Opinion Leader Magazine

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Poste Italiane spa Sped. in A.P. - D.L. 353/03 conv. L. 46/04 art. 1, cl, DCB - Milano

persone e cose che fanno la differenza

BEWOW

La cover Be Italian della collezione to//be di Bewow Cover Design celebra l’orgoglio di essere italiani.

N.2 - VII Anno - A/I 2013-14

5,

00

Semestrale - € 10,00







OL Diamoci del tu

BE ITALIAN E

ro in Cina ad una riunione Icom, il nostro network internazionale di agenzie indipendenti, durante la presentazione di un mio collega giapponese mi venne lo stimolo di celebrare i primi 20 anni di vita dell’agenzia Opinion Leader. Il giapponese per festeggiare i suoi 50 aveva fatto un libro. A seguito di un’intervista che Franz Botrè mi fece per la sua rivista Monsieur, decisi di fare un magazine che fosse una sintesi del significato del nostro brand: Opinion Leader! Il primo numero uscì proprio nel 2007, anno in cui tutta l’economia italiana ed europea era al top. Fatturati, utili, tutti i settori erano “bullish”. Il 2008 fu l’inizio del precipizio economico del nostro Paese. Ogni anno abbiamo cercato di parlare al positivo, rinviando al numero successivo il momento della ripresa. Sette anni dopo, la ripresa non si è ancora vista. Io spero che siano i sette anni di vacche magre a cui dovrebbero seguire i sette anni di vacche grasse! Ma inizio a dubitarne. Non mi esprimo nel giudizio dei politici, ma registro il malessere di tutte le persone che faticano ad andare avanti. Ieri ho telefonato al centralino di Alitalia e, con grande sorpresa, mi sono imbattuto in una persona gentilissima e molto efficiente alla quale ho fatto i complimenti. Le ho detto che non mi era mai capitato di trovare competenza e cortesia al centralino Alitalia per i soci Millemiglia! La signorina mi ha risposto che il lavoro non le piaceva ma cercava di farlo bene perché in Italia non trovava di meglio e non aveva voglia di andare all’estero! Questo vuol dire essere Italiano e fare la differenza nonostante le difficoltà che il singolo deve superare per “fare”.

In questi sette anni abbiamo intervistato molti personaggi e in questo numero abbiamo voluto fare una sintesi di quelli che ci hanno colpito maggiormente: da Valerio Staffelli a Elio Fiorucci, passando per Chiambretti e Trapattoni, fino al famoso e creativo Lapo Elkann e al meno noto, ma altrettanto capace, Antonello Coletta (Ferrari). Personaggi che ci hanno concesso l’onore di essere intervistati e che ci hanno dato la dimensione del valore umano presente in Italia ed apprezzato in tutto il Mondo. Non so come possa tornare la fiducia del “credere” ma io quando leggo le interviste che abbiamo fatto in questi anni capisco perché gli italiani sono comunque rispettati singolarmente, ma non nella loro globalità di nazione. Dunque, alla fine, cerchiamo di fare al meglio quello che stiamo facendo con la speranza che si crei il contagio per un miglioramento collettivo. Be Italian.

L’editore Alberto Vergani

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CONTENUTI Best of... PEOPLE

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Non chiamatelo solo brand Un viaggio nel mondo di Italian Independent

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La cattiva maestra e Pierino la peste Quattro chiacchiere al telefono con Piero Chiambretti

Ferrari (le gare GT) e i suoi uomini Viaggio nell’universo Granturismo della Casa di Maranello

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Donna dell’anno Colpo di fulmine per Madalina Diana Ghenea

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It’s a perfect day La bellezza non ha più segreti

Elio Fiorucci, l’uomo che ha puntato agli angeli La storia di un inventore di stili

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E da grande farà l’allenatore Una vita per il calcio: con Giovanni Trapattoni per scoprire cosa vuol dire la vera passione sportiva

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Quando l’informazione non è attapirata A quattr’occhi con il giornalista più amato d’Italia: Valerio Staffelli

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Dal paracadutismo alla superbike A tu per tu con Carlos Checa e la sua voglia di avventura, dentro e fuori le piste

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Determinazione assoluta A quattr’occhi con il politico-imprenditore (donna) più famosa d’Italia: Daniela Santanchè

Best of... EVENTS Tutti in pista NolanGroupⓇ presenta la nuova collezione 2011 con Jorge Lorenzo, Marco Melandri e Carlos Checa

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è arrivato il nuovo Samsung: sorridete Tutti al lancio del primo smartphone che si sblocca con un sorriso

Best of... ARTISTS

Quando gioco con il colore La fotografia attraverso gli occhi di Giorgio Restelli

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i-Chocolate Quando la dolcezza chiama...

Un personaggio di “spessore” Il Manager di Mediaset Marco Manfredi e la sua vena artistica

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News on the... BLOCK 110

L’agricoltura vince fuori dal campo Premio BEA al “più grande lavoro sulla Terra”

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Idea del reale Una mostra che cambia le prospettive dell’arte

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Beautiful dreamers Vivere lo stile di Venezia

Red style II rosso conquista il guardaroba invernale 122

Food bloggers meet Tortina White Loacker Tre noti food blogger reinterpretano l’ultima arrivata di casa Loacker

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best of

PEO


PLE


non chiamatelo solo

BRAND

è l’upgrade del concetto di marca. è un mondo trasversale di creatività e stile. è Italia Independent

Sopra, Fiat Cin Cin: uno dei 3 pezzi d’arredo presentati in occasione del Salone del Mobile 2011 in collaborazione con Meritalia. A destra, Giovanni Accongiagioco, Lapo Elkann e Andrea Tessitore.

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l 9 gennaio 2007 Lapo Elkann fa il suo debutto nel mondo del fashion system con un prodotto assolutamente di rottura: Sever by Italia Independent, i primi occhiali da sole in carbonio, molto chic, dal prezzo decisamente shock - “solo” 1.007 euro per poterseli aggiudicare. La notizia si rincorre su tutti i giornali del mondo in pochissimo tempo. C’è chi parla di una provocazione, chi dell’ennesimo capriccio del rampollo di casa Agnelli: un giocattolino con cui si divertirà al massimo una stagione, c’è da scommetterci, pensano in molti. Beh… scommessa persa, perché oggi, a distanza di 4 anni, Italia Independent è una realtà forte, vincente e in continua crescita. Il progetto dell’istrionico Elkann ha

infatti messo le radici in un terreno stabile preparato con abilità dagli altri due soci fondatori, Andrea Tessitore e Giovanni Accongiagioco. Insieme i tre hanno creato un modo di pensare al brand completamente nuovo. Per scoprirlo siamo andati dove nascono le idee, direttamente nella “factory” di I-I, un ex capannone industriale a Milano dove si respira aria di futuro e dove gli occhi, varcata la soglia, diventano palline di un flipper impazzito: lì c’è tutto. è un mondo che si snoda tra abbigliamento, home decor, accessori e occhiali perché, come ci spiega Andrea Tessitore, “un brand trasversale a diverse categorie merceologiche e fasce di prezzo, che veste persone attente ai dettagli in ogni momento della

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“Essere indipendenti è scrivere ogni giorno la propria storia.” giornata, è una scelta più che mai attuale”. E allora, in questo paese dei balocchi per qualsiasi beauty seeker, tra tubi di scappamento che sono lampade, copertoni che diventano sostegni di tavoli in cristallo, abbiamo incontrato Andrea, per farci raccontare la storia di un successo… quello di Italia Independent. L’avventura di I-I ha sicuramente due grandi protagonisti: tu e Lapo. Come è iniziato tutto? è la storia di un’amicizia diventata un legame professionale e questo grazie alla stima reciproca che ci lega da sempre e al fatto che siamo due persone estremamente complementari. Lapo è quello creativo, con una grandissima capacità comunicativa, mentre io sono quello razionale, con doti gestionali e organizzative più spiccate. Tu la testa, lui il cuore, insomma. Ma oltre a voi… chi c’è dietro a questa realtà? Una squadra di “outsiders”; in verità un team molto piccolo composto da professionisti che hanno deciso di dedicarsi ad un progetto in cui credono fortemente. Tra queste mura, la parola e il contributo di tutti sono fondamentali e questo rende il nostro staff ancora più affiatato e unito nel voler raggiungere risultati concreti. Un nuovo modo di intendere il brand: è questo quello che spesso si sente dire di Italia Independent… perché? Perché Italia Independent non è un semplice marchio di moda, ma un brand di creatività e stile; un mondo allargato e trasversale che coniuga fashion e design, tradizione e innovazione… Ogni prodotto I-I nasce con l’obiettivo di attualizzare il Made in Italy e reinterpretare le icone classiche, operando nei settori più diversi, per esportare lo stile italiano nel mondo. Nomen omen: possiamo dire che la mission del progetto è ben espressa nel vostro nome? Assolutamente. L’Italia non è solo il luogo dove opera l’azienda, è anche il principale motore del progetto I-I. La tradizione produttiva e creativa italiana è una delle risorse primarie del nostro paese e per noi è fondamentale usufruirne e promuoverla. E poi c’è l’aspetto del voler essere indipendenti, fuori dagli schemi e assolutamente innovativi perchè a scegliere i prodotti Italia Independent sono trend setter, designer e persone di stile fuori dal comune, attenti ai dettagli e alla qualità. A sinistra, un modello esclusivo di sci in carbonio. A destra, i famosi occhiali Sever da 1.007 euro.

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“Le sfide continue: questo è quello che tiene unito ogni giorno tutto il team di Italia Independent.” è questo in sintesi il Made in Italy 2.0, il claim che da sempre avete scelto per il vostro progetto? Esattamente; una realtà che fa tesoro del passato guardando però al futuro. Con questa filosofia non vogliamo rinnegare la tradizione del Made in Italy, bensì la vogliamo aggiornare con progetti capaci di rompere gli schemi e stupire. Quindi un prodotto per essere “nuovo” deve avere nel DNA la tradizione del passato? Sì, perché ad oggi tutto è stato inventato e a noi spetta solo il compito di dare nuova vita e reinterpretare i classici. I nostri prodotti sono tradizionali e innovativi allo stesso tempo, sono curati nei dettagli e poi hanno un prezzo giusto. Il range di prezzo dell’abbigliamento I-I va dai 50 euro di una t-shirt per arrivare ai 5 mila euro

o più per un abito su misura; i nostri occhiali, invece, variano da 147 euro a 1.007 euro. I mitici Sever che tanto hanno fatto discutere… … il nostro primo progetto, quello da cui è nato tutto. L’ispirazione è arrivata dalla barca a vela Stealth posseduta dall’Avvocato Agnelli; una delle prime barche realizzate con lo scafo interamente in carbonio. è stato guardando a quello che Lapo ha avuto l’intuizione di dare nuova vita a questo materiale. Beh, dopo aver fatto tutte le valutazioni del caso… abbiamo lanciato gli occhiali e reso il carbonio elemento distintivo del brand. Oggi, infatti, produciamo occhiali, caschi, sci e persino i dettagli di molti accessori e capi d’abbigliamento con questo materiale. Ma in questo elenco infinito di prodotti inimitabili, ci

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saranno “i preferiti”; quelli che avete nel cuore… Oltre agli occhiali in carbonio, c’è sicuramente la giacca in cordura: un altro pezzo rappresentativo, in quanto unisce la tradizione di una giacca da smoking all’originalità dell’utilizzo di un materiale tecnico come la cordura. E poi c’è “l’ultima nata”: l’operazione “Be Independent. Everywhere”, un progetto di comunicazione innovativo e democratico in cui portiamo abiti e accessori italianissimi in giro per il mondo, facendoli indossare a persone comuni. Dal viaggio nascono un video, un diario e tutte le immagini promozionali del brand, ma soprattutto è un’occasione per conoscere nuovi mondi, aprirci a nuovi mercati tastando il terreno e parlando alla gente per strada. La prima tappa è stata il Giappone, la seconda la Scandinavia e la prossima sarà il Brasile. Spesso lavorate con brand noti come Diesel, Meritalia, Borsalino… come valutate le vostre collaborazioni? Le collaborazioni rientrano nella nostra strategia di crescita: ci piace affiancarci a brand eccelsi in determinate categorie merceologiche e dare un piccolo apporto di stile per ottenere prodotti unici. Ultima è quella con la compagnia aerea K-air… Sì, e questo perché K-air è una compagnia di aerei privati molto vicina alla filosofia di Italia Independent: una flotta 100% Made in Italy costituita da 6 aerei del gruppo Piaggio, che rompe le regole del viaggio canonico. Il servizio di aereo-taxi, che sta diventando molto più comune di quanto si pensi, è senza dubbio una realtà innovativa con cui noi stessi, per lavoro e per piacere, ci spostiamo liberamente, senza costrizioni e nel massimo della flessibilità; una soluzione futuribile che è destinata a fare la differenza. K-air ci è piaciuta subito perché non solo è impegnata ad offrire un servizio esclusivo, ma è una compagnia aerea attenta all’ambiente. La flotta, infatti, è composta da

“Italia Independent non è un brand di moda ma di creatività e stile; un progetto rivolto a persone attente ai dettagli e alla qualità.” A sinistra, un’originalissima giacca della prossima collezione F/W 2012.

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aerei ecologici meno inquinanti, capaci di ridurre del 40% il consumo di combustibile e del 25% le immissioni nell’atmosfera. Insomma, K-air è un mezzo di “travel different”, green ed inimitabile… in perfetto stile I-I. Questi i progetti di oggi… ma in futuro, in che direzione andrà I-I? Italia Independent è nata nel momento peggiore della crisi che ha tristemente caratterizzato questi anni e dopo soli 4 anni, nel 2010, abbiamo finalmente chiuso il bilancio in positivo. Siamo molto contenti dei risultati, ma siamo un’azienda giovane, dinamica e ambiziosa, ci poniamo continuamente nuovi obiettivi, nulla è ancora concluso, e abbiamo ancora molta strada da fare. Oggi

il nostro desiderio è consolidare ciò che è stato fatto con l’obiettivo di diventare un marchio di nicchia riconosciuto universalmente. Insomma… i trend setter di tutto il mondo sono avvisati! di Simona Melli

Sopra, i due colleghi e amici Lapo Elkann e Andrea Tessitore.

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la cattiva maestra e Pierino la

PESTE

Piero Chiambretti, la “piccola peste” della tv italiana, ci racconta 40 anni di storia della televisione, dei suoi mostri sacri, dei suoi programmi cult, di cuori spezzati, progetti top secret e… tutto quanto fa tv

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Piero Chiambretti.


La cattiva maestra e Pierino la peste

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n palinsesto lungo 30 anni quello di Piero Chiambretti, raccontato, con la leggerezza dell’enfant e la sagacia del terrible, in una lunga chiacchierata telefonica. Sintonizzatevi sulle prossime pagine e non cambiate canale! Nel 1982 si è presentato ad un provino in mutande… Cercavo un nuovo look… Sì nel 1982 ho vinto un concorso nazionale su 9000 persone. La prima delle prove da superare era andare al centro RAI di Torino e fare un colloquio con alcuni dirigenti di allora… e come tutti sanno gli artisti passano ma i burocrati restano… ma quei burocrati furono molto brillanti perché mi fecero passare il provino malgrado mi presentai in mutande. E, tra l’altro, mi presentai in mutande pronunciando la frase due punti aperte virgolette: “avevo anche il pianoforte ma è rimasto incastrato nell’ascensore”, cosa alla quale effettivamente credettero. Poi domande di rito, mi fecero fare un piccolo pezzo e superai quella prima selezione e fui mandato a Roma, dove alla fine vinsi il concorso insieme ad altre 4 o 5 persone. Personalmente non mi chiamarono mai, ma la soddisfazione di vincere il concorso fu grande. Però sempre per il discorso che i burocrati restano e gli artisti passano, uno degli esaminatori di quel concorso molti anni più tardi, parliamo di almeno 2, forse anche 4 anni, si ricordò del piccolo Pierino porcospino da Torino. Infatti, quando nacque la terza rete di Angelo Pugliese, forse la rete più bella, più importante, più innovativa di tutta la storia della RAI, l’allora direttore Angelo Guglielmi, chiese ai suoi collaboratori forze nuove per lanciarla, quell’esaminatore che di nome faceva Bruno e di cognome faceva Boglino disse: “Ma io ho conosciuto un ragazzo che anni fa ad un concorso si presentò in mutande dicendo che aveva caldo e che gli piaceva essere sportivo. Io ve lo presenterei…”. E così io fui chiamato a RAI 3. In realtà, nel frattempo, ero già entrato a lavorare a RAI 1, ad un programma della Tv dei Ragazzi. Quindi, mi ritrovai impegnato su RAI 1 dal lunedì al venerdì, nascondendomi dietro ai ragazzi che erano tutti più alti di me, e la domenica su RAI 3 di Angelo Guglielmi, il salotto buono della televisione italiana, con una partecipazione in un programma che si chiamava Va pensiero, con Andrea Barbato, prestigioso giornalista oggi scomparso. è vero che all’inizio della sua carriera ha fatto concorrenza al “Pranzo è servito” di Corrado con un piccolo programma sulla tv locale? In realtà, Corrado non è mai entrato nella mia vita se non oggi… è un fatto abbastanza curioso che lei mi parli di Corrado perché proprio in queste ore si accarezza l’idea di… realizzare… una versione… non so neanche se

Piero Chiambretti in compagnia di Marco Manfredi e Federica Panicucci.

dirlo perché questo è ancora top secret. Diciamo che Corrado è sempre stato un maestro nell’atteggiamento, nei modi sornioni, nella capacità di essere divertente e mai volgare. Però è l’unico dei mostri sacri della televisione con il quale non ho lavorato. In effetti, in una tv locale, poco prima di entrare nella Tv dei Ragazzi, mi inventai un programma a mezzogiorno, a quell’epoca a quell’ora andava in onda soltanto Raffaella (Carrà NdR) che contava i fagioli e Corrado con il Pranzo è servito. Tra questi colossi m’infilai con un programma, assolutamente improbabile, fatto di provocazioni per la strada, video musicali, che allora erano un’assoluta novità, e gente comune che passava davanti alla nostra unica telecamera. Mi misi in mostra proprio a Torino con un programma che fece eco nella città e in tutta la regione, proprio perché fuori dai criteri. A quell’epoca sperimentavo linguaggi che, poi, mi sono tornati utilissimi quando sono entrato nella televisione professionistica. Ricordo che il proprietario di quella televisione aveva un unico sponsor, un negozio di piante e quindi mi pagava con bonsai e con tronchetti della felicità… ero pieno di felicità in casa, molto meno nel portafoglio. Nel 1997 la chiamarono per condurre il Festival di Sanremo. E lei a sua volta chiamò un altro mostro sacro della tv ad affiancarla: Mike Bongiorno. Il quale dichiarerà in seguito di essere stato lui il conduttore e lei il co-conduttore. Sì è vero, ci furono una serie di combinazioni… I successi si fondano sul talento ma anche tanto sulla fortuna… io nella mia vita ne ho avuta abbastanza, non tantissima, però ho conquistato molte cose con sangue e sudore... però in quel caso fui fortunato perché quella edizione del 1997 io dovevo condurla insieme a Raffaella Carrà, ma lei abdicò a un mese dal festival per problemi sentimentali, fa anche sorridere ricordare che Raffa, che piange di solito per problemi degli altri, in quel caso piangeva per se stessa, perché Japino l’aveva lasciata per una ballerina di noccioline. Quindi rimanemmo senza il “big” che doveva aiutare, assecondare, dirigere l’orchestra di quel festival, che era il primo della storia della televisione italiana senza Pippo Baudo, fino a quel momento l’inossidabile uomo di Militello sembrava l’unico che potesse condurre il festival. Un’edizione importante che tagliava in due il prima e dopo Baudo, io, immediatamente, consigliai Mike Bongiorno, l’unico personaggio che poteva battersi con l’immagine popolare ma anche molto vincente di Raffaella Carrà. All’epoca Mike aveva un’esclusiva con Mediaset, ma essendo un bambino mai cresciuto e amando, come tutti i bimbi, la sua mamma RAI, al suo primo richiamo subito disse “obbedisco”, e chiese la liberatoria a Berlusconi per poter tornare

