Creativity fair 3 web

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LAST ISSUE | DECEMBER 2013 | BERGAMO

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editoriale

E così eccoci alla fine dell'avventura. Quello che vi apprestate a leggere è il terzo e ultimo numero di Creativity Fair: un percorso abbastanza breve ma intenso, che ci ha portato a conoscere più a fondo il mondo culturale bergamasco. Questa volta vi raccontiamo i risultati del progetto “Sentieri creativi” (pag. 1), che ha portato in alta quota – e poi di nuovo giù, allo Spazio Polaresco – dieci opere di giovani artisti lombardi, per far dialogare l'arte con l'ambiente montano e mostrare esiti inaspettati che simili incontri possono produrre. Diamo spazio alle storie di due dei tre vincitori del bando

“Formare

all'eccellenza”

(pag. 5, quella di Shilpa Bertuletti ve l'abbiamo già raccontata nel primo numero): due giovani in giro per il mondo, uno con il suo violino, l'altra con tante suggestioni di arte contemporanea, per rincorrere il pro-

prio sogno. A sei anni di distanza dalla nascita della maratona teatrale “Per amore o per forza”, abbiamo voluto fare un bilancio, raccontandovi anche l'avventura di Margherita Tassi, che oggi lavora in Senegal nel mondo teatrale e non rimpiange la scelta di lasciare la sua città per l'Africa (pag. 14). Avendo poi a Bergamo il rettore più giovane d'Italia – presidente anche, da pochi mesi, della Conferenza dei rettori – abbiamo voluto intervistarlo per conoscere cosa pensa di “baroni” e scarsa presenza di giovani docenti, ma anche di precariato dei ricercatori e di disoccupazione dei neolaureati (pag. 18). Nelle quattro pagine centrali abbiamo voluto raccogliere le immagini più belle scattate da Lorenzo Gaspari durante gli eventi di questi mesi, mentre l'ultimo pezzo (pag. 20) racconta la Bergamo nascosta, ma vivace, che crea cultura: cercatela, e sicuramente ci rincontreremo.

LA REDAZIONE


redazione VERONICA ULIVIERI *CAPOREDATTRICE 28 anni, giornalista professionista da due. Scrivo di giovani, ambiente, società, start up. Adoro la letteratura americana e camminare.

erica balduzzi *giornalista Classe '87, innamorata di Bergamo. Tra i miei sogni c'è quello di diventare giornalista/scrittrice e di visitare almeno una volta l'America Latina (ma va bene anche qualunque altro posto).

RAFFAELE AVAGLIANO *giornalista Bergamasco di seconda generazione, col cuore campano e la mentalità tipicamente orobica. Amo ascoltare e raccontare storie. Sono uno di quei ciclisti che hai clacsonato in auto.

Lorenzo Gaspari *fotografo 26 anni e una laurea triennale in Scienze Storiche. Sono il fotografo della redazione di Creativity Fair.

Simone Saponieri *videomaker Classe 1989, laurea in DAMS Cinema a Roma Tre. Continuo il mio percorso di formazione frequentando il corso di Ripresa & Fotografia alla Scuola Civica di Cinema di Milano.

FRANCESCA RUMI *GRAFICA Mi piacciono le griglie di impaginazione ma non le seguo molto, gli insetti, la carta e i falafel di Berlino.


pag 1

Sentieri creativi pag 5

Formare all'eccellenza

SOMMARIO

Alberto Cammarota pag 8

Best OF Bg-Loc pag 12

Formare all’eccellenza Emma Panza pag 14

Per amore o per forza & intervista a Margherita Tassi pag 18

Rettore dell'UniversitĂ di Bergamo intervista al

Stefano Paleari pag 20

Altri mondi :

