Italia 40.000 abbonamenti, in Gran Bretagna erano ben 2.500.000. Inoltre, il maggior numero di abbonati risiedeva nella parte settentrionale e nord-occidentale della penisola. Nel periodo centrale della dittatura questa sperequazione andò attenuandosi ma restò sempre presente negli anni della ricostruzione.
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dell¶URI rispetto alle antenne francesi, inglesi e tedesche hanno accertato una sostanziale uniformità nella presenza e nell¶incidenza percentuale dei vari generi (musica classica, leggera, popolare; informazioni; cultura; poesia e letteratura; programmi per bambini).9 Tuttavia una attenta analisi delle trasmissioni mandate in onda nei primi mesi porta a ravvisare una sorta di incertezza nelle scelte da operare e un disorientamento negli obiettivi da perseguire: l¶interesse per l¶aspetto tecnico della radiofonia era nettamente prevalente rispetto al contenuto dei programmi. Inoltre le difficoltà di organizzare un vero e proprio palinsesto delle trasmissioni si rivelarono maggiori del previsto in quanto il mondo dello spettacolo temeva la concorrenza, nessun accordo era ancora stato preso con la Società degli Autori, non mancavano gli scettici e i detrattori del microfono soprattutto in campo musicale, come Arturo Toscanini, di cui è noto il rifiuto di dirigere un concerto radiofonico nel 1926.10 Il 1925, benché non offrisse molte novità nel contenuto dei programmi, vide consolidarsi le strutture dei servizi radiofonici che negli anni successivi diventeranno la base del nuovo ente; i primi numeri della rivista, oltre alle informazioni sui programmi ospitavano alcune rubriche, annunci pubblicitari, consulenza ai lettori in materia di radiotecnica cui veniva riservato lo spazio maggiore e infine le lettere dei radioascoltatori. Nei programmi cominciarono ad apparire le «serate speciali» dedicate a selezioni da opere e pezzi sinfonici tratti da un repertorio largamente popolare. I compositori maggiormente trasmessi erano Richard Wagner, Giuseppe Verdi, gli operisti italiani e francesi come Rossini, Puccini, Mascagni, Gounod, Bizet e Massenet.11 Nel 1926 la Redazione viene spostata da Roma a Milano con il conseguente cambiamento della testata in «Radiorario». Anche la semplice copertina del primo anno comincia a modificarsi, di numero in numero, non solo dal punto di vista grafico, ma anche dell¶immagine: non più la fotografia della cantante famosa, ma quella che rispecchia il contenuto principale di quel numero della rivista (ad esempio un evento politico, un¶immagine casalinga, la nazionale di calcio, il Duce). È il 30 gennaio 1926 e ad annunciare lo spostamento è il direttore, l¶ingegnere Roul Chiodelli, in un articolo intitolato Saluto ai lettori.12 9
ANGELO SFERRUZZA, Parigi Torre Eiffel... La radio degli altri, in E poi venne la radio. Radio Orario 1925-29, a cura Luigi Parola, Roma, Rai-Eri, 1999, p. 85. 10 ANGELA IDA DE BENEDICTIS, Toscanini e la radio. Ovvero: dell¶altra metà dell¶etere, Arturo Toscanini il direttore e artista mediatico, a cura di Marco Capra e Ivano Cavallini, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 2011, pp. 260-261. Nel 1926, per incrementare quello che oggi è chiamato comunemente palinsesto, si optò per la trasmissione in diretta dai maggiori enti concertistici e lirici italiani. Dopo la stipula dei primi accordi con il Teatro Costanzi di Roma il 19 febbraio 1926 seguirono quelli con il Teatro del Popolo di Milano e il Teatro San Carlo di Napoli. Proprio all¶interno di quegli ambienti artistici molti guardavano al nuovo mezzo con diffidenza, chi perché ne temeva la concorrenza (la radio, si pensava, renderà inutile andare a teatro), chi perché dubitava della capacità di poter captare e riprodurre fedelmente il suono di una compagine vocale e strumentale ripresa dal vivo se non a costo di gravi approssimazioni. Tra i più grandi scettici nei confronti del nuovo mezzo vi era proprio un uomo alieno dall¶approssimazione e dai compromessi come Arturo Toscanini. 11 Si veda il paragrafo La programmazione musicale. 12 «Radiorario», II/5, 1926, p. 1: «Con questo numero il Radio Orario, che già è entrato nel suo secondo anno di vita, si trasferisce da Roma a Milano. Ai lettori vecchi e nuovi, il nostro cordiale saluto. Il Radio Orario si propone di essere l¶indispensabile amico dei radio amatori. Si è fatta una nuova veste; alla pubblicazione di tutti i programmi settimanali
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Nel 1927 il Regime fascista decise di potenziare il sistema radiofonico, obiettivo politico rispetto al quale si poteva facilmente riscontrare una convergenza di interessi da parte dell¶industria elettrica. Nel dicembre dello stesso anno si costituì l¶EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche) i cui azionisti erano il gruppo Marconi, la SIRAC, la FIAT, la Allocchio-Bacchini, la Marelli, la Mondadori, la SIAE (Società italiana autori ed editori) e altri gruppi minori. Alla nuova società il Governo accordò, con apposita convenzione, la concessione in regime di monopolio del servizio di radioaudizioni per venticinque anni, fino al 1952. Fu disposta anche l¶istituzione, presso il Ministero delle Comunicazioni, di un Comitato Superiore di Vigilanza sulle Radiodiffusioni.13 Lo sforzo dell¶EIAR per la diffusione su scala nazionale fu progressivo e compiuto attraverso tappe intermedie che prevedevano collegamenti tra stazioni dislocate in aree geografiche contigue. Ricordiamo che il compito cui doveva far fronte la nuova classe al potere era quello di dare credibilità, con i fatti, alle affermazioni verbali e alle intenzioni di modernizzazione più volte proclamate. Questo momento politico del fascismo coincise con l¶evoluzione generale di tutta la società europea negli anni del consolidamento delle strutture industriali ed economiche del periodo tra le due guerre: in questo sforzo di rinnovamento vi era nel fascismo un reale e concreto proposito di modernizzazione.14 Il consolidamento della struttura imprenditoriale della radio nel decennio 19271936 va visto, quindi, in una prospettiva più generale delle forze sociali ed economiche della società italiana al fine di comprendere che, oltre all¶interesse diretto del regime nel potenziamento del più importante fra i mass media, non era secondario l¶interesse, meno evidente ma non meno reale, di larghi settori dell¶industria nazionale per i quali l¶ampliamento della rete radiofonica costituiva un solido terreno di investimenti. L¶istituzione dell¶EIAR segnò un salto di qualità anche nell¶offerta dei programmi e una progressiva estensione del palinsesto che in breve tempo arrivò a coprire tutta la giornata, dalle 8 alle 24. Le ricerche compiute nell¶archivio digitale delle annate del «Radiocorriere» consentono di ricostruire proprio la politica editoriale dell¶EIAR, che rimase quasi invariata per il primo decennio di vita della radio. Dall¶esame delle trasmissioni quotidiane riportate nelle annate del «Radiocorriere» la programmazione che emerge è quella di genere leggero: lo sport (le radiocronache in diretta di tutte le delle stazioni italiane ed estere, ha aggiunto rubriche tecniche e di varietà, un ricco notiziario ed illustrazioni. Esso seguirà attento la radiovita internazionale e, in modo particolare, quella italiana, assecondandone il crescente sviluppo. Nata in Italia, la radiofonia non è da noi che a¶ suoi inizi: che ad essa sia destinato un non lontano primato. Far sempre di più è meglio: ecco il nostro fermo proposito, se, come siamo certi, non ci verrà a mancare mai, o radioamatori, il vostro aiuto e la vostra cordiale collaborazione.». Roul Chiodelli (Roma 1896 - 1982) si dedicò allo sviluppo e al consolidamento della radiodiffusione nel periodo dell¶esordio, cercando di risolvere tutti i problemi industriali e di garantire agli ascoltatori, fin dall¶inizio, un servizio che, da un punto di vista tecnico e culturale, fosse di qualità e soddisfacente. Egli fu certamente uomo di regime, tuttavia egli non fu, né sarebbe mai stato, un persuasore occulto né un propagandista militante, bensì soprattutto un tecnico. 13 FRANCO MONTELEONE, Storia della radio e della televisione in Italia cit., pp. 45-52. 14 RENZO DE FELICE, Mussolini il fascista. La conquista del potere: 1921-1925, 2 voll., Torino, Einaudi, 2005 4, I, p. 297.
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principali specialità sportive rappresentavano un fondamentale pilastro di una programmazione che puntava ad accrescere l¶audience);15 lo spettacolo leggero, cioè la semplice conversazione umoristica e il varietà (non vi era cantante o fantasista italiano che non avesse ormai fatto il suo debutto alla radio e non avesse conquistato una notevole popolarità);16 la pubblicità (tutte le trasmissioni di intrattenimento e anche le molte ore di musica classica e leggera venivano sponsorizzate da aziende produttrici di beni di consumo); la prosa (per alimentare un genere forte come la drammaturgia radiofonica i programmisti dell¶EIAR attinsero titoli e testi sia dall¶immenso repertorio del teatro occidentale sia da lavori originali appositamente commissionati o selezionati per concorso);17 le conferenze culturali (nate come riempitivo fra un tempo ed un altro di un concerto, successivamente si affermano come genere autonomo); 18 le trasmissioni per la donna (si trattava di rubriche che contenevano consigli per la bellezza, ricette di cucina, moda, conversazioni mediche); il Giornale Radio (al notiziario vero e proprio si affiancava la rubrica Cronache del Regime). E la musica? Grande spazio occupavano i programmi di musica classica (opere liriche, concerti sinfonici, da camera, vocali) e di musica leggera (canzoni, ballabili, jazz, bandistica), trasmesse sia dal vivo che da dischi ed eseguite da solisti o dalle orchestrine. Il genere più ascoltato era la musica leggera che ormai, con il 58 per cento dell¶intera programmazione musicale, rappresentava più di un quinto della programmazione stessa. Gli autori più trasmessi erano: Caviglia (Gambette indiavolate), Yourmans (No, no, Nanette), Di Lazzaro (Campane), Escobar (Ragazzi a casa), Mariotti (tango di Marilù), Villa (Un sorriso), Pete-Rizza (Per me, per te), De Curtis (Non sei tu, Gambardella), Tosti (Canta la serenata), Di Capua (E¶ bersagliere, Nuttata a mare). Il divismo dei cantanti e l¶immediata popolarità conquistata dalle nuove voci lanciate dall¶EIAR attraverso i numerosi concorsi, aveva fatto registrare un grande balzo del consumo musicale di massa, con effetti molto positivi anche sull¶industria discografica.
15 «Cronache dello sport», «Radiosport», le rubriche di ginnastica venivano ritrasmesse ben cinque volte al giorno e dopo il 1937 la percentuale delle ore dedicate allo sport divenne piuttosto elevata. 16 FRANCO MONTELEONE, Storia della radio e della televisione in Italia cit., p. 65. 17 ANGELA IDA DE BENEDICTIS, Radiodramma e arte radiofonica. Storia e funzioni della musica per radio in Italia, Torino, De Sono, 2004, pp. 6-7. Bisogna tener presente che solo agli inizi degli anni Trenta cominciò in Italia un dibattito sulla possibilità di un¶arte radiofonica. Durante l¶attività dell¶URI e poi dell¶EIAR solo pochi articoli furono dedicati, sulle pagine del «Radio Orario», alla necessità di nuove forme artistiche che assecondassero uno stile microfonico. Un primo decisivo contributo sul piano teorico ed estetico fu fornito da Enzo Ferrieri, direttore artistico dell¶EIAR, che nel 1931, sulle pagine della rivista «Il Convegno» pubblicò un saggio dal titolo La radio come forza creativa e tra i musicisti interpellati risposero Alfredo Casella, Adriano Lualdi, Gian Francesco Malipiero, Virgilio Mortari, Ottorino Respighi. Successivamente, la riflessione sulla nascita di forme espressive ispirate dal medium radiofonico divenne tema di discussione privilegiato (vedi Il teatro radiofonico di Mario Vugliano su «Radio Orario», II/36, 1926, pp. 4-5. 18 Vedi «Radiocorriere», VI/4, 1930, p. 7, Prolusione al concerto di musiche inglese, conversazione di G. M. Ciampelli.
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Il favore rivolto al Jazz e alle canzoni d¶oltreoceano era andato aumentando fino al 1938 (in seguito, le imposizioni autarchiche del regime si erano fatte sentire anche in campo musicale).19 In realtà molti musicisti italiani attivi fra il 1922 e il 1930 suonavano una musica che si rifaceva a quella americana, ma presentava anche notevoli differenze che rivelano un sorprendente legame con altre musiche di area colta e popolare. Ciò era dovuto sia alla formazione classica dei musicisti, sia al repertorio che consisteva di autori italiani dell¶epoca, i quali, pur influenzati dalla nascente musica d¶oltreoceano, erano ancora radicati nella tradizione nazionale ed europea. Solo dopo il 1930 le orchestre iniziarono ad affrontare temi e canzoni dei maggiori autori americani. Infine, dal 1935 il repertorio divenne tutto americano e anche le composizioni di autori italiani si basarono per lo più sulla semplice ma efficace struttura AABA, con le successioni di accordi tipiche della canzone americana.20 Tuttavia la musica leggera non era sufficiente ad alimentare la crescita delle ore di trasmissione richiesta per fare fronte ai gusti del pubblico. Grande spazio veniva dato, perciò, alla musica lirica che rappresentava più del dieci per cento della programmazione ed assai elevata era la percentuale di musica sinfonica che arrivava a sfiorare il 15 per cento; anche il teatro drammatico e il radiodramma continuavano a manifestare grande vitalità. Ad esempio solo nel «Radiocorriere» del 1933, n. 8 troviamo la trasmissione del concerto sinfonico diretto dal maestro W. Mengelberg dal teatro Augusteo di Roma, la trasmissione dell¶operetta in tre atti I Briganti di G. Offenbach diretta dal maestro A. Paoletti, della commedia in tre atti Tic-Pic-Nic di Piero Ottolini, del concerto di musica da camera del violinista Arrigo Serato e del pianista Sandro Fuga, la trasmissione della radiocommedia in tre atti La macchina del Divo di Alberto Donaudy, trasmissione del Concerto del quartetto a plettro con musiche di Cimarosa, Sartori, Salvetti, Bracco; trasmissione dal teatro Petruzzelli di Bari de Il piccolo Marat di Mascagni, de I vagabondi di C. Ziehrer, del dramma in tre atti L¶Arlesiana di Alfonso Daudet (esecuzione integrale degli intermezzi orchestrali e corali di G. Bizet), trasmissione del concerto vocale del soprano Graziella Valle e del tenore Stefano Gudmundsson; trasmissione del concerto sinfonico diretto dal maestro Alfredo Casella con musiche di Gretry-Mottl, Ravel, Chabrier, Villa Lobos, Albeniz, Mortari, Casella, trasmissione dal teatro alla Scala del Rigoletto, opera in tre atti di Giuseppe 19
Nel «Radiocorriere», X/23, 1934, p. 4 si legge nell¶ articolo di Massimo Soria: «Nessuno più dell¶autore di questo articolo, giovane sano e vigoroso, sa di muoversi nel territorio del paradosso dove le esagerazioni sono rumorosi fuochi d¶artificio...ma, fatta questa premessa, pubblichiamo volentieri il suo elogio del jazz che è una esasperata reazione alle DFFXVH GHL GHWUDWWRUL >«@ 3HUFKp WDQWD IUHQHVLD SHU WDOH EDUEDUD PXVLFD" 1HO MD]] QRQ F¶è, mi direte, un¶ispirazione così profonda da reggere a delle critiche puramente estetiche; c¶è però vi risponderò, della velocità non duratura, del sapore di primitivo, cui l¶uomo è puranco attaccato; c¶è la poca profondità ma la bellezza vitale d¶un balzo di lince, d¶un passo d¶atleta, d¶un colore di fiore. Tutte cose belle, eppure non eterne, anzi appunto perché non eterne. Le pienezze di certi toni orchestrali di Ellington, le altezze del più aereo dei suoni di tromba in Armstrong, il colore amaro delle note di Hutch e il crooning di cento altri dispregiatori dell¶atletica del canto, oggi così aderenti a noi, si ricorderanno fra neanche molto tempo, è vero, con quell¶orrore che i più benpensanti fra gli uomini moderni sanno avere per il passato prosVLPR >«@ 0D finché risentiremo, attraverso nuove forme gli accenti dell¶abissale dolore dei negri schiavi, o avremo nuove turbative ritmiche dalle creazioni degli studios di Londra e di New York nelle magistrali esecuzioni dei re del Jazz, nei fanatici, il jazz lo amHUHPR VHPSUH >«@ª 20 ADRIANO MAZZOLETTI, Il jazz in Italia: dalle origini alle grandi orchestre, Torino, EDT, 2004, p. XV.
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Verdi; concerto sinfonico diretto dal maestro Bernardino Molinari con musiche di Paisiello, Beethoven, Vivaldi, Mussorgsky, Mendelssohn e Respighi; trasmissione della commedia K 41 di Luigi Chiarelli e dell¶operetta Sogno di un valzer di Oscar Straus; del concerto sinfonico diretto dal maestro Armando La Rosa Parodi su musiche di Brahms, Longo, Respighi, Debussy, dell¶operetta L¶amore tra i pampini di Giulio De Micheli e la commedia in un atto Le nozze di Arlecchino di Ugo Falena.21 Tutto questo ci fa ben percepire che l¶esterofobia fascista è una realtà che, pur non ignota al nazionalismo più acceso, non ebbe carattere rilevante per la musica. Non dimentichiamo che nel 1935 per precisa volontà di Mussolini fu istituito l¶Ispettorato del teatro (più tardi Direzione Generale per il teatro e la musica), con il quale collaborarono molti giovani compositori, come Mario Labroca, Giuseppe Rosati, Goffredo Petrassi. Per quanto le direttive ministeriali fossero precise e formalizzate, la radio era un mezzo di svago, di aggiornamento, di divertimento e in quanto tale il suo messaggio fu condizionante alla formazione del gusto e del comportamento. Per questo dopo il 1937 divennero sempre più frequenti resoconti di avvenimenti letterari, recensioni di libri, mostre di pittura e la musica, soprattutto, continuava ad avere un posto di primo piano: nel 1939, su un totale di 10.178 ore di programmi realizzati, 5.667 erano costituiti da musica di ogni genere.22 La réclame radiofonica Il quadro complessivo della storia della politica, economica, artistica e sociale del ventesimo secolo appare estremamente complesso. É un¶epoca piena di contrasti profondi, di grandi tensioni che investirono e trasformarono progressivamente la maniera di vivere e di conseguenza anche la visione della vita e dell¶arte. Gli anni che precedettero ed immediatamente seguirono le due guerre furono segnati da un senso di smarrimento, di disillusione, d¶incertezza per il futuro e poi di sostanziale insoddisfazione per la civiltà che aveva dissolto un qualsivoglia sistema di valori esistente. In particolare gli anni che seguirono la prima guerra mondiale furono contrassegnati da gravi problemi sociali, quali la crescente disoccupazione, inflazione disastrosa, il crack finanziario americano del 1929, nonché da una diffusa delusione nei confronti della democrazia parlamentare che portò all¶affermazione di governi totalitari.23 Allo stesso tempo, però, nel corso delle due guerre si videro operare per la prima volta su vasta scala le tecnologie più avanzate ed efficienti prodotte dai grandi progressi della scienza e dalla estensiva industrializzazione del mondo: le invenzioni e 21 A partire dagli anni Trenta nelle pagine del «Radiocorriere» viene messo bene in evidenza a quale genere appartengono le opere/musica trasmesse inserendo per ciascun gruppo un titolo esplicativo come: musica da camera, concerto variato, concerto di musica leggera, concerto sinfonico, varietà/musica da ballo, canzoni di attualità. 22 I dati sono ricavati da EIAR, Annuario, 1939. 23 GIOVANNI SABBATUCCI-VITTORIO VIDOTTO, Il mondo contemporaneo dal 1848 ad oggi, Bari, Laterza, 2008, pp. 335-340.
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innovazioni scientifiche si sono succedute con eccezionale intensità nel corso del secolo. La radio, lo abbiamo visto, è una di queste. Nel 1901 un catalogo della ditta Lepage & C. dichiarava che oramai era giunto il tempo di non andare più a teatro, poiché tutti potevano ricreare il teatro a casa propria24 e a rimarcare questa prospettiva è anche un articolo del «Radiorario»25 nel quale già si intravede quale dovrà essere il ruolo della radio. L¶ente radiofonico, sotto questo aspetto, è sempre stato pronto a valorizzare i nuovi collegamenti e gli accordi stipulati con teatri più o meno prestigiosi anche per rendere conto agli abbonati del prezzo richiesto. Con il capitalismo del consumo, coevo delle grandi trasformazioni metropolitane, sorge un tipo di società che vive su una contraddizione di fondo: da un lato una società di massa che rappresenta la premessa indispensabile dello scenario moderno, dall¶altro una moltitudine di individui-consumatori sui quali si fonda il motore della produzione e del profitto.26 Nella disamina dell¶annata 1925 del «Radiorario» troviamo come queste contraddizioni vengano affrontate dall¶organo redazionale al fine di garantire l¶informazione e la propaganda, la persuasione nella nuova tecnologia e la conseguente educazionealfabetizzazione delle masse. Strutturalmente la rivista settimanale può essere suddivisa in tre parti: la prima, più discorsiva, dedicata agli articoli, la seconda dedicata alla programmazione musicale e la terza dedicata alla pubblicità. Cominciamo da quest¶ultima. Poco per volta si stava esaurendo la fase sperimentale della società concessionaria (la SIRAC) che per il 1925 si era impegnata a triplicare la produzione. L¶Unione Radiofonica Italiana era interessata a creare le condizioni per un veloce incremento degli abbonamenti e quindi guardava con attenzione l¶evolversi del mercato degli apparecchi riceventi. La creazione di un pubblico realmente di massa esigeva che si passasse da una produzione basata su industriali dilettanti o dilettanti industriali (i quali costruivano solo su ordinazione), a un sistema industriale che garantisse prodotti di qualità. I costi ancora molto elevati e l¶impossibilità di iniziare una produzione in serie frenavano il decollo di questa nascente industria, anche perché dalle prime semplici radio a galena si era passati alle più complesse monodine e supereterodine (ancora lontane tuttavia dagli apparecchi altamente sensibili e selettivi che cominceranno ad apparire agli inizi degli anni Trenta).27 La vita di queste piccole imprese era tutt¶altro che facile. La concorrenza delle produzioni straniere si faceva sentire sempre più energicamente: la superiorità tecnica degli apparecchi Telefunken, Philips, RCA si imponeva nonostante la protezione che 24
MARCO CAPRA, Il teatro in casa. L¶idea di musica riprodotta in Italia tra Otto e Novecento, Il suono riprodotto. Storia, tecnica e cultura di una rivoluzione del Novecento, a cura di Alessandro Rigolli e Paolo Russo, Torino, EDT, 2006, p. 3. 25 «Radiorario», I/2, 1925, pp. 2-3. L¶articolo è firmato dall¶Ing. Renato Santamaria. 26 Ivi, p. 3. 27 Ivi, pp. 30-31.
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il governo accordava ai costruttori italiani e, in generale, le vendite non andavano oltre i centri urbani ed erano limitate ai ceti piÚ abbienti. La provincia italiana degli anni Venti, soprattutto nelle zone meridionali, chiusa nellœisolamento e nel pregiudizio, scarsamente informata dalla stessa stampa, non era certo in condizioni di favorire lœespansione del nuovo mezzo. I primi anni della gestione dellœURI servirono soprattutto a creare un mercato che consentisse di unificare un pubblico ancora troppo eterogeneo. In realtà un vero e SURSULR ³ELVRJQR GHOOD UDGLR´ QDVFHUj LQ VHJXLWR DOOœenorme sviluppo del consumo musicale di massa, ma nel 1925 in tutta Italia erano stati venduti soltanto 1.314 grammofoni e 10.458 dischi. Assolutamente proibitivo era poi il costo di un apparecchio radio in relazione alla capacità media di acquisto: da un minimo di 2.000 lire ad un massimo di 10.000 per gli apparecchi piÚ perfezionati. Calcolando per una buona radio a quattro valvole un costo medio di 3.000 lire, alle quali occorreva aggiungere le tasse di licenza, il bollo e il canone di abbonamento, si capisce quanto fosse scarsamente accessibile il nuovo mezzo ad un pubblico il cui reddito medio annuo era di 3.498 lire.28 Le ditte costruttrici incrementarono la pubblicità degli apparecchi riceventi, dei quali indicavano le qualità tecniche, il costo, le modalità e le facilitazioni dœacquisto: per tutto il 1925 troviamo la pubblicità della T.S.F. Esposizione Salvadori, S.I.T.I. Società IndustrLH 7HOHIRQLFKH ,WDOLDQH ³'RJOLR´, Magazzini elettrotecnici - Società anonima - Reparto radio, F.A.T.M.E. - Fabbrica Apparati Telefonici Materiali Elettrici, Valvole Ediswan - Agenti generali per lœItalia SALAZAR, A.B.C. - Officina costruzioni radiotelefoniche A. Bellofatto & C. Milano, Ricevitori Lorenz, C. Pfyffer Greco & c., Triumph - Ditta Moneti & De Angelis, Superpila - Pilla & LeclanchÊ )LUHQ]H ³5DGLR 6HFWHXU´ - Apparecchio radiofonico ed infine gli Apparecchi Marconi. Nascono anche le prime campagne di diffusione della radiofonia e i primi radioconcorsi.29 Insomma, nonostante la scarsa potenza delle prime due stazioni trasmittenti (Roma e Milano) rendesse lœascolto assai problematico, nonostante lœostilità che lœindustria radiotecnica manifestava verso la costruzione di apparecchi a basso costo, qualcosa si stava muovendo in direzione di un profondo cambiamento. Il reagente di questo cambiamento fu proprio la pubblicità che, soprattutto dopo il 1926, rappresenta un elemento essenziale delle trasmissioni e una risorsa finanziaria indispensabile per la concessionaria. Il momento, soprattutto se riferito allo scenario internazionale, era favorevole a una tale espansione. Il 1925, con gli accordi di Locarno sembrava dischiudere unœepoca di 28
BENEDETTO BARBIERI, I consumi nel primo secolo dellœUnità dœItalia (1860-1960), Milano, Giuffrè, 1961. Nel 1926 Mussolini, in seguito alla politica di diffusione degli apparecchi e del conseguente aumento degli abbonamenti, lanciò la parola dœordine Una radio in ogni villaggio e LœEIAR nello stesso anno bandÏ un concorso rivolto alle imprese costruttrici per la realizzazione dellœapparecchio Radiorurale, un ricevitore che doveva rispondere a requisiti di solidità tecnica, facilità dœuso ed economicità , destinato, in primo luogo e a prezzi scontati, alle scuole, alle organizzazioni ufficiali del partito, del sindacato, del dopolavoro. Il regime pensava di innervare il sistema radiofonico nazionale attraverso le sedi scolastiche, i luoghi ufficiali, di riunione e di incontro e di favorire cosÏ al massimo lœascolto collettivo in ambienti pubblici ideologicamente controllati e controllabili. FRANCO MONTELEONE, La radio italiana nel periodo fascista, Venezia, Marsilio, 1976, pp. 108-109. 29
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pace duratura e di cooperazione tra i popoli, di stabilità e di progresso; sul piano interno, dopo il discorso di Mussolini del 3 gennaio, il fascismo si avviava a diventare regime procedendo rapidamente nel suo disegno di integrazione delle masse nel nuovo progetto istituzionale dello Stato. Gli articoli La prima parte del «Radiorario», come si è già detto, rappresenta quella discorsiva della rivista, dove si contrappongono articoli meramente tecnici sullo stato di avanzamento degli apparecchi radiofonici e sulla comprensione di termini ingegneristici o elementi di fisica, delle inaugurazioni delle nuove stazioni radiofoniche in tutto il mondo, ad altri di carattere più leggero e di argomento completamente diverso, come la biografia degli artisti che si esibivano per la URI. Come da consuetudine, le prime pagine di un periodico (per esattezza la terza) erano di contenuto spiccatamente culturale, erano una vetrina aperta sulla letteratura, sulle scienze, sull¶arte. Nomi di illustri letterati, filosofi, pensatori, scienziati hanno sempre impreziosito le prime pagine dei più noti quotidiani italiani con reportage famosi, critiche, riflessioni, che servivano a far scuotere gli animi e ad alimentare dibattiti nell¶opinione pubblica. Sebbene nel primo anno di vita del «Radiorario» non ci siano firme altisonanti ± l¶unica è quella di Alberto Gasco ± la rivista assolve in pieno l¶intento culturale delle prime pagine. Infatti, tralasciando i noiosi articoli tecnici dedicati più agli addetti ai lavori e ai radioamatori che all¶intera popolazione, le numerose biografie di cantanti e musicisti riflettono il primario scopo del giornale e del mezzo radiofonico, cioè quello di educare le masse. Fin dal primo numero, accanto ad un dettagliato articolo tecnico sulla stazione radiofonica di Roma dell¶Ing. Corrado Tutino, compare un articolo a firma del critico musicale Alberto Gasco,30 sul soprano Luisa Tetrazzini. L¶illustre critico scriverà ancora un bellissimo articolo su Ottorino Respighi, 31 pianista dalla fama internazionale, e sua moglie Elsa Olivieri Sangiacomo esaltandone le capacità vocali ma rimproverandole la sua inerzia artistica. Quando a Gasco verrà affidato l¶incarico di direttore artistico dell¶U. R. I. Alberto de Angelis gli dedicherà un articolo che descrive minuziosamente la sua personalità. Già in questi primi articoli è facile intuire come la biografia di uno o di un altro artista non è solo una semplice descrizione cronologica di eventi, ma mette in luce lo stato della musica di quel periodo e dei suoi esecutori che si esibiscono negli edifici teatrali, nelle sale da concerto o all¶aperto per allietare il settore del loisir. Infine a riempire le prime pagine del «Radiorario» c¶erano le rubriche «Apprezzamenti sulla Stazione di Roma» e «Corrispondenza coi lettori». La prima raccoglieva 30 Per la biografia del critico musicale si può leggere l¶intero articolo di Alberto de Angelis su «Radiorario», I/7, 1925, pp. 2-3. Nella programmazione Alberto Gasco compare con i brani: La visione di Sant¶Orsola, Beata Beatrix, Meditazione. 31 Le opere più diffuse di Ottorino Respighi nella programmazione 1925 sono: Nevicata, Ballata, Se un giorno tornasse, Bella porta di rubini, La boutique fantastique.
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gli apprezzamenti, appunto, del pubblico radiofonico risiedente all¶estero che aveva piacere di sintonizzarsi sui programmi mandati dall¶Italia. Questo gradimento non si rivolgeva solo alla programmazione ma anche alla qualità della ricezione.32 La seconda rubrica, invece, rappresentava un vero dialogo con il pubblico, che molto spesso esprimeva lamentele sulla qualità della ricezione e quindi riceveva consigli su come risolvere le interferenze ed ancora, in questo spazio, l¶URI dava spiegazioni del perchè non venivano mandate in onda trasmissioni richieste dal pubblico stesso.33 La programmazione musicale Prima di addentrarci in numeri e statistiche, è opportuno delineare lo scenario musicale italiano di quel periodo denso di avvenimenti e di trasformazioni delle arti in generale che probabilmente non ha avuto precedenti nei secoli passati. Naturalmente il crollo di strutture statali e di valori considerati immutabili favorì il sorgere di movimenti artistici e filosofici miranti alla piena giustificazione e spiegazione della nuova realtà. Accanto ad un filone culturale ed artistico fondamentalmente tradizionale si affiancarono movimenti radicalmente innovatori che avviarono una lotta sistematica contro i mezzi espressivi convenzionali ereditati dall¶Ottocento. L¶atteggiamento dominante di molti letterati, poeti, drammaturghi, pittori, musicisti sembra essere quello di rivolta al passato e quindi di irriverenza verso la tradizione. 34 In Italia nacque, nel primo decennio del secolo, il movimento artistico e letterario del Futurismo, così chiamato perché rivelò una esasperata proiezione verso il futuro e la volontà di rompere radicalmente con la tradizione. Fondatore di questo movimento fu Filippo Tommaso Marinetti, il quale mise a punto le proprie enunciazioni in un Manifesto pubblicato a Parigi nel 1909: «1. Nous voulons chanter l¶amour du danger, l¶habitude de l¶energie et de la temerarité. 2. Les éléments esséntiels de notre poésie seront le courage, l¶audace et la révolte. [...]»35. Le nuove teorie di Marinetti (il dinamismo, l¶individualità, la libertà), vennero trasferite alla pittura, alla scultura, al teatro e quindi alla musica, adattate nel Manifesto dei musicisti futuristi firmato dal compositore Francesco Balilla Pratella.36 La natura radicalmente sperimentale di molte composizioni tra il 1900 e il 1930, procurò a queste opere la definizione di Nuova Musica, ossia musica che ambisce esplicitamente al rifiuto quasi totale dei principi che avevano fino ad allora regolato gli elementi costitutivi del linguaggio musicale (il timbro, la tonalità, il ritmo, la melodia, la forma) inventando nuove condizioni espressive e comunicative. I compositori non parlano più un linguaggio comune a tutta un¶epoca, ma ognuno adotta metodi 32
«Radiorario», I/8, 1925, p. 3. Ivi. ELVIDIO SURIAN, Manuale di storia della musica, 4 voll., Torino, Rugginenti, IV. pp. 7-14. 35 «Le Figaro», 55/51, 1909, p. 1. Nel «Radiorario», I/28, 1925, p. 3, c¶è un lungo articolo dedicato alla personalità di Marinetti e alle sue attività. 36 Francesco Balilla Pratella nella programmazione è presente con Le canzoni del niente. 33 34
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compositivi diversi e spesso più metodi sono messi in evidenza nella produzione di un singolo autore o in una singola composizione. É un tipo di musica che esige indubbiamente dal pubblico un particolare e un diverso modo di ascoltare: nessuno è in grado di comprenderla ad un primo ascolto in quanto non ci sono più temi facilmente riconoscibili, non c¶è più la regolarità del fraseggio e la struttura armonica basata su un¶armonia tonale.37 Mentre il dibattito musicale di quegli anni portava al culmine la riflessione sul binomio tra opera e sinfonia, tra il melodramma ottocentesco e la musica antica italiana, tra avanguardia e conservatori, la maggior parte della popolazione voleva solo essere protagonista di quell¶intrattenimento borghese ± orchestrine, cinema, moda, balli ± che avevano trasformato la quotidianità. E a questo pubblico soprattutto si doveva rivolgere l¶ente radiofonico. Pensiamo per un solo istante a togliere dalla programmazione dell¶anno 1925 il melodramma italiano: le trasmissioni sarebbero durate poche ore non riuscendo così a coprire l¶intera giornata. I nomi di Pietro Mascagni, Ruggero Leoncavallo, Umberto Giordano e Giacomo Puccini, per cominciare dal gruppo della Giovane scuola, li ritroviamo costantemente in tutti i 50 numeri del «Radiorario» con le opere più eseguite nei teatri. La Cavalleria Rusticana, l¶Amico Fritz, Iris, Ratcliff di Mascagni venivano eseguite più volte durante la programmazione giornaliera alternando le arie più famose o proponendo fantasie e potpourri; i Pagliacci e Mattinata di Leoncavallo erano riproposte costantemente quasi come se avesse scritto solo queste due opere; di Giordano Andrea Chenier e Fedora facevano parte oramai della quotidianità del pubblico radiofonico, infine Puccini con le arie più belle di Madama Butterfly, della Boheme, di Tosca, Manon Lescaut, La fanciulla del West. Questi autori erano accomunati da certe affinità stilistiche, come l¶uso di un tipo di vocalità molto enfatica più vicina al linguaggio parlato e soprattutto dal nuovo modo di concepire l¶opera come rappresentazione di elementi realistici e quindi si portavano in scena drammi amorosi d¶ambientazione contemporanea e rurale in cui la gente poteva identificarsi con le particolari situazioni emotive degli attori stessi. Al di là del successo di un¶opera o di un¶altra attraverso una critica favorevole o contraria, la direzione radiofonica era attenta ad ascoltare e preferire i gusti del pubblico, che venivano espressi attraverso la corrispondenza con i lettori e pubblicati ogni settimana. Perciò se la tendenza era quella di apprezzare l¶opera verista, veniva dato largo spazio a questo genere. É ciò che accade anche con Meyerbeer, Gounod, Bizet e Massenet che occupano largo spazio nella programmazione dell¶anno preso in esame. Non solo compaiono in tutti i numeri, ma anche con un cospicuo numero di opere: Carmen e L¶Arlesienne per Bizet, Faust per Gounod, Il Profeta, Gli Ugonotti per Meyerbeer e soprattutto Jules Massenet con Le roi de Lahore, Manon, Werther e Thais. Tra i francesi spiccano anche alcuni musicisti, sia per la loro produzione strumentale, sia per quella operistica: si tratta di Cèsar Franck con diverse sonate per vio37
MARIO BARONI-ENRICO FUBINI-PAOLO PETAZZI-PIERO SANTI-GIANFRANCO VINAY, Storia della Musica, Torino, Piccola Biblioteca Einaudi, 1999, pp. 381-385.
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lino e pianoforte e Camille Saint-Saëns con Danza Macabra, Samson et Dalila, La Solitaire, Ascanio, La fiancée du Timbalier. L¶affermazione del nazionalismo culturale germanico e la consapevolezza dell¶apporto determinante del classicismo viennese allo sviluppo della musica europea, non solo strumentale, alimentarono tra i letterati e i compositori il dibattito sulla creazione di un teatro musicale tedesco. Il vero creatore dell¶opera romantica tedesca fu Carl Maria von Weber le cui prime composizioni teatrali mescolano lo stile singspiel e quello dell¶opéra-comique. Anche questo autore è sempre presente nei cinquanta numeri del «Radiorario» del 1925 con Preciosa, Der Freischütz, Euryante e il fiabesco Oberon. Queste opere si alternano circa 250 volte nel palinsesto insieme ad altre opere strumentali. Ma procediamo con ordine. $ VRYUDVWDUH OD ³FODVVLILFD´ GHJOL DXWRUL SL HVHJXLWL è senz¶altro Richard Wagner (nella programmazione settimanale compare mediamente con 25 opere; ciò vuol dire che in 50 numeri lo si ascolta ben 1.250 volte). Questi i brani più diffusi: ParsifalFantasia, Parsifal-Incantesimo del Venerdì Santo, Parsifa l- Scena dell¶Agape, che, tratta da una leggenda del ciclo medievale della Tavola rotonda, esalta la confluenza di arte e religione; Lohengrin-Zug zum Münster, Tannhäuser - Aria di Elisabetta, Tannhäuser-Coro dei pellegrini, Tannhäuser-aria del Landgraf, Il Vascello Fantasma-coro dei marinai, che hanno in comune il tema della redenzione dal male attraverso un atto d¶amore e l¶ambientazione dei soggetti non è più nella storia, ma nel mito germanico medioevale; Tristano ed Isotta-Preludio del 3° atto, in cui vi è il tema dell¶esaltazione suprema della passione amorosa; Walkiria - Winterstürme wichen dem Wonnemond, Congedo di Wotan ed Incantesimo di Fuoco della saga dell¶Anello dei Nibelunghi che racconta di Wotan e degli dei che rubano l¶oro ai Nibelunghi. A contendersi il titolo nella classifica degli autori più eseguiti con il compositore tedesco è senz¶altro Giuseppe Verdi. Otello-Sogno, Ballo in maschera-Alla vita che t¶arride, Rigoletto-Monologo, Vespri siciliani-Bolero, Forza del destino-Urna fatale, Rigoletto-Parmi veder le lacrime, La Forza del destino-Oh tu che in seno agli angeli, Il Trovatore-Aria di Azucena, Aida, Nabucco-ouverture, La Traviata-Fantasia, risuonano e si diffondono attraverso lo strumento radiofonico circa 950 volte nell¶arco di un anno. La popolarità di Verdi deriva non solo dalla sua genialità di compositore, ma anche per i profondi e positivi legami che egli ebbe con la società del suo tempo. Al contrario di tanti artisti dell¶Ottocento che manifestavano disagio e perfino disprezzo nei confronti del mondo borghese che li circondava, Verdi dimostrò sempre una sorta di condivisione spontanea per le idee e i valori della società in cui viveva, la quale a sua volta lo amò e lo apprezzò come uno dei suoi più autentici rappresentanti. Il melodramma italiano era presente nella programmazione radiofonica con tutti i suoi massimi esponenti: Rossini, che lo delineò nei tratti essenziali, Bellini con le sue melodie purissime, Donizetti il più prolifico operista di tutto il secolo, e Ponchielli con il suo lirismo generoso e appassionato. Questi autori non hanno la preponderanza di Verdi o Wagner, ma con le loro principali opere ripercorrono tutto l¶anno preso in esame: l¶Italiana in Algeri-Sinfonia, il Barbiere di Siviglia-Una voce poco fa, Gu96
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glielmo Tell-Ouverture, Tancredi, Cenerentola, lo Stabat mater per soli, coro e orchestra di Rossini comparivano ben 600 volte; Bellini con I Puritani e Norma avevano circa 100 esecuzioni; La Figlia del Reggimento-ouverture, la Favorita-Vien Leonora, L¶Elisir d¶amore-Aria di Dulcamara e Lucrezia Borgia di Donizetti furono diffuse circa 250 volte; infine con 75 presenze Amilcare Ponchielli con I lituani, I Promessi sposi e La Gioconda. Naturalmente la direzione artistica dell¶URI badava bene a non mandare in onda l¶intera opera, ma solamente le melodie più belle e facili da ricordare che facevano parte della cultura popolare di inizio secolo. Sebbene queste occupassero una larga fetta della programmazione radiofonica, la musica strumentale non era da meno sia in termini di opere che di autori dal barocco al romanticismo. Una grande quantità di musiche settecentesche riempiva le pagine del «Radiorario»: Bach, Händel e soprattutto Haydn, Mozart e Beethoven. L¶atteggiamento di riscoperta della musica antica veniva dai numerosi concerti imperniati interamente sul repertorio rinascimentale e barocco voluti da compositori e cantanti, molti dei quali costituirono delle società proprio con lo scopo di promuovere musica antica.38 Il gruppo dei compositori dell¶età classica sostenevano la metà delle ore di programmazione radiofonica; complessivamente Mozart, Beethoven e Haydn vengono mandati in onda per ben 4.200 volte nell¶intero anno 1925. Di questi autori si prediligeva la varietà dei generi e delle forme musicali avvenuti in un periodo di cambiamento del mondo occidentale che portò al graduale riconoscimento di governi ispirati dalla borghesia liberale e di conseguenza cambiamenti delle strutture sociali ed economiche. Anche la liederistica emerge con vigore da questa analisi sulla programmazione: i due massimi esponenti di questo genere Schubert (Heidenrösleine, Der Lindenbaum, Ave Maria, La casa delle tre ragazze, Rosmunda, Who is Sylvia?) e Schumann (Il giglio, Frühlingsnacht, Notte di Primavera, Il ministrello, He the Best of All) occupano i palinsesti rispettivamente con 1.230 e 1.050 esecuzioni. E poi la musica romantica: il riconoscimento dei valori delle culture nazionali, la scoperta e la rivalutazione dei canti e delle tradizioni popolari, il liberarsi dalla concezione che poneva al centro del momento creativo la forma sonata a favore di nuove forme ripensate in termini linguistici rinnovati, erano le caratteristiche di questa musica che pure aveva largo spazio nella definizione dei palinsesti settimanali. Felix Mendelssohn ben 750 registrazioni (Sogno di una notte di estate-Notturno, Sinfonia n. 3-Adagio e Scherzo, Concerto per violino in re minore, Dann werden die Gerechten leuchten, Rheinweinlied, Scherzo in mi minore), Fryderyk Chopin 700 programmazioni (Impromptu in La bemolle, Due Mazurke, Notturno n. 5, Three Valses, Ballata in Fa minore), Franz Liszt 200 registrazioni (Rapsodia ungherese n. 2, Seliger Tod, Fugue on the name Bach), Johann Strauss 800 (Mein Lebenslauf ist Lieb¶ und Lust, Voci di primavera-valzer, Valzer Viennese, Die Fledermaus-potpourri, The last 38 Una di queste società è la Libera estetica costituita dal pianista, cembalista e compositore svedese Paolo Litta, dalla cantante Ida Isori (nel «Radiorario», I/31, 1925, p. 3 si può leggere la sua biografia) sua moglie e dal violinista Emilio Wittwer.
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Waitz) e Johannes Brahms 600 (Danza ungherese n. 7 in la maggiore, Valzer op. 39, Rapsodia in si minore, In der Fremde-Lied Auklange, Danza ungherese n. 1 in sol, Sinfonia in do minore op.68, In stiller Nacht), Hector Berlioz compare circa 150 volte con il suo Faust. Volutamente i titoli delle opere sono lasciati nella lingua che riporta il ÂŤRadiorarioÂť in base alla stazione che manda in onda quella composizione. Si può notare che nelle programmazioni delle stazioni estere i titoli delle varie opere venivano riportati nella lingua originale, mentre per le opere piĂš famose il ÂŤRadiorarioÂť sceglie di tradurre il titolo in lingua italiana. Inoltre, curiosamente, nella programmazione non si susseguono quasi mai due autori dello stesso periodo o nazionalitĂ prediligendo una maggiore varietĂ di generi, forme ed epoche. Durante lÂśDQQR LO Š5DGLRUDULRÂŞ KD GHFLVR GL LQWHJUDUH DOOH VWD]LRQL ÂłFODVVLFKH´ un numero sempre maggiore di stazioni radiofoniche soprattutto inglesi e tedesche. Infatti nel primo numero sono presenti le programmazioni di Roma, Parigi, Vienna, Lipsia, Breslavia, mentre negli ultimi numeri vengono gradualmente inserite le stazioni di Milano, Tolosa, Lione, Berlino, Cadice, KĂśnigsberg, Monaco di Baviera, Stoccarda, Francoforte sul Meno, Londra, Daventry, Birmingham, Berna, Hilversum, Bruxelles, Vienna, Zurigo, Losanna, Budapest, Graz, Dresda, Dortmund, Barcellona e Madrid. Con lÂśaumento del numero delle stazioni naturalmente cresce anche lÂśeterogeneitĂ degli autori mandati in onda. Questo vale per la maggior parte delle stazioni europee mentre in quelle inglesi e spagnole si può notare una maggiore attenzione, e quindi un maggiore spazio concesso nel palinsesto, agli autori espressione di cultura locale, gaelica per le stazioni inglesi e catalana per radio Barcellona.39 Per completare il quadro degli autori che compaiono in tutti i 50 numeri vanno menzionati quel gruppo di musicisti provenienti da quei paesi dÂśEuropa che avevano gravitato nellÂśorbita della cultura musicale italo-franco-tedesca e che con la crescita dei diversi nazionalismi manifestano una crescente volontĂ di emancipazione attraverso una rivalutazione del patrimonio popolare e la valorizzazione dei caratteri peculiari delle diverse tradizioni storico-musicali. Il movimento nazionalista in musica ebbe particolare intensitĂ in Boemia e tra i primi compositori che si dedicarono alla valorizzazione della particolare intonazione della melodia ceca nel teatro musicale e nel repertorio VLQIRQLFR 6PHWDQD $QWRQLQ 'YRÄ&#x153;DN *OLQND 0XVRUJVNLM *OD]XQRY %RURGLQ (GYDUG *ULHJ Ă˝DMNRYVNLM Gli autori fin qui citati sono sempre presenti nei 50 numeri del 1925 e anche con un numero di opere piuttosto elevato; invece restano sullo sfondo a fare un poÂś da cornice ad una corposa programmazione gli autori come Isaac Albeniz (Sevillana, Torre vermiglia), Enrique Granados (Danza spagnola in do minore, Two tonadillas, Goyascase), Edward Elgar (The ShepherdÂśs Song, Britain, Ask of Thyself, Land of 39 Come esempio si può osservare il ÂŤRadiorarioÂť, I/38, 1925, p. 9 dove nel palinsesto di radio Barcellona troviamo una preponderanza di artisti spagnoli, molti dei quali catalani, come Granados, Albemi, Caballero, Poli, Ventura, Gomez, Vives, Serrano, Pacheco, Xicola, Novell, Gallardo, Panaderos. Nel ÂŤRadiorarioÂť I/7, 1925, p. 17 nella programmazione di radio Manchester troviamo Protheroe, Henry, Vaughan Williams, Somervell, Evans, Davies, Owen, Purcell.
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Hope and Glory, Carillon), Ralph Vaughan Williams (Linden Lea, The Carter, A Farmyard Song-Quartetto), Gustav Holst (Suite Giapponese), Leo Fall (La rosa di Stambul, Madame Pompadour, La principessa dei dollari), Friedrich von Flotow (Marta), Edward German (Merrie England, The Emerald Isle), Kalman Emmerich (Contessa Maritza, La principessa della Czarda), Edouard Lalo (Le roi dœYs), Lortzing Albert (Zar und Zimmermann, Der Wildschßtz), Millocker Karl (Gasparone, Lo studente mendicante), Thomas Ambroise (Mignon, Raymond). Naturalmente le stazioni radio avendo naturale interesse a soddisfare i gusti e le preferenze del pubblico avevano previsto la presenza nel palinsesto anche di compositori e musicisti contemporanei intercettando le diverse influenze provenienti dal variegato mondo musicale. Riferendoci in particolar modo allœItalia vale notare che, diversamente da altri nazionalismi culturali europei non era esistita nellœItalia dellœOttocento una vera musica folkloristica. Questœultima era stata sostituita dallœDXVWULDFDQWH ³PXVLFD OHJJHUD´ YDO]HU SRONH H PD]XUNH ¹ tra le opere piÚ trasmesse troviamo, ad esempio, quelle di Giovanni Bolzoni, Ferruccio Busoni, Ferruccio Volpatti ¹ e dai popolarissimi repertori delle canzoni dœautore in dialetto, principalmente quello napoletano. Per quanto coltivata e diffusa presso tutti gli strati sociali la canzone napoletana appartiene ad una sfera culturale superiore. In essa, infatti, la tradizione popolare si mescola con elementi derivati dal melodramma e dalla romanza da salotto ottocenteschi. I suoi musicisti non furono incolti o geniali improvvisatori, bensÏ artisti perfettamente padroni della tecnica della composizione: Luigi Denza, Enrico De Leva, Alfredo DœAmbrosio, Ernesto De Curtis e Francesco Paolo Tosti. Tra le loro composizioni piÚ diffuse troviamo Occhi Turchini, Amami, Occhi di fata, Si vous lœaviez compris (Denza); Canta il mare, Passa Pierrot, La Pavana (De Leva); Serenata, Canzonetta op. 6, Serenade op. 4 (DœAmbrosio); Torna a Surriento, Non ti scordar di me, Canta peœ me (De Curtis); La serenata, Tœamo ancora, Per un bacio (Tosti). Oltre a questi artisti di tradizione napoletana, tra gli esponenti della musica leggera italiana, mandati in onda dalle varie emittenti radiofoniche, ci sono: Giuseppe Becce (Souvenir di Capri, Serenata dœamore, Serenata siciliana), Vincenzo Billi (E canta il grillo), Gaetano Braga (Napolinatella, Serenade), Antonino De Lizza (Teresenella, Core ¾ngrato, Capua Maria MarÏ), Ernesto Tagliaferri (Qui fu Napoli, Mandulinata a Napule). Per quanto riguarda, invece, la musica contemporanea straniera sono frequenti i nomi di Martin Shaw (The little waves of Breffy, Cargoes, The rivulet), Albert Mallinson (Eldorado, We Sway along), Chris Smith (Gitana, The spider and the fly), Roger Quilter (Now sleeps the crimson petal), William Henry Squire (The singing lesson, If I might only come to you), Wilfrid Sanderson (Devonshire cream and cider, One morning very early), Alfred Scott-Gatty (Due canzoni delle piantagioni), Vincent Youmans (No, no, Nanette). Da quanto emerge dallœanalisi condotta sullœintero anno 1925 le varie stazioni radiofoniche hanno cercato di creare un equilibrio tra i vari generi preoccupandosi di dare sempre maggiore attenzione alle novità musicali. A tal proposito la stazione ra99
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diofonica di Roma si differenziava dalle altre per la quasi totale mancanza nella programmazione di artisti o composizioni di musica jazz, dedicando loro solo gli ultimi minuti prima della chiusura delle trasmissioni con una generica dicitura «Jazz band dell¶Albergo di Russia».40 Questo non è rappresentativo della cultura musicale di quegli anni durante i quali anche in Italia si sviluppa un interesse sempre maggiore per il jazz visto che anche il regime fascista aveva assunto nei confronti della musica americana atteggiamenti piuttosto morbidi.41 Attraverso le emittenti estere gli italiani potevano ascoltare: Maurice Yvain (On m¶a-fox trot), Julien Porret (Sameyama-fox trot), Shelton Brooks (Strutter¶s ball-fox trot), Henry Busse (Hot lips-fox trot), Richard Armstrong Whiting (Ain¶t we got fun-fox trot), Berlin Irving (Alexander-two steps), Brown Ignacio Herb (When budda smiles-fox trot), Josef Szulc (Le trottin-fox trot). Una ulteriore considerazione sui dati ricavati dall¶analisi della programmazione è quella che riguarda la presenza femminile nella musica di quegli anni. Il numero delle donne compositrici è praticamente impercettibile se paragonato a quello dei compositori di sesso maschile eppure mette in evidenza la presa di coscienza e l¶affacciarsi di aspirazioni di identità come musicista di professione anche da parte della componente femminile. Si tratta dell¶inglese Liza Lehmann (My self when young, The life of a rose, Lerding song, Cherry ripe, Parody Pie); dell¶inglese Teresa Del Riego (Horming, Sink ± red sun); la francese Camille Denisty (J¶ai lu dans tes yeux, Le tango d¶esmeralda, Eperdument); l¶italiana Giulia Recli (Nenia); la scozzese Marjory Kennedy-Fraser (I love my lady, Eriskay love lilt, Sea reiver¶s song, Kishmul¶s gallery); la francese Hedwige Chretien (Pysannerie); l¶italiana Eva Dell¶Acqua (La Villanella). Conclusioni In questo contributo si è cercato di mettere in evidenza, da un lato, il rapporto radio-società prediligendo le vicende dell¶azienda concessionaria, con il formarsi, e il trasformarsi di specifiche professionalità radiofoniche; l¶emergere e lo sviluppo di un settore industriale, quello dei costruttori di apparecchi radio e di attrezzature radiofoniche; i complessi rapporti tra la radio ed il potere politico, in regime fascista prima, e poi in democrazia; l¶importanza dedicata all¶educazione musicale con numerose pagine di riflessioni e spiegazioni su ciò che veniva mandato in onda. 40 Si tratta dell¶Hotel de Russie in via del Babuino, 9 a Roma. In quegli anni era consuetudine offrire intrattenimento musicale ai propri ospiti al fine di attrarre una clientela sempre più numerosa. Si può pensare, ad esempio, alla regolare serie settimanale di concerti con orchestra realizzati nel teatro del Casino di Sanremo; presso l¶elegantissimo ristorante birreria Casanova, a Milano, era attiva la rinomata orchestrina diretta da Alighiero Stefani; l¶Hotel Excelsior di Roma ingaggiò diverse volte il trio Mirador. 41 $'5,$12 0$==2/(77,, Il jazz in Italia cit., p. 175. Gli anni 1924-29 furono, non solo in Italia, gli anni del Jazz. Il jazz era di moda. Se, prima del 1924, la stampa aveva indirizzato frecciate verso la musica americana, dopo il 1924 vi fu un¶inversione di marcia. Già nel 1924, inoltre, qualche raro musicista o musicologo di estrazione accademica aveva preso coscienza che il jazz era fenomeno da analizzare con una certa attenzione. Nel mese di ottobre, sul numero 10 della rivista «Musica d¶oggi» apparve un articolo non firmato intitolato Jazz, ragtime, blues in cui si citano alcune notizie su questo singolare genere musicale date dall¶americana Marion Bauer. Impropriamente si identificava con il «jazz» l¶orchestra, mentre con «jazz band» la batteria, ma nel 1924 non si poteva pretendere di più.