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La cattiva maestra e Pierino la peste

dopo 11 anni in RAI per condurre il festival insieme al sottoscritto e a Valeria Marini. Fu una delle edizioni più strampalate ma anche più importanti e vincenti dell’era moderna del Festival di Sanremo, con degli ascolti oceanici in crescita progressiva dalla prima alla quinta puntata in una forma esponenziale. Quindi niente Carrà? In realtà, incrociai la vita della Carrà nel 2000, perché anche se gli annali non lo ricordano io ho partecipato come ospite fisso a un festival sfortunato dove mi ritagliai uno spazio piuttosto divertente… che fece buoni ascolti risultando come uno che salvò la baracca. Abbiamo evocato anche Pippo Baudo… Pippo Baudo è stato un altro asso nella manica ancora una volta al Festival di Sanremo, ancora una volta ad un festival non propriamente riuscito nel suo complesso, anzi, forse uno di quelli con gli ascolti più bassi della sua storia recente, ma ancora una volta un successo personale del sottoscritto. Forse perché io non ho mai avuto paura di quel palcoscenico, perché per me torinese andare a Sanremo è un po’ come andare in colonia. Ho sempre partecipato in tutte le forme alla kermesse canora, prima come inviato, poi come guastatore, poi come conduttore del Dopofestival, poi come conduttore di commento a Radio 2, poi come conduttore del festival, poi come spalla… quindi ogni volta che torno a Sanremo mi trovo sempre a mio agio anche quando le cose sono andate male. Peraltro, apro una parentesi, ci torno anche quest’anno con Radio 2 commentando il festival di Fazio e la sua gang. L’anno di Mike fu un trionfo, l’anno della Carrà e di Baudo furono due festival molto tormentati, però io, ritagliandomi uno spazio, riuscii a venirne fuori, cosa per altro molto difficile, perché quando ci si imbarca lì ci si imbarca tutti. Ma probabilmente era segnata così la mia vita al festivalone della riviera ligure. Oltre che per la televisione ha una passione anche per il cinema; ha altri progetti dopo l’esperienza di “Ogni lasciato è perso” del 2000? Truffaut, grande regista del cinema francese diceva: “Dopo 40 anni o si fa un figlio o si fa un film”. Io ho fatto un film dopo i 40 e dopo i 50 ho fatto anche il figlio. Quindi non mi manca nulla, a questo punto lungi da me l’idea di fare un film. Forse potrei scrivere per il cinema, ma non ho nessuna voglia di scrivere oggi per girare fra sette mesi e vedere il film tra un anno e mezzo in sala con il rischio che stia su 3 giorni. Soltanto gli schizofrenici possono fare i film…

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Costantino della Gherardesca, i gemelli Ceccarelli, Sabina Negri… Ha creato tanti personaggi, c’è qualcuno che ripudia? No, credo di no, anche perché non sono tutte delle invenzioni ma anche dei recuperi. Nel mio periodo a RAI 3 ho fatto lavorare, togliendo della polvere dai loro curricula che qualcuno aveva, forse, dimenticato in qualche cassetto, Marianini il primo grande dandy della tv italiana, Helenio Herrera il Mago dell’Internazionale di Moratti, Sandro Paternostro… qui Londra vi parla Sandro Paternostro… che era finito in pensione dimenticato, con me ha rivissuto qualche stagione molto importante e poi da lì ha continuato ancora a lavorare, addirittura, trovando un amore gonfiato con quell’attrice a cui scoppiarono le tette in aereo (Angela Cavagna NdR). Poi ho avuto il piacere di lavorare con un mito del cinema e della televisione italiana degli anni ‘60 e ‘70, Nanni Loy, che nel mio programma aveva un ruolo paradossale che gli avevo cucito addosso, cioè doveva dormire per tutto il programma, che si chiamava Prove Tecniche, e alla fine del programma dovevamo svegliarlo e semplicemente ci doveva raccontare il sogno che aveva fatto. Quindi anche qualcosa di metafisico e surreale... Non ci sono stati nella mia vita soltanto personaggi che hanno conosciuto una primavera, come quelli che ho citato, ma ci sono state anche altre figure che in qualche modo ho aiutato a crescere; Paolo Belli ha avuto una consacrazione con me durante “Il Laureato”, Signorini… ahimè…, è nato con “Chiambretti c’è” è diventato un personaggio a 360 gradi della comunicazione, Balestra, lo stilista che ha avuto un vero e proprio lifting all’immagine, la Patrizia De Blank, ma poi ancora tanti altri… è stato un lavoro che comunque ha portato dei risultati e di questo ne sono lieto. Non rimpiango e non ho rimorsi su nessuna delle persone che ho aiutato a crescere, forse il problema è che non tutti se lo ricordano, ma va bene uguale, questo è un mondo dove si dà, si prende… Recentemente c’è stato il tormentone tv della diatriba Arisa-Ventura. Invece, porta la sua firma un cult della tv moderna, ovvero, la lite con Maria SungMilingo. Ma queste scene sono montate o nascono per caso? Nascono per caso, però uno se le va a cercare, perché se uno non invita Milingo non viene al programma neanche la moglie. Bisogna costruire in questo senso certe operazioni. Si sta sempre sul filo del rasoio… la provocazione io la immagino come un filo sottilissimo, dove il provocatore è un equilibrista che deve correre molto rapidamente su questa corda senza cadere mai di sotto, se cadi ti fai male perché

Piero Chiambretti con Kate Winslet.


La cattiva maestra e Pierino la peste

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La CaTTiva maESTra E PiErino La PESTE

non c’è la rete. Quindi nel caso della signora milingo, l’operazione non era stata scritta perché finisse com’è finita, però indubbiamente invitando il cardinale e parlando del suo primo matrimonio con una signora di napoli all’insaputa della seconda moglie coreana in studio, era chiaro che una reazione ci sarebbe stata. Però la costruzione si è limitata a invitare milingo, studiare milingo, conoscere la vita privata di milingo e poi raccontargliela in studio al momento opportuno aspettando, come diceva Jannacci, “per vedere l’effetto che fa”. Lei la televisione la guarda o la fa soltanto? La mia battuta era ”la faccio per non guardarla”. Però poi è chiaro che ogni tanto un occhio lo do anche io per seguire un evento, una partita di calcio, sicuramente fatti legati all’informazione… oppure… guardo un programma perché c’è qualcosa che può diventare uno spunto, una parodia, un paradosso da utilizzare a uso e consumo dei miei programmi. appunto, alcune trasmissioni si guardano per orrore, però poi da quell’orrore può nascere qualcosa e qui possiamo citare dal letame nasce un fiore. Progetti per il 2013? ma i progetti sono molto labili, io credo che chi fa televisione oggi deve sapere che in questo momento c’è un processo in atto di trasformazione da un

sistema televisivo centralizzato a un sistema molto frammentato che vede il televisore non più come un caminetto nel centro della stanza ma come un terminale elettronico, dove puoi mettere anche la frutta a scaldare. Sapendo tutto questo bisogna capire prima di tutto dove va la televisione, secondo quale funzione può assumere ancora la televisione per tenere davanti al teleschermo milioni di persone e poi eventualmente buttarsi nella mischia e provare ancora una volta l’ebrezza dell’esame. Perché gli esami non finiscono mai e qualche volta in televisione si è anche ripetenti. Quindi io dico sempre meglio stare alla finestra, possibilmente chiusa, perché così eviti di buttarti solo per il fatto che non ci sei. io credo che l’assenza sia una grande presenza e quindi dopo tanti anni dove quasi per una sorta di ruolo di ufficio mi sono sempre presentato ai box di partenza con un programma nuovo, oggi non saprei veramente qual è il pubblico della televisione e dei suoi 900 canali che sono stati messi a disposizione, vorrei sapere da chi e soprattutto perché… E poi non dimentichiamoci che c’è il diavolo che si chiama internet, dove uno se vuole può farsi la sua televisione, vederla quando vuole ed eventualmente diventarne protagonista. Per questo oggi siamo tutti in televisione. di Salvatore De Martino

mmi per ragazzi fra cui si contano negli anni ‘80. Per la Rai conduce e partecipa ad alcuni progra Nuovi” “Volti per ale nazion so concor il 1984 nel vinto Tra il 1982 e il 1987 approda in RAI dopo aver “Tivù”, “Magic” e “Big”. Canzoni” come rivelazione televisiva. Benti e Andrea Barbato. Vince il Telegatto di “TV Sorrisi e “Va pensiero” - RAI 3 - 1987, con Oliviero Beha, Galeazzo “Complimenti per la trasmissione”: RAI 3 - 1988/89 io Bic” Testimonial e creatore della campagna pubblicitaria “Raso /90 1989 RAI “Prove tecniche di trasmissione”: “Prove Tecniche Mondiale”: RAI - 1990 “Il Portalettere”: RAI 3 - 1991/92 “Good Bye Cortina”: RAI 3 - 1993 “Miss Italia nel Mondo”: RAI 1 - 1991 “Telegiornale Zero”: Rai 3 - 1992 “Pagine Gialle” Nel 92/93 è protagonista della campagna pubblicitaria delle “Il Laureato” in coppia con Paolo Rossi ni del concerto del 1° Maggio di cui é anche il conduttore Diviene direttore artistico di due edizio a Bongiorno e Valeria Marini “Festival di Sanremo 1997”: 47 edizione al fianco di Mike “Dopo Festival”: RAI 1 - 1998 “Fenomeni”: RAI 1 - 1999 “Orgoglio coatto”: RAI 1 - 1999 “Pronto Chiambretti”: La7 - 2001 Nel 2003 è stato testimonial degli spot della “Ford KA” i “Chiambretti c’è”: RAI 2 - 2001/03 di Gianni Boncompagn 2008 al 2004 dal La7 TV”: in “Markette - Tutto quanto fa brodo - 2006 2 RAI ali”: invern ici Olimp Giochi XX dei “Cerimonia di apertura 2007 1 RAI al”: “DopoFestiv “Festival di Sanremo”: RAI 1 - 2008 “Chiambretti Night “: Italia 1/Canale 5 - 2009/2011 Italia 1 - 2011/2012 “Chiambretti Sunday Show - La Muzika sta cambiando”: “Scherzi a parte”: Canale 5 - 2012 “I soliti idioti“: MTV - 2012

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Nome: “Pietro Giovanni; sono stato un Pierino e per questo sono diventato Piero”. Cognome: “Chiambretti”. Data di Nascita: “30 maggio 1956”. Luogo di nascita: “Aosta”. Segno zodiacale: “Gemelli”. Ascendente: “Pesci”. Legge l’oroscopo: “In passato avevo un’amica che mi preparava le previsioni astrologiche a inizio anno”. Fratelli/Sorelle: “Figlio unico, non sopporterei di vedere un altro uguale a me”. Hobby: “Tennis, calcio, scrivere, su tutto la musica: ho 30.000 dischi”. Programma in corso: “‘Chiambretti ore 10’ su Radio2”. Film preferito: “Blade Runner, Gli intoccabili, C’era una volta in America”. Libro preferito: “Biografia di grandi registi, Coppola, Kubrick, Woody Allen (perché i registi sono dei Deus ex Machina, scrivono, interpretano, sono persone di gusto, sono dei creatori di immagini e nel mio piccolo mi ritengo un regista sul campo, come un capitano giocatore, scrivo e compongo i miei programmi a tavolino e poi li vado a realizzare in scena)”. Colore preferito: “Blu”. Auto posseduta: “500 Granata (Colore del Torino N.d.R.) con tanto di scudetto, l’unica in Italia, fatta apposta dalla Fiat (patron della Juve N.d.R.) su mia richiesta (provocazione N.d.R.) in cambio di una collaborazione per il lancio dell’auto”. C’è una leggenda metropolitana che la riguarda: è vero che ha cantato la sigla dell’Ispettore Gadget? “Io questo non lo so… so di aver lavorato alla Tv dei Ragazzi… c’era il lancio di questo strullo figuro con un cane a forma di tubo. Ma sono sicuro di non essere entrato in uno studio di registrazione e di aver registrato una canzone”.

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Ferrari, le gare GT e i suoi

UOMINI

La casa di Maranello non vince solo nelle competizioni di F1. Con la divisione Corse Clienti partecipa (e trionfa) anche nelle gare di categoria Gran Turismo. Grazie a una vettura (la Ferrari F430 GTC) e a delle persone speciali che guardano avanti. Andiamo a conoscerle OPINION LEADER 27


SMART IDENTIKIT Nome: “Antonello” Cognome: “Coletta” Soprannome: “Non ne ho” Nato il: “27 febbraio 1967” A: “Roma” Segno zodiacale: “Pesci” Fratelli o sorelle: “No” Hobby: “Una volta… ora non c’è più tempo. Il mio hobby è il mio lavoro, ed è un grande privilegio” Musica preferita: “Rock” Film preferito: “‘24 Ore di Le Mans’ con Steve McQueen” Libro preferito: “Un libro che mi è piaciuto e ‘Vincere!’ di Jack Welch” Colore preferito: “Rosso” Auto posseduta: “Fiat Croma” Piatto preferito: “Direi tutti i tipi di pasta” Lingue parlate: “Inglese e francese” Chi è Antonello Coletta in massimo 15 parole: “Uno che ha avuto la fortuna di praticare uno sport, un hobby, e l’ha fatto diventare una professione” E in una: “Appassionato! ...E pragmatico”

ANTONELLO COLETTA Responsabile Ferrari Classiche e Corse Clienti

Antonello Coletta è quello che si definisce l’uomo giusto nel posto (di lavoro) giusto. Laurea in economia e commercio, OK, ma prima di tutto tanta passione per i motori. Quindi karting, in veste di pilota, per poi passare alle auto sempre da pilota, prima, e da direttore sportivo, poi: F3, F3000, Superturismo, le categorie. Ma in fondo al cuore c’è dell’altro. C’è l’amore per la Rossa. Quell’amore che ti porta a chiedere a papà “ogni volta che tornavamo dalle vacanze, di uscire dall’autostrada per andare davanti ai cancelli di Maranello”. Quegli stessi cancelli che varcherà più tardi, nel 1997, anno d’ingresso sull’astronave Ferrari. La F1 gli piace, ma non è tutto. Coletta nel cuore ha delle corse differenti, quelle con vetture Sport e GT. E a Maranello lo sanno bene; le persone che lo cercano e chiamano per un colloquio glielo leggono negli occhi. Non a caso gli affidano una nuova divisione della Rossa che nasce e cresce proprio con Coletta stesso: Ferrari Corse Clienti, ovvero tutto il mondo delle auto storiche (Ferrari Classiche) e tutta l’attività sportiva extra F1 (il Ferrari Challenge Trofeo Pirelli). Una divisione che nel 1997 neanche esisteva e che oggi conta 54-55 persone impegnate sui

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vari progetti e circa 50 milioni di euro di fatturato. “Il bello - ci racconta Coletta - è che io sognavo proprio di rivedere la Ferrari correre e vincere con i propri clienti. E adesso sono qui. Il mio unico obiettivo è quello di dare vita a un dipartimento sempre più ricco di attività, prospero e con clienti contenti. Rimanendo, ovviamente, con i piedi per terra”. Anche quando arrivano vittorie a raffica nella classe GT con la Ferrari F430. “È una soddisfazione enorme aver fatto così bene con questa vettura. Prima di tutto perché ho creduto da subito nella categoria GT2 e non in altre. E poi perché quando corri in questa classe ti devi confrontare con gli avversari più prestigiosi, oltre che nelle grandi ‘classiche’ di questo sport: la 24 Ore di Le Mans, la 24 Ore di Spa...”. Tutte gare che Coletta e i suoi uomini hanno vinto più volte. Con una punta di orgoglio ma sempre “con la consapevolezza che domani il successo lo devi riconquistare da capo. Infatti lunedì, anche dopo una vittoria, cerco cosa non ha funzionato, cosa si può migliorare. E così le persone che ho intorno. Credo ciecamente nel team, il successo sta nella scelta delle persone… in gamba che ti circondano”.


SMART IDENTIKIT Nome: “Amato” Cognome: “Ferrari” Soprannome: “Non ne ho” Nato il: “18 aprile 1966” A: “Piacenza” Segno zodiacale: “Ariete” Fratelli o sorelle: “Una sorella, Caterina” Hobby: “Il lavoro” Musica preferita: “Non ho un genere favorito in particolare” Film preferito: “Nessuno” Libro preferito: “Autosprint...” Colore preferito: “Rosso” Auto posseduta: “159 Sportwagon” Piatto preferito: “Pasta” Lingue parlate: “Male, male... inglese e francese” Chi è Amato Ferrari in massimo 15 parole: “Un ex pilota che della passione per i motori e le corse ha fatto un lavoro. Sempre con professionalità” E in una: “Appassionato”

AMATO FERRARI Titolare AF Corse

Gli occhi più azzurri del motorsport italiano iniziano a curiosare nei paddock delle piste nostrane ben presto. Amato Ferrari (un cognome - nulla a che fare con Enzo, il Drake - un destino), giovanissimo, inizia al volante di un kart la propria carriera nel mondo dei motori. Che all’inizio è nel ruolo di pilota di kart, appunto, ma anche di monoposto e vetture turismo. Le tracce di innumerevoli gare e vittorie in pista rimangono nella mente, nel cuore e in bacheca, con due titoli italiani che nessuno potrà mai togliergli. Poi la svolta, all’età di 28 anni, quando molti piloti sono ancora nel pieno della loro carriera, Amato Ferrari decide che è il momento di scendere dalle auto e accomodarsi al muretto dei box, in qualità di vero e proprio titolare e responsabile di un team di vetture da competizione. La scelta ricade sulle auto a ruote coperte, categoria Superturismo. Come ogni bella favola che si rispetti, l’inizio è all’insegna dei grandi progetti e delle immancabili difficoltà. Amato Ferrari e la sua struttura, la AF Corse, toccano e lasciano il segno in ogni autodromo della Penisola. Poi gli impegni agonistici varcano i confini italiani e si portano all’estero, in giro per l’Europa. Prima occupandosi della

gestione e della logistica del Trofeo Maserati e poi, sempre per la Casa del Tridente, portando in pista e a battesimo l’ambizioso oltre che impegnativo progetto riguardante la Maserati MC12, vettura che ha segnato il ritorno della factory di Modena nella classe regina delle vetture GT. Poi per Amato Ferrari e la sua struttura arriva il cambio della casacca, nel 2006. Le divise blu-Maserati lasciano il posto a quelle rosso-Ferrari e per la AF Corse è il momento di un nuovo debutto, quello della F430 nella classe GT2. La stagione d’esordio è celebrata da vittorie altisonanti: il titolo piloti con Jaime Melo nel campionato FIA GT ma anche una splendida doppietta per le vetture gestite dal team di Amato Ferrari nella famosa 24 Ore di Spa. I successi continuano a raffica ed elencarli tutti è quasi impossibile. Quel che conta, comunque, per Amato Ferrari è riuscire a replicarli anche nella impegnativa stagione 2010 con una squadra più che mai ricca di nomi importanti per quanto riguarda i piloti: oltre ai “soliti” Gianmaria Bruni e Toni Vilander nella entry list della AF Corse sono presenti anche due nomi capaci di scaldare il cuore degli appassionati: Giancarlo Fisichella e Jean Alesi. OPINION LEADER 29