Bergamo nascosta


Sentieri Creativi

forme d'arte fluide, umili e misteriose sui sentieri delle Orobie di

Veronica Ulivieri

Cammini, installazioni, opere che si trasformano nello spazio e nel tempo. La montagna che accoglie gli escursionisti, ispira riflessioni, custodisce ricordi. Dopo tre mesi in alta quota, le opere della terza edizione di Sentieri Creativi sono “tornate a valle”, per essere esposte nella mostra collettiva allo Spazio Polaresco che si è chiusa il 10 novembre. «Quest'anno abbiamo selezionato meno opere, per puntare di più sulla qualità», sintetizza la curatrice Clara Luiselli facendo un bilancio dell'iniziativa. In tutto le opere scelte sono state dieci, per un totale di 14 giovani artisti lombardi che hanno progettato, realizzato e installato in alta quota lanterne magiche, sfere luminose, teche piene di elementi naturali, sfere con sassi colorati. E ancora, strutture tetragonali galleggianti, webcam, una gerla con registratore di suoni e persino una giacca ricoperta di corteccia, per dare una corazza vivente a un ricordo impor-

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tante. In molti casi, le opere arrivate in vetta e poi raccolte al Polaresco parlano del modo in cui percepiamo un ambiente o un paesaggio e lo facciamo diventare nostro: con la vista, l'udito, il tatto, i piedi che percorrono i sentieri, ma anche con la conoscenza dell'ambiente montano. Nelle pitture de “L'Alfabeto della Biodiversità Orobica” (rifugio Rino Olmo), per esempio, Barbora Bobovcakova ha trasformato gli animali in un vero e proprio codice di comunicazione, abbinando alle 26 lettere dell'alfabeto altrettante specie delle Alpi Orobie. In altri casi, Sentieri Creativi ha offerto l'occasione per riflettere sulla montagna come mondo magico e onirico. Vedi le suggestioni create dalle sfere luminose sospese sul lago Rotondo (rifugio Fratelli Calvi) dell'opera “Pescatori di Luce” di Michela Benaglia. O, restando sempre nell'ambito della relazione tra luce e buio, le lanterne magiche di “Cantastorie” di Chiara Cavalleri, installate in un bosco al rifugio Alpe Corte e dedicate a un tempo in cui non esistevano internet e l'illuminazione elettrica. La montagna è anche un luogo da cui sono passate e passano molte vite umane: un posto dunque anche di memorie da custodire, che l'arte può contribuire a fissare.

ins t alla z i o ne B egna S e r r an o Così ha fatto Laura Crevena in “Abbraccio Impossibile” (rifugio Baroni al Brunone), ricoprendo di corteccia una giacca del padre scomparso: una pelle

sublimata che mantiene vivo il ricordo. In “Sotto alt(r)a quota”, Marco Ronzoni e Damiano Fustinoni (rifugio Albani) hanno voluto invece riflettere sul patri-

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monio storico rappresentato dalle miniere della Presolana: all'imbocco delle gallerie, durante i mesi d'esposizione, hanno via via installato nove opere di altrettanti artisti locali che reinterpretavano, ognuno a suo modo, il paesaggio inquadrato da una webcam posta sulla soglia della miniera. Opere create da artisti molto diversi, ma che hanno in comune il tentativo di un confronto con uno spazio inusuale per esporre opere d'arte. Uno spazio che è distanza ed

estensione. Mauro Manzoni e Riccardo Garolla, per esempio, con il progetto “Le voci dei giganti” hanno percorso e filmato la loro faticosa salita fino al lago Coca con l'opera in spalla (una gerla rivestita internamento da un foglio di metallo) e poi registrato per mesi il rumore prodotto dal vento passando al suo interno. Come loro, molti artisti hanno visto la loro creazione quasi scomparire, fagocitata dall'ampiezza dello spazio aperto delle montagne.