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Dall¶altro, invece, l¶universo dei programmi, i palinsesti appunto, attraverso una classificazione dei generi musicali e degli autori più trasmessi per capire le tendenze musicali e le contaminazioni tra vecchio e nuovo, tra nazionale e straniero. Due sono le caratteristiche-contraddizioni che emergono dallo spoglio delle riviste dell¶anno 1925: in primo luogo, lo scarso interesse da parte del pubblico per i programmi in quanto tali e l¶assai maggiore interesse per la tecnologia (un aspetto questo che resterà fortemente radicato fino agli anni Trenta, periodo a cominciare dal quale il «Radiocorriere» dedicherà un ampio spazio al dibattito musicale e alla spiegazione delle opere o dei concerti trasmessi); in secondo luogo, l¶immagine dello stesso pubblico attento alle scelte sonore dell¶ente radiofonico42 nei confronti sia di quei nuovi generi che pian piano diventavano familiari ed orecchiabili (la radio, abbiamo visto, cominciò ad ospitare orchestre sinfoniche, complessi jazz in cerca di fama e cantanti di musica leggera), sia del repertorio classico. Quel pubblico che, fortunatamente, non era arroccato nella difesa di un repertorio consueto, anzi, si apriva senza remore alla scoperta di nuovi mondi musicali. Tuttavia, in questo quadro abbastanza luminoso delle attività del mondo musicale si denotano notevoli diseguaglianze nel consumo musicale fra il pubblico del Nord e quello del Sud del Paese. Infatti escluse le città di Napoli, Palermo, Bari, Catania si può evincere, attraverso le trasmissioni dai teatri nelle pagine della rivista, una Italia, al centro-nord, attivissima, vivace e un¶altra Italia, quella al sud, in cui l¶imprenditorialità artistica era pressoché assente.43
42 Più volte si è ripetuto circa l¶attenzione che l¶ente radiofonico aveva nei confronti dei gusti del pubblico che molto spesso verificava attraverso referendum radiofonici. 43 CRISTINA CIMAGALLI, Un anno di concerti sulla stampa periodica, in Italia 1911. Musica e società alla fine della Belle Époque, a cura di Bianca Maria Antolini, Milano, Guerini Studio, 2014. p. 106.
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I44 Radio Orario Âą Periodico settimanale Âą Organo ufficiale della Unione Radiofonica Italiana Redazione e amministrazione Roma, via Maria Cristina 5 Âą Tel. 53-36. Abbonamenti: Italia e Colonie, fino al 30 Giugno 1925 L. 25 Âą Fino al 31 Dicembre 1925 L. 45. Estero: fino al 30 Giugno 1925 L. 50 Âą Fino al 31 Dicembre 1925 L. 80. Un numero separato L. 1,50. Anno I, n. 1 del 18 gennaio 1925 pagine
contenuto
1
Ai Lettori. Scopo del periodico: note sulla programmazione, cenni biografici sugli artisti, articoli sulla Radiofonia, corrispondenze coi lettori.
3
)RWRJUDILD GHO VRSUDQR /XLVD 7HWUD]]LQL FRQ GHGLFD ³5RPD 'LFHPEUH ´
4
Articolo di Alberto Gasco su Luisa Tetrazzini.
4
Impressione allÂśestero. Reazioni degli ascoltatori dallÂśEuropa e America sullÂśascolto del concerto della Tetrazzini.
4
Notizia sugli accordi con lÂśImpresa del Teatro Costanzi di Roma per la trasmissione delle opere lĂŹ rappresentate.
5
Unione R. I. Stazione di Roma. Lunghezza dÂśonda m. 425. Programmi da lunedĂŹ 19 gennaio 1925 a giovedĂŹ 22 gennaio 1925.
6
Programmi da giovedĂŹ 22 Gennaio a domenica 25 gennaio 1925.
6
Trafiletto pubblicitario.
7
Cartolina della redazione in ricordo della celebrazione della vittoria italiana, 4 novembre 1924.
8
Motivazione pel conferimento delle medaglie dÂśoro ai valorosi che nei locali dellÂśUnione Radiofonica, la sera del 4 novembre 1924, onorarono della loro presenza la festa per la celebrazione dellÂśanniversario della Vittoria.
9-11
La stazione Radiotelefonica di Roma.
11
Le ore di tutti gli stati esteri sono riferite al meridiano dellœEuropa Centrale. 3DULJL ³3HWLW SDULVLHQ´ - Lunghezza dœonda m. 345. Programmi da sabato 17 Gennaio a giovedÏ 22 gennaio 1925.
12
Radio Orario Âą Abbonamenti.
12
Tabella delle distanze in linea dÂśaria.
13
PubblicitĂ .
14
Programmi della Torre Eiffel (Parigi).
14
Sommario dei programmi inglesi da domenica 18 gennaio 1925 a sabato 24 gennaio 1925.
14
Amburgo Âą programmi da lunedĂŹ 19 Gennaio a sabato 24 gennaio 1925.
15
Zurigo Âą programmi da lunedĂŹ 19 gennaio a venerdĂŹ 23 gennaio 1925.
15-16
Monaco di Baviera Âą programmi da domenica 18 gennaio a domenica 25 gennaio 1925.
16
Praga Âą Radio giornale Âą Notizie del Radio. Programmi da lunedĂŹ 19 gennaio a Domenica 25 gennaio 1925.
16-17
Lipsia Âą Programmi da lunedĂŹ 19 gennaio a domenica 25 gennaio 1925.
17-18
Breslavia Âą Programmi da domenica 18 gennaio a domenica 25 gennaio 1925.
18-19
Francoforte sul Meno Âą Sueddeutscher Rundfunkdienest A.G. - Programma generale Âą programmi da domenica 18 gennaio a domenica 25 gennaio 1925.
44. In questa appendice è stato fatto lo spoglio di ogni pagina della rivista per tutto lœanno 1925. Per il presente contributo, a titolo di esempio, si riporta solo lo spoglio del Radio Orario I/1 del 18 gennaio 1925.
102
CARMEN BLASI
19
Vienna ± Radio Welt ± Programmi da domenica 18 gennaio a sabato 24 gennaio 1925.
20
Pubblicità ± Radiotelefonia Esposizione Salvadori ± Via Nazionale ± Largo Magnanapoli ± Roma.
21
Pubblicità ± Ing. Buini & Grandi ± Via Castiglione 8, Bologna ± Tel. 18-06.
21
Pubblicità ± Ufficio nautico Marconi ± Piazza Venezia 31 ± Trieste.
22
Pubblicità ± T.S.F. Esposizione Salvadori
23
Pubblicità ± S.I.T.I. - 6RFLHWj ,QGXVWULH 7HOHIRQLFKH ,WDOLDQH ³'RJOLR´
23
Spazio disponibile per la pubblicità.
24
Pubblicità ± S.I.R.A.C. - Società Italiana per la Radioaudizione Circolare.
24
Pubblicità ± Magazzini elettrotecnici ± Società anonima - Reparto radio.
103
104
19 21 16 16 21 20 21 16 19 19 17 15 16 16 19
Piouit
Albada
C¶est la mode et voilà
The B¶hoys of Tipperary, The wee McGregor. Fragrance
A une étoile, Cortege campetre. Plymouth Hol
Mary Jane
L¶ardita
Song of sadness
We all lore a pretty girl, When daisies pied, Under the greenwood tree.
Alstyne, Egbert van
Alvarez, Fermin Maria
Amelet *
Amers, Henry Gallon
Andrieu, Fernand
Aortis, *
Arditi, Luigi
Arenskij, Anton StepanoYLþ Arne, Thomas
Arnold, Billy
Ansell, John
Pussyfoot
19
La Vrada
Alden, *
Ancliffe, Charles
19 19 20 21 8
Mallorca, Cordoba, Cordoba, Celebre interlude de petita Jimenez.
Albéniz, Isaac
pagina 19
opere
Miss venus
Ailbout, Hans
autori
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
II45
I tempo del concerto italiano, 1° minuetto Musette, 2° minuetto Polacca, Concerto per pianoforte, flauto, violino e orchestra in re maggiore, If thou art near, o yes! µtis so, Preludio e fuga, Concerto italiano, Preludio in sol minore. Scherzo 2
Bach, Johan Sebastian
17 20 20 21
Tout près de vous, Au pays des sphinx, Petits potins.
18 Hamabdil
The Maid of Artois - ouverture
15
7
45
In tale appendice (che nella tesi è in formato digitale) sono elencati tutti i nomi degli autori citati nella programmazione – e delle relative opere eseguite – con il rimando al numero e alla pagina del «Radiocorriere». Si tenga conto che in molti casi è stata necessaria una ricostruzione biografica dei nomi citati, spesso con errori o lacune, portando alla luce anche numerosi ignoti contrassegnati da un asterisco. Per il presente contributo, a titolo di esempio, si riporta la tabella del «Radio Orario» I/7 del 28 febbraio 1925.
Bantock, Granville Ransome Barbirolli, Alfredo
Balakirev, Milij AlekVHHYLþ Balfe, Michael William
In the garden
Sweet was the song
Attey, John
Bajardi, Francesco
14
Too late
Atkins, Ivor
5 7 7 13 14 14 19 19 20
20 20 21 18
Souvenir, Le ruisseau clair, Tendresse jalouse.
Astresse, G.
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
1925 MUSICA ALLA RADIO NEGLI ANNI DELLA RADIO
19
21 15 16 16 16 16 16 16 16 16 16 15
La duchessa del Tabarin
Granadinas
Reverie, Les rondes des Lutins Vertige,
The little church
The lonely dancer of geilar, Summer dawn, Shelley¶s ode to music, Hamadryad, Homecoming, The coming of love, To a water lily at evening, Divertimento for piano and orchestra, The solitary prancer of katahn.
Bavarian dance
Bard, Leon
Barrera y Calleja
Bazzini, Antonio
Beaume, Georges
Becker, Albert
Bedford, Herbert
Bednarz *
7 15
20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 21 19
Quatre pièces, El torero, Marcia spagnola, Barcelone, Boléro, Habanera, La catalana, Valzer spagnolo, Marmouset, Sevilée (valzer), Cocodette.
Barbot, Alphonse
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
105
13 8 22 19 8 14 21 20 15 8
Amore nella neve - valzer Melodie May-dew Lazy Concerto per violino, Carnaval romain. Dans le chemin creux La patrouille passe, Listening Broken melody - violoncello
Benatzky, Ralph Benda, -LĜt Antonín Bennet, William Sterndale Berlin, Irving Berlioz, Hector
Besancon, G.F. Besly, Maurice Biene, Auguste van
Berthier, G.
8
Fantasia
Bellini, Vincenzo
5 7 7 7 8 8 11 11 13 13 17 17 18 18 19 20
Minuetto dell¶Op. 18 n. 5 Romanza in sol, Coriolano - ouverture, 2° sinfonia (Larghetto), Sonata n. 1 in re magg., Prima sinfonia, Terza sinfonia - eroica, Eroica - andante 11 Ouverture in do maggiore op. 124, Quinta sinfonia in do minore op. 6 Concerto per pianoforte in do minore, Minuetto, Adelaide, Andante del quartetto in fa op. 60, Quinta sinfonia, Rondò della sonata op.22.
Beethoven, Ludvig van
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
CARMEN BLASI
106 21 15 20 20
Op. 23 Minuetto, Quartetto in re magg. - largo e minuetto Menuet gothique
Dance russe
Clorinde à l¶Opéra, Jolie vilaine.
Bogetti, Edwin
Boischot, R.
Boëllmann, Léon
7 7
13 13 15 15 8
Boccherini, Luigi
Blodek, Vilém
Bliss, Arthur
Blech, Leo
5 6 13 16 18 19 19 19 19 19 19 19 19 19 21
21 21 15 16 21
L¶Arlésienne, Carmen - Habanera, L¶Arlésienne, Carmen - canto del toreador, Carmen, Carmen, Carmen - rapsodia Carmen - romanza di Micaela, Carmen - duetto dal I atto, Carmen - romanza del fiore, Carmen - romanza del III atto, Carmen - duetto di Carmen e Escamillo, Carmen - uscita di Escamillo, Carmen - Habanera, L¶Arlésienne - Carillon, pastorale e farandole. Heimkehr vom Feste, Mairegen The dandelion, The ragwort. Ouverture
Histoire ponctuée, Profil de parisienne. Lo, here the gentle lark, Bid me discourse. Les larmes de pierrot
Bizet, Georges
Bixio, Cesare Andrea
Bishop, Henry
Bilhaud, Paul
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
20 8 21 21 5 5 7 13 15 15 18 18 18 19 22
Allegro dal 2¶ quartetto, Principe Igor. Veilleurs de nuit Evviva l¶Europa Antoinette, Avec mes cent sous, Valzer, Domenica, La luna splende, Tre duetti, Danza ungherese in fa minore, Rapsodia in sol minore op. 79, May night, Messages, Quartetto in sol minore op. 25, Danza ungherese n. 2, Nachtgesang.
Borodin, Aleksandr Porfir¶HYLþ Bossi, Marco Enrico Bousquet, Louis
Bruch, Max
Brooks, Shelton
Concerto in re min.
Strutter¶s ball - fox trot
12
8
16 18 18 5
The Londonderry air, Sea foam, Moonlight. Bridge, Frank
Io non lo so
19
La dolores
Bréton, Tómas
Brogi, Renato
6
Ultimo rogo
Breschi, Laura
Brahms, Johannes
Bosc, Auguste
14
Air de ballet
Borch, Gaston
5 19
7
Mefistofele - Giunto sul passo estremo
Boito, Arrigo
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
1925 MUSICA ALLA RADIO NEGLI ANNI DELLA RADIO
107 7 21 21 21 6 21 21
CatarĂŹ CatarĂŹ
Adiurna nos
Serenade des fleurs, Serenade, Violon tzigane.
Romanza
Nuit de hoggar,
CÂśest la mode et voilĂ
Cardillo, Salvatore
Casali, Giovanni Battista
Cazes, Mario
Cecconi, Guglielmo
Chabron, P.
Chagnon, Pierre
6
6
Jota aragonese
5 7 7 7 7 17 20 21 21
Op. 5 Romanza, Chanson triste, Serenata malinconica, Romanza senza parole, Danza russa, Andante cantabile, Variations sur un theme rococo, Eugène Oneguine - Fragments Chant sans paroles.
Capo *
17
At Dawning Op.29.1
Cadman, Charles Wakefield ýDMNRYVNLM PÍtr IlœLÞ
5
8
Hot Lips - fox trot
Busse, Henry
Canto Religioso,
15
GrasshopperÂśs dance
Bucalossi, Ernest
Cantarini, Aldo
21
La bourrĂŠr, chanson Ă danser
Bruneau, Alfred
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
20 20 21 15
Eleonore Danse des patagon Pierrot joyeux, Virelai dÂśAlsace. Since the day
Chantrier, Albert Chappelle, Frederik Charmettes, Victor
20 17 19 7 19
Still in dreams I see her Agua, azucarillos y aguardiente Adriana - romanza Pasadena
Chuckerbutty, Oliphant Chueca, Federico Cilea, Francesco Clarke, Rebecca
20
Madame - operetta
ChristinĂŠ, Henri
Danse Paidouchka
21
Sous lÂśombrelle
Choura *
Christoff, Dobri
7 7 8 8 11 11 11 15 19 20
Valzer in si min., Valzer in re magg., Minuetto, Mazurka in la minore (violino), Das Ringlein, Mädchens wßnsch, Litanisches sied, Scherzo della sonata op. 35, Polonesa in La bemolle, Mazurka.
Chopin, Fryderyk
Charpentier, Gustave
15 16 21 21
Miniature suite 3 arie, Petite suite, Si jÂśetais jardinier.
Chaminade, CĂŠcile
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
CARMEN BLASI
108
14 17 20 21 19 14 16 16 18 18 15
If I were a lark
I pitch my lonely caravan
Joyeux pantins
La legende de la moisson
Why dear
Petite suite de concert, A lament, By the waters of Babylon, The waking song, Eleanore.
Bric-à-brac
Sonata in re, Adagio, Grave, violoncello.
Adagio
Manon
Canzone di Mignon
Chitarrata a Rita, Mare addormuto, Ammore mio cantava, A canzone d¶e fronne, Notturnino.
Clutsam, George Howard
Coates, Eric
Coda, Charles
Codini, Pierre
Cohen, Henry R.
Coleridge-Taylor, Samuel
Coote, Charles
Corelli, Arcangelo
Corti, Mario
Cortopassi, Domenico
Costa, Mario Pasquale
Cotogni, Mario
6 6 6 6 7
5
6
6
5 7 8
22
She wondered down the mountain side
Clay, Frederic
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
18 18 15 21
Robin Ddiog, Wrth efo Deio-i With David to Towyn. Scène de ballet Danse rituelle de feu. De Micheli, Giulio
De Beriot, Charles Auguste De Falla, Manuel
Davies, W. Hubert
6 6 6
18
I love the jocund dance
Davies, Henry Walford
Serenata, Danza delle bambole, Baci al buio.
18
Charming bird
David, Lee
Dardany *
21
Un reve
Dantin, J.
Venise la jolie
El matador
Dacette, Léon
Daris, Jean
21
Kermesse flamande
D¶Aubel, Henri
7 19 21
20
Paysannerie, Andantino, Tarantelle, Cinsoucieuse.
D¶Ambrosio, Alfredo
Les hirrondelles, Con, Con. Dream of orient
21 21 21 21 21
Le printemps nous commande
Curty *
Daquin, Louise-Claude
7 19 20 20 21 21
Le carillon de Cithère, Soeur Monique, Chanson Louis XIII et pavane, Alba provençale, Les nations.
Couperin, François
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
1925 MUSICA ALLA RADIO NEGLI ANNI DELLA RADIO
15
21 21
Autumn leaves
La Source, Coppèlia. Occhi turchini, A May morning. Decave
Romance sans paroles
Delacour, Alfred
Delibes, Léo
Desmoulins, Romain
Destombes, Pierre
109 16 15 20 20 21 21 19
The aeolian lyre
Thanks be to God
Minuetto
Danse villageoise
Caquetage
Decave
The fast mile
Favorita - o mio Fernando, Lucia, regnava nel silenzio, Favorita - spirito gentil.
Dicks, *
Dickson, Ellen
Diémer, Louis
Dimitrescu, Constantin
Domerc, Jules
Dommel, Lucien
Donaldson, Walter
Donizetti, Gaetano
6 7 19
6
Romanza
Di Pietro, M.
Denza, Luigi
19
Oriental
Delabre, Christophe
5 14 7 14
5 14 15 16
Adagio del quartetto in sol min. op. 10 L¶Après-midi d¶un faune, Leah¶s song, Arabesca.
Debussy, Claude
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
18
Fête au harem The fiddler of dooney
Duhamel, Maurice Dunhill, Thomas Frederick
Dussek, Jan Ladislav
Dupont, Gabriel
Cabrera, Cabrera - 2° aria. Allegre du concert en si bemol
20
5 7
21
20
L¶hiver chasse
Dufrenne, Marc
Reverie
21
Vieille chanson
Droeghmans, Maurice
Dunkler, Emile
15 19 19 21
Hej-Haj, Serenata a Cubelik, Sérenade.
Drdla, )UDQWLãHN
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
CARMEN BLASI
110 8 19
The Gordon march
Preludio dÂśAfrodite
Madabia
Ellis, H. J.
Erlanger, Camille
Esposito, Michele
11 11 20 14 15 17 18 18 15
7 7 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 12 13 15 15 15 15
Saluto dÂśamore, Land of hope and glory, Love is greeting, Feasting watch, Pleading.
Humoresque, Danza slava n. 3, Le danze slave, La felicità desiderata, Adagio del concerto per violino in la min., Armida, Valzer, Rondò per violoncello, Romanza, Quartetto, Sonatina, Balli slavi, Concerto per violino, Dal nuovo mondo, Seconda danza slava, Concerto per violino, Canzonetta, Magyar song, Tune Thy strings, Canti francesi, Slavonic dance n.3 in re, Symphony from the new world n. 5 in mi minore. Il barone degli zingari, Die Mßhle im Schwarzwald, Les cloches du soir.
Elgar, Edward
Eilemberg, Richard
'YRÄ&#x153;iN AntonĂn
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
15 20 7 20 21 21 18 21 20 20
Die Rose von Stambul The night wind Scherzo varie Ave stella, Berceuse, Rieuse marquise, Romance. Am I to Blame Sous lÂśombrelle Rigaudon A la veillĂŠe
Fall, Leo Farley, Roland Fauchey, Paul FaurĂŠ, Gabriel
Fazioli, Billy Ferney * Feuillard, Louis Raymond FĂŠvrier, Henry
Finucane, H.C.
Finck, Herman
Filippucci, Edmondo
Looking backward, Chopiniana. Two irish dances
8 8 8 20 21 16 18 15
10
Cartre
Evans, W.T.
La Monna - ouverture, La principessa cieca - valzer. Appassionato, Adoration, En gaite.
17
Brythonic - ouverture
Evans, Thomas Hopkin
Fietter *
17 17 18 18 17
Yr hen gerddor, Moors of the valley Teyrnged cariad, Y delyn aur.
Evans, David Pugh
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
1925 MUSICA ALLA RADIO NEGLI ANNI DELLA RADIO
111
8 21 20 21 20 8 8 8 14 18 8 19 17 21 11 19 20 8
Una canzone
Danse napolitaine.
Carnaval, Danse montagnarde. Rigaudon
La monna - ouverture
Canto indiano, Serenata per violoncello, Lieberswerbung, Chanson.
Leggende del Danubio
Cordoba
La cinquantaine, Suite gaie. Due ouverture
Soltera casada
Sidi tam tam
La carovana
Il mio bambino
Forster, Georg
Fosse, Paul
Fourdrain, Fèlix
Fourqueray, Antoine
Franceschi *
Friml, Rudolf
)XĂžtN Julius
FustĂŠ, Ernesto
Gabriel, Marie Jean
Gade, Niels Wilhelm
Galobardas y Quiros
Gauwin, Adolphe
Gay, Vivian
Geiger, Erno
8
20
Au cours la reine
Fontaine, C. V.
Fogg, Eric
15 18 18
Goms of Erin, Sylvan scenes. Sea sheen
Fletcher, Percy
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
Novellette, Spanish serenade, Serenade espanole. La vie pour le Czar - ouverture La principessa cieca - valzer. Orfeo. JÂśai perdu mon Eurydice, Gavotte tendre. Jocelyn - valzer, Scene champetre de La noce villageoise. Reminiscences of Wales, Reminiscences of Wales.
Glazunov, Aleksandr KonVWDQWLQRYLĂž Glinka, Michail ,YDQRYLĂž
Godfrey, Fred
19 21 8 21 16 17
15 15 15 15 16 17 20 7
Taj mahal, The dreaming lake, Lilies of the valley, Song of the cherry tree.
Glass *
Gluck, Christoph Willibald von Godard, Benjamin
6 7 8
19 19 6 17 21
22
6 7
Siberia - fantasia, Andrea Chenier - fantasia, Fedora - aria.
Katja la ballerina, Lamento. Lettera di Manon - gavotta, Far from the ball, Autrefois e aujourdÂśhui.
Alba, Le rossignolet. Elselein
Giordano, Umberto
Gillet, Ernest
Gilbert, Jean
Gierl *
Gianolio
Primrose
16 17 18 18 18
Henry VIII, Welsh rapsodie, O peaceful night, Gipsy suite.
German, Edward
Gershwin, George
16
Duet for two piccolos
Genin, Pierre
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
CARMEN BLASI
112
14 18 8 21 8 8 14 15 16 17 17 18 18 19 19 19 20 20 7 19
Sakuntala - ouverture
Honolulu
Concerto per violoncello
Le baiser
La colombe entr¶acte, Danza italiana, Faust - saluto a te, Evening, Faust - serenata, Filemone e bauci, canto di vulcano, coro dei soldati, Inno a S. Cecilia, Filemone e Bauci - canto di Vulcano, Giulietta e Romeo, Faust, Faust - Salve dimora.
Près du Bosphore, Les enfant des douars. El majo discreto, El majo discreto.
Goldmark, Carl
Goldstein, Nat
Goltermann, Georg
Goring Thomas, Arthur
Gounod, Charles
Gracey, Maurice
Granados, Enrique
20
Deuxième mazurka
Goens, Daniel van
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
20 17 8 14 14 15 18
Radames - danza egiziana My Little Welsh Home Bourrée, Oh sleep why dost thou, Leave me, I know that Ity redeemer lireth.
Guttinguer, Roger Gwynn Williams, William Stanley Händel, Georg Friedrich
Harty, Hamilton
A Rann of Wandering
19
Maria Rosa
Gumiera, A.
Guiraud, Ernest
Groffe, René-Paul
21 21 20
5 5 6 7 7 8 13 14 14 14 14 14 14 14 15 15 15 15 19 22
Erotik, Peer Gynt - La morte di Ase, Peer Gynt - Nel castello de Re della montagna Sonata op. 8 La notte di S.Giovanni, Luccello, Minuetto, Ouverture, Balli norvegesi I e II, Ballo norvegese n. III, Letter Frühling, Im Kahne, La canzone di Solveig, Ballo norvegese IV, Two norwegian dances, Nocturne, March of the dwarfs, Solveig¶s song, Le matin, Huldigungsmarsch. La cicale ayant dansé, Souvenir de Paris. Dede - fantasia
Grieg, Edvard
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
1925 MUSICA ALLA RADIO NEGLI ANNI DELLA RADIO
20 7 12 12 13 15 15 22 22 15 18 21 17 17 18 17 20 13 21 21 21 17 17 17 20
Pour colombine
Quartetto in re min. Allegro e andante, La creazione - arie e duetti, Sinfonia, Andante della sinfonia di Londra, The clock - sinfonia n. 101 in re maggiore, My mother bids me bind my hair, My mother bids me bind my hair, Sinfonia n. 2.
A blackbird singing, A green cornfield. Eviva la raquella
Gwlad de lyn
Morning hymn, Spring. The Three Comrades
Scherzetto
Duetto da ³2SHUQEDOO´
Berceuse, Passepied, Cinsoucieuse.
Waiata poi, Waiata maori, Song of the mere.
Per amilca silencia
Hauchard, Maurice
Haydn, Franz Joseph
Head, Michael
Henry, John
Henschel, George
113
Hess, *
Heuberger, Richard
Heurteur, Guillaume le
Hill, Alfred
Hillemacher, Paul
Herman, Hans
Hély, Marc
20
Canzonna
Hasse, Johann Adolf
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
16 18 21 22 20 17 20
Romance, J¶ai pleure en reve. Sous les etoiles Cwm Rhondda The lover¶s leap Humoresque, s Sträußle Invocation sur un prélude de Bach Poem Suite caucasienne - I e II parte
Hüe, Georges
Hughes, John Hughes, Richard Samuel Huguet y Tagell , Rogerio Humperdinck, Engelbert Hussonmorell, Valery Inghelbrecht, Désiré-Emile Ippolitow-Iwanow, Michail Michailowitsch
14 10
Serenata in mi maggiore Schwarzwaldmädel
Jensen, Adolf Jessel, Leon Joncières, Victorin de
18
21
Cortege campetre Jacquemont, René
Danza morava - intermezzo
21
Izoird, Louis
Eviva la raquella
Hufferath, C.
Huber, Hans
13 21 22 22 22 21 21 20
Senora - canzone, Love nest. Und bild¶ dir nur im traum, Lieb war die Nacht, Der Himmel hat kein Sterne so klar.
Hirsch, Louis
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
CARMEN BLASI
7 8 8 13 19 19 21 22 11 20
Minuetto, Mazurka in la minore - violino, Liebesleid, Caprice viennois, Tamburino cinese, Canción y Pavana, Les commeres sous Louis XV.
Jodellied
Mutter schröder
Soir d¶hiver
Krenger, Johan Rudolf
Kreutzer, Rodolphe
Kufferath, Hubert Ferdinand
The belle of New York
Kerker, Gustave
Kreisler, Fritz
18
Retreta austriaca
Kéler, Béla
11
19
Bonnie George Campbell
Keel, Frederick
Marcia
8 10 13 19 17
La princesse de la czarda, Die Csárdásfürstin, Contessa Maritza, Contessa Maritza.
Kálmán, Emmerich
Kranz, Adolph
19
Marcha ampurdanesa
Juncà, Malcior
15
20
Humoresque,
Jullien, René
Krakovak
10
La geisha
Jones, Sidney
Koerke *
18
Wood fairies
Jones, Hubert Wilfrid
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
21 8 19 20 20 21 17 17 17 21
Lander La Féria Benedicta es tu Mazurka des Tcherkesse, The black panther. Petite valse, Wed in the summer, Ohio, I love a lassie. La legende de la moisson
Lacombe, Paul Lacôme, Paul Lambert, Joan Baptista
Lauder, Harry Laurent, Charles-Hilaire
20 20 20 21 8 10 13 14 18 18 15 6 21
Tarantelle, Scènes hongroises, Poeme hongrois. Virelai d¶Alsace Il mondo è bello, Il conte di Lussemburgo, Marito ideale - aria Oro e argento - valzer. Myself when young Primo movimento del quartetto Moonlight - intermezzo Zazà - fantasia Celebre interlude de petita Jimenez
Lederer, Joseph Legay, Marcel Lehár, Franz
Lehmann, Liza Lekeu, Guillaume Lemare, Edwin Leoncavallo, Ruggero Letorey, Omer
Larmanjot, J.
Lamor Fils
18
Song of the open
La Forge, Frank
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
1925 MUSICA ALLA RADIO NEGLI ANNI DELLA RADIO
114
16 17 14 18
7 19 20 13 13 13 8 11 14 14 14 14 18
Abide with me, A farewell. By the Waters of Minnetonka
Hwang-hsu - marcia cinese
Rapsodia ungherese, Introduzione della leggenda di Santa Elisabetta, Polonese in mi, Sueno de amor, Sonetto del Petrarca. Canzone popolare di Grado
Anda, ridios
Menuet e allegro - violoncello
Die Mutter an der Wiege, Niemand hat¶s gesehn, Drigs auer: Valse bleu
Zar e falegname, Der Waffenschmied, Der Waffenschmied - ouverture, Undine - fantasia, Undine - aria Zar und Zimmermann - fantasia.
The peacemaker
Liddle, Samuel
Lieurance, Thurlow
Lincke, Paul
Liszt, Franz
Liuzzi, Fernando
Llanach, J. B.
Loeillet, Jean-Baptiste
Loewe, Carl
Lortzing, Albert
Lotter, Adolf
7 14 15 19 20
20
Sonate
Lewis-Granon
Lewin, Gustav
20 21 13
Pierrot joyeux, Danse de la Rôtisserie de la reine Pédauque. Besuh bekommen
Levadé, Charles
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
115
19
Beatus vir Il piccolo Marat - fantasia, Cavalleria rusticana - siciliana.
Más y Serracant, Domingo Mascagni, Pietro
7 14
5
Plaisir d¶amour
13 13 16 16 19
5
18
Martini, Jean-Paul-Égide
Martínez Imbert, Claudi
Martin, Eastophe
Aria da Hans Heiling, Seit jenem tag. Nearer, my God to thee, The way farer¶s night song. Pater noster
Quella fiamma che m¶accende
Marcello, Benedetto Giacomo Marschner, Heinrich
Eldorado
21
18
Britannia Désillusion de Tango
18
19
Sombre woods
Mallinson, Albert
Malderen, Eduard van
Mackenzie, Alexander
Lully, Jean-Baptiste
Ballo egiziano
19
Has permes que t¶estimes
Lozano, Rafael Aceves Luigini, Alexandre
19
Credo
Lottin, Albert
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
CARMEN BLASI
7 11 11 11 11 15 15 15 17 18 18 21 22 8 17 19 20 15 8 19 19
Capriccio, Gruss, Das erste Veilchen, Due canzoni popolari, Auf flügeln des Gesanges, Athalie - ouverture Sinfonia n. 4 op. 90 in la 4 tempi, On wings of song, Ruy blas - ouverture Spring song, The bees wedding, Allegro du concerto, Concerto per violino in mi minore.
Preludio d¶Helène, The two pigeons, L¶amore mascherato, L¶amour masque.
Absent
La serenata
Gondoliera
Hiawatha
Mendelsshon, Felix
Messager, André
Metcalfe, Henry James
Metra, Olivier
Meyer-Helmund, Erik
Meyer, George William
6 7 7 8 8 16 19 19 21 21
Ouvre tes yeux bleus, Manon, or via Manon, Manon - Sogno, Manon - Fantasia, Erodiade, Scènes pittoresques, Thais, Werther - fantasia Thais, Don Quichotte - fragments.
Massenet, Jules
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
116
19 8 16
Tant que la femme aura des jolis yeux, Czardas, Mariannina, Czardas. Babil charmant La alegria que pasa Les coquelicots - romanza It was a lover and his lass
Monti, Vittorio
Moreau, Constant Morera y Viura, Enric
Moser *
Morley, Thomas
6 7
20 20 20 21 20
Badinage
Mommaert, José
L¶uccellino del freddo, Sera d¶ottobre.
20
Love¶s Old Sweet Song
Molloy, James Lynam
Moret, E.
14
Valse langoureuse
Moleti, Nicola
Lu Lu fado
Milano, Nicolino
9 9 10 11 6
20
Tzergina - czardas
Michiels, Gustave
Der Bettelstudent - ouverture, Der Bettelstudent - duetto, Der Betelstudent, Gasparone - poutpourri.
20
Tarantella napoletana
Mezzacapo, Eduardo
Millöcker, Karl
7 14 19 19 14
Africana - o paradiso, Africana - Land so wunderbar, Nobil signor - aria, Africana - o paradiso.
Meyerbeer, Giacomo
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
1925 MUSICA ALLA RADIO NEGLI ANNI DELLA RADIO
117
20 20 20 6 8 8 13 13 13 13 13 13 14 14 15 15 16 22
Danse grecque
Tout près de vous, Au pays des sphinx. Minuetto, Il flauto magico, Sinfonia in mi bemolle, Così fan tutte - ouverture, Serenata in re maggiore, Così fan tutte - ouverture Così fan tutte - Recitativo ed aria di Dorabella, Così fan tutte - duetto, Flauto magico - duetto, Ave verum, Don Giovanni - ouverture The impresario, Concerto in la maggiore per violino e orchestra, Il flauto magico, Terzetto. The rose, The shamrock, The thistle, Fantasie on welsh airs.
Mouquet, Jules
Mouton, Hubert
Larghetto
Dreamy melody
Nardini, Pietro
Naset, Clayton
Myddleton, William Henry
19
16 16 16 17 20
20
Parade marocaine
Mouchet, Gustave
Mozart, Wolfgang Amadeus
5 8 13 14 15
Minuetto, Due balli, Ballo spagnuolo, Minuetto in sol maggiore, Polacca in re.
Moszkowski, Moritz
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
13 19 8 9 11 14 18 18 18 18 21
6 6 6 6 6 6 6 7 20
Golden west Le donne allegre di Windsor - fantasia Chu-Chi-Chow La gioventù I racconti di Hoffmann, Seine Schwester, The grand duchesse. Heaven If I had but two little wings, To daffodils, The nightingale. Fleur d¶amour Streghe Chi vuol le zingarelle La cruda mia nemica, Placide l¶acque, Pianto d¶amore, Il ritratto, Oh che splendor, Non son le vostre mani, Le selve avea d¶intorno, O bone Jesu. El garrotin
Nicholls, Horatio Nicolai, Otto Norton, Frederic Novák, 9tWČ]VODY Offenbach, Jacques Osborne Roberts, Thomas Owen, Morfydd Llwyn Padilla, Josè Paganini, Niccolò Paisiello, Giovanni Palestrina, Giovanni Pierluigi
Palverde *
5
7
20 21 21 18
Souvenir lointain, Revenez, Les roses de soadi.
Nerini, Émile
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
CARMEN BLASI
7 21 17 20 20 18 11 21
20 18 18
Missa secunda pontificalis-Benedictus
L¶orage
Wind tossed, Printemps sur la riviera. Chicas bonitas
Daffodils in London town
Preussens Glorie
Serenade
Cinque canzoni veneziane
I Lituani - ouverture, Gioconda danza delle ore. A spinning song
Aria, Minuetto. Petite miss
O mor ber yn y man, Nidaros.
Perosi, Lorenzo
Persiani, Giuseppe
Pesse, Maurice
Phillips, Montague
Piefke, Johann Gottfried
Pierné, Gabriel
Polívka, Vladimír
Ponchielli, Amilcare
118
Porpora, Nicola
Protheroe, Daniel
Porret, Julien
Popper, David 5 7
17
7 19
8
19
Noies matons
Pastallé, Vicente
Petit, A.S.
19
Tocata
Paradies, Pier Domenico
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
June roses, Sae fave awa. Sinfonia n. 2 in mi minore, Preludio in do minore, Oriental dance. Rabottini, Francesco
Fridericus Rex - marcia Aus der Jugendzeit Serenata capricciosa
Radeck, Ferdinand Radecke, Robert Ranzato, Virgilio
Rachmaninov, Sergej Vasil¶HYLþ
Hover the mountains, Tre canti shakesperiani, Come away death, O mistress mine, Blow, blow thou winter wind, Now sleeps the crimson petal.
When I am laid in Earth, Hark! The echoing air, The golden - sonata, Welsh rapsodie, Suite anglaise.
Manon ± Fanciulla del West ± Aria atto III, Sogno, Bohème - fantasia Valzer di Musetta, Tosca - fantasia Madama Butterfly - scintillano le stelle, When the stars were brightly shining, Tosca, Tosca - recondita armonia, Bohème - Che gelida manina, Tosca - Lucean le stelle. Maldito, Ojo con los besos Les commères sous Louis XV
Quilter, Roger
Purcell, Henry
Pugnani, Gaetano
Puche y Quiros
Puccini, Giacomo
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
6
22
14 14 15 18 20 15 16 16 16 16 17 15 15 14 16 17 11
19 19 21
5 10 10 10 10 16 19 19 19 19
1925 MUSICA ALLA RADIO NEGLI ANNI DELLA RADIO
119
22 18 19 5 16 18 14 19 21 21 21 18 15 8 19 18 19
FrĂźhlingsblumen
La boutique fantastique
Sunshine
Moto perpetuo
Martyrs of the arena
The costerÂśs wooing - intermezzo
Dubinika, The golden cockerel, Sheherazade - I e II parte, Berceuse russe, Chant indou.
Tre danze arabe
The snowy breasted pearl
Minuetto
Besos frios
The nightingale has a lyre of gold
Keep your face to the sunshine
Hechichera Tango milonga, Rapsodia andalusa.
Reinecke, Carl
Respighi, Ottorino
Reyner, Horace W.
Ries, Ferdinand
RillÊ, François Anatole Laurent de Rimmer, William Drake
Rimskij-Korsakov, Nikolaj $QGUHHYLĂž
Ring, *
Robinson, Joseph
Roland, Marc
Romero, Mateo
Ronald, Landon
Rose, Vincent
Rossi, Orfeo
6 19
7
Ave Maria
Refice, Licinio
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
21 21 21 20 21 22 6 21 8 16 16 19 20 21
BourrÊe carrÊe, La Tyrolienne, Le ruban bleu, bourrÊe berrichonne. MÊlodie, La nuit, Valse caprice. Johnson Fantaisie de concert La danse des squelettes, Softly awakes my hearth, Suite algerienne, Caprice, Allegro dœaprès le 3e Concerto, Op.29, Allegro appassionato.
5XELQĂŁWHMQ Anton GrigoUHYLĂž Rulli, Dino Saint-Andre, A. Saint-SaĂŤns, Camille
5 5 5 5 5 5 5 5 6 6 6 8 13 15 18 19
Roubeix, *
5
Il barbiere di Siviglia - sinfonia, ecco ridente in cielo, il vecchietto cerca moglie, Il signor Bruschino - aria atto I, LÂśoccasione fa il ladro - aria, Otello - canzone del salice, Tancredi - sinfonia, Guglielmo Tell - sinfonia, Stabat mater - fac ut portem, Otello - aria del gondoliere, LÂśoccasione fa il ladro - duetto, LÂśitaliana in Algeri - Sinfonia, Il barbiere di Siviglia - cavatina, duetto Guglielmo Tell - resta immobile Ouverture, Guglielmo Tell - ouverture, Le verdi colline del tirolo, La boutique fantastique, Il barbiere di Siviglia - ouverture.
Rossini, Gioacchino
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
CARMEN BLASI
19
7 21 20
Pavana
Romanza andalusa, Spanish dance, Danse espagnole, Apateado, danse espagnole.
Sympathy
Lungi dal caro ben
Sous l¶ombrelle
The negro prince
Pastorale
Santonja, Miguel
Sarasate, Pablo de
Sarrut, Yvonne
Sarti, Giuseppe
Sarvil, René
Savasta, Jean
Scarlatti, Domenico
Sangines *
120 5
7 15 15 21 20
17 20 22 22 19
Sonata, Grave e vivace - violoncello. Verschneiter Weg, An einen boden. Maria Luisa
Sammartini, Giovan Battista Sandberger, Adolf
Salmon, Joseph
20 21 20
Anona, Gavotte tendre. Menuet e allegro - violoncello
Salabert, Francis
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925 5 6 8 8 8 13 13 14 16 16 18 20 20 22 22 13 13 13 5 8 11 11 11 12 13 20 20 22 14 21 22 15
L¶ape, Momento musicale, Sonata n. 3 in sol maggiore, Notte e sogni, Gli astri, Rosmunda - balletto, Aria da Antonio e Cleopatra, Rosmunda, movimenti del quartetto in la minore - andante, minuetto, Serenade, Empromptu en mi bemolle, Sonatine, Geheimnis, Erntelied. Der Frein, Liebeszauber, Meine muse. Slancio, Rimembranza, Der arme Peter, Ich grolle nicht, Frühlingsnacht, Concerto per pianoforte in la min., Canzone del bevitore, Romance in fa diese majeur, Nuit étoilée, Märchenbilder. Souvenir of Vienna Viens a Montparnasse Abendauf dem vorstadtfriedhof Alkambra
Schubert, Franz
Schulz, Johan Abraham Peter Schumann, Robert
Scott, Cyril Scotto, Vincent Seidl, Johann Gabriel Semler, Jules
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
1925 MUSICA ALLA RADIO NEGLI ANNI DELLA RADIO
17 17 15 22 16
8 14 21 8 8 8 8 8 15 21 19 19 20 20
A midsummer song, Old irish tune The song of the palanquin beares,
Herbstfeier
Valse triste,
Un poco dÂśamore
Notturno, Revenè.
Inno cecoslovacco
Dalibor, Il bacio - fantasia Al paese natio, Quartetto, Aria di Libnac, The bartered bride, En Boheme, scene champĂŞtre.
Chanson russe
The BoatswainÂśs Mate
Danse javanaise
Les yeux des femmes
Sharpe, Cedric
Shulken, Hermann
Sibelius, Jean
Silesu, Stanislao
Skrjabin, Aleksandr NikoODHYLĂž
âNURXS )UDQWLãHN
Smetana, %HGÄ&#x153;LFK
Smith, Sidney
Smyth, Ethel
Snoeck, Roger
Soler, R.
Shaw, Martin
6
7
Oblio
Sgambati, Giovanni
19 19 19
Serrano, JosĂŠ
Sentis, JosĂŠ
Serrana, Marquisette. Alma de Dios
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
121
16
God is a spirit
Sterndale-Bennett, William
Stcherbatcheff, Nicolas
Romance, Le chant du muletier. Butterflies
18 18 18 18 18 18 20 21 15
Songs of the sea, DrakeÂśs drum, Ontward bound, Devon o Devon in wind and rain, Homeward bound, The old superb.
Stanford, Charles Villiers
Staub, Victor
19
In grandmaÂśs days
Stamper, Dave
Squire, William Henry
8
Rose softly blooming, Rose softly blooming. La bella galatea
Spohr, Louis
BourrĂŠe
17 18 18 15 22 19
Dafydd y Garreg Wen, Rhyfelgyrch Cadpen Morgan, Bugaii yr haford.
Somervell, Arthur
Spontini, Gaspare
15
A song of sleep
Somerset, Henry
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
CARMEN BLASI
122
Thow¶rt passing hence, The sailors grave, Love laid his sleepless head, La tempesta - introduzione atto III, Woo thou thy snowflake, Orfeo ed il suo liut.
Pique-Dame - ouverture Ouverture, Mädchen und kein mann - ouverture, Bub oder Mädel, Mädchen und kein mann - ouverture, Poeta y aldeano.
Romanza - violino Romance Romance
Adagio
Suppè, Franz von
Svendsen, Johan
Tartini, Giuseppe
Fledermaus - ouverture, Fledermaus - Mein Herr Marquis, Fledermaus - Bin ich die Unschuld vom lande, Fledermaus - valzer, Fledermaus - duetto, Zigeunerbaron - fantasia, Zigeunerbaron - duetto, Valzer del Danubio, Fledermaus, Morgenblatter - valzer, Il barone degli zingari, Wiener bombons, Valzer, Cleopatra - due canzoni Wein, Weib und Gesang, The blue danube - valzer. Il cavaliere delle rose, Il cavaliere delle rose, Quartetto in la minore op. 13.
Sullivan, Arthur Seymour
Strauss, Richard
Strauss, Johann
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
13 14 18 18 18 18 18 18 22 8 11 13 13 14 19 8 20 21 6
9 9 9 9 9 9 9 9 10 11 11 11 13 13 14 18 22 21 17 18 18 18 18 18 13
Maggie yes ma Sängerrecht Mon vieux pataud Y bwthyn bach To gwellt, Silent noon, Vagabond, Whiter must I wander, Down among the dead men, Linden lea. Cascade
Tucker, Johnny Ullrich * Valsien, Albert Vaughan Williams, Ralph
Vecsey, Franz von
Adagio e allegro della sonata in Mi minore
19
Speak, earth, speak
Travers, John
Veracini, Francesco Maria
15
Ivano - serenata
Tosti, Francesco Paolo
6
19
8
Vaticinio
Tirindelli, Pier Adolfo
Alborada Gallega
14 15 16 16 5
Raimondo - ouverture, Mignon - gavotta Mignon - ouverture, Mignon - ouverture e gavotta.
Thomas, Ambroise
Veiga, Pascual
17
Cymrie charm
Tawe-Jones, David John
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
1925 MUSICA ALLA RADIO NEGLI ANNI DELLA RADIO
19 21 19 20 5
Ave maria
Chanson printaniere
La paula, Premier solo de concert. Concerto in re min.
Victoria, Tomás Luis de
Vidal, Paul
Vidal, Ramon
123 7 19 20 17
O vos omnes
Maruxa
Rapsodie slave
The harpes of Wales
Vittoria, Tommaso Ludovico da
Vives, Amadeo
Volpatti, Ferruccio
Volti, Carl
Vieuxtemps, Henri
6 6 7 14 15 18 19 19 19 19 19
Otello - Canzone del salice, Otello - Ave Maria, Traviata - dei miei bollenti spiriti, Otello - fantasia Aida - ritorna vincitor Vespri siciliani - mercè dilette amiche, Rigoletto - quartetto per soli ed orchestra, Aida - Romanza del III atto, Traviata - Lungi da lei, Rigoletto - ballata, Rigoletto - La donna è mobile.
Verdi, Giuseppe
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
16 8 21 14 15 15
Faun, boston Legende de la montagne Coppèlia Wanderer¶s night song, Mazurek.
Waldteufel, Émile Wals, * Walter, Jules Walton, William Turner Warlamoff, A.J.
5 7 11 11 11 11 13 13 13 13 13 14 14 14 14 15 17 17 17 19 22 Rienzi, Lohengrin - Preludio, Idillio di Sigfrido, Il vascello fantasma - ouverture, aria e duetto del I atto, Ballata di Seuta, Crepuscolo degli Dei - la guardia del Reno, I maestri cantori, Lohengrin - preludio, Sogno di Elsa, Tannhäuser - Blick ich umher, Lohengrin - fantasia, Atmest du nicht, Lohengrin - Höchtes vertraun, Lohengrin - fant Siegfried¶s journey to the Rhine, I maestri cantori, Tannhäuser - Elizabeth greetings, Hail, bright abode, Lohengrin - introduzione III atto, I maestri cantori, I maestri cantori - Preislied. Grande valse
Wagner, Richard
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925
CARMEN BLASI
124
19 7 8 19 20 21 17 14 16 16 16 17 20 19 8 21
Shimmy
Somebody¶s wrong
Capriccio, Fantasia orientale, Obertas - mazurka, Légende.
La noce bretonne
Whwn dull care
Garden of happiness
The village wedding, The doctor, The laughing cavalier.
