Prove archeologiche a sostegno dell’autenticità della Bibbia

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INTRODUZIONE Benvenuti al tour biblico del British Museum e della British Library, un viaggio che cerca di trovare prove storiche secolari che corrispondano al materiale sia dell’Antico sia del Nuovo Testamento. A volte citiamo studi precedenti da: The Sword in the Trowel, Dr. Masters 1996, n.4, 1997 n.1-2, ora aggiornati e rivisti dai membri della Hyde Park Christian Fellowship, All Souls, Langham Place. Questo viaggio non cerca di dimostrare che la Bibbia è la “Parola di Dio”: vuole, piuttosto, esaminare prove archeologiche, documenti e manoscritti, per sostenere la storicità della Bibbia. Noi vogliamo dimostrare che la Bibbia non è un libro di miti o leggende, come pretendono molti storici, ma un libro che è storicamente credibile. Molte persone chiedono se la storicità della Bibbia sia importante, perché essa non pretende mai di essere un libro di storia. Eppure la Bibbia parla di storia: popoli, luoghi, eventi. Persone si trovano nella storia, luoghi esistono nella storia ed eventi accadono nella storia. Perciò possiamo esaminare le parti della Bibbia che parlano di storia e controllare la loro veridicità. Anche il Corano parla di popoli, luoghi ed eventi. Di conseguenza, dobbiamo esaminarlo da un punto di vista storico, come la Bibbia. La critica storica è importante perché, nel suo investigare, usa i criteri più neutrali: oggetti, documenti e manoscritti, ecc... che possono esser esaminati da tutti, purché siano accessibili. Una tale ricerca imparziale è accettata anche da scettici e storici. Durante questo viaggio vogliamo dimostrare che, quando la Bibbia parla di storia, popoli, luoghi ed eventi, possiamo verificare se queste cose sono esistite o accadute. Perciò esaminiamo i dati più neutrali a nostra disposizione, liberamente accessibili al pubblico nel British Museum. Una volta che la Bibbia supera questa prova storica, possiamo fidarci di più delle altre affermazioni della Bibbia. Qualsiasi libro che afferma di essere da parte di Dio (cioè il libro di Mormone, il Bhagavad Gita, gli Upanishad, i Veda, il Grant Sahib o il Corano) deve, prima di tutto, superare una prova storica. Altrimenti gli scettici non crederanno.

IL TOUR ATTRAVERSO IL BRITISH MUSEUM Consideriamo, soprattutto, le affermazioni storiche dell’Antico Testamento investigando tre epoche diverse: 1) Il periodo assiro, 9-7 secolo a.C. (884-615 a.C.) 2) Il periodo babilonese, 7-6 secolo a.C. (615-539 a.C.) 3) Il periodo persiano, 6-5 secolo a.C. (539-424 a.C.) Poi faremo le stesse domande all’islam, verificando la storicità del suo libro, il Corano. Guarderemo monete per datare i tipi di scrittura più antichi del Corano, per poi datare i manoscritti coranici più antichi, una procedura che gli islamisti esitano ad intraprendere. Dopo il tour attraverso il British Museum ci recheremo alla British Library per osservare i manoscritti biblici più antichi e paragonarli a quelli coranici. Cominciamo dal periodo assiro. 1. La Stele di Salmanassar III, 859-824 a.C. Cominciamo con Salmanassar III, re d’Assiria. A sinistra si vede la posizione geografica dell’Assiria che si trova al nord-est della Fenicia (e anche della Palestina, oggi chiamata Israele). Per il periodo assiro, ci concentreremo su quattro città principali (sulla cartina a destra): 1) Nimrud 2) Balawat 3) Khorsabad 4) Ninive Assurnasirpal II (884-859 a.C.), sulla Stele a destra, fu il re d’Assiria a cui si attribuisce la costruzione della città di Nimrud. A sinistra troviamo la Stele di Salmanassar III (859-824 a.C.); egli è importante per il nostro percorso perché è lui che attacca la Fenicia (Palestina) durante il regno del re israelita, Acab, secondo 1 Re 22. Acab, re d’Israele e Ben-Adad, re di Damasco erano in guerra. Però, all’improvviso, secondo 1 Re 22, per tre anni smisero di combattere, ma non si spiega il perché. Dobbiamo guardare questa Stele (a sinistra) per capire ciò che è successo. Secondo la scrittura cuneiforme sulla Stele, scopriamo che nel 853 a.C. Salmanassar III venne in Fenicia e attaccò il gran re Irhulini, re potente di Hamath, che aveva urgentemente bisogno di aiuto per difendersi dall’aggressione assira. Egli chiese aiuto agli altri 14 re delle pianure, inclusi Acab e Ben-Adad, che si radunarono tutti per respingere Salmanassar III. Questo evento è la soluzione al mistero di 1 Re 22, dandoci il motivo per la pausa di tre anni e la data di questo periodo (853 a.C.).

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La Stele parla in dettaglio della battaglia, presumendo la vittoria degli Assiri perché afferma che i fiumi erano bloccati dai cadaveri. Eppure non può essere vero perché la loro avanzata fu fermata e non presero mai possesso del paese. Ovviamente è un racconto esagerato, un lascito che imbellisce ciò che Salmanassar III realizzò. Vedremo la stessa esagerazione su molti manufatti; è solo nella Bibbia che troviamo descrizioni più precise. Quindi notiamo che ci vogliono entrambi tipi di prove: la Bibbia ed i manufatti storici, sia per completare la storia che per avere le date. 2. L’Obelisco nero, 841 a.C. L’Obelisco nero (a destra) viene dall’epoca di Salmanassar III. In Israele, Acab fu un re malvagio, perciò dopo la sua morte (2 Re 9 e 10), il profeta Eliseo andò da Ieu, un capitano militare israelita, e gli disse di distruggere tutta la famiglia di Acab e diventare egli stesso il re. Ieu seguì le istruzioni di Eliseo e liberò il paese d’Israele dal culto di Baal. Egli regnò per 28 anni (fino all’anno 814 a.C.); tuttavia provò a comprare la lealtà di Salmanassar III, rendendogli omaggio. Questo è rappresentato sull’Obelisco nero. Secondo la scrittura cuneiforme sull’Obelisco, l’uomo prostrato è Ieu. È la prima raffigurazione di un re israelita, corrispondente agli eventi che leggiamo in 2 Re 9 e 10. 3. Balawat, metà del IX secolo a.C. Come tutti i re precedenti, Salmanassar III voleva lasciare un’eredità dopo la sua morte. Si attribuisce a lui la costruzione della grande città di Balawat. Salmanassar III costruì la città di Balawat per farne una residenza estiva, ed essa fu il suo lascito. Oggi è solo un rialzo nel deserto assiro (vedi immagine a sinistra). Rialzi come questo (chiamati tell), sono tipici della Turchia, della Siria e del Medio Oriente. Quando gli archeologi trovano un tale rialzo sanno che sotto i suoi vari strati, ci sono città antiche. Quando città vengono distrutte, città successive sono costruite sopra e il risultato è strati di città, uno sopra l’altro. Gli archeologi possono datare i rialzi quando scavano (vedi immagine sopra, a destra), usando ceramiche trovate in ogni strato, o notando i risultati di incendi e inondazioni. Così ricreano la storia di quelle città. Le grandi porte contro il muro (a sinistra) sono ricostruzioni moderne delle porte di Balawat fatte dal British Museum. I cardini della porta originale sono di rame e tenuti in vetrina (a destra). Questi cardini sono importanti per noi perché sulla seconda riga vediamo uomini con le mani legate dietro la schiena. Sono prigionieri di Hamath (Siria), che vengono condotti al trono di Salmanassar III, dimostrando che il re Irhulini combatté contro di lui. La scrittura cuneiforme lo nomina, affermando che non fu sconfitto, anche se molti dei suoi soldati furono catturati. Questa è un’altra prova degli eventi di 1 Re 22, stavolta non a Nimrud, ma a Balawat. 4. Tiglatpileser III (745-727 a.C.) Saltiamo ora 5 re intermediari che non sono importanti per il nostro viaggio, perché non ebbero alcun rapporto con la Palestina o con gli Israeliti. A metà dell’VIII secolo, re Tiglatpileser (a destra, con la sua carrozza a sinistra) attaccò gli Israeliti due volte. Ci sono 9 riferimenti a lui nella Bibbia, nei quali è principalmente chiamato “Pul” (vedi 2 Re 15:19-20 e 1 Cronache 5:26). Una volta che ebbe attaccato e conquistato Israele, scelse un re fantoccio, Menaem, che gli rese omaggio e non usurpò il suo potere. È interessante che il sopranome biblico per lui è accennato sul murale (a sinistra) dimostrando, così, la correttezza dei riferimenti biblici. 5. Sargon II (722-701 a.C.) Due re dopo Tiglatpileser, c’è il grande re Sargon II, rappresentato a sinistra su questa Stele (a destra). Si attribuisce a lui la costruzione della grande città di Khorsabad, e il suo nome è menzionato in Isaia 20:1. È lui che attaccò le dieci tribù israelite del nord. Le distrusse, le catturò e le sostituì con il suo popolo (2 Re 17:6,24). Non sconfisse però la tribù meridionale di Giuda, l’unica che rimase fedele al suo Dio. Anche se la Bibbia parla di Sargon II in 2 Re e in Isaia, questo re non fu scoperto, storicamente, fino al 1843 d.C., quando la città di Khorsabad e il prisma di Nimrud furono trovati. Ecco un esempio eccellente di archeologi che capiscono finalmente ciò che la Bibbia dice da 2544 anni. 6. Sennacherib (704-681 a.C.) L’uomo rappresentato alla destra di questa Stele è Sennacherib, figlio di Sargon II. Egli fece quello che suo padre non riuscì a fare, attaccando e sconfiggendo il regno meridionale di Giuda. Questo re è importante per la nostra visita perché se ne parla molto nella Bibbia, soprattutto per quanto riguarda i suoi rapporti con il giusto re di Giuda, Ezechia. Sennacherib è responsabile della costruzione della gran città di Ninive. 7. Salone di Lachis Alla fine dell’VIII secolo, nel 701 a.C., Sennacherib venne dall’Assiria, attraversando la Fenicia e attaccò tutte le città fortificate di Giuda. A parte Gerusalemme, Lachis, al sud-ovest di Gerusalemme, fu l’ultima città ad essere attaccata e distrutta (vedi foto della Lachis moderna a sinistra e la rappresentazione della città antica a destra).