( P A RT I C O L A R E ) L A V ORO D I V I O L A A C C I A R E TT I E' il caso di Carla Serrano e Francesco Begna, che con la loro struttura piramidale de “Il Lontano” installata tra la diga del lago Marcio e il rifugio Laghi Gemelli (e purtroppo scomparsa, forse tagliata per essere bruciata), hanno voluto offrire un'esperienza di meditazione e “fusione” con l'immensità della natura stessa. «Molti artisti si sono resi conto di quanto siamo piccoli di fronte all'ambiente

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naturale. E s p e r i e n z e come queste ci riportano ad un profondo senso di umiltà», spiega Clara Luiselli. E portano anche i giovani artisti a interrogarsi sul senso della propria attività: «Esporre all'aperto in montagna non è la stessa cosa che farlo in un museo». L'opera dialoga con il paesaggio, e a sua volta lo modifica. Nel caso di “Orografia Variabile”, per esempio, Alessandro Perini ha installato una serie di tetragoni in legno galleggianti sul lago Branchino: una sorta di nuovo skyline in grado di interagire con l'ambiente circostante facendo da cornice e trasformando le vette in oggetti mobili e variabili, proprio come spesso s o p r a v v i v o n o anche nei nostri ricordi. Molte opere, continua la curatrice, sono state «immaginate come strutture fluide in grado di accogliere le suggestioni di luoghi che le hanno ospitate». Alcune, poi, «sono state in grado di trasformarsi in seguito al passaggio di altri artisti o escursionisti». Così con “Appropriazioni” Viola Acciaretti ha installato lungo il sentiero del torrente Acqualina (rifugio Alpe Corte) 18 teche con dentro elementi naturali raccolti durante varie passeggiate e invitato le persone che percorrevano il sentiero a riflettere sul paesaggio, compiendo anche loro un'appropriazione. In “Pigmenti”, Maddalena Bianchetti e Paolo Corti hanno installato diversi contenitori di sassi colorati sul Sentiero delle Orobie orientali: ogni viaggiatore ha potuto portare con sé una piccola pietra da un posto all'altro, condividendo così in qualche modo il suo percorso. Un'arte da completare più che da contemplare, ognuno con la propria sensibilità. In evoluzione come il paesaggio di alta quota.

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ALBERTO C A MM A R O TA «Suono il violino per migliorare il mondo» di

Erica Balduzzi

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Quando era piccolo, un cartone animato gli ha trasmesso l’idea che la musica potesse rendere migliore il mondo. Crescendo, Alberto Cammarota non ha mai smesso di crederci e ora, violino in spalla e archetto alla mano, è

uno dei giovani vincitori del bando “Formare all’eccellenza” promosso dal Comune di Bergamo nell’ambito

di Bg-Loc per premiare le eccellenze artistiche della provincia.

Prima di essere una storia di studio e formazione, la sua è soprattutto un-avventura d’amore, iniziata quando ancora era nel pancione di sua mamma. «I miei genitori non sono musicisti – spiega Alberto, classe ‘88 – ma mio padre, con grande anticipo rispetto ai tempi, riteneva che far ascoltare la musica classica ai bambini ne sviluppasse la creatività: infatti ci sono foto di mia mamma con il pancione vicino alle casse dello stereo e in casa mia la musica non è mai mancata. Qualsiasi cosa facessi, ero sempre accompagnato dalla musica: la terza parola che ho imparato da piccolo è stata Bach!».

Il passo verso uno strumento musicale è stato breve, anzi, immediato: Alberto ha infatti iniziato a suonare il violino quando aveva tre anni e mezzo e, grazie al metodo Suzuki per l’avvicinamento dei bambini alla musica, ha imparato a leggere le note prima ancora che le lettere dell’alfabeto. Da quel momento, la sua formazione musicale non si è mai arrestata: passando di scuola in scuola, di maestro in maestro e di concerto in concerto, non si è mai separato dal suo violino e la vittoria al bando “Formare all’eccellenza” è stata il coronamento di una fortissima volontà di formazione. «Ho trovato il bando per caso e così ho deciso di provare, perché era proprio ciò di cui avevo bisogno. Per diventare concertista infatti non esiste una scuola apposita: si tratta al contrario di tracciare un proprio percorso autonomo, inseguire i maestri e cercando masterclass e corsi adatti». Nel caso dell'iniziativa del Comune di Bergamo, invece, toccava ai giovani candidati presentare un progetto che rispondesse alle proprie esigenze formative e che comprendesse anche un periodo di attività all’estero:

Alberto ha così scelto di proseguire gli studi tra Svizzera e Austria a fianco del suo maestro Pavel Vernikov, per fare quel salto di qualità di cui necessitava per diventare un concertista. Un obiettivo, il suo, che lui stesso definisce «ambizioso, anche perché in ambiente musicale non sempre vige la meritocrazia», ma al quale non è disposto a rinunciare tanto facilmente. «In ogni caso, mi sto anche laureando in culture moderne comparate presso l’Università degli Studi di Bergamo e nella vita non escludo niente. Meglio tenersi aperte più porte possibili».

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Guardando tuttavia al suo percorso musicale, non si può certo dire che gli manchino i presupposti per riuscire: appena sedicenne si è diplomato al Conservatorio “L. Marenzio” di Brescia ed ha proseguito la sua formazione musicale con i maestri Domenico Nordio, Massimo Marin, Felice Cusano, Dora Schwartsber, Zakhar Bron e infine, dal 2011, con Pavel Vernikov. Nel panorama musicale italiano e internazionale è conosciuto per le collaborazioni prestigiose e per i premi ottenuti nell’ambito di diversi concorsi per giovani musicisti (nel settembre 2012 è stato l’unico violinista italiano ad essere selezionato per le “European YCA Auditions” di Leipzig, per esempio), mentre a Bergamo si è esibito per due anni consecutivi in occasione della Cerimonia ufficiale di inaugurazione dell’anno Accademico dell’Università degli Studi di Bergamo.

- La musica fa da tramite tra me e il mondo

spiega Alberto, quando gli chiediamo cosa significhi per lui suonare

è il mio metodo di comunicazione privilegiato. E inoltre mi piace l’idea di una musica che possa migliorare il mondo…forse è questo il motivo per cui ho scelto di suonare proprio il violino Sarebbe a dire? «Quando ero piccolo, adoravo un cartone animato nel quale un violinista, con la sua musica, faceva sbocciare i fiori, rendeva allegre le persone e trasformava i campi in qualcosa di bello. Non so è davvero per questo motivo che ho scelto il violino, ma mi piace pensare che sia così».

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Best from BGLOC

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B e s t o f B G LO C


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Emma Panza

«Giro il mondo per imparare l'arte della curatela» di

Raffaele Avagliano

Dovete immaginarla come la portabandiera italiana ad una competizione internazionale. O come un'ambasciatrice del Belpaese nel mondo. Del resto non si arriva in uno dei centri per le arti performative più importanti del globo per caso o per fortuna. E la sua storia comincia proprio da Bergamo. Lei è Emma Panza, 28 anni, bergamasca, una delle tre vincitrici delle borse di studio “Formare all'eccellenza” del progetto Bg-Loc del Comune di Bergamo. Da qualche mese, la giovane artista vive in Olanda. Per la precisione ad Amsterdam, dove frequenta il corso in curatela a «de Appel». Selezionata da dieci curatori

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di fama internazionale per partecipare, insieme a solo altre cinque persone, al corso. Un percorso di alta formazione che ha eguali solo in pochi altri istituti nel mondo, a Londra e New York. «Non si tratta di un corso professionalizzante, non si diventa automaticamente curatori – spiega Emma – La curatela non si può insegnare e questo è proprio un argomento dibattuto nel nostro ambiente. I n que st i 1 0 mesi, con le mie cinque colleghe (tutte donne: una argentina, una palestinese, una polacca, una slovacca e un'irlandese), andrò in giro per il mondo per seguire workshop, vedere musei, incontrare artisti e curatori e insieme lavorare ad un “case study”». Nei primi tre mesi d'esperienza, infatti, è già stata a Mosca, Istanbul, Oslo, Bergen e in numerose città del Belgio e dell'Olanda, immergendosi nell'arte contemporanea a 360 gradi. Prossima tappa: la biennale di Giacarta, in Indonesia. «Non facciamo delle lezioni, piuttosto degli “studio visit” e incontri, mentre l'elaborato finale non sappiamo ancora cosa diventerà: una mostra, un libro, o altro ancora». Tutto però parte da Bergamo. Laureata in storia dell'arte alla Ca' Foscari di Venezia, con un master sull'arte negli spazi pubblici a Milano e un corso di cinque mesi al “Casco” di Utrecht (Olanda), Emma ha mosso i primi passi nell'arte contemporanea nel collettivo bergama-