L¶enfant prodigue, Bergers de Sicile. Tutto e nulla
Ballo giapponese
La haut
Weran *
Whiting, Richard Armstrong Wieniawski, Henryk
Willaume, Gabriel
Wilson, Henry Lane
Wood, Daniel
Wood, Haydn
Wormser, André
Yoshimoto (Karl Zimmer)
Yvain, Maurice
Worsley, Clifton
8
Petronille
Weckerlin, Jean-Baptiste
8 11 11 11 11 13 15 17 22 18
Oberon - ouverture, Der Freischütz - fantasia, Due canzoni popolari, Ninnananna, Der kleine fritz, Euryanthe - ouverture, Jubilee - ouverture, Enryanthe - ouverture Freischütz -Aria di Agata.
Weber, Carl Maria von
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925 Zeller, Karl
Der Vogelhändler, Duetto dal ³2EHUVWHLJHU´
Anno I, numero 7 del 28 febbraio 1925 10 13
1925 MUSICA ALLA RADIO NEGLI ANNI DELLA RADIO
Giovanni Recupido ASPETTI E RICEZIONE DEL JAZZ NELL¶OPERETTA ITALIANA: UN SIGNORE SENZA PACE DI DINO RULLI ED ENRICO SERRETTA Il jazz in Italia In qualsiasi storia della musica il jazz in Italia ha bisogno di un capitolo a sé stante poiché, a proposito dei primi arrivi in Europa di rappresentanti del genere tra la fine dell¶Ottocento e i primi anni del Novecento: «L¶Italia rimase quasi tagliata fuori da quelle tournée, e il risultato fu un ritardo di una ventina d¶anni sul resto d¶Europa. Dei numerosi complessi, musicisti e cantanti neri che percorsero l¶Europa in lungo e in largo prima del 1914, pochi varcarono le nostre frontiere».1 Questa citazione serve perfettamente a sottolineare la diffidenza iniziale da parte di un¶Italia orgogliosa della propria gloriosa tradizione. La situazione nazionale era e risulta ancora oggi alquanto confusa, con scoperte e ritrovamenti che spostano in continuazione la nascita del jazz nel belpaese. Dal secondo dopoguerra per molto tempo è stata portata avanti la teoria secondo la quale tutto sarebbe cominciato grazie alla nascita del Circolo Jazz Hot di Milano nel 1936, ma le continue ricerche in campo musicologico hanno smentito del tutto questa assurda teoria che voleva il nulla prima. Ed è così che sono venute fuori le più svariate registrazioni, primordiali esempi di un interesse molto forte per questo linguaggio nuovo e al tempo stesso misterioso visto lo scarso sviluppo dei mezzi di divulgazione all¶inizio del XX secolo. Ma, nonostante tutte le teorie (smentite) e le difficoltà di approccio, sono state ritrovate incisioni del 1906 della Musica della Regia Marina Italiana per la Società Italiana di Fonotipia di brani provenienti dall¶altra parte dell¶oceano come Hiawatha, Alabama, Laughin¶Water, March Contest. Questi brani sono di stampo rag e non potrebbe essere altrimenti visto che furono registrati nella fase di passaggio tra ragtime e jazz. Ancora prima di queste incisioni sono da segnalare gli spettacoli tenuti dai cantanti ballerini della Louisiana Troupe nel 1904 a Milano e quelli del duo Hampton and Bradford nel 1907 tra Roma e Napoli. Certo sono ben poca roba rispetto al resto dell¶Europa, ma senza dubbio dimostrano che in realtà ci fu una sorta di periodo di incubazione in cui lo spettatore medio nostrano cominciò ad essere affascinato dal nuovo modo di ballare e dalla rottura degli schemi tradizionali. Stesso discorso per quanto riguarda i musicisti, molti disgustati da questa musica definita µselvaggia¶2 poiché accostata prevalentemente alle persone di colore. Sicuramente quei pochi attratti dal nuovo linguaggio scorsero anche le possibilità di guadagno che si potevano trarre da una musica commerciale, dalla moda del momento, da un ambito ancora ignoto e praticato da poco. Ma era proprio jazz quello che si suonava in Italia durante il primo Novecento? Assolutamente no. Fatta esclusione per le poche esperienze di orchestre americane di 1
ADRIANO EMILIO MAZZOLETTI, Il Jazz in Italia, I, Torino, EDT, 2004, p. 1. Oltre che selvaggia questa musica era anche definita µdegenerata¶, si veda MIKE ZWERIN, La tristesse de Saint Louis. Swing under the Nazis, London, Melbourne, New York, Quartet Books Limited, Namara Group, 1985, ed. it. Musica degenerata. Il jazz sotto il Nazismo, Torino, EDT, 1993. 2
125
ASPETTI E RICEZIONE DEL JAZZ NELL¶OPERETTA ITALIANA
stanza nelle principali città italiane, tutto quello che si poteva ascoltare erano tiepide imitazioni di uno stile sconosciuto ai più (ed in alcune parti d¶Italia lo sarà fino al secondo dopoguerra). Quello che i musicisti di casa nostra suonavano era una µinterpretazione¶ di ciò che sporadicamente gli arrivava all¶orecchio; la musica veniva edulcorata, venivano smussate le armonie spigolose tutto in favore degli spettatori e del ballo. Già, poiché l¶ascoltatore era il metro di tutte le scelte musicali del periodo e di certo il pubblico italiano non era come quello americano (privo quest¶ultimo di una forte e reale tradizione). Allora con una scelta simile a quanto Carlo Goldoni aveva fatto nella sua riforma della commedia dell¶arte ± sotto una parvenza di schemi classici si cambiava gradualmente per lasciare abituare il pubblico alla trasformazione ± si cominciò ad abituare l¶orecchio dello spettatore compiacendolo, creando una vera e propria via di mezzo tra nuovo e consueto. Non mancarono le eccezioni, come ad esempio Vittorio Spina3 (che poté formarsi con un¶orchestra americana) e Arturo Agazzi detto Mirador4 (forte di varie esperienze artistiche a Londra prima del 1918), ma nel complesso sembra quasi svilupparsi una corrente parallela al jazz americano di cui rimanevano solo determinati elementi. Per quanto riguarda il mondo accademico le opinioni erano perlopiù discordanti, ma come è facile intuire la maggioranza tendeva a µcondannare¶ questa musica (molte volte a prescindere) già solo per la provenienza. Ovviamente subentrava anche l¶orgoglio di un popolo che più di tutti era noto al mondo per la propria musica. Le illustri eccezioni a queste posizioni tradizionaliste non mancarono, ed è molto forte la posizione in questo senso di Alfredo Casella:5 Per il teologo, il jazz rappresenta press¶a poco una nuova manifestazione dello spirito di satana. Per il pagano invece, esso costituisce un benefico raddolcimento delle antiche restrizioni morali. E così, mentre per il musicista di vecchio stampo il jazz appare una cosa oscena e disgustosa, la medesima arte viene dai musicisti di moderna tempra accolta con vivissimo interesse, come un nuovo aspetto, ricco di possibilità avvenire [...] si leggono quotidianamente sulle pubblicazioni italiane, ogni sorta di scemenze sulla moderna musica afro-americana.6
Pubblicato in piena era fascista, ma sicuramente scritto in precedenza, questo stralFLR PRVWUD OD GLIHVD GD SDUWH GL XQD GHOOH SL DXWRUHYROL ILJXUH GHOOD ³JHQHUD]LRQH 3
Vittorio Spina nasce nel 1905 a Nizza da genitori italiani e a sette anni si trasferisce con i suoi genitori a Roma. Nel DQFRUD JLRYDQLVVLPR FRPLQFLD D IUHTXHQWDUH LO FLUFROR PDQGROLQLVWLFR ³/¶XVLJQROR´ HG q SURSUio qui che ha la possibilità di apprendere i rudimenti degli strumenti a corde e fare le prime conoscenze fra gli addetti ai lavori (tra cui Django Reinhardt, creatore del jazz manouche e futura stella mondiale). L¶incontro decisivo fu nel 1917 con il sergente americano Griffith, il quale lo introdusse nella sua orchestra come suonatore di banjo insegnandogli lo µstile americano¶ del tempo. Spina continuò a suonare fino a dopo la seconda guerra mondiale, ricercatissimo dalle migliori orchestre in Italia e all¶estero. Morirà a Roma nel 1963. 4 Arturo Agazzi, nato a Milano nel 1890, si trasferì appena ventitreenne a Londra dove lavorò come organizzatore in diversi night club. Grazie a questo lavoro ebbe la possibilità di ascoltare diversi artisti provenienti dagli Stati Uniti. Colpito dall¶abilità del batterista Hugh Pollard decise di comprare una batteria e di cominciare a suonare lo strumento. Al suo ritorno in Italia nel 1918 importò novità e stili allora sconosciuti a tutti i musicisti e percussionisti, imponendosi come innovatore della prima generazione di musicisti jazz. 5 Alfredo Casella (Torino 1883 - Roma 1947) svolse una intensa attività come pianista, compositore, didatta e critico. 3URPRVVH OD PXVLFD FRQWHPSRUDQHD IRQGDQGR QHO OD ³6RFLHWj 1D]LRQDOH GL 0XVLFD´ ,O UXROR VYROWR FRPH ULQQRYatore della musica italiana lo pone sicuramente tra le figure più importanti del panorama musicale del XX secolo. 6 ALFREDO CASELLA, 21+26, Roma-Milano, Augustea,1931.
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GIOVANNI RECUPIDO
dell¶2WWDQWD´ PD LQ JHQHUDOH GHO SDQRUDPD DUWLVWLFR WXWWR LWDOLDQR /D OXQJLPLUDQ]D GL Casella è incredibile e a proposito della libertà espressiva scrive: Ultimamente mi venne dato di sentire all¶estero certi straordinari dischi americani di grammofono, nei quali si udivano alcuni di quei fantastici jazz-band negri improvvisare in un modo inverosimile attorno alla modesta trama musicale di certi fox-trot. E pensavo ± udendo certe sontuose polifonie ritmiche adatte su talune notissime danze dalla mirabile genialità inventiva di quegli esecutori, capaci di trarre da un semplice fox-trot un monumento poliritmico e multifonico suscettibile di reggere il confronto con una fuga di Bach ±: che abbia a ritornare un giorno (con altri mezzi s¶intende) la vecchia libertà interpretativa del µ400 e µ500?7
Viene fuori un quadro inusuale per il periodo, in cui si parla di improvvisazione e di innovazione. Ben poco poterono però le parole di Casella nei confronti della dilagante chiusura dittatoriale del Ventennio, che lasciarono l¶Italia in una specie di limbo proprio nel momento in cui si stava mettendo in moto il meccanismo che avrebbe permesso una veloce diffusione in ogni dove. L¶operetta italiana e l¶influenza del jazz In diversi paesi europei l¶operetta si diffuse in modo abbastanza veloce, mantenendo le basi e le componenti principali seppur con leggere modifiche così da creare uno stile personalissimo facilmente ravvisabile. Non fu così in Italia, che restò quasi in disparte in merito a questo nuovo genere per quasi tutto l¶Ottocento. Ma come è possibile che proprio l¶Italia, patria della musica per antonomasia, non abbia avuto in un primo momento un forte interesse per questo tipo di spettacolo, apprezzato nel resto dell¶Europa tanto dalla classe borghese che da quella nobiliare? I fattori furono diversi. Il pubblico italiano guardava con diffidenza ad un genere considerato frivolo e di bassa lega poiché volto al puro divertimento. Non dobbiamo dimenticare che la borghesia era oramai entrata nei santuari della lirica italiana dopo moltissimi sforzi e lenti (quasi esasperanti) mutamenti sociali e una presunta µcaduta di stile¶ andava evitata; le fasce più povere della società, per quanto escluse dalle rappresentazioni ufficiali dei grandi dell¶epoca, potevano comunque assistere a delle riduzioni o piccole messe in scena delle opere più importanti nei teatri di provincia o nelle piccole parrocchie, ed in questo modo avevano comunque sviluppato un proprio µgusto personale¶. Non esisteva quindi un seppur minimo pubblico d¶appoggio ed i primi timidi tentativi di introdurre l¶operetta nel belpaese non ebbero un grande successo. Si dovettero aspettare il successo di Strauss jr. e di Lehár per smuovere l¶opinione del serissimo pubblico italiano e dare la possibilità a compositori e librettisti di cimentarsi nel nuovo genere. Normalmente si usa comprendere nell¶arco del ventennio 1910-1930 l¶apice e la fine della produzione operettistica italiana. In questi anni la produzione fu veramente proficua, ovviamente con alti e bassi, ma con un notevole contributo anche di nomi importanti come Arturo De Cecco, Mario Costa, Virgilio Ranzato, Giuseppe Pietri e 7
ALFREDO CASELLA, Busoni pianista, «Il pianoforte», II/6, 15 giugno 1921, p. 167.
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tanti altri. La diffusione e l¶importanza del genere in questo ventennio è dimostrata dalla creazione di molteplici compagnie teatrali, sindacati8 e giornali di categoria.9
Figura 1: frontespizio del primo numero de «L¶argante operettistico», 1 ottobre 1923.
Di innovazioni determinanti effettivamente non ce ne furono nella versione italiana del genere, ma alcuni tratti distintivi all¶interno dei libretti e delle tematiche non mancarono come ad esempio: - Lo sporadico uso del dialetto sia in spettacoli originali che in parodie di operette famose.10 - La posizione centrale della donna e in un certo senso una sua prima vera e propria emancipazione. - Le novità e i mutamenti sociali di inizio secolo che smuovevano la fantasia della gente. - Un¶impronta realista delle trame nostrane, spesso incentrate sulla vita reale, notizie o eventi del momento con un relativo messaggio sociale.11 Da quello che si può vedere lo sviluppo e l¶apice del genere dell¶operetta coincide con l¶avvento del jazz in Europa; durante il primo Novecento regnava un po¶ di confusione e la distinzione tra nuove danze provenienti dagli Stati Uniti e la primordiale musica jazz era quasi inesistente. Così il progressivo ricorso alle mode del momento, per non tradire una delle proprie caratteristiche fondamentali, diede il via ad una pro8
Il sindacato a cui mi riferisco è la Lega degli artisti drammatici. Nel settembre 1903 fu fondato «L¶Argante-Bollettino della lega di miglioramento degli artisti drammatici e operettistici» da V. Vercelloni e D. Gismano. A seguito di accese discussioni di stampo ideologico, nell¶ottobre del 1923 fu fondata la rivista di orientamento fascista «L¶Argante operettistico» dal sindacato nazionale degli artisti d¶operette sotto la guida di Ottorino Fossi. 10 Un ottimo esempio a proposito è El Granduca de Gerolstein, operetta in vernacolo milanese di Enrico Bernardi e Carlo Righetti del 1879. Altro non era che la parodia della offenbachiana Grand Duchesse de Gérolstein . 11 Questa caratteristica viene sottolineata anche da WALDIMARO FIORENTINO nel volume L¶operetta italiana: storia, analisi critica, aneddoti, Bolzano, edizioni Catinaccio, 2006. La chiara eredità di tematiche veriste differenzia certamente uno stile italiano da quello viennese o francese perlopiù sognatore. 9
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gressiva adozione di nuovi stili d¶oltreoceano tutti riuniti indistintamente sotto il nome di jazz. Alcuni compositori cominciarono ad intuire le potenzialità della nuova musica, il successo di questi nuovi balli apparentemente semplici e che tanto attraevano le masse di varia provenienza sociale. La nascita di Jazz band e la formazione di veri e propri musicisti specializzati nel genere si avrà solo nell¶immediato primo dopoguerra con l¶arrivo delle truppe americane e personaggi come Vittorio Spina12 ma anche in precedenza non mancano sporadici esempi di buoni esecutori italiani. Ovviamente queste novità musicali cominciarono ad influenzare anche i libretti, i temi e le ambientazioni. Ed è così che troviamo titoli come: L¶aeroplano (1911),13 Velivolo (1911),14 Le fanatiche aviatrici (1914),15 Al Polo Sud (1914),16 Tripolineide (1912)17 ecc. in cui si fondono vari temi cari all¶operetta, le nuove scoperte scientifiche, il nuovo mondo, l¶attualità. Tuttavia quello su cui si concentra la mia indagine è la trasposizione sulla carta pentagrammata della µnovitචda parte dei compositori di stampo accademico all¶interno del mondo dell¶operetta: il connubio si poté creare grazie ad una naturale predisposizione di questa musica alla spensieratezza, all¶euforia, ad un nuovo gusto esotico che si andava piano piano affermando, alla possibilità di far esprimere totalmente gli attori/cantanti/ballerini sul palco visto il forte legame che si era creato tra jazz e ballo, ma anche tra jazz e canto.18 Non sempre però gli attori erano in possesso di tutte queste doti e molte volte vista l¶importanza minore data a questi spettacoli si preferivano le doti attoriali, spesso comiche, a quelle di un cantante dalla voce potente ed educata. Ma non era solo il ruolo secondario del genere a creare questa condizione, anche altri fattori; ad esempio la mancata creazione di una Compagnia di Stato in Italia non dava possibilità di creare una base finanziariamente solida tale da poter ingaggiare sempre attori (ma anche direttori d¶orchestra, musicisti e corpi di ballo) di elevata caratura. L¶ultima parola era quasi sempre dei mecenati, spesso interessati più alle qualità estetiche delle attrici che alla qualità del prodotto finale. Inoltre proprio la natura di uno spettacolo finanziato da privati imponeva all¶occorrenza veri e propri stravolgimenti dei testi degli autori, così da inserire battute e doppi sensi oltre ogni limite per vendere il prodotto in ogni dove.19 In questo clima fatto quindi di pochi alti e molti bassi non mancarono però esempi di grandi attori e soprattutto dive, come ad esempio Maria Frigerio, Pina Ciotti, Elodia Maresca, Luisa Tetrazzini e tante altre. Spostandoci invece sull¶argomento compositori è facile capire che non ci fu una uniformità, poiché da un lato ci furono compositori intoccabili, con una grande carriera alle spalle anche nel genere considerato maggiore (l¶opera) mentre dall¶altro compositori di sole operette che fondarono la loro fortuna sul genere e su una cospicua produzione. Alla prima categoria appartengono personaggi del calibro di Ruggero Leon12
Vedi nota 3. Operetta di Anacleto Loschi su libretto di G. Volante e Onorato Castellino. Prima operetta del compositore Virgilio Ranzato. Il libretto era di Giuseppe Guidi. 15 Musiche di Angelo Tonizzo. 16 Musiche di Armando Mercuri su libretto di Lucio De Rosa. 17 Musiche di Alberto Consiglio su libretto di Camillo Marulli. 18 I primi esempi di musica Jazz in Italia ebbero un discreto successo grazie ai nuovi balli che portavano con sé. Un esempio è la Louisiana troupe presentata in Europa come creatrice del cake walk. 19 FIORENTINO, L¶operetta italiana cit., pp. 209-210. 13 14
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cavallo, compositore di nove operette tra cui la famosissima e fortunata La reginetta delle rose (1912), Pietro Mascagni con la sua SÏ (1919) su libretto di Carlo Lombardo ed altri nomi come Franco Capuana, Adolfo Bossi, Achille Schinelli, Alberto Curci e tanti altri, tutti in qualche modo incuriositi e compositori occasionali del genere. Da VRWWROLQHDUH OD SDUROD ³RFFDVLRQDOL´ SRLFKp OD GLIIHUHQ]D WUD TXHVWL JUDQGL FRPSRVLWRUL e i compositori di operette veri e propri (appartenenti alla seconda categoria quindi) è solo nei generi affrontati;20 in quanto a formazione, studi accademici e carriera non ci sono differenze sostanziali tra le due categorie, come si può evincere da personalità quali Giuseppe Pietri, Carlo Lombardo, Virgilio Ranzato e, nel caso dellœoperetta da me affrontata, Dino Rulli. Tutti compositori e musicisti validissimi, con una forte carriera accademica alle spalle ma non per questo chiusi nella tradizione. Ed è proprio questa apertura al nuovo la linfa vitale dellœoperetta tra il 1910 ed il 1930, capace di incamerare gusti, tendenze e novità provenienti dalla vita di tutti i giorni. Come già accennato in precedenza la ¾modernità œ gioca un ruolo fondamentale sia per quanto riguarda la trama sia per le canzoni. Allœinterno della trama delle operette di questo ventennio, come già è stato detto, non è raro trovare argomenti che si rifanno alle moderne scoperte21 o riferimenti ad eventi realmente accaduti in quegli anni. Questo mettere in parallelo trama e musica, librettista e compositore è necessario poichÊ andranno di pari passo e si influenzeranno a vicenda come mai era successo prima, nemmeno nellœopera. Trame innovative con argomenti da giornale, da bar, riferimenti a innovazioni dœoltreoceano richiedevano una musica adatta; ma al tempo stesso queste nuove musiche piene di nuove armonie, tempi sincopati, ritmi del tutto nuovi dovevano essere adattate a nuovi scenari non certo ¾classiciœ e a personaggi poliedrici, capaci di rompere la parete tra palcoscenico e pubblico e creare un forte legame tra teatro e varietà . Altro aspetto da non sottovalutare è il successo di molti brani presi singolarmente grazie alla grandissima diffusione delle relative riduzioni per orchestrina nei cafÊ-chantant.22 La diffusione e lœincredibile produzione di operette, specialmente dopo la fine della prima guerra mondiale, portò ad un veloce esaurimento delle idee librettistiche molto sentito già dagli inizi degli anni ¾20. A proposito della crisi teatrale riporto qui di seguito alcuni stralci di unœintervista del 1925 allœavvoccato Gheraldi, allora amminiVWUDWRUH GHOHJDWR VLD GHOOD FDVD HGLWULFH 6RQ]RJQR FKH GHOOD ³6RFLHWj ,WDOLDQD 7HDWUR dœ2SHUHWWD´ La crisi? Argomento esaurito: ormai ogni sorta di progetti, sanatorie, proposte sensate e fanfaluche hanno invaso i quotidiani e le riviste di teatro stancando il pubblico col loro inutile ripetersi e lasciando naturalmente ¹ destino delle chiacchiere ¹ insoluto il problema della crisi che travaglia il Teatro. PiÚ nulla da dire, dunque, ma molto da fare. [...] bisogna offrire al nostro pubblico delle buone commedie e delle operette divertenti, interpretate da compagnie composte di elementi noti ed esperimentati, non 20
Ma anche i compositori di operette ovviamente si cimentarono in altri generi come lœopera, la pantomima o composizioni strumentali. Nella già citata La reginetta delle rose (1912) di Leoncavallo uno dei numeri chiusi si intitola Il duettino del telefono. Siamo in un periodo in cui i telefoni erano ancora una rarità . PiÚ avanti nellœanalisi dellœoperetta Un signore senza pace approfondirò questo aspetto. 22 Lœimportanza e la diffusione dei cafè-chantant in Italia sono aspetti da me analizzati nel relativo capitolo. 21
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combinate con criteri esibizionistici o bluffistici. PoichĂŠ il costo della vita induce il pubblico, oggi piĂš di un tempo, a riflettere sulle spese voluttuarie ed ha aumentate le sue esigenze, cosĂŹ le compagnie mediocri sono destinate a fare la fine dei cattivi lavori: a scomparire presto dai cartelloni. VeritĂ lapalissiane, ma veritĂ che non si combattono se non lavorando piĂš e meglio, con idee chiare, vedute precise e decise per intensificare e migliorare la nostra produzione teatrale.23 Continua poi sottolineando le cause della crisi: Meno che per lÂśopera musicale infatti Âą che rappresenta del resto la vetta piĂš alta dellÂśingegno e dellÂśispirazione umana, ed in questo campo lÂśarte italiana domina da grandi altezze Âą teatro e cinematografo da noi vivono in gran parte, troppo, di importazioni; siamo letteralmente invasi da commedie francesi, operette tedesche e films americane: ed assieme a molti lavori senza dubbio ottimi, quanta zavorra!24
Proseguendo sulla difficoltà nel trovare buoni libretti: Nei compositori italiani, francamente, ho fede. Sembrerà strano ma la difficoltà piÚ grande è costituita dal libretto. Lei è autore e comprende quali e quanti elementi di teatro deve possedere un libretto dœoperetta; un buon libretto deve partire da una trovata attraente e originale, procedere spigliato ed agile attraverso un intreccio costantemente interessante, essere sorretto da versi lucenti e ridenti soffusi di poesia pura e semplice, ma venata di sentimento sincero, e deve, soprattutto essere rallegrato da recitativi comici a EDVH GL ³EDWWXWH´ EUHYL PD Uicche di spirito e di facile e sicura comunicativa. Non basta: un buon libretto oggi deve essere impostato sopra caratteri che non vadano ripetendo le ormai rifritte vicende di tutte le operette nelle quali si vedono immancabilmente ricomSDULUH JOL ³VWHUHRWLSDWLVVLPL´ WLSL GL ³GRQQLQH´ GL ³SULQFLSL VSLDQWDWL´ R ³PLOLRQDUL LPEeFLOOL´ D GLUH OH FRQVXHWH VFHPSLDJJLQL H D ULSHWHUH L QRQ PHQR FRQVXHWL EDOOHWWL > @ ,nconveniente di facile rilievo anche nelle operette tedesche. Precisamente. le musiche di Lehar, Strauss, Halmann, Stoltz e Faal ¹ compositori di indubbio valore e veri maestri nel genere ¹ hanno avuto ed avranno sempre meritata fortuna in Italia, ma le operette viennesi trasportate qui da noi pesantemente, coi loro massicci libretti, senza tener calcolo della differenza di gusti del pubblico, inscenate con assenza di quellœeleganza e OHJJHUH]]D FRQ FXL YHQJRQR DOOHVWLWH D 9LHQQD UHFLWDWH FRQ TXHO ³ILORGUDPPDWLFLVPR´ che è la piaga di troppi nostri cantanti, sovente costituiscono un assieme di spettacolo meno che mediocre, e ciò è imputabile a quegli elementi ¹ libretto ed esecuzione ¹ che sembrano accessori rispetto alla musica, ma che sono integrativi rispetto allœoperetta.25
E a proposito della messa in scena e delle esecuzioni prosegue: Ă&#x2C6; indubbio che il gusto va mutato; non si può solo e sempre sbalordire il pubblico con ÂłPHVVH LQ VFHQD´ ULFFKLVVLPH IDQWDVLRVH FKH KDQQR OÂśaria di voler scoprire con manti scintillanti la vacuitĂ , per non dire lÂśassenza, di un contenuto interessante; simili spettaFROL FKH QRQ ÂłSUHQGRQR´ Qp LO FXRUH Qp OÂśanima nĂŠ la fantasia della folla sono destinati a VWDQFDUH TXLQGL D VFRPSDULUH FRPH q GD VSHUDUH FKH VFRPSDLD OD ÂłVSHFXOD]LRQH´ GL Yestire di note le vicende di una prima donna qualsiasi che si agita, saltella, sgambetta, va 23
PIERO A. MAZZOLOTTI, Il teatro italiano di operetta, ÂŤLÂśargante operettisticoÂť, III/ 3, 1925, pp. 1-2. Ibidem. 25 Ibidem. 24
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e viene per la scena col solo scopo plausibile di vestirsi e di spogliarsi di un abbondante corredo di variopinte toilettes e dimenare le gambe nude. Cattive droghe per i palati più grossolani che finiscono per rendere diffidente ed allontanare il grande pubblico da uno spettacolo che, viceversa, deve e può offrire, pur senza eccessive pretese d¶arte, un divertimento vario, gaio e di buon gusto.26
Il quadro generale che viene fuori da questa intervista ci fa capire le molteplici cause della progressiva decadenza dell¶operetta e il duplice punto di vista dell¶intervistato in qualità di investitore e di appassionato di teatro. Questo non significa che ci fu un crollo totale e lo dimostra il fatto che le due operette italiane più famose furono scritte proprio nel decennio 1920-1930: Il paese dei campanelli (1923) e Cin Ci Là (1925) entrambe composte dal fortunato sodalizio artistico Ranzato-Lombardo. Ma la causa per molti critici era da ricercare in altri fattori diversi da problemi di ordine letterario o attoriale: forse influì anche la dilagante ideologia nazionalistica e protezionista, ma durante gli anni Venti si cominciò a dare sempre di più la colpa al mutato gusto del pubblico tendente a tutto ciò che era americano. Fu così che anche all¶interno delle operette si cominciarono a parodiare gli µamericanismi¶27 e a definire L QXRYL OLQJXDJJL LQWURGRWWL QHO SULPR 1RYHFHQWR ³FRUUXWWRUL´ GHO SXEEOLFR I viennesi, che si vantavano fornitori del mondo intero per un genere che nessuno mai avrebbe potuto loro togliere, proprio mentre nell¶aria echeggiavano le canzoni intonate da diecine di migliaia di tedeschi venuti dal vecchio continente, hanno sentito suonare a mortorio per l¶operetta. Povera operetta: il suo tempo è finito, la sua grazia non dice più nulla, lo spirito dei suoi libretti non piace. Per queste e per altre buone ragioni, eccola scendere dal piedistallo dal quale pareva non la si potesse tirar giù [...]. Veramente l¶hanno tirata giù in parecchi: il jazz-band, l¶opera con jazz, la rivista e la commedia che sa di operetta. Il jazz-band guastò l¶orecchio degli spettatori, abituandoli a un ritmo che Johann Strauss, Franz Lehar, Leo Fall, Emmerich Kalmann e gli altri insomma, i quali mettevano in musica i soggetti operettistici non conoscevano. Poco male: invece dei walzer si fece posto al fox-trot, al blues, al tango e a tutte le danze più o meno esotiche, più o meno simpatiche che nei decorsi lustri hanno invaso l¶Europa. Sennonchè già allora si vide l¶operetta non poter arrischiare innovazioni così radicali senza esporre a serio pericolo il suo stesso carattere: essa era operetta fino a quando, pur portando sulle scene una dattilografa invaghitosi del principe cinese o il granduca russo decaduto che rendeva folle la miliardaria americana, conservava la tinta prettamente viennese. Doveva cominciare con un fatale incontro, proseguire con un imbroglio e terminare con una lieta soluzione che mandava felici a casa le donne sposate e le nubili e permetteva gli uomini di fischiettare i più indovinati motivi. Costretta a tradire questo suo carattere fondamentale, perché i libretti diventavano più piatti e la musica sempre meno rispondente alle esigenze di un orecchio fattosi (consentite l¶espressione) jazz-bandista, il suo tramonto era inevitabile.28 26
Ibidem. Si veda l¶analisi della canzone Tutto americano in cui approfondirò la questione. 28 I. Z, Il crepuscolo dell¶operetta, «La Stampa», 62/206, 1928, p. 3. 27
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Come è facile capire siamo di fronte ad un µpurista¶ dell¶operetta, ma in effetti esprimeva il pensiero di tanti appassionati ed addetti ai lavori del periodo. Nonostante l¶ammissione di libretti piatti la colpa viene attribuita a queste danze esotiche, che come detto in precedenza venivano confuse con la musica jazz vera e propria per via della loro presunta provenienza µselvaggia¶. Ma l¶articolo continua e la colpa ricade anche su quello che sarebbe stato in un certo senso l¶erede dell¶operetta e dei vari spettacoli di intrattenimento di inizio µ900: la Rivista. Ci mancavano poi le riviste, da Parigi e da Berlino inscenate con fantasmagorico lusso: mentre prima bastavano modesti scenari e costumi di poco presto, ecco la rivista internazionale del dopoguerra inaugurare l¶epoca della seta, del velluto, delle penne di struzzo, dei tappeti, dei mobili di lusso e dei quadri, presi in prestito all¶industria cinematografica, che debbono tenere ferma l¶attenzione del pubblico, invece che coll¶intreccio della azione, col succedersi di visioni una più fantasmagorica e policroma dell¶altra. La povera operetta nemmeno a questo era preparata: in tre atti, il numero dei quadri, delle scene, che essa è in grado di offrire alla insaziabile platea, rimane sempre limitatissimo. Due o tre cambiamenti di scena per atto sono, ad esempio, una problematica cosa.29 Per quanto riguarda il pubblico: Il pubblico che vuole sempre altro forse si appagherà di un ritorno all¶antico, se gli daranno certe soddisfazioni. Bisogna che questo pubblico ridiventi fanciullone e non chiegga al palcoscenico americanate continue, dal punto di vista della messa in scena, come da quello delle rumorose armonie di orchestre negre. [...] Basta, la provvidenza aiuti il teatro viennese ed anche noi: niente più operette, niente più cafè chantants e chi vuole trascorrere una serata in allegria relativa ha da risolvere un problema così grave, che gli viene subito l¶umore indispensabile per andarsi a godere una riesumazione schilleriana. Sorte che capita alle città di fama libertina.30
Ovviamente non è possibile prendere per vero un articolo così fazioso, ma di certo dipinge perfettamente una mentalità allora molto diffusa. Una reale opinione sulla crisi del genere ce la dà però Enrico Serretta, autore della commedia/operetta da me analizzata in questo lavoro.31 Il suo è un parere certamente molto attendibile visto il suo coinvolgimento nel mondo dello spettacolo nelle vesti di librettista, scrittore e critico. L¶opinione di Serretta in merito alla decadenza del genere operettistico era chiara ed investiva tutti i livelli dell¶organizzazione di questo tipo di spettacolo, dall¶editore al capocomico, dal compositore al librettista. Questa crisi era artistica e poi industriale: il compositore doveva accontentare pubblico ed editore, l¶editore doveva a sua volta sfruttare al meglio la compagnia a propria disposizione. Dopo tutta questa trafila veniva il librettista, che doveva accontentare un po¶ tutti, inserendo ruoli classici e dell¶operetta per carattere e connotazioni fisiche; soubrette protagonista, soprano antagonista, il buffo, il caratterista e la caratterista erano personaggi collaudati che si preferiva non cambiare per andare sul sicuro. Ne consegue che anche 29 30 31
Ibidem. Ibidem. ENRICO SERRETTA, Decadenza dell¶operetta, «Comoedia», XIII/3, 15 marzo 1931, p. 27.
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l¶andamento della trama era standard e ripetitivo. La musica era poi indipendente dal libretto e toccava al librettista doversi adattare e a volte stravolgere completamente una scena per farla aderire perfettamente ad una musica di sicuro successo. Oltre alla condanna di questo immobilismo diffuso, il Serretta non mancava di criticare anche le compagnie, composte molte volte da pochi attori-cantanti validi e da tanti di riempimento. Egli auspicava quindi un ritorno all¶opera giocosa e alla commedia dell¶arte di un tempo, alla professionalità delle voci e degli attori di prosa di un tempo. Da librettista e commediografo sottolineava infine l¶importanza del testo, da non considerare come un qualcosa di facilmente mutabile: non doveva essere il maestro a guidare il librettista, ma quest¶ultimo a guidare il maestro. La crisi dell¶operetta è quindi da ricercare in diversi fattori e non ultimi i mutamenti sociali, l¶avvento del fascismo, l¶interesse per l¶avanspettacolo e il progressivo progredire della cinematografia. Un Signore senza pace Il 14 febbraio del 1925 andava in scena al Teatro Arena del Sole di Bologna l¶operetta di Enrico Serretta e Dino Rulli Un signore senza pace.
Figura 2: Articolo tratto dal periodico «Il comune di Bologna», XI/2, febbraio 1925, p. 110.
In diversi altri articoli riferiti all¶operetta in questione si parlava della bravura di Serretta come commediografo e in uno in particolare si affermava che Rulli aveva musicato una sua commedia già esistente:
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Figura 3: «La Stampa», 59/138, 11 giugno 1925, p. 3.
Ricercando le commedie scritte dal librettista prima del 1925 mi sono imbattuto in un articolo del 1923. In questo articolo, che molto probabilmente ci fornisce la data della prima di questa commedia, viene spiegato l¶intreccio e con esso i temi, la personalità dei personaggi e la bravura degli attori. Nella prima parte dell¶articolo in questione si comincia col parlare dell¶attore protagonista Antonio Gandusio e di come il personaggio principale della commedia sia stato ricamato su di esso, seguendo qualità e peculiarità dell¶artista: L¶Uomo senza pace è il signor Andrea Giadi, un tipo che l¶autore deve avere immaginato avendo presente Antonio Gandusio perché nel disegno di esso egli realizza compiutamente quelle che sono le caratteristiche della sua arte: il contrasto tra quello che si è costretti a fare e quello che fare si vorrebbe, fonte per lui di inesauribile comicità di atteggiamenti, di espressione, di coloritura.32 Ci si concentra poi sulla figura di Andrea Giadi e sull¶argomento scatenante della vicenda: Questo Andrea Giadi ha perduto la quiete spirituale e materiale che desidera per il suo temperamento e le sue abitudini non perché si trovi a guidare una barca in procinto di sommergersi o perché il destino gli abbia dato per compagna una moglie bisbetica, una suocera invadente ed inacidita, un¶amante esigentissima, ma per il motivo che tutti quanti gli stanno intorno, moglie, parenti, amici, sono stati presi dalla mania della velocità. Sono diventati tutti dei dinamici, dei futuristi in azione. Lo sport (mania da benedire in questi tempi accesi da passioni ben più pericolose) è entrato nella sua casa nella forma di una malattia epidemica che nessuno ha risparmiato. L¶osservazione coglie un aspetto della vita odierna e questo dà alla commedia un senso di simpatica comunicativa. Il mondo oggi, dice Andrea, ed è nel vero, è dominato da due divinità prepotenti: la forza e la velocità. Lo sport ha invaso l¶esistenza degli uomini devastandola. Dov¶è andato a finire il dolce quieto vivere che faceva da ninna nanna al provinciale romanticismo dei nostri nonni? Il quieto vivere è morto. È stato assassinato da una specie di alle32
«La Stampa», 13 luglio 1923, 57/165, p. 4.
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gra epilessia. Il cronometro è diventato il cuore del mondo e tutto sembra regolato sopra un ritmo da record. Il crescendo di movimento interno ad Andrea Giadi è... rossiniano: dalle impressioni realistiche si passa a forti effetti caricaturali. Non può essere che così. Quanto più Andrea si sforza per sottrarsi alla mania, tanto più è preso nel vortice. E si raggiungono velocità fantastiche, iperboliche, degne di Bordino.33
Si prosegue poi con una spiegazione veloce della trama, una sorta di esposizione del canovaccio, fondamentale per il presente lavoro poiché rende possibile capire il susseguirsi dei numeri chiusi ed i cambi di scena in assenza di qualcosa che somigli almeno ad un copione: Andrea alla moda e anche alla mania si adatta, alla malattia si ribella. Alla scherma, al ciclismo, al motociclismo, all¶automobilismo, alla boxe anche per non essere considerato meno degli altri, si piega; ma quando da un sereno primo piano lo si porta al trentacinquesimo di un grattacielo e da questa altezza, dove non si ha nemmeno la gioia di poter cogliere qualche edelweiss, lo si vorrebbe costringere a provare un paracadute per gustare l¶emozione di un volo libero, da tale terrore è preso che si dà alla fuga. Gli sembra a ragione di essere entrato in un manicomio. Anche con questa fuga però non si libera dalla ossessione della velocità: anche nel rifugio che presceglie in piena campagna, tra una zia anziana che pensa tutta casa e chiesa ed una sorella che s¶illude non conosca che i confini del suo orto, è penetrato il bacillo della velocità. La zia va in bicicletta e la sorella è la presidentessa di tutte le società ginnastiche del paese. Andrea non è ancora giunto nel rifugio che già lo si vuole a capo di ogni manifestazione sportiva. Disperato rivolge agli sportisti che lo assediano un discorso che è come il suo testamento: «Amici, io vi amo, vi ammiro, vi ringrazio, ma sono vecchio ed il mio posto non è più tra voi. Correte pure sulle piste del mondo con un tempo da record nel cervello ed un cronometro nel cuore... Io resto alla finestra... Quello è ormai il mio posto».34
Il giudizio sulla trama e sulle capacità di Serretta non sono altro che una riconferma delle sue attitudini come uomo di teatro analizzate e sottolineate all¶interno della sua biografia: La commedia è nel suo insieme piacevole e interessante, e lo è perché, come lo richiede il tema, non posa mai, non sosta, e quando pare raccogliersi non è che per una più forte esplosione di vivacità. È stato mosso appunto al Serretta di aver ecceduto nel creare complicazioni intorno al suo caso, di aver fatto convergere, forzando le tinte ed i colori, su di un solo personaggio troppe manie. Errore. Con un¶osservazione del genere si distruggono tutte le commedie di carattere, da quelle di Molière a quelle di Goldoni, nelle quali la bellezza di un tipo sta appunto nel fatto che esso comprende, in sintesi, tutte le varianti che un carattere del genere può nella vita presentare. L¶artificiosità di movimento, che è evidente nel secondo episodio, quello del grattacielo, muta la satira in caricatura, ma non ne infirma il valore artistico. Che è quello di un¶opera teatrale la quale, pur non uscendo dalla linea di un semplice scherzo giocoso per i non rari elementi d¶osservazione, le gustose trovate, la vivacità scoppiettante del dialogo, non manca di pregi ed è da ritenersi tra le cose migliori del Serretta.35
33
Ibidem. Ibidem. 35 ibidem. 34
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Lœarticolo si conclude con [...] Applausi ripetuti ad ogni atto, applausi a scena aperta al Gandusio, un Andrea di indiavolata comicità . La signora Teresa Capellano disegna la figura della moglie con colorita vivacità . Garbati assai MimÏ Barelli e Giacomo Almirante.36 Le orchestrine Dalle riduzioni per orchestrina dellœoperetta Un signore senza pace, presente nella donazione Castelli,37 è venuta fuori una fotografia di quelli che erano gli strumenti e gli organici piÚ usati in questo periodo che strizzava lœocchio al jazz e ai nuovi balli. La formazione tipo era la seguente: pianoforte,38 due violini, violoncello, clarinetto, flauto, tromba, trombone, contrabbasso e batteria. Questa formazione a seconda delle esigenze poteva essere ridotta oppure ampliata con strumenti di varia natura. Musica nuova significava anche qualcosa di nuovo allœinterno dellœorganico, qualcosa di diverso, un sound in continua evoluzione. Se in larga misura il cambiamento era dovuto al nuovo stile, ai ritmi sincopati e alle timide parafrasi di temi orecchiabili, il restante era da attribuire allœevoluzione della sezione percussiva. Lœinnovazione vera e propria nel sound fu possibile grazie allœintroduzione in Italia del pedale per batteria allœinizio degli anni ¾20.39 In precedenza il batterista era costretto a suonare con la bacchetta la grancassa, posizionandola di lato e non potendo quindi avere un effetto completo. Con lœintroduzione del pedale fu possibile per il musicista suonare tutti gli elementi dello strumento e aggiungere gli aggeggi piÚ stravaganti (come la classica trombetta da automobile di allora) pur mantenendo sempre lo stesso ritmo di base necessario alla musica destinata al ballo. I musicisti che facevano parte di questi piccoli organici erano il piÚ delle volte veri e propri professionisti che si dividevano tra gli impegni delle grandi orchestre e quelli degli intrattenimenti piÚ svariati. Analizzando la scrittura possiamo vedere anche i tecnicismi presenti nelle parti: i violini e le sezioni di fiati dovevano essere capaci di muoversi con agilità e fluidità , i pianisti pronti ad acquisire quei nuovi linguaggi e piccole dissonanze presenti, i batteristi cercare di creare un proprio stile (visto che in effetti siamo agli albori di questo strumento) e per gli altri strumenti, ma anche per i precedenti, cercare di staccarsi dallœimpronta classica derivante dagli studi accademici in favore di un primordiale swing. Venivano sfruttate a pieno le potenzialità delle sezioni, alternando anche gli strumenti solisti con diversi scambi delle parti e delle voci. Cœè da segnalare che in diverse occasioni queste orchestrine venivano ampliate, perdendo la loro qualità di piccoli organici, con lœaggiunta di altri violini o fiati: in molti casi i violini venivano suddivisi addirittura in quattro sezioni. Lœesigenza di 36
Ibidem. ,O IRQGR &DVWHOOL FRQWHQXWR QHOOD ELEOLRWHFD GHO &RQVHUYDWRULR ³'RPHQLFR &LPDURVD´ IX GRQDWR GDO OLXWDLR &HVDUH Castelli nel 1986. Questa raccolta comprende un numero cospicuo di musiche manoscritte e a stampa appartenenti a diversi generi e per gli organici strumentali piÚ disparati. Si tratta perlopiÚ di riduzioni e arrangiamenti di brani di inizio ¾900. 38 1HOOD PDJJLRU SDUWH GHL FDVL LQGLFDWR FRPH ³SLDQRIRUWH FRQGXWWRUH´ QHOOD FXL SDUWH HUDQR LQGLFati anche i passi obbligati degli strumenti solisti e indicazioni varie utili al direttore. 39 MAZZOLETTI, Il jazz in Italia cit. 37
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avere pochi elementi o al contrario la possibilità di averne molti era dettata dal locale, dal contesto o dal tipo di teatro in cui ci si trovava. È doveroso ricordare che si sta parlando delle orchestrine usate per le riduzioni, poiché gli organici dell¶operetta erano ben altri ed a volte raggiungevano le dimensioni di grandi orchestre. Analisi L¶analisi dei brani si basa sulle riduzioni per orchestrina di Nuccio Fiorda presenti all¶interno del fondo Castelli.40 Lo spartito originale scritto da Dino Rulli presenta solo la parte per voci e pianoforte: il compositore, impegnato µsolo¶ nella scrittura delle canzoni, dei numeri, non aveva il compito di arrangiare il tutto per orchestra. Questa esigenza era dettata dai diversi tipi di teatri, alcuni provvisti di una buona e corposa orchestra mentre altri di organici ridotti. Quindi non è possibile trovare partiture complete di Rulli, ma i soli brani per pianoforte e voce. Java dell¶organino Il brano è collocato nella scena di apertura del terzo atto in cui il protagonista per evadere dalla frenetica vita moderna si è rifugiato in campagna. I personaggi sono Andrea, Lucrezia e Filomena e la scena si apre con il protagonista che appena sceso dal treno incontra le due donne ed esprime tutta la sua gioia per essere arrivato in quella piccola µArcadia¶; la visione della natura e di quel tipo di vita che sembra scomparsa dalla routine quotidiana richiamano l¶idea della tranquillità, in cui tutto scorre lentamente e con grande semplicità. Che felicità nella campagna in fiore, al tramontare i paesani lasciano il lavor. Nei vigneti là che li hanno visti il giorno a vendemmiare, ora, allegri, ballano fra lor. (...) Suona l¶organino e scintilla il vino fra un gentile e gaio stornellar... (Atto III, scena 1).
La maestria di Rulli sta proprio nella costruzione di un brano dalle molteplici funzioni, capace di seguire gli spunti del testo di Serretta. Il brano è in 3/4, facilmente accostabile a diverse danze popolari italiane ma che in realtà prende ispirazione dalla java, ballo alla moda del periodo.41 Inoltre è possibile rintracciare, con una sorta di µmadrigalismo¶, un richiamo alle peculiarità sonore dell¶organino, strumento simbolo dell¶ambiente campagnolo. 40
Vedi nota 37. La java è una danza che si diffuse in particolare dopo la prima guerra mondiale. In questo tipo di ballo possiamo trovare diversi elementi provenienti dal valzer, dal tango e dalla mazurka. 41
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Gli espedienti usati dal compositore per dipingere la scena sono diversi: x Nella prima parte, in do minore, diverse sincopi e accordi diminuiti danno l¶idea dell¶instabilità che rimanda al ricordo e alla nostalgia di Andrea. x Nella seconda parte si passa a mi bemolle maggiore e a farla da padrone è la sincope. Cambia totalmente il senso del brano, il clima diventa più disteso grazie alle armonie maggiori ma al tempo stesso movimentato per i continui cambi di accento. Nel testo siamo nel momento della felicità del protagonista che esulta per essere finalmente arrivato nella tranquilla campagna e non a caso la prima parola che esclama è proprio felicità. Per quanto riguarda l¶orchestrazione di Fiorda sono da sottolineare le parti per clarinetto e flauto, ennesima dimostrazione della bravura e preparazione degli esecutori.
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Figura 4: Dino Rulli, Java dellœorganino, riduzione di Nuccio Fiorda, Roma, F.lli Franchi, 1925 %LEOLRWHFD GHO &RQVHUYDWRULR ³'RPHQLFR &LPDURVD´ GL $YHOOLQR )RQGR &DVWHOOL 281).
Duetto del duello Questo duetto è un brano ironico in cui vengono paragonati i classici conflitti tra uomo e donna ad un duello col fioretto. Torna il tema dello sport, ed il protagonista è sullÂśorlo di una crisi di nervi, tormentato dalla moglie. Sia nello spartito di Rulli che nella riduzione di Fiorda vi è lÂśindicazione Tempo di blues. Proprio perchĂŠ viene specificata la parola Tempo non deve sorprenderci il fatto di non trovare in questo brano lo schema armonico, tipico del blues del periodo, in dodici battute formato dalla successione I-IV-V. Per quanto riguarda lÂśandamento viene indicato un tempo tagliato, mentre il metro tipico del blues è il 6/8 o il 12/8 terzinato (shuffle). Ă&#x2C6; presente un ampio uso della terzina nellÂśaccompagnamento, forse simbolo piĂš rappresentativo in Europa (ed in Italia) dello stile blues americano. La breve introduzione di sei battute è in Re maggiore. Segue poi una prima parte (ripetuta due volte) di 17 battute in Re minore, una seconda parte in Re maggiore e poi una danza di 16 battute (presente nello spartito per canto e pianoforte di Rulli ma omessa da Fiorda nella riduzione). Si conclude poi con la ripetizione delle ultime due strofe da parte di entrambi i protagonisti del brano. Per quanto riguarda la riduzione di Fiorda possiamo notare in alcuni passaggi come si accenna ad una scansione terzinata, propria del genere, in alcuni passaggi;
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questa è una delle figurazioni usate per tutto il brano dal clarinetto in La e seguito dall¶agile flauto. Nella parte di batteria è possibile notare una notazione primordiale, abbastanza diversa da quella che verrà negli anni seguenti.
Si può notare ad esempio il rullante scritto nel quarto spazio, anziché nel terzo, i simboli dei piatti (o per meglio dire del piatto) inseriti all¶interno dello spartito invece che all¶esterno dello stesso. Questo tipo di notazione ci conferma la novità di questo strumento negli anni venti, la mancanza di una forma completa o quantomeno standard degli elementi che componevano la batteria non permetteva il definirsi di una scrittura che andasse bene per tutti.42 Il brano fornisce sicuramente un indizio sull¶interpretazione/confusione diffusa del blues e dei vari generi stranieri, poiché analizzando le varie parti viene fuori praticamente una marcia. In mancanza di una indicazione di andamento definita verrebbe sicuramente eseguita dagli strumentisti con un portamento quasi solenne. Tutto americano Il brano riporta come indicazione agogica One step, ed in effetti siamo di fronte ad un 2/4 vivace. Da una prima analisi viene fuori in modo inequivocabile l¶influenza dei ragtime del periodo con un uso per tutto il brano di frasi sincopate, frammenti di scale pentatoniche, cromatismi sia al basso che alla melodia. Ovviamente i cromatismi o note estranee agli accordi sono da intendersi come note di passaggio usate solo nelle parti non cantate come ad esempio nell¶introduzione. Per quanto riguarda la struttura nei ragtime del periodo abbiamo normalmente un ABA con trio o variazione (o entrambe) corrispondenti alla moderna improvvisazione. Nel ragtime confluirono generi assai diversi ma la marcia per banda, forse, ebbe l¶influenza più importante. La marcia era costituita da tre temi chiamati strains, generalmente preparati da un¶introduzione. Il terzo tema detto Trio, aveva una melodia più cantabile e normalmente era caratterizzato da una modulazione alla sottodominte. Nel ragtime confluì anche una danza di tradizione afroamericana: il cakewalk, una danza che risaliva al periodo della schiavitù in cui coppie di danzatori camminavano piegando e chiudendo le ginocchia. 42
Desidero ringraziare il maestro Pier Paolo Pozzi per la consulenza e per aver confermato quelle che erano le mie teorie sulla scrittura del periodo.