SMART IDENTIKIT Nome: “Gianmaria” Cognome: “Bruni” Soprannome: “Gimmi” Nato il: “30 maggio 1981” A: “Roma” Segno zodiacale: “Gemelli” Fratelli o sorelle: “Ho 2 fratelli, 1 sorella” Hobby: “Corsa a piedi e bici” Musica preferita: “Un po’ tutta... degli italiani mi piacciono Jovanotti e Antonello Venditti” Film preferito: “Top Gun” Libro preferito: “Ne ho tanti! Di recente ho letto la biografia di Lance Armstrong” Colore preferito: “Blu” Auto posseduta: “Fiat Croma” Piatto preferito: “Pizza” Lingue parlate: “Inglese” Chi è Gianmaria Bruni in massimo 15 parole: “Un maniaco della precisione che non lascia nulla al caso. Uno determinato e che se si mette in testa una cosa prima o poi la raggiunge” E in una: “Aggressivo”

GIANMARIA BRUNI Pilota Ferrari F430 GTC per AF Corse nella classe GT2

I piloti che hanno portato alla vittoria la Ferrari nella classe GT sono davvero tanti. Ne abbiamo scelto uno, italiano, in rappresentanza di tutti: Gianmaria Bruni. Giusto per allinearsi ai “colleghi d’articolo” precedenti, anche “Gimmi” muove i primi passi nel mondo dei motori grazie al kart. Non ottiene nessun risultato di grande prestigio anche perché non corre mai con il supporto ufficiale di una Casa costruttrice, bensì partecipa alle gare unicamente con team privati. Precocissimo, all’età di 15 anni, passa alle monoposto: effettua un corso di guida presso la scuola di Henry Morrogh e si trova subito e sorprendentemente a suo agio. Da lì la decisione definitiva di non proseguire con le competizioni kartistiche passando alle monoposto in maniera costante partecipando alla Formula Campus. L’esordio è contrassegnato da un’incredibile vittoria di campionato a fine stagione ‘98. Questo gli permette di accedere alla Formula Renault Europa, campionato che vince nel 1999, all’esordio. A seguire il passaggio nella F3 britannica e l’esordio nel campionato Euro 3000 Series. I risultati sono sempre più che buoni, così Giancarlo Minardi, il talent scout e titolare dell’omonimo

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team di F1, lo scrittura come terzo pilota nella propria squadra. È il 2004 e Gianmaria Bruni prende parte al campionato del mondo di F1. Per la prima volta, però, deve correre con la consapevolezza di non poter vincere, non essendo al volante di una delle vetture top della griglia di partenza. La stagione è arida di risultati e la decisione da prendere a fine anno è durissima: fare un passo indietro e andare a correre nella categoria cadetta, la GP2. La carriera dell’italiano sembra subire un rallentamento, invece, gli si spalancano le porte di un nuovo mondo dei motori, quello delle corse con auto a ruote coperte: “A 26 anni era ora di cambiare. Andai con Amato Ferrari a correre nel campionato GT2 e scoprii un mondo bellissimo con gare ‘tirate’ e macchine belle da guidare. Queste corse sono veramente belle e di alto livello. Grazie alla mia presenza nel team di Amato Ferrari ho scoperto anche le gare di durata, dove non conta solo andare veloce, ma anche pensare alla strategia, sapere quando è il momento di tirare e quando è il momento di risparmiare gomme e benzina. Gare in cui si usa tanto la testa oltre al piede...”. E lui ha dimostrato di avere entrambi.


SMART IDENTIKIT Nome: Ferrari F430 GTC DIMENSIONI E PESO Lunghezza: 4,51 m Larghezza: 2,00 m Altezza: 1,18 m Passo: 2,61 m Carreggiata anteriore: 1,70 m Carreggiata posteriore: 1,64 m Peso a secco: 1.245 kg MOTORE Tipo: V8 90° Alesaggio x Corsa: 92x75,15 mm Cilindrata: 3.996 cm3 Potenza: 450 CV a 7.000 giri Coppia: 490 Nm a 5.500 giri Blocco motore: in lega d’alluminio

FERRARI F430 GTC L’auto dei grandi successi

La signorina in rosso, dicasi anche Ferrari F430 GTC, ne ha viste e vinte tante: 24 Ore di Le Mans categoria GT2 (2008, 2009) piuttosto che 12 Ore di Sebring (2007, 2009, 2010), giusto per citarne un paio. In realtà l’elenco vittorie è ben più lungo. Si parla di un dominio assoluto nel Campionato GT FIA della classe GT2 (Coppa Costruttori, titolo Piloti e Team nel 2006, 2007, 2008 oltre che la Coppa Costruttori e Team nel 2006, 2007, 2008 e 2009). E poi c’è il successo indiscusso nella classifica Squadre dell’American Le Mans Series nel 2007 seguito dai titoli Costruttori, piloti e squadre nell’anno successivo. Ancora? Accontentati: titolo Piloti nella Le Mans Series 2007 e 2008 piuttosto che la vittoria nelle edizioni 2006, 2008 e 2009 della 24 Ore di Spa. Per non parlare dei vari successi nei campionati nazionali GT oltre che alle vittorie riportate nei campionati GT Spagnolo e GT Open. Ma il vero successo consiste nell’essere tornati in pista (vincendo) non solo con la struttura ufficiale Ferrari, ma con una vettura del Cavallino affidandola a dei team privati. Perché il progetto della F430 GTC è sì stato sviluppato direttamente dalla Ferrari, in collaborazione con la Michelotto

Automobili. L’auto, però, è stata poi portata in pista da team privati, seguiti e supportati, in occasione delle corse, dagli uomini di Maranello stessi. La ragione di queste vittorie - messe a segno davanti a marchi avversari storici di Ferrari nelle gare GT - è da rintracciare nella bontà del progetto di partenza. La F430 stradale, quella che chiunque volendo (e potendo) potrebbe comprarsi in concessionario, è già un’ottima auto da corsa, nonostante sia in realtà destinata alle strade di tutti i giorni. Questo ha permesso, tramite accorgimenti tecnici rapidi e poco invasivi, di avere un’auto altamente performante. Il cambio è stato velocizzato e adattato con uno di tipo racing, mentre il motore V8 è stato portato da 4.308 cm3 di cilindrata a 3.996 cm3, per rimanere all’interno della soglia regolamentare FIA-GT2. Sempre per trovare il miglior compromesso tecnico a fronte dei limiti regolamentari, nel 2010 gli ingegneri della Casa di Maranello hanno deciso di adottare, posteriormente, pneumatici più larghi a fronte di un aumento di peso della vettura che è passato da 1.100 kg a 1.250 kg. Tutto questo per continuare a vincere, con strutture “clienti” in ogni parte del mondo. OPINION LEADER 31


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Cosa si prova a vivere un successo travolgente? Chiediamolo alla indiscussa protagonista di televisione, giornali e pubblicitĂ : Madalina Diana Ghenea

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lcuni giorni di attesa e poi ecco. Ci siamo. è arrivato il momento dell’appuntamento con la bellissima Madalina Diana Ghenea all’Hotel Hilton di Roma. Siamo nella hall e dopo alcuni minuti eccola! Subito ci colpisce. Non è solo per la sua disarmante bellezza ma soprattutto per il suo stile. Elegante e casto. Non porta i soliti occhiali da diva e questo ci piace. Non porta i super trampoli tacco 12, niente minigonne mozzafiato e scolli cattura sguardi, ma indossa un semplicissimo tubino nero. Accollatissimo. Infradito stile Capri, molto chic! Insomma non avevamo capito proprio nulla di questa nuova icona della bellezza. L’avevamo immaginata come la solita Lolita e invece, eccola qua. Una Femmina con la F maiuscola. Ci invita subito a mangiare qualcosa con lei nella splendida terrazza dell’albergo, un must dell’estate romana. Ci sediamo e iniziamo a chiacchierare del più e del meno. Come due vecchie amiche. Ci mette subito a nostro agio con consigli sugli argomenti più disparati. Sembra avere una soluzione ad ogni problema e questa calma infinita la rende quasi irreale. La sua grande innata sensualità è sapientemente amalgamata con altri due ingredienti che solo le bellezze vere hanno il coraggio di esibire: normalità e serenità. Voce pacata e sorriso ci mettono subito di buon umore. Dicevamo, una Femmina come poche se ne vedono di questi tempi. Determinata, sicura di sé. è subito evidente che dalla sua piccola città, Slatina, capoluogo della storica regione dell’Oltenia, 80.000 anime a 100 km a ovest da Bucarest, di strada ne ha fatta molta. Il suo sogno: tanti bambini, tra cui qualcuno da adottare. Brava. Partiamo bene. Top Model, un reality su Raiuno e testimonial per 3. Questo è il tuo momento d’oro. Come ti senti? è un momento magico per me e mi sento veramente fortunata a poter finalmente coronare alcuni dei miei sogni. A volte mi sembra tutto così strano; i clienti con cui lavoravo prima mi davano la metà rispetto a quello che mi danno adesso. Figurati che avevo alzato il prezzo perché volevo fare delle altre esperienze convinta che mi avrebbero mollata e, invece, niente da fare, non solo lavoro ancora per loro ma mi pagano

Nella pagina precedente, un primissimo piano di Madalina Diana Ghenea. A sinistra, Madalina posa con un fiore.

cifre stratosferiche. Certo che sono proprio tutti pazzi in questo mondo! Ma la cosa che mi ha onorata di più è stato uno dei miei ultimi lavori: sono stata la madrina della Mille Miglia, ospite al Campidoglio. Mi ha fatto sentire un po’ più italiana e soprattutto molto lusingata. Tanto lavoro in questo momento ma la sera, quando arrivo a casa, la stanchezza viene cancellata dalla soddisfazione di poter fare un lavoro così amato e invidiato da tutti. Mi sento una privilegiata ma non dimentico mai da dove vengo. E soprattutto, mi ripeto in continuazione ogni sera “Madalina rimani te stessa. Sempre.” Cosa non bisogna mai dimenticare se si vuole fare strada in questo ambiente? Non bisogna mai perdere di vista i valori e le radici. La cosa più importante. Più sono forti e più sei forte tu. Importantissimo è non dimenticarsi mai da dove si viene e da dove si è partiti. Io sono partita da una piccola città della Romania e di strada ne ho fatta tanta prima di arrivare qua. Otto anni di duro lavoro e anche un’esperienza, quella di “Ballando con le Stelle”, che mi ha fatto crescere molto. Ho conosciuto grandi personaggi dello sport, del cinema, della TV e tutto questo mi onora. Da ognuno c’è da imparare qualcosa. Qual è il tuo sogno nel cassetto? Da piccola mi piaceva moltissimo fare le imitazioni (ride n.d.r.). Studiavo le persone e poi le imitavo. Mi piaceva e mi piace tutt’ora interpretare ruoli diversi, giocare un po’ con i diversi lati della mia personalità. Quando ero piccola adoravo fare dei piccoli spettacoli per i miei genitori. Loro si divertivano moltissimo; ero così buffa mentre scimmiottavo i vari personaggi dello spettacolo rumeno! Oggi sogno ancora di poter interpretare ruoli nel cinema italiano. Lo adoro. Sto studiando recitazione e dizione per migliorare la lingua e poter un giorno ottenere una parte in un film. Mamma e attrice insomma… Penso che quello della mamma sarà il mestiere che mi riuscirà meglio in assoluto. Sono molto brava con i bambini e loro, da quello che vedo, stanno molto bene con me. Mi piacerebbe tanto, un giorno, poterne adottare uno e penso che lo dovrebbero fare tutte le persone che hanno un po’ di disponibilità. Adesso è ancora presto e poi c’è mio fratello che ci sta pensando. Forse a breve diventerò zia. Non vedo l’ora! Come pensi di conciliare il lavoro con il ruolo

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di mamma? Fra dieci anni magari farò dell’altro, chi lo sa. Ma se farò ancora questo mestiere cercherò di conciliare entrambe le cose proprio come ormai fanno molte donne. Una cosa non esclude l’altra. Non può e non deve escluderla. E a quando un calendario? No, non lo farei (ci ripensa n.d.r.). Se fosse un calendario di grande qualità come il Pirelli magari sì. Non mi piacciono le foto di nudo integrale, penso che pochi grandi fotografi siano in grado di rendere il corpo una vera e propria opera d’arte, ed io adoro l’arte… Qual è la qualità che più apprezzi in un uomo? Sono molte le qualità per me fondamentali in un uomo. Il problema è trovare il giusto mix per avere l’effetto desiderato (sorride n.d.r.). Prima di tutto deve essere un “Uomo”! Un uomo vero e non qualcosa che gli assomigli. Non per forza bellissimo. Di solito sono attratta più dal fascino che dalla bellezza. Per esempio un uomo che adoro nel cinema è Nicolas Cage. Non sarà bellissimo ma, a parer mio, è molto affascinante. Potere, successo economico, fama rendono spesso un uomo più forte e più sicuro di sé. Sono dei fattori che influiscono sulle tue scelte sentimentali? Il potere, il successo economico e la fama non sono sempre indice di positività, anzi, tante volte non sono un buon segno nel privato. Capita spesso che questo tipo di uomini siano più presi dal lavoro che dalla propria famiglia. No. Non è uno dei miei criteri chiave. So che molti dei tuoi fidanzati sono stati gelosi di te. Tu di loro? Sì, anch’io sono un pochino gelosa, ma non sono esagerata. Quando vuoi tradire alla fine lo fai e nella maggioranza dei casi l’altro non se ne accorge. Secondo me le gelosie nella vita non portano a niente. Su che macchina preferiresti ti venisse a prendere il tuo principe azzurro? Io adoro le macchine d’epoca e mi piacerebbe molto che il mio uomo venisse a prendermi con una di queste. Geisha o padrona? Com’è Madalina nell’intimità? Sono entrambe. Dipende dai giorni. è bello giocare tutti e due i ruoli. Andresti a cena ad Arcore? No, non ci andrei. Non amo la mondanità. Sono

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una ragazza che sta spesso a casa tranquilla a vedere un film e mi piace andare al cinema da sola. Le ragazze che fanno quelle scelte perché pensano di accorciare i tempi secondo me vivono solo una grande illusione. Alla lunga non porta da nessuna parte. La bellezza ti può aiutare fino ad un certo punto ma se vuoi fare qualcosa di importante devi dimostrare il doppio delle altre. Non bastano cene e raccomandazioni per arrivare in alto, non sarai mai felice e comunque soddisfatta come quando una piccola cosa la fai da sola. Meglio una bugia a fin di bene o una verità che fa male? Meglio una verità che fa male. Sempre meglio essere sinceri e dire quello che si pensa. Gli uomini… rumeni o italiani? Quali differenze? Penso che in ogni paese ci sia di tutto e in ogni lavoro che fai puoi incontrare tante personalità diverse. Penso non si possa fare una distinzione in base alla nazione. Forse (ci ripensa un istante n.d.r.) l’uomo italiano è più caldo, più passionale. L’uomo rumeno è più freddo e più geloso. Si parla tanto di immigrazione e discriminazione. Tu ti sei mai sentita discriminata da, ad esempio, una donna italiana? So che noi rumeni non abbiamo una bella reputazione, ma penso che in ogni paese ci sia il bello e il brutto. Non bisogna essere razzisti e giudicare una nazione solo per quello che fanno alcuni gruppi ristretti. Magari, a volte, la stampa enfatizza un po’ i toni. Sembra quasi che ci sia l’anno dei rumeni, quello degli albanesi… Per fortuna io non sono mai stata discriminata anche se, all’inizio, con i documenti ho fatto un po’ fatica. Vedo tanti rumeni lavorare seriamente, ma sui giornali fa ovviamente più notizia parlare degli episodi negativi. Qual è l’uomo italiano che consideri più affascinante? Mi piace molto Alessandro Gassman, lo trovo molto affascinante e un bravo attore. Hai lavorato con Raoul Bova, uno dei miti delle ragazze italiane. Ci hai mai fatto un pensierino? Anche lui è un bellissimo uomo e soprattutto una bella persona ma, essendo impegnato, ho un blocco assoluto nei suoi confronti. Bello da vedere ma niente di più. Hai mai fatto l’amante? No, penso che essere la seconda scelta sia la


Un look capri-chic per la bellissima modella.

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cosa più terribile al mondo. Io voglio essere sempre la prima e mai la riserva. Quanto sono importanti per te i preliminari in un rapporto? Penso che i preliminari siano fondamentali. L’uomo deve saper fare l’uomo e soddisfare a pieno la sua donna. Fantasie sfrenate o coccole romantiche? Mi piace molto mischiarle e soprattutto sorprendere il mio uomo. Sempre. Milly Carlucci o Simona Ventura? Preferisco tutta la vita Milly, ma non solo perché ho lavorato con lei. Lo pensavo già da prima. è una donna elegantissima e fa secondo me uno dei pochi programmi di qualità in TV. Potresti mai innamorarti di una donna? No, non potrei mai. Anche se devo dire che in giro osservo più le donne che gli uomini perché apprezzo molto quando vedo una bella donna e faccio i complimenti senza nessun problema. Attraverseresti l’Atlantico in barca a vela con il tuo grande amore, esperto velista, su una barca di 10 metri? Sì, lo farei. Poi se me lo chiedesse lui andrei certamente. Alla fine è un’esperienza. No? Come arrederesti la casa dei tuoi sogni? Mi piace moltissimo lo stile provenzale. Sogno spesso la casa che sarà della mia famiglia. Non penso sarà in Romania ma non lo escludo completamente. Sicuramente sarà dove mi porterà il cuore. La tua città ideale? Mi è piaciuta tantissimo Tokyo, ma non la sceglierei come città per costruire la mia famiglia. è un posto molto particolare per me, dove mi sono trovata davvero bene. Per vivere invece mi piacerebbe un posto tranquillo, o al mare o in montagna. Si parla tanto di “quote rosa”, cosa ne pensi? Le donne hanno tanto da dire! Ormai penso che abbiamo superato il fatto che la donna debba essere subordinata all’uomo nel lavoro. Perché tante volte la donna è più brava dell’uomo. La donna in politica o al potere mi piace molto. Dove ti vedremo prossimamente? Spero al cinema. Ho rifiutato già delle proposte che non sentivo mie, come vari “cinepanettoni”. Spero di poter fare ruoli più impegnativi.

virtù. Hai ragione. Continua a ripeterti ogni sera, quando torni a casa stanca ma felice per i tuoi successi professionali: “Madalina, rimani te stessa. Sempre”. di Daniela Ferolla - foto Mario Gramegna

Grazie Madalina. è stato un vero piacere. Due ore passate in grande serenità. Sai mettere a tuo agio chi ti sta di fronte. Questa è una grande

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Lo sguardo sensuale di Madalina.



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Elio Fiorucci, l’uomo che ha puntato agli

ANGELI Stilista, talent scout, imprenditore, comunicatore e testimone attivo della trasformazione culturale degli ultimi 40 anni, Elio Fiorucci è a tutti gli effetti un “iniziatore”

“Beginners” di Walt Whitman

Appaiono raramente sulla Terra, solo ad intervalli, E alla Terra sono cari, e al tempo stesso pericolosi. Si mettono a repentaglio, più di chiunque altro, E la gente risponde loro anche se non li capisce subito. C’è, ogni volta, nel loro fato, qualcosa di sovversivo. Mai conoscono l’oggetto della loro adulazione, né la loro ricompensa, E ogni volta lo stesso inesorabile prezzo deve essere pagato Per la stessa grande occasione. “Gli Iniziatori” sono coloro i quali aprono un cammino, una pista, lanciano un pensiero, uno stile, danno inizio a un’epoca, a una nuova stagione, costituiscono una luce per gli altri, indicano una direzione. Sono rari i “Beginners”, appaiono a paesi e società stanche.