sco Temporary Black Space. «Ora si è evoluto in un duo, TBS, che ha intenzione di tornare e proporre progettualità mirate per il territorio bergamasco, portando il nostro know-how e non rimanendo per forza in linea con le tendenze contemporanee», spiega Emma che tuttavia non si definisce un'artista, ma piuttosto «un ibrido tra il ricercatore, il curatore e l'artista». Dal prossimo gen-

naio sarà impegnata nel “case study” e queste esperienze all'estero hanno rimesso in discussione tutte le pratiche finora adottate. Ma un sogno rivolto al punto di partenza ce l'ha. «Non so se tornerò a Bergamo, ma mi piacerebbe. Sicuramente terrò la relazione con la mia città, anche se non per forza sarà una presenza fissa. Mi piacerebbe molto fare qualcosa a Bergamo, risvegliarNe le potenzialità che ci sono».

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Per Amore o per Forza: cinque edizioni di teatro-laboratorio di

Erica Balduzzi

Portare alla luce l’energia, la vitalità e l’originalità del teatro bergamasco e lombardo, ma soprattutto creare uno spazio di scambio e un’autentica cultura del teatro: prima di essere una maratona teatrale, “Per amore o per forza” è innanzitutto un sogno. Un sogno riuscito, almeno stando al successo riscosso nel corso degli anni: nata nel 2008 dalla collaborazione tra il Comune di Bergamo e il TTB – Teatro Tascabile di Bergamo, l’iniziativa è poi cresciuta grazie alla partecipazione di Teatro Prova e Teatro Caverna e al contributo di Fondazione Cariplo e Coop Lombardia, che le hanno permesso di diventare un punto di riferimento per il mondo del teatro bergamasco. Attività pedagogiche, seminari, laboratori, viaggi all’estero per le compagnie: “Per amore o per forza” è diventato una vero e proprio progetto di formazione teatrale, specialmente in questi ultimi due anni. «La forza del progetto nel saper offrire un spazio di lavoro e non solo di visibilità», spiega Alessandro Rigoletti del Teatro Tascabile. «Non è un festival che si esaurisce in un unico evento, ma un contesto in cui i giovani

si confrontano con la consapevolezza che per fare teatro ci vogliono tempo, riflessione, impegno e passione». L’obiettivo dell'iniziativa negli ultimi due anni non è stato quindi esclusivamente quello di raccogliere un vasto pubblico o di riempire una sala, quanto piuttosto di diventare un punto di aggregazione valido per costruire una cultura alternativa a quella offerta dai mass media, un teatro-laboratorio in cui confrontarsi e crescere anche professionalmente. «C’è anche il fatto di entrare in contatto con quelle realtà teatrali che sono “amatoriali” nell’accezione più alta del termine, cioè cariche di quella scintilla di amore per il teatro che tutti i professionisti dovrebbero avere». Ma non è tutto. Il progetto dà anche la «possibilità di cambiare il percorso della vita delle persone con un’attività culturale»: in questi due anni sono stati assegnati ad alcune compagnie anche viaggi di formazione all’estero. Come è capitato a Margherita Tassi, educatrice ventinovenne di Calusco d’Adda che, grazie allo spettacolo presentato all’edizione 2012 di PAOPF, si trova ora in Senegal.

