La Pentola d'Oro Giugno 2012

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EDITORIALE

Ripartire dal locale per sconfiggere la crisi globale a cura di Angelo Agnelli

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on se ne può più. Tasse, prezzi del carburante alle stelle, banche in fallimento: uguale consumi sotto zero e economia allo sbando. In più ci si mette anche il terremoto che oltre essere una tragedia immane, lascia danni fisici e materiali indelebili a chi lo ha vissuto. Per trovare una risoluzione ai mille problemi che ci attanagliano ci sarebbe bisogno di un governo che pensi e agisca un po’ più come gli italiani che ambisce a governare, invece che all’italiana, con le regole di un’Europa che di sto passo non sarà mai gli Stati Uniti d’Europa. La solidarietà umana, i sacrifici, e la pazienza, sembrano ormai l’unica fonte di salvezza per tutti i problemi che attanagliano il nostro Paese. E invece secondo me si dovrebbe riuscire a ripensare un po’ più al locale per sconfiggere questa crisi globale. Faccio un esempio: abbiamo pagato l’Imu. L’ennesima tassa locale che non serve a nulla se non per rimpolpare le casse dello stato che prende a tutti: invece le tasse dovrebbero servire a pagare i servizi che lo stato o i comuni offrono ai cittadini e gli stessi dovrebbero essere ben felici di assolvere al debito. L’Imu è una tassa sugli immobili che non ha rispetto né per i proprietari, né per gli immobili stessi, tant’è che i soldi che se ne ricavano devono solamente soddisfare la voragine di debiti accumulati. Allora io dico: se l’Imu fosse calcolata, invece che sui metri quadri, senza alcuna regola se non quella dell’ampiezza, sullo stato di manutenzione del patrimonio immobiliare? Privato e pubblico che sia? Potremmo guadagnare di più tutti? Credo di si. Intanto chiamandola Tassa sul Decoro Urbano. Cosa sarebbe? Una tassa che pagherebbero coloro i quali non hanno rispetto per il proprio bene e quindi neanche per quello altrui. Esempio: sei proprietario di uno scheletro di casa, o di una casa che non hai mai finito di imbiancare i muri esterni, o hai un grondaia che perde come un colabrodo, oppure le inferriate arrugginite, o il giardino che sembra una groviglio, o il tuo pezzo di terra che sembra una giungla...? Ebbene, o ti metti in regola, o paghi la Tassa sul Decoro Urbano. A metterti in regola ti aiuto io Comune o Stato. Ti offro la possibilità di realizzare i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, avvalendoti di professionisti e artigiani del territorio convenzionati col Comune o lo Stato. Il Comune o lo Stato, ti mette a disposizione quindi gli

artigiani locali, muratori, decoratori, contadini, fabbri, lattonieri, idraulici, vivaisti, (si anche loro non solo per il lavoro di rimessa in ordine dei giardini ma anche per la vendita di fiori da balcone)... che ti offrono la loro professionalità o beni, praticandoti delle tariffe scontate: diciamo per esempio del 30%. Di questo il 20% va a favore del committente dei lavori che a sua volta “scarica” dalle tasse l’intera somma sostenuta, producendo pratica autocertificata. Il 10% va a favore del Comune o Stato che li userà per la manutenzione dei beni comunali o statali. Chi non rimette a posto quello che non lo è con questa convenzione, ha due strade: o esegue lui stesso i lavori certificando il tutto con immagini e spese del materiale di consumo, o paga la Tassa sul Decoro Urbano. Salatissima. All’artigiano o professionista viene riconosciuto un benefit di X% da scalare sui fatturati per la sua disponibilità. Così facendo, oltre che rimettere in moto un’economia che dal locale si allargherebbe al globale - (basti pensare al materiale di consumo per svolgere i lavori che è prodotto nel mondo e non sotto casa) - ci farebbe vivere tutti in un ambiente più pulito, organizzato, decoroso, umano. In più, le nuove generazioni che vivono sulla pelle il sacrificio sostenuto per mantenere il decoro della propria casa, crescerebbe con una mentalità più vicina al rispetto della cosa propria e anche di quella altrui. Un classico esempio di educazione civica. Che gli arriverebbe a 360° dalla famiglia, dal Comune, dallo Stato. Il decoro già. Gran bella cosa. Che bisognerebbe praticare un po’ dappertutto però. Andando in giro per la Pentola d’Oro, che mi porta ad entrare nelle cucine di molti ristoranti, noto sempre con gran dolore, proprio perché ritengo il decoro e la pulizia fondamentali per se stessi e per gli altri, che le pentole che si usano per cucinare sono veramente indecorose. Lerce, a volte putride (ve ne accorgete anche dai servizi televisivi dedicati alle esterne nelle cucine dei ristoranti), anche salutisticamente indegne. La scusa che offrono gli chef al mio appunto?: “sai, sono abituato a quella padella e con una nuova non so se sarebbe lo stesso”. La mia replica: “pensi che un campione di calcio abituato a calpestare i campi di tutto il mondo con le sue belle scarpette, appena ne rompe la punta o si consumano i tacchetti non le cambi perché se no con quelle nuove non sarebbe capace di calciare allo stesso modo?” A voi l’ardua sentenza.

Il decoro e la pulizia sono fondamentali per se stessi e per gli altri

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SOMMARIO

Roma: i sapori della città eterna Testi e foto di Maurizio Di Dio

Garante per la radiodiffusione e l’editoria Registro Nazionale della stampa N. 5386 del 23/10/96.

Itinerario tra le ricchezze d’arte gastronomica della capitale

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Rivista ufficiale della SAPS. Centro ricerche per lo studio dei materiali e forme degli strumenti di cottura.

La Rosetta di Roma

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Di Rienzo

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Periodico trimestrale Anno VIII, n. II Aprile, maggio, giugno 2012 Registrazione al Tribunale: nr. 1 del 7/1/2005 Spedizione Postale: Poste Italiane Spa Spedizione in Abbonamento Postale 70% Lo/Bg Casa editrice: SPEB s.r.l. Presidente: Marino Lazzarini Direttore Responsabile: Paolo Agnelli Direttore Editoriale: Maurizio Di Dio cell. +39 340 12 00 187 Comitato Direttivo: Baldassare Agnelli, Angelo Agnelli Maurizio Di Dio, Massimiliano Pezzoni Testi e foto: Maurizio Di Dio Ha collaborato: Claudia Barale Redazione: Via S. Giorgio, 6 - 24122 Bergamo Progetto grafico: L’Azzurro - Tel. 035 315 347 Pubblicità & advertising: ufficiostampa@sapsitalia.com cell. +39 348 25 50 502 Stampa: Quadrifolio S.p.A. 24052 Azzano S. Paolo via Emilia, 17 (BG) È vietata ogni riproduzione di testi e fotografie.

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Salumeria Ciavatta

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Ristorante Le Tamerici

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Macelleria Annibale

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Trattoria Monte Caruso

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Trattoria Lo Scopettaro

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Pizzarium

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La nostra forza rimane La Tradizione

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Ristorante Giuda Ballerino

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Leggere di Gusto

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Ristorante Il Convivio di Troiani

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Ristorante Roof Garden dell’Hotel La Minerve

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Ristorante Oliver Glowig

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Enoteca Ristorante Achilli “Al Parlamento”

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Ristorante Filippo La Mantia

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Annalisa Minghini e Pentole Agnelli

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Osteria di Monteverde

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Ristorante Il San Lorenzo

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Forno Campo dei Fiori

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UOMINI E MESTIERI I 30 anni di CIFA

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Enoteca Ferrara

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Beppe e i suoi formaggi

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EVENTI Elba Drink: “Divertitevi in sicurezza” pag.

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Trattoria “Gli Amici”

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Il Forno del Ghetto Boccioni

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Pentole Agnelli e “Festa a Vico”: alleanza consolidata dedicata agli chef e alla ristorazione pag.

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Giggetto al Portico d’Ottavia

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SAPS sale in cattedra

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Enoteca Chirra

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Ristorante Pipero al Rex

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STRUMENTI DI COTTURA Dal 1932 la storica Collezione di Baldassare Agnelli

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Federazione Italiana Cuochi

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Ristorante Agata e Romeo

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Roma: i sapori della città eterna Itinerario tra le ricchezze d’arte gastronomica della capitale

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aput mundi, il capo del mondo, è il termine latino per indicare l’importanza di Roma nella storia del mondo. Ne sono a conferma gli innumerevoli monumenti storici e i gioielli architettonici di cui è ricca che continuano a sfoderare grande fascino e attrazione per i milioni di turisti che ogni anno visitano la Città eterna. Ma la capitale italiana in materia di arte gastronomica la dice anche lunga. Mangiare bene a Roma infatti è una regola con poche eccezioni e la costante crescita qualitativa dei suoi ristoranti negli ultimi anni, ne è la riprova chiara. Basta sfogliare le pagine delle maggiori guide, tabloid e magazine di

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settore per accorgersi di questa crescita collettiva e dell’exploit dei ristoranti capitolini, recensiti, talvolta, con valutazioni d’eccellenza. Roma è ricca quindi di proposte variegate di ristorazione, basta pensare ai ristoranti di cucina regionale d’Italia che si sono insediai da secoli nel mercato romano: una folta schiera di locali che hanno fatto della loro regionalità, la formula vincente del successo di pubblico e di

Da sinistra verso destra: . Agate Parisella - Ristorante Agata e Romeo . Agli Amici . Andrea Fusco . Angelo Troiani - Ristorante Il Convivio . Antonio Falco - Ristorante Roof del Minerva . Beppe Giovale con i suoi formaggi

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critica. Come alla stessa cucina romana della tradizione che ha ritrovato la propria forma migliore grazie ad un’offerta più ampia e di livello qualitativo superiore. O i ristoranti degli alberghi, soprattutto quelli di lusso che ormai propongono cucine di altissimo livello. Roma è dunque ricca di tavole importanti che prosperano: dalla trattoria periferica al ristorante classico fino alle grandi cucine d’ hotel. Questo numero della rivista de La Pentola d’Oro l’abbiamo dedicato a loro. Per far stare in 100 pagine tutto quanto di buono si trova a Roma in questi termini avremmo dovuto realizzare una “guida telefonica” come anche per le nicchie del gusto che offrono le eccellenze agro-alimentari di qualità. Abbiamo perciò dovuto contenerci e redigere così un numero de La Pentola d’Oro che raccogliesse alcuni spunti di tutto ciò offrendovi delle storie di umanità e professionalità che secondo noi sono di indubbio interesse. Come quelle de Il Ristorante Il Convivio dei Fratelli Troiani, del Ristorante Enoteca Achilli al

In alto: . Rosa Lucia CiciLardone - Ristorante Monte Caruso . Simone Curti - Ristorante Le Tamerici In basso da sinistra verso destra: . Claudio Ceccarelli e mamma - Trattoria Da Giggetto al portico D’Ottavia . Di rienzo . Enoteca Ferrara . Enoteca Ristorante Achilli Al Parlamento . Fabrizio Roscioli Forno di Campo de’Fiori . Filippo La Mantia

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Parlamento, del Ristorante Cicilardone Monte Caruso della Famiglia Lucia, del Ristorante Le Tamerici di Giovanni Cappelli, del Roof Garden dell’Hotel La Minerve, del Ristorante Agata e Romeo dei coniugi Agata Parisella e Romeo Caraccio, del Ristorante Pipero al Rex di Alessandro Pipero, della Trattoria Gli Amici della Comunità di Sant’Egidio, dell’Enoteca Ristorante Ferrara delle sorelle Paolillo, del Ristorante Gigetto al Portico d’Ottavia della famiglia Ceccarelli, della Trattoria Lo Scopettaro della famiglia Trombini, del Ristorante Il San Lorenzo di Enricio Pierri, dell’Osteria di Monteverde di Roberto Campitelli e Fabio Tellerini, della Pizzeria Pizzarium di Gabriele Bonci, del Ristorante Oliver Glowig all’Hotel Aldovrandi, del Ristorante Giuda Ballerino di Andrea Fusco, del Ristorante Filippo la Mantia al Majestic Hotel, del Ristorante La Rosetta di Massimo Riccioli. A completare il numero le intriganti proposte di: Caffetteria Di Rienzo, il nuovo negozio monomarca “Pentole Agnelli”, la Salumeria Ciavatta, l’enoteca Chirra, il Forno Boccione, Beppe e i suoi Formaggi, la Macelleria Annibale, la Gastronomia La Tradizione, il Forno di Campo de’ Fiori.

Mangiare bene a Roma è una regola con poche eccezioni

In alto da sinistra verso destra: . Forno Boccione . Francesco Praticò e Rosario Schifiliti - Ristorante La Tradizione . Gabriele Bonci . Goffredo Chirra - Enoteca Chirra . Luciano Monosilio - Ristorante Pipero al Rex . Macelleria Annibale Mastroddi In basso da sinistra verso destra: . Massimo Riccioli - Ristorante La Rosetta . Massimo Rietti - Salumeria Ciavatta . Oliver Glowig . Paola Trombini - chef Trattoria Lo Scopettaro . Pietro Valoso - chef Il San Lorenzo . Roberto Campitelli - Osteria di Monteverde

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La Rosetta di Roma La sua origine isolana lo porta alla continua ricerca di qualcosa di nuovo

Pesce con un colpo alla tradizione e un colpo all’innovazione Il motore della mia. vita è l’insoddisfazione. Ho bisogno che nella mia vita ci siano sempre nuovi giochi, nuovi stimoli, nuovi entusiasmi da portare avanti. La cucina per me è creazione ritmo e amore con un rinnovo continuo di queste emozioni”. Esordisce così Massimo Riccioli chef patron del Ristorante La Rosetta. Figlio di Romana Coltella, casalinga e di Carmelo Riccioli fotografo siciliano, entrambi, appassionati di cucina marinara e amanti dell’arte del convivio, che rilevarono un’antica osteria per dare il via nel 1966 all’avventura del ristorante La Rosetta: solo cucina di pesce. Dal 1982 il timone è in mano al figlio Massimo coadiuvato dalla sorella Stefania e dalla nipote Francesca. Massimo Riccioli, oltre che lo chef è anche l’anima del ristorante: uno spirito libero, ma rispettoso delle tradizioni e del suo lavoro che ama moltissimo. Grande conoscitore di sapori, si fa forte di un’educazione gastronomica le cui origini si riscontrano nella tradizione della cucina siciliana, con un continuo desiderio di ricerca. Da sempre la sua cucina è all’insegna del giusto

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Ristorante La Rosetta Via della Rosetta, 8 00186 Roma Tel. 06 68.61.002 Tel. 06 68.30.88.41

compromesso fra tradizione ed innovazione. La passione di Massimo non si limita all’elaborazione dei gusti del territorio italiano, producendo gustosi piatti, ma va oltre. La sua origine isolana lo porta alla continua ricerca di qualcosa di nuovo. Attraverso i viaggi che compie intorno al mondo, (sua grande passione), cerca di apprendere le origini delle diverse culture, non solo gastronomiche, per interpretarle in progetti culturali importanti di cui si fa portavoce. “Nasco - racconta Riccioli - come operatore cinematografico. Giravo film insieme a Carlo di Palma, Pasqualino de Santis, Vittorio Storaro, Dante Spinotti e con diversi importanti direttori della fotografia... l’ho fatto per nove anni, poi ho ripreso il ristorante e ho applicato ì concetti di velocità e precisione che sono richiesti nel mondo del cinema. Quello dello chef era un lavoro che mi offriva l’opportunità dì girare il mondo, di conoscere altre cucine, altri pensieri. Quando per lavoro andavo in giro per il mondo visitavo i ristoranti, i locali, il mercato, frequentavo la gente del posto... In Giappone, per esempio, ho imparato tanto. Lì c’è una precisione quasi maniacale delle tecniche di cucina. Lì, tanto per dirne una, non basta sapere se il pesce è fresco; lì si guarda anche se è femmina, se ha dentro di sé le uova, il periodo ed il luogo in cui è stato pescato e la tecnica di pesca Aprile, Maggio, Giugno 2012

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usata... Sono culture molto più profonde delle nostre. Ma noi abbiamo il vantaggio di avere una grande materia prima che è imbattibile e sappiamo cucinare con metodi tradizionali che lasciano emozioni di gusto impareggiabili”. Ma la sua maturazione in cucina arriva dall’esperienza di famiglia: “i miei hanno aperto 45 anni fa un ristorante di solo pesce e, per quei tempi, - dice - era abbastanza “particolare” che un ristorante su Roma proponesse pesce fresco tutti i giorni della settimana, quando per cultura italiana il pesce si mangiava solo il venerdì. Era normale quindi che io proseguissi sulle loro orme, tenendo sempre ben presente gli insegnamenti di mio padre, profondo conoscitore di pesce, e quelli mia madre assidua e precisa cuciniera:

Abbiamo il vantaggio di avere una grande materia prima che è imbattibile e sappiamo cucinare con metodi tradizionali che lasciano emozioni di gusto impareggiabili

faceva pochi piatti, ma erano strepitosi. C’era, insomma, quando il ristorante era governato dai mie, una cultura del pesce radicata ben forte e quindi ho pensato che proprio partendo da queste esperienze, con la ricerca e la sperimentazione, potevo solo migliorare. Pur continuando a fare ristorazione di qualità sull’esempio dei miei genitori ho comunque sempre cercato una mia identità in cucina: per esempio, il marinato lo propongo con condimenti diversi, che vanno dal limone all’aceto balsamico, dai pomodorini acidi, alla mostarda fino al lime, cercando di mantenere sempre vivo il sapore dei pesce”. Riccioli seleziona il pesce fresco che arriva da Anzio, Civitavecchia, Fiumicino e Terracina: materie prime, elaborate con una cucina immediata e fresca capace di mantenere la fragranza dei gusti veri e la digeribilità dei piatti.