Un ritratto di Elio Fiorucci.

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ngioletti. Cuoricini. Pin-up. Jeans attillati. Colori fluo. Nanetti. Le creazioni di Elio Fiorucci fanno ormai parte dell’immaginario collettivo e sono diventate delle vere e proprie icone di stile. Chi non ricorda lo storico negozio Fiorucci di San Babila, nel cuore di Milano? E chi può negare che si trattasse del primo concept store italiano? Sì, perché Elio Fiorucci è prima di tutto uno sperimentatore, un curioso inventore di stili capaci di inserirsi nella corsa dei tempi e di dare il via ad una nuova stagione. Lo scorso 10 febbraio il Circolo Filologico Milanese - la più antica associazione culturale del capoluogo lombardo - ha voluto premiare Elio Fiorucci istituendolo come “testimone della straordinaria creatività di Milano alla fine degli anni ‘60”. Durante la cerimonia Oliviero Toscani è intervenuto leggendo, la poesia “Beginners” di Walt Whitman e dedicandola ad Elio Fiorucci. “Un amante del nuovo non sa esattamente cosa sta facendo: è la curiosità verso l’ignoto a muoverlo” ci spiega Elio Fiorucci all’inizio della nostra intervista, descrivendo il suo primo viaggio a Londra e l’incontro con quella rivoluzione dei costumi che travolgeva i giovani negli anni ‘60 e da cui lui stesso rimase coinvolto. Fu la scoperta di “Biba”, storico negozio di Kensington, e la conoscenza della sua creatrice Barbara Hulanicki a confermare la straordinarietà della vita che si stava svolgendo a Londra, una città in cui la nuova generazione era in grado di prendersi non solo il suo spazio, ma interi quartieri. Biba non era un semplice negozio, ma un mondo creato per i giovani in cui prodotti artigianali e vestiti di grande moda si vendevano a prezzi bassissimi.

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Un luogo di incontro, più che un semplice store, in cui dominavano musica e voglia di conoscersi e in cui l’unico rischio poteva essere imbattersi in Brigitte Bardot o nei Beatles. “L’incontro con il nuovo è come una magia - prosegue Elio Fiorucci - e al suo interno sembra che l’uomo viva due volte. Il nuovo non si scopre, si riscopre, si riconosce in una sorta di impressione di familiarità”. Questo tipo di impressione divenne la cartina al tornasole che lo convinse a lanciarsi in un’impresa tutta sua. Un’attività che, pur non rompendo totalmente con la tradizione della sua famiglia, potesse rivelarsi rivoluzionaria nel trasportare un po’ del mondo londinese a Milano. E così nacque il Fiorucci Store, uno spazio colorato e innovativo, nel cuore della capitale della moda, accanto a negozi classici e dai nomi altisonanti. Uno spazio che chiunque continua, dopo anni, a rimpiangere. Non erano infatti né l’arredamento, né la posizione, né tantomeno i vestiti che venivano venduti a fare di quel negozio un luogo indimenticabile: si trattava dell’atmosfera. Una sorta di microclima allegro e salutare, anzi terapeutico, come il suo creatore preferisce definirlo. Un luogo in cui si respiravano novità e voglia di stare insieme, e in cui il conoscersi e il comunicare all’insegna dello stile si adattavano perfettamente allo spirito dei tempi. E poi il successo. Fiorucci diventa un marchio con una produzione industriale propria ed una distribuzione a livello mondiale. Gli angioletti diventano il simbolo di un life-style tutto incentrato sulla libertà di espressione, vero must del brand. Nel 1975 viene aperto uno Store a Londra (King’s Road) e nel 1976 a New York (59th Street).


Elio Fiorucci, l’uomo che ha puntato agli Angeli

A sinistra, i nanetti di Love Therapy, simbolo del nuovo marchio Fiorucci. Sopra, uno storico poster pubblicitario Fiorucci del 1975.

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Sopra, partendo dall’alto: Elio Fiorucci e Andy Warhol; Jean-Michel Basquiat; Keith Haring dipinge l’interno del negozio Fiorucci a Milano, la pagina di un magazine del 1984 ne riporta l’articolo.

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Elio Fiorucci, l’uomo che ha puntato agli Angeli Il periodo di New York sancisce Elio Fiorucci come membro di quel fervore culturale che influenzò negli anni a seguire tutto il resto del mondo. Dalla Factory di Andy Warhol, che scelse la vetrina del suo negozio per il lancio del suo giornale “Interview”, alla collaborazione con Basquiat, di cui produsse un film, alla conoscenza di una giovane ragazza dalle mille speranze - che qualche anno più tardi sarebbe diventata Madonna all’inaugurazione del celebre Studio 54. Un periodo intenso e all’insegna della creatività, che inserisce Elio Fiorucci nella storia di un’epoca accattivante, ma che rischia forse di sminuirne la personalità, in favore della contemplazione di un preciso contesto. Perché, come precisa Elio Fiorucci, “sono sempre le scelte dei singoli a determinarne il contesto, e le scelte migliori sono quelle che vengono compiute con lo spirito giusto, uno spirito privo di ira o di rabbia, che a sua volta rimanda al modo in cui le persone vorrebbero vivere”. Così, continuando con la nostra intervista, ci ritroviamo a scoprire un Signor Elio Fiorucci lontano dall’idea che abbiamo di celebrità, come se tutte le qualità siano prerogativa delle persone che hanno vissuto i periodi migliori. Un Elio Fiorucci che ci parla della felicità come di qualcosa di lontano dal successo, poiché vicina all’agire e al sentirsi giusti e che confessa, un po’ imbarazzato, di voler tornare indietro nel tempo per cancellare tutti gli errori commessi nel passato. Ma è proprio mentre lui ci rivela di essersi pentito moltissime volte e di aver compiuto tantissimi sbagli, che noi capiamo che cos’è che lo ha reso un personaggio così significativo: il suo modo di raccontare, o meglio di divagare. è dal modo in cui perde il filo del discorso per soffermarsi su un aneddoto divertente e da come magicamente questo filo ritorni pieno di spessore a concludere un ragionamento che ci sembrava perso, che comprendiamo la grandezza di un personaggio come Elio Fiorucci. Così, convincendoci che soltanto l’esperienza possa essere portatrice di insegnamenti, ci abbandoniamo al piacere dell’ascolto e ci sentiamo quasi partecipi della narrazione. Siamo a Manhattan tra la Settima e l’Ottava Avenue ed è il 1977. La strada è bloccata, le limousine si accalcano e davanti a noi migliaia di persone vestite in modo meraviglioso fanno una fila di cui a malapena si riesce a vedere l’inizio. è l’inaugurazione dello Studio 54 ed Elio Fiorucci, uno dei suoi sponsor, è appena atterrato a New York per l’occasione. L’atmosfera deve essere carica di emozioni e le guardie all’ingresso devono essere molto confuse, Sopra, l’invito originale per l’evento con Keith Haring.

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andrebbero forse licenziate per non aver riconosciuto il nostro personaggio. Ma Elio Fiorucci preferisce far finta di niente e seguendo quel motto orientale che invita a cogliere il lato buono delle situazioni, preferisce non allarmarsi ed agire di conseguenza. “In un attimo di lucidità - dice - mi sono detto che non avevo voglia di rimanere bloccato ad un tavolo a bere champagne tutta la sera. Come se l’errore delle guardie fosse un segno da seguire, mi sono seduto sul marciapiede e sono rimasto tutta la notte a vedere cosa succedeva la sera dell’inaugurazione dello Studio 54, fuori dallo Studio 54”. Noi, purtroppo, non eravamo lì davvero e possiamo soltanto immaginare come sia stato il debutto di quello che, in pochissimo tempo, sarebbe diventato il locale più esclusivo di New York. Tuttavia, ascoltando il Signor Elio Fiorucci raccontare questa storia, non possiamo che convincerci di come quella notte ciò che accadde sul marciapiede della 54esima Strada sia stato altrettanto spettacolare. E questo per quell’ultima frase, detta a mezza voce, sorridendo, pronunciata quasi soltanto per ricordare quanto possa essere strana e meravigliosa la vita: “Sono stato rifiutato dallo Studio 54 la sera dell’inaugurazione che io stesso avevo sponsorizzato”. Ma la vita di un personaggio come Elio Fiorucci è piena di questi aneddoti eccezionali, molti dei quali confermati o ricordati da altri luminari dello stile. è il caso di Calvin Klein che cita Elio Fiorucci sotto la voce “inventore del fashion jeans”. Fu, conferma Elio In alto, il negozio “Love Therapy” di corso Europa a Milano. Sopra, lo storico negozio Fiorucci. Il colore e l’allegria dominano sia l’interno che la vetrina.

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Elio Fiorucci, l’uomo che ha puntato agli Angeli

Sopra, l’interno del negozio “Love Therapy” di corso Europa a Milano. L’atmosfera è colorata come sempre.

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Storico poster pubblicitario Fiorucci.

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Elio Fiorucci, l’uomo che ha puntato agli Angeli Fiorucci, grazie ad una collaborazione con Mario Morelli - allora modellista di Valentino - che il denim jeans venne ammorbidito e trasformato in qualcosa di più che un semplice abito da lavoro. “Mario Morelli aveva spostato il cavallo 2 cm più in alto rispetto al modello originale - spiega Elio Fiorucci - così le ragazze per allacciarsi questi nuovi jeans dovevano sdraiarsi a terra”. Un indumento tutto al femminile, insomma, che risaltava i fianchi e le forme delle donne e il cui successo non si estinse mai. Un capo che venne realizzato in tutti i colori e nei più diversi tessuti e che venne acclamato soprattutto in quella terra che ne aveva ispirato la creazione. Elio Fiorucci, con il fashion jeans, riuscì a vendere l’America agli americani. Ma non si limitò a questo. Per gli stilisti americani Fiorucci fu una vera e propria musa ispiratrice. Come per Marc Jacobs, che si ricorda 14enne a convincere la nonna ad accompagnarlo allo Store sulla 59esima. Questo perché i negozi Fiorucci convogliavano le personalità artistiche più in voga di quel tempo. Dai commessi, tutti giovani artisti, a Keith Haring che dipinse gli interni dello Store di Milano: il senso dei Fiorucci Store era comunicare la libertà di espressione e tentare di mostrare soltanto bellezza. è ovvio che la fortuna e la grandezza di un personaggio come Elio Fiorucci non possano essere dissociate dal tipo di periodo storico-culturale che il mondo stava attraversando durante gli anni della sua ascesa - periodo che, del resto, lui stesso ha contribuito ad influenzare. Tuttavia, per evitare di rimanere statici a sognare e invidiare i meravigliosi anni ‘70, le nostre riflessioni si volgono al presente, nell’intento di comprendere se le innovazioni di stile siano una particolarità di certi tempi o se, al contrario, siano appannaggio di personaggi particolari. Il Signor Elio Fiorucci ci rincuora. “Sono convinto - afferma - che ci sia sempre la possibilità di fare qualcosa di nuovo. C’è un momento in cui l’importante è conoscere le cose e un momento in cui diventa fondamentale realizzarle”. Ed aggiunge: “Se il mio negozio nascesse oggi sarebbe improntato alla tecnologia, ma non rinuncerebbe a quella caratteristica imprescindibile, motore della mia attività, che è la voglia delle persone di stare insieme: una voglia sempre attuale”. Il trucco per riuscire in tutto è quello che Elio Fiorucci ama presentare come il suo motto: “Fine della paura, inizio dell’amore”. di Salvatore De Martino In alto, un altro storico poster pubblicitario Fiorucci. Sopra, Elio Fiorucci e i suoi mitici angioletti in una foto del 1999.

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e da grande farà

l’allenatore

Se pensi a un campo da calcio, seduto in panchina ci vedi lui, Giovanni Trapattoni. Attualmente CT della Nazionale irlandese, il “Trap” ha segnato la storia del calcio e oggi, a 71 anni, non ha nessuna intenzione di farsi sostituire

N

ell’anno dei Mondiali di calcio è d’obbligo andare a parlare con un simbolo di questo sport. Uno che ha fatto della vittoria un vizio. Uno capace di essere leader sempre: in campo (da giocatore), in panchina, durante le interviste. Per questo siamo andati a fare quattro chiacchiere con Giovanni Trapattoni, saggio ragazzo di 71 anni dall’inesauribile energia. Gli abbiamo chiesto del suo passato, delle difficoltà che si incontrano quando si è a capo di un gruppo, di cosa ha in mente per quanto riguarda il futuro. E il “Trap” ha risposto a tutto. Tranne che all’ultima domanda... Fare il calciatore è il sogno di ogni bambino: era anche il suo o da piccolo voleva fare altro? Il calcio era la mia passione fin da piccolo. La voglia era così tanta che giocavo addirittura a piedi scalzi per non rompere le scarpe. Poi sono entrato a far parte del Milan, un mondo che non potevo neanche sognare da ragazzo. Probabilmente è stato grazie a tante situazioni fortuite e casuali che sono diventato un giocatore di Serie A. Mi sono trovato al punto giusto nel momento giusto, con dei passaggi a livello che si aprivano. Se lo ricorda ancora il suo esordio in Serie A? Com’erano i rapporti con i grandi della squadra con cui giocava? Devo dire che l’emozione è ancora viva: entri in punta di piedi, ti tremano le gambe e ciò che ti rimane maggiormente impresso è la classe, l’intelligenza, l’educazione di queste persone. Ricordo che io ero poco più di un giovanotto e al mattino i primi a salutarmi erano loro, i grandi campioni. Questo aspetto umano ti colpisce e ti rimane tutta la vita. Ti insegna a rispettare gli altri. Da allora ho sempre cercato di comportarmi nella stessa misura. Facciamo ancora un salto nel passato: San Siro, 1963. Nella leggendaria partita contro il Brasile, lei riuscì a marcare Pelé. Questione di fortuna o

c’era anche dell’altro? Pelé era un grande campione e la fortuna per me è stata quella di aver incontrato calciatori, come lui, famosissimi nel mondo. Io ero uno “normale” e giocando bene quella partita ho avuto un grande risalto, ottenuto dal riflesso della notorietà di Pelé. Ciò che conquisti, però, non devi mai lasciarlo sfuggire. Sono sempre stato razionale e concreto, perché se voli troppo in alto rischi di cadere e Icaro ne è un esempio. Quando si rimane con i piedi per terra ti fai meno male. Ancora oggi si parla della sua memorabile accusa a Strunz, Basler e Scholl di essere delle “bottiglie vuote”. Perché quella conferenza stampa (Monaco di Baviera, 1998) è rimasta nella storia? Diciamo che l’episodio ha avuto un’eco memorabile sia per il significato in Germania di “bottiglia vuota”, sia per il suono del cognome “Strunz”. Io non sapevo che “bottiglia vuota” per i tedeschi avesse un valore dispregiativo, con quell’espressione intendevo semplicemente dire che quando un giocatore scende in campo svuotato di energie, come una bottiglia vuota appunto, non può pretendere di ottenere dei grandi risultati. Non si è trattato comunque di uno sfogo improvviso, i giocatori erano già stati avvisati. Prima calciatore, oggi allenatore, quale ruolo sente più suo? Da giocatore ho avuto dei successi che erano però condivisi. Da allenatore sono successi sì condivisibili, ma anche personali. Fare l’allenatore è sicuramente più gratificante, più incentivante e quindi ti appassiona di più. Da allenatore devi dare a ognuno il proprio pezzo di popolarità, di personalità, di merito. Direi quindi che ti realizzi di più. È fondamentale essere stato prima un calciatore per fare l’allenatore? Sicuramente sì. Se non hai fatto il calciatore le conoscenze le acquisisci svolgendo il lavoro, ma devono passare degli anni. Se sei stato calciatore, invece, inevitabilmente

Il Trap in compagnia di Marco Tardelli (vice del CT), durante la partita Eire-Italia, a Dublino.

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DA GRANDE FARà L’ALLENATORE

sai cosa pensa il giocatore, sai che rapporto umano devi avere, quindi non hai bisogno del tempo. Produci e realizzi di più, da subito. Aver giocato ti aiuta. Quali sono le doti essenziali per essere un buon calciatore e un buon allenatore? Senza dubbio a un calciatore le qualità le dà madre natura, poi con dei buoni insegnanti ha anche modo di crescere. Mentre un allenatore deve essere autorevole nella misura giusta. Deve essere paziente, psicologo e deve avere equilibrio. In un gruppo dove il carattere e la psicologia sono così variegati, l’allenatore deve uscire dal proprio ego per tirar fuori le risorse umane che i ragazzi hanno dentro. Un allenatore deve anche estraniarsi da eventuali problemi personali, per dedicarsi totalmente a ciò che è lo spogliatoio. Se è sereno ed equilibrato, riesce a dare il giusto valore alle persone. Tra tutte, c’è una vittoria che ricorda di più perché magari più memorabile o più sofferta? Direi che la prima vittoria è stata quella di aver messo piede nel Milan, in Serie A, non tanto per il risultato, quanto per un sogno che si è realizzato. Mi sono trovato calato in una realtà professionale che mai pensavo di poter raggiungere. Con il tempo poi ti abitui al fatto che il risultato e la vittoria vanno e vengono. A tal proposito ho coniato uno slogan: il calcio è bello perché ti fa gioire, ti fa soffrire, ma ti dà un’altra opportunità. Domani ti puoi sempre rifare. Quindi anche se hai perso ti aspetta un’altra occasione. E come allenatore, che vittoria ricorda? Forse la prima, nel ‘77, con la Juventus, perché è stata estremamente sofferta. Abbiamo vinto la Coppa UEFA seguita, 3 giorni dopo, dalla vittoria del Campionato a Genova, con un punto solo sul Torino. È stato un record, il primo successo enorme. In una settimana potevamo perdere tutto, invece abbiamo conquistato due risultati importantissimi per la carriera. Nelle sue varie esperienze all’estero quali differenze ha riscontrato rispetto al calcio italiano? Ci sono delle sostanziali differenze sia sul piano psicologico che comportamentale. All’estero c’è una maggiore serenità sportiva nei confronti dei risultati, vittoria o sconfitta che sia. Diciamo che nel tifoso c’è meno protagonismo e nella società c’è più consapevolezza che si può vincere o perdere. Un allenatore all’estero deve calarsi nella realtà di quel Paese e deve apprendere le diverse abitudini e le differenze comunicative del luogo. Bisogna entrare in punta di piedi senza pretese, per poi insegnare le nostre scaltrezze, i nostri piccoli Un pezzo della nuova collezione Spring-Summer 2009 interamente lavorato ad uncinetto.