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da Bergamo al Senegal, sulla via del teatro

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Da Calusco d'Adda al Senegal. Margherita Tassi, educatrice, 29 anni, è sbarcata in Africa grazie a PAOPF. Qui collabora con gruppi e associazioni teatrali locali attivi nella promozione di attività ludiche, festival e iniziative pedagogiche e di spettacolo a livello rurale, urbano, nazionale e internazionale.

Margherita, da Bergamo al Senegal è un bel passo: da dove è nata questa esperienza?

E' grazie a "Buonanotte, Orso Bianco” – lo spettacolo che ho proposto all’edizione 2012 della maratona teatrale, realizzato con la Cooperativa Sociale Il Segno - che lo scorso gennaio mi è stato assegnato un viaggio di formazione a Diol Kadd, in Senegal, nel cortile-studio di Takku Ligey Théâtre, del direttore artistico Mandiaye Ndiaye. In questa esperienza abbiamo fatto uno scambio culturale con la troupe Sant Yalla, di Yeumbeul, un quartiere della banlieue di Dakar. È stata un’esperien-

za generatrice di vita, da cui sono nati forti legami umani e professionali.

E da lì? Ho iniziato a lavorare con Takku Ligey Théâtre all’organizzazione di una tournée per il 2014, mentre a giugno 2013 sono scesa per collaborare alla prima edizione di FESTEJ, il Festival de théâtre pour l’enfance et la promotion de jeunes talents africains. Ora sono tornata in Senegal grazie alla borsa di studio Euromondo dell’Università e del Comune di Bergamo e lavoro al fianco di Mandiaye Ndiaye e della troupe

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Sant Yalla: mi occupo di scrittura progetti, opero su quelli già esistenti, ho iniziato le prove con la troupe e a breve inizieremo la produzione di una nuova opera di cui sarò assistente. Inoltre partecipo all’ARCOTS Pikine, l'associazione nazionale degli artisti senegalesi del dipartimento della città di Pikine). Come ti trovi in Senegal? Qui c’è chi crede nella potenza del teatro e nella sua forza propulsiva e generatrice e l’arte è motivo di riscatto, crescita, sviluppo e dialogo tra esseri umani. Qui mi sento di appartenere ad

un luogo, cosa che a Bergamo non era mai successa. Come dice Mandiaye Ndiaye, alla fine "la forza più grande è quella delle idee" e qui lo sento con molta forza. Tornando per un attimo a PAOPF, che ne pensi dell’iniziativa? La conosco fin dalla prima edizione e credo sia un ottimo contesto per incentivare i giovani artisti. È una rassegna pensata e organizzata da persone che stimo profondamente e credo che la forza stia qui, in questo metissage di cervelli, visioni, immagini, vite: un bell’esempio per i giovani di Bergamo.

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FOCUS ON

Stefano Paleari «Valorizzare i giovani al di là del giovanilismo» di

Veronica Ulivieri

L'università è nata per formare i giovani, ma non sempre poi riesce a valorizzarli e a far loro spazio. La stessa ministra dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza poche settimane fa ha espresso chiaramente la propria posizione, dichiarando che «chi vuole rimanere in ruolo oltre i 70 anni offende la propria università e offende i giovani». Ma come la pensa Stefano Paleari, a capo dell'università di Bergamo dal 2009 e della Conferenza dei rettori da alcuni mesi, oltre che rettore più giovane d'Italia? L'età media dei docenti universitari italiani è, secondo gli ultimi dati aggiornati al 2010, 63 anni e spesso leggiamo che sono tra i più vecchi d'Europa. Secondo lei c'è bisogno di più persone giovani nel mondo accademico? In generale, penso ci sia bisogno di persone giovani sempre, e non solo nel mondo accademico: serve un sistema che valorizzi i giovani con logiche di merito. In Italia c’è stato un invecchiamento del corpo docente: negli ultimi quattro anni il personale si è ridotto a causa del blocco delle assunzioni, con la conseguenza che si è alzata l’età media dei professori.