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Di Rienzo Una famiglia in servizio permanente

L’

italianità e il Made in Italy stanno alla base della filosofia della famiglia Di Rienzo che proprio nel cuore storico e culturale di Roma, ha realizzato e dato vita ad una serie di locali che spaziano dal Bar all’Enoteca, dalla Pasticceria al Ristorante, dalla Moda al Design fino all’ospitalità di Charme. In 60 anni di attività la famiglia Di Rienzo, un perfetto esempio di organizzazione di locali, si è distinta per serietà e professionalità, mantenendo alti i servizi offerti. Ma andiamo per ordine. Nel 1952 Michele Di Rienzo, gelatiere con esperienza dietro i banconi di bar, rileva e trasforma una delle latterie più antiche di Roma, già esistente dal 1848 in piazza

della Rotonda - al numero civico 9, l’unico dell’epoca - oggi riconosciuta come la Piazza del Pantheon. Proprio dove lì adesso si trova il cuore dell’attività della famiglia di Rienzo, uno dei locali più prestigiosi del centro storico che guarda il Pantheon e la sua piazza:

tra le più affascinanti e fotografate di Roma. L’attività di questo primo locale si è imposta inizialmente alla clientela romana con la gelateriabar, poi con il trascorrere degli anni con l’offerta di piatti caldi da ristorazione, grazie anche all’ampliamento dei locali. Oggi qui, in piazza del Pantheon, nei locali storici di famiglia, i Di Rienzo producono anche tutto ciò che è gastronomia e cucina. Poco più in là ha anche aperto un laboratorio di

pasticceria e gelateria dove si produce dal pane ai croissant dalle torte ai gelati per i diversi locali di proprietà. Nel locale che è un po’ pasticceria, un po’ gelateria, un po’ caffè e un po’ ristorante, incorniciato nella suggestiva piazza del Pantheon, c’è la possibilità di trascorrere piacevoli momenti degustando i deliziosi prodotti della sua rinomata pasticceria e gelateria, o semplicemente assaporando la tipica cucina italiana, respirando la storica atmosfera della città eterna. In questa impresa

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sono coinvolti i fondatori, Michele Di Rienzo con la moglie Adua, ancora tutti e due attivi nei due turni, e due dei loro quattro figli, Gabriele e Marianna, oltre che i nipoti. Cinzia e Tiziana, le altre due figlie, invece, si occupano dei locali di Salita De Crescenzio acquisiti nel 1981. Questi, dapprima trasformati in sale da the della zona, quando l’unica era quella di Giolitti in via Uffici del Vicario, dal 1999 ospitano una piccola tabaccheria di proprietà, che all’epoca aveva ampliato la gamma di accessori e articoli per fumatori e inserendo anche un bar-desk di cortesia per assaporarsi un buon caffè ed inoltre anche un negozio che offre alcuni gadgets ed accessori di note firme made in Italy. Una storia di laboriosità

imprenditoriale quella dei Di Rienzo, una famiglia in servizio permanente e tutta impegnata nella gestione delle diverse attività. L’ultima nata, solo per questioni di tempo, è “Residence Di Rienzo”, una serie di splendidi appartamenti destinati ai soggiorni di relax per chi cerca oltre il riposo un’accoglienza ricercata e “viziata”: tutti arredati con cura e stile, offrono spaziose ed eleganti camere da letto completi di cucina e soggiorno, attrezzati anche dei più moderni comfort. La bellezza delle loro posizioni, unite all’eleganza e agli spazi importanti e ben distribuiti, fanno delle strutture “Residence Di Rienzo” posti dove il relax e l’armonia rendono ineguagliabile un soggiorno nel pieno centro di Roma.

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Enoteca Ristorante Achilli “Al Parlamento” Delizie per il palato

In

via dei Prefetti al civico 15, si trova l’Enoteca Achilli, conosciuta come l’Enoteca Al Parlamento: un’istituzione nel comparto dei vini, con le migliori etichette nazionali ed estere selezionate, compreso un ampio assortimento di Champagne e Spumanti delle aziende più esclusive del mondo, Whisky invecchiati delle migliori annate ed etichette, Cognac ed Armagnac di annate a partire dal 1800 e un ricercatissimo reparto gastronomia con cioccolato, aceto balsamico, conserve, paste, sott’oli, sott’aceti... Qui raffinatezza e tradizione sono arricchite da cortesia e professionalità del patron Daniele

“Residence Di Rienzo”: il luogo ideale per un soggiorno a Roma, rilassante e confortevole A due passi dal Pantheon, in un contesto unico di storia e di cultura, dove i monumenti, le piazze e i luoghi d’arte sono in mostra permanente, si trovano gli appartamenti, del Residence Di Rienzo. Curati nei minimi particolari ed arredati in stile antico, gli appartamenti Di Rienzo uniscono antiquariato e tecnologia disponendo di tutti i comfort. In un’atmosfera suggestiva e speciale gli appartamenti di lusso sono inseriti in palazzi d’epoca di alto livello e i servizi offerti sono paragonabili con quelli di alberghi di categoria elevata. Per le vacanze a Roma nel pieno centro storico della città eterna qui c’è la possibilità di soggiornare serviti con professionalità e cordialità. Gli appartamenti Di Rienzo rappresentano il “fiore all’occhiello” del Residence che offre, nell’ottimo rapporto tra qualità e prezzi, un’ospitalità familiare unica.

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Residence Di Rienzo Piazza della Rotonda, 9 - Tel. 06.6869097

Tagliaferri, genero dell’Achilli che fu il primo proprietario, e del figlio Alessio che da quando ha finito gli studi si è insediato qui in forma fissa e coltiva l’ interesse per le “tartine” che realizza con infinita passione come faceva suo nonno materno.

Delle tartine del signor Gianfranco Achilli, nonno di Alessio, se ne ha anche traccia nel volumetto che scrisse nel ’95 dal titolo “le mie prime 61 tartine”: delle minuscole preparazioni di cibo che vengono ancora oggi servite, rinnovate, con un buon bicchiere di vino. L’ allora sessantunenne, come le sue 61 tartine, nello stesso libretto racconta anche la sua storia: di quando era ragazzo di bottega in un bar dei Parioli e lavava tazze aiutandosi con una pedana di legno per arrivare al lavello, della sua giovinezza del dopoguerra con la scelta di fare il barista, e poi della maturità quando ne diventa Aprile, Maggio, Giugno 2012

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il proprietario. Una storia di impegno e dedizione verso questo mestiere di duro lavoro senza mai riposo, ripagato dalla soddisfazione del successo raggiunto negli anni. Grazie all’impegno, ma anche all’ingegno. Quello di riuscire trovare sempre un escamotage per offrire sempre i migliori prodotti, le novità, il miglior servizio, ai propri clienti. Le Tartine di Achilli oggi qui rivivono una nuova stagione di passione e impegno, interpretate dalle mani del nipote Alessio: cubetti di pane a cassetta farciti con crema di tartufo e

Una cucina da “ristorante biologico” dove semplicità e digeribilità dei cibi vanno di pari passo

sottili fettine d’arancia, mezzi panini all’olio con sopra una crema di formaggi, tartufata e con cappello di composta di fichi o di mele cotogne, tanto per citarne alcuni. Ma se l’Enoteca Achilli al Parlamento è particolarmente apprezzata per la selezione dei suoi prodotti e per la peculiarità del suo ambiente che lo rende affascinante e unico come le sue cantine, da qualche tempo si è trasformata anche in vero e proprio ristorante, anche se dai posti limitati, con proposte di cibo realizzate dallo chef Davide Mazzoni, milanese d’origine ma integrato pienamente a Roma. La sua è una cucina da “ristorante biologico” dove semplicità e digeribilità dei cibi vanno di pari passo con un menù a impostazione classica, legato alla tradizione culinaria romana. E il vino a farla da padrone. Tanto e buono. Con verticali che fanno venire i brividi tanto sono profonde e pregiate: qui al Ristorante Enoteca Achilli “Al Parlamento” ve lo servono e ve lo fanno pagare come se ve lo portaste a casa.

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Annalisa Minghini e Pentole Agnelli Di origini bergamasche ha aperto a Roma il suo negozio marchiato Pentole Agnelli

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nnalisa Minghini ama la cucina semplice, sana, del piacere. E ama cucinare. Ha origini bergamasche e il suo incontro con Pentole Agnelli si intreccia con la sua storia personale vissuta fino a 10 anni fa a Bergamo, la città che ha visto anche nascere, nel 1907, la Baldassare Agnelli specializzata nella produzione di pentole. Lei la pensa come Levi-Strauss: la cucina è un prezioso elemento della civiltà, dalle innumerevoli ramificazioni. Che prosegue naturalmente nei luoghi, nelle maniere, nell’immaginazione. Per Annalisa in più la cucina è un sapere che serve al piacere. Per esprimere meglio tra i fornelli, in privato, questa sua filosofia, ha scelto da subito Pentole Agnelli. “Non solo perché l’azienda che le produce fosse “vicina” di casa, ma perché quando sono andata alla ricerca di pentole che fossero in grado di farmi svolgere al meglio la mia funzione di cuoca provetta, ho trovato nelle Pentole Agnelli la giusta corrispondenza in termini di qualità, affidabilità, maneggevolezza, costo.” Annalisa Minghini oggi vive a Roma con la sua bella famiglia ed ha aperto il suo negozio di Pentole in via Basento 52, una parallela

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Pentole Agnelli Via Basento, 52 Roma Tel. 06 8552446

di Viale Po, a Roma in zona Parioli. La cosa curiosa, e che lo rende un negozio veramente unico, è che tratta solo Pentole Agnelli. Nel suo negozio “Pentole Agnelli”, Annalisa Minghini propone strumenti di cottura dalle forme e dai materiali differenti e fornisce alla clientela informazioni e risposte su temi delle cotture, della manutenzione e delle regole che permettono un corretto utilizzo. “Insieme a mio marito Francesco (Santilli n.d.r.) abbiamo investito in questo negozio che abbiamo voluto fortemente marchiato Pentole Agnelli - e per questo ringrazio la disponibilità e la concessione ricevuta dalla famiglia Agnelli che ha da subito creduto nel nostro progetto - per portare su Roma un pezzo della mia Bergamo, per fare cultura sulla materia pentole ed offrire un servizio di qualità a quegli appassionati che come me quotidianamente sono bombardati da messaggi forvianti sia per quanto riguarda i materiali degli strumenti di cottura che dei rivestimenti.Vediamo come va a Roma - continua Annalisa - ma il nostro obbiettivo, Agnelli permettendo, è di aprirne altri nelle più importanti città italiane”.

Quello di Annalisa è un negozio unico perché tratta solamente strumenti di cottura “Pentole Agnelli”

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Ristorante Il San Lorenzo Il pesce nel cuore

Ristorante San Lorenzo, nell’omonimo quartiere di Roma sorge sulle fondamenta del teatro di Pompeo. Oggi gli ambienti dallo stile architettonico moderno, come l’arredamento, sono curati e il bel bancone con vista sulla cucina invita a sostare nelle sale luminose, confortevoli ed eleganti. A dirigerlo è Enrico Pierri, 35 anni napoletano che quando lo incontro ha il classico stile dell’uomo d’affari: aspetto curato, completo scuro, camicia bianca, cravatta annodata alla perfezione. Mi racconta che ha quasi dismesso la giacca da chef per indossare quelli del manager di questo locale, ma che la sua è un’esperienza di cucina partita da lontano. Da quando aveva 14 anni: “provengo da una famiglia modesta e per mantenermi agli studi ho cominciato a lavorare in alcuni locali sul mare della mia città”. L’Esperienza che lo segna è quella alla Cantinella di Napoli.

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E poi anche a quella di Capri. A 22 anni parte per la Francia, in Provenza dove rimane per circa 6 mesi in un famoso stellato della zona. Poi Londra e infine in Italia a Ponza all’Acquapazza. Nel 2002 apre Vinarium, “per fare palestra nel mercato romano” - mi dice - e nel 2005 rileva questo locale che prima ospitava una pizzeria. Comincia i lavori di risistemazione con i vincoli dalle belle arti che gli allungano notevolmente i tempi per trasformarlo in quel che è adesso e proporre una cucina del pescato. Dei sapori e dei profumi che si porta dietro da sempre. Oggi Enrico Pierri imposta i piatti con i suoi collaboratori fedeli che li eseguono secondo le sue linee guida: Pietro Valoso e Anish, un ragazzo egiziano con lui da 12 anni. Il contatto con l’Isola di Ponza, è sempre forte e intenso

Enrico ha dismesso la giacca da chef per indossare quella da manager, ma la sua è un’esperienza di cucina partita da lontano

Ristorante Il San Lorenzo Via dei Chiavari 4/5 Roma Tel. +39 06 68 65 097

- “ci abito per quattro mesi all’anno” - mi dice. Questo gli permette di avere il miglior pesce fresco che da lì arriva due o tre volte al giorno. Sommato a quello che arriva dalle aste che si fanno ad Anzio e Civitavecchia, riesce a proporre ai suoi clienti una cucina di pesce “accessibile nei costi per essere a Roma”. Solo pesce del nostro mare e di stagione lavorato al minimo attraverso cotture delicate e uso enorme di erbe aromatiche. Piatti dai gusti riconoscibili dai profumi del mare buono. Quelli che appartengono al Dna di Enrico Pierri che ama le cotture semplici, espresse, e senza manipolazioni invadenti.

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Forno Campo de’ Fiori Piazza Campo De’ Fiori, 22 00186 Roma Tel. 06 68806662

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iazza di “Campo de’ Fiori” deve la sua fama all’episodio che vide il filosofo Giordano Bruno arso sul rogo dall’Inquisizione cattolica per l’accusa di eresia nel 1600 d.C. L’esecuzione è ricordata da una statua eretta nel 1889 d.C. e posta nel suo centro. Il nome sembra risalga invece al fatto che fino al quattrocento la piazza non esisteva in quanto tale, e al suo posto vi era un prato fiorito con alcuni orti coltivati. Secondo una leggenda più “glamour”, la

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piazza dovrebbe invece il suo nome a Flora, donna amata da Pompeo il quale aveva costruito nei pressi il suo teatro. Oggi Campo dei Fiori, rappresenta uno dei luoghi dove Roma manifesta con maggior trasparenza il suo carattere più autentico dalla prima mattina con il mercato all’aperto, fino a notte inoltrata con l’intrattenimento offerto dai bar, ristoranti e trattorie della zona. Proprio qui, dove la storia si confonde in modo assolutamente armonico e magico con l’età moderna si trova il “Forno” Campo de’ Fiori che abbia pare origini fin dal 1600. Dal 1971 il “Forno Campo de’ Fiori”, appartiene alla famiglia Roscioli, terza generazione di panificatori, da sempre un simbolo e un punto di riferimento per la produzione di prodotti da forno a Roma. Successivamente i Roscioli hanno formato un team di esperti panificatori che ogni giorno produce e propone lo stesso pane, la stessa pizza e le stesse specialità che deliziano i palati di vecchi e nuovi avventori. Qui la tradizione non ha mai ceduto il passo: ingredienti altamente selezionati, passione, serietà, oltre che le mani sapiente di chi questo lavoro

Forno Campo dei Fiori Lanontradizione cede il passo lo ama e lo rispetta, rendono il Forno Campo de’ Fiori una garanzia di qualità. Da non perdere è la pizza bianca: un prodotto semplice, buono ed estremamente leggero e delicato, fatto con farina, acqua, e granelli di sale, lievito, ed olio extra vergine di oliva; è una delizia mangiata semplice ma può essere farcito anche con una infinita gamma di ripieni.