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segreti che ci permettono di raggiungere certi obiettivi. A proposito di differenze, in Italia quando si gioca una partita si va avanti a parlarne per settimane. In altri Paesi ciò non avviene. Come mai? Questo atteggiamento lo si riscontra nei Paesi latini, dove il calcio è una cultura popolare, significa, cioè, che il popolo mette il calcio davanti a tutte le altre problematiche. Si vive in funzione di questo sport. Basti pensare al perché il lunedì c’è una maggiore tiratura dei giornali rispetto agli altri giorni. Qual è l’aspetto più difficile da gestire quando si diventa il CT della Nazionale? L’aspetto più difficile è l’accorgersi, ascoltando i media, che pur essendo l’allenatore dell’Italia sei in realtà tornato all’‘800, all’Italia dei comuni, quindi sei l’allenatore di un Paese diviso. Altrove non è così, è tipico solo della nostra nazione farne una questione regionale e cittadina, dimenticando che l’allenatore della Nazionale fa solo e unicamente gli interessi della squadra. Cosa le ha fatto accettare l’incarico di CT dell’Irlanda? L’essere nato il giorno di San Patrizio può essere stato un segno del destino? Sì vero, forse il destino era scritto. A un certo punto lo chiesi anche: “Non è che mi avete chiamato perché sono nato lo stesso giorno di San Patrizio?” (ride, n.d.r.). Il vero motivo per cui ho accettato, comunque, è legato al fatto che in quel periodo stavo vincendo parecchio e dopo la vittoria sento sempre lo stimolo del cambiamento o, meglio, riesco a capire quando arriva il momento in cui non posso estrarre più di tanto dai miei ragazzi. Quindi il cambiamento fa bene a me prima di tutto e fa bene ai miei calciatori perché, se subentra un nuovo allenatore, loro acquisiscono un altro tipo di insegnamento. I Mondiali sono alle porte (al momento dell’intervista, n.d.r.) e l’Irlanda è stata esclusa dalla competizione… come si supera un’esclusione ingiusta? Si supera perché il calcio insegna sempre. Ve l’ho detto lo slogan? Me lo sono costruito io: la vittoria ha cento, mille padri, la sconfitta invece è sempre orfana. E quindi una sconfitta si supera con lo spirito di ricominciare. Anche se la sconfitta ti fa soffrire perché rappresenta una delusione, tu devi ricominciare con lo stesso entusiasmo. Avere questo spirito è fondamentale, soprattutto se sei l’allenatore perché spetta a te dare coraggio e forza agli altri. Quindi guarderà i mondiali e tiferà…? Ovviamente tiferò Italia, anche se so che forse non potrà vincere il Campionato del Mondo. Sulla

Giovanni Trapattoni durante una sessione di allenamento con la Nazionale italiana in Portogallo, in occasione dei Campionati europei del 2004.


DA GRANDE FARà L’ALLENATORE

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DA GRANDE FARà L’ALLENATORE Un agguerrito Trapattoni durante la partita Eire-Italia, a Dublino.

bilancia ci sono squadre veramente forti dal punto di vista qualitativo e tecnico. Però mai dire mai, oltre allo stato psicologico e alla fortuna, ci sono varie componenti che confluiscono e che possono portare al successo. Quindi qualche sorpresa può venir fuori. Allora chi vincerà secondo lei? No, un nome non posso darvelo. Ci sono sicuramente squadre che hanno un valore superiore ad altre e che quindi potrebbero vincere, ma ci sono anche situazioni casuali che non possiamo prevedere ora. E l’Italia perché dubita che possa vincere? Dubito perché anche se noi siamo una squadra con 7 teste come il drago, oggi dovremmo davvero trovare qualcosa di eccellente. Noi siamo forti, però i segnali che dà la squadra non sono così decisi da poterci mettere al pari delle 3/4 squadre favorite. La mia valutazione va oltre quello che è il tifo. Tornando a lei. Pensa di avere ancora la stessa grinta di quando ha cominciato? È ancora così appassionato? Appassionato senza dubbio lo sono ancora. Rispetto al passato però sono sicuramente più paziente, l’esperienza ti porta ad esserlo. Con il tempo, inoltre, sono diventato più consapevole degli errori, anche se il mio istinto caratteriale è sempre lo stesso. Oggi come allora io voglio ottenere, voglio accompagnare i miei giocatori nel dare tutto, anche se tante volte mi dico “ricordati che hai un’età” (ride, n.d.r.). Alla sua età cosa farebbe se fosse in pensione? Non ci ho ancora pensato. Devo dire che ho messo da parte tanti best seller, tanti libri sperando di poterli leggere più avanti. Ho ancora moltissimi dischi da sentire stando serenamente sul divano. Però sai, devi essere sereno di mente e sgombro dagli impegni, allora sì che assapori la musica. In tutti questi anni, il mondo del calcio non l’ha mai stancata? No no. Certo alcune manifestazioni che vediamo qui ci fanno riflettere sul fatto che noi italiani siamo particolari. Però siamo italiani, all’estero ci vedono bene, a volte ci criticano, ma in fondo sono gelosi del nostro modo di fare italico, la nostra estrosità, la nostra fantasia. Ha già un’idea di quale sarà il suo prossimo incarico dopo l’Irlanda? Io per la verità non pongo limiti alla provvidenza. Fino a quando riesco a camminare e ad andare in panchina, lo farò. L’importante è avere lo spirito, perché è quello che ti dà la carica. Se tu cominci a piangerti addosso non va bene, perché vuol dire che non girerai mai

la pagina. A proposito di provvidenza, ci racconti della sua abitudine di bagnare il campo con l’acqua santa. È qualcosa di sacro nel quale credo molto. Non lo faccio per vincere, ma perché tiene lontano i “menagramo”, ovvero tutti quelli che sono gelosi della fortuna altrui. L’acqua santa mi dà serenità, portandomela sempre dietro ho la consapevolezza che allontani la cattiveria o quantomeno mi dà la sensazione di essere protetto. Il mondo purtroppo è pieno di invidia e l’invidia ammazza più della pistola. C’è qualche scelta che non rifarebbe? Io sono uno che riflette molto, ma molto, prima di fare una cosa. Quando prendo una decisione è perché ne ho la convinzione, quindi non mi sento di dire “ho sbagliato a fare questo”. E se il pallone non fosse mai esistito, cos’avrebbe fatto Giovanni Trapattoni nella vita? Avrei continuato a fare il compositore tipografo, ma non ci sarebbe stata una gran carriera. La sua carriera è davvero lunga: tra le tante squadre che ha allenato, ce n’è una che le è rimasta più nel cuore? Quando diventi allenatore cominci a non avere più l’amore dei colori. Ti trovi bene sul lavoro che fai e su ciò che ottieni. Io scherzo dicendo che ho conosciuto 5 “belle fanciulle”. Se dovesse chiudere la sua intervista con uno dei suoi modi di dire celebri, quale userebbe? Mi prendete alla sprovvista. Di mie frasi celebri ce ne sono così tante che delle volte sono fuori luogo (ride, n.d.r.). Quindi scrivete la vostra impressione su di me che forse è la cosa migliore. Va bene: semplicemente straordinario.

di Silvia Barlascini

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quando l’informazione non è

ATTAPIRATA

Don Chisciotte. Battitore libero. Voce di chi non ha voce. Più semplicemente Valerio Staffelli, il giornalista che fa “quello che faceva in giardino e in compagnia da giovane”: le cose di strada, semplici e vere

S

uona un po’ come quella leggenda che racconta di un Albert Einstein rimandato in matematica e fisica: Valerio Staffelli al primo provino per Mediaset si sente dire che “non ha la faccia giusta per fare televisione”. Da quel giorno sono passati 25 anni e quella faccia, con quegli occhi un po’ sornioni e il sorriso aperto e sincero, è una delle più amate della televisione italiana. La storia di Valerio è intensa ed estremamente varia; inizia in radio, passa al cinema recitando tra gli altri per Gabriele Salvatores e Giuseppe Bertolucci, arriva al piccolo schermo partecipando a trasmissioni storiche come “M’ama non m’ama” e “Scherzi a parte”. Ma la vera consacrazione di Valerio arriva nel 1996 quando inizia la sua militanza tra le file di Ricci come inviato di Striscia la Notizia. Ed è lì, per strada, mentre rincorre armato di Tapiro, politici, autorità e malfattori, che Valerio capisce ciò che vuole fare davvero: mettersi a disposizione per il pubblico servizio e riportare in auge il senso di giustizia. Una professione che per Staffelli fa rima con passione e che da anni cerca di portare avanti a 360°, non solo attraverso i servizi del noto Tg satirico. Valerio, infatti, dà voce a chi non ha voce anche attraverso la sua pagina web, un vero forum “salva cittadino” lontanissimo dallo stile patinato a cui ci hanno abituati altri personaggi della televisione, e attraverso alcune rubriche di denuncia radiofoniche e stampa. “Questo è il ruolo perfetto per me: non solo mi piace difendere i deboli, ma mi diverte davvero moltissimo prendere in giro chi si comporta male, chi non ha rispetto per i diritti dei consumatori o chi crea dei disservizi fregandosene degli altri perché più grosso”. Ma come sei arrivato a ritagliarti questo ruolo? Sono sempre stato uno “senza paura”; uno abituato sin da bambino a rispondere sempre “Sì” a qualsiasi richiesta. è stata la mia incapacità a tirarmi indietro, ad esempio, a portarmi a Scherzi a parte. Al provino mi chiesero se ero in grado di fare il cascatore, ovviamente risposi di “Sì”, e nel giro di pochi minuti mi ritrovai a

lanciarmi da una scrivania. Per fortuna grazie allo sport e alle arti marziali, praticate da piccolo, ne uscii illeso e con un ruolo nella trasmissione. Insomma, se faccio quello che faccio oggi lo devo al mio coraggio, all’assoluta assenza di vergogna e a una faccia di palta che è un vero lasciapassare. Ma quanto è difficile oggi fare dell’informazione di servizio? Facilissimo: basta non avere interessi. Vi faccio un esempio. Fino ad un anno fa collaboravo con una free press diretta da una persona molto coraggiosa che mi dava la possibilità di fare tutto e scrivere di tutti. Poi è cambiato il direttore e con esso anche le cose, così ho deciso di lasciare la rivista; perché quando ti viene detto “dimmi le aziende e le persone di cui vuoi parlare e ti dico di chi puoi farlo”, sai già che non potrai fare vera informazione. Insomma tu lavori bene quando vieni lasciato libero?! Io sono sempre stato un battitore libero, me l’ha insegnato Ricci. Non posso avere uno al di sopra che mi dice cosa fare e come farlo, soprattutto dopo 15 anni passati a fare giornalismo tra TV, carta stampata, internet e radio. Quando troviamo un disservizio possiamo, anzi dobbiamo dire quello che vogliamo… liberamente. Ma ci saranno dei rischi nell’essere un “battitore libero”… Ovviamente: spesso puoi non trovare qualcuno disposto a darti voce e spazio sulle sue pagine, nella sua tv o nella sua radio. Se non trovi un editore coraggioso non puoi fare questo mestiere, ma soprattutto non puoi essere Valerio Staffelli. Anche se a fare la parte di Staffelli si rischiano botte e minacce… Non ho contato le volte che sono andato in pronto soccorso ma sono davvero tante. Arrivano delle botte quando fai una domanda scomoda ma può anche semplicemente succedere che cadi correndo dietro a qualcuno che scappa: sono i rischi del mestiere. Però fare Staffelli vuol dire anche poter realizzare A destra, Valerio Staffelli e il mitico Tapiro compagno di quasi mille avventure.

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QUANDO L’INFORMAZIONE NON è ATTAPIRATA

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QUANDO L’INFORMAZIONE NON è ATTAPIRATA

delle interviste simpatiche come quella con Fiorello o Celentano, degli sparring partner con cui dialogare divertendoti e divertendo. Questa è la cosa più bella: le botte fini a se stesse non mi interessano e me le scordo subito. Saper colpire nel vivo l’interlocutore, capire le reazioni e sapere sin dove spingersi… giornalista ma anche un po’ psicologo?! Direi che è più funambolismo. Devi essere sempre pronto a qualsiasi cosa perché il copione non è mai lo stesso e alle domande che hai preparato ottieni delle risposte che non immagini. In più hai pochissimi minuti per il servizio, sei in prima serata e hai un italiano su due che ti guarda e allora devi saperti destreggiare, improvvisare e adattarti, per portare a casa il risultato. Tra tutti gli attapirati che hai incontrato c’è qualcuno che ti ha stupito per la sua reazione? L’anno scorso: Balotelli. Una nomea di persona irascibile con cui stare attenti e invece… simpaticissimo! è stato al gioco, si è messo addirittura la maglia della mia squadra del cuore (il Milan n.d.r.) pur essendo interista. Davvero una reazione inaspettata. Come è stata inaspettata anche quella di Scalfaro quando a Roma, presenziando all’inaugurazione di un monumento per la pace, ha scagliato addosso a me e i miei compagni, 60 poliziotti che hanno spaccato l’attrezzatura. E il tutto solo per avergli chiesto come mai volesse due auto blu quando può averne “solo” una di diritto. Assurdo! Neanche fossimo nel paese in cui vige la più terribile delle repressioni. Comunque questi sono aneddoti che dimostrano come ogni volta le reazioni siano assolutamente imprevedibili. è per questo che è fondamentale essere preparati ed avere sempre un piano A, B, C… C’è qualche servizio che hai girato che non vedremo mai? No mai. Avete visto sempre tutto… qualcosa come 1000 tapiri consegnati. E questo perché “mai dire a Ricci che una cosa non può andare in onda e mai dire a Staffelli che una domanda non si può fare”; sono le prime cose che vedrete e che chiederemo. Noi siamo così: siamo animali da strada. Degli eroe come Superman, per molti… Mi sento più un Don Chisciotte: come lui sono un po’

cialtrone e poi non ho neanche la cabina per cambiarmi e schizzare via al volo. Non conosco effetti speciali, faccio ridere e basta. Con il mio Tapiro, Sancho Panza, cerco di essere di pubblica utilità, combattendo spesso contro i mulini a vento, e ogni tanto riesco a fermarne qualcuno. Ma dovendo fare un bilancio, secondo te, hanno lasciato più il segno le botte prese o i tapiri consegnati? Dipende tutto dalla tipologia di telespettatore che mi guarda. Alcuni si ricordano solo le botte e rimangono colpiti dalle reazioni fisiche. Per l’ascoltatore medio ci sono le botte ma anche la profondità delle domande. Per il telespettatore più “alto” c’è solo l’aspetto di approfondimento e di denuncia. Striscia la Notizia ha un pubblico stratificato, dal bambino alla casalinga, ed è una fortuna perché mi ha sempre permesso di operare in modo trasversale e di arrivare, anche se in modo diverso, a ragazzini, anziani… Il mondo sta attraversando un periodo di crisi, possiamo affermare che tu non rimarrai mai senza lavoro? In un paese come l’Italia direi che è impossibile. No, non ho conosciuto la crisi quest’anno. Anzi, la cialtroneria che c’è in tutti i settori, anziché diminuire si implementa col passare del tempo. Ma quando non pensi agli altri… cosa ti piace fare? Sport, sport, sport! Mi piace andare in moto: sono amico di Marco Melandri, Carlos Checa e Jorge Lorenzo e andare in pista con loro è come toccare un sogno. E poi adoro sciare, e da qualche tempo, anche giocare a golf; uno sport che mi piace molto per la strategia e la tranquillità che richiede. Mai pensato “basta, cambio, faccio altro”? (Non ci fa quasi finire la domanda e risponde subito). Ma no! Non c’è nulla di più emozionante ed adrenalinico, in televisione, di quello che faccio. La conduzione in studio, come quella di Striscia la Domenica, è bella perché ha una certa atmosfera, ma sei seduto, c’è un messaggio preciso che devi dare, giochi con il tuo compagno per venti minuti, poi tutto finisce e ci si rivede il giorno dopo. La strada invece va studiata, preparata e dà una “scossa” come poche cose. Forse solo la moto, per la quale ho una grande passione, dà un’adrenalina simile. Quando chiudi il

“Grazie a questa faccia riesco a fare tutto e non mi vergogno mai di nulla: è la mia dote” A sinistra, Valerio Staffelli durante una partita di golf, la sua ultima passione in fatto di sport.

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QUANDO L’INFORMAZIONE NON è ATTAPIRATA

casco e vai in pista, allora… Hai menzionato la tua passione per la moto e per l’adrenalina, ma tu sei anche promotore della sicurezza… Assolutamente. Vado in moto da quando avevo 14 anni, ho perso degli amici, altri sono rimasti gravemente feriti. Quotidianamente mi accorgo con quale facilità può accadere un sinistro e con quale trascuratezza il nostro governo non ha costruito né mantenuto le strade in modo da tutelare anche quelli che vanno sulle due ruote. Una banalità per chi è in macchina è un grave pericolo per un motociclista. E poi tutti i rischi aumentano per i comportamenti degli automobilisti che non vengono sanzionati bene. Io sono sempre più convinto che lo stato dovrebbe insegnare alla gente ad andare in moto e introdurre le moto elettriche che hanno una autonomia di 100 km: si ridurrebbe il traffico, l’inquinamento… Insomma, la moto è il mezzo del futuro! Valerio non possiamo finire questa intervista senza toglierci una curiosità. Tu per cosa ti meriteresti il tapiro? (Non ci pensa un istante). Mi merito il tapiro perché dovrei stare un po’ più a casa: dovrebbero consegnarmelo mia moglie e i miei due figli (Riccardo e Rebecca, di 14 e di 12 anni) che mi vorrebbero più presente anche se poi, quando ci sono, escono sempre con gli amici. E poi me lo meriterei perché ogni tanto dovrei rilassarmi: il mio lavoro mi ha insegnato ad essere sempre super attivo e super attento. Mi capita di essere in macchina e notare ad esempio una persona che sta davanti ad un ufficio postale, ad orario strano; presto attenzione a ogni piccolo particolare, ho una vista e una soglia di attenzione molto sviluppate. Adesso, ad esempio, sto parlando con voi ma ho notato entrare a sinistra un ragazzo con una scatola e posso dirvi che a destra c’è una signora con la camicia bianca e che dalla finestra si vede un uomo al cellulare… Ovviamente ci guardiamo intorno, verifichiamo e certifichiamo. Tutto verissimo: a Valerio Staffelli non sfugge nulla. A buon malfattore… poche parole!

di Simona Melli

A sinistra, primo piano del familiare volto di Valerio.

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QUANDO L’INFORMAZIONE NON è ATTAPIRATA

Fanta-Tapiro Valerio Staffell si è infilato nella ma ed è partito periun hina del tempo col vi aggio virtuale. Micc o persone anche del ss ione? Co egnare taTapiro sottobraccio piri a cose, fatti serietà e leggerezzapassato. Ne è uscita una listans trasversale che mi in perfetto stile sa schia tirico.

Alessandro Magno

“Perché con la voglia di spingersi olt

re ha esagerato e non si è più trova

to”.

Vittorio Emanuele

“Perché è l’unico della famiglia che

mi manca”.

Le forze della sinistra

“Perché han fatto l’opposizione per anni e quando sono arrivate al mo mento buono per poter dire la loro, non hanno fatto nulla ”.

Marcello Lippi

“Perché quest’anno avrebbe potuto anche non fare l’allenatore della Na zionale e magari con Donadoni avremmo fatto qualcosa di più”.