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Il brano è caratterizzato da un ostinato della mano sinistra basato su di un andamento in battere, quasi a voler indicare un ritmo di marcia. La mano destra espone la melodia, con figurazioni più irregolari e in molti casi sincopate. La tonalità di impianto è Ab e il brano comincia con una introduzione di 8 misure basato su due dominanti secondarie. Nel nostro caso il brano è diviso in questo modo: x Prime otto battute: piccola introduzione in cui sono presenti gli elementi di cui sopra. Dal punto di vista melodico nell¶introduzione vi è un¶anticipazione del motivo che costituisce la melodia della prima A. I due ottavi richiamano l¶inizio della strofa, mentre la semiminima legata che viene ripetuta in tutte e quattro le prime misure, sembra quasi voler creare un senso di attesa, tipico di una introduzione. Interessante la quinta aumentata sul F7 che essendo ripetuta e avendo maggior durata assume un¶importanza melodica forte, quasi a voler citare un passaggio melodico blues, mentre la discesa cromatica verso il Eb della terza misura, indica un uso dell¶estensione degli accordi (undicesima di Bbm), tipica del jazz. Le seconde quattro misure richiamano dal punto di vista ritmico la parte interna dell¶accompagnamento della mano destra, determinando una situazione realmente poliritmica in cui alla mano sinistra in forma di marcia e con un¶armonia più definita dal punto di vista tonale (Ab in secondo rivolto, Eb7) corrispondono degli arpeggi sincopati. Il Bb finale nella melodia serve da pedale per la progressione V, VI, VII che si conclude con l¶affermazione del I grado. x 6HJXH OD VH]LRQH ³$´ GHO EUDQR VHPSUH GL RWWR EDWWXWH 6LDPR QHOOD SDUWH GDnzaWD VRWWROLQHDWD GDOOD GLFLWXUD ³'DQ]D DPHULFDQD´ SUHVHQWH VRSUD LO SHQWagramma) e il compositore segue lo spunto iniziale dell¶introduzione sfruttando il più possibile i frammenti di scala pentatonica. Sul primo grado comincia la prima A, con una melodia che espone il motivo anticipato, dal punto di vista ritmico nell¶intro e, supportato da un¶armonia basata sul primo grado che si alterna ad un accordo di diminuita che culmina su un quarto grado con la settima minore. Questo accordo ci indica uno scambio modale: ovvero ad un accordo di sottodominante costruito sulla scala maggiore è stato sostituito un accordo costruito sulla parallela minore melodica di Ab, anche questa alternanza fra I grado e IV7 è una pratica tipica del blues, peraltro la frase della mano destra che fa da contrappunto al F minima è un frammento di scala pentatonica. x /H VXFFHVVLYH RWWR EDWWXWH VRQR OD VH]LRQH ³%´ FKH FRQWLQXD VHPSUH VXOOD IDOVariga delle precedenti sezioni. Dopo le due misure di Bb7 viene introdotto un elemento di novità, infatti mentre la melodia viene riproposta dal punto di vista ritmico esattamente identica a quella della prima strofa, l¶armonia diventa minore inserendo un elemento di sorpresa sia dal punto di vista del colore melodico (la terza che nella prima A è maggiore e in questo caso è minore), sia per la mancata risoluzione dell¶ accordo di dominante che precede questa nuova 142
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sezione. Lœarmonia è giocata sempre su due accordi minori (Bbm e Ebm), a distanza di quarta su un pedale di Bb, la scala melodica che prelude al ritorno alla prima A e che in quel caso era costruita sul primo grado, in questo caso è costruita su un Bb7 ovvero un V del V ed infatti le ultime due misure alternano un accordo di sottodominante (Db/Eb) ad un accordo di dominante di Ab. x 3RL DEELDPR RWWR EDWWXWH GL ³$ ´ XQD YDULD]LRQH GHOOD $ /D ULSUHVD GHO SULPR tema è identica fino alla sesta misura in cui il Db diventa D naturale indicandoci una modulazione temporanea in Eb. x Dalla A1 si passa a otto battute di interludio, molto interessanti per come strutturate armonicamente. Nelle prime quattro abbiamo un pedale di Bb7 mentre nelle ultime quattro una discesa cromatica del basso. Anche se di fronte al solo basso pRVVLDPR LQWHUSUHWDUH TXHVWD GLVFHVD FRPH XQD ³VXFFHVVLRQH GL WULWRQR´ ovvero un susseguirsi di dominanti che scendono cromaticamente da F7 a Bb7 per poi nelle ultime due battute fermarsi su Eb7. x Da Eb7 si passa a Ab (V-I) e comincia la parte finale del brano che corrisponde allœentrata del coro. Il nuovo tema sembra quasi un aggravamento dal punto di vista ritmico della melodia iniziale ed è caratterizzato da una melodia piÚ larga, sempre sincopata cui fa da contrappunto nella mano sinistra, sempre caratterizzata dalla stessa scansione ritmica, un maggiore uso di note di passaggio cromatico, altra caratteristica tipica del ragtime. Attraverso due misure di sottodominante che diventa minore nellœultimo quarto si ritorna alla tonica che prepara un nuovo interludio basato su Bb7 che richiama dal punto di vista melodico lœintroduzione. Anche questo interludio si conclude con una modulazione temporanea verso Eb che diventa nella misura successiva settima di dominante. La ripresa del secondo tema è identica e cambia nelle ultime due misure precedenti alle ultime otto, infatti, attraverso il Db che diventa IIb viene introdotto un accordo di C7, ovvero la dominante secondaria del primo accordo dellœintroduzione (F7), che viene ripresa identica fino alla conclusione sulla tonica.43 La riduzione per orchestrina di Nuccio Fiorda utilizza i seguenti strumenti: pianoforte, violino I e II, tromba, trombone, clarinetto in Sib, violoncello, contrabbasso. Molto probabilmente manca, nellœesemplare consultato, la parte di batteria, presente invece in quasi tutti i brani arrangiati dal riduttore e indispensabile per dare lo swing giusto ai brani.
43
Ringrazio il maestro Luigi Giannatempo per lÂśaiuto nellÂśanalisi del brano.
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Duetto dell¶ascensore Il duetto dell¶ascensore è un brano che vede come protagonisti e cantanti Andrea Giadi e sua moglie Chiarina. Siamo di fronte ad un pezzo molto lungo in 2/4, nel quale si susseguono diversi cambi di andamento e indicazioni di danze. Abbiamo in successione: x Allegro non troppo nella parte iniziale, con un andamento che ricorda molto da vicino il fox-trot. x Tempo di blues nella seconda parte, con un passaggio ad un tempo tagliato. A differenza del tempo di blues del Duetto del duello non troviamo qui l¶elemento ritmico della terzina che non era infatti il solo elemento che contraddistingueva il tempo di blues: ciò conferma l¶ipotesi che all¶epoca ci fosse un vocabolario proprio del genere diffuso tra i musicisti. x Danza (non specificata) in cui comincia a crescere la dinamica fino al FF. x One step e Animato. Queste due indicazioni le ho raggruppate poiché si trovano a poche battute di distanza e creano un crescendo finale in cui la velocità fa da padrone. Dal canto suo Nuccio Fiorda imposta la sua riduzione ponendo solo l¶indicazione di Fox-trot all¶inizio del brano in tempo tagliato. Anche in questa riduzione è interessantissima l¶LQGLFD]LRQH FKH VL WURYD SHU EHQ GXH YROWH QHOOD SDUWH GL EDWWHULD ³DG OLEiWXP GHO MD]]´
Conclusioni Questo lavoro è un contributo che va ad alimentare un nuovo campo d¶indagine della ricerca musicologica, ancora poco approfondito. Molteplici sono i riscontri positivi avuti dagli addetti ai lavori di diverse parti d¶Europa concentrati sul ruolo che hanno avuto il jazz e i nuovi stili µesotici¶ sia nella rispettiva cultura sia nell¶evoluzione di diversi generi di tradizione europea. Ma più in generale l¶interesse 144
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ricade sulla contaminazione che ebbe la musica europea con l¶integrazione di elementi estranei alla tradizione culturale del vecchio continente. La difficile reperibilità delle fonti a causa di una editoria indirizzata alla veloce fruibilità ed un generale atteggiamento che tendeva ad incamerare il nuovo integrandolo col µvecchio¶, per motivi legati all¶editoria e al successo, rendono difficile decifrare l¶intenzione reale degli autori. In molti casi non è di grande aiuto nemmeno uno studio semiografico delle parti vista la confusione che regnava e diventa una necessità il confronto e lo studio di PROWR PDWHULDOH /D SRVVLELOLWj GL SRWHU FRQWDUH VX XQ IRQGR JUDQGH FRPH LO ³&DVWHOOL´ è stata una vera e propria fortuna per un¶indagine approfondita, per entrare nell¶ottica del periodo e della musica di consumo. L¶indagine sull¶operetta coinvolge anche i cafè chantant e tutti i tipi di spettacolo µpopolare¶; ed in un certo senso è necessario sondare questa parte della storia per capire la successiva evoluzione della musica italiana in genere.
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Eleonora Davide UN MODELLO DI COMUNICAZIONE PER LÂśALTA FORMAZIONE ARTISTICA MUSICALE: 1 PRODUZIONE, DISTRIBUZIONE E GESTIONE DELLÂśINFORMAZIONE Un sistema complesso che corre dietro i tempi quello dei conservatori italiani che a suon di musica ha visto cambiare tante cose intorno a questi istituti. Oggi la realtĂ dinamica della musica e dei sistemi formativi impone nuove regole e il musicista è un imprenditore di se stesso, dipendente solo dalla necessitĂ di sopravvivere. Ă&#x2C6; per questo motivo che la promozione degli eventi che lo riguardano, la sovvenzione delle manifestazioni in cui viene chiamato ad esibirsi e il finanziamento dei festival in cui viene promossa la sua arte, con la straripante offerta di occasioni ricreative e di musica a basso costo, cui è possibile accedere in ogni luogo, divengono di fondamentale importanza per il suo lavoro. La comunicazione, che è alla base delle relazioni civili tra uomini, diviene il fulcro del marketing e la sua ÂľarteÂś diviene compagna fedele del musicista di successo. Mai prima del Novecento, infatti, il peso della comunicazione era stato cosĂŹ grande, mai prima di allora si era assistito agli eventi di massa che hanno segnato il secolo breve, destinati a crescere ancora nel XXI secolo. Qualsiasi evento oggi può essere quasi simultaneamente annunciato in tutto il mondo attraverso i piĂš rapidi strumenti di comunicazione di massa: i social network. Non è pensabile, dunque, sottrarsi allÂśuso di questi mezzi se si vuole fare strada tra la miriade di offerte che affollano il web e la capacitĂ di attenzione dei potenziali utenti di qualsiasi spettacolo musicale. Ma è necessario scegliere lo strumento piĂš adatto ad ogni cosa. Se i magazine di portata internazionale quali ÂŤClassic VoiceÂť o ÂŤRolling StoneÂť, affezionano gli appassionati di specifici generi musicali, lÂśinformazione generalista entra oggi nelle case di tutti attraverso Internet con i web-magazine, fruibili gratuitamente e aggiornati di continuo sulle novitĂ del mercato discografico, sui concerti e sul gossip del mondo dello spettacolo. Ma come raggiungere nella pratica questi canali per ottenere uno spazio per la propria produzione e attenzione da parte del lettore/utente? La musica oggi viaggia su mezzi diversi e in tempo reale spostandosi materialmente nella Rete nel flusso del webcasting, permettendo agli ascoltatori/utenti di interagire in modi che vanno dalla conversazione in chat con la radio che trasmette sul web, al downloading, proprio delle radio multicanale, alla creazione di playlist personalizzate, alla distribuzione digitale che manda in soffitta anche i CD. Cambiando il mezzo è cambiato il modo di approcciarsi alla musica. Ed è venuto meno uno dei motivi principali per cui ci si recava allÂśopera o ad un concerto: ascoltare la musica. CosĂŹ queste occasioni cambiano connotazione e occupano un posto diverso allÂśinterno della sfera emotiva e cognitiva dellÂśuomo che ascolta musica, il quale dallÂśesperienza musicale diretta, FKH RJJL VL FKLDPD ÂłOLYH´ SUHWHQGH DOWUR &RVu QDVFH XQD QXRYD Uichiesta che gli operatori della musica sono tenuti a non trascurare. 1
Estratto della tesi magistrale di Eleonora Davide in Discipline storiche critiche e analitiche della musica del ConservaWRULR ³'RPHQLFR &LPDURVD´ GL $YHOOLQR UHODWRUH SURI $QWRQLR &DURFFLD $ $ /16.
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Ma nel frattempo, inevitabilmente, la produzione della musica insegue il mercato e si inverte per la prima volta nella storia il senso di un percorso tra composizione e bisogno di ascolto che aveva dominato i secoli precedenti. In pochi decenni è cambiato veramente qualcosa, ma a dettare le leggi questa volta non è stata la ricerca compositiva o la maturazione delle tecniche strumentali, bensì è il mercato discografico. Anche all¶interno degli istituti il raggiungimento degli obiettivi formativi sembra offuscare la necessità di fornire i giovani ± o meno giovani ± allievi di quegli strumenti necessari per presentarsi al mondo fuori dall¶auditorium del proprio conservatorio. E neanche l¶uso di volontari con capacità di scrittura e con la buona volontà di dedicare il proprio tempo libero a redigere comunicati stampa corretti, per comunicare con l¶esterno dell¶istituto, può bastare se di base non esiste la convinzione che nulla in questo campo, al pari del sacrosanto insegnamento dello strumento, anziché delle basilari materie teoriche, possa e debba essere mai lasciato al caso. Un¶altra domanda è d¶obbligo a questo punto: ma cosa significa comunicare in un contesto musicale? Per rispondere a questo quesito è necessario conoscere i mezzi di comunicazione esistenti nel proprio territorio o anche sul più vasto territorio nazionale, necessari destinatari delle notizie che servono a costruire una campagna pubblicitaria delle attività dell¶istituto, il quale deve dimostrarsi capace però di ottenere lo spazio sperato e quindi la dovuta diffusione delle informazioni. Oggi di spettacolo e musica non parlano più solo i critici e l¶informazione musicale utilizza altre forme, come recensioni, interviste, cronache e presentazioni. Mentre al critico musicale era richiesta una preparazione nel campo, ottenuta o attraverso studi musicali istituzionali o privati, senza essere necessariamente un giornalista, il cronista musicale, che non ha il compito di esprimere giudizi in merito, è un giornalista che non deve avere necessariamente degli studi specifici alle spalle. La figura dell¶informatore musicale, capace di muoversi su piani diversi si è fatta nel frattempo strada nella moderna comunicazione e ha creato un maggiore dinamismo all¶interno delle redazioni. Per quanto riguarda i giornali locali, questi non possono farsi carico di redattori con tali caratteristiche, anche in virtù di una minore quantità e portata delle notizie, quindi al massimo vi troviamo il curatore delle notizie di cultura e spettacolo, nelle quali ovviamente capitano anche quelle dedicate agli eventi musicali organizzati dalle associazioni, dai teatri e dalle istituzioni musicali. Anche in questo caso non parliamo di critici o di specializzati in un settore culturale. Poi gli articoli, spesso, non riportano la firma del redattore e qualche volta a giusta ragione, trattandosi della pubblicazione integrale del comunicato stampa inviato dall¶ente promotore dell¶iniziativa. Stesso discorso vale ovviamente per la stampa locale on-line. Un discorso a parte riguarda, invece, i periodici di settore che però si rivolgono al loro pubblico, composto da intenditori e amanti del genere, quindi da persone che di musica capiscono qualcosa. Con questo quadro davanti, chi si occupa della comunicazione deve fare delle scelte oculate, che rispettino le intenzioni dell¶Istituzione per cui lavora, cercando nuovi 148
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ed efficaci modi per fare posizionare la propria notizia in modo che sia letta dal pubblico. Analisi del sistema Per condurre la mia indagine conoscitiva sullo stato del settore dell¶istruzione musicale, dipendente dal Miur-Settore dell¶Alta Formazione Artistica Musicale (AFAM), ho fatto uso di un questionario appositamente costruito da somministrare agli istituti italiani. Ma, siccome il sistema AFAM si compone di: 54 conservatori statali; 19 non statali (istituti superiori di studi musicali ex pareggiati); 4 istituti accreditati, gran parte dei quali hanno una lunga storia e tradizione alle spalle, considerando che siamo il paese in cui i conservatori sono nati nel XVI secolo e considerato anche che il sistema coinvolge 50.000 studenti, di cui il 10 per cento stranieri (il doppio che nelle Università), con oltre 6000 diplomati all¶anno, impegnando nell¶opera formativa 6000 docenti e 1500 unità di personale amministrativo ausiliario, per la strutturazione dei questionari ho scelto quelle domande che erano necessarie a ricostruire lo stato di fatto dell¶organizzazione delle comunicazioni all¶interno del settore scegliendo di puntare l¶attenzione su un sistema omogeneo, cioè quello dei conservatori statali appunto. Quindi 54 istituti. Per ottenere risposta, visto che non comparivano per molti di essi neanche sui siti web i contatti di un ufficio comunicazioni, ho preferito inviare il questionario a tutti i direttori di tali conservatori. Le domande, semplici e dirette, sono state strutturate in modo da disegnare una mappa per capire cosa sia stato fatto e cosa ancora resti da fare nel campo delle comunicazioni. Nell¶Appendice I è possibile leggere il modello di questionario che ho inviato ai direttori dei conservatori italiani. Ho costruito così una tabella di sintesi con le risposte che mi sono state inviate,2 le quali costituiscono una spontanea selezione sull¶oggetto dell¶indagine; spontanea perché non è stata fatta a priori, ma i conservatori che hanno scelto di rispondere erano chiaramente quelli dotati del personale per farlo o comunque hanno investito in qualche modo sulla comunicazione come mezzo di arricchimento per l¶Istituto. Così su 54 conservatori solo 12 hanno aderito all¶iniziativa, fornendo i dati richiesti con sollecitudine e con evidente piacere di comunicare come si muovono all¶esterno. Nonostante l¶osservazione della distribuzione dei conservatori sul territorio italiano, ci mostri istituti sorgere a distanze ravvicinate in alcune aree indipendentemente dalla loro collocazione, in capoluogo di provincia o meno, come fa notare Guido Salvetti in uno studio del 2011,3 la tabella sinottica, invece, mostra che i conservatori che hanno risposto al questionario sono quelli di: Avellino, Benevento, Bolzano, Como, Ferrara, La Spezia, Lecce, Matera, Palermo, Pesaro, Trapani e Udine. Quella che ne risulta è una distribuzione abbastanza equa che interessa le regioni settentrionali Lombardia, Liguria, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia-Giulia ed Emi2
Vedi Appendice II, tabella sinottica delle risposte al questionario. GUIDO SALVETTI, Le professioni musicali e la generazione tradita, in Italia 2000, a cura di Andrea Estero e Guido Salvetti, Milano, Guerini editore, 201, pp. 257-301: 271. 3
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UN MODELLO DI COMUNICAZIONE PER LÂśALTA FORMAZIONE ARTISTICA MUSICALE
lia Romagna; quelle meridionali, piÚ isole, Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia; mentre nel centro Italia solo Pesaro, nelle Marche, ha risposto allœappello. Una mappa GL LVWLWXWL ¾YLUWXRVLœ che non sembra dare ragione della presenza delle aree ad alta concentrazione, segno che la quantità non paga sempre. Analizzando le risposte ai questionari risulta che: hanno risposto 6 conservatori di grandi dimensioni con >800 iscritti (Avellino, Benevento, Lecce, Matera, Palermo e Pesaro); 4 di medie dimensioni, tra 401 e 600 (Como, Ferrara, Trapani e Udine); 2 di piccole dimensioni, tra 200 e 400 (Bolzano e La Spezia); il numero di rassegne, che comprendono quelle musicali e quelle convegnistiche, è variabile e va da una unica rassegna di Como alle 10 di Benevento, con eventi singoli, dai concerti, ai convegni, alle masterclass e agli incontri, che nellœanno vanno dai 40 di Matera ai 115 spettacoli di Ferrara. Tutti hanno produzioni proprie, dagli allestimenti di rappresentazioni sceniche, allœincisione di CD musicali, produzioni sinfoniche e installazioni multimediali. Le capienze delle sale da concerto si attesta tra i 140 di Palermo e i 700 posti di Trapani, in via di completamento, ma è da notare lœassenza di uno spazio adeguato SHU LO &RQVHUYDWRULR GL %HQHYHQWR ³1LFROD 6DOD´ FKH QRQ KD XQ DXGLWRULXP PD VL poggia a strutture (teatri, chiese, luoghi pubblici di aggregazione) messe a disposizione dallœUniversità del Sannio, dagli enti locali e dalle autorità religiose. Per quanto riguarda lœorganizzazione delle comunicazioni, tutti tranne uno dichiarano di avere un ufficio stampa; le qualifiche degli operatori fanno registrare solo 4 giornalisti pubblicisti e di questi 2 sono anche docenti, 1 studente e 1 esterno; ci sono poi 5 docenti, di cui 2 di discipline storiche; cœè un laureato in discipline della musica e uno in musicologia, un grafico, un fotografo, 4 studenti, un assistente amministrativo. I mezzi con cui comunicano lœimmagine dellœEnte, oltre a quelli utilizzati dallœUfficio Stampa (che di solito sono comunicati stampa e conferenze stampa) sono per lo piÚ i siti web istituzionali e Facebook, qualcuno usa le Newsletter (Como, Ferrara, Lecce e Pesaro), mentre Trapani dichiara di stare allestendo una Web Radio Ateneo e, infine, il nostro conservatorio di Avellino lœha attivata in seguito al presente studio. /H DXWRYDOXWD]LRQL YDQQR GDO ³VXIILFLHQWH´ GHO ³7LWR 6FKLSD´ GL /HFFH H GHO ³)UeVFREDOGL´ GL )HUUDUD DOOœ´RWWLPD´ DVVHJQDWL D VH VWHVVL GDO ³1LFROD 6DOD´ GL %HQHYHQWR GDO ³*LXVHSSH 9HUGL´ GL &RPR GDOOœ´(JLGLR 5RPXDOGR 'XQL´ GL 0DWHUD H GDO ³9LnFHQ]R %HOOLQL´ GL 3DOHUPR Ma cosa ci dicono i questionari, se abbandoniamo per un momento la logica dei numeri per andare a guardare cosa ci hanno comunicato di sÊ questi conservatori? Sul piano dellœofferta musicale tutti questi conservatori mettono in campo un buon numero di eventi sia singoli che legati a vere e proprie rassegne e a quasi tutti non PDQFD OD ULFHWWLYLWj VH QRQ IRVVH SHU VLWXD]LRQL FRPH TXHOOD GHO ³)UHVFREDOGL´ GL )Hrrara che ha lœDXGLWRULXP LQ ULVWUXWWXUD]LRQH SRVW VLVPD GHO ³7LWR 6FKLSD´ GL /HFFH FKH è in periferia e fa uso di sale citWDGLQH H GHO JLj FLWDWR FDVR GHO ³6DOD´ GL %HQHYHQWR 150
ELEONORA DAVIDE
VSURYYLVWR GL DXGLWRULXP GLYHUVR LO FDVR GHOOR ³6FRQWULQR´ GL 7UDSDQL FKH VWD DOOestendo una sala da 700 posti. Quello che manca ad alcuni tra questi conservatori, che credono nella comunicazione, fatto dimostrato dalla loro sollecita partecipazione al questionario, sono proprio i mezzi per comunicare. A chi manca l¶addetto stampa qualificato (con qualifiche da giornalista ed esperto di musica intendo), e deve affidare la cura delle comunicazioni allo studente con il più alto rapporto esami/voti (che è comunque un criterio di selezione) o al docente più volenteroso, meglio se musicologo; c¶è chi desidera fermamente un Ufficio Stampa con tutte le caratteristiche che gli competono; a chi manca uno schermo per comunicare con i visitatori le produzioni dell¶ente, a chi il denaro per l¶acquisto di spazi pubblicitari sui quotidiani. C¶è chi crede nella Radio $WHQHR H VWD ODYRUDQGR SHU ³DOOHVWLUOD´ &¶è anche chi è particolarmente fortunato e dichiara di avere, oltre che un responsabile delle comunicazioni, che è anche direttore di un periodico, anche la collaborazione di uno studente volontario e di un docente che cura l¶immagine dell¶istituto, tutte le dotazioni necessarie a una corretta comunicazione che consente al Conservatorio di avere una buona risposta da parte del territorio, impegnandosi comunque a migliorare la propria visibilità e cercando un rapporto sempre più solido con il suo pubblico, facendo anche uso di questionari. Non ci meraviglia, comunque, in questo spaccato d¶Italia, osservare che per lo più le soluzioni sono affidate alla capacità di adattamento e alla buona volontà di chi vi lavora o vi studia. Per studiare il nostro caso specifico è però necessario avere anche una visione di insieme delle caratteristiche del pubblico della musica che si produce in un conservatorio. Per farlo mi sono affidata ai dati forniti dalla SIAE, che un po¶ ci parlano proprio della distribuzione territoriale e dei gusti del pubblico italiano. La prima cosa che osserviamo dalle rilevazioni statistiche dell¶indagine della SIAE è che l¶affluenza del pubblico che partecipa ai concerti di musica classica risente molto del dato territoriale, ma in risposta a una differente presenza di eventi sul territorio nazionale. La prevalenza numerica di spettacoli di questo genere al Nord piuttosto che nel Sud e nelle isole non trova spiegazione certamente in una sensibilità diversa del pubblico nei confronti della musica colta, bensì può trovare ragione d¶essere in scelte politiche non in accordo con la distribuzione e diffusione di tale genere che rimane perciò relegato ad una nicchia. Fortunatamente i dati SIAE aggiornati al 2015 ci mostrano il dato confortante dell¶aumento della spesa al botteghino per i concerti classici del 18 per cento, rispetto alle precedenti rilevazioni, registrando anche il campione di incassi per il 2015 nella sezione opera lirica nell¶Aida all¶Arena di Verona con ben 141.917 biglietti venduti. Questi dati confrontati a quelli del 2001 però fanno registrare, a fronte di un aumento degli spettacoli di musica classica (+18%), un aumento del divario tra il Nord e il Sud più isole. Infatti, il rapporto tra ingressi agli spettacoli e numero degli eventi restituisce per le regioni settentrionali una media di 225 ingressi per spettacolo, mentre per le meridionali più isole di soli 189. Una divergenza rilevante ma non allarmante. 4 4
SIAE Annuario dello spettacolo 2015, p. 132.
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A tal proposito, Cecilia Balestra e Alfonso Malaguti attribuiscono alla mancanza di una strutturata educazione musicale nella scuola dellœobbligo in Italia il fatto che la musica colta arriva ai giovani con difficoltà , pur ammettendo che i giovani ascoltano moltissima buona musica. Gli autori identificano la causa di tali carenze nel timore di chi opera nel settore della musica colta in Italia e che non vuole rischiare di perdere il proprio status, ottenuto per meriti professionali e non, in caso di riforma dellœorganizzazione musicale.5 I mezzi di comunicazione Il piÚ immediato dei modi per promuovere lœimmagine di un ente è lœUfficio Stampa, la cui necessità è sancita dalla Legge n. 150 del 7 giugno 2000, ancora purtroppo non applicata da molti enti, come abbiamo potuto osservare. LœUfficio Stampa deve impegnarsi a informare circa le attività dellœEnte, di cui è espressione, divulgando dati e notizie che lo riguardano. Pur soddisfacendo alle regole giornalistiche, nel redigere un comunicato, lœaddetto stampa deve soddisfare gli interessi di parte, ma non scordiamo che un giornalista deve prima di tutto soggiacere alla deontologia professionale. A tale proposito va citato il Testo Unico dei Doveri del Giornalista, ufficializzato a febbraio 2016. Fatto tesoro della legislazione che regola le funzioni, gli obblighi e le finalità di un Ufficio Stampa, è doveroso da parte nostra considerare un elemento ineludibile per il corretto svolgimento dei compiti di tale ufficio in un Conservatorio di Musica: la specializzazione. Questa oggi meriterebbe di essere ottenuta da un percorso che molto si avvicina alla comunicazione e alla critica musicale. Si tratta del Corso Accademico di secondo livello in Discipline Storiche Critiche e Analitiche della Musica, che in molti conservatori italiani sta costruendo percorsi formativi i quali, oltre ad essere riconosciuti ai fini dellœinsegnamento della teoria musicale negli istituti scolastici, offrono una specializzazione che, unita alla pratica giornalistica, può fornire le credenziali per SRWHU ³SDUODUH´ GL PXVLFD DO SXEEOLFR WHQHQGR FRQWR VLD GHOOH QHFHVVLWj GL DUULYDUH D tutti che di fornire una informazione corretta e consapevole del contenuto. PoichÊ, come insegna il massmediologo Marshall Mcluhan, padre delle tecniche di comunicazione, il medium, è il messaggio stesso,6 per divulgare la cultura musicale è necessario utilizzare un medium adatto al target di riferimento e al tipo di messaggio perchÊ, senza estremizzare la teoria di McLuhan, per ogni tipo di informazione bisogna utilizzare il mezzo di comunicazione piÚ idoneo e fruibile possibile. Oggi un conservatorio non dovrebbe limitarsi a formare buoni musicisti, ma anzi dovrebbe avere a cuore il loro futuro di professionisti. PerchÊ questo sforzo abbia un senso, però, è necessario un pubblico e, dato il tipo di diffusione che ha la musica classica, quella maggiormente insegnata in questo tipo di istituti, bisogna che questo pubblico sia capace di ascoltare tale musica. Si pone quindi una seconda richiesta al mezzo di comunicazione che stiamo cercando: quella di formare un pubblico di 5 Le coordinate storiche del sistema musicale italiano in Organizzare musica-Legislazione, produzione, distribuzione, gestione nel sistema italiano, a cura di Cecilia Balestra, Alfonso Malaguti, Milano, FrancoAngeli, 2006, pp. 27-51: 29. 6 MARSHALL MCLUHAN, Gli strumenti del comunicare ¹ Il medium è il messaggio, Milano, IlSaggiatore, 1967.
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ascoltatori. Non sembra che a questo punto si possa dubitare del fatto che il mezzo che offre maggiore spazio e possibilità a raggiungere entrambi gli scopi, quello cioè di promuovere lœistituzione, le sue produzioni e i suoi musicisti e quello di educare allœascolto, non possa essere che la radio. Questo mezzo ha offerto per decenni a molte persone la possibilità di accedere alla musica gratuitamente, in un percorso che ebbe inizio con Thomas Edison e col suo fonografo nel 1877, e che vide la grande applicazione della radio nei periodi bellici e a servizio dei regimi che lœhanno usata per indottrinare il popolo; percorso che ha fornito, però, anche opportunità alla musica contemporanea di farsi conoscere ed apprezzare, grazie alle numerose rassegne promosse dalle emittenti, tra cui il festival PrÊsences di Radio France è un valido esempio. Tornando alle necessità che questo mezzo soddisferebbe nel nostro contesto, se consideriamo che oggi è maggiormente necessario, anche se piÚ arduo, interessare alla musica classica un pubblico giovane, amante della musica ma ancora cosÏ distante da quella prodotta nei conservatori, magari raggiungendo una platea quanto piÚ vasta possibile, la nostra scelta non poteva non ricadere su una web radio: una Web Radio Ateneo. Il progetto pilota: Radio Cimarosa, la Web Radio Ateneo Si parla di progetto pilota perchÊ allo stato attuale nessun conservatorio italiano è provvisto di Web Radio Ateneo e il presente studio si propone di costruire un modello che possa essere seguito da altri istituti afferenti allœAFAM. Prima di descrivere gli strumenti necessari ad attivare materialmente una web radio, è necessario dire che tre sono le tipologie di tale strumento che è possibile trovare in rete: le web radio amatoriali, commerciali e istituzionali. /D ZHE UDGLR DPDWRULDOH GHWWD DQFKH ³SHUVRQDOH´ QRQ SHUPHWWH DO titolare di esibire banner pubblicitari, nÊ tantomeno allœinterno della programmazione inserire spot audio che generino compensi, di seppur minima entità . La Web Radio Commerciale, invece, può sfruttare il canale pubblicitario vendendo spazi sia allœinterno del sito che del proprio palinsesto. La Web Radio Istituzionale è quella che, ricadendo nelle emittenti senza scopo di lucro alcuno, appartiene ad associazioni, partiti, università , scuole, Comuni, Regioni e altri enti, tra i quali i conservatori. La normativa di riferimento, ovvero il Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici FODVVLILFD OH :HE 5DGLR FRPH ³VHUYL]LR GL PHGLD DXGLRYLVLYL OLQHDUH R UDGLRIRQLFR VX DOWUL PH]]L GL FRPXQLFD]LRQH HOHWWURQLFD´ 7 Per poter utilizzare repertorio musicale tutelato allœinterno delle trasmissioni, occorre richiedere licenze specifiche per Diritto dœAutore e Diritti Connessi. In Italia le principali società sono la Siae, la Società Italiana degli Autori ed Editori, e lœScf, Società Consortile Fonografici (o piÚ semplicemente Consorzio Fonografici), a meno 7
Decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, art. 2.
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UN MODELLO DI COMUNICAZIONE PER L¶ALTA FORMAZIONE ARTISTICA MUSICALE
che il repertorio da mettere in onda non sia tutto libero da vincoli, come spiegherò più avanti. La Siae gestisce la ripartizione dei diritti d¶autore e, fino al 2001/2002, si occupava anche della riscossione dei diritti connessi, i diritti spettanti, cioè, a tutto ciò che ruota attorno al diritto d¶autore, ovvero diritti spettanti ai fonografici, esecutori, e altri operatori; dal 2001/2002, dopo la nascita dell¶Scf, i fonografici, per uno svariato numero di motivi, hanno iniziato a riscuotere per proprio conto i proventi destinati ai propri mandatari. Si sottolinea che il Movimento delle Etichette Indipendenti è tra i mandatari della Scf. Quindi, se un¶emittente dovesse avere rapporti con un¶etichetta indipendente, non significa in automatico che è libera da qualsiasi vincolo. Per iniziare a trasmettere con la propria emittente, occorre far partire entrambe le licenze, tranne in tre specifici casi: 1. Talk Radio: Emittenti che all¶interno del proprio palinsesto non mandino in onda repertorio musicale; 2. Emittenti che non utilizzano repertorio tutelato, avendo il consenso a trasmettere tale musica da parte dell¶autore, il quale a sua volta non vanta una posizione aperta alla Siae; 3. Emittenti che utilizzano solo brani rilasciati sotto licenza Creative Commons (CC). Questo tipo di permessi di utilizzazione, sono stati messi a disposizione del pubblico a partire dal 16 dicembre 2002 dalla Creative Commons (CC), un¶organizzazione non a scopo di lucro statunitense fondata nel 2001 da Lawrence Lessig, professore di diritto all¶Harvard University. Tali licenze sono idealmente strutturate in due parti, la prima parte indica le libertà concesse dall¶autore per la propria opera, la seconda, invece, espone le condizioni di utilizzo dell¶opera stessa. Tale tipo di licenza si pone a cavallo tra copyright completo (full-copyright) e pubblico dominio (public domain). Esistono, inoltre, due casi in cui si potrebbe fare a meno della licenza Scf, oltre a quelli precedentemente elencati: 1. Il brano utilizzato appartiene ad etichetta indipendente non aderente ad Audiocoop, l¶associazione degli autori indipendenti, che aiuta a incassare i compensi dei detenenti diritto: artisti che si autoproducono o produttori di piccole, medie e grandi dimensioni; 2. Il brano non ha edizioni o l¶editore, se presente, non è tra i mandatari dell¶Scf.8 L¶Unione Europea ha adottato una direttiva, la 2014/26 /UE, sulla gestione dei diritti collettivi e concessione di licenze multi-territoriali dei diritti di opere musicali per uso on-line.9 La direttiva mira a garantire che i titolari dei diritti abbiano una voce 8
Cfr. Web Radio Associate, <http://www.wra.it/burocrazia> (ultima consultazione 26 settembre 2016). Direttiva 2014/26/Ue del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, sulla gestione collettiva dei diritti d¶autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multi-territoriali per i diritti su opere musicali per l¶uso online nel mercato interno. 9
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in capitolo nella gestione dei loro diritti e prevede un migliore funzionamento delle organizzazioni di gestione collettiva secondo gli standard adottati a livello dell¶Unione Europea. Le nuove regole mirano anche a facilitare la concessione di licenze multi-territoriali da parte delle organizzazioni di gestione collettiva dei diritti d¶autore in opere musicali per l¶uso online.10 La durata dei diritti economici derivanti dall¶uso delle opere è stata armonizzata a livello europeo con Direttiva n.93/98 a settant¶anni post-mortem auctoris.11 I diritti d¶autore, così detti genericamente e indicati negli Stati Uniti come copyright, però vanno distinti in: diritti di esecuzione, in caso di concerti dal vivo; diritti di rappresentazione, in caso di coinvolgimento della scena, per le opere e il teatro musicale; diritti fonomeccanici, per le registrazioni; diritti di sincronizzazione per l¶utilizzo della musica in film, spot pubblicitari o videoclip. Per l¶utilizzo della musica su reti telematiche, è l¶Ufficio Multimedialità della SIAE ad occuparsi dei repertori tutelati da diritto d¶autore, con estensione alla convergenza tra Internet e telefonia mobile. Tale Ufficio autorizza i content provider e i gestori di rete a diffondere e distribuire le opere protette sia in streaming (ascolto diretto) che in downloading (scaricamento sul proprio Pc, lettori e altri terminali), anche se si tratta di suonerie per i cellulari. È anche il settore che si occupa delle Web Radio. L¶esigenza di confrontarci con altre realtà che operano nello stesso settore, unita alla necessità di perdersi nell¶oceano della web-informazione, ci ha spinto ad aderire all¶Associazione delle Web Radio. L¶$VVRFLD]LRQH :HE 5DGLR LWDOLDQH ³: 5 $ -:HE 5DGLR $VVRFLDWH´ YLHQH FRVWLWXita a Roma il 20 luglio 2005 dall¶esigenza degli operatori del settore di essere rappresentati in una realtà all¶epoca poco chiara, quale era il mondo delle web radio e dalla necessità di tutelare le emittenti virtuali, per garantire equità nella regolamentazione del mezzo e soprattutto presso le autorità di competenza, promuovendo un mezzo con potenzialità di espansione. Tale opportunità ha dato modo negli anni di poter registrare lo sviluppo effettivo delle web radio in Italia.12 La scelta del dominio per le trasmissioni della Web Radio Ateneo è ricaduta, dopo un¶attenta valutazione di costi e gestibilità, sulla nota piattaforma Spreaker.com. Nata nel 2009 a Bologna e presentata agli utenti nel 2010 dal fondatore Francesco Baschieri, Spreaker è una delle realtà di maggiore successo nel settore a livello internazionale. L¶applicazione, utilizzabile da pc, tablet o smartphone, con interfacce di semplice utilizzo, permette di inserire i brani e registrare la conduzione vocale, interagendo con gli utenti attraverso la chat in linea, costruendo podcast, trasmissioni in streaming e condividendo tutto sui social network, consentendo la creazione di una vera e propria community delle web radio. 10 Cfr. La direttiva sulla gestione collettiva dei diritti d¶autore 02/04/2014 <http://ec.europa.eu/internal_market/copyright/management/index_en.htm> (ultima consultazione 26 settembre 2016). 11 Direttiva 2006/116/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, concernente la durata di protezione del diritto d¶autore e di alcuni diritti connessi. 12 <http://www.wra.it/associazione-web-radio> (ultima consultazione 26 settembre 2016). La sede della WRA è a Roma in Viale Regina Margherita, n. 286.
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UN MODELLO DI COMUNICAZIONE PER LÂśALTA FORMAZIONE ARTISTICA MUSICALE
Per accedere a un profilo che ci consentisse di sfruttare al meglio le potenzialità della radio, è stato deciso di attivare un abbonamento che, con una minima spesa, permette di trasmettere in modo professionale i nostri contenuti musicali. Per dare corpo e sostanza allœDSHUWXUD GHOOD :HE 5DGLR $WHQHR ³5DGLR &LPDURVD´ TXHVWH VRQR state le tappe operative: 1. Acquisto delle attrezzature necessarie alla trasmissione; 2. Iscrizione alla piattaforma Spreaker.com, con il profilo Broadcasting che ha assegnato il seguente indirizzo alla Radio Cimarosa: https://www.spreaker.com/user/8953189 3. Iscrizione alla WRA, Web Radio Associate; 4. Attivazione della Licenza Siae per web radio istituzionale monocanale, senza permesso di scaricare i contenuti da parte degli utenti, con una percentuale di musica trasmessa dal 25% al 75%, al di sotto delle 100.000 PAVM (pagine viste al mese), compatibilmente con la diffusione che la Radio avrà , almeno nei primi tempi. La scelta di non permettere il downloading dei contenuti della Radio, è stata dettata anche da motivi di carattere economico, per diminuire i costi a carico dellœIstituto per il rilascio della licenza Siae; mentre, come per le altre web radio, saranno disponibili contenuti nella programmazione del palinsesto cui gli utenti potranno accedere per fare partire il programma e trasmissioni in diretta cui si potrà accedere seguendone il flusso; 5. Attivazione della licenza Scf; 6. Costruzione degli Show di test con inserimento: dei brani musicali dai CD prodotti dal Conservatorio Cimarosa; delle registrazioni di interventi di conduzione riguardanti la presentazione di brani o autori relativi agli Show; 7. Condivisioni sui Social Network dellœIstituzione; 8. Collaudo da parte degli organi nominati dalla direzione didattica della programmazione; 9. Nomina del Responsabile di Radio Cimarosa; 10.Presentazione al pubblico tramite conferenza stampa; 11.Invito ai conservatori italiani a collaborare con Radio Cimarosa, inviando notizie e contributi riguardanti loro produzioni. Per costruire una programmazione della Radio, si procede alla costruzione di singoli contenitori, detti Show, costruendo un palinsesto; ma esiste la possibilità di andare in onda in diretta come una radio tradizionale, attraverso una consolle virtuale fornita da Spreaker: lo Spreaker Studio. La consolle permette di registrare la conduzione o mandarla direttamente in onda, avviando la trasmissione dei brani che vi sono stati caricati precedentemente. Il profilo scelto per lœabbonamento di Radio Cimarosa alla piattaforma che la ospita è il Broadcasting. Questo permette di andare in diretta per tre ore al giorno suddivise in quante puntate si voglia; mentre lo spazio dedicato ai contenuti equivale a 500 ore di trasmissione allœanno. Unœora di trasmissione equivale orientativamente a 60 Mb (megabyte) di spazio sul server considerando una velocità 156
ELEONORA DAVIDE
media di trasmissione dati di 128 kbps (chilobyte per secondo). Mentre per i programmi in diretta lœutente che si collega ascolterà il flusso del programma cosÏ come si sta svolgendo (a meno di un piccolo ritardo, dovuto alla necessità di inviare pacchetti di dati per non riempire il buffer, cioè la memoria di transito del server), per gli Show disponibili e programmati, chi accede alla Radio ascolterà i contenuti dallœinizio dello Show. Per una prima trasmissione da mandare in onda, per cominciare a trasmettere, ho costruito uno Show dal titolo Il benvenuto di Radio Cimarosa, con un assaggio delle produzioni dellœIstituto che in questi anni, grazie alla Cimarosa Records, ha pubblicato ben dodici CD musicali, con una selezione mista di un brano per CD, preceduta da una breve introduzione. Altri Show riguardano temi specifici e sono annunciati da una breve descrizione per facilitarne lœascolto. In particolare nella programmazione ho fatto tesoro dei materiali che lœIstituto ha prodotto in questi anni, grazie alle dotazioni tecnologiche di cui si è arricchito e alla passione dei docenti che vi si sono impegnati. Anche la convegnistica e gli eventi hanno avuto spazio; mi riferisco in particolare allœincontro con Nuria Schoenberg-Nono, avvenuto il 31 maggio di questœanno, che ha costituito per il Cimarosa un momento particolarmente importante, facendo oltretutto seguito alla grande attenzione che tra gli anni ¾70 e ¾80 Luigi Nono ebbe per la città di Avellino, in un periodo che significò molto per la crescita culturale del capoluogo irpino, grazie anche allœattività di Arci Musica Incontro. Ma anche la visita di un personaggio noto nel mondo dello spettacolo come Peppe Barra che si è esibito insieme allœOrchestra del Cimarosa nellœ$XGLWRULXP ³9LQFHQ]R 9LWDOH´ DSSHQD UHVWDXUDWR KD SUHWHVR XQ SRVWR QHO SDOLQVHVWR SHU LO TXDOH KR FRQGRWWR una intervista poi pubblicata in radio, alla quale ho aggiunto il suo intervento nel quale lœartista si racconta. CosÏ ho fatto per lœintervista fatta al Ministro dellœIstruzione Stefania Giannini in occasione della sua visita allœIstituto. Gli Show sono sempre corredati da una descrizione scritta che è possibile visualizzare dal sito o dallœApp di Spreaker. In seguito prevedo che si possano mandare in onda: annunci della ricca e pregevole programmazione artistica offerta dallœistituto al pubblico, come supporto allœUfficio Stampa; interviste agli ospiti che spesso sono presenti nellœistituto grazie a convegni, masterclass, concerti; informazioni volte a diffondere allœesterno lœimmagine dellœistituto di formazione; lezioni e approfondimenti a cura dei docenti dellœIstituto; reportage sui vari dipartimenti; descrizioni dei corsi accademici in occasione delle immatricolazioni e, infine, giornali radio. Ma soprattutto mi piacerebbe che fosse avvertita la necessità di dare spazio alla creatività degli artisti dellœIstituto, dei maestri e degli studenti. Per accedere a Radio Cimarosa è possibile scaricare sul proprio smartphone o tablet lœapp di Spreaker da Google Play o Apple Store e cercare Radio Cimarosa. Ma è possibile utilizzare anche il link: https://www.spreaker.com/user/8953189 o connettersi tramite il QR code in appendice 13. 13
Vedi appendice III: il QR-code.
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Conclusioni Dalla sperimentazione del modello comunicativo applicabile alle istituzioni afferenti al reparto AFAM, che comporta la messa in funzione di una Web Radio Ateneo, si è fatta strada in me la convinzione che questo mezzo, cosÏ versatile e agile, di comunicare la realtà musicale in cui gli studenti e i docenti sono immersi ogni giorno, sia effettivamente adatto a un conservatorio piÚ che a ogni altro contesto accademico. Sono convinta, infatti, che la musica vada spiegata, studiata e suonata, ma soprattutto ascoltata. Nel percorso che mi ha portato a selezionare questo strumento il motivo ispiratore del mio lavoro è stato la ricerca di un ascolto consapevole, informato, ma anche personale, che aiuti chi si avvicina al genere di musica colta trattato nei conservatori a scoprire il grande tesoro contenuto in una musica spesso considerata vecchia e noiosa, ma prima di tutto incomprensibile. Lœeducazione allœascolto e lœofferta immediata H FRQWLQXD GL PDWHULDOH GL ³VWXGLR´ PXVLFDOH SHUPHWWHUDQQR GL LQFLGHUH VXOOD JRGLELOità e sulla leggibilità di un brano di Beethoven, anzichÊ di Verdi, stimolando il desiderio di saperne di piÚ e, perchÊ no, di rimanervi legati. Ovviamente per chi già frequenta un istituto come questo tale discorso è superfluo, ma per chi si lasciasse sedurre dalle programmazioni offerte dalla Radio ¹ qui tocca a noi ¹ resta valido. Ma, per fare in modo che la Web Radio raggiunga lœobiettivo desiderato, quello cioè di catturare lœinteresse del pubblico giovane, maggiormente vicino a questa forma di comunicazione, a portare avanti questo progetto formativo-musicale dovrà esserci una buona componente di operatori giovani, scelti tra gli studenti desiderosi di sperimentare il mezzo e di acquisire crediti per la loro carriera didattica. Le conoscenze acquisite nei corsi di studio musicali pratici e teorici credo possano essere messe a frutto, in questo modo, arricchendo gli allievi, impegnati nel supporto alla Web Radio, di competenze non altrimenti previste dallœordinamento didattico e fornendo maggiori opportunità in uscita per i musicisti che un giorno dovranno comunicare se stessi e la loro arte al pubblico e ai media. Le previsioni riguardo ai tempi per il raggiungimento di tale primario obiettivo dipendono da diversi fattori, prima di tutto organizzativi, poichÊ bisognerà strutturare percorsi riconosciuti di tirocinio interno, oltre alle già attive collaborazioni soggette ai bandi emanati dallœIstituto, per motivare lœadesione degli studenti stessi. Il coinvolgimento dei questi ultimi, cosÏ come la costruzione di tali percorsi, andrebbe messa in campo con lœinizio dellœanno accademico, in modo da permettere a coloro che desiderano parteciparvi di organizzare i propri tempi di lavoro e di studio. Altra opportunità creata dalla Radio è rappresentata dal colloquio con gli altri conservatori italiani e dalla possibilità di stringere con questi istituti accordi sotto forma di protocolli di intesa, volti a scambiare spazi e contenuti e ad accompagnare anche chi lo desideri tra loro alla costruzione della propria Web Radio Ateneo. Questa va vista come ulteriore occasione di crescita per tutti, che potrebbe permettere, salvo lœutilizzo di standard compatibili tra i vari sistemi, di dare vita a una piattaforma di comunicazione comune. E anche se non ci fosse una grande adesione, ciò non infice158
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rebbe lo sforzo e connoterebbe comunque una fascia di istituti che amano distinguersi per iniziativa e innovazione. Parimenti, cercare contatti e collaborazioni, scambi e informazioni dal mondo culturale del nostro territorio (e non solo, data la portata mondiale del web) dovrebbe comportare un aumento della qualitĂ della programmazione, ma certamente allargherĂ gli orizzonti della visuale di un Istituto che giĂ si attesta tra i primi in Italia per offerta formativa e innovazione tecnologica.
Figura 1: Il logo della web radio Cimarosa.
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UN MODELLO DI COMUNICAZIONE PER L¶ALTA FORMAZIONE ARTISTICA MUSICALE
Appendici I Il modello di questionario CONSERVATORIO_____________________________________________________________________ Quantificate l¶utenza del vostro Conservatorio o o o o o
fino a 200 iscritti da 201 a 400 da 401 a 600 da 600 a 800 oltre 800
Quante rassegne artistiche organizzate nell¶anno in media?____________________________________ Quanti eventi singoli (concerti, convegni, seminari, masterclass, incontri, ecc.)____________________ Il Conservatorio lavora a produzioni proprie (allestimenti di spettacoli, incisioni, altro)? ______________ Se il Conservatorio è dotato di un auditorium per ospitare pubblico, indicate la capienza in numero di posti __________________________________________________________________________________________ In che modo comunicate le notizie sulle vostre attività artistiche o formative all¶esterno? o Ufficio Stampa o Volontariato studenti o Volontariato docenti o Altro ______________________________________________________________________________ In caso di Ufficio stampa Quanti addetti stampa __________ Con che qualifiche professionali ___________________________________________________________ Il Conservatorio è dotato di un organo di comunicazione? o Giornale d¶istituto/bollettino o Sito web o Radio Ateneo o Newsletter o Carta dei servizi o Urp o altri canali di informazione _____________________________________________________________ Come definireste la visibilità del Conservatorio nel territorio di appartenenza o in ambito più ampio? o Ottima o Buona o Sufficiente o Insufficiente Quali strumenti comunicativi credete siano necessari alla vostra struttura? ______________________________________________________________________________________ Note aggiuntive_________________________________________________________________________ Le informazioni raccolte a scopo didattico, servono a raccogliere i dati per una tesi di laurea sulla comunicazione all¶interno degli istituti musicali italiani. Referente prof. Antonio Caroccia, docente di discipline storiche critiche e analitiche della musica del ConVHUYDWRULR ³'omenico &LPDURVD´ GL $YHOOLQR
160
401-600
Ferrara ͞'͘ &ƌĞƐĐŽďĂůĚŝ͟
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rassegne/ anno
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100
55
Variabile
40
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115
100
100
400
60
eventi/ anno
SI
SI
SI
SI
SI
SI
SI
SI
SI
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Laurea specialistica in discipline della musica 1 docente/1student e docente Laurea in Musicologia 1 A.S./1 grafico/1 Fotografo giornalista pubblicista Docente/Assistent e amm.vo Laurea in Musicologia Docente
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*numero totale di iscritti per l¶anno in corso; **in via di ristrutturazione causa terremoto; ***in fase di completamento; ****in via di allestimento.
