Cronaca&Dossier_N.5

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indice

del mese

4. Inchiesta del mese

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31 ANNI DI INDAGINI, SILENZI, MENZOGNE E MEZZE VERITÀ

8. Inchiesta del mese

SUPER TESTIMONE O MILLANTATORE?

10. Inchiesta del mese

«ecco il sistema di poteri che ha intrappolato emanuela orlandi»

16. Stay behind

I MISTERI VATICANI TRA VERITÀ UFFICIALI E DIETROLOGIE

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20. Sulla scena del crimine

L'INSOSPETTABILE INTRECCIO FRA UN CASO DI SCOMPARSA E UN DELITTO MISTERIOSO

24. Sulla scena del crimine

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DOPO DIECI ANNI SI RIAPRE IL CASO DI CLAUDIA AGOSTINI

28. Sulla scena del crimine

LE ACQUE DELL'OCEANO INDIANO SI TINGONO DI UN GIALLO ITALIANO

32. Dossier da collezione

FALCONE, GIULIANI E RIINA: LE PAGINE INEDITE DELLA TRATTATIVA STATO-MAFIA

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36. Memorabili canaglie

IL «FALSO MOSTRO» DEL DAMS»

42. Segnalazioni

STORIE QUASI INOSSERVATE

46. Dossier scienza

IL CERVELLO FRA ATROCITÀ E RICORDI

50. Storie di tutti i giorni

I NUOVI CONFINI DELLA SESSUALITÀ NELLA DISABILITÀ

54. Dossier società

DAGLI SPARGIMENTI DI SANGUE ALLA CONQUISTA DEL WEB

56. Libri Radio Cinema

LIBRI CONSIGLIATI - RADIO CONSIGLIATE FILM CONSIGLIATI

58. Sturdust

PHILOMENA, IL CORAGGIO DI UNA MADRE

60. Killer al naturale

ISTINTO CRIMINALE

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ANNO 1 - N.5, GIUGNO 2014 Rivista On-line Gratuita -------------------------------------------

Direttore Responsabile Pasquale Ragone

Direttore Editoriale Laura Maria Gipponi

Caporedattore Cronaca Alberto Bonomo

Caporedattore Inchiesta Luca Romeo

Articoli a cura di

Chiara De Angelis, Alessia De Felice, Francesca De Rinaldis, Nicola Guarneri, Annalisa Ianne, Antonella Marchisella, Dora Millaci, Gelsomina Napolitano, Katiuscia Pacini, Paola Pagliari, Salvatore Valerio Riccobene

Direzione - Redazione - Pubblicità

Auraoffice Edizioni srl a socio unico Via Diaz, 37 - 26013 Crema (Cr) Tel. 0373 80522 - Fax 0373 254399 edizioni@auraoffice.com www.auraoffice.com

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31 anni di indagini, silenzi, menzogne e mezze veritĂ Scomparsa, uccisa, ancora viva: ecco cosa resta oggi del caso di Emanuela Orlandi

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Cronaca di una scomparsa

Emanuela ha 15 anni ed ha appena concluso il suo secondo anno di liceo scientifico. Differentemente dagli adolescenti della sua età, pronti all’ozio liberi dalle alzatacce mattutine, continua a frequentare il plesso scolastico, per seguire tre volte a settimana le lezioni di flauto e canto corale al “Tommaso Ludovico da Victoria”, scuola collegata al Pontificio Istituto di Musica Sacra. Non si sa con certezza ma pare che quel pomeriggio Emanuela abbia preso l’autobus 64 che collega San Pietro a Corso Vittorio Emanuele e poi da lì a piedi per 400 metri lungo Corso Risorgimento prima di giungere in piazza Sant’Apollinare, al civico della scuola di musica. Secondo le ricostruzioni e le indagini condotte negli anni, la ragazza avrebbe incontrato lungo il tragitto un uomo, mai identificato, che le avrebbe offerto un lavoro per 375 mila lire (circa 1.000 euro dei giorni nostri) a fronte dell’impegno di È il 22 giugno 1983 e l’Italia si prepara pian distribuire per un paio d’ore dei volantini a piano all’esodo di massa, dalle città al mare. una sfilata di moda. L’ingenuità di quei 15 La Capitale, come una fornace, è pronta anni avrebbe impedito di poter dare risposte ad accogliere una nuova estate afosa. Per istantanee a quell’uomo apparentemente molti quel mercoledì di giugno rappresenta generoso, rimandando la questione a dopo semplicemente una calda giornata in un le lezioni del pomeriggio. Alle 16.30, in ventaglio di ricordi come tanti altri. Così ritardo di mezz’ora, Emanuela si presenta non è per la famiglia Orlandi. La loro in aula. La testa altrove, forse a quel memoria, la loro estate, così come quelle gruzzoletto di denaro che potrebbe tirare su che sarebbero arrivate, saranno macchiate con pochi sforzi e quindi al proposito di avere per sempre dalla scomparsa dalla giovane al più presto il consenso dei genitori. Forse Emanuela, senza avere più la possibilità di sarà proprio l’eccitazione che la porterà a riabbracciarla. terminare la lezione 10 minuti prima delle