Gli americani

“Perché cercavano la bomba atomica

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e, guarda caso, non l’hanno trova

ta…”.



dal paracadutismo alla

SUPERBIKE Carlos Checa è ancora alla ricerca di nuove sfide. A 37 anni, il pilota catalano ha grinta da vendere e non solo in sella alla sua moto. Perché, con uno come lui, la voglia di fare non si ferma certo a una bandiera a scacchi

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nserisci “Carlos Checa” in Google e Wikipedia, l’enciclopedia che dice di essere libera proprio come lui, ti rimanda a una pagina fitta di dati, nomi di circuiti, team, gare, campionati e vittorie. Un susseguirsi di informazioni che tracciano il profilo di uno che con le due ruote ci sa fare sul serio. Ma per cogliere quello che date e nomi non trasmettono, a meno che tu non lo conosca già, con il campione spagnolo ci devi fare due chiacchiere. E ne bastano davvero due per avere subito la sensazione che in sella alla Ducati 1198 non c’è solo un grande pilota (per 10 anni nella top ten della classifica generale della 500 prima e MotoGP poi), ma anche una grande persona. Vera, appassionata, genuina, che vive con ardore e curiosità. Che riesce a entusiasmarti e a trasmetterti i valori in cui crede, al punto tale che quando hai finito di intervistarlo rimane la sensazione che da uno così ci sia ancora tanto da imparare. “La gioia più bella di una vittoria è sapere di aver emozionato tanta gente. Per me arrivare sul podio vuol dire trasferire allegria ad altre persone e questo è il premio più bello che mi rimane”. Ecco, tanto per cominciare e per intenderci. Carlos Checa non è il classico pilota presuntuoso egocentrico che pensa “sono bravo solo io”, “sono meglio di te”. È un ragazzo semplice, nel senso più puro del termine. Uno sportivo a tutto tondo che predilige la vita sana e le emozioni vere. Ama quello che fa e accetta quello - o meglio quel poco - che non gli riesce fare. “Per me lo sport - ci confida lo spagnolo - è bello e le vittorie sono solo la punta dell’iceberg. Logicamente ciò che ti dà una vittoria è un’emozione unica, come quella in Australia (primo classificato a Phillip Island nella gara 2 del 28 febbraio scorso, n.d.r.) di cui ho ancora il ricordo. È bello però anche sbagliare, perché ti aiuta a migliorare. Per me tutto è positivo. Ci devono essere la vittoria per le motivazioni e gli errori perché ti fanno crescere e imparare”.

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La prima volta che sei salito su una moto te la ricordi ancora? Credo di sì (ride, n.d.r.). Avevo… non so, 11 anni. Un amico mi ha lasciato la moto e ho fatto un giro nel paesino dove andavo a scuola di pittura e ceramica. Me lo ricordo sì… È un’emozione che è restata lì. Poi è capitato di diventare professionista di questo sport e di portarlo al limite. Quindi all’inizio non pensavi di arrivare a questi traguardi? No, la moto è nata come una passione e poi è andata così. Secondo te, cosa rende grande un pilota? Non lo so… adesso quando divento un grande pilota spero di scoprirlo (ride, n.d.r.). Beh, diciamo la “dedicazione”. Uno deve amare quello che fa e deve avere una grande determinazione per vincere. E poi deve esserci l’abilità. Le vittorie andando avanti ti danno la motivazione e il senso a quello che fai. Ti dicono che il lavoro è stato premiato e ti ha portato a essere il migliore. Allora credi che per arrivare lontano sia questione di talento e di dedizione allo stesso tempo? Ci vuole equilibrio tra le due cose. A volte serve tanto l’abilità, altre volte serve l’abilità mentale di gestire le gare. È importante anche l’esperienza che ti permette, per esempio, di mettere a posto la moto o di parlare con gli ingegneri. Sicuramente ci vuole molta determinazione e voglia di arrivare. Fondamentale è però anche la voglia di imparare, di crescere, di capire. L’essere curioso, senza pensare mai di essere già arrivato al massimo. Quando credi di essere perfetto, smetti di imparare. Ogni gara, per te, è un’emozione sempre diversa? Non è mai uguale, è unica, non si ripete mai. Finita una gara ne arriva un’altra che è completamente diversa. Cambia la moto, cambia il team, le gomme, le circostanze. La tecnologia cambia. Io sono cambiato da 10


anni fa ad adesso. La gara ora la vedo con altri occhi. Si dice che il piccolo incidente in moto di tuo papà nel giorno della tua nascita abbia segnato il tuo destino da motociclista. Pensi che sia così? Non lo so. Diciamo che il fatto è stato molto curioso, particolare. Ti assicuro però che mia mamma non voleva assolutamente che corressi in moto, dopo questo non le piaceva l’idea. Ma è andata così. Ancora adesso mi chiede ogni anno “Vuoi correre ancora?”. “Eh sì, mamma!” le rispondo.

Magari anche tu da piccolo sognavi di diventare non un pilota, ma… Non avevo un sogno in particolare. Ho sempre vissuto ogni momento… Ovviamente mi piaceva godermi la moto, l’avventura, il senso di libertà e la sensazione che hai quando ne guidi una ad alta velocità. Però a diventare un campione no, non ci pensavo. Da piccolo ho fatto tanti lavori: aiutavo mio nonno in campagna con gli animali, ho fatto il meccanico, studiavo.

Un ritratto di Carlos Checa in posizione di partenza e nel massimo della concentrazione.

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Sopra, Carlos in caduta libera, in uno dei suoi lanci con il paracadute a Valencia. A destra, durante un’arrampicata.

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DAL PARACADUTISMO ALLA SUPERBIKE

“C’è uno sport che non hai ancora provato e che ti piacerebbe praticare? No, adesso devo farne pochi e bene” Ho fatto un po’ di tutto e mi sono sempre divertito, che è la cosa più bella. Bisogna sempre imparare da quello che fai. E tu che fai nel tempo libero, quando non corri in moto? Chiaramente dipende dal momento, da dove sono e con chi sono. D’inverno, per esempio, mi piace sciare: pratico sci di fondo, snowboard e sci d’alpinismo. Vado anche in bicicletta, faccio palestra e mi diverto con la moto da cross e con quella da trial. Faccio anche trekking e arrampicare mi piace tanto. Se il tempo è buono, al posto che stare fermo in spiaggia, esco in kayak. Poi c’è il paracadutismo, che però faccio 1, 2 volte all’anno. Per me lo sport è un modo di vivere. Amo dedicarmi all’attività fisica in generale perché è un ingrediente che dà equilibrio mentale e non solo fisico. Oltre allo sport, quindi, anche la mente? Certo, credo che anche l’aspetto intellettuale sia importante. Per quello sono sempre curioso di imparare. Ho studiato lingue e leggo molto. Ma non solo, ho lavorato sulla concentrazione per diversi anni. Tutto per essere padrone del corpo, ma anche dei miei pensieri. Certe situazioni non sono facili e bisogna saperle gestire. Tornando alla tua passione per lo sport, Carlos pilota e Carlos sportivo: cos’hanno in comune? La moto per me è la cosa più bella che c’è. È entusiasmante, molto emozionante e la prendo come un’attività. È la mia professione e mi ci devo dedicare di più. Il tempo che ho tra una gara e l’altra però lo impiego facendo attività sportiva che mi mantiene in forma e mi aiuta poi ad andare sulla moto. Uno come te, che passa con così tanta facilità dai 300 chilometri all’ora ai lanci nel vuoto con il paracadute, che rapporto ha con la paura? Sì sì, la paura ce l’hai sempre. Basta trovarla e capire da dove viene e cos’è. Ci sono diverse forme di paura, delle volte sono molto intense e ti bloccano, a volte no. Però la paura ovviamente c’è.

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Quindi è capitato anche a te di dire “no questo non lo faccio perché ho paura”? Una volta che decido di fare una cosa la faccio. Prima di arrivare a quel punto magari dico no, perché non è nelle mie capacità. Però se decido di farlo, non mi fermo. La pressione mi sveglia. Una dose di paura secondo me ci deve essere sempre perché ti mantiene attivo. E quando le cose non vanno come vorresti tu, qual è l’incoraggiamento che ti ripeti più spesso? “Andare avanti”, perché la strada non è mai dritta. Mi racconti com’è la tua giornata tipo? Beh dipende dal momento… comunque mi sveglio presto, mangio un po’, faccio un giro con il mio cane.

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Al mattino mi piace fare attività, vado in palestra perché devo seguire una preparazione fisica; il resto invece lo faccio fuori, coordinandolo con il mio preparatore. Durante la stagione, quando ci sono le gare, però, è molto diverso rispetto all’inverno. Cucini tu? No (ride, n.d.r.). Ah, allora abbiamo trovato qualcosa che non sai fare? Diciamo che non cucino perché dedico il tempo a fare altre cose. E di follie ne hai mai fatte? Sicuramente dopo l’incidente che ho avuto nel ‘98 la follia è stata di salire sulla moto troppo presto. Erano


DAL PARACADUTISMO ALLA SUPERBIKE

Sopra, il pilota spagnolo in sella alla Ducati 1198, in un’emozionante accelerazione in uscita di curva. A sinistra, in kayak.

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DAL PARACADUTISMO ALLA SUPERBIKE

passati solo 40 giorni e non era il caso. In quell’occasione non hai avuto paura? Sì certo, ho avuto tanta paura! Anzi, panico. Oggi non pensi che ci sia un’età per fare il pilota e un’età per… È giusto ascoltare il tuo momento, è unico e ti dirà cosa fare e quello che puoi fare. Non credo che a un’età ci sia una cosa da fare piuttosto che a un’altra. Il 7 è il tuo numero preferito. Perché e che legame ha con la tua vita? Diciamo che ho avuto tante coincidenze legate al 7, però mi piace più che altro per la forma e la semplicità del numero. È “simple” e più semplifichi la vita, più bella è. Ci spieghi in che senso il tuo nuovo casco X-lite rappresenta e sintetizza la tua natura? Perché l’hai voluto così? È un casco molto personale che rispecchia come vivo la vita e come vedo il mondo. Lo volevo con rappresentati i conti-

nenti perché avendo girato tanto mi sento un po’ cittadino del mondo. Gli animali comunicano i vari continenti e le attività che mi piace fare. E poi c’è la rosa dei venti, che abbiamo inserito perché in Spagna si dice che non bisogna mai perdere il Nord. È importante avere sempre una guida, un planning da seguire. Hai un sogno nel cassetto? Diciamo che per me è vivere come sto vivendo adesso, intensamente, a un livello emotivo molto alto. Spero di riuscire a imparare e di diventare migliore. Il giorno più bello della tua vita? Il giorno più bello è oggi. Per questa intervista? Ahaha. No, un po’ per tutto, per quello di bello che sto vivendo. Io vivo sempre il mio presente.

di Silvia Barlascini

Dalla moto alla mountain bike… Carlos va alla ricerca dell’avventura. Marocco, 2008.

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Carlos Checa in 7 ta ppe 1) Dal 1993 al 19 95 - classe 250 cc Team Pit Lane Racing Honda Team Givi Honda Team Fortuna Honda Po ns 2) Dal 1995 al 20 01 - classe 500 cc Team Fortuna Honda Po ns Team Movistar Honda Pons Team Marlboro Yamaha 3) Dal 2002 al 2007 – MotoGP Team Marlboro Yamaha Team Fortuna Yamaha Team Ducati Marlboro Team Tech 3 Yamaha Team Honda LCR 4) Dal 2008 - SBK Team Hannspree Ten Ka te Honda Team Althea Racing Du cati 5) GP disputati 1 in 125 cc 25 in 250 cc 97 in 500 cc 100 in MotoGP 63 in SBK 6) GP vinti 2 in 500 cc 2 in SBK 7) Miglior risu ltato generale 12o in 250 cc nel 1994 4o in 500 cc nel 1998 5o in MotoGP nel 2002 4o in SBK nel 2008

Per la stagio n ha scelto X-e 2010, Carlos Checa 802, il di gamma X-lite, in fi casco top bre composit e. OPINION LEADER 73


determinazione

ASSOLUTA

Diretta, immediata e spesso spiazzante per la fredda lucidità. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con il politico imprenditore (donna) più famoso d’Italia: Daniela Santanchè

Daniela Santanchè, classe 1961, è segretario nazionale del partito politico Movimento per l’Italia.

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iccolo manuale su come si fa a diventare una donna di successo: “Basta avere un corpo da donna, ma in realtà essere un maschio. Bisogna avere il packaging di donna, ma dentro essere uomini, se no non si riesce. Lei mi può vedere esteriormente come donna, altrimenti saremmo uguali”. Firmato, Daniela Santanchè. Che, come al solito, non ama i giri di parole. Che, as usual, con le parole preferisce la discesa libera allo slalom. E anche questa volta spiega in stampatello il segreto del suo successo. Ma se la “ragazza-cresciuta di Cuneo” va via piatta e diretta quando apre bocca lo fa solo perché non ama essere fraintesa. Sia che parli in TV, davanti a qualche milionata di spettatori, della legge contro il velo, sia che si tratti di un’intervista a quattr’occhi, ottima per rivelarci chi è lei, come in questa occasione. Chi è Daniela Santanchè, in massimo 15 parole? Sono una ragazza cresciuta, di Cuneo, curiosa, tenace, passionale, rompiballe, determinata. E in una? Ostinata. Cosa sognava da piccola? Sognava tutto questo? Oppure voleva fare la modella, la ballerina… No, no, sognavo di fare la mamma, di avere tre bambini. E poi avevo un desiderio preciso: nella vita non volevo essere un numero, come la maggior parte dell’umanità. Avevo un pensiero ricorrente: distinguermi. Credo che la cosa più brutta per un essere umano sia essere uno tra tanti… Ho un’opinione molto personale a riguardo: uno fa la differenza se lo conoscono o meno, perché cambia molto la vita. Essere Santanchè o il signor nessuno? Meglio essere Santanchè… Non so su quali meriti… Ma la notorietà non sempre è legata a meriti. Impegno in politica e impegno in campo imprenditoriale: quale sente più suo? La mia grande passione è la politica. L’imprenditore lo faccio con dedizione, impegno, mi piace… Però serve per poter fare politica, che rimane una passione e non è lavoro. Non penso di vivere con i soldi pubblici, non ci ho mai vissuto, non ho mai preso lo stipendio da parlamentare, l’ho sempre devoluto, perché non saprei farmi mantenere dalla comunità. Quindi voglio essere una che si guadagna i soldi, con merito, perché c’è un mercato a giudicare il mio operato. Questi due impegni si possono fondere, ci sono dei punti d’incontro? Direi che è meglio per una collettività che i due impegni si fondano. Perché essere governati da chi nella vita non ha mai lavorato un’ora, da chi nella vita non ha mai saputo cosa vuol dire pagare gli stipendi o guadagnarsene uno, non è migliorativo per la vita degli

Dopo la laurea in Scienze Politiche, Daniela Santanchè si è dedicata al mondo della politica e dell’imprenditoria. Due universi nei quali è tutt’ora impegnata con successo.

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altri. Quindi io sono un po’ contraria ai politici di professione perché è gente mantenuta dalla politica ed è gente che se avesse dovuto confrontarsi con un mercato, la maggior parte non si sarebbe guadagnata lo stipendio medio dei lavoratori italiani: 1.200 euro al mese. E invece non c’è un po’ di contrasto tra l’imprenditore che pensa tendenzialmente al privato e il politico che, al contrario, si deve interessare della cosa pubblica? No, perché io sono un imprenditore, ma non sono un “prenditore”, come sono in molti. E quindi, non penso solo ai miei interessi personali. Se fossi più egoista e arrivista da un punto di vista economico forse non farei la politica, perché posso avere degli svantaggi, non occupando una posizione centrista ed essendo dichiaratamente una donna di destra. Però poi, insomma, la capacità è tramutare in vantaggi gli svantaggi… succede come con i complessi per le donne. Se hai un difetto, cerchi di farlo diventare un pregio. Mi dà due o tre trucchi/segreti per diventare un bravo imprenditore? Il primo segreto è quello di non avere come unico obiettivo il guadagno. Questo è già un limite che non fa un imprenditore un grande imprenditore. Quindi non è il guadagno il successo primario di un imprenditore. Il successo di un imprenditore deve essere nella capacità di creare valore aggiunto, di creare una squadra, di creare un gruppo, di creare un modo unico in quel settore di fare un lavoro. Tra i miei obiettivi io non penso mai a quanto guadagnerò, ma penso a quello che farò, a come crescerò. Il mio obiettivo come imprenditore è di avere una concessionaria da poter, tra poco, quotare in borsa come una grande concessionaria. Non ho mai l’obiettivo di guadagnare e basta. Un altro segreto è di saper scegliere gli uomini. Come nella vita, nessuno vince da solo, neanche il migliore può vincere da solo, quindi la priorità e saper scegliere e fare la squadra.

“La mia passione è la politica. L’imprenditore lo faccio con dedizione, impegno, mi piace... Però serve per poter fare politica”

In una attività imprenditoriale contano di più le idee, le persone di cui ci si circonda o le relazioni? Le idee credo possano essere una chiara chiave di successo. La squadra pure e, pensando a me, posso dirle che non sarei quello che sono se non avessi i network di relazioni… Beh, direi che sono tutti e tre elementi indispensabili in ugual misura. È più difficile essere mamma o imprenditore? Essere mamma è la cosa più difficile, faticosa perché se tu fai l’imprenditore, hai il mercato che comunque è un giudice assoluto. Per quanto riguarda il “fare la mamma” ci vogliono molti e molti anni per vedere tuo figlio che è diventato un uomo: per questo direi che essere mamma è la cosa più difficile. Poi io, si figuri, ho un figlio di tredici anni che è un ribelle, un rivoluzionario… Le assomiglia, quindi… Purtroppo sì, moltissimo. Spesso mi arrabbio ma poi mi devo arrendere… Anche perché mia madre quando nacque mio figlio mi disse: “Spero che ti faccia pagare tutto quello che tu hai fatto a me”. E così sta avvenendo: l’ho fatto proprio come me, però è un maschio. Ci può raccontare una sua giornata tipo? Mi sveglio alle sei e mezza, un quarto alle sette. Non sono capace di scendere dal letto se non ho letto i titoli dei giornali, almeno cinque o sei testate differenti: questo, diciamo, fino alle sette e un quarto. A quel punto sveglio mio figlio, faccio colazione con lui, lo porto a scuola in anticipo, alle otto meno un quarto circa. Dopo di che vado a correre: faccio 10 km almeno 3 o 4 volte alla settimana; alle 9.30 sono in ufficio e lavoro fino alle 10 di sera. Non le chiedo se essere una bella donna l’ha aiutata nel raggiungimento del successo, perché è una domanda che le avranno già posto milioni di volte. Ribaltiamo la questione, allora: una bruttina fa più fatica? Sicuramente sì, perché anche l’occhio vuole la sua parte. Io sono un’appassionata di psicologia e poco tempo fa, in California, un’università molto importante di Palo Alto ha dimostrato che alle persone di aspetto gradevole si dedica più tempo. Per cui, è meglio essere belli ricchi e intelligenti o… ? Però è anche vero che la bellezza non basta. Per esempio molte donne bellissime e famose poi hanno raccolto poco. È bene essere belle, ma non puntare sulla bellezza. Quali aspetti ha in più, nel lavoro, l’uomo rispetto alla donna? E invece c’è qualcosa in cui la donna supera l’uomo? C’è una caratteristica di comportamento fondamentale, ovvero che per un uomo non c’è alternativa. Un uomo deve essere un capofamiglia, deve guadagnare lo

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“Come si fa a essere autorevoli? Non lo so... (ride, n.d.r.). Però nel lu ogo di lavoro, nei rapporti, in amore c’è bisogno sempre di una tensione...” stipendio per mantenere la propria famiglia e quindi ha già una motivazione straordinaria, quasi di sopravvivenza. Un uomo non si perde in chiacchiere, ha meno orpelli. Le donne ogni tanto si perdono un po’ con certe cose che non sono importanti. E poi, vede, se devo mettermi dalla parte delle donne, noi siamo impregnate da un sentimento che è quello dell’invidia: piuttosto che vederne una che riesce, meglio nessuna. I maschi sanno fare più gruppo. È stata definita una ribelle che non si piega al sistema, quando ha scoperto questa caratteristica del suo carattere? Quando avevo 12-13 anni, a Cuneo e facevo parte di una famiglia molto borghese, dove tutti dovevamo essere omologati e uniformati… ecco, lì ho rivelato il mio istinto ribelle. Cosa cerca ogni giorno Daniela Santanchè? Intanto ogni mattina, mi alzo e prego, perché dico: “Che fortuna! Abbiamo un altro giorno da vivere”. E quindi sono una molto consapevole che vivere è una cosa meravigliosa. Mi ritengo una persona fortunata perché puoi essere bravo, ma poi se non hai fortuna… tutto diventa più difficile. Penso sempre che mi devo impegnare di più, perché non sono mai contenta. Un punto forte sul lavoro? Rompere le scatole. In questo ufficio c’è tensione. L’autorevolezza è una cosa che, una volta acquisita, è importante esercitare. E come si fa ad essere autorevoli? Non lo so… (ride, n.d.r.). Però nel luogo di lavoro, nei rapporti, in amore c’è bisogno sempre di una tensione, non dare mai nulla per scontanto: tutto improvvisamente può cambiare. C’è qualcosa che le riesce difficile fare? Parlare, come oggi per ore, in riunione, sui sistemi informatici… Sono antica da questo punto di vista. Il giorno più bello e quello più brutto a livello lavorativo? Per me tutti i giorni sono meravigliosi, sono un’inguaribile ottimista. Non saprei qual è il giorno più bello. Tutti i giorni c’è qualcosa di bello. Non c’è un traguardo in particolare… Il traguardo deve ancora arrivare. Non lo vedo neanche da lontano, il traguardo… sono appena partita! Amore, soldi o successo?