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Enoteca Ferrara Audacia per il gusto

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olo ventiquattro anni fa’, (ma sembra un secolo), la maggior parte di ciò che veniva propinato all’insegna del tipico, del caratteristico, del paesano, del casalingo, era quasi sempre kitsch alimentare, paccottiglia, rigatteria cucinaria, che trovava slancio e fortuna nella nostalgia del consumatore orfano del passato. Così come anche il vino. Lo si cercava ritenendolo solo buono quello del contadino, quello che puzzava anche un po’, desiderio dei più, che ci vedevano, per ciò, un prodotto “genuino”. In questo periodo, due giovani donne, sorelle, Lina e Maria Rosaria Paolillo, alias Mary, decidono di aprire un’enoteca con mescita e cucina in un minuscolo spazio all’Arco di San Callisto. L’idea era quella di scardinare questo tipo di “cultura”, trasformando la domanda del passato in una nobile proposta che comprendesse vino e cucina. Lina, la sorella “liquida” sommelier vocata ai vini di cui è “pasionaria” da cui parte l’idea, convince Mary, la sorella “solida” architetto secchiona, ad occuparsi della cucina (solo per poco tempo poi si sarebbe arrangiata). Le due iniziano da subito un percorso che le vede impegnate duramente nella ricerca e nello studio. Lina a caccia dei suoi vini che seleziona e stipa in numero considerevole a 25 km di

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Enoteca Ferrara Piazza Trilussa, 41 00153 Roma Tel. 06 5833 3920

Trasformare la domanda del passato in una nobile proposta culturale di vino e cucina

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distanza dal locale, (obbligata tanto era piccolo il locale); Mary a ricercare e studiare la cucina romana del passato, (ebraico-romanesca, l’unica vera secondo Mary), quella delle campagne, delle mense contadine, delle tavole dei borghesi, con le loro diverse liturgie e dimensioni simboliche culturali. E proporla, da cuoca autodidatta, all’attuale. Il nome che scelgono per il locale è “Enoteca Ferrara”: quello di un posto in cui Lina aveva lavorato

Sono passati 24 anni da allora e oggi l’enoteca Ferrara è una vera propria azienda

a New York mentre studiava. Una pasticceria, niente di che, ma con una storia particolare per Lina che l’ha scelto. Per oltre sei anni rimangono chiuse in questi 25 metri quadri stipati all’inverosimile, ma il loro impegno e per i loro sacrifici vengono ripagati nel 2003, quando la critica gli appioppa il riconoscimento di “Migliore Enoteca d’Italia”. La scelta di spostarsi in uno spazio migliore che consentisse di esprimere al meglio il loro lavoro è naturale dopo 6 anni di restrizioni. Sono passati 24 anni da allora e oggi l’Enoteca Ferrara è un’azienda con le sorelle Paolillo, animate dalla stessa passione e volontà, sono manager che gestiscono 26 dipendenti. Il locale, su 6 sale disposte su quattro livelli differenti è uno spazio architettonico del ‘400 di assoluto prestigio con soffitto in legno, archi con mattoni a vista e cantina sottostante visibile da una grata in ferro battuto (appositamente “regalata” da Mary a Lina,

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quando le promise che la nuova cantina l’avrebbe potuta vedere anche da sotto i piedi), ed un piccolo de hors. È un indirizzo cult per gli amanti del cibo e del vino, un posto radical-chic per un aperitivo nel cuore della movida trasteverina: un po’ negozio di vini e ricercatezze gastronomiche, un po’ wine bar, un po’ ristorante. Aprile, Maggio, Giugno 2012

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Beppe e i suoi formaggi Infinite Suggestioni

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mmagino il sussulto di felicità di Beppe Giovale, di Giaveno, in Val di Susa quando in un giorno del 2007, a caccia di qualcosa di meglio che un panino anonimo dei soliti bar d’areoporto da mettere in pancia prima del viaggio aereo di ritorno su Torino, incontra in un gate di Fiumicino il punto ristoro wine bar di Anacleto Bleve... Beppe Giovale produce con la sua famiglia formaggi da latte di capra, mucca, di pecora da oltre tre generazione: tutti animali allevati esclusivamente in campo aperto nel rispetto dei principi della bio diversità. Lui, in Francia, nel 2008, è stato anche insignito della più alta onorificenza per la produzione di prodotti caseari. Anacleto Bleve pugliese trasferitosi a Roma sostenitore ante-litteram della contemporanea “cultura del vino”, nel 1982 ha aperto la ‘Bottega del Vino’ in via Santa Maria del Pianto in pieno ghetto di Roma, e poi Casa Bleve, dove offriva degustazioni di altissimo livello accompagnate da prodotti tipici per palati raffinati. L’incontro fra i due, animati da passioni e saperi comuni, segna la nascita del locale “Beppe e i suoi formaggi”: nei locali che furono della Bottega del Vino di Anacleto Bleve. Nel 2010 diventa una boutique di prodotti caseari con un bancone infinito di formaggi di ogni sorta, in cui il valore aggiunto è la produzione piemontese dei Giovale e la garanzia di qualità e raffinatezza in ambito enogastronomico di Bleve. Un locale con bancone frigo infinito in cui sono esposti i migliori formaggi pronti per l’assaggio e l’asporto, come quelli nella vetrina-armadio a muro che contiene i “pezzi” più preziosi. Dal burro alla Toma, dal formaggio latticino a quello di capra, passando per quello di pecora, qui trionfano anche i migliori formaggi

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d’oltralpe. Una parte dell’esposizione è dedicata al pane col progetto “Panedieri”: un sistema distributivo creato dell’Associazione Pani Tradizionali, riservato esclusivamente alla valorizzazione di pane prodotto secondo metodi tradizionali. Al sistema, possono aderire esclusivamente i soci dell’Associazione Pani Tradizionali appartenenti alle categorie della panificazione, della distribuzione commerciale, della ristorazione. Panedieri, contrazione delle parole “pane-di-ieri”, indica esplicitamente sia l’adesione ai principi della panificazione storica, sia i principi della stabilizzazione e della giusta conservabilità del pane (il miglior pane, dà il meglio di sé ad almeno 24 ore dalla produzione e dura almeno una settimana). Grazie a Panedieri, i piccoli produttori di grandi pani, qui

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da Beppe e i suoi Formaggi trovano finalmente le giuste soddisfazioni. Tutt’intorno, inoltre, sono stipati scaffali di prelibatezze che fanno scattare la fantasia per prelibate preparazioni culinarie e curiosi abbinamenti. Mentre in una saletta attigua è possibile invece sedersi e godere tranquillamente degli ottimi formaggi e di spettacolari salumi accompagnati da ottimi vini, anche qui la maggior parte piemontesi. La forte inclinazione piemontese del locale ha da subito suscitato l’orgoglio dell’associazione “piemontesi di Roma” che ebbe tra i primi rappresentanti alcune importanti personalità come Luigi Einaudi, Giuseppe Pella, Renzo Gandolfo, che hanno insignito Beppe Giovale, e il suo locale dell’onorificenza di Socio “ad Honorem”.

Una boutique di prodotti caseari in cui il valore aggiunto è la produzione piemontese

Beppe e i suoi formaggi Via Santa Maria del Pianto, 9/a-11 Roma Tel. +39 06.68192210

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Trattoria “Gli Amici” Diversamente Buona

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Trattoria Gli Amici è un ristorante di Trastevere gestito dalla Cooperativa Pulcinella della Comunità di Sant’Egidio formata da persone, disabili e non, della Comunità stessa. Oltre ciò è un’esperienza di vita e di lavoro. Un esempio di inserimento lavorativo di successo che riesce a valorizzare le capacità delle persone con disabilità, in una realtà imprenditoriale, come quella di un ristorante, non sempre facile da gestire sotto tutti i punti di vista. Una risposta bella e concreta all’inserimento lavorativo delle persone disabili, che dovrebbe essere presa d’esempio e replicata. È nata più di vent’anni fa: un’avventura partita come paninoteca circolo privato e trasformatasi nel 2006 in un vero e proprio ristorante dove lavorano una quindicina di ragazzi disabili e alcuni “Amici” che volontariamente sostengono questo progetto nel quale si può degustare la tipica cucina romana. Non è difficile rendersi conto delle ragioni del successo de La Trattoria Gli Amici, se ti siedi ad uno dei suoi tavoli allestiti nelle salette accoglienti che raccolgono alle pareti alcuni dipinti dei ragazzi della stessa Comunità: vere e proprie opere d’arte che parlano di queste persone, della loro ampia libertà e capacità di espressione, nonostante tutto. L’atmosfera che regna qui è una miscela di cose belle, che ti mettono subito a tuo agio. Il valore aggiunto della trattoria forse sono proprio

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Un esempio di inserimento lavorativo di successo che riesce a valorizzare le capacità delle persone con disabilità

loro, questi ragazzi disabili. Una presenza che si riverbera nel clima, nell’atmosfera, nel modo di stare insieme, e nell’accoglienza dei clienti con il gusto della buona tavola. Non bisogna avere una sensibilità fine per accorgerti che qui tutto, i lavoratori disabili, i clienti, il cibo, l’ambiente, crea un’atmosfera positiva, unica: di leggerezza e di grande semplicità. Quel qualcosa di diverso non viene addirittura notato subito, molti clienti infatti comprendono il valore aggiunto del ristorante solo verso la fine del pasto, e questo dimostra la naturalezza dell’inserimento lavorativo dei ragazzi della Comunità di Sant’Egidio. Aprile, Maggio, Giugno 2012

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Qui tutto crea un’atmosfera positiva, unica, di leggerezza e grande semplicità

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Alla trattoria “Gli Amici” lavorano, stanno in amicizia, si divertono, guadagnano. Tutti insieme. C’è chi è addetto al servizio in sala, chi cucina, chi apparecchia e sprepara i tavoli, chi fa le pulizie e chi fa i conti. Ciascuno responsabile del proprio ruolo e felice di partecipare ad un’impresa speciale. Così, la cucina de’ “Gli Amici” si è guadagnata per le sue proposte di gusto, anche la segnalazione Trattoria Gli Amici delle più importanti guide del Piazza Sant’Egidio, 6 settore. Così come la carta dei vini, 00153 Roma Tel. 06.5806033 che a “Gli Amici” è composta da piccoli e grandi produttori che sostengono WINE FOR LIFE, un progetto di solidarietà che coinvolge il vino italiano di qualità nel sostegno al programma DREAM della Comunità di Sant’Egidio per la prevenzione e la cura gratuita dell’Aids in Africa.

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Il Forno del Ritorno alla Ghetto terra e al Solidor Boccioni

Il

Ghetto di Roma è una città dentro la città e di cose da conoscere ce ne sono davvero tante, con soste che a volte diventano irrinunciabili. Chi preferisce i dolci non può fare a meno di fermarsi al Forno Boccioni (del Ghetto), conduzione tutta al femminile forte del monumentale e matriarcale passato dolciario della famiglia Limentani. Le cose che colpiscono del Forno del Ghetto Boccioni sono diverse. Innanzitutto la collocazione: una bottega anonima, senza insegna, che però tutti sanno che esiste tanta è la coda che si affaccia ogni giorno, escluso il sabato giorno di chiusura, in trepida attesa davanti al suo ingresso con una porta a vetrina spartana che espone i prodotti appena sfornati. Poi le donne: qui ce ne sono una quantità che sembra infinita (ma quante sono?), che si muovono dietro il bancone con sapiente destrezza in uno spazio davvero minimo. E ancora il grande bancone a vetro che raccoglie tutte le leccornie sfornate in questo luogo. Il piccolo laboratorio nel retrobottega sforna, a ritmi da catena di montaggio, le delizie tipiche

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Il Forno del Ghetto Boccioni Via del Portico d’Ottavia, 2 Roma Tel. +39 06 6878637

Punto di riferimento dei turisti per la cucina romano-ebraica; una cucina molto povera di ingredienti ma allo stesso modo molto ricca di sapori della tradizione giudaico romanesca e rigorosamente kosher. Come la torta di visciole, dal peso specifico elevatissimo per un dolce caratteristico fatto di strati di ricotta, pasta appositamente non del tutto cotta e, appunto, visciole. Ne esiste anche un’altra versione di questa torta, al cioccolato, dove il peso specifico aumenta ancora di più. Da provare anche la Pizza di Berrida o Pizza Ebraica, solidissimo dolce fatta di pasta friabile e farcita con frutta secca, canditi e pinoli. Tra le tante altre leccornie che preparano qui: i mostaccioli, bruscolini caldi sfornati in gigantesche teglie i biscotti alla cannella, le ciambellette dal sapore delicato, i ginetti dall’aspetto duro e dal cuore morbido; i tortolicchi fatti con miele, farina e mandorle. Non c’è spazio per l’estetica al forno Boccioni. Qui trionfano i gusti e i profumi delle ricette custodite gelosamente e tramandate di generazione in generazione.

Giggetto al Portico d’Ottavia Dedicato ai turisti

Il

Portico d’Ottavia è sinonimo di “ghetto” ma in realtà, oltre alla funzione di segnare i confini della zona da cui gli Ebrei non potevano uscire durante la notte, i resti di questo antico monumento che l’imperatore Augusto fece costruire per sua sorella Ottavia, rappresentano anche il luogo in cui, fino al secolo scorso, veniva effettuata una singolare vendita di pesce “all’asta” denominata “cottio”, a cui partecipava l’intera popolazione romana. Ci sono locali che per la loro storia rappresentano quindi anche la storia di

un luogo. Qui nel cuore di Roma proprio accanto all’antico portico d’Ottavia, e vicino al teatro Marcello, si trova il Ristorante da Giggetto al Portico d’Ottavia, un ristorante che nel tempo è stato punto di riferimento della cucina tradizionale romana-ebraica. La cucina ebraica romana, molto povera di ingredienti ma allo stesso modo molto ricca di sapori, nasce dalle mani amorose delle massaie romane, che elaboravano piatti con accuratezza tale da renderli appetitosi. Da tre generazioni Giggetto al Portico d’Ottavia è gestito dalla famiglia Ceccarelli: Aprile, Maggio, Giugno 2012

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La storia di “Giggetto al Portico D’Ottavia” inizia quando Luigi Ceccarelli detto “Giggetto”, reduce dalla prima guerra mondiale, e la sua consorte Ines acquistarono una vecchia osteria che sin dal 1923 fu famosa per il buon vino di Frascati. Al vino si aggiunsero quindi le buone pietanze accuratamente preparate dalla “Sora Ines”, una fra tutte, gli insuperabili “carciofi alla giudia” che rimangono ancora una delle specialità del locale.

Il locale è ospitato in una struttura antica

Giggetto Al Portico d’Ottavia Via del Portico d’Ottavia, 21 00186 Roma Tel. 06 686 1105

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Enoteca Chirra Segni di passione e professionalità

L’

Enoteca Chirra, a due passi dal Teatro dell’Opera, aderisce all’Associazione Vinattieri ed è una delle più note enoteche della capitale. Il locale nasce nel lontano 1945 come bar drogheria. Goffredo Chirra classe 1935, l’attuale proprietario, in questo locale ci ha passato la vita percorrendo tutte le tappe professionali: prima baristaragazzo di bottega, poi direttore, e poi ancora gestore. Fino al ’79, anno in cui ne diviene proprietario rilevandolo dalla vecchia società. Dal fascino mitteleuropeo con la trama ottocentesca col pavimento in marmo variegato, l’Enoteca Chirra oggi, grazie all’accorpamento di due locali, uno destinato a Bar-caffè, l’altro all’Enoteca, pone in maggiore evidenza i tratti professionali di

cui si fregia. Nello spazio dedicato al Bar Caffè la solidità del bancone realizzato dalla mano di provetti ebanisti si incastona in uno spazio architettonico di grande respiro offrendo una dimensione calda, informale, tipica di un caffè storico, ma sensibile alle esigenze contemporanee. Dall’altra parte, le volte alte che si coniugano con le scaffalature dell’enoteca cariche di una selezionatissima varietà di prodotti enogastronomici, è una manna per veri intenditori. Un grande locale di tradizione reso famoso dalla passione di Goffredo Chirra verso le cose buone e punto di riferimento per tutti coloro che cercano prodotti esclusivi: dalle riserve di whiskey invecchiato alle più famose etichette di vino italiane e francesi, dal cioccolato al fois gras, passando per la pasta di Gragnano fino al caviale.