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Lei è il rettore più giovane d'Italia e da poco anche presidente della Crui. Quando è stato eletto a queste cariche, c'è stato anche chi ha detto che era troppo giovane? Sì, ma bastava non ascoltare. In realtà, però, più che critiche ho colto un atteggiamento di curiosità: ci si chiedeva se a fronte della giovane età sarei stato in grado di prendere decisioni importanti e governare un sistema complesso come quello universitario. Ho colto anche un atteggiamento positivo e di incoraggiamento. Negli ultimi tempi, poi, sono stati eletti altri rettori giovani e il mio non è più un caso isolato. Come potrebbe cambiare l'università se fosse governata da persone più giovani? Penso che essere giovani non sia in realtà una condizione sufficiente: oltre che giovani, bisogna essere preparati, avere tanta umiltà e spirito di sacrificio, non smettere mai di imparare. A volte poi la gioventù non si misura dall’età anagrafica, ma da quello che hai dentro. Penso quindi che occorra valorizzare i giovani al di là del giovanilismo. Detto questo, essere giovani permette di avere la forza per vincere anche le sfide più difficili e per progettare il mondo in cui vivremo nel futuro. Chi ha un’età più avanzata è meno propenso a progettare un mondo che è certo di non vedere. Spesso si parla dei “baroni” all'interno dell'università. Come si pone di fronte a questo tema? Per come è usato il termine “barone”, anch’io rientrerei teoricamente in que-

sta categoria. Non ho ancora capito però quali siano i miei privilegi, se non quello di poter scegliere i temi su cui fare ricerca. Da rettore non vedo alcun privilegio pecuniario o di potere. La mia vita è di gran lunga peggiore di quella di un manager di una media azienda. Forse continuiamo a usare vecchi stereotipi per situazioni che nelle università italiane non sono più così diffuse. Da presidente della Conferenza dei rettori come sta affrontando i temi della presenza di giovani ricercatori e docenti nelle università, del precariato in ambito universitario e della disoccupazione di molti neolaureati? Quando sono diventato presidente della Conferenza dei rettori, ho subito scritto una lettera al premier e al ministro dell’Università sottolineando che i problemi principali del mondo accademico erano i giovani e il merito. L’Italia è passata dalla crisi finanziaria a quella economica, e poi a quella occupazionale che adesso sta diventando una crisi migratoria riguardante soprattutto i giovani, in un circolo vizioso che porta all’impoverimento del Paese. Visto che il premier e il ministro dell’Università sono relativamente giovani, spero che su questi temi arrivino risposte precise. Rispetto al precariato nel mondo accademico, esso può essere riportato a un livello fisiologico facendo ripartire il turn over. Per quanto riguarda i problemi dell’occupazione, bisogna dire che per i laureati è comunque più facile trovare lavoro rispetto ai non laureati. Serve un’innovazione dei corsi di studio per adattarli alle richieste del mondo del lavoro, presenti ma anche future.

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Bergamo nascosta la città sotterranea da scoprire

di

Raffaele Avagliano

«Non è una città per giovani». «Non offre granché sul piano culturale». O ancora «Non c'è mai nulla d'interessante». È la solita tiritera che spesso sentiamo dire su Bergamo (e provincia), soprattutto dai giovani. Ebbene, non è così! Lungi da voler cadere nella retorica dei media locali che tutto ciò che si fa a Bergamo è sempre l'eccellenza in Italia e nel mondo, ci permettiamo di dissentire da questo luogo comune. Già, perché l'idea che a Bergamo «non c'è nulla» è troppo spesso tristemente radicata tra i giovani. Eppure, proprio l'esperienza di Creativity Fair ci ha fatto capire quanto sia uno stereotipo privo di fondamento. Se rapportiamo Bergamo e la sua provincia a realtà simili per numero di abitanti, ci rendiamo conto che non è affatto una città morta sul fronte della cultura e della creatività giovanile. Pensateci bene e provate a scorrere nella vostra mente tutte le iniziative culturali organizzate o rivolte ai giovani nella nostra città e provincia. Non date un giudizio affrettato, ma cominciate ad elencarle tutte, scoprirete che ve ne manca sempre qualcuna. Per questo motivo anche noi evitiamo di commettere la gaffe di dimenticarcene alcune e ci limitiamo a fare qualche esempio.