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Questo salone rappresenta la battaglia di Lachis (vedi dipinto murale, trovato nel palazzo di Ninive, seguendo la storia della battaglia da sinistra a destra). Quando gli archeologi scavarono i vari strati, trovarono manufatti della battaglia, per esempio palle, fionde, punte di freccia, ossa e metallo (vedi foto a sinistra). Trovarono anche il Prisma di Taylor (a destra), il racconto di Sennacherib di tutte le battaglie, incluse quelle di Lachis e Gerusalemme, dove abitò Ezechia, un re giusto, che il Signore amò e onorò. Il Prisma di Taylor, un prisma di otto lati, corrisponde alla storia biblica (2 Re 19) in sette campi. Entrambi affermano che: 1. Ezechia si ribellò contro Sennacherib. 2. Le città fortificate di Giuda caddero. 3. Anche Lachis cadde. 4. Ezechia fu chiuso nella città di Gerusalemme. 5. Pagò 30 talenti d’oro di tributo a Sennacherib per guadagnarsi la sua stima. 6. Gerusalemme non cadde. 7. L’esercito assiro partì senza lanciare nemmeno una freccia. Ecco, però, un mistero: perché se ne andarono? Le prove storiche, incluso il Prisma di Taylor, non danno nessun motivo. Dobbiamo leggere la Bibbia per trovare il motivo. Secondo la Bibbia, Sennacherib non conquistò Gerusalemme nonostante distruggesse tutte le altre città. Per quale motivo se ne andò all’improvviso? Secondo 2 Re 19:9 e Isaia 37:9 egli dovette tornare perché i suoi confini meridionali furono attaccati dal re Nefertumra Taharqa dell’Etiopia/Egitto. Gli storici si sono sempre scervellati per capire chi fu Taharqa, perché non c’erano prove storiche per l’esistenza di questo re. È un mito o una legenda? La maggior parte degli storici crede che la Bibbia sia piena di miti, incluso quello di Taharqa. Per secoli solo la Bibbia parlava di Taharqa. Più tardi vedremo prove storiche autenticate della sua esistenza qui nel British Museum. Sennacherib dovette tornare per difendere Ninive contro Taharqa. Una volta che ebbe difeso il suo regno, tornò per la seconda volta a Gerusalemme. 8. Il dipinto murale di Ezechia Il dipinto murale (a destra), in scrittura cuneiforme, fu trovato nel palazzo di Ninive e nomina Ezechia. Secondo questo dipinto, Sennacherib tornò una seconda volta con migliaia di guerrieri per sconfiggere Ezechia e la città di Gerusalemme. Eppure tornò a casa all’improvviso, senza lanciare nemmeno una freccia. Come spiegherebbe uno storico questa decisione? Un gran re torna, improvvisamente, con le mani vuote e al suo ritorno viene ucciso dai suoi due figli. Per quale motivo? Qualcosa di drastico è successo. Per scoprire cos’è successo dobbiamo consultare 2 Re 19:35-36. Nella Bibbia troviamo i dettagli mancanti. Secondo la Bibbia, nel pieno della notte, l’angelo del Signore scese e distrusse 185.000 uomini dell’esercito di Sennacherib. Perciò dovette tornare in Assiria, imbarazzato e incapace di dare una spiegazione. Tuttavia, questi eventi non sono rappresentati sul dipinto per un motivo: i dipinti murali (come abbiamo notato all’inizio della visita) sono pieni di vanterie. I re non documentarono le loro sconfitte, quindi non ci aspetteremo di vedere una tale umiliazione sul dipinto. Perciò gli storici rimangono perplessi, non riuscendo a capire per quale motivo Sennacherib tornò a casa con le mani vuote. La Bibbia ci dà la soluzione e i dettagli mancanti. Sia la Bibbia sia i documenti storici ci informano che gli Assiri non sconfissero mai Gerusalemme e Giuda non fu mai totalmente conquistata, ma solo la Bibbia ci spiega il perché. Vedrete che il dipinto murale è annerito perché è bruciato: spiegheremo il significato di questo più tardi. 9. Taharqa Ora possiamo risolvere il mistero del re Taharqa. Ricordatevi che Sennacherib dovette tornare improvvisamente a Ninive, perché il re Taharqa, nominato nella Bibbia, attaccava i suoi confini meridionali (2 Re 19:9, Isaia 37:9). Eppure non c’era nessun documento secolare che sostenesse l’esistenza di questo re fino allo secolo scorso, quando questa statua fu scoperta (a destra). I geroglifici sulla statua nominano il re Taharqa. Quindi, questo re “mitologico” è veramente esistito, dimostrando che la Bibbia è storicamente credibile quando parla di lui in Isaia 37 e 2 Re 19. Ora sappiamo che Taharqa fu il re dei Cusciti, che abitarono nella zona che oggi include il Sudan, l’Africa del Nord, l’Egitto e l’Etiopia. Egli ebbe un gran potere, quindi quando attaccò Sennacherib, fu un’offesa enorme; ecco perché Sennacherib dovette tornare per combatterlo secondo 2 Re 19:9 e Isaia 37:9. Due anni fa in un museo di Southampton, c’era una statua di un re che si usava per appoggiare le biciclette. Un curatore del British Museum andò a Southampton nel gennaio 1999 e quando guardò la figura ed i geroglifici vide il riferimento a Taharqa. Ecco un’altra statua di Taharqa! Il museo di Southampton non sapeva di avere una statua dell’VIII secolo a.C., e non aveva nessun’idea della sua importanza. Queste due statue sono le prove che Taharqa è esistito storicamente. Trovando sempre più prove dell’esistenza di Taharqa, così potremmo trovare prove di altri personaggi o eventi biblici.