Enoteca Chirra Via Torino, 133 00184 Roma Tel. 06 485659

oggi lo porta avanti Claudio, il nipote di chi ha voluto fortemente tenere viva la realtà di questa s“osteria romana”. Il locale è ospitato in una struttura antica con un susseguirsi di stanze da pranzo: la sala Sant’ Angelo che si affaccia nell’omonima via, la sala Portico, la più antica e dalle ampie vetrate che si affacciano sul Portico D’Ottavia, la sala Marcello con stessa vista, la sala Ottavia, al centro del ristorante che si affaccia sulla piazzetta di San’Angelo in Pescheria e infine la più piccola, la sala Tiberina.

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Ristorante Pipero al Rex Un po’ classico, un po’ moderno, un po’ territorialista

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lessandro Pipero innanzitutto è un buon comunicatore: non perché abbia un linguaggio articolato o sfoderi un lessico erudito e raffinato. Anzi. Ma il suo parlare, che è comunicare, è convincente. Sa bene che la comunicazione è il nodo fondamentale di tutte le relazioni e che un imprenditore è tale perché ha delle relazioni convincenti sia con il mondo esterno alla sua azienda, clienti, fornitori, partner, media, sia con quello interno, soci, collaboratori e dipendenti. E sa anche bene che comunicare oggi vuol dire conoscere ed usare, i sistemi avanzati dell’agorà via etere: internet, face book, twitter, you tube. Alessandro Pipero oltre ciò, però, è soprattutto un uomo di sala! E non è poco se inteso come maitre sommelier professionista: un mestiere che nella ristorazione italiana trova sempre più difficile riconoscimento ad personam. Cresciuto professionalmente grazie alla sua passione e alla sua risolutezza, Alessandro Pipero, è al fianco di Antonello Colonna in quel di Labico che trova anche i successi che lo legittimano nel ruolo che calza a pennello: con i riconoscimenti da parte della critica del settore che da lì in poi gli piovono addosso, compreso quello di “miglior sommelier d’Italia”. Maitre Patron, potremmo dire, uomo di sala, imprenditore, talent scout di cuochi e produttori di vino e cibo, che osa chiamare il locale col proprio. Un uomo che lavora sempre col piacere di farlo: “quando mi accorgo che si tratta di semplice lavoro smetto” - mi dice. Così Alessandro Pipero, dopo l’esperienza di Albano Laziale, ha aperto

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a Roma, da 6 mesi circa, Pipero al Rex. Un locale che si identifica per metà col suo cognome Pipero e per metà col luogo che lo ospita: Hotel Rex, vicino a Via Nazionale, a due passi dal Teatro dell’Opera. Un ristorante che gli sta cucito addosso come un abito: una stanza dal soffitto alto a cassettoni, una manciata di tavoli, un camino che fa da nicchia per i superalcolici, comode poltrone in pelle e il bancone che fa da invito al cubo di vetro che contiene la cucina. “In una città finalmente, e che Città…., i coperti che facciamo qui in una settimana li facevamo ad Albano Laziale in 6 mesi” - mi dice. Se è lui che guida con consumata professionalità e indubbia competenza gli ospiti verso l’approccio con i menu del Pipero al Rex, è lo chef Luciano Monosilio, 28 anni appena, - l’ennesimo talento da lui scovato - “aziendalista ed amico” - aggiunge Pipero, da cui fuoriescono prelibati manicaretti. Luciano Monosilio è cresciuto professionalmente con Roscioli, Pierangelini, Uliassi…., ma è Enrico Crippa che gli ha lasciato il segno più evidente. La sua è una cucina che punta ai sapori netti, riconoscibili, calibrati, decisi e teneri. Anche fresca, che sia pesce, che sia verdura, che sia carne. Dalle forme e dai gusti sublimi: un po’ classica, un po’ creativa, un po’ territorialista.

Una cucina che punta ai sapori netti, riconoscibili, calibrati, decisi e teneri. Anche fresca, che sia pesce, che sia verdura, che sia carne

Ristorante Pipero al Rex Via Torino, 149 00184 Roma Tel. 06 4815702

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Federazione Italiana Cuochi Unico organismo in Italia affiliato WACS a tutela e promozione della professione

La

Federazione Italiana Cuochi (F.I.C.) è l’Ente più rappresentativo delle berrette bianche in Italia e vanta il riconoscimento giuridico dal 2001. È costituita da 120 Associazioni Provinciali, 20 Unioni Regionali e numerose Associazioni e Delegazioni Estere. Ogni anno associa, attraverso le Associazioni e Delegazioni, circa 20.000 iscritti. Costituita nel 1978 da Associazioni aderenti (alcune delle quali avevano superato i 200 anni di fondazione ed erano nate in passato come confraternite, corporazioni o società di mutuo soccorso di “cucinieri”) rappresenta tutti coloro che si dedicano all’attività culinaria professionale, sostenendone lo sviluppo, la promozione e la formazione. La F.I.C., inoltre, è l’unica Associazione Cuochi in Italia a rappresentare di diritto la “World Association of Cooks Societies” (WACS), alla quale aderiscono oltre 70 Federazioni Nazionali dei cinque continenti. Questi ed altri riconoscimenti consentono alla Federazione la presenza attiva nei più importanti saloni culinari del mondo come ad esempio: i “Campionati del Mondo di Lussemburgo”; le “Olimpiadi Culinarie di Erfurt”; lo “European Culinary Challege di Basilea” e nelle altre iniziative delle nazioni aderenti alla Wacs.

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La collaborazione con enti governativi italiani o altre istituzioni le permette, inoltre, di avere una propria rappresentanza all’interno della “Commissione Enogastronomia del Ministero del Turismo” e di cooperare attivamente a molte iniziative istituzionali del Ministero della Salute e dell’Istruzione. In Italia, oltre al Congresso Nazionale - momento di confronto dell’intera categoria sulle più attuali tematiche del settore - essa organizza importanti manifestazioni gastronomiche e concorsi come: gli “Internazionali d’Italia” e il “Grand Junior Cooking Contest” a Massa Carrara; “Artistica” a Rimini; il “Concorso Nazionale di Erba”; il premio “Taittinger”; il “Global Chef Junior”; “L’Agorà dei Giovani” ecc. L’assidua collaborazione con amministrazioni territoriali, istituti alberghieri, enti e confederazioni

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F.I.C. e il “marchio di approvazione” La Federazione Italiana Cuochi (F.I.C.) è l’unico ente professionale di categoria giuridicamente riconosciuto e rappresenta la Wacs (Società Mondiale dei Cuochi) sul territorio nazionale. Nell’intento di tutelare e legittimare la rispondenza qualitativa dei prodotti commerciali nei settori di propria competenza, la F.I.C. nel ????? ha promosso l’istituzione del marchio “APPROVATO DALLA F.I.C.”: un riconoscimento importante e un logo per valorizzare ulteriormente la professionalità del cuoco italiano e delle aziende che operano con qualità in Italia e all’estero. Il marchio “APPROVATO DALLA F.I.C.” è riservato esclusivamente ai produttori di derrate alimentari, di attrezzature e di utensili di qualità per la ristorazione ed è concesso solo dopo che il prodotto o una linea di prodotti, hanno superato le analisi e i controlli da parte di un’apposita Commissione. La concessione impegna formalmente l’azienda a produrre nel pieno rispetto delle norme stabilite nel momento del rilascio del marchio “Approvato F.I.C.”. “Il marchio “APPROVATO DALLA F.I.C” è concesso dalla nostra Associazione - dice il Presidente Paolo Caldana solo a quelle realtà produttive del settore ristorazione a cui abbiamo riconosciuto il valore, nonché la funzione e il riconoscimento in termini qualitativi, dei loro prodotti”. La scelta di un prodotto da parte della Federazione Italiana Cuochi è guidata da un insieme di “test”. A fronte di questa esigenza nello scenario attuale del settore “pentole in Alluminio”, per esempio, il marchio “APPROVATO DALLA F.I.C.” è riportato sugli strumenti di cottura con caratteristiche rispondenti ai requisiti di sicurezza igienica e prodotti con “Alluminio per Alimenti puro al 99% minimo” - in linea con i regolamenti dettati dal Ministero della Salute e stabiliti in un apposito Decreto Legge del 18 aprile 2007 recante la disciplina igienica dei materiali e degli oggetti di alluminio e di leghe di alluminio destinati a venire a contatto con gli alimenti pubblicato dal Ministero della Salute. Gli altri requisiti che devono inoltre avere le pentole in Alluminio col marchio “APPROVATO DALLA F.I.C.” sono versatili, si adattano cioè a diverse tecniche di cottura, poi lo spessore che non deve essere inferiore ai 3mm per avere un’ottima conduttività di calore costante su tutta la sua superficie. Per il resto le pentole in Alluminio hanno qualità intrinseche che le fanno rimanere fondamentali ed uniche per l’uso costante e quotidiano che ne fanno i cuochi: la maneggevolezza (l’alluminio è un metallo leggero), la resistenza (agli urti, agli chock termici, alle abrasioni, alla corrosione), il facile mantenimento, e, non per ultimo, assai importante, anche il fatto che è riciclabile al 100%.

di settore, nonché la sinergia con molte aziende di spicco, permette poi alle proprie Associazioni e Unioni Regionali di organizzare sui territori di loro competenza una media di 500 eventi o manifestazioni ogni anno. La Federazione Italiana Cuochi ha la propria sede operativa, di proprietà, a Roma. Per oltre due decenni questa è stata allocata a Milano. Da Roma opera la Segreteria e gli Organismi Direttivi Nazionali. La F.I.C. programma la propria attività in compartimenti e dipartimenti con specifiche aree di competenza che vanno dall’aggiornamento professionale alla formazione, dalla ricerca di settore ai convegni specialistici e alle competizioni internazionali.

Tra questi ricordiamo: I Maestri di Cucina ed Executive Chef, La Nazionale Italiana Cuochi (NIC), L’Ateneo della Cucina Italiana, il Compartimento Giovani e Le Lady Chef. Sotto il profilo della comunicazione la FIC edita il bimestrale “Il Cuoco”, con una tiratura di 20.000 copie per numero. La rivista costituisce uno strumento cardine d’informazione sulle proprie attività, nonché di collegamento fra tutti gli Associati e per i numerosi cuochi italiani o stranieri abbonati. Attraverso questa, come anche attraverso differenti pubblicazioni e numerosi video o Cd-Rom, la F.I.C. si impegna a divulgare per i propri lettori contenuti tecnici o di attualità, nonché di aggiornamento del settore. Aprile, Maggio, Giugno 2012

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Ristorante Agata e Romeo Tesoro gourmet

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insegna Hostaria all’ingresso del Ristorante Agata e Romeo rimarca che questo è un posto dove si consumano cibi all’insegna della convivialità vera. L’omaggio alla memoria degli antenati di Agata Parisella, proprio qui ristoratori sin dalla fine dell’800, quindi, rassicura. Come anche la bandiera italiana che sventola fiera dal pennone a fianco dell’insegna del locale di via Carlo Alberto - vicino all’Esquilino, ormai “quartiere cinese” - ribadisce anche che Agata e Romeo, terza generazione di ristoratori insediatasi qui, sono tra i pochi “sopravvissuti” nel rione alla colonizzazione imperante degli occhi a mandorla. Ambiente elegante e curato, impreziosito dalle opere

Ristorante Agata e Romeo Via Carlo Alberto, 45 00185 Roma Tel. 06 4466115

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pittoriche, “dedicate”, del noto artista americano Mark Kostabi, e dalla collezione di teiere antiche che occupano tutta una parete del locale, il ristorante Agata e Romeo - una trentina di coperti in totale - ti accoglie con cura e ti invita fin da subito a gustare tutto in santa pace. L’ambiente curato svela anche il carattere delicato e sincero di Agata Parisella, romana doc e quello più sanguigno di Romeo Caraccio, originario del Sannio che si incontrano da giovanissimi e insieme percorrono passo dopo passo tutte le tappe che li portano al successo. Sì, perché Agata e Romeo è, e rimane, uno dei simboli e capisaldi della ristorazione e dell’accoglienza di qualità italiana, riconosciuto dalla clientela, oltre che dalla critica locale, nazionale ed internazionale. Agata Parisella ha respirato la cucina da sempre, come anche il mercato e le materie prime. In 5 tra fratelli e sorelle aiutavano i genitori quando ne avevano di bisogno:“erano altri tempi e il ristorante era come una casa, non si usciva mai - mi dice - ci si riposava anche qui tra un servizio e l’altro e le ferie non esistevano”. Per questo motivo quindi Agata sognava una vita diversa: lei amava i viaggi, voleva di diventare hostess e in età scolastica aveva rifiutato la proposta del padre di iscriversi alla scuola alberghiera di

Uno dei simboli e capisaldi della ristorazione italiana di qualità

Stresa, preferendo gli studi alla scuola tecnica di turismo. Nell’82, messa alle strette dai suoi genitori sul da farsi, visto che loro per raggiunta età dovevano lasciare, Agata ripiega in modo dolce e naturale verso quel mestiere che sotto, sotto, inconsciamente, ha sempre amato. Così decide di rilevare il locale con Romeo, allora suo fidanzato, che nel frattempo lascia gli studi di medicina. I ruoli sono chiari da subito: lei in cucina lui in sala. Le vicende biografiche dei due si rileggono in trasparenza nell’amore che mettono subito nel portare avanti “questo grande e meraviglioso lavoro” come lo definiscono oggi. Agata parte per la Francia alla scoperta di cose nuove, per capire, per affinarsi, lui si prepara da sommelier, frequentando uno dei primi corsi quando ancora l’associazione di bacco contava pochi iscritti. Aprile, Maggio, Giugno 2012

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Cercavano una libertà, un’autonomia, delle forme di esperienze variate, indispensabili per il loro nuovo progetto di ristorante che avevano in mente. Quello di una cucina della tradizione squisitamente romanesca, rinnovata, raffinata, ingentilita: più vicino ai viaggi di Agata e alle sue nuove esperienze che al suo passato. Enfatizzata, inoltre, da una incredibile cantina di grandi vini che Romeo stava mettendo in piedi. Fra queste luminose certezze, e con i piedi ben saldi a terra Agata e Romeo diventa anche un ristorante del circuito Jeunes Restaurateurs d’Europe. Anche se i manicaretti di Agata e Romeo però ci mettono un po’ a conquistare il pubblico romano che considerava più la cucina dei pasti abbondanti e vedevano l’elaborazione dei piatti di Agata come una novità estrema, difficile da capire. Meno fatica faceva invece il pubblico di fuori che da Agata e Romeo ci trovava una rappresentazione della cucina tradizionale, giovane e audace, una delizia per

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il palato. “Gli Anni ‘80 e inizio ’90 sono stati duri” - mi dice Agata. Anche se aumentavano i riconoscimenti delle guide specializzate, con anche la cantina pluripremiata e la prima stella Michelin. Ma Agata lavora per essere una cuoca sempre più completa, come Romeo un Sommelier sempre più preparato e aggiornato. “Amo la cucina regionale, tradizionale. È dal passato che io ricavo il nuovo - mi dice Agata - Massima attenzione alla qualità della materie prime, creatività e innovazione, ma con le radici territoriali ben evidenziate e salde”. Cucina lussureggiante, nel senso di lussuria degli ingredienti, verdure, pesce, olio extravergine, carne, spezie: e con questo lessico che Agata dispiega il suo genio creativo in cucina. Per questo lei viene sempre più spesso scelta per preparare pranzi e cene istituzionali in Italia a Palazzo Chigi, a Villa Madama, a Villa Doria Pamphili, per capi di stato e ambasciatori esteri in visita nel nostro Paese, e anche all’estero per occasioni speciali in cui si deve rappresentare al meglio il nostro Paese. L’evoluzione gastronomica romana che interpreta oggi Agata è anche frutto dei suoi numerosi viaggi gastronomici e di lavoro: dall’Europa, agli Stati Uniti all’Asia da cui ha attinto molto. Sia come tecnica di cucina, che come ingredienti. Nessuna nota modaiola quindi nei suoi piatti. Ma una sana tradizione rivisitata e attenta alla leggerezza. Il futuro, tenuto conto che Agata e Romeo sono diventati da poco nonni e che le due figlie Carla e Maria Antonietta hanno preso altri lidi, è segnato dalle origini di Romeo e dallo strepitoso olio extavergine d’oliva che producono nella loro tenuta nel Sannio. Che presto sarà un posto che ospiterà delle stanze con una cucina in cui la campagna si concede all’uomo prima ancora che l’uomo chieda e in cui Agata e Romeo coccoleranno i propri ospiti. Step-line s.r.l. - Via Archimede, 21/A - S. Martino Buon Albergo - Verona - Tel. 045 99 49 35 - Fax 045 97 86 902 - info@acquasteplians.com www.step-line.com

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Salumeria Ciavatta Una bottega che non molla

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rent’anni fa Roma stava già cambiando e oggi in alcune sue parti forse non la si riconosce più. Anche per la scomparsa delle botteghe artigianali che disseminate lungo le vie del centro esprimevano una schietta natura borghigiana. Le botteghe del centro invitavano ai piaceri, ai saluti, alle battute di spirito ai discorsi sulla vita. Erano i megafoni, gli echi non chiassosi e quasi musicali di

un’antica maestria individuale che si consumava dentro le diverse mura delle realtà artigianali. Erano l’anima della città, il volto di una convivenza civile più stretta, spontanea, colloquiale. E adesso? Via, via sconfitte dal diffondersi dei supermercati, e dei negozi di souvneirs o cineserie, resistono a stento. Il loro numero si è fatto raro, le poche sopravvissute son diventate negozi con le

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Ristorante Le Tamerici Materia prima di qualità e originalità del prodotto vetrine e il di-din del campanello quando si entra, per il peso dell’età i “vecchi” hanno ceduto le armi e non ci sono più i giovani con la voglia di prenderne il posto. Una bottega che continua a resistere nonostante tutto, riconosciuta tra le botteghe storiche di Roma, è la fornitissima Salumeria Ciavatta. Nata nel 1956 per opera della famiglia Ciavatta, come bottega specializzata nella selezione e nella vendita di salumi di qualità di tutta Italia, oggi la Salumeria Ciavatta è una gastronomia gestita da Massimo Rietti, marito di Patrizia Ciavatta, al servizio qui dal 1987. Passione e professionalità non gli mancano se sopravvive all’assalto della mediocrità delle proposte che gli sono attorno. Da lui i raffinati gourmet o i semplici golosi hanno solo l’imbarazzo della scelta tra il banco del fresco, carico di salumi artigianali e formaggi tipici (italiani e francesi, ma imperdibile è la mozzarella di bufala campana), e gli scaffali pieni di ricercatezze gastronomiche. A pochi passi da lì Massimo Rietti ha anche aperto da poco un’enoteca con mescita “Il Tino di Vino”, con lo scopo di abbinare vini ricercati, alla ricca selezioni di formaggi, salumi e dolcezze, che vende nella storica bottega.