401-600
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Pesaro ͞'͘ ZŽƐƐŝŶŝ͟
Udine ͞:͘d ŽŵĂĚŝŶŝ͟
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Palermo ͞s͘ ĞůůŝŶŝ͟
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Matera ͞ ͘Z͘ ƵŶŝ͟
Trapani ͞ ͘ ^ĐŽŶƚƌŝŶŽ͟
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La Spezia ͞'͘ WƵĐĐŝŶŝ͟
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ŽůnjĂŶŽ ͞ ͘ DŽŶƚĞǀĞƌĚŝ͟
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utenza*
Avellino ͞ ͘ ŝŵĂƌŽƐĂ͟
conservatorio
II Tabella sinottica delle risposte al questionario
Buona
Buona
Buona
Ottima
Ottima
Sufficiente
Buona
Sufficiente
Ottima
Buona
Ottima
Buona
valutazione
ELEONORA DAVIDE
UN MODELLO DI COMUNICAZIONE PER LÂśALTA FORMAZIONE ARTISTICA MUSICALE
III Il QR Code
Un codice QR (in inglese QR Code, abbreviazione di Quick Response Code) è un codice a barre bidimensionale (o codice 2D), ossia a matrice, composto da moduli neri disposti allÂśinterno di uno schema di forma quadrata. Viene impiegato per memorizzare informazioni generalmente destinate a essere lette tramite uno smartphone o un iphone. In un solo crittogramma sono contenuti 7.089 caratteri numerici o 4.296 alfanumerici. Genericamente il formato matriciale è di 29x29 quadratini. ,O QRPH Âł45´ q OÂśabbreviazione dellÂśLQJOHVH Âł4XLFN 5HVSRQVH´ ULVSRVWD UDSLGD LQ virtĂš del fatto che il codice fu sviluppato per permettere una rapida decodifica del suo contenuto.1 3HU DFFHGHUH DO VLWR GHOOD :HE 5DGLR $WHQHR Âł5DGLR &LPDURVD´ q VXIILFLHQWH Lnquadrare attraverso la fotocamera il QR code sottostante tra i margini visualizzati dallÂśapplicazione di lettura codici di un qualsiasi smartphone o iphone. Ă&#x2C6; necessario però che, preventivamente sia stato scaricata una App dedicata a questo scopo da Google Play o dallÂś$SS 6WRUH /H DSSOLFD]LRQL SL FRPXQL VRQR Âł45 &RGH 5HDGHU´ Âł45 'URLG &RGH 6FDQQHU´ Âł%DUFRGH VFDQQHU´ H WDQWH DOWUH Una volta riconosciuto il codice, si aprirĂ il sito della Radio da cui sarĂ possibile far partire la trasmissione in diretta o lo Show disponibile allÂśorario in cui ci si collega alla Radio.
1
<https://it.wikipedia.org/wiki/Codice_QR> (ultima consultazione 29 settembre 2016).
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LABORATORIO
_____________________________________________________________________________
Gruppo di lavoro sotto la guida di Massimo Di Sandro ANDREA DELLA CORTE E LA CRITICA MUSICALE Premessa Il Laboratorio di critica musicale di quest¶anno è stato dedicato alla figura di Andrea Della Corte (Napoli 1883 - Torino 1968), pioniere della musicologia italiana e influente critico del quotidiano La Stampa di Torino tra il primo e il secondo dopoguerra. Descritto il suo metodo e il suo orientamento estetico, letti e commentati vari suoi articoli sul teatro musicale contemporaneo, a ciascuno studente è stato chiesto di scrivere un breve contributo scegliendo tra tre diverse tematiche: il confronto tra Della Corte e i critici del tempo su una specifica opera, i fondamenti teorici del suo metodo, il rapporto tra fonte letteraria e libretto, oggetto privilegiato d¶indagine di Della Corte come dell¶RGLHUQD ³GUDPPDWXUJLD PXVLFDOH´ Sono qui raccolti i frutti del lavoro degli studenti, poi proseguito con l¶edizione di un ampio e rappresentativo numero di articoli di Della Corte la cui pubblicazione, nell¶ambito del Progetto d¶Istituto del Conservatorio, è prevista a breve. Il concorso di entrambe le attività, la stesura di un lavoro personale e l¶edizione scientifica, oltre a costituire un¶utile esperienza formativa per gli studenti, spero non manchi di portare all¶attenzione dei lettori temi di riflessione sul teatro d¶opera assai vivi ai tempi in cui la crisi d¶identità di questo genere, così rappresentativo della nostra tradizione culturale, muoveva e, direi, agitava lo spirito critico e le forze creatrici di artisti, studiosi e intellettuali. Massimo Di Sandro
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ANDREA DELLA CORTE E LA CRITICA MUSICALE
Domenico Prebenna CENNI BIOGRAFICI SU ANDREA DELLA CORTE Andrea Della Corte nacque a Napoli il 5 aprile del 1883, figlio di Francesco Della Corte ed Emilia Peirce. Studiò giurisprudenza all¶Università di Napoli mentre la sua formazione musicale fu, come egli stesso dichiarava, da autodidatta non frequentando mai ambienti accademici.1 Cominciò come giornalista collaborando con testate giornalistiche partenopee quali il giornale comico-satirico Don Marzio e il quotidiano politico Il Pungolo, prima di divenire redattore al Mattino nel 1911. Proprio in questo periodo fu inviato a Torino per redigere alcuni articoli sull¶Esposizione universale; questo viaggio risultò essere di fondamentale importanza nella vita di Della Corte in quanto da lì a poco fu chiamato dal direttore de La Stampa Alfredo Frassati prima come redattore e poi, nel 1919, ad occuparsi della critica musicale.2 Nel 1922 la sapienza e la preparazione del critico si rivelarono all¶ambiente musicale italiano con il saggio su Paisiello3 e quattro anni più tardi ottenne la cattedra di 6WRULD GHOOD PXVLFD DO &RQVHUYDWRULR ³*LXVHSSH 9HUGL´ GRYH LQVHJQz VLQR DO stessa cattedra ricoprì anche all¶Università dal 1939 fino al 1953. Figura di spicco della critica e della musicologia italiana, uomo di cultura a 360 gradi (parlava fluentemente inglese, francese e tedesco), si basò convintamente sull¶estetica crociana nei suoi lavori storico-critici pur attenendosi alla rigorosa metodologia e scientificità dell¶allora imperante Musikwissenschaft, concentrando i suoi interessi principalmente sul melodramma con significativi studi sull¶opera buffa del Settecento oltre che su Gluck, Salieri e Verdi (giocò un ruolo importantissimo nel dare slancio agli studi verdiani). I primi scritti su Verdi risalgono al 19234 e all¶anno successivo5 ossia il periodo delle celeberrime interpretazioni da parte di Toscanini della drammaturgia verdiana, facendo andare quindi di pari passo il lavoro critico sulOH RSHUH H VXOO¶LQWHUSUHWD]LRQH PXVLFDOH. L¶insegnamento e il quotidiano esercizio della critica musicale, che fecero avere a Della Corte un quadro chiaro della cultura musicale del pubblico italiano ma anche degli ambienti accademici, lo invogliarono a scrivere, in collaborazione con Guido Pannain, una Storia della musica6 che è stata per anni, e lo è ancora oggi, un pilastro nella cultura storico-musicale italiana. 1
BIANCA MARIA ANTOLINI, Della Corte Andrea, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, vol. 36, 1988, pp. 779-781; anche on-line all¶indirizzo: <http://www.treccani.it/enciclopedia/andrea-della-corte_(Dizionario-Biografico)/> (ultima consultazione 30 gennaio 2016). 2 GUGLIELMO BARBLAN, Andrea Della Corte, «Rivista italiana di musicologia», III, 1968, pp. 207-210. 3 ANDREA DELLA CORTE, Paisiello, Torino, Fratelli Bocca editori, 1922. 4 ANDREA DELLA CORTE, Le opere di Giuseppe Verdi. 1: Aida. Guida attraverso il dramma e la musica, Milano, Bottega di poesia, 1923. 5 ANDREA DELLA CORTE, Le opere di Giuseppe Verdi. 2: Otello. Guida attraverso il dramma e la musica, Milano, Bottega di poesia, 1924. 6 Storia della musica, a cura di Andrea Della Corte e Guido Pannain, Torino, Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1952.
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GRUPPO DI LAVORO SOTTO LA GUIDA DI MASSIMO DI SANDRO
Della Corte fu membro di importanti istituzioni musicali e culturali quali ad esempio lœAccademia Nazionale di Santa Cecilia, lœIstituto Italiano per la Storia della Musica, lœAccademia nazionale Luigi Cherubini di Firenze. Ha scritto 35 libri e numerosissimi saggi e articoli. Della Corte morÏ a Torino nel 1968 e questa stessa città gli dedicò la sezione musicale della biblioteca civica che poi si trasformò nella BiblioteFD FLYLFD PXVLFDOH ³$QGUHD 'HOOD &RUWH´ GRYH VRQR FRQIOXLWL GRQR GHOOD IDPLJOLD JOL oltre quindicimila libri che aveva posseduto.7 Domenico Prebenna
7
Della Corte Andrea, in La grande enciclopedia di Torino, a cura di Massimo Centini, Roma, Newton & Compton, 2003 (QuestÂśItalia, 305), p. 223.
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ANDREA DELLA CORTE E LA CRITICA MUSICALE
Rossella Gaglione DELLA CORTE E LœIDEALISMO Delineare la concezione estetica di Della Corte è impossibile senza fare riferimento al retroterra teorico-filosofico dal quale essa trae nutrimento. Della Corte si trova a doversi confrontare con il passaggio epocale tra il XIX e il XX secolo, segnato, nel panorama estetico italiano, dalla pubblicazione, nel 1902, dellœEstetica come scienza dellœespressione e linguistica generale di Benedetto Croce. Restano intatte, perciò, alcune tracce negli articoli di Della Corte, che ci permettono di delineare il suo pensiero, debitore dellœidealismo crociano, a proposito di problemi di ordine teoricomusicale. Lo strettissimo rapporto tra il crocianesimo e le teorie estetiche di Della Corte è espresso in maniera chiara ed emblematica da una frase che il critico affida ad un articolo-polemica del 10 aprile 1953, tutto strutturato intorno ad una polemica nei confronti del testo How Music expresses ideas di Sidney Finkelstein, pubblicato nellœanno precedente: Ciò che importa nellœarte è la riuscita, il bello.8 In effetti per Benedetto Croce, il mondo dellœestetica altro non è se non il mondo del Bello, e in questo concorda con lœIdealismo concreto, di derivazione hegeliana, in cui il Bello vien considerato come lœœespressioneœ di un ¾qualcheœ cosa, che la terminologia hegeliana chiama ¾ideaœ, o piuttosto di un ¾dato contenutoœ. Lœarticolo è il pretesto per analizzare lo spettro semantico del termine ¾ideaœ: Nel gergo dei musicisti taluno dice: idea, sinonimo di tema o di motivo, da svolgere. Esprimere è altro: con i mezzi della musica sœesprimono gli stati dœanimo, si cantano i sentimenti lirici. Ma le idee, quelle della mente, non si cantano; si espongono, discutono, affermano, chiariscono; si combatte e muore per unœidea, eccetera, eccetera.9
Posto che lœaspetto sonoro è lœespressione o la ¾formaœ, lœidea ne diverrebbe il ¾contenutoœ da esprimere; ma come può la musica, in quanto arte, sentimento, immagine, creazione, piacere estetico10 esprimere le idee? In realtà dal punto di vista teorico, il termine ¾ideaœ, in questo caso, non è da intendersi come ¾contenuto mentale coscienzialeœ, bensÏ come intuizione passibile di espressione e, ad essere espresse, non sono, dunque, le ideologie delle singole epoche (come sosteneva il Finkelstein), bensÏ le intuizioni spirituali e particolari della realtà . Della Corte, infatti, sottolinea lœerrore del )LQNHOVWHLQ LO TXDOH ŠQRQ GHILQLVFH LO VXR FRQFHWWR GHOOD ³PXVLFD´ YRFDEROR DPEiguo, poichÊ significa la scienza delle possibilità sonore, e anche la creazione e formazione di opere col mezzo della scienza; scienza, che può essere, caso per caso, molta o poca; creazione, che parimenti risulta di molto o poco valore. 11 Forte della tradizione crociana, lœEstetica è intesa da Della Corte come ¾forma della vita spiritualeœ che consiste nella ¾conoscenzaœ, cioè intuizione del particolare, ed ¾espressioneœ, che non è comunicazione, bensÏ fatto spirituale necessario e inscindibi8
Cfr. ANDREA DELLA CORTE, La ÂŤmusicaÂť e le ÂŤideeÂť, ÂŤLa StampaÂť, IX/86, venerdĂŹ 10 aprile 1953, p. 3. Ibidem. Ibidem. 11 Ibidem. 9
10
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GRUPPO DI LAVORO SOTTO LA GUIDA DI MASSIMO DI SANDRO
le dallœintuizione stessa. Tuttavia, sebbene il Finkelstein osservi, attraverso il metodo tainiano (da Hyppolite Taine, padre del naturalismo francese) dei piccoli fatti e dellœosservazione diretta, le relazioni dei fatti musicali con lœambiente (etnico, religioso, politico, sociale, nel quale sorsero,12 rintracciando poi,  nella singola musica OH ³LQWHQ]LRQL´ GHO FRPSRVLWRUHª 13 Della Corte, pur accettandone le basi, non accetta i risvolti a cui questo procedimento conduce, in quanto sembrano piuttosto aderire ad una sorta di ¾psicologismo e sociologismo esteticoœ che pretende di far derivare la presunta evoluzione della musica dallœevoluzione della società , in modo tale che la musica risulti piÚ che un ¾fattoœ artistico, un ¾fattoœ sociale. Il critico, infatti, pur ammettendo, da storicista, lœimportanza dellœambiente in cui lœartista è coinvolto e immerso, e a cui può aderire o reagire, non potrebbe, da idealista, privare lœartista della propria libertà di creazione e di intuizione del particolare. La produzione artistica, infatti, per il Finkelstein è nientœaltro che un ¾prodottoœ sociale, un derivato, di necessità , delle situazioni politiche, religiose e sociali, le quali non solo fanno da sfondo, ma arrivano persino ad influenzare il compositore a tal punto da divenire esse stesse ¾oggetto di creazione musicaleœ. A questo riguardo Della Corte scrive: è ovvio che se lœuomo è immerso nel proprio tempo, le sue azioni, le spirituali e le pratiche, possono tanto accogliere lœinfluenza dellœambiente, quanto reagire.14 In un articolo precedente, risalente al 1933,15 a proposito dello sforzo hindemithiano di socializzare la musica per renderla accessibile ai vari strati del popolo, si ritrova un altro termine fondamentale nelle teorizzazioni estetico-filosofiche crociane, e cioè il concetto di ¾Utileœ. Occorre una precisazione: secondo Croce due sono le forme fondamentali dellœattività spirituale, lœattività teoretica (conoscenza) e lœattività pratica, ognuna delle quali presenta due gradi; nella prima si distinguono lœintuizione, o conoscenza dellœindividuale, e il concetto, o conoscenza dellœuniversale; nella seconda troviamo lœUtile, o volizione dellœindividuale, e il Bene, o volizione dellœuniversale; pertanto ai quattro gradi della vita dello spirito corrispondono le categorie del bello, del vero, dellœutile e del buono e nellœunità dello Spirito abbiamo la distinzione di quattro gradi dellœattività spirituale: Arte (intuizione), Filosofia (concetto), Economia (utile) e Morale (bene). Della Corte, nellœarticolo suindicato, in riferimento alla presunta ¾arte utilitariaœ professata da Hindemith, scrive: Utilitaria, lœaggettivo che si addice alla Balilla e alla moto.16 Come Croce, quindi, anche Della Corte distingue lœarte pratica, utilitaria, in opposizione allœarte puramente artistica, che ha come oggetto il Bello, e che, secondo il critico, è rappresentata dal motto beethoveniano Durch Leiden Freude (la gioia attraverso la sofferenza). La distinzione tra un tipo di attività artistica che ha il proprio fine a lei estrinsecato (e che può dunque ritrovarsi nella società ) e un tipo di attività artistica che ha il proprio fine in se stessa, porta alla differenziazione tra ¾prodottoœ e ¾creazioneœ, laddove il primo ha un valore strettamente dipendente dallœutilità derivabile ed è caratterizzato 12
Ibidem. Ibidem. Ibidem. 15 Si tratta dellÂśarticolo Arte utilitaria apparso su ÂŤLa StampaÂť, XI/204, 29 agosto 1933, p. 3. 16 Ibidem. 13 14
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ANDREA DELLA CORTE E LA CRITICA MUSICALE
dall¶impersonalità o meglio dalla µspersonalizzazione¶, mentre la seconda ritrova l¶utilità in se stessa, essendo una libera espressione spirituale, e riporta inevitabilmente l¶impronta del compositore. Il critico a proposito dei µprodotti¶ artistici si esprime in questi termini: «un¶opera siffatta non ha più bisogno della personalità dell¶artista, essa esiste, per così dire, da sé», e allo stesso tempo ammette, però, che «Hindemith ha un suo stile, ed è impossibile non riconoscerglielo»; la spersonalizzazione auspicata dal compositore appare del tutto impossibile. Perfettamente in linea con le teorie estetiche crociane, Della Corte si occupa, in vari articoli, anche della questione della cosiddetta µcreazione della creazione¶. In un articolo del 10 maggio 1934,17 ad esempio, riporta le teorie di Schloezer sull¶arte di Strawinski, il quale, come Picasso, non crea «dal vero» ma «col già creato, trasforma a suo modo elementi altrui. E però la sua musica sembra inumana, in un¶atmosfera rarefatta. In essa non c¶è più un atomo di sentimento o d¶emozione reale».18 Della Corte, ovviamente, non critica di certo il naturale procedimento del servirsi di conoscenze pregresse nell¶atto compositivo, ma condanna aspramente (e in questo rivede anche una condanna dell¶arte stessa) «un artificioso lavoro, il rimaneggiamento di altrui forme e formule privo di un personale modo di sentire».19 Schloezer auspica per Strawinski un «contatto con la realtà psicologica, sociale o religiosa, ritemprarsi con l¶esperienza della vita».20 La polemica tra l¶artificiosità del lavoro, basata sul rimaneggiamento di un¶opera del passato, e la libera volontà creatrice tuttavia si complica se si tiene conto della polemica tra i sostenitori dell¶oggettivismo e i sostenitori dell¶espressionismo, per cui i primi ritengono che l¶oggetto sia separato dal soggetto, mentre al centro delle teorie espressioniste si dà importanza ai sentimenti nella produzione creativa. Analizzando meglio la questione attraverso la lente critica e intelligente di Massimo Mila ci si rende conto di come, qui, il termine µespressione¶ debba essere inteso non come una µcosa voluta¶ bensì come «la presenza inevitabile della persona umana».21 Egli infatti sostiene che «l¶espressione artistica è la manifestazione di quell¶³HQWH SHUVRQD´ SHU FXL GXH R SLù individui che dicano le stesse cose, le dicono in realtà con diverso tono e calore di voce, con diversi gesti, con diverso atteggiamento».22 Depauperata della volontà umana, l¶espressione artistica diventa non soggettiva ma oggettiva, perché col soggettivismo aveva in comune l¶esprimere i sentimenti, i quali però non sono che µoggettivazioni astratte¶: «la realtà è quella di singole creature in preda a stati d¶animo che, per necessità pratica e con molta imprecisione ci riduciamo a designare con quei termini, ben sapendo però che il dolore di uno è tutt¶altra cosa che il dolore di un altro, che la gioia di Rossini nel Barbiere è tutt¶altra cosa che la gioia di Beethoven nella Nona Sinfonia».23 Mila è convinto, quindi, che i sostenitori dell¶oggettivismo, considerando l¶oggetto creativo come se17 Si tratta dell¶articolo Strawinsky e la reazione. Nelle scuole italiane. Rettifica a Paganini apparso su «La Stampa», XII/110, giovedì 10 maggio 1934, p. 3. 18 Ibidem. 19 Ibidem. 20 Ibidem. 21 Cfr. MASSIMO MILA, L¶esperienza musicale e l¶estetica, Torino, Einaudi 19814, p. 109. 22 Ivi, p. 110. 23 Ivi, p. 113.
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GRUPPO DI LAVORO SOTTO LA GUIDA DI MASSIMO DI SANDRO
parato dal soggetto, in realtà non aboliscono l¶espressione ma ne auspicano un nuovo tipo perché per forza di cose l¶espressione non deve, ma soprattutto non può, essere sostituita: « l¶arte è essenzialmente espressione; l¶espressione non può che essere soggettiva; le pretese di arte soggettiva o di oggettivismo nell¶espressione musicale sono maldestre reazioni polemiche contro un male inteso concetto dell¶espressione».24 Considerando le ipotesi di Mila sull¶espressione, si approda naturalmente ad un giudizio negativo sulla µcreazione della creazione¶. Eppure Della Corte ha avuto la capacità di valutare caso per caso i rimaneggiamenti del passato: laddove un¶idea viene presa in prestito non è condannabile l¶atto in sé, quanto piuttosto la pratica di spersonalizzazione. Se su Scarlattiana25 di Casella il giudizio espresso dal critico è piuttosto µtiepido¶ e incapace di farci comprendere chiaramente la sua opinione sulla questione, è nel confronto con Jeu de cartes che ci si rende conto dell¶atteggiamento spesso antidogmatico di Della Corte: egli, infatti, apprezza di 6WUDZLQVNL LO ULWRUQR DO EDOOHWWR GD GRYH DYHYD WUDWWR ³Vu IHOLFL LVSLUD]LRQL´ 26 Ad essere deprecabile non è, quindi, il rifacimento di opere del passato quanto la mancanza di personalità che sancisce irrimediabilmente i limiti dell¶atto creativo. Rossella Gaglione
24
Ivi, p. 116. Si tratta dell¶articolo Il concerto Guarnieri al Regio apparso su «La Stampa», VII/263, 5 novembre 1928, p. 5. 26 Cfr. Concerto di assi, articolo apparso su «La Stampa», XV/219, martedì 14 settembre 1937, p. 3. 25
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ANDREA DELLA CORTE E LA CRITICA MUSICALE
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GRUPPO DI LAVORO SOTTO LA GUIDA DI MASSIMO DI SANDRO
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ANDREA DELLA CORTE E LA CRITICA MUSICALE
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GRUPPO DI LAVORO SOTTO LA GUIDA DI MASSIMO DI SANDRO
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ANDREA DELLA CORTE E LA CRITICA MUSICALE
Rossella Gaglione I CAPRICCI DI CALLOT DI MALIPIERO. DALLA FONTE AL LIBRETTO Jacques Callot, un ritrattista esponente del manierismo francese, tra il 1621 e il 1622 realizzò ventiquattro acqueforti, cioè stampe artistiche, dedicate ad una serie di maschere della commedia dellÂśarte intente a ballare i balli di Sfessania, danze che a quellÂśepoca erano molto diffuse a Napoli e che corrispondono alla forma piĂš antica di tarantella partenopea: si tratta, infatti, di coreografie improvvisate in forma di pantomima, con canti e parti recitate che potevano essere accompagnate da percussioni, liuti (principalmente colascioni), chitarre e, probabilmente, buboli sonanti (in realtĂ non si è riuscito a comprendere dalle immagini se si tratta effettivamente di questi strumenti o di parti decorative dei costumi). Una fonte primaria per la ricostruzione di questo tipo di balli è lÂśedizione crociana del Pentamerone di Basile in cui il filosofocuratore sostiene che la Sfessania e la Lucia erano una medesima danza o, in ogni caso, erano strettamente collegati. I balli di Sfessania, nella consuetudine gergale napoletana, erano anche chiamati: Catubba, Tubba catubba, BernovallĂ , BernaguallĂ , CrucurucĂš, Lucia. Croce, che in piĂš di un luogo testuale osserva il riferimento a queste danze per lo piĂš dai caratteri lascivi, aggiunge, nellÂśIntroduzione, che il nome ÂľLuciaÂś deriva probabilmente dal fatto che durante questi balli risonava lÂśappellativo della GRQQD DPDWD Š/XFLD FDQD]]DÂŤÂŞ Nel 1820 Hoffmann riceve un regalo per il suo compleanno: si tratta proprio delle stampe sulle maschere della Commedia dellÂśarte realizzate nel Seicento da Jacques Callot. Ă&#x2C6; il fascino di quegli Arlecchini, Colombine, Brighella e Pulcinella che, insieme alle pagine dedicate da Goethe al Carnevale romano Âą pagine tra le piĂš famose H ULXVFLWH GHO Âł9LDJJLR LQ ,WDOLD´ Âą e unitamente alla lettura del Pentamerone di Basile, mettono in moto la fantasia di Hoffmann il quale, nellÂśautunno di quello stesso DQQR Gj DOOH VWDPSH LO EUHYH URPDQ]R LQWLWRODWR Âł/D SULQFLSHVVD %UDPELOOD´ 6L SHQVD che lo scrittore abbia avuto per le mani una delle tante mappe di Roma che circolavano allÂśepoca in tutta Europa, tanta è lÂśapparente precisione topografica del racconto. Il 24 ottobre del 1942, viene rappresentata a Roma lÂśopera di Malipiero I capricci di Callot, liberamente ispirata al racconto di Hoffmann; questÂśopera ha come oggetto principale quello che i tedeschi chiamano Fernweh, che sarebbe poi il contrario della ÂľnostalgiaÂś, ovvero una voglia dirompente di essere altrove, viaggiando almeno con la mente cosĂŹ lontano da dare lÂśimpressione di essere giĂ arrivati alla meta tanto desiderata: è una specie di sogno ad occhi aperti, cosĂŹ realistico da confondersi con la realtĂ , mescolandosi ad essa a tal punto da non riuscire a distinguere nettamente i contorni dellÂśuno e dellÂśaltra. LÂśoggetto del racconto, e del libretto, si presta alla tematica carnascialesca non solo per lÂśampio spettro di possibilitĂ di intrecci allÂśinterno della vicenda principale ma anche per la duplicitĂ di concretezza e fantasia, vero e falso, i cui margini si renderanno netti e noti solo alla fine, quando col classico colpo di scena si scioglieranno le fila delle vicende. Il libretto segue a grandi linee il racconto hoffmanniano, da cui trae lÂśalone di mistero che avvolge i vari episodi (tutti facenti capo alla coppia Giglio-Giacinta) e quello di bizzarria che accompagna molti dei perso174
GRUPPO DI LAVORO SOTTO LA GUIDA DI MASSIMO DI SANDRO
naggi; l¶autore del libretto fa a meno di alcune figure secondarie, come quella di Mastro Bescapè, datore di lavoro di Gacinta, o Celionati, datore di lavoro di Giglio, e proprio la scelta del mancato approfondimento di alcune situazioni accessorie rispetto al nucleo principale rende la storia molto più fluida ed omogenea. Hoffmann, dal canto suo, in più parti si rivolge direttamente al lettore e questo permette di introdurre µracconti nei racconti¶ (pure presenti nel libretto musicato da Malipiero) senza comprometterne la comprensione generale. Una differenza non da poco tra la fonte e la sua rielaborazione scenica è il finale: ne La principessa Brambilla è molto più chiaro il destino dei protagonisti, i quali si scopre essere nient¶altro che attori che, specchiatisi nella fonte magica di Urdar (metafora che indica il teatro) hanno spezzato l¶incantesimo che teneva avvinta la principessa Mistilis (vale a dire la vera principessa Brambilla); per farlo, spiegano Bastianello da Pistoia e Mastro Bescapé, ospiti per cena dei due, occorreva una coppia di innamorati pieni di fantasia che avessero la capacità non solo di riconoscere l¶umorismo, ma anche di trasportarlo nella vita reale. A concludere sia il racconto hoffmanniano che la commedia musicale c¶è il caratteristico banchetto dai contorni misteriosi e magici tipici dei balli di Sfessania. Della Corte, attua un lavoro analitico molto puntuale teso ad evidenziare la straordinaria elaborazione, compiuta da Malipiero, de La principessa Brambilla. Malipiero, - vale la pena ricordarlo ±, si occupa sia del libretto che della musica de I capricci di Callot e ne deriva una strettissima relazione tra musica e parole, tale per cui le scelte musicali risultano funzionali ai versi e quegli stessi versi si prestano, per la loro musicalità, ben volentieri ad essere messi in musica. Non è un caso, infatti, che un esperto come Della Corte marchi la presenza dell¶elemento caratteristico delle filastrocche e delle ripetizioni nell¶opera di Malipiero. Nell¶atto primo, ad esempio, Giglio intona enfatico i suoi versi: Ah, che vedo? che vedo? È lei? Posso parlarle? Principessa. Principessa Principessa, tu sai, ch¶io son tuo servitore, mercè del mio dolore. Che mi consuma e non ha posa mai Tu mi consumi e struggi, principessa, Veggendoti sì fiera e dispietata. Veggendoti sì fiera e dispietata Tu mi consumi e struggi, principessa»
Nell¶atto terzo, sempre Giglio canta: Ch¶io d¶altra sia, certa sei tu di no, ma sì di te come io mai fui. Giacinta, non pensare ch¶io, per altra guardare il cor le dia, chè sai ch¶è per te. Sempre ti vo¶ mirare per più poterti amare. Non dubitar, oh, fidati di me di quel ch¶io fo per puro amore. 175
ANDREA DELLA CORTE E LA CRITICA MUSICALE
Nell¶atto terzo, scena seconda, Giacinta canta: Così mi aiuti Iddio com¶io cantar non so. Giammai io non cantai e non saprei cantare, sì che per certo io non canterò. Alalfierà. Alalilerò. Io la mia canzon ho cantato quei che la fece più non m¶insegnò. Alalilerà. Alalilerò.
Il tutto si traduce in musica con l¶espediente della cantilena, ideale, per la monotonia ritmica e la semplicità della linea melodica, per filastrocche o brevi componimenti dal carattere popolare. La strumentazione e lo spartito collaborano a vicenda nell¶esplicazione dei sentimenti e delle caratteristiche dei vari personaggi: la malinconia di Giacinta, ad esempio, che pervade tutto il primo atto, sottolineata musicalmente, si rintraccia attraverso ogni parola del suo dialogo con la vecchia Beatrice, o ancora la sua letizia nel finale quando si riconcilia col suo caro Giglio. Tutti i versi cantati dal Ciarlatano, poi, si caratterizzano per la misteriosità e l¶ambiguità: fin dalla sua prima apparizione, infatti, il ciarlatano, nell¶intento di narrare la storia di un principe e una principessa, utilizza un linguaggio fortemente equivocante: Cittadini romani! Cittadini romani! Esultate, gridate, lanciate i berretti in aria. Siete fortunati, molto fortunati. È giunta fra voi una celebre Principessa, un miracolo di bellezza e tanto ricca che coi suoi diamanti potrebbe lastricare il corso. Io, maestro di magia bianca, nera, gialla, rossa, blu, so perché è venuta: essa cerca fra le maschere del corso l¶amico del cuore, lo sposo; quel Principe assiro che è venuto a Roma per farsi strappare un dente da me. Guardate. Guardate. Ecco il dente. Il Principe s¶è smarrito. Cercatelo, nelle vostre case, in cantina, in cucina, negli armadi. Cercatelo. Chi lo riporterà alla Principessa avrà un premio di cinque volte centomila ducati. Cercatelo, Cercatelo. Ma come trovarlo anche se vi passa sotto il naso? Senza gli occhiali miracolosi, che vi dono per pochi paoli, gli occhiali dell¶indiano Ruffiamonte, non lo troverete. Eccoli.
Ancora, la misteriosità del vecchio è bene espressa attraverso i versi in cui canta la strana storia della principessa Mitilis; questi versi si trovano in continuità con quelli cantati dal poeta e questo legame preannuncia la comune identità dei due (il vecchio infatti si scopre essere il poeta): La limpida e cristallina sorgente di Urdar rispecchiava l¶immagine gioconda e serena di coloro che vi si miravano; ora invece nessuno sorride più, e l¶ira domina coloro che si avvicinano alla sorgente di Urdar che si fa sempre più torbida. Solo Ermodio, il mago, poteva soccorrere gli infelici. Infatti essi invocarono il suo aiuto. Il mago cadde in profonda meditazione, poi disse: resistete nove volte nove notti e dal lago di Urdar sorgerà 176
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la vostra Regina. Raggi di fuoco guizzarono sullo stagno: gli spiriti del fuoco con occhi incandescenti scrutavano le profondità. La fonte inaridì. Si vide allora sbocciare un grande fiore di Loto: nel calice riposava una fanciulla meravigliosa: la principessa Mitilis. Troppo presto la gioia si mutò in dolore: la principessa parlava un linguaggio sconosciuto e che nessuno capiva... Supplicato, il Mago Ermodio rispose: Sotto nera pietra in oscuro antro ove già riposò la coppia regale col volto pallido della morte, è nascosto del sortilegio il grande segno: il più superbo dono per Mitilis. Sotto la nera pietra si trovò uno scrigno. Toccandolo la principessa Mitilis si irrigidì e a poco a poco si trasformò in minuscola bambola. Sciagura orrenda. Orribile inganno: mai parlò il Mago Ermodio, fu Tifone, lo spirito maligno che tradì la gente di Urdar. Ben altro dobbiamo fare per la salvezza della principessa Mitilis.
Della Corte evidenzia come il passaggio dal tragico al grottesco sia in tutta l¶opera sempre musicalmente sottolineato: dal punto di vista scenografico corrisponde alla sfilata delle maschere che riproducono quelle di Callot dei Balli di Sfessania. In effetti, i momenti a cui fa riferimento Della Corte, in merito al passaggio dal tragico al grottesco, potrebbero essere il prologo (in cui le maschere danzano secondo il loro carattere e successivamente ognuna delle coppie rientra nel clavicembalo barocco al centro della scena), l¶introduzione all¶atto secondo (ambientato nel Corso di Roma dove domina un maestoso e fantasioso palazzo incantato), la presentazione dello stravagante corteo (quasi a metà dello stesso atto), e l¶inizio dell¶atto terzo con la presenza sempre del corteo e l¶aggiunta di nuovi personaggi ad arricchire la scena (tra questi la bambola carica di diamanti entro la nicchia). Rossella Gaglione
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ANDREA DELLA CORTE E LA CRITICA MUSICALE
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GRUPPO DI LAVORO SOTTO LA GUIDA DI MASSIMO DI SANDRO
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ANDREA DELLA CORTE E LA CRITICA MUSICALE
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GRUPPO DI LAVORO SOTTO LA GUIDA DI MASSIMO DI SANDRO
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41
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Pietro Sgueglia PELLÉAS ET MÉLISANDE DI DEBUSSY. DELLA CORTE E PIZZETTI A CONFRONTO Ildebrando Pizzetti fu compositore, critico e musicologo. Nacque nel 1880 ed appartiene alla cosiddetta «generazione dell¶80».42 Il suo libro Musicisti contemporanei viene pubblicato dalla Fratelli Treves nel 1914 e contiene una serie di considerazioni su alcuni compositori a lui pressoché contemporanei, italiani e francesi, oltre ad alcuni articoli di carattere musicologico.43 L¶opinione di Pizzetti su Debussy, primo a comparire nel libro tra i compositori francesi, ha una duplice facciata. Egli considera l¶autore di Pellèas et Melisànde «il più grande artista che la Francia possa vantare tra i suoi musicisiti»,44 ed elogia quest¶ultimo difendendolo dalle critiche degli antimodernisti, offesi secondo Pizzetti dalle caratteristiche formali di Debussy. Considera l¶³armonistica´ di Debussy come «la più sapiente, la più ricca, la più varia che cuore e mente di musicista abbia mai sentito».45 Sono proprio queste caratteristiche formali che interessano maggiormente Pizzetti, che ha trovato nelle soluzioni armoniche ma soprattutto timbriche di Debussy una valente fonte d¶ispirazione per la sua produzione. Nonostante l¶ammirazione per il compositore francese, le parole di Pizzetti cambiano quando approfondisce le caratteristiche espressive dell¶arte debussyana. Sebbene consideri il Pellèas et Mèlisande l¶unico tentativo post wagneriano di dramma musicale,46 insieme a quello straussiano, Pizzetti non appare convinto della solidità del messaggio artistico debussyano. Partendo dalle parole di Bastianelli «Ecco Debussy che crede ormai sinceramente l¶arte dover essere un oblio... mentre l¶arte è la più austera implacabile miracolosa ricordanza che tutto bronzeamente scolpisce»,47 parole che usa come prima risposta ad XQ LQWHUURJDWLYR VXOO¶HVVHQ]D GHOOD PXVLFD di Debussy.48 Pizzetti stesso dice di sentirsi poco a poco invaso da un torpore, che lo porta in uno stato che associa a quello in cui si lasciavano andare i poeti decadenti, infatti dice: «forse non è dissimile il mio stato GDOOR VWDWR LQ FXL YRORQWDULDPHQWH VL SRQHYDQR TXHL SRHWL HG DUWLVWL GHFDGHQWL« FKH intorno al 1850 si riunivano... a mangiare il miele intriso nella decozione di cannabis indica». Tutto ciò provoca tristezza nello stesso Pizzetti, che nonostante esalti le soluzioni dei dettagli debussyani, nel complesso rifiuta l¶impressione di sospensione che esprime l¶artista francese, visto come continuatore dei decadentisti. Punto focale di questo pensiero è la definizione che Gautier diede di Baudelaire, che Pizzetti usa per la musica di di Debussy: «arte pervenuta a quel punto di estrema maturità, cui volgono, prossime al tramonto, le civiltà che invecchiano». La vera critica di Pizzetti 42
Fu definita con questo nome una generazione di musicisti del primo Novecento italiano, nata intorno agli anni µ80 del diciannovesimo secolo, tra i quali Malipiero, Casella, Respighi. 43 Come ad esempio La musica delle tragedie greche e Il teatro musicale di Cristoforo Gluck. 44 ILDEBRANDO PIZZETTI, Musicisti contemporanei, Milano, Fratelli Treves, 1914. 45 Ivi, p. 119. 46 Da considerare che Debussy fu inizialmente wagneriano. 47 PIZZETTI, Musicisti contemporanei cit., p. 127. 48 La domanda in questione è: «quale e quanta è la sua grandezza rispetto all¶umanità»?
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a Debussy sembra rivolta in effetti, piÚ che alla tecnica o allœespressività , al ruolo dellœarte Non dovrebbe invece, lœarte, essere esaltazione di vita? Esaltazione di umanità ?. $OOœRSSRVWR Debussy concepisce unœarte in grado di soffocar in noi la volontà di vivere. Nonostante ciò comunque, sul finale del suo saggio Pizzetti continua ad esaltare lœarte debussyana, non come espressione piena della vita, ma come esperienza intensa. Se invece si parla dellœarte Debussyana secondo la visione critica di Della Corte, si prendano ad esempio gli articoli pubblicati da questœultimo su La Stampa.49 In questi articoli Della Corte recensisce la messa in scena del Pellèas et Mèlisande. Della Corte attribuisce un alto valore allœopera di Debussy considerandola fonte di molte delle novità dellœarte e del teatro musicale almeno per quarantœanni dalla sua prima rappresentazione. Lœopera è iniziatrice del teatro novecentesco, il quale piÚ non reca i caratteri che determinarono la fortuna democratica del teatro precedente.50 Un punto di distacco quindi dallœopera popolare ottocentesca. Un distacco tuttavia non netto, poichÊ per Della Corte Pelleas et Mèlisande mantiene al suo interno una presenza del sentimento romantico, e del tematismo, senza tuttavia utilizzare quel sistema che aveva contraddistinto Wagner. Il punto di vista di Della Corte è legato sÏ ad una certa critica di fine Ottocento, Tuttavia ciò non impedisce a Della Corte di sollevare delle questioni solide. Lœanalisi del Pellèas parte da un punto di vista puramente drammaturgico. I temi dei personaggi vengono denominati motivi-immagini. Ogni personaggio ne ha uno, che Della Corte provvede a definire minuziosamente. Mèlisande, ad esempio, è la protagonista assoluta del dramma e muta la propria natura nel corso dellœopera secondo unœevoluzione naturale del personaggio. Il dramma è analizzato minuziosamente anche in funzione della trama, specialmente soffermandosi sui ³GXHWWL GœDPRUH´ FKH SL VHPEUDQR DYHU LPSUHVVLRQDWR H FROSLWR 'HOOD &RUWH Š$PPiro questo duetto dœamor... quello della finestra, il quale consta dœuna piÚ pura e piÚ debussyana poesia.51 Nuovissima è la concezione dellœarte in Debussy, che però non rinnega il passato, secondo Della Corte. Debussy ReagÏ alla strumentazione sinfonica ottocentesca, preferendo la distinzione dei timbri. Neppure si rifece alla costruzione orchestrale settecentesca, nella quale i timbri, in famiglie o solisti, erano contrapposti.52 Volendo fare un confronto tra i due eminenti autori, un tratto distintivo della visione critica di Della Corte nei riguardi di Debussy è sicuramente una certa componente favolistica, che nella visione Pizzettiana è inesistente. Inoltre Pizzetti, crede che Debussy rinunci a qualsiasi proposito melodico, mentre la Mèlisande di Della Corte ha un tema spazioso e melodioso. Il Pellèas et Mèlisande di Della corte è formato da un impasto timbrico soffice, fluido. Lœopera ha una concezione unitaria, gli accenti, gli accordi, non sono frammentati, ma unœeterna conseguenza gli uni degli altri, in cui
49
ANDREA DELLA CORTE, Immagini di sogno e di vita in PellĂŠas et MĂŠlisande, ÂŤLa stampaÂť, VI/242, 12 ottobre 1950, p. 3 e PellĂŠas et MĂŠlisande con la Compagnia dellÂśOpĂŠra comique, ÂŤLa stampaÂť, 71/104, 2 maggio 1937, p. 3. DELLA CORTE, PellĂŠas et MĂŠlisande con la Compagnia dellÂśOpĂŠra comique cit. 51 DELLA CORTE, Immagini di sogno e di vita in PellĂŠas et MĂŠlisande cit. 52 DELLA CORTE, PellĂŠas et MĂŠlisande con la Compagnia dellÂśOpĂŠra comique cit. 50
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non è l¶intelletto a perdersi nell¶oblio. Piuttosto, la musica è la rappresentazione del pensiero umano come un flusso incessante. 3LHWUR 6JXHJOLD
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Luca Sellitto WOZZECK DI BERG. DELLA CORTE E MANTELLI A CONFRONTO Dallœanalisi degli articoli di Andrea Della Corte riguardanti il Wozzeck di Alban Berg,53 si può dedurre un giudizio decisamente positivo nei confronti dellœopera in questione. Ciò potrebbe destare, in un primo momento, un poœ di sorpresa, dal momento che Alban Berg compose la musica del Wozzeck utilizzando la libera atonalità , seguendo le orme del suo maestro ed amico Arnold SchÜnberg, questœultimo compositore per nulla apprezzato dal critico napoletano. Ciò che sembra piacere molto a Della Corte, e che lo induce ad accettare il linguaggio atonale allœinterno di questo lavoro, è lœutilizzo, da parte di Berg, della nuova tecnica compositiva come mezzo per esprimere le passioni insite allœinterno di un dramma. Della Corte giudica tale opera meritevole dœesser conosciuta e presa a modello, sia come simbolo della rivoluzione musicale in atto in quegli anni che come dimostrazione del modo in cui Berg abbia saputo superare i problemi di messa in scena generati dallœutilizzo della nuova tecnica compositiva, e pone lœaccento su quanto sia opportuna lœesortazione di Berg stesso a non distogliere lœattenzione dallœarte per interessarsi alla tecnica in sÊ per sÊ. Per Della Corte comporre unœintera opera di tale portata facendo ricorso alla libera atonalità QRQ DEELDPR LQ UHDOWj OœDSSOLFD]LRQH ULJRUVRVD GHOOD WHFQLFD GRGHcafonica) presentava non poche difficoltà , insieme al pericolo di risultare inconsistente dal punto di vista formale. Ma tali ostacoli vengono giudicati brillantemente arginati tramite lœimmissione della nuova tecnica allœinterno di forme ben delineate, quali la suite, la marcia, la fuga, la passacaglia, il rondò ecc.: il Berg è riuscito a contemperare gli elementi musicali proprii della tendenza modernistica con una costruzione disciplinata e a rendere interessante e artisticamente attraente un argomento scenico, che nei suoi eventi potrebbe apparire brutale e banale.54 Pertanto, è doveroso rimarcare come Della Corte, pur essendo un convinto detrattore della dodecafonia schÜnberghiana, in quanto giudicata daglœesiti astratti, salva invece la libera atonalità dellœallievo Berg, per la minore rigidità e per lœapprodo allœespressione dei sentimenti dei personaggi. Secondo il critico napoletano, Berg, pur rendendo musicalmente palese il conflitto Wozzeck/Maria, ci consegna un Wozzeck del tutto privo di malinconia, che non suscita pietà e non lascia alcun senso di angoscia. Al contrario, Alberto Mantelli, autore nel 1936 del primo saggio italiano su Alban Berg, nella sua guida al Wozzeck del 1942 ritiene che la figura di Wozzeck desti un profondo senso di pietà , in quanto simbolo della solitudine umana, ed avverte molto di piÚ una vena di profondo pessimismo allœinterno dellœopera.55
53
ANDREA DELLA CORTE, ³:R]]HFN´ GL $ %HUJ DO 5HDOH dellœOpera, La Stampa, 76/263, 4 novembre 1942, p. 3 e Il ³:R]]HFN´ UDSSUHVHQWDWR FRQ VXFFHVVR DO )HVWLYDO GL 0RQDFR La Stampa, XIII/215, 10 settembre 1957, p. 3. ANDREA DELLA CORTE, Il ³:R]]HFN´ GL $ %HUJ DO 5HDOH GHOOœOpera cit. 55 ALBERTO MANTELLI, Wozzeck di Alban Berg, in Collezione di guide musicali, a cura di Ferdinando Ballo, Milano, La Lampada editrice, 1942, pp. 22-23. 54
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Ma la chiave di lettura dei due critici appare differente per quanto riguarda la valutazione del valore di denuncia sociale dellœopera di Berg in questione. Da un lato Della Corte, dopo aver riportato le parole di Berg stesso che esortano il lettore a non badare troppo alle forme della musica e a concentrarsi, piuttosto, sullœalto valore sociale dellœopera, che va al di là del personaggio Wozzeck e del suo destino, esterna il suo disaccordo a riguardo attenendosi fedelmente ad una concezione crociana dellœopera quale mondo fantastico, che non può trattare temi sociali e non ricerca valori esterni ad essa: che cœentrano le ideologie sociali? E perchÊ importerebbero piÚ della creazione di un fantastico personaggio?.56 Negando pertanto il valore di denuncia sociale, Della Corte propone una lettura improntata sullœindividuo Wozzeck e sul suo rapporto con Maria, affermando: Attorno al tonto, depresso, abulico e impetuoso fino al delitto Wozzeck, e alla delusa, vogliosa, provocante, incauta, sfacciata Maria, ³OœDPELHQWH´ QRQ HPHUJH FRQ DOWUHWWDQWD HYLGHQ]D DUWLVWLFDª 57 Dallœaltro lato Mantelli propone una lettura piÚ avanzata del Wozzeck, rimarcando con decisione le sue implicazioni sociali. Il critico torinese rileva nel Wozzeck una forza maligna al di sopra di ogni cosa, che prevale su tutto ciò che cœè di positivo al mondo e spinge gli uomini a fare del male, senza che essi ne abbiano pienamente coscienza. Inoltre, pone lœaccento su una disumanizzazione della massa e su unœumanità resa automa: A cose fatte, quando il sipario cala per lœultima volta, se un atto di accusa emerge dalla vicenda, non è contro lœassassino nÊ contro coloro che allœassassinio lo hanno spinto, ma contro uno stato di cose malvagio e ingiusto che è al di sopra di questi uomini e li sospinge ciechi a cozzare gli uni contro gli altri come automi.58
In tale prospettiva gli oppressori di Wozzeck, il Dottore e il Capitano, assurgono a simbolo di una società opprimente e malvagia, nellœottica di una visione pessimista della vita ed in linea anche con la visione che Berg stesso ha di questi personaggi, essendo ovviamente il tema dellœoppressione sociale molto sentito in epoca pre-nazista. Tali figure vengono invece tralasciate da Della Corte, che come già denotato non propone la stessa chiave di lettura: Di tipeggiamento, di amenità , son invece privi il &DSLWDQR H LO 'RWWRUH L TXDOL WHQRUH H EDVVR ³EXIIL´ QHOOH LQWHQ]LRQL Gi Bßchner (e forse anche di Berg), avevano il compito di mortificare e invelenire lœinerte protagonista, e spingerlo alla perdita.59 Vi è anche un ulteriore aspetto colto da Mantelli e non notato da Della Corte, ovvero come la musica di Berg in un certo senso si schieri dalla parte di Wozzeck, creando unœatmosfera di simpatia60 nei suoi confronti, fino al punto che lœefferato atto omicida del personaggio non suscita piÚ alcun senso di rivolta e, solo su questœultimo punto, sembra concordare anche Della Corte, affermando che il Wozzeck non lascia 56
57 58
ANDREA DELLA CORTE, ,O ³:R]]HFN´ UDSSUHVHQWDWR FRQ VXFFHVVR DO )HVWLYDO GL 0RQDFR cit.
Ibidem.
MANTELLI, Wozzeck di Alban Berg cit. 59 DELLA CORTE, ,O ³:R]]HFN´ UDSSUHVHQWDWR FRQ VXFFHVVR DO )HVWLYDO GL 0RQDFR cit. 60 MANTELLI, Wozzeck di Alban Berg cit.