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10. Dipinti murali di Ninive Nel suo libro biblico, il profeta Naum dice che Ninive sarà distrutta da acqua e fuoco a causa della sua apostasia (Naum 1:10, 2:13, 3:13-15). Su questi dipinti murali (vedi a destra) e quello di Ezechia, vediamo danni provocati dal fuoco. Quando saliremo per vedere la cronaca babilonese, troveremo prove documentarie che sostengono gli eventi del 615 a.C., quando i babilonesi vennero per distruggere Ninive. Prima incendiarono la città e poi aprirono il fiume Khoser per allagare il palazzo. Non solo abbiamo le prove archeologiche per sostenere questa profezia, ma abbiamo anche prove documentarie. 11. Gerico (N.B. Abramo 1900 a.C. - Mosè 1400 a.C. - Davide 1000 a.C.) Ora che siamo al primo piano, andiamo più indietro nella storia, al 1400 a.C., al tempo di Mosè, e anche al 1900 a.C., al periodo patriarcale. Purtroppo la mostra del British Museum è sistemata secondo la geografia e non secondo la cronologia, e ci costringe a saltare da un secolo all’altro durante la nostra visita. Cominciamo al tempo di Giosuè nella città di Gerico. Gerico è una città molto importante, una delle città più antiche del mondo, che risale ad oltre il 5000 a.C. (vedi l’immagine della Gerico moderna a sinistra). A causa della sua antichità, è molto apprezzata dagli archeologi, quindi vi sono state effettuate molte ricerche. Vari gruppi hanno scavato i vari strati della città per ricostruire la sua storia. All’inizio del 1900, un team tedesco andò a Gerico e scavò fino al periodo del 1300-1400. Vi trovò macerie fuori dalla città e si accorse subito che facevano parte delle mura antiche di Gerico. Però notò anche che i pezzi delle mura erano sparsi fuori dalla città. Se un nemico attaccasse da fuori, le mura sarebbero implose, quindi sarebbero cadute verso l’interno, non sparse sulla pianura fuori dalla città. Gli archeologi non capirono, perché non sembrava logico. Eppure non è un mistero per quelli che hanno letto il libro di Giosuè: le mura non furono distrutte da colpi d’ariete, ma “dall'angelo del Signore” (Giosuè 6:20), dallo stesso personaggio che abbiamo visto al pianterreno, che uccise i soldati di Sennacherib. 12. Tavolette Gli storici mettono spesso in dubbio la storicità della Genesi, dicendo che molte città nel libro sono mitologiche o leggendarie, perché ci sono poche prove della loro esistenza. Per esempio, le città Sodoma e Gomorra non furono mai trovate e non esisteva nessun altro documento che ne parlasse. Anche, per la città di Ur, da dove, secondo la Bibbia, venne Abramo, le prove furono quasi inesistenti. Gli Ittiti ed i Corei furono due civiltà senza prove storiche. Tutte le città menzionate furono considerate leggendarie fino a poco tempo fa. Più tardi parleremo di tutte queste città e civiltà e vi faremo vedere le prove storiche. Le prove extra bibliche più convincenti per il periodo patriarcale sono quattro collezioni di tavolette che furono trovate e che si stanno ancora scoprendo in quella parte del mondo. Dimostrano che i racconti biblici sono storicamente affidabili. Guardiamo brevemente tutte e quattro le collezioni: a. Tavolette di Mari dell’Eufrate b. Tavolette di Nuzi della Mesopotamia c. Tavolette di Ebla della Siria d. Tavolette di Amarna dell’Egitto (rappresentate a destra) Queste tavolette cominciano a darci un’idea di cosa successe al tempo di Abramo nel 1900 a.C. e al tempo di Mosè e di Giosuè nel 1400 a.C. Le tavolette sono ottime prove perché sono fatte d’argilla e poi cotte, quindi non si disintegrarono, rimanendo intatte per secoli. Le tavolette in questione sono scritte con caratteri cuneiforme, una lingua facile da leggere e da tradurre. a. Le tavolette di Mari e di Nuzi dell’Eufrate e della Mesopotamia furono scritte nel 2000 a.C. circa. Le tavolette di Mari (dell’Eufrate) parlano del re Arriyuk, o Arioc di Genesi 14 ed elencano le città di Naor (Genesi 24:10) e Caran (Genesi 11:31) e anche i nomi di Beniamino e Habiru. b. Le tavolette di Nuzi (Mesopotamia-Iraq) parlano di varie usanze che troviamo nel Pentateuco: 1) La moglie sterile dà la sua serva a suo marito (Agar). 2) Il padre sceglie la moglie per suo figlio (Rebecca). 3) La dote pagata al suocero (Giacobbe). 4) Lavorare per pagare la dote (Giacobbe). 5) Il testamento orale inalterabile di un padre (Isacco). 6) Il padre dà una serva alla figlia (Lea, Rachele). 7) Pena di morte per il furto di un idolo (Giacobbe). Ricordate che molti storici credono che il libro della Genesi sia stato scritto nel VI secolo a.C., descrivendo eventi del XIX secolo a.C., eppure troviamo sette usanze sulle tavolette di Nuzi che corrispondono esattamente al racconto abramico, scritto, quasi, nella stessa epoca. Come avrebbe qualcuno del VI secolo potuto sapere, così bene, quello che era successo, a meno che non fosse stato testimone oculare di quegli eventi? Molti storici si accorgono ora che la Bibbia è molto precisa nelle sue descrizioni di epoche storiche specifiche. c. Le tavolette di Ebla (Sodoma e Gomorra) Molti storici dubitarono della storicità di Sodoma e Gomorra perché non vi erano documenti che provassero l’esistenza di

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queste città. Poi, nel 1975, alcuni archeologi che scavarono a Tell Mardikh (anche chiamato Ebla), trovarono 17.000 tavolette in una stanza implosa, che risalivano al 2300 a.C. circa. Molte tavolette erano commerciali. Gli storici cominciarono a tradurre le tavolette, scritte in cuneiforme. Queste tavolette sono importanti perché indicano che mille anni prima di Mosè, leggi, usanze ed eventi furono documentati nel Medio Oriente e che i procedimenti legali e la giurisprudenza furono molto simili al codice legale di Deuteronomio (vedi Deuteronomio 22:22-30, punizioni per reati sessuali). Mentre scavavano a Tell Mardikh, s’imbatterono in una tavoletta commerciale, che menziona cinque città: Sodoma, Gomorra, Adma, Seboim e Soar. Quando leggiamo Genesi 14:8 troviamo proprio le stesse città nello stesso ordine. Sono le cinque città che Abramo andò a difendere nel 1900 a.C., ma si trovano nello stesso ordine sulla tavoletta di Ebla del 2300 a.C., dimostrando così che Sodoma e Gomorra sono esistite davvero. Inoltre, la sequenza usata indica la posizione geografica sulla pianura, nello stesso modo in cui si parla del Vicino Oriente, delle città di Bassora, Baghdad, Damasco, Gerusalemme e Il Cairo, in quest’ordine. Però, come si sarebbe saputo di queste città se si fosse scritto nel VI secolo a.C.? Infatti le due città furono distrutte nel tempo di Abramo nel XX secolo a.C.; tuttavia Mosè scrisse il libro nel 1400 a.C., 400 e 500 anni più tardi. Quindi, come venne a conoscenza Mosè, così accuratamente, di queste cinque città? C’è effettivamente un mistero. Non poté essere testimone oculare di queste città, perché furono distrutte 400 anni prima di lui. Erodoto non le conobbe affatto, infatti nessun storico le conobbe. Eppure le troviamo menzionate sulle tavolette di Ebla. Se queste città furono soltanto un mito della tradizione orale, si sarebbe infiorettato la storia e non si sarebbe parlato di Sodoma e Gomorra, sapendo che non esistettero, poiché nessuno ne parlò. Oggi sappiamo che esistettero davvero e gli storici non hanno una spiegazione. Per noi, però, è una prova della storicità della Bibbia. Essa è anche accurata per i periodi di tempo in cui l’autore non era ancora nato, ma sapeva esattamente dove le città si trovavano e in quale ordine elencarle. Questo comporta che il libro della Genesi non venne scritto nel VI secolo a.C., ma che fu scritto da Mosè, ispirato da Dio, o da un altro testimone oculare. Questa accuratezza ci dà fiducia nelle nostre Scritture. d. Le Tavolette di Amarna Nel 1887 d.C., centinaia di lettere antiche furono scoperte ad Amarna in Egitto. Queste lettere (alcune sono rappresentate a destra) furono scritte su tavolette d’argilla, mandate dalla Palestina a due faraoni: Amenhotep III e IV, fra il 1400 e il 1367 a.C.; in questo periodo Giosuè e i figli d’Israele arrivarono in Palestina. Le lettere, scritte in babilonese, parlano di ostilità con un popolo chiamato Hapiru. Molti studiosi biblici credono che gli Hapiru siano gli Ebrei, un popolo di nomadi guerrieri. Il governatore di Gerusalemme scrisse parecchie lettere per chiedere aiuto. Nel libro di Giosuè 12:9-24, l’autore menziona 31 città-stato che egli distrusse, mettendo fine agli stati indipendenti, lasciando soltanto pochi stati politici autosufficienti nel sud di Canaan. Questo scenario conferma quello che troviamo nelle lettere di Amarna, cioè la sopravvivenza di solo quattro cittàstato che ebbero il proprio re, testimoniando le conquiste di Giosuè. 13. Le lettere di Lachis Stavolta si tratta di lettere scoperte nella città di Lachis che risalgono al VI secolo a.C., (non come i dipinti murali, che erano dell’VIII secolo). Ricordatevi che Lachis fu distrutta dagli Assiri, ma poi fu ricostruita e ripopolata dagli Israeliti. Più tardi fu distrutta una seconda volta da Nabucodonosor, re babilonese, nel 586 a.C., durante il tempo del profeta Geremia e del re israelita Sedechia. Le lettere furono scritte (alcune sono rappresentate a sinistra) per chiedere aiuto a Gerusalemme contro Nabucodonosor, re babilonese. È interessante che un frammento (a destra) menzioni il nome personale del Signore, YHWH in ebraico, il “tetragramma”. Questo è il più antico riferimento che abbiamo al nome di Yahweh in qualsiasi brano di letteratura, dimostrando che Yahweh era una parola ben conosciuta, nonostante non avesse alcuna vocalizzazione. C’erano solo quattro lettere: YHWH. Ora sappiamo che fu il nome dato a Mosè in Esodo 3:15 da Dio per divenire il suo nome personale, il nome con cui gli Israeliti si sarebbero ricordati di Lui di generazione in generazione. Perciò tutti i profeti conoscevano questo nome. Questo è il primo riferimento che abbiamo nella letteratura, risalente al VI secolo, convalidando qualcosa di molto importante: il nome di Dio. 14. La tomba di Shebna Ne scriveremo in un secondo momento. 15. Il murale di Davide e di Salomone Avrete notato che l’obiettivo della nostra visita è di cercare prove storiche degli eventi della Bibbia. Più reperti vediamo, più capiamo che la Bibbia è credibile alla luce della storia e sembra che coloro che lavorano al British Museum l’abbiano capito. Per esempio, guardate il murale di Davide e Salomone (foto a sinistra). Qui troviamo la storia d’Israele e di Giuda, presa dalla Bibbia e parafrasata. Perché il British Museum ha affisso la storia biblica d’Israele e di Giuda sulla parete? Il British Museum è un’istituzione molto scettica. È sempre stato molto scettico sulla Bibbia, chiedendo se è storica o no; eppure ha usato il racconto biblico perché crede che sia la vera storia d’Israele. La descrizione fu affissa nel 2001. Apparentemente il British Museum si rende conto che: più si cerca, più si trova, più si trova, più NOI brilliamo. Fra qualche anno, forse, ci saranno molte storie della Bibbia sulle pareti, che testimonieranno la sua accuratezza.