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Capitale italiana, crocevia di culture, densa di rumori, colori e profumi, luogo di storia e di monumenti che ne aumentano la suggestione, propone un’infinità di ristoranti concentrati nella maggior parte nel suo centro più affollato dai turisti. A due passi da Fontana di Trevi, uno dei luoghi più visitati e alta frequentazione turistica, sorge da dieci anni il Ristorante Le Tamerici: un ristorante fuori dal contesto, diverso da quelli vicini che ti tirano per la giacca proponendoti menu “turistici” a prezzo fisso. Le Tamerici invece è un piccolo gioiello con salette ben curate, dove legno e arte ti avvolgono in un abbraccio confortante come le luci soffuse e la cura dell’arredamento minimalista dai toni chiari ed estremamente sobrio. La cucina semplice, fatta con materia prima di qualità e senza tante elaborazioni. Se è pur vero, che qui la clientela è fatta in buona parte da turisti, si tratta di turisti sapienti, che vogliono mangiar bene, che apprezzano una mise en place curata, cibi sempre all’altezza della situazione e un servizio attento e competente. Giovanni Cappelli, 34 anni originario di Lamezia Terme

(Cz) è il patron del Ristorante Le Tamerici. La sua è una storia di emigrante colto che nel 96, a soli 18 anni, si trasferisce a Roma per fare l’attore: con il gusto per la cucina e per le cose buone che lo ha sempre accompagnato. E sono proprio la ricerca e la soddisfazione del gusto verso l’eno-gastronomia che un bel giorno gli fanno incontrare la sua compagna: “ero entrato in un locale che avevo scelto per consumare un buon bicchiere di vino e ho trovato anche l’amore” - mi dice. Lei è Daniela Cavicchia ed è la

Cucina semplice, materia prima di qualità senza tante elaborazioni di prodotto

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proprietaria del Ristorante Il Chianti proprio a fianco, di quello che adesso è il suo, Le Tamerici. Il passo da attore a “ristorattore” come ama definirsi Giovanni Cappelli, per il suo modo di rappresentare anche i piatti ai suoi commensali, è breve. Il progetto del ristorante Le Tamerici nasce quindi quasi spontaneo.

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che mantengano l’originalità del prodotto, e poi grandi e bei vini. Lo staff oltre i due oggi è arricchito di giovani professionisti come Simone Curti, lo chef, e Riccardo Mattoni, il suo “secondo”. Simone Curti, 35 enne, nonostante la giovane età arriva da esperienze di cucina tra cui quella consumata al ristorante Da Pascucci al Porticciolo, a Fiumicino, che gli ha segnato la mano nella trasformazione dei piatti di pesce. Qui tutti sono impegnati quindi nella ricerca

A seguirlo in questa “impresa”, oltre la spinta della compagna che di ristorazione ne sa, è Gianni De Bellis, pugliese, di Putignano (Ba), valente sommelier che diventa la figura di riferimento fondamentale per il locale. Gianni De Bellis infatti in passato ha consumato importanti esperienze nel comparto: da giovanissimo come

Ristorante Le Tamerici Vicolo Scavolino, 79 00187 Roma Tel. 066 9200700

Tutti sono impegnati nella ricerca dell’originalità del prodotto fresco e buono, soprattutto pesce, quello pugliese che arriva quotidianamente

barman presso le Grotte di Castellana, dopo l’Istituto alberghiero e una serie di esperienze in costa adriatica, soprattutto Rimini e Riccione e poi la Svizzera. Quindi di nuovo Puglia, la sua terra, dove apre un winebar “perché nel frattempo mi ero appassionato al vino, che rimane uno dei miei grandi amori” - mi dice. Siamo a cavallo degli anni Novanta, quando gli propongono di spostarsi a Roma

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per occuparsi della Taverna Antonina, un ristorante di Roma specializzato in cucina pugliese. Arriva nella Capitale, lavora qui e anche in diversi locali, offrendo consulenze professionali, fino a quando conosce Giovanni Cappelli da cui gli arriva la proposta di occuparsi de Le Tamerici. L’obiettivo è ben chiaro: cucina semplice, materia prima di qualità senza tante elaborazioni

dell’originalità del prodotto fresco e buono, soprattutto pesce, si è detto, quello pugliese che arriva quotidianamente e che si mette in bella mostra all’ingresso del locale. Oggi oltre che a Le Tamerici, Giovanni Cappelli, è impegnato anche nel locale di fronte “Spirito e Forno” dove la proposta dei cibi è più “stile osteria”. Due locali contenitori ideali del nuovo progetto del manager Cappelli: “La Bottega del Gusto” che vuole promuovere materie prime di assoluta qualità da esportare in giro per il mondo. Aprile, Maggio, Giugno 2012

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na bella targa in ottone fuori dalla bottega recita “Antica Macelleria Annibale - Negozio d’Epoca”. Si trova in via Ripetta, a pochi passi da Piazza del Popolo. Qui, dal 1888, ci si rifornisce di carne di qualità. Appena si entra il bancone in marmo d’epoca sembra un altare tanto è bello e prezioso e dal sorriso di chi gli sta dietro si capisce che quel titolo se lo merita tutto. Dalla strada una vetrina coi tagli appena preparati espone delle corna di “Kobe” falcate come manubri di motocicletta quasi ad esprimere la forza culturale che sta dietro a questo locale.

La Macelleria Annibale è una di quelle rare e preziose realtà commerciali italiane che resistono nonostante tutto. Il suo patron anfitrione è Annibale Mastroddi, macellaio in Roma, arrivato a bottega negli anni 60 “co´ i carzoni corti” che alla carne gli vuole bene come ad un figlio. Un ometto temperato, camice bianco logato, dalla faccia ironica e bonaria. Una vita tra le celle frigorifere e i marmi del negozio lo hanno gasato ancora di più: “so´ frollato per bene come le mie carni” - mi dice col suo modo simpatico Annibale. Lui è un vero e proprio vulcano di sapienza nella scelta e nella macellazione della carne: solo di prima qualità. Qui da Annibale si impara la geografia della carne buona. Lui è il vecchio macellaio che si alza alla mattina presto, prepara i tagli di cui conosce

Macelleria Annibale

Antica Macelleria Annibale Via di Ripetta 236/237 Roma Tel. 06 3612269

Saggezza della carne di qualità

Un vulcano di sapienza nella scelta e nella macellazione della carne

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tutto, apre bottega, consiglia i clienti, regala saporite ricette e procedimenti per preparare al meglio la carne che vende. Ma prima di ciò Annibale seleziona con cura e comprat le migliori mezzene di Fassona piemontese o di Chianina, i capretti allevati come una volta, i capponi da terra, la cinta senese, il manzo danese... Bisognerebbe contraccambiare meglio chi ci regala autentici gioielli come fa Annibale! Viva Annibale!


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Trattoria Monte Caruso A Roma le antiche ricette lucane

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Roma dell’infinità di ristoranti che offre la città, molti appartengono alla tradizione di cucine italiane di territori diversi, praticata da gente arrivata qui per lavorare e trovare fortuna. Così è capitato anche alla famiglia Lucia, dal 1974 impegnata nella gestione della trattoria Ciccilardone-Monte Caruso. L’origine del nome Cicilardone deriva dall’appellativo della famiglia del padre: Cici sta come diminutivo del nome Lucia e lardone dal simbolo di ricchezza, di opulenza oppure di robustezza, dell’antenato. Monte Caruso invece è la terra da dove proviene la famiglia Lucia, che ha voluto così rendere onore alle sue origini. Lucani Doc, la famiglia Lucia rappresenta quella fascia di emigranti pionieri, che arrivano da terre di miseria, terre di dolorose emigrazione, che per sfamarsi cominciano a sfamare gli altri, puntando sulla Capitale crocevia di genti e attività.

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Per questo a parer mio Roma è da considerarsi un “centro” di culture gastronomiche interessante, capace di raccogliere e rappresentare infinite tradizioni di cucina di ogni parte del bel Paese e anche oltre. “La Trattoria Cicilardone-Monte Caruso la aprono mio padre Domenico e mia mamma Latorraca Rosa il 21 aprile del 1974 in via Merulana” – mi dice Emanuele Lucia, 38 anni, seconda generazione, che si occupa della sala e ogni tanto dà una mano alla mamma in cucina per l’impasto della pasta e nella preparazioni dei dolci. Mamma Rosa e Papà Domenico si occupavano d’altro, non sono arrivati a Roma come professionisti della ristorazione. Lo sono diventati sul posto, spinti dalla voglia di lavorare e favoriti dalla clientela che sempre di più apprezzava i cibi da loro proposti. Sapori e profumi della Basilicata, in primis, ricette della tradizione semplici, come i modi della famiglia Lucia, asciutti e schietti. Nel 1996 i due coniugi, insieme ai tre figli, Emanuele, Elena e si spostano nell’attuale locale di Via Farini: ambiente ben curato e ospitale, dove singolari mattonelle in terra cotta, che espongono messaggi e pensieri dei clienti approdati qui, trovano posto su alcune pareti come fossero opere d’arte. Sostanzialmente invece la cucina qui è rimasta intatta come lo era all’ora, quando la aprirono. Non si è “romanizzata” se non per alcuni piatti che appartengono alla cultura romana, ma chissà quali origine lontane hanno. La pasta è sempre fatta in casa: orecchiette, ciabatte, ravioli, spaghetti, con la ricotta o al cacio e pepe. “A quei tempi cacio e pepe non lo faceva quasi nessuno” - mi dice Rosa, la mamma di Emanuele. E poi, per mantenere sempre alti i sapori della cucina tradizionale, selezione di formaggi e salumi lucani, secondi a base di carne e baccalà cucinati alle maniere lucane.

Ricette della tradizione, semplici, come i modi della famiglia Lucia

Trattoria Cicilardone Monte Caruso Via Farini, 12 00185 Roma Tel. 06 483549

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Trattoria Lo Scopettaro er gli abitanti della Capitale Testaccio è semplicemente “er core de Roma”. Qui si respirano ancora atmosfere altrove perdute e, anche dal punto di vista gastronomico, si possono vivere esperienze interessanti e appaganti. Tra i locali da non perdere va annoverato certamente “Lo Scopettaro”, collocato tra Piazza dell’Emporio e il Tevere. Nato nel secolo scorso come negozio di scope - da cui il nome - questo tipico ristorante riesce

Gabriele, che guidano e consigliano la clientela con fare sicuro e il sorriso sulle labbra, palesando uno stile decisamente romano ma non disgiunto da una professionalità che è frutto di una vera passione per il proprio lavoro. Il resto lo fa un menu ben studiato, un’ottima scelta per quello che concerne la materia prima e l’estro di mamma Paola. Assolutamente imperdibili i primi, dai classici come cacio e pepe, matriciana, carbonara, puttanesca e gricia, a quelli più difficili da trovare come rigatoni con la pajata o tagliatelle cicoria e pecorino. Per i secondi polpette

a proporre i sapori e i profumi di quella cucina testaccina che rimane uno dei capisaldi della tradizione culinaria romana. Gran parte del merito va alla famiglia Trombini che ha rilevato il locale nel 2006, riportandolo agli antichi fasti. Con mamma Paola, autodidatta, che in cucina mostra mano sapiente e palato raffinato. Papà Roberto, poi, rappresenta la memoria storica non solo del locale ma anche di una certa Roma spesso dimenticata. In sala i due figli, Alessandro e

al sugo, l’abbacchio in tutte le sue varianti, il pollo con i peperoni, la coratella, la trippa e la coda alla vaccinara (tanto per non dimenticare che l’antico mattatoio di Roma sorgeva a poche centinaia di metri da qui e che proprio per questo motivo Testaccio è considerato il quartiere del quinto quarto). Per contorno un evergreen come la cicoria ripassata in padella, o le puntarelle con battuto di aglio e alici fatte con tutti i crismi o ancora carciofo alla romana.

Professionalità che è frutto di una vera passione per il proprio lavoro

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Pizzarium Tutte le grazie della pizza

Tradizione culinaria romana

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tema della buona pizza oggi torna con golosa e popolare insistenza grazie a Gabriele Bonci, un ragazzone classe 1977 romano, con mamma di origine venete e papà marchigiano, che nella Capitale, nel 2003 dopo gli studi alberghieri, apre Pizzarium: una ristrettissima pizzeria al taglio vicino a Piazzale degli Eroi; praticamente all’uscita della fermata Cipro della linea A della metropolitana. L’opera di Gabriele Bonci, che preferisce prendere le similitudini dall’opera campagnola contadina e il più vicino alla loro mentalità, lega subito il suo nome in modo viscerale alla pizza e anche al pane. E lui e il suo locale diventano in poco tempo i simboli legati alla buona pizza italiana. Col suo fare agitato e diretto, da romano buono, ma “materiale”, Bonci mi parla di tutt’altro che di pizza mentre lo intervisto. E mette subito l’elmo di Scipio in testa ai produttori artigianali di farina, di ortaggi, di prosciutti, di mozzarelle, e di quant’altro la terra del nostro amato Paese è ricca. “Prima c’è la filosofia - mi dice - la materia prima buona è una conseguenza della filosofia”. La sua filosfia è: “il cibo la fa il contadino, quindi il contadino sopra tutto..., io guardo gli occhi del contadino e mi parlano di terra, mi dicono che il grano si nutre di sole, mi ispirano”. Bonci sa anche che l’altro elemento fondamentale è la comunicazione, intesa cioè che chi sa comunicare bene va avanti meglio. È la buona comunicazione quindi, è l’altro elemento fondamentale di Bonci, per far passare alcune tesi a lui care sulla pizza buona. Così è ospite fisso settimanale alla Prova del Cuoco della Clerici, diventando meritatamente il re della pizza o il “Michelangelo della Pizza”, secondo l’ormai nota definizione di Vogue. Dentro il suo “buco” di Pizzarium il pittore delle farine dipinge la Pizza con lo stesso modello ispiratore, quello che cambia è la concezione creativa. Da ogni “altoparlante” che gli si avvicina lui esorta e predica ai disinvolti amanti della pizza di mangiarla più consapevolmente e di chiederla buona a chi la fa. La pizza è un cibo di strada e Gabriele Bonci, si considera un artista di strada. Lee Marshall, esperto di cultura italiana, raccoglie anch’egli queste sue parabole sulla pizza, tant’è che lo posiziona online nel supplemento Travel del The Guardian: il video fa subito il giro del mondo e diventa il più visitato nelle 24 ore successive. Accostamenti creativi e ingredienti ricercati e di qualità il successo delle pizze di Bonci: pizza bianca farcita con la mortadella, con la crema di porri, con le patate, con i funghi porcini, con bufala e basilico, con broccoletti e salsiccia, con speck e provola, pachino, porcini e prezzemolo, con carciofi e gorgonzola, con crema di zucca, provola e pancetta... Meditate pizzaioli, meditate! Aprile, Maggio, Giugno 2012

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La nostra forza rimane La Tradizione

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rima c’erano Renzo e Valentino a condurre “La Tradizione”: intrapresero la loro attività nel 1959 quando, appena tredicenni approdarono a Roma, lasciando i loro piccoli paesi natii dell’Umbria e nel 1980, decisero di rilevare una vecchia salumeria. I due si impegnarono anima e corpo, nella trasformazione di questo locale, facendolo diventare uno dei punti di riferimento per i buongustai di Roma e non solo. Da allora la crescita di questo locale è stata lenta ma costante grazie al lavoro realizzato

da Renzo e Valentino, che qui hanno messo, sotto la lente di ingrandimento, i migliori prodotti gastronomici di ogni parte d’Italia in particolare formaggi e salumi. A gennaio del 2012 La Tradizione ha cambiato mano: Renzo e Valentino hanno lasciato ai due baldi ragazzi calabresi,

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Francesco Praticò e Rosario Schifiliti originari dello stesso paese, che per 15 anni li hanno coadiuvati nella conduzione di questo splendido negozio di chicche alimentari. Carichi dello stesso entusiasmo dei predecessori ex datori di lavoro, Praticò e Schifilliti, hanno anche ereditato la grande passione che sta dietro alla valorizzazione di prodotti agro-alimentari di qualità per poter continuare a proporre ai propri clienti la qualità migliore possibile se non addirittura certe volte anche più esclusiva. Nel loro bel negozio carico di gusti e sapori, continuano ad aumentare le prelibatezze che si possono trovare: tra le altre cose, 500 tipi di formaggi più di 15 prosciutti crudi artigianali tagliati a mano, una variegata proposta di prelibata gastronomia fredda, diversi formati di pasta fresca fatta a mano, interessanti etichette di vino… La grande passione, sostenuta da esperienze e conoscenze maturate da parte dei due giovani calabresi, ormai romani d’adozione, fa si che nel loro negozio si possono riscoprire i piaceri del gusto ed emozionarsi davanti a cotanta meraviglia. Bravi! Ben vengano giovani armati di così alta passione, entusiasmo e voglia di salvaguardare e promuovere il nostro grande patrimonio di tradizioni e cultura enogastronomica.