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alcun senso di ribellione o perversità . Inoltre, per Mantelli, alla serenità del maestro SchÜnberg, Berg oppone una visione negativa e pessimista della vita. Vivo è lœinteresse, sia in Della Corte che Mantelli, verso le passioni umane e lœespressione di esse. Della Corte afferma: Gli è che gli elementi musicali mirano allœespressione, quella che gli elementi stessi condizionavano.61 Ma Mantelli aggiunge di fatto un ulteriore concetto, ovvero come la musica strumentale riesca a conWHQHUH LO GUDPPD H FRPH OH IRUPH DQWLFKH ULHVFDQR DG HVSULPHUH OD YLFHQGD Š FRPH nella passacaglia del primo atto e nella fantasia e fuga del secondo atto, si rivela tutta la straordinaria musicalità di Berg che è riuscito a tradurre il dramma in pura forma VRQRUD D LQTXDGUDUOR QHL WHUPLQL GL XQD FRVWUX]LRQH PXVLFDOHª 62 Mentre Mantelli ha pertanto compreso che nella musica pura può rivivere il dramma, Della Corte denota una contraddizione tra musica pura e dramma: Come conciliare la servilità con la ripetuta celebrazione della purità , dellœassolutezza, della musica?.63 CosÏ come per Della Corte, Mantelli ritiene che lœutilizzo delle varie forme acquisti nellœopera di Berg un senso drammaturgico. Ma, a differenza di Della Corte, si sofferma di piÚ sullœanalisi delle varie tecniche compositive utilizzate da Berg, pur concordando sul fatto che il gioco formale non sia mai fine a se stesso. A tal proposito, mette ad esempio in rilievo come lœuso delle variazioni sia finalizzato alla descrizione dei vari stati dœanimo di Maria nella prima scena del terzo atto, ovvero nel momento in cui si pente di aver tradito Wozzeck. Luca Sellitto
61
DELLA CORTE, Il ³:R]]HFN´ GL $ %HUJ DO 5HDOH GHOOœOpera cit. MANTELLI, Wozzeck di Alban Berg cit., p. 40. 63 DELLA CORTE, ,O ³:R]]HFN´ UDSSUHVHQWDWR FRQ VXFFHVVR DO )HVWLYDO GL 0RQDFR cit. 62
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Domenico Prebenna THE RAKEÂśS PROGRESS DI STRAVINSKIJ. DELLA CORTE E MILA A CONFRONTO ÂŤLa Carriera dÂśun libertino è un melodrammaÂť. NellÂśarticolo apparso su La Stampa di mercoledĂŹ 12 settembre 1951,64 Della Corte sgombra subito il campo da equivoci e fantasiose interpretazioni e a tal proposito appella lÂśuscita di Strawinsky, che definĂŹ (forse provocatoriamente) questÂśRSHUD XQ QRQ PHORGUDPPD XQD ÂłERXWDGH´ Va però sottolineato che lo stesso Strawinsky nel suo Memories and Commentaries afferma che: ÂŤThe RakeÂśs Progress è decisamente unÂśopera, composta di arie, recitativi, cori e pezzi dÂśinsieme. La sua struttura musicale, il concetto dellÂśuso di queste forme, perfino i rapporti tonali, sono sulla linea della tradizione classicaÂť.65 Il primo impatto con la critica di Della Corte a questa composizione mette sotto la lente dÂśingrandimento gli aspetti negativi figli di quelle aspettative continue che Strawinsky creava in tutti i suoi ammiratori e sostenitori. ,O FULWLFR VRWWROLQHD FRPH OD PXVLFD QRQ q UDSSUHVHQWDWLYD GL ÂłGLVLQYROWXUD H VFoVWXPDWH]]D´ FRPH LO WLPEUR SRWUHEEH LQGXUUH D SHQVDUH H TXLQGL QRQ SUHVHQWD DOFXQ atWHJJLDPHQWR ÂłSLFFDQWH R OXVVXULRVR´ FDUDWWHULVWLFD TXHVWÂśultima, che si intravede solo quando Tom è condotto da Nick in una casa chiusa per godere dei piaceri della carne, risultando essere però piĂš un fatto scenico che musicale. La delusione si acuisce ancora di piĂš quando evidenzia un ritorno alle vecchie convenzioni ossia il riutilizzo in orchestra di quei ritmi ad accordi ripercossi tipici dellÂś2WWRFHQWR PROWR ULPSURYHUDWL D 9HUGL DOOD ÂłGLVFRQWLQXLWj VWLOLVWLFD´ FRQ UHFLWativi secchi di settecentesca memoria affidati al solo clavicembalo contrapposti a pezzi chiusi in completo stile strawinskyano. Anche lÂśazione teatrale non lo soddisfa pienamente, in particolare la frequenza a suo modo di vedere esagerata degli Âła se´ con il risultato che la drammaturgia a volte appare ÂŤlenta e infagottataÂť. In modo particolare si sofferma sulla fondamentale scena della partita a carte nel cimitero66 la cui ambientazione Âą un cimitero scarsamente illuminato nella notte oscura Âą richiama subito alla mente la scena del cimitero nel Don Giovanni di Mozart. Ci troviamo di fronte, come giĂ accaduto precedentemente nella scena del bordello londinese,67 alla manipolazione del tempo da parte di un Nick falsamente rassicurante che offre a Rakewell unÂśultima possibilitĂ per salvare la sua anima: la partita a carte. Ă&#x2C6; proprio in corrispondenza di questo snodo decisivo per lo sviluppo della vicenda, in cui lÂśDJRJLFD JUDYRVD H IRUWHPHQWH UDOOHQWDWD VRWWROLQHD FKH OD ÂłFDUULHUD´ q JLXQWD DO capolinea, che Della Corte riscontra una ÂŤintensitĂ artistica superficialeÂť in cui
64
ANDREA DELLA CORTE, La Carriera dÂśun libertino, ÂŤLa StampaÂť, VII/215, 12 settembre 1951, p. 3. IGOR STRAWINSKY-ROBERT CRAFT, Memories and Commentaries, Berkeley, The University of California Press, 1959, p. 157. 66 Atto III, scena II. 67 Atto I, scena II. 65
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avrebbe preferito vedere di più la parte demoniaca e non un Nick Shadow manchevole di presenza scenica più che di quella musicale. Il dramma si sente di più nell¶ultimo duetto tra Tom e Nick, che Della Corte definisce «allucinato», in cui Tom pur impotente e incapace di reagire riesce a trasmettere a questo finale una grande umanità e, altra nota positiva, il serio e il comico riescono drammaturgicamente e psicologicamente a coesistere. Dopo l¶intensità della scena del cimitero si ritorna ad un clima di apparente quiete, quasi una sospensione che prelude al ricongiungimento dei due amanti; nel manicomio che agli occhi del folle appare pieno di eroi mitologici (lui stesso si crede Adone che intende sposare Venere), Tom ammette i suoi errori da libertino e nel dolce duetto con Anne (che ne accetta il pentimento) si può riscontrare una sorta di straniamento amoroso dovuto al tempo che resta come sospeso che conduce Tom tra le braccia dell¶ «immortale regina» cullato da una infantile filastrocca. L¶epilogo è, anch¶esso, riconducibile al Don Giovanni mozartiano con quel suo carattere moralistico. Questa Rake¶s Progress è tradizione e modernità, caratteristiche che miscelate tra loro possono creare ambiguità. Come sempre Strawinsky con il gioco tenta di creare un¶opera polemicamente retrospettiva e addirittura nel titolo si può scovare un riferimento all¶autore stesso: la libertà che sempre si è concesso durante tutta la sua carriera. Della Corte, in questa critica, in definitiva salva il musicista evidenziando che, ancora una volta vi è il «godimento estetico» riscontrato nella musica e in particolare nel personaggio Tom che risulta essere il vero fulcro dell¶opera in quanto la sua lirica umanità e la sua debolezza prevalgoQR VXO ODWR ³OLEHUWLQR´ GHO SHUVRQDJJLR Per quanto riguarda il pensiero di un altro illustre critico e storico della musica quale Massimo Mila bisogna fare una distinzione tra le critiche contemporanee alle produzioni artistiche di Strawinsky e gli scritti postumi, quando il fuoco della polemica intorno alla figura di uno dei maggiori esponenti della musica del XX secolo andava via via affievolendosi. A leggere la critica di Massimo Mila apparsa sull¶Unità del 12 settembre 1951 si ha quasi la sensazione di trovarsi di fronte ad un¶amante ferito che vive, non illudendosi più, dei ricordi di quel primo amore ossia lo Strawinsky scandaloso, debordante e fuori dagli schemi degli esordi. Mila è già, in questo frangente storico, fine conoscitore dell¶universo Strawinsky e conosce bene anche La Carriera d¶un libertino dato che aveva curato una Guida musicale68 per il Teatro alla Scala, lavoro che poi confluirà nella raccolta di scritti sul compositore: Compagno Strawinsky.69 È un Mila con una visione oggettiva ma non totalmente distaccata, infatti, non mancano prese di posizione e giudizi militanti e inevitabilmente l¶attenzione si sposta VXO FRQIURQWR WUD LO SULPR 6WUDZLQVN\ H OD VXD ³HYROX]LRQH´ 68
MASSIMO MILA, Guida alla «Carriera del libertino», Milano, Istituto d¶alta cultura di Milano e Teatro alla Scala in «Guide musicali dell¶Istituto d¶alta cultura», 1951. 69 MASSIMO MILA, Compagno Strawinsky, Torino, Einaudi, 1983.
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3RVVLDPR GHILQLUH TXHVWD VXD SRVL]LRQH ÂłPLOLWDQWH´ RVVLD VHQ]D UHPRUH nel fare un confronto tra il primo Strawinsky e lœultimoÂť e anche nel dare un giudizio di merito sullÂśopera che era ciò che serviva in quel momento storico ai lettori del giornale. Come per Della Corte, ciò che delude Mila, è il fatto che Strawinsky abbia smesso di sorprendere, facendo spegnere ÂŤla lava che bruciava incandescenteÂť e limitandosi D GDUH ŠFHUWDPHQWH PHQR GL TXDQWR HUD OHFLWR DWWHQGHUVL GD TXHOOÂśartista che egli è. Direi, però, che non dĂ di piڝ.70 A questo proposito è significativo e illuminante il parallelismo che ci propone Mila: ÂŤla misurata energia ritmica delle opere giovanili, che faceva pensare allo scatenamento di colossali macchine da grande industria pesante, è diventata un costante ticchettio domestico di macchine da cucireÂť.71 Con la stessa oggettivitĂ con cui Mila ha messo in rilievo le note negative, sottolinea ciò che di bello regala questa Carriera dÂśun libertino soffermandosi in particolare sulla scena del cimitero: ÂŤnella scena del cimitero, quando il diavolo si rivela ed esige il suo compenso, e poi concede di giocarlo in una partita a carte, il timbro crudo e beffardo di un modernissimo pianoforte sorregge da solo il libero arioso dei personaggi, e qui, veramente, sĂŹ, ancora una volta, Stravinsky supera se stesso, sopprime tutte le elaborate strutture di questo suo ultimo stile decorativo ed inventa tutto ex novo come ai bei tempiÂť.72 Nel secondo dopoguerra lÂśDQWLWHVL ÂłDGRUQLDQD´ WUD 6WUDZLQVN\ H 6FK|QEHUJ HUD Pateria molto discussa in ambito musicologico, ma nel momento dellÂśuscita di Compagno Strawinsky nel 1983 questa disputa, secondo lo stesso Mila, difficilmente avrebbe trovato ancora credito. Massimo Mila fu il primo ad intuire che The RakeÂśs Progress fosse un capolavoro assoluto che trovava lÂśaperto consenso del pubblico, ma non altrettanto poteva dirsi per quel che concerne lÂśambiente musicologico dellÂśepoca, in particolar modo nei darmstadiani e nei sostenitori di espressionismo e serialitĂ . Ă&#x2C6; un Mila non piĂš militante quello che, visto lÂśavvicinamento di Strawinsky alla tecnica dodecafonica, nel capitolo dodicesimo della celebre raccolta di scritti Compagno Strawinsky ci regala una descrizione illuminante di ciò che rappresentò La Carriera del Libertino nella storia dellÂśopera: >ÂŤ@ 0D PROWR SL WDUGL DOOD OXFH GL Tuello che avvenne con lo straordinario accostamento di Strawinsky alla tecnica dodecafonica, unÂśaltra celebre immagine cinematografica ci sovviene poi a descrivere la situazione storica di quellÂśopera: la scena della Febbre dellÂśoro dove la bufera ha strappato dai suoi ormeggi la baracca di legno dei cercatori, trascinandola fin sullÂśorlo dÂśuno spaventoso precipizio, e a seconda che Charlot e il suo compagno, impazziti dal terrore e barcollanti per lÂśinstabilitĂ del locale, si avvicinano o si allontanano nel senso dellÂśinclinazione, la baracca oscilla paurosamente fino allÂśestremo limite dÂśequilibrio, oppure se ne ritrae per un momento. La Carriera del Libertino è cosĂŹ, come quella baracca di legno nel Klondike: non che essere un solido mo-
70
MASSIMO MILA, Il libertino di Strawinsky, ÂŤLÂśUnitĂ Âť, 13 settembre 1951, p. 3. Ibidem. 72 Ibidem. 71
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numento funerario della decorsa tonalità oggettivistica e neoclassica, sta lì, oscillante sull¶orlo del precipizio dodecafonico, ma allora nessuno lo sospettava.73
Si può affermare che, tutto sommato, il pensiero di Andrea Della Corte, che sottolinea il riuscito «godimento estetico» finale dell¶opera, non sia poi così lontano dal pensiero del Mila militante, fermo restando che Della Corte, al contrario di Mila, non ne apprezza il gioco parodistico così come è realizzato ne La Carriera del Libertino. Domenico Prebenna
73
MASSIMO MILA, Compagno Strawinsky, Torino, Einaudi, 1983, p. 182.
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NOTE D¶ARCHIVIO
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Tiziana Grande LA DONAZIONE µPROCIDA¶ DELLA BIBLIOTECA DEL CONSERVATORIO DI AVELLINO. RITRATTO DI GIUSEPPINA PROCIDA DE ROGATIS E CATALOGO DEI MANOSCRITTI La raccolta di musiche appartenuta a Giuseppina Procida De Rogatis, donata nel 1989 dal figlio, ingegnere Roberto Procida Mirabelli di Lauro, alla biblioteca del Conservatorio µDomenico Cimarosa¶ di Avellino, si compone di 916 edizioni di musica a stampa e di 35 manoscritti musicali, prevalentemente di autori italiani della prima metà del Novecento.1 La raccolta non rappresenta l¶intero fondo di musiche, libri e documenti appartenuti alla famiglia Procida, essendo stata donata dagli eredi, in anni più recenti, un¶altra parte della collezione alla biblioteca del DMI (Dizionario della Musica in Italia) di Latina.2 In attesa che il contenuto dell¶intero fondo possa essere ricostruito, seppur a distanza, restituendo un interessante esempio di biblioteca personale di una delle più attive concertiste attive in Italia a cavallo tra le due guerre, la parte avellinese della donazione è stata interamente catalogata nel Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN), offrendo già interessanti spunti di studio e riflessione sull¶artista, sul suo repertorio e sull¶ambiente musicale nel quale operava. Giuseppina De Rogatis nacque a Napoli il 26 marzo 1897. Come sua sorella Teresa, enfant prodige della chitarra e del pianoforte, anche lei fu avviata allo studio della musica dal padre, Tommaso, eccellente chitarrista dilettante e grande appassionato dell¶arte dei suoni.3 Questi, forse nella speranza di riconquistare lo status sociale familiare improvvisamente perduto per la morte prematura dei suoi genitori durante l¶epidemia di colera del 1866, riversò in forme dispotiche e vessatorie le sue ambizioni musicali sulle due 1
La raccolta di musiche a stampa donata poco dopo la scomparsa di Giuseppina Procida De Rogatis (avvenuta nel mese di gennaio del 1988) al Conservatorio di Avellino, consiste di musica del repertorio classico, romantico e soprattutto novecentesco per violino solo, violino e pianoforte, musica da camera per archi. Una parte minore, ma non meno interessante, consiste, invece, di musica vocale, cameristica e operistica, di autori italiani del Novecento e di musica per pianoforte solo di compositori napoletani quali Emilia Gubitosi, Terenzio Gargiulo, Achille Longo, Gennaro Napoli, Mario Persico, Mario Pilati, Teresa De Rogatis. 2 Un¶altra parte della biblioteca della famiglia Procida è confluita successivamente nella biblioteca µDMI ± Dizionario della Musica in Italia¶ ideata da Claudio Paradiso a Latina con lo scopo di raccogliere e conservare i fondi dei musicisti italiani del Novecento per proteggerne nel tempo la figura e l¶opera. Essa contiene anche materiale appartenuto ai critici musicali Saverio e Tony Procida. L¶augurio è che questa biblioteca, nata su iniziativa privata, possa presto mettere a disposizione degli studiosi gli interessanti fondi raccolti in tutta Italia e al momento ancora indisponibili, come si legge sul sito <www.dmi.it> (ultima consultazione 11 ottobre 2016). 3 La figura di Teresa De Rogatis (1893-1979), chitarrista, pianista, compositrice, è già stata ampiamente studiata. Si vedano: ANGELO GILARDINO, STEFANO ARUTA, Teresa De Rogatis: Opere scelte per chitarra, Ancona, Berben, 1993; ANTONIO GRANDE, La chitarra a Napoli nel Novecento, Napoli, Guida, 2008; CLARA CAMPESE, Teresa De Rogatis. Da enfant prodige a dama della chitarra in Romolo Ferrari e la chitarra in Italia nella prima metà del Novecento, a cura di Simona Boni, Modena, Mucchi, 2009, pp. 349-364; CLARA CAMPESE, Teresa De Rogatis ± Biografia, <www.claracampese.it> (ultima consultazione 11 ottobre 2016).
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dotatissime figlie, avviate fin da piccolissime allo studio della musica. Iscritta nella classe di violino di Angelo Ferni al Conservatorio di San Pietro a Majella, Giuseppina iniziò giovanissima una brillante carriera concertistica, esibendosi accompagnata dalla sorella alla chitarra o al pianoforte. Le due sorelle riscossero sempre grande successo di pubblico e di critica e si esibirono insieme almeno fino al 1921, anno del trasferimento in Egitto di Teresa. Non sempre ci è dato di poter assistere ad un concerto musicale magnifico e artistico quale è stato quello che in casa Perone hanno dato le valorose Signorine Teresa e Giuseppina De Rogatis. Chitarrista celebre e insuperabile, la prima, violinista perfetta e mirabile, la seconda, le sorelle De Rogatis posseggono lœarte fascinatrice della musica e ad essa infondono tutte le sentimentalità , tutte le dolcezze delle loro anime giovanissime, non disgiunte dalla profonda conoscenza tecnica della musica, dalla loro abilità e agilità sorprendenti. Della Signorina Teresa conoscevamo già la fama dœartista geniale della FKLWDUUD >@ &RPSRVLWULFH JHQLDOH ROWUH FKH FKLWDUULVWD HVLPLD HOOD VHJXu LQROWUH DO piano, una sua graziosissima gavotta e poi un notturno di suggestiva ispirazione, in accompagnamento della sorella Sig.na Giuseppina, che suonò il violino come mai non ho inteso, trasfondendo su di esso tutta lœarte sua, cosÏ bella e cosÏ mirabile, ricavando da esso le armonie piÚ delicate, con impeccabile interpretazione del pensiero musicale del 9LHX[WHPSV >@ 3RVVHJJRQR TXHVWH YDORURVH VRUHOOH 'H 5RJDWLV LO GRQR VXSHUER GHOOD concezione musicale, intesa come sappiamo intenderla noi italiani in genere e noi meridionali in ispecie, come, cioè, espressione sublime e poetica della vita, in tutte le sue manifestazioni piÚ grandiose, piÚ affettuose, piÚ tenere, piÚ dolci. E la musica che le sorelle De Rogatis creano sui loro strumenti, è tutta piena di passione e di emozione, di palpiti e di vibrazioni; è quella che vi rende attenti, che vœimpressiona, vi prende lœanima, vi affascina, vi seduce, e vi parla soprattutto al cuore, vi commuove, vi entusiasma, vi esalta, vi strappa, alla fine, lœapplauso, lœovazione, lœammirazione profonda, sincera, infinita.4
LÂśautore di questa entusiastico articolo fu il giovane Antonino Procida, detto Tony o Âľil baroncinoÂś, figlio del temutissimo recensore teatrale e musicale Saverio Procida, Âľil baroneÂś, giĂ noto per aver osato, anni prima, criticare Enrico Caruso sulle scene sancarliane provocandone il definitivo allontanamento da Napoli e dallÂśItalia (o piĂš probabilmente la sua definitiva fortuna).5 Seguendo le orme paterne, mosso da grande intelligenza, da unÂśinfinita passione e da buone competenze musicali, Tony divenne presto giornalista apprezzato in cittĂ , collaboratore di testate quali Il Mattino, il Corriere di Napoli e caporedattore de Il Giornale. Solo pochi anni dopo, egli avrebbe sposato Giuseppina De Rogatis, la giovane violinista che con la sua arte lÂśaveva sedotto fin da ragazza e con cui avrebbe trascorso il resto della vita in solida comunione dÂśintenti e di passioni. Dopo la morte del marito, avvenuta il 17 giugno 1957, quasi a testimoniare il significato profondo 4
LÂśarticolo di Antonino Procida, del 1913, intitolato Una serata musicale in casa Patrone, fu pubblicato sul Corriere di Gaeta, come riportato in Romolo Ferrari e la chitarra in Italia cit., p. 355. 5 Degli articoli di Saverio Procida pubblicati sulle pagine de Il Pungolo tra dicembre 1901 e gennaio 1902 parla tutta lÂśampia letteratura italiana e straniera esistente sul grande tenore Enrico Caruso. A noi piace citare in questa sede uno degli ultimi volumi pubblicati, FRANCESCO CANESSA, Ridi Pagliaccio! Vita, morte e miracoli di Enrico Caruso, Capri, la Conchiglia, 2015, che nel capitolo Quei fischi mai fischiati smonta, in maniera documentata, la leggenda dellÂśinsuccesso della memorabile serata del 30 dicembre 1901 di Caruso al San Carlo.
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che la musica aveva avuto nella loro unione, Giuseppina avrebbe riposto i suoi due violini nelle custodie, allontanandosi per sempre dalla scena concertistica per dedicarsi solo all¶insegnamento di Quartetto nel Conservatorio di San Pietro a Majella e alla sua amatissima famiglia.6 Negli anni compresi tra le due guerre, la coppia Procida-De Rogatis fu ben nota nell¶ambiente musicale cittadino; Tony e Giuseppina furono tra i protagonisti di un¶epoca di straordinario fermento artistico e culturale della città che solo di recente gli studi musicali hanno riconosciuto e approfondito.7 Divisa tra l¶attaccamento alle proprie radici musicali e il desiderio di rinnovare la vita concertistica, Napoli visse, tra le due guerre, un¶epoca di grande vitalità. L¶opera di svecchiamento delle istituzioni musicali cittadine era stata iniziata da Giuseppe Martucci, direttore del Conservatorio di San Pietro a Majella tra il 1902 e il 1909, protagonista di un¶imponente azione di ammodernamento del repertorio musicale che cambiò per sempre i gusti e le abitudini musicali del pubblico napoletano. L¶insegnamento di Martucci fu raccolto da alcune associazioni nate per iniziativa privata, come la Società del Quartetto di Alessandro Longo e l¶Associazione Amici della Musica di Florestano Rossomandi che, per prime, a partire dal 1914-15, cominciarono a presentare al pubblico una programmazione stabilmente imperniata sul repertorio solistico e cameristico classico-romantico, aprendosi raramente anche a compositori contemporanei come Respighi, Pizzetti, Casella, Debussy, Ravel. Più audace nelle scelte dei programmi fu una terza associazione, sorta qualche anno dopo ma destinata a vita breve: la Società Concertistica diretta da Giovanni Barbieri. La presenza costante di Giuseppina De Rogatis nelle stagioni concertistiche di queste tre associazioni fa presupporre che, proprio in quest¶ambito, la giovane violinista possa aver maturato la sua passione per il repertorio cameristico, nel quale avrebbe eccelso per tutta la sua carriera sia come interprete che come didatta.8 Alle numerose esibizioni in duo violino e pianoforte, con l¶accompagnamento di eccellenti pianisti quali Paolo Denza, Lyda Capucci, Tina De Maria, Tina Filipponi, la De Rogatis affiancò esibizioni in trio, quartetto e quintetto, giungendo presto alla creazione di una propria formazione stabile destinata ad avere grande successo in Italia e anche all¶estero. Con Rosario Finizio al secondo violino, Salvatore Scarano alla viola e Sergio Viterbini al violoncello, il µcapitano¶ (come affettuosamente la chiamavano i suoi
6 Ringrazio l¶ingegnere Giovanni Procida per avermi voluto far partecipe di ricordi personali come quello della morte del nonno, Antonino Procida, e del successivo allontanamento dalle scene concertistiche della nonna, Giuseppina De Rogatis. Lo ringrazio anche per avermi voluto fornire alcune delle foto che corredano questo testo. 7 Testi fondamentali per lo studio della vita musicale napoletana del Novecento sono almeno: Percorsi della musica a Napoli nel Novecento, a cura di Gianluca D¶Agostino, «Meridione. Sud e Nord del mondo», V/2, Napoli, ESI, 2005; Mario Pilati e la musica del Novecento a Napoli tra le due guerre, a cura di Renato Di Benedetto, Napoli, ESI, 2007; ³$SSXQWL GL YLDJJLR´ 1RYDQW¶anni della Associazione Alessandro Scarlatti, a cura di Renato Bossa, Napoli, Grimaldi, 2009; Musica e musicisti a Napoli nel primo Novecento, a cura di Pier Paolo Di Martino, Daniela Tortora, Napoli, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, 2012. 8 *LXVHSSLQD 'H 5RJDWLV QHO IX QRPLQDWD WLWRODUH SHU FKLDUD IDPD ³VHQ]D FRQFRUVR H FRQ HVHQ]LRQH GDO SHULRGR GL SURYD´ GHOOD FDWWHGUD GL 0XVLFD G¶insieme per archi, istituita per la prima volta espressamente per lei, nel Conservatorio napoletano. Si dedicò con passione all¶insegnamento fino al 1967, anno del suo pensionamento. Ringrazio la dottoressa Tommasina Boccia dell¶Archivio Storico di San Pietro a Majella per avermi fornito gentilmente queste informazioni.
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colleghi) fondò il Quartetto Stabile Napoletano, che all¶occorrenza diveniva Trio Napoletano o Quintetto Napoletano con l¶aggiunta del pianista Paolo Denza.9 La formazione fu accolta entusiasticamente dalla stampa e divenne ben nota al pubblico, specie in seguito a otto concerti di musica quartettistica trasmessi in diretta radiofonica dalla stazione E.I.A.R. di Napoli tra il 1928 e il 1929.10 La realizzazione di questi concerti fu possibile grazie all¶impegno e all¶intraprendenza di Antonino Procida che, presto, divenne una sorta di eminenza grigia delle formazioni capitanate dalla consorte, condividendone in qualche modo anche la fama e il successo. 11 A Giuseppina Procida De Rogatis e al Quartetto Napoletano deve certamente attribuirsi il merito di aver fatto conoscere a Napoli opere fondamentali della letteratura musicale classica, romantica e tardo-romantica, oltre che molte opere di autori contemporanei. Il repertorio proposto non sfiorò mai, però, l¶avanguardia più spinta; d¶altronde la diffidenza verso gli sperimentalismi più estremi di Giuseppina andò di pari passo con l¶avversità dichiarata negli articoli giornalistici del marito il quale, all¶indomani dell¶esecuzione napoletana del Pierrot Lunaire di Schönberg, nel 1924, scrisse ad esempio: «Schoenberg è un nihilista che nega e distrugge per assoluta impotenza a creare. Ed è nefasto e meriterebbe una buona dose di nerbate!».12 Nonostante la vita concertistica cittadina di quegli anni mostrasse curiosità e inteUHVVH YHUVR OH QRYLWj ©>«@ LO Subblico di Napoli, di tutti quelli in Italia, è il più vivace e il più pronto a comprendere», scrisse Casella), Napoli rimase, di fatto, ancorata alle sue tradizioni e a un mai dichiarato conservatorismo, e autori come Schönberg, Bartók o Stravinsky rimasero a lungo quasi del tutto esclusi dalla programmazione concertistica, nonostante alcuni memorabili concerti promossi da Alfredo Casella negli anni tra il 1924 e il 1927. Invitato in città dalla Società Concertistica, per «porgere al pubblico napoletano nuovi momenti del Novecento musicale internazionale», Casella ± che oltre ad essere compositore e interprete fu anche attivo organizzatore di eventi musicali ± intraprese con un rapporto lungo e duraturo, collaborando con diverse associazioni e impegnandosi non solo nella divulgazione di autori stranieri, ma anche nella promozione di musica di autori italiani contemporanei, oltre che sua. 13
9
La formazione mutò, nel corso degli anni, alcuni suoi componenti. Renato Ruotolo, Giuseppe Pastorelli, Luigi Schininà si alternarono nel ruolo di secondo violino, Giuseppe Martorana e Ugo Ajello in quello di violoncello, 10 Il programma eseguito in questi concerti radiofonici è consultabile sul sito delle Teche RAI <www.radiocorriere.teche.rai.it> (ultima consultazione 11 ottobre 2016). 11 Il contratto stipulato tra l¶E.I.A.R. e il Quartetto Stabile Napoletano per questi concerti radiofonici, datato 22 novembre 1928, reca la firma di Antonino Procida, per il Quartetto Napoletano. Ringrazio il dottore Francesco Canessa per avermi messo a disposizione questo e altri documenti, oltre ad numerosi programmi di concerto che mi hanno consentito di tracciare questo breve profilo biografico di Giuseppina Procida De Rogatis. 12 PIER PAOLO DI MARTINO, La vita musicale a Napoli nel primo dopoguerra, in Mario Pilati e la musica del Novecento cit., p. 128. 13 Sull¶argomento si veda MILA DE SANTIS, Alfredo Casella e Napoli, in Musica e Musicisti a Napoli nel primo Novecento cit., pp. 135-162. Casella fu promotore di almeno tre avvenimenti musicali svoltisi a Napoli in quegli anni, tra l¶indignazione e il clamore del pubblico e della critica locale: la citata esecuzione del Pierrot Lunaire di Schönberg diretta dall¶autore nel marzo del 1924, il concerto inaugurale della stagione 1925/26, della Corporazione delle Nuove Musiche diretto da Herman Scherchen che presentò per la prima volta Pulcinella di Stravinsky e Kammermusik di Hindemith e, infine, la tappa napoletana della tournée di Noces di Stravinsky dirette da Casella nell¶aprile del 1927. Altro avvenimento straordinario per la Napoli di quegli anni fu il concerto pianistico di Béla Bartók alla Sala degli Artisti in Via Crispi nel 1925.
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Nel 1927 egli iniziò una collaborazione con lœAssociazione Alessandro Scarlatti, la piÚ fortunata e longeva delle associazioni concertistiche napoletane del Novecento, fondata da Emilia Gubitosi nel 1919. Indirizzata inizialmente alla riscoperta e alla valorizzazione della musica antica e, in particolare, alla polifonia vocale rinascimentale e barocca, quasi del tutto sconosciuta a Napoli fino a quel momento, lœAssociazione Scarlatti aveva mutato i suoi interessi sul finire degli anni Venti, indirizzandoli soprattutto verso la musica italiana contemporanea, e aveva trovato in Alfredo Casella un interlocutore privilegiato. Scopritore e sostenitore di talenti nel campo della composizione, egli fu il principale ispiratore della coraggiosa programmazione concertistica proposta dallœAssociazione Scarlatti in quegli anni. Non solo musicisti come Respighi, Pizzetti, Malipiero, Alfano (¾Generazione dellœ80œ), ma anche i piÚ giovani Dallapiccola, Castelnuovo Tedesco, Petrassi, e uno stuolo di autori napoletani quali Mario Pilati, Guido Pannain, Carlo Iachino, Achille Longo, Renato Parodi, Mario Persico, Iacopo Napoli, trovarono stabile ospitalità nei concerti tenuti dalla Scarlatti nella nuova grande sala da Concerto del Conservatorio inaugurata nel 1925. Come scrive Pierpaolo Di Martino, nella musica dei compositori italiani di quegli anni agivano con evidenza differenti declinazione dHO ³ULWRUQR DOOœDQWLFR´ SHUIHWWDPHQWH in linea con il recupero della musica pre-FODVVLFD , OHJDPL FKH L GLULJHQWL GHOOD ³6FDrODWWL´ GL TXHO WHPSR VWULQVHUR FRQ L UDSSUHVHQWDQWL GHOOD ³*HQHUD]LRQH GHOOœ2WWDQWD´ spinsero lœAssociazione a coniugare fervore modernista e culto specialistico della musica antica14 e le assicurarono da un lato lœocchio benevolo di Mussolini, che nel 1927 concesse allœAssociazione il suo patrocinio, e dallœaltro il favore della critica, lieta di poter finalmente lodare le doti di italianità dei nostri musicisti in ossequio a un diffuso sentimento nazionalistico imposto dal regime. Fu in quegli anni che la Scarlatti cominciò a legare il suo nome e la sua identità alla musica cameristica. Ai concerti ¾mistiœ degli anni tra le due guerre, in cui organici cameristici differenti si alternavano a momenti solistici allœinterno dello stesso evento, successero i concerti ¾monograficiœ, i ¾cicli tematiciœ e le esecuzioni integrali che ancora oggi caratterizzano il repertorio di questa Associazione. La presenza di Giuseppina Procida De Rogatis nei programmi della Scarlatti sia in veste di solista che come leader di formazioni cameristiche, fu continua tra il 1921 e il 1956.15 Le sue riconosciute straordinarie doti musicali le procurarono lœammirazione del pubblico, della stampa e degli stessi compositori che le dedicarono molte opere da lei eseguite in prima esecuzione, testimoniandole sempre grandissima stima. Lœintensa attività concertistica svolta in tutta Italia dalla violinista e dal Quartetto Napoletano negli anni a cavallo tra le due guerre, va certamente ricondotta anche allœaccondiscendente adesione alle politiche culturali del fascismo che questi musicisti, come la maggior parte degli artisti del tempo, accolsero con favore, inorgogliti piÚ dallœinconsueta attenzione a essi rivolti dalla classe politica del Paese, che dalla capacità di riconoscere le reali finalità di controllo e condizionamento degli artisti e 14
PIER PAOLO DI MARTINO, La Scarlatti e il repertorio cameristico, LQ ³$SSXQWL GL YLDJJLR´ FLW SS -81. Cfr. Associazione Alessandro Scarlatti, Archivio storico, Stagioni 1919-2008, CD Rom pubblicato in allegato al volume Appunti di viaggio cit. 15
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degli intellettuali che il regime cercava di imporre. «Ciò che importa è agire. Il fascismo è azione. Cianciare è una calamità di altri tempi. Ora occorre agire e progredire. E soprattutto essere uniti» scrisse Il Mattino il 26 luglio 1929, nel presentare la Prima Mostra del Sindacato dei Musicisti Napoletani, inaugurata alla presenza di S.A.R. la Duchessa di Aosta e di alcuni dei musicisti più rappresentativi di quegli anni. Nell¶ambito di questa manifestazione il sodalizio eseguì il Quintetto per piano e archi di Terenzio Gargiulo, ma già due anni prima esso aveva avuto l¶occasione di distinguersi agli occhi degli apparati del partito fascista esibendosi a Roma, in casa del Duce, il 26 marzo 1927, per l¶anteprima della prima esecuzione del Secondo Quartetto in Do di Franco Alfano, come riportato dal critico Alberto Gasco sul giornale La Tribuna del 29 marzo 1927: Il nuovo Quartetto dell¶Alfano richiede un¶esecuzione non soltanto esatta, ma colorita con sfarzo. Gli interpreti debbono essere sicuri di sé e pieni di slancio giovanile. Orbene, il musicista, affidando il suo lavoro al «Quartetto Napoletano» ± composto da Giuseppina Procida De Rogatis, Rosario Finizio, Salvatore Scarano e Sergio Viterbini ± ha mostrato di aver agito con sottile accorgimento. Non è a dire con quanta coscienza e con quanta abilità questi artisti abbiano assolto il loro compito. La signora Procida-De Rogatis, che nelle vene ha il fuoco del Vesuvio, si è rivelata un¶animatrice gagliarda, oltre che una violinista di prim¶ordine. Il Duce ha bene valutato i pregi dell¶esecuzione e perciò è stato generoso di espressioni di elogio verso i quattro eminenti artisti partenopei, ai quali, con la sua consueta affabilità, ha augurato molte vittorie artistiche rapide e significative.16
Anche la partecipazione di Giuseppina Procida De Rogatis alle prime edizioni del Festival Internazionale di Musica Contemporanea di Venezia, diretto da Adriano Lualdi, nel 1930 e 1932, testimonia definitivamente l¶appartenenza della violinista partenopea al gotha dei musicisti più conosciuti del tempo; in quell¶occasione l¶artista fu proclamata interprete specialista del repertorio musicale contemporaneo: Giuseppina De Rogatis si è decisamente orientata verso le musiche moderne e di ciò non sapremo abbastanza lodarla, in quanto i violinisti, più o meno bravi, che si limitano ad esibirsi come interpreti di musiche del sette e dell¶ottocento ± da Veracini a Pugnani sino a Max Bruch e Sarasate ± sono numerosi come le zanzare dell¶Agro Romano. Un po¶ di rinnovamento nel repertorio violinistico s¶impone.17
La sua versatilità e il suo interesse per tutta la musica cameristica, senza limitazioni geografiche, stilistiche o cronologiche, la portò a tenere memorabili esecuzioni, come quella della versione per quintetto con pianoforte de La création du monde di Darius Milhaud o quella del Duo per violino e violoncello di Kodaly, che procurò alla violinista alcuni dei più entusiastici riscontri della critica:
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Alcuni fra i maggiori giudizi formulati dalla critica sul Trio, Quartetto e Quintetto Napoletano, Napoli, Industria Tipografica artistica, s.d. [circa 1932], p.2. Ringrazio il dottore Francesco Canessa anche per avermi fornito copia di questo raro opuscolo. 17 Ivi, pp. 14-15.
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/D VLJQRUD *LXVHSSLQD 3URFLGD 'H 5RJDWLV« HVHJXu LQ FROODERUD]LRQH FRO YLRORQFHOOLVWD Giuseppe Martorana, il «Duo» di Kodaly, compositore moderno ungherese non più tanto giovane, ma appunto per questo già lontano dal tempo e dalle mode: musicista autentico e puro. La signora Procida De Rogatis interpretò questa musica nervosa e profondamente agitata e melodiosa, dove gli abbandoni si succedono agli strappi, le vie piane e andanti ai passaggi pericolosi, con un senso del ritmo staremmo per dire rabbioso e un calore meridionale. Ella non si dà al violino, ma lo domina e lo redarguisce, e il suo braccio nudo, nell¶uso di quell¶arma leggerissima e mortale che è l¶arco, si rivela poderoso e muscoloso come il braccio d¶un guerriero. La sua maniera di suonare è maschia e teatrale.18
Anche nell¶esecuzione del Pulcinella di Stravinsky, che la violinista coraggiosamente ebbe a lungo in repertorio nella riduzione per violino e pianoforte con il pianista Paolo Denza, la De Rogatis riuscì sempre a far emergere le sue doti d¶interprete («Il Pulcinella di Strawinski-Pergolesi ha valso a mettere in luce tutte le grandi qualità di questa giovane violinista»), nonostante la composizione ancora faticasse, nel 1931, a trovare il favore del pubblico italiano e della stampa: Se [la De Rogatis] avesse lasciato al suo posto quell¶ibrido e insolentemente capriccioso Pulcinella che vuol essere una caricatura musicale e non è altro che la deformazione sistematica di alcune incantevoli pagine del povero Pergolesi, avrebbe compiuto opera di prudenza. Non intendiamo riparlare di questo Pulcinella, che a noi sembra di gusto pessimo, in quanto ci obbliga a fare di continuo (e senza alFXQD YRJOLD VDOWL« GL GXH VHFoli, per il fatto che il settecento e il novecento si trovano in esso male alternati e peggio mescolati.19
All¶attività concertistica in formazioni cameristiche, la De Rogatis non mancò di alternare l¶attività di solista con orchestra, che la vide interprete di alcune significative pagine del Novecento italiano, come il Concerto n. 1 per violino e orchestra di Mario Castelnuovo Tedesco (1924), il Concerto romantico di Riccardo Zandonai (1928), la Sonata Drammatica per violino e orchestra di Carlo Iachino (1931), il Concerto per violino e orchestra di Achille Longo (1937), e anche di molte opere di repertorio. Nel provare a tratteggiare la figura di quest¶ artista, infine, non si può non ricordare il suo legame con l¶orchestra del Teatro San Carlo. Nel suo ruolo di primo violino solista, la sua immagine è ancora vivida nel ricordo dei napoletani più anziani che, soprattutto a partire dalla fine del µ43, affollarono la Sala del Massimo teatro cittadino, affamati di musica dopo gli anni bui del conflitto bellico e la completa chiusura del teatro nella stagione 1942/43. In quei tempi, anche per soddisfare le richieste delle truppe alleate di stanza in città, gli spettacoli si susseguivano numerosissimi, anche due diversi al giorno, e il sovrintendente, Pasquale Di Costanzo, dovette contare sui migliori strumentisti, cantanti, direttori presenti a Napoli, date le difficoltà di comunicazione con le altre città. Gli spettacoli erano allestiti con semplicità, ma non a discapito della qualità, e la compagine orchestrale, composta da musicisti di primo li18 19
Ivi, p. 13. Ivi, p. 15.
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vello, poté contare sulla guida esperta e sicura di un primo violino d¶eccezione come Giuseppina Procida De Rogatis.20
Figura 1: Giuseppina Procida De Rogatis (fotografia del 1925 circa).
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BRUNO CAGNOLI, Pasquale Di Costanzo, una vita per il San Carlo, Napoli, Fausto Fiorentino, 1992, pp. 27-62.
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CATALOGO DEI MANOSCRITTI DELLA DONAZIONE µPROCIDA¶
1. Longo, Achille (1900-1954) >3UHOXGL YLROLQR H SLDQRIRUWH PL PDJJLRUH@ 3UHOXGLR SHU 9LROLQR H 3LDQRIRUWH $XWRJUDIR SDUWLWXUD FF FF - YXRWH [ PP &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV LQY /RQJR $FKLOOH -
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3. Napoli, Jacopo (1911-1994) >0RWR SHUSHWXR YLROLQR H SLDQRIRUWH UH PLQRUH@ -DFRSR 1DSROL 0RWR SHUSHWXR SHU 9LROLQR H 3LDQRIRUWH $XWRJUDIR SDUWLWXUD SDUWH FF FF F GHOOD SDUWLWXUD YXRWD [ - PP 6XOOD SDUWLWXUD H VXOOD SDUWH WLPEUR WRQGR URVVR ³*UXSSR 8QLYHUVLWDULR % 0XVVROLQL 1DSROL´ &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-E LQY YO H SI $OO R PROWR YLYDFH UH PLQRUH
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4. Persico, Mario (1892-1977) >&RQWHPSOD]LRQH YLROLQR H SLDQRIRUWH UH PLQRUH@ 0DULR 3HUVLFR &RQWHPSOD]LRQH SHU 9LROLQR H SLDQRIRUWH $XWRJUDIR 5DYHOOR VHWWHPEUH SDUWLWXUD SDUWH FF FF - [ PP 6XO IURQWHVSL]LR DOOD 3 VVD GL 0DUVLFRQRYR &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-E LQY YO H SI &DOPR FRQWHPSODWLYR UH PLQRUH
5. Profeta, Rubino (1910-1985) >&DSULFFL YLROLQR H SLDQRIRUWH UH GRULFR@ &DSULFFLR SHU 9LROLQR H 3LDQRIRUWH 5 3URIHWD
&RSLD PDQRVFULWWD FDOOLJUDILFD FLUFD SDUWLWXUD SDUWH FF FF [ PP 6XOOD SDUWH GL YLROLQR GHGLFD DXWRJUDID GHOO¶DXWRUH $OO¶HOHWWD DUWLVWD *LXVHSSLQD GH 5RJDWLV-3URFLGD &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-E LQY YO H SI YLYR UH GRULFR
6. Profeta, Rubino (1910-1985) >(OHJLD YLROLQR H SLDQRIRUWH VL PDJJLRUH@ 5XELQR 3URIHWD (OHJLD SHU 9LROLQR H 3LDQRIRUWH &RSLD PDQRVFULWWD FDOOLJUDILFD SDUWLWXUD SDUWH FF FF [ PP 6XO IURQWHVSL]LR GHGLFD DXWRJUDID GHOO¶DXWRUH $OO¶HVLPLD YLROLQLVWD *LXVHSSLQD 'H 5RJDWLV - 3URFLGD FKH GL VROH TXDWWUR QRWH VD IDUQH XQD SRHVLD 5XELQR 3URIHWD /XJOLR GHO µ &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-E LQY YO H SI /HQWDPHQWH VL PDJJLRUH
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7. Tebaldini, Giovanni (1864-1952) >$YH 0DULD 9RFH H RUJDQR@ $YH 0DULD 2IIHUWRULR SHU XQD YRFH FRQ DFFRPS '¶RUJDQR 0HORGLD JUHJRULDQD GDOO¶HGL]LRQH PHGLFHR UDWLVERQHQVH QHOOD 7UDVFUL]LRQH ULWPLFD HG DUPRQL]]D]LRQH GL *LRYDQQL 7HEDOGLQL $XWRJUDIR 1DSROL VHWWHPEUH SDUWLWXUD FF [ PP 6XO IURQWHVSL]LR GHGLFD DXWRJUDID GHOO¶DXWRUH $OO¶,OOXVWUH 6LJ U 'U 7RQ\ 3URFLGD SHU ULFRUGR RIIUH *LR 7HEDOGLQL 1DSROL 9, ± ± ,Q EDVVR DO IURQWHVSL]LR FHQQR GL PHORGLD JUHJRULDQD $ F Y VHL YHUVL GDO FDQWR ;;;,, GHO 3DUDGLVR GDQWHVFR $ F U GL PDQR GHOO¶DXWRUH 1 % /H SULPH EDWWXWH GL TXHVWD ³$YH 0DULD´ VRQR DSSDUVH QHO )DVF ,, ± GHOOD 5LYLVWD 0XVLFDOH ,WDOLDQD QHO FRQWHVWR GHOOR VWXGLR VX /¶HOHPHQWR OLULFR QHOOD PXVLFD VDFUD ILUPDWR GD * 7HEDOGLQL SRVFLD O¶LQWHUD ³$YH 0DULD´ QHOOD SUHVHQWH YHUVLRQH q VWDWD FRPSUHVD QHOOD 7ULORJLD 'DQWHVFD HVHJXLWD QHO VHWWHPEUH D 6DQW¶$SROOLQDUH GL 5DYHQQD QHOO¶DSULOH D 6DQW¶$QJHOR LQ 0LODQR QHOO¶DSULOH D 6DQ *LDFRPR 0DJJLRUH GL %RORJQD H QHO PDJJLR GHO D FXUD GHOO¶$VVRFLD]LRQH ³$ 6FDUODWWL´ DO &DUPLQH 0DJJLRUH GL 1DSROL &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV LQY & H RUJ /HQWR
8. Martucci, Giuseppe (1856-1909) >*LJKH SLDQRIRUWH 2S Q ID PDJJLRUH 7UDVFUL]LRQH SHU YLROLQR H SLDQRIRUWH@ * 0DUWXFFL *LJD RS Q 7UDVFUL]LRQH SHU 9LROLQR H 3LDQRIRUWH GL 6DOYDWRUH 4XDUDQWD $XWRJUDIR GHO WUDVFULWWRUH SULPD PHWj GHO ;; VHF SDUWLWXUD SDUWH FF FF - [ - PP &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-E LQY YO H SI 9LYDFH ID PDJJLRUH
203
LA DONAZIONE µPROCIDA¶ DELLA BIBLIOTECA DEL CONSERVATORIO DI AVELLINO
9. Amodei, Roberto (XIX-XX sec.) >/D 3UHJKLHUD GL 'DQWH 9RFH DUFKL RUJDQR DUPRQLR GR PLQRUH 5LGX]LRQH SHU RUJDQR DUPRQLR@ /D 3UHJKLHUD GL 'DQWH D 0DULD 3DUDGLVR &DQWR ;;;,,, PXVLFDWD GDO 3URI 5REHUWR $PRGHL VXO ,,, SLFFROR SUHOXGLR SRXU OH /HXWK GL * 6 %DFK SHU VRSUDQR R WHQRUH 5LGX]LRQH SHU RUJDQR RG DUPRQLR GDOOD SDUWLWXUD SHU VROL LVWUXPHQWL DG DUFR HG RUJDQR RG DUPRQLR 1DSROL RWWREUH $XWRJUDIR 1DSROL RWWREUH SDUWLWXUD FF F YXRWD [ PP 6XO IURQWHVSL]LR GHGLFD GHOO¶DXWRUH $L YDORURVL JLRYDQHWWL *LXOLD PLD DOOLHYD H VXR JHUPDQR 7LWR DIIHWWXRVDPHQWH 5REHUWR $PRGHL - - &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV LQY RUJ $QGDQWH PRVVR GR PLQRUH
10. Kreisler, Fritz (1875-1962) [Sicilienne et Rigaudon ³dans le style de )UDQoRLV )UDQF°XU´, violino e pianoforte, si minore] )UDQoRLV )UDQFRHXU .UHLVOHU 6LFLOLHQQH HW 5LJDXGRQ 9LRORQ HW SLDQR * GH 5RJDWLV &RSLD PDQRVFULWWD SULPD PHWj GHO ;; VHF SDUWLWXUD FF FF - YXRWH [ PP 6XO IURQWHVSL]LR Â&#x192; 6FDIIDOH 1 &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV LQY YO H SI WHPSR GL DOOHJUHWWR VL PLQRUH
11. Apreda, Adolfo Luigi (1906-1974) >7UH SH]]L GL VWLOH QDSROHWDQR YLROLQR H SLDQRIRUWH@ $GROIR / $SUHGD 7UH 3H]]L GL VWLOH QDSROHWDQR SHU YLROLQR H SLDQRIRUWH 6HUHQDWD &DQWR DPRURVR &DQ]RQH D GLVSHWWR &RSLD PDQRVFULWWD 6RUUHQWR OXJOLR SDUWLWXUD SDUWH FF - [ - PP 6WHVVD PDQR GHO PDQRVFULWWR VHJXHQWH 6HUHQDWD $OOHJUHWWR VL PLQRUH &DQWR DPRURVR &DQWDELOH VRO PLQRUH &DQ]RQH D GLVSHWWR /DUJR UH PDJJLRUH &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D±E LQY
204
TIZIANA GRANDE
12. Apreda, Adolfo Luigi (1906-1974) >7UH SH]]L GL VWLOH QDSROHWDQR YLROLQR H SLDQRIRUWH@ $GROIR / $SUHGD 7UH 3H]]L GL VWLOH QDSROHWDQR SHU YLROLQR H SLDQRIRUWH 6HUHQDWD &DQWR DPRURVR &DQ]RQH D GLVSHWWR &RSLD PDQRVFULWWD >6RUUHQWR@ OXJOLR-GLFHPEUH SDUWLWXUD SDUWH FF [ PP 6WHVVD PDQR GHO PDQRVFULWWR SUHFHGHQWH 6HUHQDWD YO H SI $OOHJUHWWR VL PLQRUH &DQWR DPRURVR YO H SI &DQWDELOH VRO PLQRUH &DQ]RQH D GLVSHWWR YO H SI /DUJR UH PDJJLRUH &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-E LQY 6HUHQDWD YO H SI $OOHJUHWWR VL PLQRUH
13. Ferrannini, Antonio (19/20 sec.) 6RQDWLQD SHU YLROLQR H SLDQRIRUWH $QWRQLR )HUUDQQLQL &RSLD PDQRVFULWWD SULPD PHWj GHO ;; VHF SDUWLWXUD SDUWH FF [ PP &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-E LQY YO H SI $OOHJUR
14. D¶Ambrosio, Alfred (1871-1914) >6RQQHW $OOqJUH YLROLQR H SLDQRIRUWH UH PDJJLRUH RS Q @ 6RQQHW $OOqJUH $ '¶$PEURVLR 2S Q &RSLD PDQRVFULWWD SULPD PHWj GHO ;; VHF SDUWLWXUD FF F YXRWD [ PP &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV LQY YO H SI $OOHJUR UH PDJJLRUH
205
LA DONAZIONE µPROCIDA¶ DELLA BIBLIOTECA DEL CONSERVATORIO DI AVELLINO
15. Respighi, Ottorino (1879-1936) >$QWLFKH DULH H GDQ]H SHU OLXWR 7HU]D 6XLWH RUFKHVWUD G¶DUFKL GR PLQRUH@ 2WWRULQR 5HVSLJKL $QWLFKH GDQ]H HG DULH SHU OLXWR ,,, 6XLWH &RSLD PDQRVFULWWD SULPD PHWj GHO ;; VHF SDUWL YO YO YOD YOF FF FLDVFXQD [ PP 0DQFD OD SDUWH GHO FRQWUDEEDVVR &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-G LQY YO $QGDQWLQR GR PLQRUH
6LQLJDJOLD /HRQH -
>.RQ]HUW-(WXGH YLROLQL YLROD YLRORQFHOOR RS UH PDJJLRUH@ 6LQLJDJOLD RS .RQ]HUW-(WXGH &RSLD PDQRVFULWWD SULPD PHWj GHO ;; VHF SDUWL YO YO YOD YOF FF FLDVFXQD [ PP &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-G LQY YO $OOHJUR UH PDJJLRUH
'RQL]HWWL *DHWDQR -
>4XDUWHWWL YLROLQL YLROD YLRORQFHOOR Q PL PLQRUH@ 4XDUWHWWR ,Q 0L PLQRUH SHU GXH YLROLQL YLROD YLRORQFHOOR GL * 'RQL]HWWL &RSLD PDQRVFULWWD SULPD PHWj GHO ;; VHF SDUWL FF [ PP &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-G LQY YO $OOHJUR PL PLQRUH
206
TIZIANA GRANDE
'RQL]HWWL *DHWDQR -
>4XDUWHWWL YLROLQL YLROD YLRORQFHOOR Q PL PLQRUH@ 4XDUWHWWR LQ 0L PLQ GL *DHWDQR 'RQL]HWWL - SHU GXH YLRO YLROD YLRORQFHOOR &RSLD PDQRVFULWWD SULPD PHWj GHO ;; VHF SDUWLWXUD FF FF - YXRWH SDJLQD]LRQH RULJLQDOH SS - [ PP &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV LQY YO $OOHJUR PL PLQRUH
/DOR eGRXDUG-9LFWRU-$QWRQLH -
>&RQFHUWR UXVVH YLROLQR H RUFKHVWUD RS /HQWR UH PDJJLRUH 7UDVFUL]LRQH SHU YLROLQR H SLDQRIRUWH@ &KDQWV 5XVVHV /HQWR DXV GHP NRQ]HUW RS ( /DOR &RSLD PDQRVFULWWD SULPD PHWj GHO ;; VHF SDUWLWXUD FF F YXRWD [ PP &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV LQY YO H SI UH PDJJLRUH
/LV]W )UDQ] -
>5DSVRGLD XQJKHUHVH SLDQRIRUWH Q GR PLQRUH 7UDVFUL]LRQH IDFLOLWDWD SHU SLDQRIRUWH LQ GR PLQRUH@ 5KDSVRGLH KRQJURLVH SRXU OH 3LDQR )RUWH SDU ) /LV]W &RSLD PDQRVFULWWD ILQH GHO ;,; VHF FF [ PP &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV LQY SI /HQWR D FDSULFFLR GR PLQRUH
207
LA DONAZIONE µPROCIDA¶ DELLA BIBLIOTECA DEL CONSERVATORIO DI AVELLINO
&RUYHWWR 9 VHF
>%HUFHXVH SHU YLROLQR H SLDQRIRUWH PL PLQRUH@ %HUFHXVH 9 & 6FKXEHQ $XWRJUDIR D SHQQD H D PDWLWD SULPD PHWj GHO ;; VHF SDUWLWXUD FF 3DUWH [ PP 6XOOD FRSHUWLQD H VXOOD SDUWH GL YLROLQR 9 & 6FKXEHQ %HUFHXVH 9 &RUYHWWR 6WHVVD FRPSRVL]LRQH GHO PDQRVFULWWR VHJXHQWH &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-E LQY &RUYHWWR 9 VHF
>%HUFHXVH YLROLQR H SLDQRIRUWH PL PLQRUH@ 9 & 6FKXEHQ %HUFHXVH SHU YLROLQR H SLDQR-IRUWH $XWRJUDIR QRYHPEUH SDUWLWXUD FF 3DUWH [ PP 6XOOD FRSHUWLQD 9 & 6FKXEHQ 9 &RUYHWWR %HUFHXVH 6WHVVD FRPSRVL]LRQH GHO PDQRVFULWWR SUHFHGHQWH &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-E LQY YO H SI $QGDQWH PL PLQRUH
&RUYHWWR 9 VHF
>$YH 0DULD 6RSUDQR TXLQWHWWR G¶DUFKL DUPRQLXP SLDQRIRUWH@ 9 &RUYHWWR 0HGLWD]LRQH $YH 0DULD FDQWR TXLQWHWWR H KDUPRQLXP $XWRJUDIR SULPD PHWj GHO ;; VHF SDUWLWXUD FF SDUWL GL YLROLQR H YLRORQFHOOR [ PP &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-F LQY SI $QGDQWH DSSDVVLRQDWR
& $QGDQWH DSSDVVLRQDWR
208
TIZIANA GRANDE
&RUYHWWR 9 VHF
>6RQDWH YLROLQL H SLDQRIRUWH VRO PDJJLRUH@ 9 &RUYHWWR 6XRQDWD SHU GXH YLROLQL H SLDQRIRUWH $XWRJUDIR IHEEUDLR SDUWLWXUD SS SDUWL S FLDVFXQD [ PP /D SDJLQD]LRQH q RULJLQDOH /D VRQDWD q LQ WUH PRYLPHQWL DYHQWL SHU WLWROR /D FDPSDJQD /D FKLHVD /D FLWWj &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-F LQY YO YO H SI
&RUYHWWR 9 VHF
>6RQDWH YLROLQR H SLDQRIRUWH 1 VRO PLQRUH@ 9 &RUYHWWR 9, 6XRQDWD LQ VRO PLQRUH SHU 9LROLQR H 3LDQRIRUWH $XWRJUDIR QRYHPEUH GLFHPEUH SDUWLWXUD SS SDUWH LQ WUH IDVFLFROL VFLROWL [ PP /D SDJLQD]LRQH q RULJLQDOH , IDVFLFROL GHOOD SDUWH GL YLROLQR VRQR UDFFROWL LQ XQD FDUWHOOLQD UHFDQWH LO WLWROR 9 & 6FKXEHQ 9 &RUYHWWR 6XRQDWD LQ 6RO PLQRUH SHU 9LROLQR H 3LDQRIRUWH &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-E LQY YO H SI $QGDQWH PRGHUDWR VRO PLQRUH
209
LA DONAZIONE µPROCIDA¶ DELLA BIBLIOTECA DEL CONSERVATORIO DI AVELLINO
&RUYHWWR 9 VHF
>6RQDWH YLROLQR H SLDQRIRUWH 1 UH PLQRUH@ 9 &RUYHWWR 9,,D 6XRQDWD SHU 9LROLQR H 3LDQRIRUWH $XWRJUDIR IHEEUDLR SDUWLWXUD SS SDUWL - [ - PP /D SDJLQD]LRQH q RULJLQDOH ,O PDQRVFULWWR SUHVHQWD GXH SDUWL GL YLROLQR GL IRUPDWR GLYHUVR PD GL LGHQWLFD PDQR &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-F LQY YO H SI $QGDQWLQR TXDVL DOOHJUHWWR UH PLQRUH
&RUYHWWR 9 VHF
>6RQDWH YLROLQR H SLDQRIRUWH 1 VRO PLQRUH@ 9 & 6FKXEHQ 9 &RUYHWWR 9,,,D 6XRQDWD VRO PLQRUH SHU 9LROLQR H 3LDQRIRUWH $XWRJUDIR DJRVWR SDUWLWXUD SS 3DUWH - [ - PP /D SDJLQD]LRQH q RULJLQDOH &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-E LQY YO H SI $OOHJUR PRGHUDWR VRO PLQRUH
210
TIZIANA GRANDE
&RUYHWWR 9 VHF
>6RQDWH YLROLQR H SLDQRIRUWH 1 PL PDJJLRUH@ ,; VXRQDWD SHU 9LROLQR H 3LDQRIRUWH 9 &RUYHWWR $XWRJUDIR VHWWHPEUH SDUWLWXUD SS SDUWH - [ - PP /D SDJLQD]LRQH q RULJLQDOH /D FRSHUWLQD GHOOD SDUWH GL YLROLQR UHFD LO WLWROR 9 & 6FKXEHQ ,;D 6XRQDWD SHU 9LROLQR H 3LDQRIRUWH 9 &RUYHWWR &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-E LQY YO H SI $QGDQWH FRQ PRWR PD VRVWHQXWR PL PDJJLRUH
&RUYHWWR 9 VHF
>&RQFHUWL YLROLQR H SLDQRIRUWH PL EHPROOH PDJJLRUH@ 9 & 6FKXEHQ &RQFHUWR LQ PL EHPROOH PDJJLRUH SHU YLROLQR H 3LDQRIRUWH 9 &RUYHWWR $XWRJUDIR PDJJLR ± DJRVWR SDUWLWXUD FF F H YXRWD SDUWL GL YLROLQR FF - [ - PP 3DUWLWXUD FRQ SDJLQD]LRQH RULJLQDOH QRQ FRQWLQXD &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-F LQY YO H SI $QGDQWH PL EHPROOH PDJJLRUH
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LA DONAZIONE µPROCIDA¶ DELLA BIBLIOTECA DEL CONSERVATORIO DI AVELLINO
&RUYHWWR 9 VHF
>6LQIRQLH YLROLQR H SLDQRIRUWH VRO PLQRUH@ 9 &RUYHWWR 6LQIRQLD YLROLQR H SLDQRIRUWH
$XWRJUDIR OXJOLR ± OXJOLR SDUWLWXUD FF SDUWH F [ PP &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-E LQY YO H SI $QGDQWH VRO PLQRUH
%HHWKRYHQ /XGZLJ YDQ -
>5RPDQ]H YLROLQR H RUFKHVWUD Q RS ID PDJJLRUH@ 9LROLQR SULQFLSDOH %HHWKRYHQ 5RPDQ]D &RSLD PDQRVFULWWD SULPD PHWj GHO ;; VHFROR SDUWL IO RE RE IDJ IDJ FRU FRU YO-SULQFLSDOH YO YO YOD YOF FE [ PP &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-EE LQY YO-SULQFLSDOH $GDJLR FDQWDELOH ID PDJJLRUH
%HHWKRYHQ /XGZLJ YDQ -
>0LVVD 6ROHPQLV RS %HQHGLFWXV 5LGX]LRQH SHU YLROLQR H SLDQRIRUWH@ %HQHGLFWXV GDOOD 0HVVD 6ROHQQH GL %HHWKRYHQ
&RSLD PDQRVFULWWD SULPD PHWj GHO ;; VHFROR SDUWH FRQ JXLGD SDUWH GL YLROLQR [ PP &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV D-E VHQ]D QXPHUR G¶LQYHQWDULR YO H SI $QG WH PROWR FDQWDELOH QRQ WURSSR PRVVR VRO PDJJLRUH
212
TIZIANA GRANDE
3HUJROHVL *LRYDQQL %DWWLVWD -
>&RQFHUWL YLROLQR H RUFKHVWUD VL EHPROOH PDJJLRUH 5LGX]LRQH SHU YLROLQR H SLDQRIRUWH@ * % 3HUJROHVL &RQFHUWR SHU YLROLQR /LEHUDPHQWH WUDVFULWWR GD *XLGR /DFFHWWL $EER]]R $XWRJUDIR D PDWLWD GHO WUDVFULWWRUH FLUFD SDUWLWXUD SS [ PP &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV LQY YO H SI $OO R VL EHPROOH PDJJLRUH
/DFFHWWL *XLGR -
>&DGHQ]H YLROLQR@ *XLGR /DFFHWWL &DGHQ]D SHO &RQFHUWR GL 3HUJROHVL
$XWRJUDIR FLUFD FF [ PP &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV VHQ]D QXPHUR G¶LQYHQWDULR YO-VROR
6LEHOLXV -HDQ -
>%HOVKD]]DU¶V )HDVW RS 1 1RFWXUQH 7UDVFUL]LRQH SHU YLROLQR H SLDQRIRUWH@ 1RFWXUQH -HDQ 6LEHOLXV RS Q &RSLD PDQRVFULWWD SULPD PHWj GHO ;; VHFROR SDUWLWXUD FF F YXRWD [ PP &ROORFD]LRQH 'RQR 3URFLGD PV LQY YO H SI $QGDQWLQR /D PDJJLRUH
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LA DONAZIONE µPROCIDA¶ DELLA BIBLIOTECA DEL CONSERVATORIO DI AVELLINO
Figura 2: Il Trio Napoletano: Giuseppina Procida De Rogatis, Sergio Viterbini, Paolo Denza (fotografia del 1925 circa).