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L’accuratezza che vediamo attraverso: la statua di Taharqa al pianterreno, Gerico, le tavolette di Amarna, di Mari, di Ebla e di Nuzi, i nomi di Sodoma e Gomorra, la città di Ur, i popoli dei Corei e Ittiti; tutte queste prove indicano la credibilità storica della Bibbia. Come Jasper dice nei sui scritti, varie scuole di pensiero, filosofie e scienze scalano la montagna della conoscenza. Fra poco raggiungeranno la cima, ma quando ci arriveranno, ci troveranno i teologi! Non dobbiamo sentirci minacciati o fuggire da questi manufatti. È importante investigarli criticamente e metterli su un arco temporale e non evitare domande difficili. Molti storici considerano la Bibbia soltanto un accumulo della tradizione orale, redatta molto tempo dopo gli eventi descritti, quindi mitologica. Però, ora, ci sono prove che sostengono la storicità di molti racconti biblici. 16. Ur La città di Ur, in Mesopotamia, è un altro esempio di ciò che fu considerato un mito, ma per cui ora ci sono prove archeologiche. Molti oggetti in questo salone provengono da Ur, prima considerata mitologica. Ora sappiamo dov’è, che non è fittizia, e che è ben possibile che Abramo venisse da questa città. In questo salone vediamo arpe (estrema sinistra), ninnoli e tavolette della città di Ur (foto a sinistra). Vedremo manufatti che furono trovati nelle fosse comuni, nonché uno stendardo di un montone che mangia da un cespuglio di spine, fatto d’oro e di lapislazzuli (a destra). Può darsi che sia la stessa città che Abramo lasciò nel 1900 a.C., quando per fede ubbidì all’ordine del Signore di lasciare il suo paese e andare dove il Signore l’avrebbe guidato (Genesi 12, Ebrei 11). 17. La Cronaca Babilonese Al pianterreno abbiamo visto le mura di Ninive annerite dal fuoco. Sono prove archeologiche che sostengono la veridicità del libro di Naum, capitoli 1-3. Qui troviamo la Cronaca Babilonese, che racconta la storia dei Babilonesi, non solo la distruzione con il fuoco della città di Ninive, ma anche l’apertura delle cateratte del fiume Khoser e l’allagamento del palazzo, documentando gli stessi eventi che leggiamo in Naum. 18. Le Tavole del Diluvio e della Creazione Le Tavole del Diluvio (a destra) e l’Epica della Creazione (a sinistra), scritte in cuneiforme si basano, tra altri documenti, sull’Epopea di Gilgamesh, un documento noto, nonostante sia basato sulla tradizione orale. Molti credono che queste tavole siano la fonte per la storia della creazione e del diluvio in Genesi. Questo è comprensibile quando si dà per scontato che la Bibbia sia stata redatta molti anni dopo e basata su una lunga tradizione orale. Però, dobbiamo capire che le tavole non rispecchiano esattamente i racconti della Genesi. È logico che vi siano differenze, perché le tavole sono il frutto della tradizione orale, passata da una generazione all’altra, quindi sono molto suscettibili a infiorettature. Tuttavia, è interessante che il nocciolo della storia sia molto simile al testo biblico. Abbiamo più di 200 culture diverse che parlano del diluvio, a volte descrivono un’inondazione locale, a volte il diluvio universale, dimostrando l’universalità di questo racconto. Eppure c’è una differenza importante fra queste storie e il racconto della Genesi. Quando si leggono le tradizioni orali, il lettore non giunge da nessuna parte. Esse non danno nessun contesto e non hanno nessun fondamento. Sono soltanto favole popolari o fiabe per bambini. Troviamo una differenza qualitativa quando esaminiamo Genesi, soprattutto per quanto riguarda la creazione (capitoli 1-3), che è la base per il resto della Bibbia. È difficile capire i temi principali della Bibbia, se non si sa cos’è successo nel giardino dell’Eden, dopo la creazione di sei giorni. Perciò è essenziale paragonare le tavole con il racconto biblico. Le tradizioni orali sono vaghe, senza fondamento o significato, mentre i riferimenti biblici alla creazione sono la base del resto della Bibbia. Non furono scritti come favole da raccontare, per divertimento o per caso, ma furono scritti per dare un racconto storico e significativo della creazione, in cui tutta la storia trova il suo scopo. Quindi, ogni volta che un profeta parla del peccato dell’uomo, si fa riferimento alla caduta iniziale, che troviamo in Genesi 3. Tutti i libri e tutti i profeti dipendono dal racconto di Genesi. Perciò è molto importante, nonché accurato; non troviamo modifiche né storie inventate in Genesi. Ogni parte del libro della Genesi ha un significato teologico, a volte di più, a volte di meno. 19. Il cilindro di Nabonide (caduta di Babilonia nel 539 a.C., metà del VI secolo a.C.) Il libro di Daniele non piace agli storici perché contiene molte profezie, che implicano un Dio che entra nel tempo e nello spazio: un presupposto inaccettabile per tanti. Daniele profetizzò quattro regni, di cui due esistettero durante la sua vita (il regno babilonese, sotto cui visse e il regno