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Ristorante Giuda Ballerino La via culinaria della perseveranza

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ndrea Fusco, 40 anni è chef patron del ristorante Giuda Ballerino. Uomo tenace, intende la cucina come un fatto culturale in cui le esperienze personali giocano fisicamente nelle scelte, anche le più insidiose. È sposato con Mariana Alverdi argentina di Buenos Aires che, oltre accompagnarlo nel suo travagliato percorso professionale, gli ha dato un figlio da poco. Andrea Fusco quando lo intervisto capisco che sono di fronte a chi ha vissuto il ristorante dalla trincea: i suoi occhi sono attenti ad ogni movimento e le orecchie le ha ben tese ad ascoltare me e anche a cosa succede più in là in cucina. H frequentato la scuola alberghiera dopo aver mollato al primo anno ragioneria che gli aveva imposto il padre: “a ragioneria segavo sempre così lasciai e scelsi l’alberghiero solo perché si trovava una fermata d’autobus dopo - mi dice - convinto anche che forse avanzare qui nello studio fosse meno faticoso. Al di là di tutto qui invece il ragazzo dimostra impegno e si sente in qualche maniera anche dotato per la materia. Soprattutto nella pratica, Andrea Fusco è talmente bravo che, sia nei mesi estivi di vacanza, sia appena terminati gli studi all’alberghiero, i suoi docenti lo piazzano subito al lavoro. Il primo approccio vero di Andrea Fusco con il mestiere però, non è quello di amore a prima vista: “periodo non facile, ero molto deluso dalle prime esperienze presso le cucine d’albergo, anche dalla cucina di quegli anni, dalle gestioni” - mi dice. “Meditavo di lasciare e continuare a studiare iscrivendomi a Scienze dell’Educazione”. Conciliare studio universitario e cucina era difficilissimo, i soldi ed il tempo erano sempre pochi, così diventa cameriere. Anche in questo ruolo Andrea dimostra di saperci fare scalando posizioni di rilievo fino a diventare cameriere fisso presso un cinque stelle extra lusso di Roma.

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Da cameriere a direttore di un catering il passaggio è breve grazie alla sua dote di adattamento e alla sua forza di volontà. La sua determinazione ad emergere lo portano poco dopo a scegliere di aprire al Tuscolano, insieme alla moglie ed una coppia di amici, il primo Giuda Ballerino: nome che ricava dall’esclamazione ricorrente del personaggio principale del fumetto Dylan Dog che rivela la passione dello Chef per questo eroe di carta. Il posto che Andrea Fusco va ad occupare in questa nuova “impresa” è quello che sta più in alto agli investimenti economici a bilancio e

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così rimette i panni da chef. “Pagarne uno sarebbe stata un’azienda che partiva già in deficit” - dichiara. Moglie e soci invece si vanno ad occupare della sala. Il successo del “Giuda Ballerino e soci” non tarda ad arrivare, anzi. Nonostante l’ambiente spartano e il tran, tran dei piatti, sempre gli stessi, che alla fine però stufano chi li fa. Come anche le liti con i suoi soci che facevano orecchie da mercante alle richieste di Andrea per rinnovare e migliore tutta la gestione: soprattutto quella qualitativa delle materie prime. La forza di continuare comunque il suo percorso in cucina dove

Andrea Fusco si sente ormai a suo agio, gli fa vincere un concorso in cui per premio c’era uno stage da Vissani. Si parla della fine degli anni ’90 - inizio 2000. Lui a Baschi, dal “Maestro” ci va con quaderno e penna e ritorna a Roma con un’enciclopedia di appunti scritti: materie prime, fornitori, ricette, preparazioni, metodi di cottura, costruzione e disegno del piatto… Ancora più carico di entusiasmo, e più sicuro di ciò che vuole veramente fare, lascia i soci e fonda il suo Giuda Ballerino rimanendo al Tuscolano. Capacità, perseveranza, sacrificio, lavoro, rinunce, qualità a tutti i costi, ed il gioco è fatto. Sembra facile detto così, ma il carico delle parole che pesavano sulla pelle di Andrea e famiglia in quel tempo non è lo stesso dell’inchiostro che le scrive…

Capacità, perseveranza, sacrificio, lavoro, rinunce, qualità a tutti i costi, ed il gioco è fatto

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Andrea al suo Giuda Ballerino azzarda ancora di più, animato da spirito ingegnoso e sicurezza acquisita, mettendo in pista un locale gourmet. I suoi nuovi giochi culinari, basati sullo studio dei piatti classici del territorio rielaborati in chiave moderna, fanno uso della sua buona tecnica acquisita atta ad esaltare la materia prima. I suoi piatti stupiscono per fantasia, lucidità, semplicità e leggerezza offrendo piacere ed emozione all’ospite. Creazioni d’avanguardia gourmet che sollecitano man mano, oltre che i clienti, anche i critici gastronomici. Che piazzano Giuda Ballrino ai primi posti delle guide, sollevando non poco il suo patron dall’immane peso di aver visto per troppo tempo il locale sempre semivuoto! Oggi Giuda Ballerino è un locale polifunzionale, sdoppiato sia nella proposta gastronomica che nei locali: uno gourmet e uno osteria, ma anche un po’ lounge bar aperto fino alle 2 di notte, dove imperversano marcatamente, sia nell’arredo che sui tavoli, le effigi degli eroi dei fumetti: oltre Dylan Dog, Diabolik, Corto Maltese, Cattivik,Valentina... Andrea Fusco oltre che al Giuda Ballerino è impegnato anche, nel ruolo di manager/consulente, presso altri ristoranti di Roma rimettendo in gioco la sua perseveranza e la serietà professionale che lo distinguono, oltre quella di alcuni suoi fedeli collaboratori-soci.

Ristorante Giuda Ballerino Largo Appio Claudio, 346 00174 Roma Tel. 06 7158 4807

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Sapori Colti Passaggi di Cultura tra Osterie, Ristoranti e Trattorie di Roma Non è detto che un “luogo comune”, per il semplice fatto di essere tale, sia sbagliato. Ce ne sono alcuni che hanno robuste ragioni d’essere. E sicuramente lo è quello che vuole i romani ormai assuefatti alle meraviglie millenarie della loro città, tanto da sfiorarle continuamente, ormai quasi del tutto indifferenti. “Capita davvero spesso, a noi romani, di sfiorare, con lo sguardo e magari anche con il tatto, testimonianze di storia, arte e cultura che consideriamo scontate. Che errore! Basta rimettere in moto la curiosità, basta non più guardare ma osservare per rimette in moto un processo virtuoso che darà come premio suggestioni ed emozioni sempre nuove e

sempre maggiori” Questa considerazione è di Paolo Di Giannantonio, noto giornalista televisivo, inviato di guerra e autorevole “mezzobusto” del Tg1, autore del volume “Sapori Colti”: una raccolta e un racconto delle tracce che alcuni personaggi importanti hanno lasciato in osterie, taverne e ristoranti. “L’idea mi è venuta un po’ per volta, - dice Di Giannantonio - a cominciare dalla sera di una decina di fa, quando in una nota pizzeria chiesero a me giornalista televisivo - di scrivere un pensiero a ricordo del mio passaggio, su una paletta di legno di quelle utilizzate, appunto, per servire le pizze a tavola. Era un clima rilassato, da serata in pizzeria, e l’unica mia preoccupazio-ne era di non risultare troppo banale. Poi mi chiesi come si erano comportati coloro che mi Sapori Colti Autore Paolo Di Giannantonio 144 Pagine Acquistabile soprattutto in rete e nelle migliori librerie

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avevano preceduto. E andai a vedere. Anzi ad osservare: c’erano anche pensieri e disegni gustosi, stimolanti, divertenti”. In un altro ristorante, per caso gi raccontarono quanto lì fosse assiduo Federico Fellini. Era diventato un amico, che addirittura aveva disegnato pupazzi per la figlia del proprietario. Ce li avevano ancora, e glieli mostrarono, insieme con il libro degli ospiti. “Lo sfogliai attentamente e trovai, tra le tante cose, anche un bel disegno di Dario Fo, un disegno di Giacomo Manzù ed uno di Renato Guttuso. Che meraviglie! E quanto erano interessanti, divertenti, spiritosi i racconti di quei momenti, fatti dai protagonisti: l’ottuagenario proprietario del locale ed i suoi familiari. Narravano dei personaggi, dei loro gusti a tavola, delle loro manie, delle grandezze e anche… delle debolezze”. Dopo altre ricerche e approfondimenti la conferma in lui che ristoranti, trattorie ed osterie di Roma erano dei veri e propri musei “inconsapevoli”: in certi casi di vere e proprie opere d’arte, in altri di oggetti, fotografie, rime, dediche, disegni e schizzi che comunque portavano in sé tracce di storia, arte, saperi, società. Mettere insieme il valore storico di queste testimonianze che attraversano oltre un secolo di vita italiana gli è sembrato un atto culturale importante da compiere. Così in questo bel volume si ritrovano i “sapori” e le atmosfere della Roma capitale di una Italia che usciva dalla Grande Guerra piena di acciacchi ma anche di speranze, gli anni della “dolce vita”, quelli dei divi americani che vengono in riva al Tevere, quelli del Cinema che la fa da padrone nella costruzione dell’immaginario italiano, quelli della televisione con cantanti, attori, comici, soubrettes, conduttori, opinionisti, tronisti, calciatori e presenz anche politici presenzialisti.

L’Atlante Qualivita 2012 L’Atlante Qualivita 2012 è un lavoro unico per complessità e per completezza in cui mondi del migliore Made in Italy, quello agroalimentare e quello vitivinicolo, sono, inseime, radiografiati e raccontati in un’opera emozionante che parla di qualità del nostro Paese. Wine & Food vanno a braccetto in questo Atlante italiano dei prodotti e vini di qualità: 2 volumi, 243 prodotti agroalimentari Dop, Igp e Stg, 521 vini Docg, Doc e Igt accompagnati da 764 schede e 1200 fotografie e una sezione dedicata al bio. I 2 volumi sono frutto di un lavoro di ricerca e catalogazione che ha visto il patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Ogni singola scheda è completata da una cartografia, per dare al lettore l’idea esatta dei vari luoghi di produzione. Una sezione è anche dedicata all’introduzione delle principali metodologie di produzione del mondo biologico. Una guida completa ed aggiornatissima per rendere l’utente un po’ più esperto e per soddisfare la voglia di quanto vogliano conoscere meglio la produzione agro-alimentare italiana. L’autore per la parte riguardante il food è Mauro Rosati, Segretario Generale Fondazione Qualivita mentre il coordinatore per la sezione dedicata al wine è Stefano Carboni di Mg Logos. Per chi volesse maggiori informazioni: stefano.carboni@mglogos.it

LEGGERE DI GUSTO

Manuale Strumenti di Cottura Saps: terza edizione Un vero e proprio vademecum in cui sono trattati i temi che regolano il funzionamento delle pentole e il loro corretto uso in cucina La cucina è uno di quei posti dove meno si pensa di trovare un riscontro scientifico fatto di regole e di numeri, fatta eccezione forse per qualche dato nelle ricette: “quattro uova, due cucchiai di farina, 1/5 litro d’acqua... cuocere per 30 minuti... cuocere in forno a 220°, lasciare raffreddare... Al di là di questo sembrerebbe che la scienza, in cucina, non ha diritto di cittadinanza: la cucina è il luogo dei profumi e dei sapori, e non c’è posto per numeri o formule. Ma a guardare meglio, dietro le tecniche di cottura come l’arrostitura, la mantecatura, le fritture, le affoga ture, ecc.ecc., emergono altri meccanismi che un occhio esercitato riesce a cogliere e a portare alla luce. Meccanismi che regolano il funzionamento e la struttura degli strumenti di cottura che usiamo quotidianamente e che celano al loro interno una grande quantità di scienza spesso tutt’altro ro che elementare. A svelare tutto ciò, e rispondere inoltre oltre all’infinità di domande e ai tanti perché erché in cucina, è nato circa 12 anni fa il Manuale Strumenti di Cottura del Centro ntro di Ricerca e Formazione Saps - nato to in seno alle aziende Baldassare Agnelli elli e Fasa, a Lallio. Oggi il Manuale Struu umenti di Cottura Saps, diventato nel el tempo la dispensa culturale più im-portante dei corsi e dei seminari delle elle tecniche di cottura, è pronto nella sua terza edizione, fresco di stampa, pa, aggiornato e più ricco di argomentii grazie alla stretta collaborazione tra ra Saps, alcuni cuochi professionisti e studiosi universitari. Il nuovo Manuale Strumenti di Cottura Sapss con questa terza edizione riesce ancora meglio e in maniera più approfondita a far emergere i meccanismi che regolano il sistema che ruota attorno al funzionamento delle pentole e il loro corretto uso in cucina. All’interno, di questo vero e proprio vademecum degli strumenti di cottura, sono trattati i diversi temi, in maniera semplice e comprensibile, che svelano una grande quantità di scienza spesso tutt’altro che

elementare. Sul Manuale Strumenti di Cottura Saps si possono approfondire in maniera esaustiva tutti i quesiti e le curiosità legate agli strumenti di cottura. 100 pagine che trattano l’argomento “pentole” a 360°: dalle fasi di produzione di una pentola, ai materiali e alla capacità di condurre il calore, dalle leggi di riferimento dei materiali a contatto con gli alimenti alla sicurezza igienica, passando alle forme e impieghi in cucina fino alle schede tecniche in cui sono prese in considerazione le differenze e le peculiarità di ciascuno strumento di cottura. Potete richiedere copia del Nuovo Manuale Strumenti di Cottura Saps, scrivendo a: ufficiostampa@sapsitalia.com

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Ristorante Il Convivio di Troiani Stagionalità e prodotti locali

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ngelo Troiani è chef patron del Ristorante Il Convivio nel cuore del centro storico di Roma, alle spalle di palazzo Altemps, a pochi passi da Piazza Navona. D’origine marchigiana, dopo il diploma alla Scuola alberghiera di San Benedetto del Tronto, matura le prime esperienze alla Capannina di Aurelio Damiani

a Porto San Giorgio, poi al seguito di Igles Corelli e infine, nel 1989, all’Hotel Lord Byron di Roma al fianco del cuoco Antonio Sciullo. Nel 1990 apre, insieme ai fratelli Massimo e Giuseppe, il ristorante Il Convivio Troiani, che diventa subito uno dei punti di riferimento dell’alta ristorazione capitolina. Contemporaneamente, insieme ad altri giovani chef, fonda la sezione italiana dell’Associazione Jeunes Restaurateurs d’Europe, di

Il Convivio di Troiani Vicolo dei Soldati, 31 00186 Roma Tel. 06 686 9432

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cui oggi è ancora parte - ultimo della vecchia guardia - e diventa anche uno dei primi docenti dei corsi di formazione della Città del Gusto Gambero Rosso. Nel suo Convivio Angelo Troiani all’inizio produceva una cucina ispirata alle influenze ricevute durante le sue esperienze, ma affinata e personalizzata secondo il suo gusto personale. Un inizio scoppiettante, con un popò di carta vini di oltre 700 etichette, con qualche

Convinto della cucina a KM0 in sintonia con le stagioni e il territorio

interessante sperimentazione e marcata riconoscibilità dei sapori che lo mette subito agli onori della critica. La stessa che gli appioppa punteggi importanti con riconoscimenti nazionali e internazionali compresa anche la Stella Michelin che si aggiudica nel 1993. Nel suo percorso fino ad oggi, di strada ne ha fatta Angelo Troiani e di idee sulla cucina ne ha sperimentate parecchie. Oggi è pienamente convinto della cucina a “km0” intesa come reperibilità della materia prima locale, per una buona cucina, senza tanti orpelli e fuochi d’artificio, con ingredienti di qualità.