Figura 3: L¶orchestra del Teatro San Carlo. Direttore Franco Patanè, primo violino Giuseppina Procida De Rogatis (fotografia del 1944 circa).
214
INTERVENTI
_____________________________________________________________________________
Gianvincenzo Cresta INVENTARE LœOPPOSTO: LUIGI NONO IN IRPINIA Luigi Nono ha visitato piÚ volte la città di Avellino e la provincia, precisamente negli anni tra il 1975 e il 1978. Le ragioni di quelle visite sono molteplici: la politica dellœallora Partito Comunista Italiano che aveva tra i suoi obiettivi la crescita dei territori piÚ depressi attraverso lœorganizzazione di eventi culturali, la presenza in città di un bel nucleo di intellettuali ¹ aderenti alla sezione Arci di Avellino ¹ su tutti lœindimenticato Gaetano Vardaro infine, lœinteresse personale di Nono per i sud del mondo e per le periferie. Importante, simbolicamente e concretamente fu il sostegno logistico del Conservatorio di musica ³'RPHQLFR &LPDURVD´ fondato proprio agli inizi degli anni ¾70, per la concessione degli spazi e condivisione della progettualità . La città ¹ già allora sofferente per una politica clientelare condotta scientificamente ed esasperante per chi lœha subita ¹ seppur povera finanziariamente era viva e con una grande voglia di confronto. Si desiderava uscire dallœisolamento come per sovvertire la geografia e portare, almeno metaforicamente, la città piÚ a Nord, dentro le questioni nazionali. Dunque, se gli incontri noniani in sÊ furono per lœIrpinia una boccata di ossigeno, una sorgente di idee per cosÏ dire, è anche vero che essi planavano su un terreno fertile e facevano leva sulla forte spinta a voler cambiare le cose. Dalle pagine di Rinascita, Luigi Nono scrive di Avellino come di un caso emblematico. Anche ad Avellino maturano nuove prospettive di chiaro rinnovamento politico culturale di massa. >@ allœimpegno politico per soluzioni economiche si unisce un gruppo di giovani dellœArci locale per dinamizzare la componente culturale, con varie difficoltà , teoriche e pratiche. Anzitutto il come fare. >@ alla mancanza di spazi agibili per incontri, dibattiti, confronti larghi e massivi, risponde per ora il conservatorio Cimarosa anche per lœapertura e la grande disponibilità del suo direttore, il maestro Bruno Mazzotta. La sala piÚ grande del conservatorio è aperta socialmente a riunioni e incontri. Inoltre si sono organizzati gruppi di registratori per la raccolta di canti popolari della zona, con la partecipazione di studenti e professori del conservatorio stesso.1
Dunque, Avellino e lœIrpinia sono nella mente e probabilmente nel cuore del compositore veneziano non soltanto per le sorti musicali, ma anche per le questioni generali. Dœaltronde Nono aveva fatta sua lœidea che ogni (f)atto politico è culturale e ogni (f)atto culturale è politico, per dirla con Ingeborg Bachmann. E allora, il comunicato dellœARCI UISP del 15 giugno 1978 a sostegno dei lavoratori dellœAMUCO di Avellino è a firma di Nono come di Maurizio Pollini, Claudio Abbado, Luciano Berio, Giovanna Marini e altri. Per dire di un fronte musicale coeso rispetto a certe problematiche, ma anche per ricordare che negli anni noniani ad Avel-
1
LUIGI NONO, La Scala e tutto il resto, ÂŤRinascitaÂť, 17, 23 aprile 1976, p. 23.
215
INVENTARE L¶OPPOSTO: LUIGI NONO IN IRPINIA
lino gli erano accanto altri grandi della musica italiana. L¶attività della locale Arci durò per circa un decennio con incontri e concerti di assoluto rilievo. È del 21 dicembre 1975 presso il Conservatorio ³'RPHQLFR &LPDURVD´ il primo incontro pubblico di Nono con la città di Avellino. Poi nel gennaio 1977 un fitto calendario di impegni: il 26 sempre al Conservatorio con Liliana Poli e Fausta Ciampi, il 27 in mattinata a Sant¶Angelo dei Lombardi e nel pomeriggio al Cimarosa con Diego Carpitella, infine, il 28 gennaio con Jorge Culón degli Inti Illimani. Giornate intense che si incastonavano nel fittissimo calendario della Rassegna Musica-Incontro a cura dell¶Arci. Qualche esempio degli artisti coinvolti nel cartellone del 1977: Aldo Bennici, Gabriella Barsotti e Fausto Razzi, Gian Maria Volonté, Dino Asciolla, Giovanna Marini, Giorgio Gaslini, Rocco Filippini e Bruno Canino, I Solisti di Roma, il gruppo di improvvisazione Nuova Consonanza. L¶anno prima, nel 1976, avevano partecipato alla Rassegna Roberto De Simone, Ennio Pastorino, Giacomo Manzoni, Armando Gentilucci, Paolo Pietrangeli, Salvatore Accardo, Severino Gazzelloni, Fernando Grillo, Salvatore Sciarrino e altri. Scrive Luigi Pestalozza: >«@ Nono ad Avellino, in Irpinia, nei secondi anni Settanta di Musica/Incontro, è dunque il compositore dell¶impegno ideologico che si accompagna all¶impegno linguistico. Dove impegno ideologico vuole dire intervenire come compositore nei fatti ideali e nelle contraddizioni in atto nel mondo, e quindi anche sul rapporto musicale nella società, sulla sua organizzazione; mentre impegno linguistico vuole dire ricercare con assoluto rigore, comprendendo nel ricercare musicale, gli altri. Per cui infatti Musica/Incontro in Irpinia, ad Avellino, è in relazione, al Sud, come lo è a Salerno Musica/Tempo, con la Musica/Realtà dei primi anni Settanta a Reggio Emilia. >«@ Ossia organizzare a livello stesso di enti locali e coi teatri pubblici, le scuole, i sindacati, i circoli di quartiere o di fabbrica, incontri di esecuzione e colloquio fra i musicisti e il pubblico, con il pubblico finora tenuto lontano dalla musica colta, da quella del Novecento in particolare: ovvero con un pubblico al quale si portava insieme a questa musica, quella finora separata e secondarizzata del cantautore o popular in genere, per abbattere anche in questo modo le divisioni culturali in quanto sociali, o quindi per formare anche così una coscienza critica della musica senza gerarchie.2
Circa i contenuti degli incontri pubblici di Nono non ci restano che le testimonianze di chi era presente e queste ci dicono di un Nono generoso nella comunicazione che, come Majakovskij, era convinto di non doversi portare nella tomba i segreti del mestiere. Sulla sua metodologia bisognerebbe aprire un capitolo a parte: nessuna via maestra, nessun dogmatismo, ma procedere per esperienze. Una didattica che pone domande più che dare risposte; che racconta più che spiegare e proprio per questo entra nel vivo delle questioni; un metodo che non sottovaluta ogni minima influenza che possa occorrere in un percorso di lettura; che tale resta, in ogni caso e cioè un percorso. E d¶altra parte per Nono comporre non è mettere ordine, ma svelare altre possibilità, e indagare vuol dire essenzialmente µprovocare¶ non 2
LUIGI PESTALOZZA, Nono, appunti odierni, in L¶ascolto del pensiero a cura di Gianvincenzo Cresta, Milano, Rugginenti editore, 2002, pp. 96-97.
216
GIANVINCENZO CRESTA
col fine di trarre una conclusione. In altre parole, µSilenzio-Ascolto-Possibile¶ nel senso inteso da Massimo Cacciari. Abbiamo invece ritrovato, grazie a Giuliana Freda e Mario Cesa, l¶audio di una sua conferenza su µMusica e massa popolare¶ tenuta il 15 giugno 1978 al Conservatorio Domenico Cimarosa.3 Sono anni delicati, appena successivi al Gran sole e poco prima del quartetto Fragmente VWLOOH« nei quali, piaccia o no, Nono rivede le sue posizioni e comprende la necessità di guardare oltre. Siamo nella fase del compromesso storico o della berlingueriana µalternanza democratica¶, come dir si voglia, e anche Nono coglie la necessità di un metodo di «analisi sociale che non ripeta in modo meccanico, dogmatico, astratto, formale, l¶utilizzazione del metodo marxista»4. Sul ruolo del teatro, Nono afferma: >«@ non credo che il teatro popolare sia unicamente o in parte il portavoce del popolo, concezione questa astratta e di tipo tradizionale, oppure un teatro che esponga dei fatti che sono conosciuti dal popolo e che quindi riprenda, in modo subalterno, tradizioni, momenti, segnali o formulazioni già note ± i mass-media del mondo capitalista stanno utilizzando molto bene questi mezzi ± ma, io credo, a un teatro popolare che porti maggiore conoscenza, ulteriori possibilità di analisi, di riflessione, di problematica, di questioni di elementi storici o non e che sia, soprattutto, il superamento di quella forma ideologica dettata aprioristicamente secondo una certa determinazione politico ± ideologica.5
Se c¶è un tema che lega i tre anni di visite noniane in Irpinia, questo riguarda le prospettive di sviluppo del mezzogiorno e come esso possa entrare in un dinamismo culturale e politico a partire dalle proprie tradizioni musicali. E soprattutto come la tradizione debba essere una risorsa e non una forma di conservazione che inibisce l¶atto creativo. Su Napoli, Nono denuncia le difficoltà ad agire su un territorio presuntuoso che tende a specchiarsi nella sua storia: «>«@ con Napoli e varie sue iniziative-tentativi, con un gruppo di studenti del conservatorio napoletano che tendono a uscire dalle incrostazioni dello stesso».6 Dunque, un lavoro, quello di Nono al Sud, che ha come obiettivo l¶invenzione dell¶opposto, il ribaltamento di tutto ciò che è certezza, è dato acquisito, è sicurezza. Nono considerava l¶insegnamento nei conservatori ripetitivo e tendente ad affermare quel che già si conosce mentre invece dovrebbe aspirare a µdisimparare¶, nel senso di Roland Barthes, per disfarsi proprio di quelle incrostazioni di cui s¶è detto. Per questa e altre ragioni è stato un compositore scomodo soprattutto nei luoghi accademici dove, ancora oggi, si difende non il passato, ma un modo di intenderlo e lo si tramanda cristallizzato, esattamente come è stato consegnato. Si può dire che vi è una fedeltà non alla tradizione, non alla musica, ma alla consegna stessa. Ecco, tutto ciò è l¶opposto del pensiero noniano e ad Avellino come in altri centri del sud, Nono ha provato a stimolare µaltri possibili¶. 3 LUIGI NONO, Musica e massa popolare, in L¶ascolto del pensiero cit. Registrazione effettuata il 15 giugno 1978 presso l¶Auditorium del Conservatorio di Avellino, nell¶ambito del convegno Musica e massa popolare organizzato dall¶Arci musica-incontro sezione di Avellino. 4 Ivi, p. 148. 5 Ivi, pp. 150-151. 6 NONO, La Scala e tutto il resto cit., p. 23.
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INVENTARE LÂśOPPOSTO: LUIGI NONO IN IRPINIA
Qui, in Irpinia, qualcosa è effettivamente accaduta e non solo individualmente, ma collettivamente. Ciò probabilmente per una storia (della musica) con minori incrostazioni e niente affatto ingombrante, fatta salva la rimozione di Carlo Gesualdo che nei fatti ha riguardato lœItalia intera. Vogliamo ricordare dei primi anni ¾80, la rassegna Ricerca musicale e Mezzogiorno sempre curata dallœArci e che fu la prosecuzione di Musica-Incontro. Nellœedizione del 1983 si insisteva sulle tematiche sollevate da Nono qualche anno prima e, in particolare, si discuteva dellœisolamento dei compositori del sud e della necessità di uscire da una cultura subalterna. Il punto di vista di Michelangelo Zurletti e Dino Villatico fu ben sintetizzato da Generoso Picone: >@ i compositori (ma in genere gli intellettuali) meridionali devono scrollarsi di dosso il complesso della subalternità che li auto-isola: sia come problema di circuito culturale che come scelta politica. ³6L rimane subalterni finchÊ si vuole essere WDOL´ ha ribadito Dino Villatico)7. E allora, gli anni ¾80 da questo punto di vista, furono uno scatto in avanti, perchÊ la discussione e il confronto divennero una necessità e una consuetudine che nasceva dallœinterno. Inoltre, si immaginò una via concreta per determinare occasioni di incontro tra i compositori del sud. Scrive Giuliana Freda: >@ Per riuscire a rompere il muro dellœisolamento è indispensabile la creazione di un circuito che veda protagoniste le varie associazioni esistenti per individuare insieme punti di contatto e di collaborazione. In tal modo si darebbe ai compositori meridionali unœoccasione di scambio e di dialogo, lœopportunità di incontrarsi, di discutere i risultati della loro ricerca, ricerca che molto spesso viene portata avanti in una comune quotidianità fatta di emarginazione, subalternità , e, perchÊ no, anche di provincialismo8.
Ancora, negli anni ¾90 e per dieci anni ha vissuto la Rassegna di musica contemporanea, Musica in Irpinia, sostenuta dallœEnte Provinciale per il Turismo e diretta da me e Mario Cesa ¹ compositore già attivo negli anni noniani ¹ che si ricollegava idealmente alle giornate di Musica-Incontro. Con concerti, pubblicazioni, Cd, dibattiti sulla musica dœoggi; nulla di nostalgico, nella maniera piÚ assoluta, ma coerente col metodo noniano, questo sÏ: ascoltare e analizzare per riflettere, per prendere una posi zione, illuminando le zone dœombra, ponendo in rilievo la cultura della differenza, per dire che la differenza è un valore. E dunque le musiche eccentriche e fuori dalle vie piÚ percorse. Inoltre, quellœidea di creare un circuito fu in parte realizzata: i termini del problema erano mutati, perchÊ era stato superato, almeno concettualmente, sia il problema dellœisolamento che quello della subalternità culturale. Musicisti, compositori, critici ed editori che partecipavano alla rassegna provenivano da tutta Europa e per le pubblicazioni non si volle provvedere autonomamente, ma si instaurò una collaborazione con lœeditore milanese Gianni Rugginenti e con lœetichetta discografica Stradivarius al fine di ottenere una vera distribuzione dei volumi e dei Cd pensati e maturati allœinterno della rassegna. Cioè, si voleva e ci si riuscÏ che Avellino fosse un luogo di produzioni originali e che da qui partisse una progettualità da 7 8
GENEROSO PICONE, Gli entusiasmi paralleli, ÂŤIl MattinoÂť XC/14, 3 maggio 1983. GIULIANA FREDA, Avellino, la musica moderna nel Sud, ÂŤMusica/RealtĂ Âť, 11, agosto 1983, p. 14.
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estendere in altre città italiane: si creò un circuito che vide coinvolte associazioni culturali di Milano, Torino, Lecce, Roma, Bari tanto per citarne alcune. Nell¶ambito della Rassegna, precisamente il 22 novembre 2002, fu inaugurata al Museo Irpino di Avellino la mostra Luigi Nono 1924-1990 Maestro di suoni e silenzi curata da Nuria Schoenberg Nono ed Erika Schaller e scoprimmo che uno dei pannelli era dedicato alle visite in Irpinia del maestro veneziano. All¶allestimento e all¶inaugurazione partecipò proprio Nuria che così tornò ad Avellino 24 anni dopo l¶ultima visita di suo marito. Nel frattempo, sempre nel 2002, fu pubblicato il volume L¶ascolto del pensiero come ulteriore momento di riflessione sulla musica di Nono attraverso una raccolta di scritti e con il già citato testo inedito della conferenza, Musica e massa popolare, del 1978. Tutto ciò per rinnovare la risonanza delle parole di µGigi¶ e per imprimere, nero su bianco, la sua presenza, a memoria futura. Uno dei principi dell¶estetica di Nono sta nel concetto di trasformazione. Pensiamo all¶idea di tempo come tempo della memoria e all¶azione sulle tre dimensioni, orizzontale, verticale e diagonale. Pensiamo alla trasformazione del suono e quindi ai processi di sottrazione o addizione per arrivare al µsuono puro¶. Un suono in cui il prima non coincide col dopo ed è in continuo movimento, dunque un¶azione in orizzontale, ma anche una trasformazione in verticale quando Nono agisce sulla profondità del suono. E poi l¶idea di trasformare lo spazio: la musica creata per un certo spazio ± a partire sulla riflessione sulla polifonia rinascimentale veneziana ± e l¶interazione tra lo spazio virtuale e quello reale per disegnarne uno nuovo, anch¶esso in movimento. Ecco, a ben riflettere, Nono ad Avellino negli anni µ70, tra le altre cose, ci insegnava a lasciare il concetto di tempo come flusso neutro o come scorrere indifferente di istanti, ma a pensarlo come qualcosa che ci costringe e che esige prese di posizioni e decisioni, dunque un µtempo urgente¶. In altri termini, ci invitava alla trasformazione del contesto socio-culturale, a partire dalla nostra identità ma non per divenire altro, ma per essere profondamente noi stessi. Da qui il lavoro sui canti popolari come rafforzamento identitario, appunto e, al contempo, l¶uscita dalla subalternità culturale, superando primariamente i modelli comportamentali antropologicamente sedimentati, su tutti la sottomissione a un potere politico che ricatta, facendo leva sui bisogni della gente. E però va detto che questi bisogni erano un lavoro per sopravvivere ed era ed è il punto di debolezza e fragilità del nostro sud: questa debolezza e fragilità andavano comprese e ascoltate. In tale fenditura si poggiò l¶interlocuzione della classe dirigente democristiana di quegli anni. Un approccio alla realtà che, all¶opposto dell¶assolutismo etico, ascolta con pazienza e soddisfa quel comune bisogno di protezione, dando ciò di cui si ha necessità, naturalmente non a tutti, ma soltanto a chi è disposto a giurare fedeltà elettorale. È l¶umiltà del male di cui scrive Franco Cassano.9 E infatti Nono per trovare una via di emancipazione propone un¶analisi accurata del contesto.
9
FRANCO CASSANO, L¶umiltà del male, Bari, Laterza, 2011.
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INVENTARE L¶OPPOSTO: LUIGI NONO IN IRPINIA
Dobbiamo cercare di chiarire gli elementi distruttori non solo dell¶individuo o dell¶umanità, ma della società, quindi scoprire quegli elementi che tendono a mantenere la massa grigia, generalizzata per superare questa astrazione. Che è un condizionamento, uno strumento estremamente forte e sottile che favorisce l¶operare continuativo di quelle forme di assassinio morale, umano e sociale esistenti.10
Quel che mancò, non a lui evidentemente, fu il passaggio successivo all¶analisi e si continuò a «credere che procedendo diritti davanti a sé, si salisse in aria»11. In pratica, la proposta di un modello troppo alto che, non fondandosi su una visione realistica dell¶uomo, diviene irraggiungibile e irrealizzabile. «La necessità di trovare forme di intersezione tra l¶utile e il bene, di conquistare µinteressati¶ al bene è assolutamente vitale; se per la maggioranza degli uomini salire in aria è impossibile, non è detto che molti tra essi non possano essere aiutati a salire di qualche piano»12. Il 23 novembre 1980 sarebbe arrivato il terremoto e il dopo sisma, come è noto a tutti, fu opaco per la gestione dei fondi destinati alla ricostruzione. Il Conservatorio ³'RPHQLFR &LPDURVD´ ± allora in Piazza Duomo e sede degli incontri con Luigi Nono, oggi in una funzionale e moderna struttura donata dal governo degli Stati Uniti ± è ancora attivo ed è una possibilità reale per formare nuove coscienze musicali. A proposito, il 31 maggio 2016, 38 anni dopo, Nuria Schoenberg Nono è tornata al Conservatorio ³'RPHQLFR &LPDURVD´ di Avellino per siglare un accordo di collaborazione tra il Cimarosa e l¶Archivio Luigi Nono di Venezia. Molte le persone presenti e alcune di queste lo erano anche negli incontri del 1978 e degli anni precedenti. Nuria ci ha parlato della tragedia dei migranti e alcuni di noi hanno capito perché. Altri hanno appreso per la prima volta la storia che legava Luigi Nono ad Avellino. È l¶ultima e la prima pagina di una storia scritta e da scrivere, forse nuove strade si aprono e ciò significherebbe che la risonanza di quei viaggi noniani ad Avellino è ancora viva.
10
NONO, Musica e massa popolare cit., p. 150. SIMONE WEIL, Quaderni, volume 3, a cura di Giancarlo Gaeta, Milano, Adelphi, 1988, p. 130. 12 CASSANO, L¶umiltà del male cit., p. 90. 11
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Eleonora Davide LE ATTIVITĂ&#x20AC; DEL CONSERVATORIO Âł'OMENICO CIMAROSA´ NEL 2015 Rassegne musicali e non solo 'RSR DQQL GL RPDJJL DOOD FLWWj DQFKH LO GHO &RQVHUYDWRULR Âł'RPHQLFR &LPaURVD´ UHJDOD DO SXEEOLFR GL $YHOOLQR JOL DSSXQWDPHQWL PXVLFDOL GHOOH VWRULFKH UDVVegne. Compiono il nono anno di rappresentazione sia Il Cimento dellÂśarmonia e dellÂśinvenzione che AllÂśombra del castello. La prima rassegna percorre un itinerario storico e culturale in Europa, articolato in un arco temporale ampio e prolifico, dal barocco di Bartolomeo Montalbano allÂśOttocento di Paganini e Giuliani e, attraverso lÂśuso degli strumenti musicali, della voce, delle tecniche compositive e dei testi poetici, grazie al laboratorio di musica antica di Rosario Totaro, Pierfrancesco Borrelli e Vincenzo Corrado, racconta lÂśevoluzione che il linguaggio della musica subĂŹ in questo periodo fecondo. AllÂśombra del castello, rassegna amata dal pubblico sia per la varietĂ di generi proposti che per lÂśambientazione suggestiva degli appuntamenti nellÂśArena allÂśaperto del Cimarosa, questÂśanno accontenta tutti i gusti musicali, dal Jazz, cui sono dedicate tre serate, allÂśamore nelle opere di Mozart, a un accattivante cabaret musicale messo in scena da Giacomo Vitale e Giuseppe Sollazzo. Dopo due anni purtroppo si ferma Autunno in musica a causa dei lavori di restauro dellÂś$XGLWRULXP Âł9LQFHQ]R 9LWDOH´ PHQWUH Contaminazioni Jazz giunge alla quarta edizione, come La settimana della musica da camera, ideata e curata da Massimo Testa. QuestÂśultima è dedicata, come nelle precedenti edizioni, alle nazioni ÂŤin modo da ricordare che lÂśunione e la solidarietĂ possono ancora consentirci di avere e dare una speranza di un futuro migliore alle nuove generazioniÂť, spiega il curatore. Il tema scelto per questÂśDQQR q Âł,QVLHPH LQ (XURSD´ dallÂśItalia alla Germania alla Finlandia di Sibelius, con un occhio gettato però oltreoceano. Il ciclo di conferenze e concerti degli allievi Il corollario dei musicisti italiani illustri dedicato nel 2014 a Giovanni Sgambati e curato da Maria Pia Cellerino, prende il nome di Corollario italiano e questa volta il maestro coinvolge i colleghi del corso accademico di II livello in Discipline storiche critiche e analitiche della musica in un interessante viaggio nella storia della musica. Concerti di Primavera, si ripresenta anchÂśesso al pubblico per la seconda volta, con tre appuntamenti intitolando le serate ai generi esecutivi del Duo pianistico, del Recital e del Sestetto di corni violino e violoncello.
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LE ATTIVITĂ&#x20AC; DEL CONSERVATORIO
³ DOMENICO CIMAROSA´ NEL 2015
Figura 1: 8Q PRPHQWR GHOOD UDVVHJQD ³&RUROODULR LWDOLDQR´ FRQ $QWRQLR &DURFFLD H 0DULD 3LD &HOOHULQR.
Parole di musica: la nuova arrivata A nascere nel 2015 è unœaltra rassegna, dedicata alle novità editoriali nel mondo musicale e musicologico, frutto dellœimpegno dei docenti del corso accademico in Discipline storiche critiche e analitiche della musica, coordinati da Antonio Caroccia: Parole di musica. Oltre ad attraversare gli scaffali di una estesa libreria virtuale dedicata agli argomenti musicali, il ciclo di presentazioni ospita gli autori che giungono da ogni parte dœItalia, introdotti di volta in volta da un docente del Cimarosa, e rispondono alle domande degli studenti soddisfacendo la curiosità dei lettori e lœinteresse degli studiosi che intervengono agli incontri. Negli otto appuntamenti distribuiti tra aprile e ottobre, con cadenza quasi mensile, sono presenti gli autori: Enrico Baiano, affiancato da Paologiovanni Maione; Dario Candela, affiancato da Tiziana Grande; lo stesso Paologiovanni Maione, affiancato da Francesca Menchelli Buttini e Paola De Simone; Francesco Passadore, presidente della Società Italiana di Musicologia, affiancato da Antonio Caroccia e, infine, Roberto De Simone, affiancato da Francesca Galluccio. Di particolare interesse la giornata dedicata ai cinquantœanni della Società Italiana di Musicologia raccontati nel volume della SIdM, Musicologie 1964-2014. I 50 anni della Società Italiana di Musicologia curato da Mariateresa Dellaborra e Francesco Passadore (Padova, Armelin musica, 2015). Fondata nel 1964, la Società aveva avuto precedenti nel nostro paese sia nella fondazione della Rivista Musicale Italiana nel 1894 che nellœattività di Luigi Torchi, che si adoperò per affrancare la musicologia dalla supremazia germanica; allœinizio del Novecento, per iniziativa di Guido Gasperini, nacque poi lœAssociazione dei Musicologi italiani, che promosse il patrimonio musicale italiano che giaceva nelle biblioteche; purtroppo, con la morte del fondatore nel 1942, anche lœAssociazione terminò la sua attività . Con la nascita della SIdM, la musicologia italiana ha fatto passi da gigante, grazie allœattività di studiosi che dedicano il loro tempo ad analizzare e confrontare milioni di manoscritti che costruiscono 222
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una gloriosa storia musicale. Nel raccontare questa storia, il presidente Passadore, che di lĂŹ a breve deve inaugurare il XXII Convegno annuale della SocietĂ , sottolinea che, pur non essendo la musicologia nel nostro paese in ottimo stato di salute, perchĂŠ alla cultura viene sempre anteposto il mercato, tuttavia la produzione di studi scientifici si avvale della stampa su pubblicazioni come la ÂŤRivista Italiana di MusicologiaÂť, organo ufficiale della SIdM, che ha ottenuto il riconoscimento della classe A tra le riviste scientifiche dal Ministero della Ricerca (in particolare dallÂśANVUR), affermando in questo modo lÂśimportanza di insistere lungo la strada della ricerca.
Figura 2: Conferenza stampa GL SUHVHQWD]LRQH GHOOD UDVVHJQD ³3DUROH GL 0XVLFD´ GD V[ $QWRQLR &DURFFLD $OED Francesca Battista, Massimo Testa, Luca Cipriano, Carmine Santaniello e Antonio Di Palma.
I convegni Da segnalare per il 2015 due eventi che interessano il Conservatorio: Il convegno nazionale di studi Alessandro Speranza (Lauro di Avellino 24 aprile 1724 - Napoli 17 novembre 1797) e la musica sacra a Napoli nel Settecento, che si è svolto presso il ConseUYDWRULR ³'RPHQLFR &LPDURVD´ LO H QRYHPEUH H OD JLRUQDWD GL VWXGL L1 Giornata gesualdiana a cura di Carmelo Columbro, nellœambito del ciclo di eventi Invito a Corte e della riapertura al pubblico del Castello di Gesualdo, nella cornice dellœantico maniero. Il primo, richiamando nel nostro istituto studiosi e musicologi, dà lustro al Cimarosa, ricostruendo intorno a un tavolo le trame della biografia di Alessandro Speranza, su cui gravavano ancora molte incertezze come quella sul luogo di nascita del compositore, individuato da sempre in Palma Campania (NA). Il compositore settecentesco, maestro di Nicola Zingarelli, celebre compositore e direttore del Conservatorio di Napoli, come dimostrano gli studi presentati per la prima volta al convegno da Pasquale e Felice Marciano, invece, nacque a Lauro (AV). Inoltre la data di nascita del compositore va spostata dal vago 1728 al 24 aprile 1724, sempre grazie alle stesse ricerche. E, a coronare il successo dellœiniziativa, durante il convegno giunge la notizia che il Comune di Lauro, in seguito a questa nuova scoperta, con delibera di giunta, ha 223
LE ATTIVITÀ DEL CONSERVATORIO
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provveduto a intitolare una strada cittadina ad Alessandro Speranza; strada che, felicemente, si trova nei pressi di quella che i documenti ritrovati dai Marciano hanno permesso di identificare come la dimora della famiglia del musicista. Il convegno, organizzato dal Conservatorio, si è avvalso del patrocinio della Società Italiana di Musicologia, della Fondazione Istituto Italiano per la Storia della musica, della Seconda Università degli Studi di Napoli, della Regione Campania e del Comune di Avellino. La giornata di studi su Carlo Gesualdo, invece, si è tenuta al castello di Gesualdo, in occasione della riapertura al pubblico della struttura e rientra in un ciclo di eventi dal titolo Invito a Corte, progetto coordinato dall¶architetto Vincenzo Cogliano e promosso dal Comune di Gesualdo, dalla Regione Campania con il partenariato del &RQVHUYDWRULR ³'RPHQLFR &LPDURVD´ GL $YHOOLQR Curata da Carmelo Columbro, la giornata gesualdiana è stato un momento di sintesi tra ricerca storica e musicologica sul Principe di Gesualdo e ha contribuito ad affermare la volontà del Cimarosa a sostenere l¶impegno a favore degli studi sulla figura di un personaggio, che richiede ancora dovuti approfondimenti per la grande eredità musicale che ha lasciato alla storia.
Figura 3: Un momento della giornata di studi gesualdiana.
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Due incontri importanti Oltre ai numerosi incontri che gli studenti e i docenti del Cimarosa hanno nel 2015 con esponenti illustri del panorama musicale e didattico, grazie alle Masterclass che il Conservatorio organizza frequentemente e in ogni disciplina, c¶è da segnalare il 21 settembre 2015 la visita, inattesa, del violinista Uto Ughi (Bruto Diodato Emilio Ughi), violinista di fama mondiale che la sera precedente aveva suonato per la serata GL DSHUWXUD GHOOD VWDJLRQH DUWLVWLFD GHO 7HDWUR &RPXQDOH ³&DUOR *HVXDOGR´ H KD EHQ pensato di incontrare i giovani. Lo fa parlando in modo diretto, denunciando lo scarso spazio che in Italia i media riservano alla grande arte, polemizzando sulla chiusura delle orchestre italiane a vantaggio della «brutta musica». Il suo rammarico è rivolto soprattutto al degrado del nostro patrimonio culturale che non viene tutelato e valorizzato a sufficienza, secondo il maestro. Un interessante dibattito accompagna le osservazioni dell¶ospite che dialoga con i presenti, lamentandosi della scarsa libertà intellettuale di chi ha spazio come critico musicale sui quotidiani. Anche la visita della violinista Satu Jalas, che ha tenuto per gli allievi del Cimarosa una Masterclass il 5 e 6 maggio, ha permesso di conoscere maggiormente Jean Sibelius a 150 anni dalla nascita e quasi sessant¶anni dalla morte. La musicista, nipote del compositore finlandese, con il racconto della vita trascorsa con il nonno ha permesso che il profumo del sigaro, che era solito fumare e il sorriso che Jean riservava ai suoi cari nell¶intimità della famiglia invadessero l¶aula 41 mentre l¶ottima violinista portava la testimonianza del mondo fatto di affetti, musica e natura del grande Sibelius, suonando il suo strumento. Grazie al progetto promosso dal docente Nicola Manzo, anch¶egli violinista e nel 2015 ancora docente del nostro Istituto, il messaggio artistico del musicista viene veicolato con amore in momenti indimenticabili. Ad accompagnare gli interventi della violinista offre la sua bravura la valente pianista, allieva del Conservatorio, Livia Guarino.
Figura 4: Un momento della Masterclass della violinista Satu Jalas, con Livia Guarino al pianoforte.
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LE ATTIVITĂ&#x20AC; DEL CONSERVATORIO
³ DOMENICO CIMAROSA´ NEL 2015
Gli eventi: la Gilardino world premiere e lœomaggio ad Aldo Ciccolini Gli eventi che hanno caratterizzato artisticamente il 2015 in Conservatorio sono: la Gilardino World Première e lœOmaggio ad Aldo Ciccolini. Il primo, ottenuto grazie al maestro Lucio Matarazzo, permette al Cimarosa di ospitare la prima mondiale di due concerti di Angelo Gilardino, una delle personalità di maggior spicco nel mondo della chitarra. Le due composizioni sono state dedicate ad alcuni chitarristi, conosciuti a livello internazionale come esecutori di assoluto pregio, che salgono sul palco dellœ$XGLWRULXP ³9LQFHQ]R 9LWDOH´ LQVLHPH allœOrchestra del Cimarosa e al flautista Romolo Balzani: si tratta di Piero Viti, Aniello Desiderio e Lucio Matarazzo. Il Concerto di Ventotene per flauto, chitarra ed orchestra e il Concerto del Sepeithos per due chitarre ed orchestra, scritti entrambi nel 2013, sono tra le ultime opere di grande rilievo del compositore vercellese. Entrambi i lavori sono dedicati alla città di Napoli e agli influssi della sua millenaria cultura sui luoghi limitrofi. Il Concerto di Ventotene è dedicato alla piccola Isola dellœArcipelago Pontino, antico possedimento del Regno di Napoli e a Piero Viti, direttRUH DUWLVWLFR GHO )HVWLYDO ³9HQWoFODVVLF´ QHOOœIsola di Ventotene. Il Concerto del Sepeithos evoca, nel titolo, il fiume che, sia nella mitologia che nella storia, attraversava Napoli. Il fiume è immaginato dal compositore come il simbolo di un mondo leggendario che, dai tempi dellœantica Grecia fino al tardo Romanticismo, ha rappresentato uno dei piÚ ricchi topoi dellœarte, della poesia, della musica e del teatro, nonchÊ lœimmenso scenario di una cultura sia aristocratica sia popolare che ha dato luogo a una tradizione nota in tutto il mondo. Il Concerto è stato scritto e dedicato alle due figure piÚ rilevanti della attuale scena chitarristica napoletana in campo internazionale, Aniello Desiderio e Lucio Matarazzo. A dirigere lœOrchestra del Conservatorio Cimarosa è stato Massimo Testa. LœOmaggio a Ciccolini è un atto dovuto e sentito dal Conservatorio che è stato piÚ volte onorato dalla presenza dal grande pianista, scomparso il 1 febbraio 2015. La grande macchina da spettacolo che coinvolge il Teatro Gesualdo si muove per tre mesi per realizzare un concerto degno del grande uomo e caro amico che ha dispensato consigli e pillole di saggezza agli allievi del Cimarosa e ha dimostrato lœamore che QXWULYD SHU TXHVWR ³JLRYDQH´ FRQVHUYDWRULR GL SURYLQFLD capace, ¹ bontà sua ¹, di grande qualità ), diffondendo anche in Francia, suo paese adottivo, una buona immagine del nostro istituto. Il canale che lo portò da noi la prima volta fu il nipote, nostro docente di pianoforte, Antonio Di Palma, anche lui pianista dalle grandi doti interpretative. Indimenticabili le esecuzioni del maestro prima al Teatro Gesualdo per il Quarantennale della fondazione del Cimarosa e poi due volte nel 2014, a gennaio e a luglio, quando regalò al pubblico emozioni che ancora sono vive e vibranti in chi lo ha ascoltato dal vivo. Il 12 maggio si apre la scena su Antonio Di Palma che con un tributo allo zio, insieme allœOrchestra del Conservatorio, diretta da Carmelo Columbro, esegue il Concerto il la maggiore KV 488 di Wolfgang Amadeus Mozart, lo stesso che Ciccolini aveva presentato nello stesso teatro per il Quarantennale del Cimarosa. Nella seconda parte è un Coro di 120 elementi, formato dalle voci dellœAssociazione Polifonica 226
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³&RUDOH 'XRPR´ GL $YHOOLQR H GHOOœ$VVRFLD]LRQH ³-XELODWH 'HR´ GL 7RUUH GHO *UHFR insieme agli allievi del Conservatorio, a cantare il Requiem in do minore di Luigi Cherubini, sempre insieme allœOrchestra, sotto la direzione di Carmelo Columbro, mostrando lœimponenza dellœapparato scenico e suscitando emozione sia in chi lo eseguiva che in chi ascoltava.
Figura 5: ³2PDJJLR DG $OGR &LFFROLQL´ orchestra del Conservatorio diretta da Carmelo Columbro, con Antonio Di Palma al pianoforte.