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persiano di Ciro il Grande). Poi parla dei grandi regni a venire, quello dei Greci, sotto Alessandro il Grande e i suoi tre generali, nel III secolo a.C., 300 anni dopo Daniele, e quello dei Romani, i quali giunsero al potere nel II secolo a.C. Eppure, il libro di Daniele fu scritto nel VI secolo a.C. Come poteva sapere Daniele ciò che sarebbe successo 300 o 400 anni più tardi? Di conseguenza, gli storici hanno cercato di trovare qualsiasi prova che screditasse il libro di Daniele e pensarono di esserci riusciti, con il nome del re al potere al tempo di Daniele, Baldassarre. Ricordate che Daniele interpretò la scrittura sul muro alla festa di Baldassarre. Grazie alla sua interpretazione, Baldassarre si rivolse a Daniele e gli disse: “…e sarai il terzo nel governo del regno” (Daniele 5:16). È molto curioso: perché il terzo, e non il secondo, se Baldassarre era il primo? Alcuni storici credono che questo dimostri che il libro non fu scritto nel VI secolo a.C., perché Baldassarre non fu l’ultimo re. L’ultimo re dei Babilonesi fu Nabonide. Tutti i manufatti in mostra di questo periodo (nel salone 55) furono scritti da Nabonide. Lo storico Erodoto, scrivendo nel V secolo a.C., circa 100 anni dopo, comprova questo fatto, menzionando che l’ultimo re dei Babilonesi fu Nabonide. Quindi, egli fu al potere quando Ciro distrusse Babilonia. Perciò lo scrittore di Daniele non poteva essere vissuto nel VI secolo, perché altrimenti avrebbe conosciuto ciò che sapeva Erodoto. Secondo questa argomentazione, il libro fu probabilmente scritto nel II secolo a.C., al tempo dei Romani, ma usando il personaggio di Daniele del VI secolo. Sembrava che gli storici ci avessero messi con le spalle al muro, ma poi un cilindro fu scoperto nella Ziggurat di Ur. A. Questo cilindro contiene una preghiera scritta in cuneiforme da Nabonide per suo figlio, Baldassarre. Il nome di Baldassarre è scritto sul cilindro, quindi sappiamo subito che Baldassarre, figlio di Nabonide è storico, non fittizio. Tuttavia, secondo i manufatti, Nabonide fu l’ultimo re babilonese. Questo come combacia col testo biblico? La soluzione si trova su un’altra tavoletta, a una distanza di circa 5 metri: tavoletta 26 (foto a destra). B. Questa tavoletta dice che per gli ultimi 10 anni del suo regno, Nabonide si ritirò a Teman, in Arabia, e lasciò il compito di regnare a suo figlio. La tavoletta non menziona il nome del figlio, ma troviamo il suo nome sul cilindro della preghiera di Nabonide: lo stesso nome che troviamo nel libro di Daniele. Quindi, negli ultimi 10 anni della sua vita, Nabonide visse a Teman, mentre suo figlio governò. Furono dunque correggenti insieme. Perciò, quando Baldassarre si rivolge a Daniele (Daniele 5:16) e dice, “sarai il terzo nel governo del regno”, sappiamo che suo padre e lui furono il primo e il secondo. Come poteva sapere uno scrittore del II secolo qualcosa di così specifico? Come poteva sapere che Baldassarre governò in Babilonia, mentre Nabonide era giù in Arabia? Neanche Erodoto sapeva questo, scrivendo 100 anni dopo. Il motivo della sua ignoranza è molto chiaro: tutti i documenti a cui ebbe accesso furono scritti da Nabonide, il re superiore. Baldassarre fu soltanto il correggente e prima che egli facesse qualche grande impresa o diventasse il re superiore, Dario distrusse Babilonia e quindi non rimasero più prove dell’esistenza di Baldassarre. Ora le prove storiche implicano che lo scrittore del libro di Daniele fosse testimone oculare degli eventi descritti. Daniele, non Erodoto, fu un testimone oculare, quindi la Bibbia è ancora più accurata di Erodoto, il grande storico. Già questo fatto è un dilemma per gli storici. Da due piccoli manufatti, abbiamo le prove che il libro di Daniele fu scritto nel VI secolo a.C. e che è più accurato di qualsiasi altro brano di scrittura storica e, di conseguenza, non può esser stato scritto nel II secolo a.C. Che cosa significa tutto questo per il libro di Daniele? Se risale al VI secolo, include vere profezie! Per i cristiani, è molto interessante, perché il libro di Daniele è pieno di riferimenti al Figlio dell’Uomo, al Messia e li presenta come titoli divini. Daniele 7:13-14: “…uno simile a un figlio d’uomo...gli furono dati dominio, gloria e regno, perché le genti di ogni popolo, nazione e lingua lo servissero. Il suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo regno è un regno che non sarà distrutto”. Perciò quando gli Ebrei sentirono Gesù chiamarsi il “Figlio dell’Uomo”, seppero esattamente cosa intendeva dire, perché conoscevano il libro di Daniele e ci credevano. Capirono il significato del “Figlio dell’Uomo”. Solo una persona divina poteva attribuirsi questo nome. Solo Dio stesso poteva pretendere di avere dominio su ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Questi due manufatti, il cilindro e la tavoletta, convalidano le date e il contenuto del libro di Daniele. 20. Ittiti Prima abbiamo menzionato che, in generale, gli storici credono che la Bibbia sia composta da miti e leggende. Un esempio è il riferimento al popolo ittita in Genesi. Non c’era nessuna documentazione di questo popolo, quindi, secondo molti storici secolari, gli Ittiti non esistettero veramente. Guardando i manufatti sulle mura del salone 53 (foto a destra), vediamo che gli Ittiti esistettero davvero per più di mille anni in Anatolia, nel sud della Turchia moderna. 21. Il cilindro di Ciro Ciro il Grande fece distruggere Babilonia da Dario nel 539 a.C., eppure è curioso che, distrutta Babilonia, Ciro permise agli Israeliti di tornare per ricostruire la città di Gerusalemme e il tempio, secondo i libri di Esdra e di Neemia. Molti storici non si fidano di questo racconto, dicendo che nessun re distrugge un nemico e dopo permette allo stesso popolo di tornare a ricostruire la sua città e il suo tempio, perché così il nemico crea una base di potere dalla quale può attaccare il re. Non c’è nessun altro esempio di un tale evento nella storia, quindi non si fidavano del racconto biblico. Però, ora hanno trovato questo cilindro, scritto da Ciro, che corrisponde al racconto biblico. Anche se i manufatti non piacciono agli storici, essi devono accettarli e vedono che sostengono le storie bibliche dei profeti Esdra e Neemia. Ciro deve esser stato molto sicuro di sé per permettere agli israeliti di tornare e ricostruire il loro paese.

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22. Assuero (Serse) Noterete una tavoletta (foto a destra) scritta da Assuero, il re di Ester, dimostrando l’esistenza di questo re, che alimenta la fiducia nel libro di Ester. 23. Artaserse Sono esposti piatti e stoviglie (vedi foto sotto) dal tempio di Artaserse, figlio di Assuero, marito della regina Ester. Sono gli stessi piatti che furono nel palazzo dove abitò Ester, è possibile che lei abbia mangiato da questi piatti. Avendo guardato i periodi assiro, babilonese e persiano, e trovate delle prove storiche per le nostre Scritture, andiamo ora all’unica parte del museo che ha a che fare con la Gran Bretagna. Lì vedremo manufatti dei Romani cristiani primitivi del IV secolo d.C. circa. 24. “Kyro” Nel IV secolo d.C., i Romani governarono la Gran Bretagna. Molti di loro furono cristiani, essi introdussero simboli cristiani (il “Kyro” e il pesce Ichtus) dichiaranti la loro appartenenza religiosa. Una delle ville (a St. Hinton) ha un mosaico sul pavimento con l’immagine di Cristo più antica del mondo (foto all’estrema sinistra). Quest’immagine riporta il segno “Kyro” dietro la testa e le prime due lettere greche (XR) del nome di Cristo (vedi foto sotto). Vedremo molti segni con il “Kyro” sui manufatti romani nel salone 49, soprattutto sui piatti, alcuni hanno persino l’Alfa e l’Omega.