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Il denaro… no. L’amore… no. Direi il successo. Ha paura di qualcosa? Sì, ho paura a volte. Come oggi quando sono rimasta chiusa nell’ascensore. Passo per una donna coraggiosa e invece sono molto paurosa. Progetti a breve? Ne ho duemila ma dovrebbe rimanere qui fino a domani mattina… C’è qualcosa di particolare, però, che magari nelle ultime mattine, al risveglio, le appare subito in mente? Fare di Visibilia una grande concessionaria di pubblicità, ovvero la quotazione in borsa di Visibilia. Dove vuole arrivare Daniela Santanchè? In Paradiso…

di Yanek Sterzel


Il gioco della torr e Abbiamo messo Daniel

1)

bivi scomodi. E lei a Santachè di fronte a sette selezionando ciò di ha risposto (quasi sempre) cui farebbe a meno nella vita Politica

Attività imprenditori ale

“Ma come faccio? Come posso butta rne giù una dalla torre? No, no… mi butto dalla torre io… Scegliere sarebbe come uccidere metà di me stessa, quindi mi elimino io direttamente” 2)

Universo del lavoro

Famiglia

“Sa, per me la famiglia è mio figlio

, quindi tengo mio figlio! E butto

3)

Porno tax

l’universo del lavoro...”

Legge contro il velo

“Butto giù la porno tax, oggi farei qu ella contro il velo. Anche perché la porno tax la feci quando il problema islamico era meno presente” 4)

Berlusconi

Briatore

“Briatore. Per una questione molto opportunistica; Briatore, infatti, è un amico quindi capirebbe che lo butterei giù dalla torre per un bene superiore che è il nostro Paese. Un amico ti comprende sempre, Fla vio, quindi, mi capirebbe subito. E io farei lo stesso con lui” 5)

Cuneo

Milano

“Cuneo perché l’ho lasciata a 18 an ni e ogni volta che ci torno sento il profumo di casa, però non ci tornerei a vivere” 6)

Milano

Roma

“Roma! Casa mia è Milano” 7)

Feltri

Belpietro

“Ma non posso! Sono due direttori di quotidiani che vendo io! Da un pu nto di vista dell’amicizia, Feltri lo ritengo un amico prezioso ed è molto importante per me; Belpie tro non è un amico ma è un grande direttore. Mi butto ancora io!”

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best of

EVE


NTS


tutti in

PISTA

tà un evento ad alta veloci no ra ai V di to ui rc ci l Su ondo di MotoGP con il Campione del M lan Day: la a seconda edizione del No all ni sio ca oc di an gr lle per il 2011 del l clima è quello de nuova gamma di caschi lla de pa m sta a all ne presentazio scuderia Nolan e X-lite, lla de i lot pi i to en ’ev all Carlos gruppo Nolan. Presenti o, Marco Melandri e nz re Lo e rg Jo do on m e l’atmosfera come il campione del di Vairano di Vidigulfo ito rcu Ci il è a elt esc pr lan domina il Checa. La location Il nuovo show truck No . ale di on om ot M l de k loro, ricorda i paddoc fanno da cornice. Tra gli to en ev ll’ de er rtn pa ne che piazzale e le moto dei Polizia Stradale, attrazio lla de o rd lla Ga ni hi rg in assoluto, spicca anche la Lambo tti, per la prima volta fa In . sti sia tu en ti en m tipo. attira sguardi e com puntamento di questo ap un ® ad te en es pr è le lanGroup No di o la Polizia Strada gn pe l’im re ea lin ha permesso di sotto abile. Una collaborazione che mento di guida respons rta po m co un di e za ez io Staffelli ai nei confronti della sicur Franco Bobbiese e Valer di e ist erv int le n co ue re come un vero La giornata proseg are l’ebbrezza di corre ov pr r pe lla se in tti tu detto piloti e dopo, rappresentanti del cosid e pid tre In . ale on ssi ofe pr : un giro campione su un circuito ozione ancora più forte ’em un o at ov pr no rsi ondo non ha gentil sesso hanno pe nzo. Il Campione del M re Lo e rg Jo di a” rin or dieci minuti di in pista come “zav di brividi e adrenalina: ix m un r pe he eg pi e s risparmiato ga in totale sicurezza. ordinaria follia vissuti

I

di Isabella Panzini 7

1 - Le moto dei partner del Nolan Day pronte per scendere in pista. 2 - Paolo Baratelli, Product Manager Nolan, descrive i nuovi modelli. 3 - Casas Barberan, giornalista di Motociclismo Spagna. 4 - Il campione della Superbike Carlos Checa. 5 - Il pilota della MotoGP Marco Melandri in sella con un ospite. 6 - La Polizia Stradale ferma il Campione Mondiale Jorge Lorenzo. 7 - Xavier Guillen realizza un servizio speciale per TV3 Catalunya con Jorge Lorenzo e Carlos Checa. 8 - Jorge Lorenzo fa provare i brividi della velocità a Aurelien Girard giornalista di Moto Revue, Francia.

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TUTTI IN PISTA

1 - Roberto Sgalla, Direttore del Servizio Polizia Stradale con Franco Bobbiese conduttore di Fuori Giri. 2 - Jorge Lorenzo con Alessandra Spina, giornalista. 3 - Foto di Gruppo, da sx a dx: Jorge Lorenzo, Alberto Vergani, Marco Melandri, Carlos Checa. 4 - Valerio Staffelli intervista Jorge Lorenzo. 5 - Marco Melandri risponde alle domande dei giornalisti. 6 - Monica Martini, giornalisti in piega con Jorge Lorenzo. 7 - Le bellissime hostess concentrate agli accrediti. 8 - Alberto Vergani, presidente NolanGroup® chiacchiera con Roberto Sgalla, Direttore del Servizio Polizia Stradale e la sua assistente Dott.ssa Mancini Elisabetta. 9 - Carlos Checa, Marco Melandri, Jorge Lorenzo e la Polizia Stradale al giro di apertura.

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orenzo L e g r tra Jontervista. ha portato ? l a ’ l e curva o anche un’ide stagione cihedaltiprossimo annoare a n u Tra oncessta per te unaleg:racnosa ti aspettsì mi posso purpeepraarre c a h s ci co dia sta olino a ficile sta è olo mon

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rriso è o s n u n occa co e l b s i s er one che in grande stil i s, @sup z s a e r n l e o n o e del , @c ltima g E lo ha fatto tazione u nologia n c i e e s t d e r @ o p : te o. di lefonin i Milan bero sta ’evento

to l reb or d le tag sa no caratterizza Store Excelsi k o o italiano b o e i n c o c a a l n h F o a e l s u s del pre ost s lto nti ch notizia to un p ta ad a ingredie o 1° dicembre a a a t l i s r l , e g e e s , s z i s t a n t o lo f infa n un cors ende to artico ospiti. Questi, uto lo s tecnologia e t ttato co n u e b v e v d a i i Se ques , Nexus uiti di getto d mile ha @grand y g g s x e e o a s o l n o n a o ù i i u t m G i p ng i loca og con viss portant o Samsu uzzing sui bl he si sblocca r il nuo m m e i i p s ù s i i e v p n o b o c e nu tra assi dell e di one imi Vip ettiman a loro p martph i player s l s s a i ” t o e l o n r s t a i e l t v Dopo s . ta isi nche to! O dmilla condi cretizza … sorr ” l’even iù conosciuti, a anno “ ni e Lu o t h ia a e iv k i h si è con di emozioni e l V d c “ Matteo logger Nexus e setter p hanno to b , d y e u z n x e n h n e a c r o u l e t i t g a i i i h t n r G co vo i fas Rod venu st e a del nuo geek e ici inter i tech enthusia olliero, Cecilia à i t i m l i t a a i n i z l a n g T 0 i, a pote udio ela F azional iù di 50 rima le e di Cla a, p Emanu n e , t o i i n z n a a a l i culto; p zionali e intern l l n l Ga oei insta to vit na ne e da Adriano i testare dal viv one. e video r o , i a h l c p o c t aziende c r ni u a r a t i immagi ello sm lla spet ta stag Elio Fio o il privilegio d i d s a d i i e l r e i u a i o s l z q u r o i a q i c r u i lor eg i4 so d ento sseg nko… A have indiscus la serata, anch l’Excelsior con n un su so di dirlo, l’ev i o z z a Radche l l st te il ca ni de el pa lo a mu sicurato duran eso i pia ’architettura d s. Insomma, è c c a elegger i s t a t all infa exu ! effect” , anche alaxy N rande sorriso nese ha e a G l c i n “WOW o m a v o a m t u ng erfo il n L’artis video p ata in u gonista c a e t l n Sinatti. i o a r b l i p a d p e n s incr ri co anzi con una ti e spettacola occa aperta… gen tti a b coinvol ciato tu s la a h g Samsun na di Simo

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Samsung’s party people 1 - Il geek, super hi-tech, Luca Mercatanti. 2 - Un momento della video installazione dell’artista Claudio Sinatti. 3 - Una bellissima Cecilia Rodriguez. 4 - L’ex Miss Italia Federica Moro mostra sorridente il Samsung Galaxy Nexus. 5 - Il googlefonino conquista anche la coppia Viviani-Radchenko. 6 - Claudio Sinatti ha animato i 4 piani dello Store Excelsior con i 4 colori Samsung. 7 - Un sorridente Marco Balestri. 8 - L’amministratore delegato del Milan e Carlo Barlocco. 9 - Emanuela Folliero “annuncia” l’arrivo del nuovo Samsung. 10 - Sang Chul Lee brinda all’ottima riuscita dell’evento. 11 - Le hostess Samsung pronte ad accogliere gli ospiti. 12 - Irene Colzi del fashionissimo blog “Irene’s Closet”. 13 - Il palazzo dell’Excelsior animato da una spettacolare video proiezione.

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1 - Elio Fiorucci alle prese con il nuovo Googlefonino. 2 - Una sorridente Susanna Messaggio posa con il nuovo smilephone. 3 - Adriano Galliani marca stretto il Samsung Galaxy Nexus. 4 - Susanna Messaggio e il simpatico Giorgio Mastrota insieme. 5 - Alicia Lubrani Consumer Marketing Communications Samsung e Salvatore de Martino Direttore Creativo dell’agenzia Opinion Leader che ha curato l’evento. 6 - Martina Panagia mostra felice il nuovo gioello di casa Samsung. 7 - Anche la facciata dello store Excelsior semnbra sorridere... 8 - Un brindisi tra la iena Matteo Viviani e la bellissima Ludmilla Radchenko. 9 - Elio Fiorucci, pollice alzato, sembra dire “mi piace” il nuovo googlefonino. 10 - Sang Chul Lee e Carlo Barlocco, rispettivamente Presidente e Vice di Samsung Electronics Italia. 11 - The beauty and the geek; i due blogger Eleonora Carrisi e Filippo Fiora. 12 - Adriano Galliani e Claudio Barlocco provano il nuovo Galaxy Nexus. 13 - Il geek Simone Zaccariello del blog “GeekItalia”. 14 - La fashion blogger Veronica Ferraro di “The Fashion Fruit”. 15 - L’ex velina Thais Souza Wiggers conquistata dal nuovo Galaxy.

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best of

ART


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e r o l o c quando gioco con il

la tecnica con la quale fotografa è molto semplice: alza la macchina, inquadra e scatta. A ispirare Giorgio Restelli sono le emozioni, a guidare la sua mano è l’istinto. Il risultato è un proliferare di immagini dal forte impatto visivo che spesso si trasformano in quadri... “alcuni scatti li stampo su tela o materiali particolari per poi dipingerli un po’ nello stile pollockiano dell’action painting”

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inque anni di carriera militare - è stato Capitano di un corpo speciale dell’esercito -, due anni in un’azienda multinazionale operante nel settore del design per ufficio, dodici anni in Publitalia ’80, concessionaria pubblicitaria del neonato Gruppo Mediaset, co-fondatore, sviluppatore e in seguito Vice Direttore delle “Iniziative Speciali“, da dieci anni è Direttore Risorse Artistiche di Mediaset. Il manager Giorgio Restelli, una sorprendente carriera dettata da un grande amore e una forte dedizione per il lavoro, la passione per l’immagine la sente, da sempre, dentro di sé. Perché che sia televisione o fotografia, due mondi apparentemente lontani, all’origine deve esserci comunque l’emozione, “la capacità di coinvolgimento, il saper raccontare una storia per far sognare o far guardare le cose con occhi nuovi”. Questo è il sentimento che guida Giorgio fin dalla sua prima fotografia, uno scatto in bianco e nero realizzato ai tempi del liceo con protagonista una vecchia bicicletta appoggiata al muro sui navigli di Milano e che lui ancora conserva e guarda “con un po’ di tenerezza”. Emozioni dunque, ma anche amore per i colori: “Amo i colori forti, i contrastati, forme talmente esplose che a volte perdono il senso della propria origine per acquisirne una nuova propria dello scatto”. Dietro alla sua inseparabile Canon 400D, sebbene con un po’ di nostalgia per l’analogico, Giorgio Restelli trasforma quindi le sue foto “in tavolozze sulle quali agire come su una tela”. Vere opere d’arte che sogna di esporre al più presto. Nel frattempo c’è già il progetto di un libro che vedrà pubblicate le sue creazioni la prossima primavera. di Silvia Barlascini

USA - Texas h 6:15 p.m.

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QuANDo GIoCo CoN Il ColoRE USA - Dallas h 4:20 p.m

“Scatto in modo istintuale sia nei miei viaggi sia nel quotidiano… sono attratto dalle forme, dai dettagli, dai colori, dai giochi di luce”

USA - Dallas h 7:00 a.m.

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EOLIE - Vulcano h 5:20 p.m.

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quando GIOCo con il COLORE

L’IDENTI-CLICK

Nome: “Giorgio” Cognome: “Restelli” Data di nascita: “28 settembre 1956” Luogo di nascita: “Varese” Passioni: “Prima di tutto lo sport (calcio, ciclismo e solo di recente il golf), arte, libri, viaggi” Libro sul comodino: “Una montagna di libri, sempre! Senza particolare passione per un genere, leggo in base allo stato d’animo, come fosse un telecomando” Il sogno nel cassetto: “Viaggiare, viaggiare, viaggiare... aprire uno studio e dedicarmi solo ai quadri, alla fotografia, alle mie passioni” Chiudi gli occhi e sei...: “In riva al mare su una spiaggia bianca con chi so io” La colonna sonora della tua vita: “Hotel Costes” La tua carriera in 3 aggettivi: “Fortunata, coinvolgente, colorata” La soddisfazione maggiore raggiunta: “Due figlie meravigliose” L’ultima fotografia che hai scattato: “Le greche traforate dell’affaccio di un harem in Egitto” E la più problematica: “Nel Chiapas, in Messico, durante una funzione in una chiesa sconsacrata, celebrata da una popolazione che crede la fotografia capace di rubare l’anima” Non puoi uscire di casa senza: “Un piccolo portafortuna a forma di farfalla che tengo sempre in tasca”

“Da sempre amo la famosissima foto di Charles C. Ebbets, ‘Lunch Atop Skyscraper’, scattata nel 1932 che ritrae undici operai in pausa pranzo su una trave d’acciaio sospesi a centinaia di metri d’altezza sopra NY ”

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i-CHOCOLATE

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Rendi goloso il tuo cellulare. 1 - Del colore del cioccolato, ma con un tocco fashion, la nuova cover per iPhone 5/5s e 4/4s, Jacques, della collezione Bewow (€18,90). 2 - Diventa un vero Loacker Addicted con la nuova app per giocare e scoprire tutti i segreti del marchio più dolce che c’è. LoACKeR (Gratuita).

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Volume e acrilico, 120x80 su tela.


e r o s s e sp un personaggio di

Marco Manfredi, Vice Direttore Generale Publitalia e Direttore Iniziative Speciali Mediaset, nel tempo libero si diverte a fare l’artista. I suoi quadri sono sensazioni che prendono colore. Vere e proprie superfici dal notevole spessore fisico, che danno valore alla materia e voce alle emozioni

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i origine parmigiane, Marco Manfredi entra nel Gruppo Mediaset quasi per caso. Incontra un amico in Piazza Affari (allora frequentava il mercato caseario in quanto la famiglia produceva Parmigiano Reggiano), ci pranza insieme, un paio di chiacchiere ed ecco che salta fuori una nuova opportunità assolutamente in linea con la sua vecchia passione: il mondo televisivo. Da account manager negli uffici commerciali dell’appena nata Canale 5 al ruolo di Direttore nel Gruppo Mediaset il passo è breve. Certo a patto che ci siano il talento, una grande determinazione e la capacità di trasmettere qualcosa, di emozionare. Pur non definendosi un artista, ma più che altro un “imbrattatore di tele”, questa voglia di emozionare emerge anche quando Marco si dedica, prevalentemente per hobby, alla pittura. In quel momento, la curiosità per la vita che da sempre lo caratterizza e l’amore per tutto ciò che lo circonda si trasformano in materia, diventando immagine su tela... I colori fermano lo sguardo, o almeno, come ci confida lui, ci provano. Attraverso i suoi quadri Manfredi vuole trasmettere qualcosa di gradevole non solo a livello estetico ma anche dal punto di vista dell’attenzione perché, come ci racconta, “troppo spesso si passa sopra le cose senza vederle”. Più che una pittura realista, quella di Marco Manfredi è una pittura figurativa. Lui, che al mondo dell’arte si avvicina fin da bambino, lavora molto il colore e la materia, tramutando l’espressione di quello che prova ad esempio osservando immagini o fotografie, in sensazioni visive. I pigmenti vengono mischiati alle masse oleose o acquose, cambiando l’effetto ottenuto a seconda dello strumento utilizzato (pennello, spatola, lama o altro) e della reazione alla luce. Il bello sta proprio nella sperimentazione. In quest’ottica Marco Manfredi “sporca” la tela e gli può capitare di ridipingere la stessa nuovamente, andando sopra più volte al colore e ottenendo un risultato non previsto. Così come gli capita di tornare un anno dopo su OPINION LEADER 103


“L’interesse e la curiosità per l’arte era qualcosa che avevo dentro e che è cresciuto con me. È un amore abbastanza esteso e lontano nel tempo” una tela incorniciata e appesa in un corridoio e di avere la necessità di aggiungere un dettaglio, una modifica. Per iniziare un quadro, però, deve avere l’ispirazione giusta: “L’aspetto positivo è proprio quello, il non sentire mai il compito, ma poter dipingere liberamente a seconda dello stimolo che mi arriva”. E quindi alcune tele sono ancora bianche, altre - 2 o 3 al momento - invece sono “attive”. Iniziate in momenti diversi a seconda dell’ispirazione, aspettano di essere completate. Alcune di queste poi, com’è già successo, finiranno a casa degli amici più intimi che, per il solo fatto di desiderarne una, rappresentano di per sé la sua gratificazione più grande. Per ora, le opere di Marco Manfredi non sono mai state esposte, anche se la moglie Simona ha una sua galleria a Parma, dove però è presente “Per sempre”, il quadro a cui l’artista tiene di più e che evoca un roseto. Si tratta di una tela un metro per un metro realizzata con la tecnica mista di materia (cera colata e pastelli a cera) che, neanche farlo apposta, è tra i pezzi più richiesti. Ma si sa: gli affetti hanno un valore inestimabile e di venderla non se ne parla proprio! di Silvia Barlascini

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Marco Manfredi posa davanti a una delle sue opere: un quadro ispirato al canale televisivo Rete 4.