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ELENCO DELLE ATTIVITÀ SVOLTE DAL CONSERVATORIO ³'OMENICO CIMAROSA´ NEL 2015 a cura di Eleonora Davide 27 gennaio - 4 febbraio
Lager music-ricordando la Shoah: concerti e conferenze realizzati dagli studenti del Conservatorio. Napoli, Teatro Salvo D¶Acquisto. 5 marzo Gilardino World Premiéres in prima mondiale due concerti per due chitarre e orchestra di Angelo Gilardino: Concerto di Ventotene e Concerto del Sepeithos. Esecutori: Piero Viti, Aniello Desiderio, Lucio Matarazzo (chitarre), Romolo Balzani (flauto), Orchestra del Cimarosa diretta da Massimo Testa. $XGLWRULXP ³9incenzo 9LWDOH´ 24 marzo Concerti di primavera (seconda edizione) con il sestetto del Conservatorio ³Domenico &LPDURVD´: Roberto Civitella e Concerti di Primavera Alessandro Consalvo (corni); Mario Dell¶Angelo e Antonio Salerno (violini); Simone Basso (viola); Antonio Colonna (violoncello). Musiche di Beethoven e Danzi. Auditorium ³9incenzo 9LWDOH´ 8 aprile Presentazione di Corollario italiano, rassegna di conferenze e concerti degli allievi, a cura di Maria Pia Cellerino, da parte Corollario italiano dei docenti del Corso accademico di II livello in Discipline VWRULFKH FULWLFKH H DQDOLWLFKH GHOOD PXVLFD $XGLWRULXP ³9incenzo 9LWDOH´ 10 aprile Concerti di primavera, con il duo pianistico Fausto Trucillo e Dora Dorti. Musiche di Mozart, Shostakovich, Rachmaninov. Concerti di primavera $XGLWRULXP ³9incenzo 9LWDOH´ 17 aprile Concerti di primavera, con il recital pianistico di Angelo MarConcerti di primavera tino. Musiche di Chopin, Ravel, Liszt, Skriabin. Auditorium ³9incenzo 9LWDOH´ 28 aprile Conferenza stampa di presentazione del ciclo di concerti e conferenze del mese di maggio. Aula 41. 28 aprile Parole di musica: novità editoriali nel mondo musicale e muParole di musica sicologico (prima edizione), a cura del Corso accademico di II livello in Discipline storiche critiche e analitiche della musica, coordinatore scientifico Antonio Caroccia. Presentazione del volume Le sonate di Domenico Scarlatti. Contesto, testo, interpretazione di Enrico Baiano e Marco Moiraghi, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 2014, presentato da Paologiovanni Maione e Enrico Baiano. Aula 41. 4 maggio La settimana della musica da camera (quarta edizione) ideata La settimana della musica da ca- e curata da Massimo Testa, concerto dal titolo: Germania e dintorni. Musiche di Schubert, Castelnuovo Tedesco, Schumera lhof. Avellino, Chiesa di San Generoso. 5 e 6 maggio
Masterclass di violino: Sibelius, l¶uomo il musicista e Il violino di Sibelius le relazioni di Satu Jalas. Concerto per pianoforte e quartetto d¶archi, esecutori: Amedeo Aurilio, Mario Dell¶Angelo, Antonella Forino, Simone Basso e Antonio Colonna. Aula 41. 228
ELENCO DELLE ATTIVITĂ&#x20AC; SVOLTE DAL CONSERVATORIO ÂłDOMENICO CIMAROSA´ NEL 2015
5 maggio La settimana della musica da camera, concerto dal titolo: EuLa settimana della musica da ca- ropa e dintorni. Musiche di Leclair, Vaughan Williams, Elgar, mera Sparke, Sor, Guestrin, Dvorak, Amy Quate. Avellino, Chiesa di San Generoso. 6 maggio La settimana della musica da camera, concerto dal titolo: La settimana della musica da ca- Germania e Italia. Musiche di Mozart, Rossini, Fiscella, Beemera thoven. Chiesa di San Generoso. Avellino. 7 maggio La settimana della musica da camera, con il concerto dal titoLa settimana della musica da ca- lo: Finlandia. Musiche di Sibelius. Avellino, Chiesa di San mera Generoso. 6 e 7 maggio Premio Claudio Abbado (ex Premio nazionale delle arti). AuGLWRULXP ³9incenzo 9LWDOH´ Premio Claudio Abbado 12 maggio Parole di Musica, presentazione del volume Conversazioni Parole di Musica con Aldo Ciccolini di Dario Candela, Milano, Curci, 2012. Presentato da Tiziana Grande e Dario Candela. Sala stampa del Teatro ³*HVXDOGR´ di Avellino. 12 maggio Omaggio ad Aldo Ciccolini, concerto in memoria del grande pianista scomparso. Concerto per pianoforte e orchestra in la magg. KV 488 di Mozart eseguito da Antonio Di Palma. Requiem in Do min. per coro e orchestra di Luigi Cherubini eseguito dal Coro e OœOrFKHVWUD GHO &RQVHUYDWRULR ³'omenico &LPDURVD´ GL $YHOOLQR GDO &RUR GHOOœAssociazione Polifonica ³&RUDOH 'XRPR´ GL $YHOOLQR H GDO &RUR GHOOœAssociazione ³-XELODWH 'HR´ GL 7RUUH GHO *UHFR GLUHWWL GD &DUPHOR &ROXmbro. 19 maggio Per la rassegna Corollario italiano, conferenza di Raffaella PaCorollario italiano lumbo dal titolo: Rossini e la Ville Lumiere- Il viaggio a Reims. Concerto degli allievi delle classi di canto dei maestri Susanna Anselmi, Paola Francesca Natale e Pasquale Tizzani; della classe di chitarra del maestro Lucio Matarazzo; della classe di clarinetto del maestro Antonio Napolitano; della classe di flauto del maestro Roberto Maggio; della classe di Solfeggio della maestra Gina Grassi; della classe di violino del maestro Natalia Ceaicovschi. Aula 41. 22 maggio Parole di Musica, presentazione del volume Prassi esecutive Parole di Musica nella musica pianistica dellœepoca classica. Principi teorici ed applicazioni pratiche di Sandra P. Rosenblum, Lucca, Libreria musicale italiana, 2014. Presentato da Francesco Pareti e Domenico Prebenna. Aula 41. 26 maggio Per la rassegna Corollario italiano, conferenza di Antonio CaCorollario italiano roccia dal titolo: Lœaurora della musicologia italiana. Concerto degli allievi in collaborazione con le classi di: pianoforte dei maestri Floriana Alberico, Maria Pia Cellerino, Gabriella Cifarelli; della classe di canto dei maestri Susanna Anselmi, Paola Francesca Natale, Pasquale Tizzani; della classe di chitarra del maestro Lucio Matarazzo; della classe di violino della maestra Natalia Ceaicovscki. Musiche di Cimarosa, Clementi, Bellini, Verdi, Bettinelli, Castelnuovo Tedesco, Picariello, Puccini, Ghedini, Paisiello, Paganini, Scarlatti e Casella. Aula 41. 229
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26 maggio 29 maggio Il Cimento dellÂśarmonia e dellÂśinvenzione da maggio a luglio 3 giugno Corollario italiano
8 giugno Parole di musica 9 giugno Il Cimento dellÂśarmonia e dellÂśinvenzione 12 giugno Il Cimento dellÂśarmonia e dellÂśinvenzione 19 giugno Il Cimento dellÂśarmonia e dellÂśinvenzione 20 giugno
24 giugno Il Cimento dellÂśarmonia e dellÂśinvenzione
Visita allœIstituto degli allievi dellœUniversità di Scienze gastronomiche (Unisg) di Bra. Rassegna Il Cimento dellœarmonia e dellœinvenzione (nona edizione), concerto dal titolo: Vienna e Parigi: due capitali a confronto, con Rosario Totaro (tenore) Francesco Pareti (fortepiano) e Stefano Magliaro (chitarra). Avellino, Casina del Principe. 36 concerti degli allievi del Cimarosa allœExpo 2015 di Milano. Ogni venerdÏ, sabato e domenica esibizioni di musica clasVLFD H FRQWHPSRUDQHD DO SDGLJOLRQH ³3LD]]D ,USLQLD´ Per la rassegna Corollario italiano concerto degli allievi. Classi di pianoforte dei maestri Maria Pia Cellerino, Cinzia Matarazzo, Demetrio Trotta e Carmelina Tufano; classe di canto dei maestri Susanna Anselmi, Paola Francesca Natale e Pasquale Tizzani; classe di chitarra del maestro Lucio Matarazzo; classe di violino della maestra Natalia Ceaicovschi; classe di violoncello del maestro Silvano Fusco. Musiche di Bellini, Sgambati, Leo, Scarlatti, Clementi, Verdi, Paganini, *LODUGLQR 0DUFHOOR 0D]]RWWD $XGLWRULXP ³9incenzo VitaOH´ Parole di musica, presentazione del volume Notazione e grafia del XX secolo di Jesus Villa Rojo, Milano, Zecchini editore, 2013. Presentazione a cura di Gianvicenzo Cresta e Maria Pia Sepe. Aula 41 Il Cimento dellœarmonia e dellœinvenzione con il concerto dal titolo: Bartolomeo Montalbano 1596-1651 ¹ La voce del sacro nellœItalia musicale del ¾600, con lœEnsemble del laboratorio di musica antica a cura di Rosario Totaro, Pierfrancesco Borrelli e Vincenzo Corrado. Avellino, Casina del Principe. Il Cimento dellœarmonia e dellœinvenzione, con il concerto dal titolo: Sacro e profano nella Napoli del ¾700 con lœensemble del laboratorio di musica antica a cura di Rosario Totaro, Enrico Baiano e Vincenzo Corrado. Casina del Principe. Avellino. Il Cimento dellœarmonia e dellœinvenzione, con il concerto dal titolo: Classicismo e Romanticismo a confronto, con Massimo Testa (violino), Simone Basso (viola), Silvano Fusco (violoncello), Carmine Laino (contrabbasso), Pierfrancesco Borrelli (pianoforte). Avellino, Casina del Principe. Musica elettronica e sound design, giornata di studi con Benedetto Atria, Maurizio Argentieri, Damiano Meacci, Antonio Fresa, Antonio Sinagra e Angela Maria Farro. Tavola rotonda moderata da Sergio Bassetti. Concerto degli allievi delle classi di musica elettronica di Massimo Aluzzi e Alba Battista. AudiWRULXP ³9incenzo 9LWDOH´ Il Cimento dellœarmonia e dellœinvenzione, con il concerto dal titolo: La musica italiana del primo Ottocento per chitarra e violino, con Mario DellœAngelo (violino), Stefano Magliaro (chitarra). Avellino, Casina del Principe. 230
ELENCO DELLE ATTIVITÀ SVOLTE DAL CONSERVATORIO ³DOMENICO CIMAROSA´ NEL 2015
30 giugno Il Cimento dell¶armonia e dell¶invenzione 1 luglio All¶ombra del castello
2 luglio Contaminazioni Jazz
3 luglio Contaminazioni Jazz 4 luglio All¶ombra del castello
9 luglio All¶ombra del castello 13 luglio All¶ombra del castello 14 luglio All¶ombra del castello 21 settembre 22 settembre Parole di musica
9 ottobre Parole di musica
Il Cimento dell¶armonia e dell¶invenzione, con il concerto dal titolo: Ein Liederabend ± Quando la Musica incontra la Poesia, con Maria Grazia Schiavo (voce), Francesco Pareti (fortepiano). Avellino, Casina del Principe. All¶ombra del castello (nona edizione), con il concerto dal titolo: Il sassofono nella musica degenerata. Musiche di Schuloff, Dressel, Balzar, Ullmann, Kurt Weill. Esecutori: Gianfranco Brundo (sassofono), Lorenzo Fiscella (pianoforte). Arena del Cimarosa. Contaminazioni Jazz (quarta edizione). Incontro con Enzo Pietropaoli (contrabbasso) e Gabriele Mirabassi (clarinetto). Concerto Musica senza confini e Invenzione a tre voci. Elaborazioni Giannatempo. Allievi del Dipartimento di musica Jazz. Auditorium ³9incenzo 9LWDOH´. Contaminazioni Jazz. Incontro con Danilo Rea (pianoforte). &RQFHUWR ³'DQLOR 5HD LQ SLDQR VROR´ H &LPDURVD -D]] (QVHmble. Allievi del Dipartimento di musica Jazz. Auditorium ³9LQFHQ]R 9LWDOH´ All¶ombra del castello, con il concerto dal titolo Penelopi e Soldati, l¶amore nelle opere di Mozart, classi di canto di Maria Grazia Schiavo e Enrico Turco; Concetta Varricchio (pianoforte) Virgilio Agresti (direttore del Coro), Giuseppe Sollazzo (regia). Arena del Cimarosa. All¶ombra del castello, concerto dal titolo Gran cabaret dell¶amore, a cura di Giacomo Vitale, regia di Giuseppe Sollazzo. Arena del Cimarosa. All¶ombra del castello, concerto dal titolo: Different ways. Musiche di Aldo Farias. Sul palco Aldo Farias Quartet: A. Farias (guitar); P. Bardaro (vibraphone); Angelo Farias (bass); G. La Pusata (drum). Arena del Cimarosa. All¶ombra del castello, concerto dal titolo: Claude Bolling: suite for cello and piano jazz trio. Silvano Fusco (violoncello), Maurizio Severino (pianoforte), Carmine Laino (contrabbasso), Dimitri Severino (percussioni). Incontro con Uto Ughi. Aula 41. Parole di Musica, presentazione del volume Devozione e Passione: Alessandro Scarlatti nella Napoli e Roma barocca, a cura di Luca Della Libera e Paologiovanni Maione, Napoli, Turchini Edizioni, 2014. Presentazione a cura di Francesca Menchelli Buttini, Paola De Simone e Paologiovanni Maione. Aula 41. Parole di Musica, presentazione del volume Cinque voci per Gesualdo. Travestimento in musica e teatro di un mito d¶amore, morte e magia di Roberto De Simone, Torino, Einaudi, 2013. Presentazione di Francesca Galluccio, con la partecipazione di 5REHUWR 'H 6LPRQH $XGLWRULXP ³9incenzo ViWDOH´
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ELENCO DELLE ATTIVITĂ&#x20AC; SVOLTE DAL CONSERVATORIO ÂłDOMENICO CIMAROSA´ NEL 2015
12 ottobre Corollario italiano
Corollario italiano, conferenza di Francesca Menchelli Buttini dal titolo: LÂśOlimpiade di Pergolesi e la ripresa neoclassica. Concerto degli allievi. Aula 41
14 ottobre Corollario italiano
Corollario italiano, conferenza di Paologiovanni Maione dal titolo: Malipiero e la riscoperta dei repertori e delle forme barocche. Concerto degli allievi. Aula 41 Corollario italiano, concerto degli allievi. Aula 41.
16 ottobre Corollario italiano 27 ottobre Parole di musica
28 ottobre
28 ottobre
20-21 novembre
23 novembre 7 dicembre
Parole di Musica, presetazione del volume Musicologie 19642014. I 50 anni della Società Italiana di Musicologia, a cura di Mariateresa Dellaborra e Francesco Passadore, Padova, Armelin musica, 2015. Presentazione a cura di Marina Marino, Antonio Caroccia e Francesco Passadore (Presidente della Società Italiana di Musicologia). Aula 41. Concerto di apertura dellœAnno Accademico. Concerto per pianoforte e orchestra di Antonio Salieri. Costantino Catena (pianoforte) e Orchestra del Conservatorio Cimarosa diretta da Antonio Sinagra. Carta canta: Incontro-presentazione dei fondi della Biblioteca del Conservatorio a cura di Tiziana Grande e Marina Marino. Biblioteca. Concerto degli allievi coordinati da Maria Pia Cellerino sulle musiche tratte dalle collezioni dei fondi della biblioteca, musiche di Sartori, Bacci, Castelnuovo Tedesco, &KRSLQ 0D]]RWWD %LDJLQL $OGURYDQGL $XGLWRULXP ³9incenzo 9LWDOH´ Convegno nazionale di studi Alessandro Speranza e la musica sacra a Napoli nel Settecento. Aula 41. Saluti di Luca Cipriano (presiGHQWH GHO &RQVHUYDWRULR ³'RPHQLFR &LPDURVD´) e Carmine Santaniello (GLUHWWRUH GHO &RQVHUYDWRULR ³'RPHQLFR &LPDURVD´); Antonio Caroccia (Società Italiana di Musicologia). Relazioni di Pasquale e Felice Marciano, Antonio DellœOlio, Domenico Sodano, Angela Fiore, Sarah Iacono, Maria Rosa Massa, Maurizio Rea, Giacomo Sances, Marta Columbro, Paolo Saturno, Paolo Sullo. Concerto a cura di Pierfrancesco Borrelli e Enrico Baiano, con prime esecuzioni in tempi moderni di musiche di Alessandro Speranza. Avellino, Chiesa di San Generoso. 23 novembre ¹ Le Note ritrovate: concorso internazionale di composizione di musica contemporanea, a cura dellœassociazione Zenit 2000 di Massimo Testa. *LRUQDWD GL VWXGL ³L1 Giornata JHVXDOGLDQD´ D FXUD GL &Drmelo Columbro, nellœDPELWR GHO FLFOR GL HYHQWL ³,QYLWR D &RrWH´ H GHOOD ULDSHUWXUD DO SXEEOLFR GHO &DVWHOOR GL *HVXDOGR Relatori: Paologiovanni Maione, Antonio Vaccaro, Rocco Brancati, Antonio Caroccia, Francesco Nocerino, Marta Columbro, Francesco Cotticelli, Ida Paradiso, Marco Mencoboni, Nicolò Maccavino, Paola De Simone, Renata Maione, Francesca Seller. Gesualdo, Castello di Gesualdo.
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Bruno Mugellini Musicista, vita, luoghi, opere, a cura di Paola Ciarlantini e Paolo Peretti, Fermo, Andrea Livi Editore, 2016, pp. 301. Restituire alla memoria storica il ritratto completo di un musicista illustre, la cui figura per troppo tempo è rimasta in nuce, non è affatto un¶operazione semplice. Questo volume, dedicato alla straordinaria attività e poliedricità di Bruno Mugellini, avvalendosi dell¶esperienza e della collaborazione di validissimi studiosi in ambito musicologico, si propone, nella polivocità della sua struttura, non solo di delinearne una biografia quanto più esaustiva possibile (pur nella consapevolezza degli studi ancora da compiere e delle ricerche da effettuare in merito), ma anche di ragionare su quella stessa biografia offrendoci, così, ± tra le altre cose ± uno spaccato lucido e disincantato della complessa situazione politico-sociale dell¶Italia settentrionale, a cavaliere tra il XIX e il XX secolo. Articolato in due sezioni, senza dubbio complementari tra loro, il lavoro comprende nella sua prima parte (dal titolo esplicativo «La musica ritrovata») gli Atti, corredati di appendici e note, del Convegno nazionale di studi tenutosi nel 2012, primo centenario della morte di Mugellini, a Potenza Picena, nelle Marche, sua città natale. Il primo contributo, La società potentina negli anni della dimora dei Mugellini nel comune (1870-1874), prende spunto proprio dalla biografia mugelliniana e offre una disamina molto particolareggiata di carattere storico, politico, economico e sociologico dell¶Italia post-unificazione; preziose, in tal senso, si sono rivelate fonti documentarie quali la Guida generale degli archivi di Stato italiani e i Registri della Sezione di Accusa della Corte d¶appello di Ancona, che hanno permesso un¶analisi accurata della società potentina, tenendo conto anche dei prodromi di progresso e novità quali la costruzione della stazione ferroviaria, la scalata sociale dei possidenti e il conseguente miglioramento dei tassi di alfabetizzazione delle classi più giovani. Su questa scia, ma senz¶altro di carattere più strettamente musicologico, è l¶intervento di Carlo Lo Presti, Bruno Mugellini e il suo tempo, che si propone, attraverso la delineazione della parabola artistica del musicista, la descrizione degli ambienti musicali in cui egli operò - in primo piano Bologna - per far luce, quindi, sul terreno dal quale il Mugellini ricavò linfa vitale essenziale per la sua formazione. Di taglio differente, ma comunque efficace, sono, invece, le ricerche compiute da Paolo Perretti (confluite nel saggio ivi contenuto Per la biografia umana e artistica di Bruno Mugellini), apprezzabili per aver voluto restituire l¶immagine viva del compositore, con i suoi momenti di gloria, le tragedie familiari, la personalità complessa. Nel delineare La formazione artistica di Bruno Mugellini, Antonio Caroccia si sofferma, a ragione, sulla straordinarietà dell¶artista il quale è riuscito, pur essendo un profondo innovatore, ad inserirsi a pieno titolo nel solco della tradizione, ossequioso e degno erede dell¶«ars severa magnum gaudium». Se Antonio Tarallo si è concentrato sul Mugellini didatta e il suo Metodo di esercizi tecnici, Angela Annese, della didattica mugelliniana, ne sottolinea, invece, il lavoro di revisione della musica per tastiera di 233
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Bach. Spiccano, per diversità di intenti, tra tutti gli interventi di questa prima parte del volume, un interessante lavoro di Danilo Tarquini che, prendendo spunto dalla melodia della sezione A del brano Al monte tratto da Impressioni, ha elaborato il materiale musicale mugelliniano in stile jazz, e un¶ipotesi di catalogo tematico della produzione compositiva del Mugellini presentata da Paola Ciarlatani. A completare il volume, la seconda parte ci mostra un «Mugellini inedito»: Paolo Perretti, in linea con il suo precedente intervento, ci offre un ritratto intimo del musicista, non solo utile spunto per eventuali approfondimenti, ma anche suggerimento efficace per nuove SURVSHWWLYH FKH FRQVHQWDQR GL WUDWWDUH LQ PDQLHUD LQHGLWD OD ³PDWHULD´ PXJHOOLQLDQD Di concerto con Paola Ciarlatani, ancora una volta Paolo Perretti ci mostra l¶importanza del rinvenimento del Fondo Mugellini nella Biblioteca Civica «Benedetto Passionei» di Fossombrone, frutto di una donazione della seconda moglie del musicista. A conclusione del volume, Carlo Lo Presti descrive il controverso rapporto tra Mugellini e la stampa, ma lo fa in maniera senza dubbio singolare, e cioè attraverso l¶Album, conservato sempre nella Biblioteca Civica di Fossombrone, compilato dal compositore stesso e racchiudente tutti i programmi dei suoi concerti con i relativi articoli critici, lavoro ± questo ± che ci permette di aver un focus particolare non solo sulla carriera di un giovane pianista di talento ± quale era indubbiamente il Mugellini ± ma anche sulla recezione della musica da parte della lente, spesso impietosa, della pubblicistica tra la fine dell¶Ottocento e l¶inizio del Novecento. Al di là dell¶encomiabile lavoro condotto dagli esperti del settore allo scopo di valorizzare il genio di un musicista nostrano, la cui straordinarietà, diversamente ± e probabilmente ± sarebbe sfumata nell¶oblio del tempo, di questo volume ± la cui lettura è senz¶altro consigliata ± se ne apprezza lo sforzo di aver voluto contestualizzare, con argutezza e capacità di ragionamento, la figura di questo esponente della misconosciuta scuola pianistica italiana, proponendo così ± se mai ce ne fosse bisogno! ± un validissimo esempio di quanto la musicologia, in termini di spunti di riflessione e metodologie utilizzate, sia ancora in grado di offrire alla ricerca. Rossella Gaglione SANDRO CAPPELLETTO, I Quartetti per archi di Mozart: alla ricerca di un¶armonia possibile, Milano, il Saggiatore, 2015, 256 pp. Uno specifico spaccato musicale ritrae un¶altra faccia di Mozart. I Quartetti per archi di Mozart è un pregevole lavoro editoriale, articolato in modo da accompagnare il lettore in un percorso storico, artistico e umano ricostruito in modo personale dall¶autore che però si affida alle solide basi degli autorevoli contributi di un ricco numero di musicisti, studiosi e teorici alle cui affermazioni Cappelletto attinge puntualmente; vi compaiono nomi come Luciano Berio, Giovanni Carli Ballola, Theodor Adorno, Charles Burney, H. Christoph Koch, Wolfgang Goethe, Giuseppe Carpani, Alfred Einstein, Bernard Fournier, Massimo Mila e tanti altri e altrettanto autorevoli, mentre la fornita bibliografia mozartiana viene ampiamente utilizzata insieme alle let234
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tere che intercorrevano tra padre e figlio e con il resto della famiglia. La struttura del volume vede alternarsi nel corpo dei sette capitoli lo svolgersi della storia compositiva dei quartetti e lœanalisi degli stessi, cosÏ il volume si presenta anche come utile vademecum per lo studio e la comprensione di questo genere di composizioni del Maestro salisburghese. I Quartetti di Mozart segnano, secondo lœautore, la nascita di un nuovo modo di comporre la musica strumentale, traendo ispirazione dal potere che la parola ha di comunicare, senza però farne uso. A sostegno di questa opinione, viene riportata lœaffermazione di Goethe, secondo cui i quartetti per archi rappresenterebbero una conversazione tra quattro persone ragionevoli, a testimonianza di quanto, al di fuori del genere teatrale, la musica si stesse sviluppando in rapporto alla parola stessa. Cappelletto non omette di riferirsi alla convinzione di alcuni autori che hanno visto nello sviluppo tematico delle opere mozartiane un riflesso del suo cammino massonico. CosÏ sembra essere, secondo il nostro, per i quartetti, in particolare quelli dellœopera X dedicati ad Haydn, coincidenti con il periodo di affiliazione di Mozart alla fratellanza. Massima espressione di questo percorso, rimanendo in questœottica, sarebbe proprio il Quartetto KV 465 (detto delle Dissonanze) che presenta, insieme ad alcune sequenze del Don Giovanni in cui sono ravvisabili serie dodecafoniche, un deliquio tonale non consueto e inatteso in Mozart. La partenza in Do minore, mascherata nellœAdagio e poi risolta in maggiore nellœAllegro, va ad ulteriore conferma di un cammino verso la luce, quello suggerito dagli ideali massonici. Massonica è anche la voglia dei musicisti del tempo di confrontarsi alla pari con i rappresentanti dei gradi VRFLDOL VXSHULRUL FRQ FXL QHOOH ORJJH FL VL SXz FKLDPDUH ³IUDWHOOL´ 4XHVWD HUD OD ¾modaœ che registrava una spinta sociale verso la Rivoluzione, ormai alle porte. I quartetti di Mozart, nel racconto che ne fa Cappelletto, nascono prima per gioco, poi per noia, poi si impongono con serietà e divengono fonte di proventi per il giovane, ma già maturo musicista, che ascolta, trascrive, metabolizza e crea, confrontandosi con i grandi del suo tempo, imparando da loro e insegnando loro qualcosa in piÚ su un modo di comporre che non ha precursori nella storia della musica e che va imponendosi come nuovo medium con caratteristiche proprie che lo renderanno unico. Fatto sta che Cappelletto per questo modo di fare musica pretende un posto di privilegio nellœofferta musicale relativa al periodo classico, tributandogli il merito di aver reso credibile la polifonia strumentale. In pochi decenni nella seconda metà del Settecento, il quartetto per archi nasce, si consolida, si afferma e si definisce come una forma PXVLFDOH VLJQLILFDQWH VLPEROLFD H FRQGLYLVD VFULYHUOR H VXRQDUOR GLYHQWD ³XQ DWWHggiamento verso lD YLWD´ª 1 Ma non è musica per tutte le orecchie, avverte Cappelletto, perchÊ pensata per un piccolo pubblico raccolto in una sala di dimensioni ridotte; e quel pubblico per cui fu concepita era una piccola Êlite formata, oltre che da musicisti, prevalentemente da aristocratici, nobili capaci di distinguere una dissonanza e di protestare, se delusi, da un accordo non risolutivo, pronti a stracciare una partitura se non convinti del risultato. Lo specifico caso cui lœautore fa riferimento, in un interes1
SANDRO CAPPELLETTO, I Quartetti per archi di Mozart: alla ricerca di unÂśarmonia possibile, Milano, il Saggiatore, 2015, p. 21.
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sante siparietto, è quello dell¶esecuzione di quel Quartetto KV 465 da parte di Haydn alla presenza del principe Grassalkovich. Una particolarità si ravvisa nel fatto che i quartetti non nascono mai su commissione, sono anzi l¶espressione libera di un musicista che si incammina su una nuova strada. Solo i Prussiani saranno, a detta di Mozart, commissionati dal re Federico Guglielmo, ma il ciclo non fu mai portato a termine; a riguardo Maynard Solomon, nel suo Mozart: A Life, sospettò che la commissione non fosse mai avvenuta e fosse stata inventata in realtà dal Maestro che intendeva nascondere alla moglie Constanze l¶insuccesso del viaggio in Prussia. D¶altra parte, il Quartetto Hoffmeinster fu composto per saldare qualche debito con l¶editore che lo aveva soccorso quando era a corto di denaro. Ma, tutto sommato, Cappelletto sottolinea che lo spirito compositivo che guidò la nascita di queste opere fu quello della ricerca di libertà di un uomo che sta tracciando una strada nuova, privo di padroni, determinato a svincolarsi dai doveri della corte salisburghese, insofferente nei confronti di quella concezione servile dell¶arte musicale, che aveva ispirato nel 1771 il divieto di Maria Teresa d¶Austria al figlio Ferdinando di assumere alla corte milanese dei gueux (mendicanti), riferendosi a Wolfgang e a tutta la categoria, evidentemente. Il distacco di Wolfgang e di Constanze dal denaro, d¶altra parte, influenzerà probabilmente, secondo l¶autore, la tendenza a una prodigalità che li renderà poveri in poco tempo, costringendo il musicista a bussare alla porta degli amici per avere un aiuto economico; il Mozart che ci presenta Cappelletto non è però uno squattrinato privo di senso pratico, come emerge dall¶Inventario cautelativo dei beni di Mozart stilato dopo la sua morte e analizzato dallo studioso Robbins Landon. Interessante la dedica di questo volume alla memoria del non più esistente µQuartetto italiano¶, composto da Paolo Borciani, Piero Farulli, Franco Rossi ed Elisa Pegreffi, che pubblicò tra il 1966 e il 1973 in long-playing l¶esecuzione integrale dei quartetti di Mozart; tuttavia l¶autore non si scorda degli altri musicisti impegnati nello stesso genere e la dedica viene estesa al futuro dei quartetti italiani. Eleonora Davide Devozione e Passione: Alessandro Scarlatti nella Napoli e Roma barocca. Atti del &RQYHJQR ,QWHUQD]LRQDOH GL 6WXGL ³'HYR]LRQH H SDVVLRQH $OHVVDQGUR 6FDUODWWL QHOOD 1DSROL H 5RPD %DURFFD´ RUJDQL]]DWR GDO &HQWUR GL 0XVLFD $QWLFD 3LHWj GH¶ Turchini (Napoli, 15 dicembre 2010-Roma, 16 dicembre 2010). A cura di Luca Della Libera e Paologiovanni Maione, Napoli, Turchini Edizioni, 2014, 370 pp. Questo poderoso volume, Devozione e Passione: Alessandro Scarlatti nella Napoli e Roma barocca, edito da Turchini Edizioni nel 2014 e curato da Luca Della Libera e Paologiovanni Maione, raccoglie diciassette saggi che ruotano intorno alla figura e alle opere di Alessandro Scarlatti, oggetto di discussione e approfondimento delle due giornate di studio del 15 dicembre 2010 a Napoli presso la Galleria di Palazzo Zevallos Stigliano e del 16 dicembre 2010 a Roma presso la sala Casella. 236
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La lettura di questi saggi, che scorre via in modo fluido e piacevole, mette in risalto tantissimi aspetti della vita di Alessandro Scarlatti riscoperti grazie a recenti ricerche d¶archivio, proponendo inoltre una rinnovata panoramica sulle sue opere con interessanti analisi su ricezione e rivalutazione che ebbero tra fine Ottocento e Novecento. Aprono la pubblicazione due contributi in lingua spagnola rispettivamente di Leticia de Frutos e José María Domínguez; il primo intitolato «Questo viceré è molto amico della musica». La imagen pública del monarca en Nápoles ci conduce nella Napoli vicereale e in quel mondo di celebrazioni e autocelebrazioni dei regnanti che molto puntavano sui servigi di grandi musicisti come Alessandro Scarlatti, il secondo intitolato La Música de Alessandro Scarlatti entre el Duque de Medinaceli y el Cardenal Francesco Maria de¶ Medici ha come scopo quello di fornire dati inediti da epistolari e da altri documenti archivistici sul rapporto tra i due mecenati e Alessandro Scarlatti e su quanto questi rapporti abbiano influito sulla diffusione della sua musica. Anche il terzo saggio Carlo IV Borromeo Arese, Alessandro Scarlatti e la Cappella Reale di Napoli a cura di Sergio Monferrini è di estremo interesse storicomusicale. Indaga sulla figura di Carlo IV Borromeo Arese, che pur non raggiungendo i picchi di passione per la musica che caratterizzavano lo zio Vitaliano Borromeo, nel periodo napoletano (dal 3 ottobre 1710, sino al 20 maggio 1713) mantenne alto il livello di offerte e spettacoli musicali in particolar modo nei due teatri di S. Bartolomeo e in quello dei Fiorentini. Interessanti i focus sui documenti che testimoniano i rapporti di committenza con Scarlatti. La questione della musica camera scarlattiana è analizzata, in questo volume, da diversi punti di osservazione: con lo scritto di Teresa Gialdroni Un catalogo µautentico¶ delle cantate di Alessandro Scarlatti. È possibile? si approfondisce una tematica di interesse catalografico in cui, partendo dallo storico studio bibliografico sulle cantate da camera di A. Scarlatti fatto da Edwin Hanley presso la University of Yale, si ipotizza la stesura di un catalogo delle cantate che si possa considerare autentico sulla base di nuovi studi e ritrovamenti. Simone Ciolfi invece, nel suo saggio L¶espressione degli µaffetti¶ nei recitativi delle cantate di Alessandro Scarlatti. Nuovi elementi per una teoria del recitativo ci accompagna in una interessante disamina teorica e di prassi esecutiva sul recitativo. Volendo restare in questo ambito cameristico è da segnalare il contributo di Sarah Iacono intitolato «Cose da stanza»: Alessandro, Domenico e Giuseppe Scarlatti nelle raccolte di arie del conservatorio di Napoli interessante analisi delle raccolte miscelODQHH GL DULH PROWR SUHVHQWL QHOOD ELEOLRWHFD GHO &RQVHUYDWRULR ³6DQ 3LHWUR D 0DMHOOD´ di Napoli che testimoniano il graduale imporsi della città partenopea come centro di produzione operistica indipendente dalle realtà veneziane e romane. La Scarlatti-Renaissance e il ritorno della sua musica nei teatri napoletani (e non solo) e nei programmi da concerto ha radici fine-ottocentesche che si allungano poi a tutto il Novecento sono il fulcro del saggio a quattro mani «Dissotterriamo que¶ polverosi capolavori»: il recupero di Alessandro Scarlatti a Napoli tra Ottocento e Novecento firmato da Angela Fiore e Paologiovanni Maione. 237
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Suddiviso in due parti, questo saggio, ci illustra in maniera esemplare tutti quegli accadimenti, quei personaggi (viene subito da pensare a Florimo e Di Giacomo) quei mezzi di comunicazione (come la Gazzetta musicale di Napoli), quelle associazioni (in primis lœAssociazione Scarlatti di Napoli) che ci hanno condotto sino ad un momento chiave per la riscoperta di questo fondamentale compositore, ossia il 1960 anno in cui cadeva il terzo centenario dalla nascita di Alessandro Scarlatti. Sulla stessa linea dellœanalisi della riscoperta scarlattiana è anche il lavoro di Renato Bossa La ricezione e la fortuna di Alessandro Scarlatti a Roma nel Novecento con protagoniste assolute del Novecento romano lœAccademia Nazionale di Santa Cecilia, lœAccademia Filarmonica Romana, il Centro di produzione di Roma della Rai e Orchestra Sinfonica di Roma (Rai) oltre al Teatro dellœOpera di Roma. Il saggio Su ¾Il trionfo dellœonoreœ (1718) di Francesco Cotticelli ci illustra lœunica incursione nel comico di Alessandro Scarlatti mentre Norbert Dubowy ci fornisce una proposta di lettura per la Statira opera storica, per cosÏ dire alla veneziana. Di altissimo interesse anche le ricerche di Agostino Ziino e Maria Adele Ziino intitolate rispettivamente $OHVVDQGUR 6FDUODWWL ³3URYHGLWRU GL &KLHVD´ LO PDUFKHVH GHO Carpio e lœArciconfraternita di Santa Maria Odigitria dei Siciliani e ¾La Vergine addolorataœ in una esecuzione della Accademia Filarmonica Romana che sviscerano un altro lato delle mille sfaccettature personali e creative di Alessandro Scarlatti ovvero quello del rapporto con la chiesa e quindi con la musica sacra. Sempre riguardante lœambito musica sacra è anche il saggio di Luca Della Libera Nuovi contributi per la conoscenza della musica sacra scarlattiana: la Missa defunctorum che apre nuovi spiragli per lo studio e la valorizzazione di questo assoluto gioiello, oltre al bellissimo contributo The Avvisi di Roma in Munich di Thomas Griffin. Degno di nota il lavoro di Paolo Sullo I solfeggi di Alessandro Scarlatti e la tradizione didattica napoletana. Questi solfeggi ebbero nella didattica della scuola napoletana un posto di rilievo come sottolineava lo stesso Saverio Mattei nel 1791 in una relazione al Re Ferdinando I: I maestri di canto >@ VL FRQWHQWDQR GL IDU VROR RUQamenti ed in luogo di far cantare aœ giovanetti o giovanette i solfeggi dello Scarlatti >@ª Lorenzo Tozzi nel suo Et Arcadia ego analizza un altro significativo contributo del JHQHURVR FDWDORJR VFDUODWWLDQR RVVLD OD ³IDYROD ERVFKHUHFFLD´ Il Pastor di Corinto un melodramma di carattere squisitamente arcadico. Voglio chiudere questa mia recensione su Alessandro Scarlatti e tutto ciò che intorno a lui gravita, con il saggio del compianto Roberto Pagano che proprio nel 2010, anno del convegno che poi ha portato alla stesura di questo libro, compiva ottanta anni. Il suo Š Alias il siciliano: il complesso rapporto di Alessandro Scarlatti con la sua terra dœorigine è un contributo denso e a tratti anche duro con una terra dœorigine di Scarlatti, quella siciliana, che spesso non ha saputo valorizzare un conterraneo cosÏ autorevole. Domenico Prebenna 238
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La scena del Re: il Teatro di Corte del Palazzo Reale di Napoli, a cura di Patrizia Di Maggio e Paologiovanni Maione, Napoli, Clean Edizioni, 2014, 191 pp. Frutto di un intenso lavoro di ricerca, La scena del Re: il teatro di Corte del Palazzo Reale di Napoli rappresenta un autentico documento storico, redatto al termine degli ultimi lavori di restauro del Teatro di Corte del Palazzo Reale di Napoli tra il 2007 e il 2011. Alcuni problemi burocratici ne hanno tuttavia ritardato la pubblicazione, la cui registrazione è avvenuta solo nel 2014. Come spiegano i curatori nell¶introduzione, l¶idea iniziale era quella di creare una VRUWD ³GL GLDULR GL FDQWLHUH´ GD DJJLRUQDUH GXUDQWH L ODYRUL GL UHVWDXUR del Teatro di Corte che riguardasse, in particolare, l¶apparato decorativo e la scenotecnica. Nel frattempo, le scoperte e le curiosità da annotare si sono rivelate talmente tante e superiori alle aspettative che il libro ha assunto una forma autonoma, grazie anche al contributo di diversi studiosi chiamati a contribuire alla stesura del testo. Ne è venuto fuori un aggiornato documento non solo sulla storia e sulla struttura del Teatro di Corte, ma anche sulle rappresentazioni che vi hanno avuto luogo. In tal senso, ovvero come documentazione storica, La scena del Re può essere considerato secondo solo al documento scritto da De Filippis e Prota Giurleo nel 1952 durante i lavori di restauro dell¶ultimo dopoguerra. Il testo si articola in due parti principali: la prima, curata dalla storica dell¶arte Patrizia di Maggio, riguarda i continui aggiornamenti sui lavori di restauro corredati dalle vicende storiche del Teatro di Corte e copre un lasso di tempo che va dal 1700 al 2011, ovvero dalla sua nascita al termine dell¶ultimo restauro; la seconda, curata del musicologo Paologiovanni Maione e approfondita insieme a Francesco Cotticelli, illustra lo spettro degli spettacoli musicali rappresentati tra la seconda metà del Seicento fino all¶ultima chiusura, avvenuta nel 2001. Per questioni di spazio, sono esclusi dal testo tutti gli spettacoli che si svolgevano en plain air, al di fuori del palazzo, al fine di concentrare tutta la ricerca sulla funzione propria del Teatro di Corte. Il volume, oltre a fornire numerosi dati, include vari schemi che sintetizzano i cambiamenti apportati agli allestimenti teatrali realizzati in particolari occasioni o in determinate festività. La bibliografia di riferimento è arricchita da estratti di quotidiani, parti di libretti delle opere rappresentate, testimonianze e dichiarazioni di vari osservatori. Colpisce particolarmente il fatto che, nonostante entrambe le parti del volume siano costituite da raccolte di saggi di vari studiosi, il risultato complessivo risulta comunque perfettamente organico. Gli elaborati, divisi per argomento, seguono un ordine cronologico, per cui l¶aspetto frammentario del testo non è affatto percepito, e la lettura risulta sempre scorrevole e di immediata comprensibilità. Appare tuttavia evidente, visto l¶uso frequente di termini tecnici (appartenenti ai campi semantici artistico-teatrale e architettonico), che il volume è destinato in particolare ad un pubblico di studiosi e di melomani. In ogni caso, ne vien fuori un testo chiaro e preciso, talvolta volutamente ripetitivo per agevolare, rimarcando i concetti chiave, il riannodarsi del filo del discorso. Il lettore viene dunque ben guidato alla 239
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comprensione del testo, poichÊ non si trova di fronte ad un freddo elenco di notizie dœarchivio. Numerose le fonti bibliografiche citate, nonchÊ le immagini, le riproduzioni di progetti architettonici, i bozzetti di costumi e le foto degli spettacoli tenutisi al Teatro di Corte tra il XVII e il XIX secolo che arricchiscono il volume. Ritornando ai contenuti del lavoro e alla sua SURWDJRQLVWD DVVROXWD OD ³*UDQ 6DOD´, GHWWD DQFKH ³6DOD 5HDOH´ o ³6DOD 5HJLD´, attuale Teatro di Corte, viene precisato che nel XVII secolo questo spazio non era ancora propriamente destinato alla rappresentazione teatrale fine a se stessa, bensÏ a spettacoli o manifestazioni allestite in occasione di particolari avvenimenti. Lœedificio venne inaugurato nel 1768, allorchÊ lœarchitetto Ferdinando Fuga propose il suo progetto per il matrimonio tra Ferdinando I delle Due Sicilie e Maria Carolina dœAsburgo-Lorena. Primo spettacolo ad essere rappresentato fu una serenata di Giovanni Battista Bassi su musiche di Giovanni Paisiello. A segnare indimenticabilmente la storia del Teatro di Corte fu lœordigno bellico che il 4 agosto 1943 colpÏ il Palazzo Reale causando notevoli danni allœintero complesso architettonico. Il pieno recupero avvenne solo negli anni Cinquanta con il primo vero restauro, documentato dagli atti della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico per Napoli e provincia. I lavori del secondo dopoguerra miravano allœintegrazione tra il recupero delle decorazioni originali ed il ri-adeguamento delle funzioni teatrali. Da alcuni disegni GHOOR 6FKRU ULVDOHQWL DO VL QRWD FKH OD ³*UDQ 6DOD´ VIRJJLDYD JLj XQD VRUWD GL palcoscenico destinato alle rappresentazioni. In seguito ai lavori di Ferdinando Fuga, ultimati nel 1768, il Teatro di Corte vide lœintervento dello stesso Schor e dei Bibiena, che stilizzarono gli elementi barocchi eliminando calotte, nicchie e dipinti. Il ventennio successivo allœinaugurazione del teatro fu segnato dai noti eventi poliWLFL DYYHQXWL D FDYDOOR WUD 6HWWHFHQWR HG 2WWRFHQWR /D QHRQDWD ³5HSXEEOLFD 3DUWHQoSHD´ WHQQH LO WHDWUR LQ stand-by fino al suo brusco risveglio nel 1799, quando si sentÏ il bisogno di rinnovare i cartelloni che includevano spettacoli non piÚ condivisibili con il nuovo pubblico. Un ulteriore restyling del Teatro di Corte venne effettuato tra il 1806 e il 1815; nel primo Novecento fu tramutato in sala cinematografica, e tale rimase fino ai disastrosi eventi bellici del ¾43. I danni riportati furono talmente ingenti che in un primo momento fu escluso dagli interventi restauro che interessarono la città . Successivamente, per volere di vari intellettuali nonchÊ dellœepoca sindaco Domenico Moscati, si decise di affidare i lavori di restauro agli architetti Francesco Galante e Alberto Chiancone, che aggiunsero nuovi elementi decorativi. Risale agli anni Cinquanta del Novecento anche la realizzazione del palcoscenico, degli apparati scenici e delle infrastrutture teatrali, delle balaustrine, delle poltroncine, del palcoscenico e dei tendaggi, in anni successivi sottoposti a ulteriori interventi di manutenzione e di sostituzione delle tappezzerie. La premessa sui lavori antecedenti il 2007 lascia intendere quanta cura abbiano posto i ricercatori che hanno contribuito alla stesura del libro al fine di realizzare una documentazione organica, completa e ben organizzata della lunga storia del Teatro di Corte. Lœultimo restauro, attuato tra il 2007 ed il 2011, è stato finanziato dal Ministero per i beni e le attività culturali, dalla Compagnia di San Paolo di Torino e dalla Fondazione Teatro San Carlo. 240
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Francesco Cotticelli e Paologiovanni Maione completano il lavoro contestualizzando il fittissimo elenco di rappresentazioni sceniche ospitate nella Real Cappella, il Teatro San Carlo ed il Teatro di San Bartolomeo in parallelo al Teatro di Corte, nel lungo arco di tempo compreso tra gli inizi del µ600, quando il vero e proprio edificio teatrale non era ancora ben definito, fino al 2001, con la messa in scena de Il marito disperato di Cimarosa, che segna il debutto di Toni Servillo come regista d¶opera e che è stata l¶ultima rappresentazione prima che ne fosse di nuovo dichiarata l¶inagibilità. Anche in questa seconda parte del libro viene mantenuto un rigoroso ordine cronologico, dalle feste di corte seicentesche che si avvicendavano nelle diverse sale di Palazzo Reale fino all¶arrivo di Alessandro Scarlatti e alla nascita del vero e proprio Teatro di Corte nel 1768, affidato, come spiega Cotticelli, alla creatività del già noto commediografo Domenico Barone di Liveri, personalità attiva nella promozione della congiunzione tra il popolo aristocratico di Palazzo Reale e il pubblico esterno, anche ispettore del Teatro San Carlo. Ancora, si parla dell¶ascesa al trono di Ferdinando IV, della prima Restaurazione Borbonica fino all¶epoca del brillante governo francese retto da Gioacchino Murat e Carolina Annunziata Bonaparte tra il 1806 e il 1815. In questo periodo d¶oro per la promozione dello spettacolo, anche le altre regge di Portici e di Caserta vissero un fiorente periodo artistico e culturale. La programmazione degli spettacoli non era molto diversa da quella del periodo borbonico e includeva opere come il Cid di Corneille, Le nozze di Figaro di Mozart, nonché i lieder di Beethoven. Non mancavano spettacoli anche per i più piccoli destinati alla prole di corte, come le commedie di Pulcinella. Fino al 1958, il Teatro di Corte aprì solo all¶opera musicale e, nell¶anno 1956, ebbe l¶onore di ospitare un giovanissimo Mozart che si esibì con La Finta Semplice, composta su testo di Goldoni. Anche spettacoli più moderni sono passati in questa sala, che per ben cinque secoli è cresciuta insieme all¶umanità. La vita del Teatro di Corte, fortunatamente, è sempre finita in buone mani fino agli ultimi interventi di restauro che hanno ispirato la realizzazione del volume. Ora il nuovo edificio è ancora una volta perfettamente agibile e spetterà alla Soprintendenza assicurare la manutenzione e l¶attività del Teatro di Corte, perché dopo tanto lavoro speso dagli studiosi e dagli addetti al restauro, il Palazzo Reale dispone nuovamente di una struttura teatrale funzionante, mutata nel tempo, ma intrisa di storia e arte. Un prezioso gioiello della nostra Napoli. Lucia Iannotti Italia 1911. Musica e società alla fine della Belle Époque, a cura di Bianca Maria Antolini, Milano, Guerini e Associati, 2014 (Società Italiana di Musicologia. Musica nel µ900 Italiano, 5), 335 pp. Quando iniziò il XX secolo l¶Italia si trovava in un particolare periodo di mutazioni. La recente unificazione lasciava profonde disuguaglianze tra nord e sud, in quanto a situazione sociale, economica e culturale. In questo panorama si inserisce la raccolta di saggi intitolata Italia 1911, curata da Bianca Maria Antolini, volume pubblicato 241
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nell¶ambito del progetto Musica del µ900 italiano promosso dalla Società Italiana di Musicologia. Questo volume affronta il ruolo della musica nella società italiana dell¶epoca, attraverso i suoi quindici saggi che trattano degli ambiti più disparati, dal teatro, al cinema, all¶istruzione, fino alla fonografia e all¶allora nascente musicologia. La data del titolo ha un valore più che simbolico e molteplici motivazioni. Nel 1911 il giovane stato italiano compiva 50 anni, il che generò proprio in quell¶anno un fermento culturale profondo, che promosse le esposizioni universali di Roma e Torino. Il 1911 è scelto dalla storiografia anche come il punto d¶inizio dell¶escalation che portò alla prima grande guerra mondiale. Ma il contenuto del volume non riguarda solo questa data. Come già accennato, il volume è composto da ben quindici contributi. Si comincia col saggio intitolato la Musica alle Esposizioni Internazionali di Roma e Torino nel 1911», un resoconto dettagliatissimo di Bianca Maria Antolini sulle esposizioni internazionali di Roma e Torino nel 1911, con un approfondimento sui concerti tenutisi in questi eventi con frequenti riferimenti anche alle stampe locali. A seguire un saggio di Chiara Pelliccia e Bianca Maria Antolini sul sistema produttivo del teatro musicale, con un¶ottima digressione sui trust teatrali, che descrivono una metodologia impresariale e gestionale comune dell¶epoca, a cui segue il contributo di Cristina Cimagalli sul sistema editoriale del primo Novecento. Interessante il saggio di Gianfranco Plenizio, che pone una lente d¶ ingrandimento sulla scena musicale napoletana, partendo dalla fine dell¶800. Musica di consumo, prassi esecutive, termini specifici della Napoli dell¶età dell¶oro e una nota su alcune personalità locali dell¶epoca. Marco Targa illustra la cultura della nascente cinematografia, dal lato chiaramente della musica per film. Beatrice Birardi invece approfondisce ed illustra le dinamiche della fonografia con ovviamente un riferimento specifico alla storia della fonografia italiana. Marina Vaccarini analizza nel dettaglio il congresso musicale didattico dei conservatori tenutosi a Milano nel 1908, a proposito della situazione nei conservatori italiani. Simile nella tematica è il saggio di Maria Grazia Sità, sull¶istruzione musicale nella scuola italiana dei primi del 900¶. I saggi continuano sui temi della musica sacra (Nicola Tangari), l¶inevitabile confronto con l¶Europa (Guido Salvetti), la lirica (Cesare Orselli), e due saggi sul dibattito e la ricerca musicologica (Giorgio Sanguinetti e Mauro Fosco Bertola). Tutti i contributi di questo volume sono corredati da una grossa mole di note dettagliate, riferimenti bibliografici ed una breve biografia degli autori. L¶importanza e l¶utilità di questo volume sta soprattutto nella possibilità di dare un quadro generale della musica in Italia nel primo Novecento, da una specifica analisi della prassi esecutiva fino alla possibilità di contestualizzazione, data la grande varietà dei temi trattati. È un¶ottima prima fonte d¶informazione scientifica su di un periodo cruciale per la storia della musica e della musicologia italiana, ma anche una finestra storiografica, in grado di dare un¶idea abbastanza chiara e specifica su uno dei periodi più affascinanti della storia italiana. Pietro Sgueglia 242
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The Neapolitan Canzone in the Early Nineteenth Century as Cultivated in the Passatempi Musicali of Guillaume Cottrau, a cura di Pasquale Scialò, Francesca Seller, Anthony R. DelDonna, Lexington Books, 2015, 168 pp. Il volume The Neapolitan Canzone in the Early Nineteenth Century as Cultivated in the Passatempi Musicali of Guillaume Cottrau è il risultato di un convegno internazionale, patrocinato dalla Georgetown University di Washington e dalla SocietĂ Italiana di Musicologia. LÂśintento dei vari studiosi che hanno offerto il loro prezioso contributo è stato quello di studiare il complesso fenomeno della canzone napoletana da varie prospettive, al fine di offrirne uno studio ed una comprensione che possano trascendere la limitativa interpretazione di tradizione popolare. I Passatempi musicali di Cottrau rappresentano in sostanza una raccolta di brani principalmente vocali, ma a volte anche strumentali, appartenenti al genere di musica da camera del primo Ottocento. Destinatario di tale repertorio è pertanto il salotto borghese degli inizi del diciannovesimo secolo. Il volume in questione ne indaga la complessitĂ della genesi, delle origini, delle evidenti e possibili influenze e matrici, del contesto storico e socio-culturale e molto altro ancora, partendo da unÂśutilissima disamina della biografia e della eclettica personalitĂ di Guillaume Cottrau, dispiegata allÂśinterno dei primi due capitoli, rispettivamente ad opera di Massimo Distilo e Pasquale Scialò. Parigino di nascita, Cottrau giunge a Napoli nel 1806 allÂśetĂ di nove anni, quando il padre accetta un incarico in tale cittĂ . Nel volume si sottolinea come senza il suo arrivo nella cittĂ partenopea la storia della canzone napoletana sarebbe stata sicuramente diversa. Nobile di famiglia e musicista dalle solide basi, dedica la sua vita principalmente allÂśattivitĂ editoriale entrando in affari con il noto editore Girard. Ă&#x2C6; proprio la sua attivitĂ di editore, unita ad un innato talento imprenditoriale, a spingerlo a rivolgere il proprio interesse verso la trascrizione, la codifica, lÂśarrangiamento e la composizione di un tipo di canzone popolare napoletana tramandata oralmente nel corso dei secoli. Il focus di base di Cottrau è quello di puntare ad unÂśelaborazione di WDOH UHSHUWRULR ULYROJHQGR L SURSUL VIRU]L YHUVR XQ ÂłGRFXPHQWDUH WUDVIRUPDQGR´ 'ifatti, le melodie popolari ascoltate direttamente dalla bocca della gente per le strade di Napoli e dintorni vengono rielaborate e ri-arrangiate da Cottrau, elevandole ad un livello di dignitĂ artistica superiore e, in un certo senso, si può giungere ad affermare che da Cottrau in poi la dicotomia colto-popolare non appaia piĂš chiaramente distinguibile. Il grande merito dellÂśeditore musicista parigino è stato quello di aver tenuto in vita un preziosissimo repertorio che sarebbe quasi certamente caduto nellÂśoblio col trascorrere dei secoli. Nel corso del fluido susseguirsi degli otto capitoli del volume, ciascuno dei quali a cura di un diverso studioso che fa luce su particolari aspetti inerenti ai Passatempi da una prospettiva differente, viene a delinearsi unÂśindagine piuttosto esaustiva sul prezioso lavoro di un appartenente a quellÂśaristocrazia francese ai vertici dellÂśeconomia napoletana di inizio Ottocento, molto spesso criticata e mal vista dai napoletani. Guil243
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laume Cottrau nel corso della sua vita è in buoni rapporti con la migliore intelligentia napoletana e non solo, grazie anche al buon successo dei suoi Passatempi musicali, sia in Italia che all¶estero. Diversi i grandi compositori che s¶interessano all¶opera di Cottrau, tra cui spicca Franz Listz, che prende spunto dal materiale dei Passatempi per la prima stesura delle sue Tarantelle napoletane (1839). Nel volume viene sottolineato come Cottrau, nobile francese, si sia sempre dichiarato semplice arrangiatore dei brani contenuti nelle varie edizioni della sua opera, pur essendo in diversi casi compositore, ansioso di non inficiare il nome suo e della propria famiglia legandolo ad un tipo di repertorio musicale di basso rango. Pertanto, risulta evidente come il suo interesse verso la canzone popolare napoletana sia stato dettato da motivazioni prettamente economiche, piuttosto che etnomusicologiche. Diversi sono i quesiti di varia natura posti all¶interno del volume e molteplici le notizie che vengono fornite, spesso anche tramite la ricorrenza all¶epistolario di Cottrau e familiari, riguardo alla psicologia dell¶uomo Cottrau, alla sua professione di editore di successo, al suo modo singolare di porsi nei confronti dei suoi Passatempi e, in particolare, dei brani al loro interno da lui stesso composti ma spesso firmati con uno pseudonimo, alla storia editoriale dell¶opera in questione e molto altro ancora, giungendo ad arricchire il discorso tramite interessantissimi approfondimenti sul ruolo della canzone napoletana all¶interno dell¶opera comica del secondo Settecento e di inizio Ottocento, sull¶interazione di varie matrici ed influenze che confluiscono nei Passatempi e sulla storia degli strumenti musicali nel sud Italia prima dell¶unificazione , con particolare attenzione alla storia di alcuni dei principali costruttori di pianoforti a Napoli. Il volume si conclude con un capitolo dedicato al dialetto napoletano, indagandone aspetti riguardanti la corretta scrittura, la grammatica e la fonetica e sottolineando la mancanza di uniformità nei versi di Cottrau, in cui a volte gli stessi termini sono scritti in modi diversi e all¶interno dei quali non sempre le regole grammaticali vengono rigidamente rispettate. In conclusione il volume oggetto di tale recensione rappresenta un preziosissimo mezzo per far ulteriore luce su un importante repertorio di brani da camera in napoletano del primo Ottocento che rappresenta un¶influenza determinante per quella che sarà poi la canzone napoletana d¶autore di fine secolo e che, ancora oggi, continua a destare l¶interesse di esecutori e pubblico. Luca Sellitto
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redazionequadernicimarosa@conservatoriocimarosa.org www.conservatoriocimarosa.org ISBN 978-88-99697-06-8 ilCimarosa © 2017 Conservatorio di musica “Domenico Cimarosa” di Avellino tutti i diritti riservati