COMMENTI DI ALCUNI ARCHEOLOGI SULLA BIBBIA G.E. Wright afferma: “Probabilmente non troveremo mai prove conclusive dell’esistenza di Abramo... ma possiamo dimostrare che le descrizioni della sua vita e del suo periodo storico corrispondono perfettamente a ciò che sappiamo dell’inizio del secondo millennio, ma non corrispondono bene a nessun periodo ulteriore”. Secondo Sir Frederic Kenyon: “Le prove archeologiche ristabiliscono l’autorità dell’Antico Testamento e aumentano il suo valore, rendendolo più intelligibile, grazie a conoscenze più ampie del contesto”. William F. Albright (un rinomato archeologo) dice: “Lo scetticismo eccessivo nei confronti della Bibbia da parte di importanti scuole storiche del XVIII e XIX secolo, che risorge sporadicamente, è stato progressivamente screditato; scoperta dopo scoperta, si è convalidata l’accuratezza di innumerevoli dettagli e il valore della Bibbia, come fonte storica, è stato riconosciuto. Millar Burrows, di Yale, afferma: “In genere, gli scavi archeologici hanno indubbiamente aumentato la fiducia nell’attendibilità delle Scritture”. Joseph Free conferma che mentre sfogliava Genesi, ha notato che ognuno dei 50 capitoli è illuminato, o confermato, da scoperte archeologiche e che questo vale anche per quasi tutti i capitoli della Bibbia, sia dell’Antico Testamento sia del Nuovo Testamento. Nelson Glueck (archeologo e studioso riformato ebraico) ci dà probabilmente il sostegno più grande alla Bibbia quando dice: “Fin’ora nessuna scoperta archeologica ha mai contraddetto neanche un’affermazione biblica ben capita”. 25. Le monete musulmane Abbiamo visto molti manufatti che dimostrano l’attendibilità della Bibbia. Ora dobbiamo porre le stesse domande ai musulmani, cioè, quali prove storiche ha il Corano? Come possono dimostrare la storicità della redazione iniziale del Corano? I musulmani pretendono che il Corano sia stato scritto nella metà del VII secolo, compilato al tempo del califfo Othman, nel 650 a.D. circa, cioè circa 20 anni dopo la morte di Maometto. Secondo la tradizione, si fecero quattro copie del Corano originale che furono mandate nelle città di Bassora, Baghdad, Damasco e una venne lasciata a Medina. Dove sono queste copie? La pergamena che è durevole, fu usata per i manoscritti dal IV secolo in poi. Quindi, le copie dovrebbero esistere ancora. I musulmani dicono che esistono due manoscritti: il Topkapi, trovato a Istanbul (a destra) e il Samarcanda (trovato a Tashkent, Uzbekistan). A primo sguardo sembrano autentici. Come possiamo datare un documento e sapere se è autentico? Si deve paragonarlo con documenti della stessa epoca. Perché? Perché le scritture cambiano col tempo, per esempio, la “f” in inglese fu la “s” più di 100 anni fa. Un esperto vede subito che i manoscritti di Samarcanda e di Topkapi non usano la scrittura giusta. Se fossero scritti nel VII secolo, come pretendono i musulmani, sarebbero scritti nella scrittura Hijazi. Siccome non abbiamo manoscritti di quell’epoca, dobbiamo guardare le monete per capire l’evoluzione della scrittura araba. Come abbiamo detto prima, la formazione delle lettere cambia col tempo, e questi cambiamenti sono di solito uniformi, poiché i manoscritti erano scritti da scribi professionisti. Perciò la calligrafia seguì le convenzioni e le modifiche furono molto graduali (Vanderkam 1994, 16). Se potessimo esaminare la calligrafia di testi di cui sappiamo già le date, potremmo seguire lo sviluppo della scrittura, paragonandola con altri testi senza data, accertando il periodo storico a cui appartennero. Purtroppo,

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questo era molto difficile da svolgere fino a poco tempo fa, semplicemente perché non c’erano manoscritti che servissero al paleografo come modello dello sviluppo della scrittura araba. Fortunatamente questa difficoltà è stata parecchio alleggerita ora che abbiamo monete che risalgono alle prime dinastie musulmane e che usano molte iscrizioni coraniche. Esaminandole, vediamo chiaramente l’evoluzione della scrittura araba. Gli arabi della conquista non coniarono le loro proprie monete, quindi le prime monete della dinastia omayyada furono adattate dai prototipi bizantini e sasanidi (vedi moneta a destra, da Islamic Coins, da Michael L. Bates, Società Numismatica Americana, NY 1982, pp. 4-6). Furono usate dai califfi Mu’awiyah, 661-680 d.C., Yazid I, 680-683 d.C., Mu’awiyah II, 683684 d.C. e poi Marwan I, 684-685 d.C. Queste monete furono dunque usate costantemente dal tempo del califfo Othman (656 d.C.), per tutto il periodo sufyani e parte del periodo marwanide, all’inizio della dinastia omayyada fino al 705 d.C. (Bates 1982,5-7). Si vede che usarono ritratti imperiali prestati dall’era sasanide e bizantina, a volte aggiungendo iscrizioni brevi in arabo. Nel 692 d.C. si attribuisce al califfo di allora, Abd al Malik, la politica di “arabizzazione”, che eliminò le influenze bizantine cristiane, sostituendole con un’enfasi araba e mettendo diverse immagini sulle sue monete. È interessante notare che contengono immagini di personaggi, anche se noi pensavamo che non fosse permesso nell’islam primitivo. Queste monete primitive hanno il residuo di una croce su un piedistallo (anche se la trave non si vede più), echeggiando l’origine cristiana bizantina di queste monete. Questi esperimenti nell’iconografia musulmana durarono poco, perché l’islam vietò l’uso di oggetti o di immagini come mezzi di devozione. Perciò, il califfo Abd al Malik introdusse le prime monete totalmente islamiche: dinari d’oro nel 697 d.C. circa. Non ci sono icone o immagini su queste monete (vedi a destra e a sinistra). Sono permesse soltanto iscrizioni arabe, usando una scrittura pre-cufica (o mashq). Ciò che è più importante per la nostra discussione è il fatto che le maiuscole sono tutte dritte e vicine le une alle altre e quindi distinte dalla scrittura cufica più tarda. Le monete introdotte da Abd al Malik alla fine del VII secolo (durante il periodo marwanide) furono usate dai califfi Walid, dal 705 al 715 d.C., da Soleyman dal 715 al 717 d.C., da Omar II dal 717-720 d.C., da Hisham dal 720 al 743 e da Marwan II dal 744 al 750 d.C.; quindi tutti i califfi omayyadi, dal tempo di Abd al Malik in poi, usarono queste monete con la stessa scrittura pre-cufica. Dal periodo abbaside in poi vediamo un cambiamento nelle monete (vedi foto a sinistra e a destra). La capitale dell’islam fu trasferita a Baghdad e i califfi del posto cambiarono le monete per riflettere la loro identità. La scrittura che usarono è molto interessante per il nostro dibattito. Guardate le monete prodotte dal 745 d.C. in poi. I Dirham in queste immagini risalgono al 745 d.C. - 837 d.C., quindi dall’inizio del periodo abbaside in poi. Si nota subito la scrittura usata su queste monete: è la scrittura cufica ufficiale. È una scrittura allungata, cioè c’è una riga orizzontale fra le maiuscole (a destra). Troviamo questa scrittura nei manoscritti coranici di Topkapi e di Samarcanda. Se si paragona la scrittura del manoscritto di Topkapi con la moneta a destra, si vede che le scritture sono simili. Tutte e due usano lunghe righe orizzontali fra le lettere maiuscole, tipiche della scrittura cufica. Queste monete ci dimostrano che la scrittura cufica che troviamo nei manoscritti di Topkapi e di Samarcanda non fu probabilmente introdotta nella scrittura islamica fino al periodo abbaside, dopo il 750 d.C., poiché è solo allora che troviamo questa scrittura sulle monete. Perciò non è possibile che i documenti fossero scritti né compilati nella metà del VII secolo, perché la scrittura usata all’epoca era pre-cufica, come dimostrata sulle monete sopra. Ci sono altri problemi con i manoscritti: contengono medaglie (a sinistra). Le medaglie indicano ogni decimo versetto. I musulmani dicono che furono aggiunte più tardi e non furono nei manoscritti originali. Eppure c’è uno spazio per ogni medaglia, ciò significa che lo scrittore avrebbe lasciato spazi per permettere l’addizione di medaglie 100 anni dopo! Il fatto che sapevano dove mettere gli spazi vuol dire che sapevano dove finivano i versetti, ma la versificazione non fu canonizzata fino alla metà dell’VIII secolo, quindi i manoscritti devono esser stati scritti più tardi. Esaminando così la scrittura, le medaglie e anche il formato (usano tutti e due il formato orizzontale, copiato dai manoscritti siriani dell’VIII secolo d.C.) si deduce che questi manoscritti siano più recenti, magari anche dell’inizio del IX secolo. Sono molto più recenti di quanto i musulmani vorrebbero credere. Visto queste incongruità, dove sono gli originali? I musulmani non li trovano. Nel futuro si potrà parlare anche di un manoscritto ancora più antico, quello trovato a Sanaa nel 1975 (vedi foto a sinistra e sopra). Attualmente il Dr. Gerd Puin e il Dr. Von Bothmer fanno ricerche. Usando il criterio dell’identificazione scritturale, possiamo datare questo manoscritto all’inizio dell’VIII secolo, ma non corrisponde esattamente al Corano di oggi. Le ramificazioni delle loro scoperte non si sono ancora realizzate. Tutto questo ci porta all’argomento di analisi dei manoscritti, che dobbiamo fare alla British Library, dove ora andiamo.