Musica Sì, è vero che i grandi eventi e le star internazionali come Elton John (1 settembre 2005) e Bob Dylan (16 giugno 2008) non passano più di qua, ma proprio dai giovani bergamaschi arrivano le proposte più interessanti. Nel panorama indie ci sono band giovanili di qualità che spaziano dal rock al reggae, dal blues al cantautorato, dal rap all'elettronica. Sono giovani e poco famosi, ma non per questo non fanno dell'ottima musica. Di festival d'estate se ne contano a bizzeffe, praticamente in ogni paese. Almeno una decina di questi hanno una programmazione musicale di tutto rispetto, talvolta con ospiti stranieri.

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Teatro Le compagnie teatrali a Bergamo e provincia sono numerosissime. E le rassegne pure. Anche in questo ambito ce n'è per tutti i gusti. Non stiamo parlando semplicemente del Donizetti, ma di tutte quelle realtà più o meno piccole che producono spettacoli e festival pregevoli che riempiono (provare per credere) i teatri di città e provincia. Non dimentichiamoci inoltre i vari busker festival, alcuni dei quali giunti a fama nazionale.

Cinema Anche a Bergamo si può fare cinema. Innanzitutto non mancano le rassegne tematiche o di cinema d'essai, ma soprattutto esistono consolidati festival cinematografici. In provincia quelli dedicati ai cortometraggi riservano sempre sorprese: un regista italiano divenuto ormai famoso, solo qualche anno fa veniva lanciato proprio da una di queste rassegne. Sul lato della produzione, nell'ultimo anno sono usciti nelle sale un paio di docufilm girati e ambientati a Bergamo davvero interessanti, nell'attesa di vedere nei prossimi mesi il lungometraggio dedicato ad Arlecchino. Potremmo continuare il discorso parlando anche di arte contemporanea, fotografia, fumetto, design e anche di letteratura. Ci fermiamo solo con una riflessione.

In effetti una cosa, a volte, manca. È la capacità di mettersi insieme, fare rete, costruire e progettare in modo condiviso, unire produttori, spazi e fruitori di cultura. Si ha spesso la sensazione che ognuno prosegua per la sua strada, coltivando il suo pezzo di orticello. La difficoltà a reperire finanziamenti a causa della crisi, oggi può essere quindi un'opportunità, spingendoci a metterci insieme per continuare a creare cultura.

E chi, se non i giovani, può cambiare questa tendenza?

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L’Assessorato alle politiche giovanili del Comune di Bergamo gestisce e organizza servizi, spazi, progetti e attività in favore delle nuove generazioni. Oltre alle molte iniziative curate direttamente dal Servizio numerosi sono i progetti condotti in autonomia da gruppi e associazioni giovanili. Tra i servizi ci sono la rete di spazi giovanili (Spazi giovanili di quartiere, Spazio Polaresco, Spazio Giovani Edonè di Redona) con varie dotazioni strumentali (sale prova musicali e teatrali, spazi incontro, laboratori, spazi espositivi, etc) che consentono di realizzare i progetti dei giovani. Presso lo Spazio Polaresco è attivo il Servizio Informagiovani. Puoi consultare il sito www.giovani.bg.it (è possibile iscriversi alla newsletter settimanale) e seguirci su Facebook alla pagina Bergamo Giovani. Per informazioni Spazio Polaresco, via del Polaresco 15, 24129 Bergamo, tel. 035401290, fax 035399608 mail: giovani@comune.bg.it.

“Creativity Fair” è un’iniziativa del progetto BG-LOC, realizzato nell’ambito di Creatività Giovanile, promosso e sostenuto dal Dipartimento della Gioventù - Presidenza del Consiglio dei Ministri e dall’Anci - Associazione Nazionale Comuni Italiani

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