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Soprattutto di chi conosce personalmente che li produce. “In tutti questi anni - mi dice ho avuto modo attraverso le mie esperienze professionali, di conoscere meglio e bene la campagna romana ed essere a contatto con la produzione contadina di questo territorio. Territori di bellezza, cultura, storia, tradizione e giacimenti enogastronomici infiniti”. Oggi, la sua cucina raccoglie e riflette questo patrimonio di tradizioni e sapori rielaborandoli e proiettandoli nel tempo presente. Una filosofia che coniuga tradizione, modernità e naturalezza, fondata su ingredienti genuini, che seleziona personalmente con passione

e attenzione grazie al contatto diretto con i produttori e la frequentazione di mercati dei contadini locali. Il risultato è uno stile personale di cucina, armoniosa, genuina e meditata, in sintonia con le stagioni e il territorio. Da giugno Angelo Troiani è anche impegnato, assieme a suoi autorevoli colleghi soprattutto “romani”, presso “Coquis” la sua scuola di cucina: uno spazio multifunzionale realizzato per accogliere tutti gli appassionati e anche esperti, che vogliono approfondire, attraverso i suoi insegnamenti, l’ arte del cucinare.

La cucina riflette il patrimonio di tradizioni e sapori rielaborandoli e proiettandoli nel tempo presente

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posto del Minerva Roof Garden è di grande impatto. La meravigliosa terrazza con vista a 360° su Roma, che durante tutto l’anno ospita il Ristorante e il Bar è unica: un loggione affascinante dal quale godere appieno dei tramonti e delle serate romane, assaporando i piatti tipici della cucina locale firmati dallo chef Antonio Falco. Napoletano di nascita, Antonio Falco ha intrapreso l’ attività di cuoco sin da giovane. Il momento che gli ha fatto decidere questa strada è stato quando, da studente, durante un viaggio di piacere ha avuto modo di incontrare uno chef dal quale rimase molto affascinato dalla divisa e dall’importanza che questa gli conferiva. Falco nel suo percorso di crescita ha avuto la fortuna di lavorare con persone umili e al tempo stesso di grande esperienza in alberghi 5 stelle extra lusso, che gli hanno permesso di alimentare la sua grande sensibilità umana e culinaria. Si è intrattenuto a lungo nella sua regione d’origine dove ha avuto inizio la sua formazione nel ristorante “l’Incontro” di Pozzuoli e il “Don Alfonso 1890” di

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La cucina che più lo rappresenta è quella artistica, senza perdere d’occhio la cucina contemporanea

Ristorante Roof Garden dell’Hotel La Minerve

Ristorante Roof Garden Hotel dell’Hotel La Minerve Piazza della Minerva, 69/A 00186 Roma - Tel. 06.695201

Sovranità del luogo Sant’Agata dei Due Golfi, ma si è affinato anche all’estero presso il Ristorante di Alain Ducasse a Montecarlo. A Napoli, invece ha lavorato anche presso il Grand Hotel Parker’S e all’Holiday Inn per circa dieci anni dov’è stato Consigliere dell’Associazione provinciale di Napoli nonché membro dell’Unione Regionale Cuochi Campani. Si sente discepolo del famoso Auguste Escoffier e in cucina segue i principi del grande Maestro che sosteneva che l’arte culinaria dovesse essere praticata con semplicità, valorizzando al meglio sapore e nutrimento dei cibi. Campione nella cucina artistica e della cucina di carne e pesce di cui fregia titoli d’oro e argento, il tipo di cucina che più lo rappresenta è quindi quella artistica - senza

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perdere d’occhio la cucina contemporanea con metodi classici rivisitati e personalizzati. I suoi piatti sono ispirati ad una cucina dove la sua “napoletanità” è forte e ben visibile e la si recepisce proprio nella scelta di privilegiare i prodotti della sua terra, esaltandone i sapori e confezionando così piatti particolarmente “solari”. Nel suo attuale menù sono previsti anche assaggi tipici romani, considerati da Falco stesso particolarità vicine alle prelibatezze campane, e altri in grado di soddisfare le esigenze e i gusti di una clientela variegata, soprattutto internazionale.

Cucina contemporanea con metodi classici rivisitati e personalizzati

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Ristorante Oliver Glowig Grand Hotel De La Minerve I pregi dell’Ospitalità Il Grand Hotel de La Minerve è un gioiello incastonato nel cuore di Roma, un palazzo ricco di storia e valore artistico, un hotel di lusso capace di regalare emozioni davvero coinvolgenti. A pochi passi dal Pantheon, Piazza Navona, Fontana di Trevi e Piazza di Spagna questa raffinata struttura, ad oggi una delle più prestigiose della Capitale, nasce nel 1600 come dimora dell’aristocratica famiglia portoghese dei Fonseca. L’intero palazzo, con tutti gli edifici circostanti, venne trasformato in albergo all’inizio dell’800, affermandosi ben presto come punto di incontro di personaggi del mondo politico, ecclesiastico, culturale e finanziario a livello nazionale ed internazionale. Nel 1990 è stato ristrutturato con la volontà di regalare ai propri ospiti il piacere di vivere la città da una posizione particolarmente scenica quale Piazza della Minerva che trae il suo nome dal “Pulcin della Minerva”, scultura di Gian Lorenzo Bernini formata da un piccolo obelisco che sovrasta un elefante di dimensioni ridotte, mirabile fusione di arte egizia e stile barocco. Strategico ed affascinante, il Grand Hotel de la Minerve, membro di WorldHotels, dispone di 135 camere tra Superior, Deluxe, Junior Suite e Suite, tutte concepite per soggiorni all’insegna del comfort più lussuoso ed esclusivo. Arte, cultura e storia permeano questo luogo e caratterizzano l’identità dell’hotel, scelto in passato da numerosi artisti, aristocratici, uomini di Chiesa, intellettuali e politici come residenza e luogo di incontri. Da Stendhal e George Sand a Pio IX, da Renato Dulbecco ai tre tenori Placido Domingo, Luciano Pavarotti e Josè Carreras. Recentemente hanno soggiornato Cristina, la infanta di Spagna, Riccardo Muti e i reali del Belgio.

Il mediterraneo con charme

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ietro lo chef Oliver Glowig, immerso da poco più di un anno nell’atmosfera positivistica, del bel mondo dorato e tiepido di Roma, c’è la tradizione campano-caprese, nonostante lui sia tedesco di Düsseldorf con esperienze in giro qua e là, soprattutto in Francia e nella sua stessa terra di origine. Oliver Glowig infatti, all’interno dell’Aldrovandi Palace, storico luxury hotel nel cuore dei Parioli, continua a vivere ed esprimere il legame incessante con il passato recente, a cui è legato, e che lo ha portato ad esplorare i meravigliosi e stupendi effetti della sua natura in modo naturale, semplice con logica conseguenza. Perché profondamente attaccato alla terra che gli ha dato l’amore, ha infatti sposato una caprese, e l’onore di essere considerato un grande chef pluristellato quand’era al Capri Palace. Così alla radice del metodo di cucina “glowigano”, oggi a Roma, rimane l’impronta del mediterraneo coi gusti e profumi di altissime cognizioni e conseguenze certe. A 42 anni, per il cuoco di Germania essersi rimesso in gioco nella Capitale non dev’essere stato semplice dopo le due stelle

Rimane il Mediterraneo con i gusti e profumi di altissime cognizioni e conseguenze certe

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Michelin all’Olivo del Capri Palace e una piccola parentesi al Poggio Antico di Montalcino. La continuità con il recente passato, nello stile di cucina, però è ancora garantita. Come la serietà nell’affrontare la nuova sfida, guidato da una forte passione e grande professionalità. Acquisita, quest’ultima, non di recente, ma da una vita consumata fra i fornelli: prima presso la scuola alberghiera di Düsseldorf, poi coll’imprinting francese classico, di seguito con l’affinamento da Marchesi e la consacrazione del suo confermato legame con

menù degustazione n.d.r.), perché Roma è un posto capace di offrire molto in termini di crescita..., ma l’ho fatto anche perché sentivo il bisogno di lavorare in un posto in cui il cliente non fosse prevalentemente legato ad un Hotel e ad un luogo turistico, sebbene di lusso. Mi mancava la continuità di interagire con clienti abituali, di avere un rapporto più costante con loro con l’obiettivo di creare nel tempo una clientela fidelizzata e registrare il loro attaccamento alla mia cucina”. Una cucina mediterranea che guarda alla tradizione. Alleggerita, resa più accorta, senza però tecnicismi esasperati.

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Guidato da una forte passione e grande professionalità

I suoi fornitori delle materie prime sono rimasti quasi tutti quelli che aveva quand’era al Capri Palace come anche la sua squadra in cucina con il fedele Domenico Iavarone - “il figlio maschio che non ho” - mi dice. Se prima di lui l’arte della cucina romana è stata conquistata dall’altro famoso chef tedesco, alla guida di un altrettanto celebre ristorante d’albergo della Capitale, Oliver Glowig oggi si sente pronto a condividerne gi onori. Così per strizzare l’occhio e fare breccia nel cuore dei romani, ha già messo in carta prelibate preparazioni culinarie in omaggio alla città che lo ospita. Come i tortelli ripieni di coda vaccina alle spezie in salsa di liquirizia, o la fantasia di vitello da latte con purea di patate: animelle croccanti alla cannella, fegato in pancetta, testina fritta con capperi, coda glassata, rognone alla senape rustica ed aceto di Barolo.

la cucina italiana conseguendo, una stella Michelin da Mario Gamba dell’Acquarello a Monaco di Baviera e infine con le due stelle all’Olivo del Capri Palace in coppia con il direttore Ermanno Zanini con cui ha condiviso per otto anni l’importante esperienza isolana. Brillanti esercizi coronati anche qui all’Aldovrandi Palace con le due stelle Michelin in un locale di una cinquantina di coperti in tutto, elegante, classico, arricchito da un magnifico e fresco giardino fiorito per le cene estive. E proprio qui dove lo incontro mi racconta che la sua è stata una scelta innanzitutto di vita: “l’ho fatto soprattutto per le mie figlie Aurora e Gloria, di 4 e 10 anni, (a cui sono dedicati i due

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Ristorante Oliver Glowig via Ulisse Aldrovandi, 15 Roma Tel. 06 3216126

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Ristorante Ogni giorno è il primo giorno Filippo La Mantia

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ilippo La Mantia, 52 anni è siciliano, anzi, palermitano, e a Roma ha deciso di fare lo chef trasferendo i suoi ricordi delle origini, le sue passioni, il suo modo di muoversi e anche di parlare. Della sua vita ha vissuto intensamente ogni momento e ha viaggiato anche molto per il mondo svolgendo svariati lavori: il musicista, il motociclista, l’artista, e per 10 anni anche il fotoreporter, raccontando con le immagini la guerra di mafia in Sicilia. A lui si sono ispirati romanzieri, e sceneggiatori di film. Oggi è chef del ristorante che porta il suo nome all’Hotel Majestic di Via Veneto, ed è considerato uno degli ambasciatori che fa meglio da mangiare siciliano: “nel mio ristorante siciliano all’interno dell’Hotel Majestic - esordisce - la cucina che offro è quella sicilianapalermitana che, grazie alle innumerevoli contaminazioni del passato, ritengo sia la più ricca di sapori e profumi che la rendono unica e grandiosa”. Cucina da quando aveva 13 anni, Filippo La Mantia: “i miei amici mi dicono che del gruppo ero sempre quello che andava a fare la spesa e cucinava per tutti”. Nel 2002, dieci anni fa, ha deciso: “da oggi faccio il cuoco, il mestiere della mia maturità”. Nessun maestro, nessuna scuola, la sua arte la interpreta per come è lui. Col carattere energico che lo distingue, come una persona che si muove con la passione per fare ciò che ama fare, con il bagaglio culturale che ha assorbito nelle precedenti esperienze. D’altronde il cibo per lui è stato il comun denominatore che lo ha accompagnato sempre. “Sono nato in una regione, in una provincia, in una città in cui il cibo ha un

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Ristorante Filippo La Mantia Via Liguria, 1 - Roma Tel. 06 42144715

valore enorme..., mia mamma cucina cantando, mia nonna mi cucinava il pollo alla pizzaiola, mio nonno mi portava al mercato della Vucciria in carrozza, mio papà era un ottimo cuoco e questo mi è rimasto”. Quello di mettersi a fare lo chef non è un progetto calcolato, ma una cosa che gli è venuta da dentro: “il cibo è energia pura è un mezzo di scambio, la chiave di lettura e lingua universale”. Il suo motto è: “ogni giorno è il primo giorno”. “Quel giorno mi sono comprato una giacca bianca ad un mercatino e mi sono messo a fare il cuoco” - mi dice.

Oggi al Ristorante Filippo La Mantia all’Hotel Majestic si fanno circa 60.000 coperti all’anno. Dentro un albergo! In cucina lui non usa aglio e cipolla perché non gli piace e non perché non piace ai Vips come alcune male lingue amano dire. Niente aglio quindi né cipolla e niente soffritti, ma bensì pesti a crudo a base di agrumi per insaporire ed inebriare le pietanze che traggono ispirazione dalle più antiche ricette siciliane. “Sono fermamente convinto che l’aglio e la cipolla coprano i sapori mentre il gusto di una pietanza deve essere esaltato e il palato deve riconoscerne ogni singolo elemento. L’uso degli agrumi, invece,

Nessun maestro, nessuna scuola, la sua arte la interpreta per come è lui

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Roma è una piazza strepitosa: non ho fatto altro che portarci la mia Palermo che amo

permette di armonizzare i sapori e creare un’alimentazione nutriente”. La sua cucina è semplice e lui si considera un “Oste-Cuoco”, come ama presentarsi anche tra le pagine del suo sito internet. “I proprietari dell’Hotel Majestic hanno creduto in me e nella filosofia della mia cucina che attinge e rivisita i gusti e i profumi dell’antica tradizione siciliana. Ci siamo incontrati nella mia precedente attività in Costa Smeralda e mi hanno proposto di venire

qui a Roma: ho trovato subito meraviglioso questo posto e me ne sono innamorato accettando di trasferirmi”. “Roma è unica” - continua. “Una città che raccoglie l’arte, la cultura, i profumi, i sapori, i riti, le tradizioni e la gente di tutto il mondo. Roma è una piazza strepitosa. Non ho fatto altro che portare la mia Palermo che amo a Roma”. Ovviamente nel suo ristorante utilizza per la maggior parte ingredienti che arrivano direttamente dalla sua Isola: dagli ortaggi al pesce, dai vini alla frutta, tutto nel suo ristorante parla strettamente siciliano. Ed è proprio per questa sua opulenta sicilianità che nel 2010 è stato anche insignito del titolo “Miglior Ambasciatore Siciliano del gusto nel mondo”.