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VISITA ALLA BRITISH LIBRARY Storicità dei manoscritti del Nuovo Testamento Per anni gli storici pensavano che i libri del Nuovo Testamento, soprattutto i Vangeli e il libro di Atti fossero pieni di errori, o che le storie sulla vita di Gesù e la chiesa primitiva fossero esagerate. Per rispondere a questa critica, è importante utilizzare gli stessi criteri che usavamo al British Museum, cioè investigare riferimenti a persone, luoghi ed eventi per verificare la loro autenticità storica. Per il Nuovo Testamento, il posto migliore per cercare materiale storico è il libro di Atti, poiché l’autore, Luca, fu medico, e si interessò personalmente alla storia, perciò incluse parecchi riferimenti a persone, luoghi ed eventi. La difficoltà di datare Un’accusa frequente riguarda come possiamo sapere quando furono scritti gli originali del Nuovo Testamento. Il libro di Atti ci sarà una guida nel datare. Per esempio, in Atti 18:12 si menziona il proconsole Gallione. Tuttavia, gli studiosi dicono che il gran storico del primo secolo, Plinio, non parlò mai di un proconsole chiamato Gallione, perché non ci furono proconsoli fino alla fine del primo secolo. Secondo loro, questo significa che il libro di Atti deve esser sbagliato, forse perché fu scritto dopo di Plinio, nel II secolo, descrivendo la chiesa emergente del primo secolo. Poi si è scoperta l’iscrizione di Delfi, che menziona Gallione come proconsole per un anno, nel 52 d.C.; questo non solo dimostra la veridicità del libro di Atti, ma la sua accuratezza fa pensare che l’autore deve esser stato un testimone oculare. Siccome Gesù fu crocifisso nel 33 d.C., possiamo datare il libro di Atti a 20 anni dopo la sua morte, non solo grazie all’iscrizione sopra menzionata, ma grazie ad altri eventi storici significativi non inclusi nel libro, che avrebbero enormemente influenzato la chiesa primitiva. Per esempio, si menziona il martirio di Stefano (Atti 7-8), ma non la morte di altri martiri, come Giacomo (62 d.C.), Paolo (64 d.C.) e Pietro (65 d.C.). La ribellione ebraica a Gerusalemme nel 66 d.C. e la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. neanche vengono menzionate. Il motivo: tutti questi eventi sono accaduti dopo la redazione del libro di Atti. Perciò, con queste prove interne, il libro di Atti può esser datato negli anni 52-62 d.C., mentre i tre Vangeli (Matteo, Marco e Luca), scritti prima degli Atti, sarebbero stati scritti 20-30 anni dopo la morte di Cristo sulla croce e il Vangelo di Giovanni risale all’80 d.C. circa. Quindi, possiamo accettare l’affermazione di Albright: “Possiamo dire categoricamente che non ci sono più buoni motivi per datare qualsiasi libro del Nuovo Testamento dopo l’anno 80 d.C. circa” (Albright RDBL, 136). Quest’affermazione è importante perché implica che questi libri furono scritti mentre i discepoli, quelli che avevano vissuto e viaggiato con Gesù durante il suo ministero triennale, erano ancora a Gerusalemme. Perciò loro potevano accettare o smentire i contenuti. Gli scrittori di alcuni documenti neotestamentari presumono questo avvaloramento interno, enfatizzando la veridicità di ciò che proclamano. Sfida interna del Nuovo Testamento: “Noi siamo testimoni di queste cose” (Atti 5:32) C’è una sfida interna nei testi neotestamentari. Gli scrittori stessi sfidano i lettori a cui scrivono a contestare ciò che affermano. Consideriamo le sfide sotto, indirizzate a tre tipi di persone. Ai cristiani: Luca 1:1-3

Giovanni 19:35 2 Pietro 1:16

1 Giovanni 1:3

Agli ebrei: Atti 2: 22

…è parso bene anche a me, dopo essermi accuratamente informato di ogni cosa dall’origine, di scrivertene per ordine… ...la sua testimonianza è vera; ed egli sa che dice il vero, affinché anche voi crediate. ...non perché siamo andati dietro a favole abilmente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà. ...quel che abbiamo visto e udito, noi lo annunziamo anche a voi.

...prodigi ...che Dio fece per mezzo di lui tra di voi, come voi stessi ben sapete.

Ad un amministratore romano (Festo) ed a un re ebreo (Erode): Atti 26:24-26 ...sono persuaso che nessuna di esse gli è nascosta; poiché esse non sono accadute in segreto. Per fare una valutazione completa dobbiamo considerare sia le prove interne sia esterne e le critiche specifiche alla Bibbia. Aggiunte e cancellazioni Secondo un’accusa popolare, il Nuovo Testamento è stato cambiato nei secoli. Per rispondere si deve chiedere “quando”,

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“dove” e “da chi”. Grazie a numerosi manoscritti neotestamentari (di cui parleremo più tardi), possiamo accertare non solo la loro attendibilità storica, ma anche quali aggiunte al testo biblico esistono. È tuttavia importante notare che le aggiunte (ce ne sono circa 40 generalmente conosciute oggi) furono incorporate nei manoscritti tardi e non nei primi manoscritti. Sono ben documentate nelle traduzioni moderne e considerate errori scribali, integrati nel testo nei secoli. Qui sotto è una lista delle aggiunte generalmente accettate: • Matteo 17:21, 18:11, 23:14 • Marco 16:9-20 (serpenti, veleno e risurrezione) • Giovanni 5:4 (angelo alla vasca di Betesda) • Giovanni 7:53-8:11 (donna adultera) • 1 Giovanni 5:7-8 (la formula trinitaria) Perché ci sono aggiunte? (Esempio dalla Bibbia in inglese) Nel 1611, il re James fece la prima traduzione della Bibbia in inglese. Gli unici manoscritti a sua disposizione erano dell’XI e del XII secolo. In questi ultimi manoscritti sono state inserite delle aggiunte. Oggi, invece, abbiamo a nostra disposizione frammenti che risalgono al I e II secolo, scritti della chiesa primitiva (dei primi secoli d.C.). I manoscritti completi della Bibbia cominciarono ad apparire dal III secolo. Ci sono aggiunte solo nei manoscritti tardivi ed è ben stipulato quali versetti non furono nel canone originale. Perciò non c’è nessun vero dubbio su ciò che dovrebbe esser incluso ed escluso nel Nuovo Testamento di oggi. Storicità dei manoscritti I primi manoscritti si accordano, ma non i più tardi. Quanti manoscritti ci sono e quanto sono autorevoli? Non avendo gli originali, possiamo fidarci di essi? Ricercatori cristiani hanno dovuto rispondere a queste domande nel passato e ora trovano risposte. Oggi possiamo consultare molti manoscritti diversi per stabilire la credibilità e l’attendibilità dei documenti neotestamentari. Ci sono più di 5.686 manoscritti greci conosciuti del Nuovo Testamento, anche se Strobel dice 5.664 (Strobel 1998,62-63). Per di più ci sono 10.000 copie della Vulgata (traduzione in latino) e 9.284 altre versione primitive tradotte in 13 lingue, un totale di quasi 25.000 manoscritti a nostra disposizione. Ma non tutti sono antichi: solo 230 manoscritti del Nuovo Testamento precedono il VI secolo (McDowell 1972,39-49;1999,38). Questo fatto turbò gli storici nel passato. Eppure, quando paragoniamo le date di scritti storici e filosofici (vedi tabella sotto) e accertiamo le date delle copie più antiche, troviamo intervalli di tempo molto più vasti che per i manoscritti del Nuovo Testamento. Nella tabella sotto noterete che la più antica copia di qualsiasi manoscritto secolare risale all’850 d.C., ben 750 anni dopo la composizione dell’originale. Inoltre, tutte le altre copie secolari risalgono al IX secolo. Per esempio, Plinio scrisse fra gli anni 61-113 d.C., ma il più antico manoscritto ancora esistente è datato nel 850 d.C. Si dubita dell’accuratezza o della credibilità di Plinio o di altri scrittori secolari? Assolutamente no! Ora guardiamo i documenti neotestamentari elencati sotto. Vedrete non solo che le prime copie dei libri neotestamentari precedono qualsiasi manoscritto secolare dello stesso periodo (cioè scritti originali del primo secolo, con frammenti di copie e manoscritti completi dal II secolo). Ci sono più di 200 copie del Nuovo Testamento che precedono la prima copia secolare esistente! Eppure gli storici sono ancora scettici sulla loro autenticità. Se documenti del IX secolo sono credibili, perché non i documenti del Nuovo Testamento che risalgono al primo secolo? AUTORE

DATA DI REDAZIONE

COPIA PIÙ ANTICA

Manoscritti secolari Erodoto (storico) 480-425 a.C. 900 d.C. Tucidide (storico) 460-400 a.C. 900 d.C. Platone (filosofo) 400 a.C. 900 d.C. Aristotele (filosofo) 384-322 a.C. 1100 d.C. Cesare (storico) 100-44 a.C. 900 d.C. Plinio (storico) 61-113 d.C. 850 d.C. Svetonio (storico romano) 70-140 d.C. 950 d.C. Tacito (storico greco) 100 d.C. 1100 d.C. Manoscritti biblici (tutti manoscritti individuali Papiro Magdalen I secolo 50-60 d.C. (Matteo 26) John Rylands (Giovanni) 90 d.C. 130 d.C. Papiro Bodmer II 90 d.C. 150-200 d.C. Papiri Chester Beatty (NT) I secolo 200 d.C. Diatessaron di Taziano I secolo 200 d.C. (Vangeli) Codice Vaticano (Bibbia) I secolo 325-350 d.C. Codice Sinaitico (Bibbia) I secolo 350 d.C.