UN PERSONAGGIO DI SPESSORE

Volume, cera, acrilico, 100x100 su tela.

Pasta acrilica, pigmenti naturali, carboncino naturale, 100x100 su tela.

Gesso, cartone, carboncino naturale, acrilico, 100x100 su tela.

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L’identi-art nome: “Marco.” Cognome: “Manfredi.” Soprannome: “Nessuno.” data di nascita: “12/11/57.” Luogo di nascita: “Parma.” Professione: “Manager Mediaset.” Passioni: “Ne ho tante (libri, musica, viaggi).” Libro sul comodino: “La doppia vita dei numeri (Erri De Luca).” Programma tv preferito: “Striscia la Notizia.” il sogno nel cassetto: “Più tempo per viaggiare e per me.” Chiudi gli occhi e sei...: “Una Rock Star.” La colonna sonora della tua vita: “Tunnel of Love (Dire Straits).” La tua carriera in 1 parola: “Fortunata.” La soddisfazione maggiore raggiunta: “Mia moglie e i miei figli.” non puoi uscire di casa senza...: “Il mio profumo.” Chi è Marco Manfredi in una parola: “Non basta una parola per definire una persona.”

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Tecnica mista: pasta acrilica, volume, cera, pigmenti naturali, 100x100 su tela.


UN PERSONAGGIO DI SPESSORE

In questa pagina, Marco Manfredi in compagnia di alcuni amici del mondo dello spettacolo e della sua famiglia.

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news on the

BLO


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l’agricoltura vince fuori dal

CAMPO

BASF Italia, Divisione Agro, al BEA, Best Event Awards si aggiudica il primo premio nella tipologia “Evento per Azienda No Profit/Sociale” per l’evento “L’Agricoltore, il più grande lavoro sulla Terra”, sviluppato dall’Agenzia di Comunicazione Integrata Opinion Leader Come nasce un sodalizio vincente? Lo abbiamo chiesto, con un’intervista doppia, a Manuela Pirovano, Direttore Comunicazione Divisione Agro BASF Sud Europa e al Presidente di Opinion Leader, Alberto Vergani. Com’è stato il vostro primo incontro? E quali erano gli obiettivi evidenziati nel brief? M.P. - All’inizio, quando abbiamo incontrato per la prima volta l’Agenzia cercavamo un supporto creativo per la campagna adv. L’approccio ci ha convinto, il progetto è stato sostenuto anche dal nostro headquarter tedesco! Noi di BASF riteniamo fondamentale mettere in luce la figura dell’Agricoltore e il suo ruolo primario nel dar forma al futuro. Tra meno di 40 anni, il nostro pianeta ospiterà 3 miliardi di persone in più rispetto ad oggi e il cibo prodotto dalla sola terra non basterà per sfamare la

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popolazione. Il progetto italiano è partito nel mese di Giugno 2013 e ha previsto una serie di tappe che rendessero l’Agricoltore protagonista ed orgoglioso del suo lavoro. Un vero e proprio viaggio itinerante alla scoperta del più grande lavoro sulla Terra, culminando nella piattaforma on-line www.ilpiugrandelavorosullaterra.it. Quali sono gli elementi vincenti che hanno messo in luce il lavoro di Opinion Leader? A.V. - È stato pensare in modo non convenzionale ad una multinazionale come BASF. Ricevuto il brief abbiamo concentrato tutte le nostre idee creative su proposte che potessero emozionarli e stupirli, coinvolgendoli in prima persona. È un progetto molto articolato con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico italiano nei confronti del ruolo svolto dagli Agricoltori all’interno del panorama


economico e produttivo. Un argomento non facile che abbiamo cercato di rendere alla portata di tutti utilizzando diversi tools media, informando tutti su un problema reale, quale la mancanza di cibo, proveniente dalla sola terra. Cosa significa per entrambi aver vinto il primo premio nella tipologia “Evento per Azienda No Profit/Sociale”? M.P. - Per noi di BASF è stato molto entusiasmante e gratificante ricevere il primo premio. Questo ci darà la fiducia di investire e continuare anche nel 2014 con iniziative orientate ai professionisti della terra con il progetto “L’Agricoltore, il più grande lavoro sulla Terra”. A.V. - Per Opinion Leader è stata la prima partecipazione ad un award di questo tipo e devo dire che è stata utile ed interessante. Cliente nuovo, progetto ambizioso e premio vinto! Il massimo della soddisfazione. Colgo ancora l’occasione per ringraziare il Cliente, Basf Italia e tutto il nostro Team. Quando un progetto è vincente lo è sin da subito. di Francesca Andreoni

Nella pagina accanto e sopra, BASF e Opinion Leader alla premiazione BEA 2013. A destra, il camper di Agricoltour.

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reale Idea del

Mostra dell’artista russa Ludmilla Radchenko, con la collaborazione di Marco Curatolo

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l 19 novembre scorso si è svolta a Milano, nello spazio 10 Watt, la presentazione della mostra Pop di Ludmilla Radchenko e Marco Curatolo. L’esposizione ha riscosso talmente successo che alcune opere, Generations ed Ecological Fishing, saranno esposte all’Agora Gallery di New York e successivamente a Hong Kong e Monte Carlo, all’Opera Gallery. La mostra intitolata “Idea del Reale” è un viaggio nelle dimensioni spazio-temporali e nel mondo sensoriale, un lavoro che invita a una profonda riflessione sulle dinamiche della nostra società e sulla vita in generale, ma anche un gioco che trasporta in un mondo Pop, onirico e profondo, divertente e metafisico. Le opere di Ludmilla sottolineano come le cose cambiano in base all’occhio di chi le osserva. Una mostra, quindi, volta a farci riflette su ciò che ci circonda, su ciò che consideriamo la nostra realtà. La continua evoluzione delle opere ci porta a un cambiamento repentino d’idea, facendoci capire che la relatività e la soggettività sono attori importanti del nostro mondo e che la realtà nasce da una nostra interpretazione degli stimoli esterni, perciò costantemente mutevole. Con questa mostra cambia anche il modo di leggere un’opera d’arte; non si tratta più di guardare un “quadro” staticamente nella propria posizione, ma di scoprirlo in un incessante movimento, modificando continuamente le opere e facendo nascere in ognuno di noi innumerevoli spunti di riflessione.

di Francesca Luglio


s r e m a e r D beautiful

I fratelli Campa dopo i successi ottenuti con Ca Maria Adele sono pronti a nuove sfide. Alessio è partito per Londra dove ha conseguito un diploma in Interior Design nella prestigiosa scuola KLC - School of Design, mentre Nicola è rimasto a Venezia per seguire la ristrutturazione e il lancio della nuova struttura di famiglia: Palazzetto 113. Due esperienze un unico obiettivo, Campa&Campa, un’esclusivissimo studio di progettazione d’interni per offrire a pochi selezionati clienti il loro stile unico



BEAUTIFUL DREAMERS

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’è un hotel a Venezia più blasonato dei nobili palazzi del Canal Grande, i titoli arrivano uno dietro l’altro e, solo per citare quelli del 2013, possiamo elencare: Best Luxury Boutique Hotel in Europe, Most Romantic Hotel, oppure l’ultimo che gli assegna la fascia di uno degli hotel più sexy del Pianeta. Il segreto del successo è da attribuire all’eclettica proprietà, i fratelli Alessio e Nicola Campa, che oltre ad una consolidata esperienza nell’ambito dell’ospitalità di lusso godono di una passione comune per i viaggi, l’interior design e il collezionismo d’arte. Un mix che, dopo anni di esperienze fatte in maniera indipendente, li ha portati ad un progetto comune: Ca Maria Adele, uno dei primissimi boutique hotel di Venezia, capace di rinnovare il volto dell’ospitalità lagunare. Poi è arrivato anche Palazzetto 113, un hotel più piccolo e raccolto che conferma, qualora ce ne fosse stato bisogno, il talento del duo nel progettare spazi scenografici e funzionali ad alto impatto emozionale! Dopo i numerosi apprezzamenti ricevuti per il loro stile, i fratelli Campa decidono di offrire anche ad un ristretto numero di selezionati clienti la possibilità di avvalersi del loro talento ed esperienza per l’arredamento di case private, e così nasce Campa&Campa. Sofisticati e al tempo stesso confortevoli, gli ambienti creati da Alessio e Nicola spaziano dalle settecentesche eleganze veneziane, tradotte nel più puro gusto contemporaneo, alle suggestioni di terre lontane visitate per commerci o per crociate. Uno stile che nasce dall’amore per l’uso delle tapezzerie, riscoperte e adattate in seducenti abiti per le pareti, dalla passione per l’utilizzo degli scuri legni d’africa, dal rispetto religioso delle simmetrie… rotte dall’inconfondibile gusto per accostamenti inesplorati e spavaldi. Note diverse che si fondono in un’atmosfera fluida, suggestiva e disinvolta, che ha la forza di reinventare ambienti preziosi declinati al presente. Lo stile Campa&Campa è un grido che si ribella alla monotonia, alla povertà di idee e coraggio, alla noia degli occhi, all’orrore della scontatezza. Alessio e Nicola Campa tracciano scenografie irripetibili e poetiche, suggerendo impressioni, evocando atmosfere, aprendo varchi verso mondi lontani, universi fluttuanti e per natura fuggevoli.

di Salvatore De Martino

In alto, i fratelli Nicola ed Alessio Campa. A destra, una delle 2 camere di Palazzetto 113, la nuova struttura realizzata dai fratelli Campa.

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Il salotto di Ca Maria Adele dove ogni stagione vengono proposti allestimenti a tema.


Un interno parigino. Ph De Laubier.


Il prestigioso interno di una casa privata progettato da Alessio e Nicola Campa.


RED STYLE

Brillante, energico, vitale: un tocco di rosso accende i look invernali più rigorosi. E alza il tasso di seduzione... 1 - Più che una borsa, un accessorio diventato simbolo: è l’intramontabile borsa CHANEL in pelle “effetto matelassé” e catena intrecciata (€1.750). 2 - Per essere un passo avanti, CALZE RED con ricamo fiorato: il dettaglio che fa la differenza (€21,50). 3 - Combatte sia freddo che grigiore invernale, il cappello in morbido feltro rosso di BORSALINO (€283).

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FOOD BLOGGERS MEET TORTINA WHITE LOACKER

Tortina White Loacker è l’ultima creazione della linea Gran Pasticceria Loacker, una delizia di cioccolato bianco con crema alle nocciole e delicate cialdine che dal primo assaggio conquista con il suo gusto inconfondibile. Abbiamo chiesto a tre noti food blogger di realizzare delle ricette con Tortina White Loacker e anche loro sono stati sedotti dalla bontà unica di Loacker

Ingredienti per 6 crostatine Frolla: - 300 gr di farina bianca - 150 gr di zucchero - 150 gr di burro - 3 tuorli d’uovo - cacao q.b. Crema: - 250 ml di panna - 50 gr di cioccolato bianco - 8 Tortina White Loacker - Granella di nocciole q.b.

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Crostatine Tortina White Loacker e nocciole di Emanuele Patrini

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ate ammorbidire il burro. Nel frattempo create una fontana con farina, zucchero e cacao e poi mettete al centro i tuorli, aggiungete il burro ammorbidito e iniziate ad impastare fino ad ottenere un impasto omogeneo. Lasciate riposare almeno 30 minuti, foderate 6 tortiere monoporzione con carta forno o con spray a base d’olio che non fa attaccare i cibi alle teglie. Infornate a 180°C per circa 20 minuti. Una volta cotte le basi lasciatele raffreddare. Nel frattempo, grattugiate il cioccolato e lavorate nel robot 6 Tortina White in modo da sbriciolarle. Portate a ebollizione la panna e poi aggiungete il cioccolato e la “farina” di Tortina White sino ad ottenere una ganache. Riempite le basi di frolla e mettetele in frigorifero. Dopo circa 15-20 minuti decorate le crostatine con granella di nocciole e pezzetti delle 2 Tortina White rimaste.

Emanuele Patrini Sono ideatore e curatore del blog “Cravatte ai Fornelli”, nato circa due anni fa, che è stato giudicato dal mensile Millionaire uno fra i 3 più seguiti foodblog al maschile. Manager di una multinazionale e consulente nel mondo della sanità, ho una passione smisurata per la cucina e per la pasticceria, collaboro con alcune riviste di cucina e sono sempre alla ricerca di novità. Ho firmato la copertina del numero di ottobre 2013 di Cucina Naturale. Il mio intento è quello di replicare le tecniche dei grandi chef in un ambiente domestico. Dal 2013 tengo corsi di cucina riscuotendo molto gradimento. Da novembre sono in TV come concorrente del nuovo talent di cucina sulla pasticceria “Bake Off Italia”. Seguitemi su www.cravatteaifornelli.it


Ingredienti per 4 persone Base: - 4 Tortina White Loacker - 30 gr di burro - 4 quadretti di cioccolato bianco Crema: - 2 uova intere - 500 ml di latte - 100 gr di zucchero - 80 gr di farina - 1 stecca di vaniglia - 125 ml di panna già zuccherata - 2 Tortina White Loacker per decorare - cioccolato extrafondente q.b. - zucchero a velo q.b.

Millefoglie di Tortina White Loacker di Eleonora Rubaltelli

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ciogliete Tortina White Loacker e il cioccolato nel burro. Quando sarà diventato un composto omogeneo, stendetelo su carta stagnola creando 8 porzioni uguali. Fatele raffreddare e mettetele in congelatore. Ora passate alla crema! Scaldate il latte con la stecca di vaniglia incisa per il lungo. Montate le uova con lo zucchero e incorporate lentamente, mescolando, il latte. Riponete sul fuoco il composto finché non incomincerà a rapprendersi. Lasciate raffreddare in una ciotola. Montate la panna e quando la crema sarà raffreddata, incorporatela. Componete il dolce: prendete le basi dal freezer, mettete su un piatto una puntina di crema e sopra di questa la cialda (per fermare il dolce). Distribuite sopra alla base un po’ di crema e sbriciolateci sopra Tortina White Loacker. Coprite con l’altra cialda e aggiungete la crema con ancora briciole di Tortina White Loacker. Ora decorate con il cioccolato: sciogliete il cioccolato a bagno maria e con un cucchiaio fate delle decorazioni su un foglio di carta da forno, devono essere abbastanza spesse. Ora trasferitele in freezer per qualche minuto e adagiatele sopra al dolce, infine spolverizzate con lo zucchero a velo.

Eleonora Rubaltelli Sono Eleonora Rubaltelli e frequento il secondo anno di Scienze Gastronomiche all’Università di Parma. Fin da piccola seguivo con passione mia nonna in cucina e presto ho iniziato a sperimentare anche io. La mia prima torta è stata la torta cioccolatino, ma non è stata un gran successo, ho fatto bruciare il cioccolato ben due volte! Sono passati anni e ora sforno ottimi dolci, almeno così mi dicono. Da quasi un anno mi occupo di ricette nella sezione “Kitchen” sul blog “Style and Trouble”. Prediligo il dolce al salato, ma ultimamente sto sperimentando diversi piatti e anche se stravolgo le ricette, fortunatamente, il risultato è sempre buono! Seguitemi su www.styleandtrouble.com

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FOOD BLOGGERS MEET TORTINA WHITE

Ingredienti per 4 persone Frolla: - 400 gr di mandarini - 3 cucchiai di succo fresco di limone - 2,5 dl di acqua - 200 gr di zucchero semolato - 1 cucchiaio di gelatina in polvere Crema al mascarpone: - 0,8 dl di panna - 3 cucchiai di zucchero a velo - 1/2 cucchiaino di essenza di vaniglia - 180 gr di mascarpone - 4 Tortina White Loacker - pistacchi di Bronte q.b.

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Coppa con mandarini e briciole di Tortina White Loacker di Tea Lombisani

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escolate i mandarini, il succo di limone, 2,5 dl di acqua e lo zucchero in un pentolino a fuoco basso e portate a ebollizione. Lasciate a mollo la gelatina in polvere in 3 cucchiai di acqua per 5 minuti. Unitela ai mandarini e mescolate finché non si è sciolta. Togliete la pentola dal fuoco e filtrate il composto con una garza versandolo in una caraffa. Preparate la crema al mascarpone. Montate la panna con lo zucchero a velo e la vaniglia e incorporatele al mascarpone. Riempite con metà del succo di mandarini il fondo di 4 bicchieri, quindi distribuitevi anche metà della crema. Ripetete il procedimento formando uno strato di mandarini e panna. Coprite con la pellicola e tenete in frigo per almeno 4 ore. Al momento di servire, guarnite con le Tortina White Loacker sbriciolate e i pistacchi di Bronte grattugiati.

Tea Lombisani Se esiste una cosa che più amo è la semplicità con cui vivo la mia vita ogni giorno. Svegliarsi con la felicità di sapere che guarderò dalla finestra un cielo azzurrissimo e vedrò sbocciare un fiore in giardino. Mi accontento e gioisco di ciò che oggi ho senza desiderare e volere nulla in più perché una vita fatta di cose umili e semplici è la più grande ricchezza che un uomo può avere. Seguitemi su www.teaskitchenblog.blogspot.it



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da un’idea di Alberto Vergani Direttore Responsabile Fabio Operti Art Director Alessia Pastori Hanno collaborato Francesca Andreoni, Silvia Barlascini, Anna Benzoni, Giovanni Berardi, Salvatore De Martino, Nadia di Mauro, Daniela Ferolla, Francesca Luglio, Simona Melli, Veronica Sormani, Yanek Sterzel, Gianfranco Terruzzi, Vera Vanetti Segreteria Veronica Sormani Relazioni Pubbliche Francesca Andreoni, Marta Lamanna, Isabella Panzini, Vera Vanetti Ufficio Marketing Pia Manzi Responsabile Produzione Pia Manzi Concessionaria Pubblicità Mama Records s.r.l. via Tadino, 20 - 20124 - Milano tel. 02.29406108 Nadia di Mauro Opinion Leader è edito da Opinion Leader s.r.l. via Tadino, 24 - 20124 - Milano tel. 02.29517780 www.opinionleader.it redazione@opinionleader.it Prezzo: 5,00 euro Registrazione Tribunale di Milano n. 446 del 9 luglio 2007 Stampa Stamperia della Marca s.r.l. Via della Borsa, 9 - 31033 - Castelfranco Veneto (TV)

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