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arcando la porta che introduce all’Osteria di Monteverde, si avverte subito che questo è un locale che ti vuol far sentire come a casa. Una trentina di coperti in tutto con una cucina che parla in modo sapiente, facendosi capir bene e non solo dai romani, affidata alla passione e alla capacità di Roberto Campitelli 30enne. In sala il socio Fabio Tellerini che guida gli ospiti alla scelta dei vini e dei piatti. Fabio e Roberto Campitelli s’erano conosciuti 10 anni fa in un locale di Campo dei Fiori dove lavoravano assieme. Nel cuore di Monteverde circa 1 anno e mezzo fa hanno coronato il loro sogno, aprendo l’Osteria di Monteverde. Nonostante le proposte per entrambi di approdare a lidi della ristorazione importanti, che a quel tempo erano all’ordine del giorno. Roberto Campitelli ha frequentato la suola alberghiera a Roma: “l’avevo scelta per la mia passione per i viaggi e quindi per poter lavorare come cuoco e conoscere i posti del mondo che più mi attraevano..., poi ci ho preso gusto” - mi dice.

Tradizionale contemporaneo

Osteria di Monteverde

Una cucina che parla in modo sapiente, facendosi capir bene non solo dai romani

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Appena diplomato i primi viaggi e le rispettive esperienze da cuoco sono in Italia. Poi in Belgio, quindi New York. Il rientro a Roma è collegato al fatto che con il socio Fabio Tellerini si era sempre parlato di voler aprire insieme un ristorante e quindi non si poteva perdere l’occasione che si stava prospettando: rilevare il locale di una vecchia insegna a Monteverde. Nel cambio di gestione gli ambienti si sono fatti più sobri, l’arredo rispecchia lo stile dell’osteria vera con tavoli di legno, sedie impagliate e tovagliette di carta. La cucina di Roberto Campitelli - uno che sul braccio ha tatuato Chef South Park, un personaggio dei Cartoon - è stagionale. Il menù cambia ogni due mesi al massimo: prodotti del territorio, molto tradizionale sul contemporaneo e quindi non mancano le proposte tipiche romane rivisitate, come animelle, coda, carbonara, gricia e amatriciane, ma anche pesce, sempre fresco del Tirreno, a cui Campitelli dedica un’attenzione particolare. Materie prime freschissime e di alta qualità, ben esaltati dagli abbinamenti con vini ricercati, non i soliti, selezionati e curati dal socio Fabio Tellerini. Quello che ne viene fuori è un locale che fin dal primo giorno di apertura ha avuto un susseguirsi di clienti, con numeri importanti, sia a pranzo che a cena. Questo è il modello che si respira qui all’Osteria di Monteverde dove il rapporto qualità prezzo, molto interessante, è anche lo standard del successo.

UOMINI E MESTIERI

Osteria di Monteverde Via Pietro Cartoni 163/165 00152 Roma Tel. 06 53273887

Menù di materie prime freschissime di qualità molto tradizional-contemporanea. Non mancano le proposte tipiche romane rivisitate

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I 30 anni di CIFA Emblema di passione e specializzazione

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Centro Italiano Forniture Alberghiere (CIFA), di Lomazzo (Como) compie 30 anni. CIFA è la storia personale e professionale di Vittorio Fanfarillo, 60 enne, ciociaro di nascita e comasco d’adozione - con la passione per i viaggi e la fotografia - da tempo impegnato anche nel sociale a far bene per le popolazioni d’Africa. Nel 1982, appena trentenne, decide di fondare CIFA, la sua impresa, mettendosi in proprio dopo aver fatto esperienza in un’azienda concorrente. “Ho lasciato la mia terra d’origine a 16 anni per trasferirmi a Milano lavorando sodo” - mi dice - e qui ho trovato terreno fertile per esprimere la mia voglia di fare”. Oggi ricorrono non solo i 30 anni della sua azienda, ma anche i 60 anni della sua vita fatta di 36 anni di matrimonio, due figli e due nipoti. Traguardi importanti raggiunti attraverso sacrifici e l’impegno meticoloso e costante per specializzarsi sempre di più in un settore che necessità di idee, innovazione, organizzazione professionale e serietà - sempre più definiti - per stare sul mercato. Aprile, Maggio, Giugno 2012

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Prodotti di assoluta qualità e la serietà di un marchio che vanta 30 anni d’esperienza nel settore

Valori e concetti condivisi con la famiglia e i suoi collaboratori incentivati, da un clima imprenditorialefamigliare, a svolgere sempre meglio il proprio lavoro. A coordinare la gran mole di lavoro di CIFA oggi al suo fianco ci sono anche i giovani figli Silvia ed CIFA Centro Italiano Angelo. Proprio quest’ultimo Forniture Alberghiere vicepresidente della società, mi Via Della Traversa, 1 22074 Lomazzo (CO) dice: “se all’inizio erano solo 150 Tel. 02 96779084 mq di superficie in cui convivevano show room, magazzino e uffici, oggi la CIFA occupa 8.000 mq, ha 30 maestranze alle dipendenze, un portafoglio di più di 2000 clienti e 15.000 articoli in catalogo”. Numeri e specializzazioni che la proiettano al vertice delle aziende leader in Italia per la fornitura di prodotti per il mondo della ristorazione e dell’hotellerie. “CIFA opera soprattutto in Italia, ma anche all’estero, attraverso agenti plurimandatari che si propongono

UOMINI E MESTIERI

ad una clientela variegata, dalla commerciale moderna alla collettiva - continua - come per esempio Autogrill, Chef Express, Gruppo Elior, Mc Donald’s, Cremonini, Compass Group, Pellegrini e tanti altri, partendo dai bar di tendenza e soddisfacendo anche la richiesta della ristorazione d’elite dove in portafoglio abbiamo importanti e blasonati ristoranti, pluripremiati dalle guide di settore”. La forza di CIFA è questa: la sua trasversalità e un

catalogo prodotti infinito. I tre marchi qualificanti di CIFA sono le porcellane inglesi Dudson: “sono stati i primi 30 anni fa a credere in noi a dispetto della nostra iniziale dimensione aziendale e ancor oggi dopo tanto tempo siamo i loro referenti per il mercato italiano - gli fa eco il papà Vittorio - e poi Eternum per le posate e Royale per le porcellane da forno e da buffet”. CIFA è l’esempio di azienda specializzata nella fornitura di attrezzature per i professionisti dell’accoglienza, capace di interpretare le esigenze di ogni singola richiesta da parte della clientela, personalizzandone l’offerta, percependone gli imput, rimanendo sempre attenta al trend di mercato. A garanzia di ciò, prodotti di assoluta qualità e la serietà di un marchio come CIFA che quest’anno compie 30 anni d’esperienza nel settore.

Numeri che la proiettano al vertice delle aziende leader in Italia per la fornitura di prodotti per la ristorazione e dell’hotellerie

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Elba Drink: “Divertitevi in sicurezza” È il messaggio ai giovani della manifestazione “bere bene consapevole”

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lba Drink nasce da un’idea di Bruno Liconti e del Presidente degli Albergatori dell’Isola d’Elba, Massimo De Ferrari: giunto ormai alla sua diciassettesima edizione si prefigge lo scopo di insegnare ai giovani come bere consapevolmente senza lo “sballo”. L’Evento, la cui edizione 2012 si è svolta il 18 maggio all’ isola d’Elba, consiste in una

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gara fra barman proveniente da ogni regione d’Italia che preparano i migliori cocktail a “prova di palloncino”, con tasso alcolico cioè inferiore ai 12 gradi. La manifestazione, promossa dall’Associazione Italiana Barmen e Sostenitori (AIBES), a cui ha partecipato anche la Polizia di Stato, ha ottenuto il patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e quello del Ministero degli Interni. Inoltre è stato realizzato in collaborazione con la ASL e la Croce Rossa. Alla manifestazione, presentata dal noto giornalista televisivo mezzobusto del Tg1, Attilio Romita, sono intervenute varie personalità del mondo del giornalismo, dello sport, della televisione, del mondo del turismo e della cultura, che hanno evidenziato l’importanza di un bere consapevole, soprattutto da parte dei giovani, e del nobile scopo che si prefigge la manifestazione.

EVENTI

Pentole Agnelli e “Festa a Vico”: alleanza consolidata dedicata agli chef e alla ristorazione La nona edizione della kermesse gastronomica ideata da Gennaro Esposito si è svolta come sempre a Vico Equense

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Festa a Vico ha archiviato la sua nona edizione tra chef, noti e non, giovani e meno, che si sono misurati per due giorni in una kermesse piena di cucina, amicizia, confronti e piacere edonistico. La Festa a Vico che si consuma in quel di Vico Equense, sul litorale della penisola Sorrentina, ha anche sempre qualcosa da dire dal punto di vista didattico-culturale. Infatti erano anche presenti noti gastronomi, gastrosofi, operatori enoici, professori di palato, liberi docenti dell’olfatto, più un variopinto plotone di giornalisti e di consumatori sempre accampati alla confluenza gastronomia-cultura-piacere. Il tema svolto quest’anno riguardava “quale piatto alla fine del mondo?”. Il linguaggio della cucina che ne è uscito prima che finisca il mondo, è quello della tradizione, dell’innovazione, della sperimentazione e dell’audacia anche. Ma soprattutto del piacere. Aprile, Maggio, Giugno 2012

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EVENTI

Pentole Agnelli come ogni anno ha ribadito la sua partecipazione all’iniziativa di Gennaro Esposito nella convinzione che impulsi del genere, fanno sempre bene al mondo della Ristorazione. L’alleanza tra “Festa a Vico” e Pentole Agnelli, forte fin dalla prima edizione, infatti rappresenta un rapporto consolidato atto a rafforzare, promuovere ed incentivare, sempre di più, l’eccellenza gastronomica italiana attraverso l’incontro e il confronto fra i cuochi.

Pentole Agnelli ha ribadito la sua partecipazione all’iniziativa di Gennaro Esposito nella convinzione che impulsi del genere, fanno sempre bene al mondo della Ristorazione 82

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EVENTI

Un appuntamento annuale significativo per Pentole Agnelli a rimarcare il suo impegno verso la promozione, a tutti i livelli, del lavoro in cucina. L’esperienza di Baldassare Agnelli, è anche sinonimo di garanzia per la “Festa a Vico” e quindi per gli chef più esigenti. Un marchio di qualità e un azienda del made in Italy qualificante, impegnata ancor più e sempre a fianco degli chef, affinché, congiuntura faccia sempre più rima con Cultura.

Un appuntamento annuale significativo per Pentole Agnelli a rimarcare il suo impegno verso la promozione, a tutti i livelli, del lavoro in cucina

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EVENTI

Pentole Agnelli e “Festa a Vico” si sono ritrovati insieme anche quest’anno quindi per vivere un momento di piacere, ma anche per esprimere una feconda attività a suggello e legittimazione del comparto della ristorazione italiana. E per potenziare l’immagine culturale della stessa, in uno dei periodi di maggiore tormento: per l’economia italiana e per i noti disastri del terremoto che ha colpito l’Emilia.

EVENTI

Pentole Agnelli e “Festa a Vico” si sono ritrovati insieme per esprimere una feconda attività del comparto della ristorazione italiana

Se volete vedere la rassegna fotografica della Festa a Vico potete cliccare su: www.pentoleagnelli.it

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SAPS sale in cattedra All’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo la lezione sulle forme e materiali degli strumenti di cottura

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fine maggio si è svolto, presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Cn), il seminario “Forme e materiali degli strumenti di cottura” organizzato dall’Ateneo che fa riferimento a Slow Food, in collaborazione con il Centro di Ricerca e Formazione Saps fondato dalle aziende di pentole Baldassare Agnelli e Fasa. Il seminario, tenutosi presso l’Ateneo pollentino, era rivolto agli studenti Unisg dell’ultimo anno ed è stato presieduto dall’architetto Antonio Montanari, professore presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo dove tiene il corso di “Sistemi di Ristorazione”. A condurlo è stato da Danilo Amigoni, esperto

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responsabile di Saps. L’architetto Antonio Montanari, specializzato nel settore della ristorazione e dell’alberghiero dove ha progettato e diretto lavori per sistemi di ristorazione universitaria, ospedaliera, mense aziendali, centri cottura comunali e nel settore commerciale, turistico e alberghiero con significative esperienze anche all’estero, ben conosce il valore dei temi trattati da oltre 10 anni dal centro di Ricerca e Formazione Saps. Così ha chiamato Saps a tenere questa lezione presso l’Unisg: in primis perché il Centro di Lallio (Bg), fondato dalla famiglia Agnelli, si è distinto negli anni per essere il principale punto di riferimento della cultura sugli strumenti di cottura professionali in Italia, ma il motivo è anche perché Saps è l’artefice del Manuale Strumenti di Cottura che svela i sotterranei scientifici del corretto uso

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delle pentole in cucina: diventato il vademecum indispensabile per chiunque voglia approfondire questa scienza. I temi trattati durante il seminario Saps presso l’Unisg di Pollenzo quindi sono stati molteplici e carichi di interesse per il folto numero di studenti partecipanti: dal capire perché una pentola è più adatta rispetto ad un’altra a cuocere, alla rappresentazione dei valori di conduzione dei vari materiali in cui sono prodotti gli strumenti di cottura, agli argomenti di eco- sostenibilità di alcuni metalli rispetto agli altri (come l’alluminio con cui si producono le pentole Agnelli che, oltre ad essere riciclabile al 100% e ad avere un peso molto inferiore rispetto per esempio all’acciaio - quindi anche più maneggevole - consuma meno energia sia per essere prodotto che per cucinare). Fino anche ai temi che possono sembrare banali come per esempio le forme delle pentole che devono avere una forma cilindrica per essere valide complici in cucina perché riesce a trattenere meglio e di più il calore, (infatti, maggiore è la superficie di un corpo rispetto al volume, minore è la dispersione termica), o a quelli di carattere legislativo in riferimento alle regole approvate dal Ministero della Salute dei metalli al contatto con gli alimenti. Se è vero che dietro qualsiasi attività umana c’è la scienza, anche per cuocere quindi vale questa regola. È come lo scheletro per una persona: non si vede, ma è necessario. Danilo Amigoni durante il suo intervento ha spiegato che sembrerebbe che la scienza, in cucina, non ha diritto di cittadinanza, la cucina è il luogo dei profumi

e dei sapori, e non c’è posto per numeri o formule, ma a guardare meglio, dietro l’arrostitura, la mantecatura e le fritture emergono altri meccanismi, che un occhio esercitato riesce a cogliere e a portare alla luce. Meccanismi che regolano il funzionamento e la struttura degli strumenti di cottura che usiamo quotidianamente, e che celano al loro interno una grande quantità di scienza spesso tutt’altro che elementare. Come per esempio lo spessore delle pentole che è fondamentale per la cottura. Gli studenti dell’Università delle Scienze Gastronomiche intervenuti hanno anche avuto la possibilità di apprendere, attraverso un video, i diversi processi produttivi di una pentola Agnelli, dallo stampaggio al fissaggio degli antiaderenti, respirando così la cultura produttiva made in Italy insieme alla tradizione trasmessa dallo Museo della Pentola di Lallio. Arricchendo così il loro percorso formativo con notizie teoriche e pratiche e aspetti concreti, che li aiuteranno nel loro futuro percorso lavorativo.

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STRUMENTI DI COTTURA

Dal 1932 la storica Collezione di Baldassare Agnelli

STRUMENTI DI COTTURA

Baldassare Agnelli 1932 recupera il valore della buona cucina e l’arte della tavola

Per cucinare, per servire con stile gli ospiti, per regalare, per contenere, per arredare… Lo stile in cucina è un linguaggio fatto da un lessico pieno di ingredienti e da una sintassi che ne intreccia le regole. Chi manovra le pentole non può prescindere da questi due elementi e chi gode della tavola sa che i buoni piatti non provengono mai da ostentazione di destrezza e di originalità estrema. Così per consacrare il rito del cucinare e del mangiare bene Pentole Agnelli ha riprodotto, in chiave moderna, una collezione di strumenti di cottura in

alluminio e alluminio antiaderente per cucinare e per servire nata nel 1932. La nuova linea Baldassare Agnelli 1932, recupera il valore della buona cucina e l’arte della tavola nel suo metallo più nobile, leggero, multifunzionale e avveniristico come l’alluminio. Il corretto dimensionamento sia delle forme che degli spessori e le più raffinate finiture, rendono le pentole della Collezione Baldassare Agnelli 1932 oggetti unici in cui la preparazione è servita nello

strumento di cottura, in porzione singola. Due le belle finiture disponibili: in puro alluminio alimentare con spessore professionale di 3 mm la prima, nello speciale e resistessimo antiaderente Withford, colore bianco ceramico, la seconda. Le dimensioni contenute vanno da 10 cm di diametro a 16 massimo, solo per alcune referenze. Naturalmente con le Baldassare Agnelli 1932 si può cucinare o “rifinire” la cottura di qualsiasi cibo.

Puro alluminio alimentare 3 mm, nello speciale e resistessimo antiaderente Withford

Puro alluminio alimentare 3 mm

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