INTERVALLO

COPIE

1300 anni 1300 anni 1300 anni 1400 anni 1000 anni 750 anni 800 anni 1000 anni

8 8 7 5 10 7 ? 20

coesistente? 40 anni 60-110 anni 150 anni 150 anni 275-300 anni 300 anni

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Testimoni ostili Critici scettici della Bibbia dicono, o implicano, che i documenti neotestamentari non siano attendibili perché furono scritti da discepoli di Gesù o da cristiani più tardi. Essi notano che non c’è nessuna conferma di Gesù o degli eventi nel Nuovo Testamento in fonti non cristiane. Però, se esaminiamo altri scritti (non dei discepoli o di credenti in Gesù) del I e II secolo, troviamo molti riferimenti ad eventi biblici. Anche se molti né sostengono né credono al messaggio della Bibbia, le loro descrizioni degli eventi aumentano la credibilità delle Scritture. Tacito (I secolo d.C.)

Tallo (52 d.C.)

Plinio (112 d.C.) Svetonio (117-138 d.C.)

Imperatore Traiano (112 d.C.?) Talmud (70-200 d.C.)

Luciano (II secolo)

Mara Bar Serapion (II secolo) Vangelo della Verità (II secolo)

Giustino Martire

“Nerone inflisse... torture ai cristiani. Cristo, da cui deriva il nome, soffrì nelle mani di Ponzio Pilato”. “Un buio molto spaventoso e le rocce furono mosse da un terremoto”. Descrivendo gli eventi della crocifissione. “Cantarono un inno a Cristo, come a un dio”. “Cacciò (l’imperatore) da Roma quei Giudei che, istigati da Cresto, provocavano disordini”. Atti 18:2 “Nega di essere cristiano... graziato”. Il tempo della crocifissione è confermato e anche l’intenzione dei capi religiosi Ebrei di uccidere Gesù. “I cristiani adorano un uomo... crocifisso… sono tutti fratelli... vivono secondo le sue leggi... odiano i beni materiali”. “Quali vantaggi ottennero i Giudei dal condannare a morte il loro saggio re? “Istruendoli sul Padre... è venuto per mezzo di apparenza carnale... la sua morte è vita per molti”. “I chiodi della croce furono fissati nelle mani e nei piedi... dopo la crocifissione tirarono a sorte”.

Traduzioni Il cristianesimo fu missionario sin dall’inizio (Matteo 28:19-20). Le Scritture furono subito tradotte nelle lingue conosciute all’epoca. Poco tempo dopo, furono tradotte in altre lingue, per esempio: copto (inizio del III e IV secolo), armeno (400 d.C.), gotico (IV secolo), georgiano (V secolo), etiope (VI secolo), nubiano (VI secolo), (McDowell 1972, 52). Il fatto che abbiamo così tante traduzioni del Nuovo Testamento indica la sua autenticità, perché se i discepoli o i credenti più tardi avessero voluto corrompere o contraffare i suoi contenuti, sarebbe stato quasi impossibile raccogliere tutte le traduzioni di altri paesi e cambiarle affinché ci fosse l’uniformità che troviamo ora nelle traduzioni. Lezionari Dal VI secolo si lessero passi dal Nuovo Testamento durante i culti. Oggi abbiamo 2.135 lezionari catalogati da questo periodo (McDowell 1972,52). Se ci fosse stata una contraffazione, si sarebbe dovuto, cambiare anche tutti i lezionari. Citazioni Ci sono, tuttavia, prove ancora più importanti dei manoscritti, dei testimoni ostili, delle traduzioni o dei lezionari, cioè le lettere dei padri della chiesa primitiva. Nelle loro lettere, citarono da tutti i 27 libri del Nuovo Testamento. Nel grafico sotto vedrete una lista di alcuni dei padri della chiesa primitiva e il numero di citazioni nei loro scritti. Molti studi si sono fatti su queste citazioni. In tutto, ci sono 86.489 citazioni, trovate da Leo Jaganay, ora nella British Library (Jaganay, ITCNT,48). Prima del IV secolo abbiamo 32.000 citazioni del Nuovo Testamento, cioè prima del Concilio di Nicea. Quando aggiungiamo il lavoro di Eusebio, il numero di citazioni del NT sale a 36.289, (Geisler GIB, 353,345). Se raccogliamo le 36.289 citazioni dei padri della chiesa primitiva, fra il II ed il IV secolo, e le mettiamo in ordine cronologico, possiamo ricostruire tutto il Nuovo Testamento, tranne 11 versetti (Geisler 1999,532). Questo è straordinario, perché, come dice Geisler: “Le citazioni sono così numerose e diffuse che, se non esistessero più manoscritti, si potrebbe riprodurre il Nuovo Testamento solo dagli scritti dei padri della chiesa”, (Geisler, GIB, 430). Siccome possiamo rintracciare le citazioni bibliche esatte negli scritti dei padri anche dal 90 d.C. al 160 d.C. (Bruce, 1996,18), coloro che ritengono che la Bibbia sia stata corrotta devono trovare documentazione per questa corruzione prima di queste date. Questo è un argomento solido contro la corruzione, poiché mette il testo biblico in una fonte extra-biblica, coesistente con i testimoni oculari di quegli eventi.

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Perciò non abbiamo veramente bisogno né dei 25.000 manoscritti, né dei testimoni ostili, né delle 15.000 traduzioni, né dei 2.135 lezionari; possiamo semplicemente prendere le citazioni dei padri della chiesa primitiva e riprodurre tutti i 27 libri del Nuovo Testamento, tranne 11 versetti! Nessun brano di letteratura, secolare o religiosa, può fare una tale affermazione. Citazioni neotestamentari dei padri della chiesa Scrittore

Vangeli

Atti 10

Epistole paoline 43

Epistole generali 6

Giustino Martire Ireneo Clemente (Ales.) Origene Tertulliano Ippolito Eusebio Totale

268

Apocalisse

Totale 330

23 207

3 (266 allusioni) 65 11

1038 1107

194 44

499 1127

1819 2406

9231 382 734 3258 19.368

349 502 42 211 1.352

7778 2609 387 1592 14.035

399 120 27 88 870

165 205 188 27 664

17992 7258 1378 5176 36.289

Citazioni di padri della chiesa primitiva, riguardo alle prove per manoscritti del Nuovo Testamento Padre Clemente di Roma

Date 95 d.C.

Tertulliano Ireneo

160-215 d.C.

Ignazio

70-110 d.C.

Policarpo

70-156 d.C.

Barnaba Erma Giustino Martire Taziano Ireneo Clemente di Alessandria Tertulliano

70 d.C. 95 d.C. 133 d.C. 170 d.C. 170 d.C. 150-212 d.C. 160-220 d.C.

Ippolito Origene

170-235 d.C. 185-253 d.C.

Cipriano

258 d.C.

Eusebio

260-340 d.C.

Commento Chiamato discepolo degli apostoli da Origene “Clemente fu nominato da Pietro” “La predicazione degli apostoli echeggiava ancora nelle orecchie e aveva la loro dottrina davanti agli occhi” Vescovo di Antiochia, conosceva bene gli apostoli Vescovo di Smirne, martirizzato a 86 anni, discepolo dell’apostolo Giovanni

Combatteva l’eretico Marcione

Citava tutti libri del NT, tranne 3 Chiesa di Cartagine, cita il NT 7.000 volte, di cui 3.800 citazioni vengono dai Vangeli Aveva più di 1.300 riferimenti Elencava più di 18.000 citazioni del Nuovo Testamento (Geisler, GIB, 353) Vescovo di Cartagine. Usava circa 740 citazioni dell’AT e 1.030 del NT Vescovo di Cesarea, citava il NT più di 4.000 volte

Possiamo aggiungere Agostino, Amabius, Lattanzio, Crisostomo, Gerolamo, Gaio Romano, Atanasio, Ambrogio di Milano, Cirillo di Alessandria, Efrem il Siro, Ilario di Poitiers, Gregorio di Nissa....

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