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19.00: immediatamente fuori l’istituto, raggiunta piazza Cinque Lune, telefona a casa da una cabina telefonica. Dall’altro lato dell’apparecchio c’è la sorella Federica che, appresa la notizia, non può far altro che metterla in guardia consigliandole di rientrare a casa per parlarne con i genitori al momento fuori per impegni. Riagganciano la cornetta e da quell’istante mai più nulla. L’ultimo ricordo è dell’amica Raffaella Monzi alla fermata dell’autobus 70 in via Panisperna. La sua testimonianza si ferma alle 19.30 quando sale sul bus lasciando Emanuela ad aspettare il misterioso uomo. Appresa la notizia, sarà inutile l’affannosa ricerca del padre Ercole (commesso della Prefettura della Casa pontificia) e del fratello Pietro corsi alla scuola di musica in cerca di un seppur minimo indizio. Nella serata di mercoledì stesso parte ufficialmente la denuncia di scomparsa ma, trattandosi di cittadina vaticana, tutto è formalizzato il 23 giugno all’Ispettorato di Pubblica sicurezza presso il Vaticano. Le ricerche immediate nelle zone limitrofe alla sparizione conducono a un

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vigile, Alfredo Sambuco, e a un poliziotto, Bruno Bosco, in servizio davanti al Senato il giorno precedente. I due sono pronti a giurare di averla vista. In entrambe le versioni compare un uomo e una Bmw Touring verde metallizzato. Nei giorni successivi il presunto rapimento acquista vigore mediatico, conquistando le prime pagine del Messaggero, del Tempo e di altre importanti testate su cui era riportato il numero di casa Orlandi per comunicare tempestivamente indizi importanti.

L'enigma delle telefonate

Il 25 giugno 1983 alle ore 18.00 arriva a casa Orlandi la prima di 34 telefonate, di cui 16 considerate attendibili. La voce è di un ragazzo che dice di chiamarsi Pierluigi e di avere 16 anni nonostante il timbro tipicamente da adulto. Racconta che la sua fidanzata avrebbe incontrato Emanuela a piazza Navona, fornendo a sostegno della sua tesi alcuni particolari come quello del flauto e degli occhiali che la ragazza si vergogna di indossare. Aggiunge che la ragazza avrebbe


detto di chiamarsi Barbarella. Il giorno seguente, intorno alle ore 20.00, giunge la seconda telefonata di Pierluigi che fornisce ulteriori particolari: Barbarella venderebbe collanine e prodotti di bellezza per conto di qualcuno e ha degli occhiali bianchi, che non ama. Le telefonate si succedono fino al 28 giugno quando la voce di Pierluigi è sostituita da quella di un individuo che si presenta come “Mario”. L’uomo racconta di avere un bar a Ponte Vittorio, vicino al Vaticano, frequentato da una ragazza di nome Barbara, che avrebbe raccontato di essere scappata di casa e di voler tornare solo per il matrimonio della sorella. Purtroppo le telefonate non portano a nessuna svolta per le indagini.

Le ipotesi

Numerose ipotesi sono state formulate negli anni allo scopo di far luce sulle acque torbide di questa vicenda. La prima collega l’evento a un ricatto al Vaticano per motivi politici, riconducibili all’attentato subito dal Papa ad opera di Alì Agca il 13 maggio 1981. Domenica 3 luglio 1983 Giovanni Paolo II, durante l'Angelus, rivolge un appello ai responsabili della scomparsa di Emanuela Orlandi avvalorando ufficialmente, per la prima volta, l’ipotesi del sequestro. Alcuni giorni dopo, il 5 luglio per la precisione, giunge una chiamata alla Sala stampa vaticana. Al telefono, un uomo che parla con accento anglosassone (ribattezzato "l'Americano"), afferma di tenere in ostaggio Emanuela Orlandi. L’uomo misterioso richiede l'attivazione di una linea telefonica diretta con il Vaticano (con il cardinale Casaroli), chiedendo un intervento del Pontefice affinché Alì Agca sia liberato entro il 20 luglio. Molte richieste e presunte prove ma nessuna pista reale da percorrere. Una seconda teoria ricollegherebbe la sparizione di Emanuela Orlandi allo IOR e al caso Calvi. Alcune

testate giornalistiche riconducono la figura “dell’Americano” a monsignore Paul Marcinkus, all’epoca presidente della banca vaticana. Gli studi condotti sulle comunicazioni registrate non escludono questa possibilità. Tuttavia, non mancano i sostenitori della pista a sfondo sessuale e dei festini erotici cui avrebbero partecipato anche esponenti del clero e personalità diplomatiche residenti presso la Santa Sede. Prende forma la bestia nera e segreta dei predi pedofili che collega l’Italia a Boston.

Il “caso” De Pedis

Nel luglio del 2005, in una telefonata anonima alla trasmissione Chi l’ha visto?, un uomo misterioso confessa che per risolvere il caso Orlandi è necessario scavare nel luogo dov’è sepolto Enrico De Pedis, detto "Renatino", capo della banda della Magliana. Il 23 giugno 2008, venticinque anni dopo, i media riportano le dichiarazioni di Sabrina Minardi, ex amante di Renatino De Pedis. La donna riferisce particolari agghiaccianti: Emanuela sarebbe stata uccisa e il suo corpo, chiuso in un sacco, gettato in una betoniera a Torvaianica, in provincia di Roma. La Minardi, con il fare di chi non riesce a vivere con il peso di un segreto così pesante, aggiunge che il rapitore materiale sarebbe tato De Pedis, su ordine del monsignore Paul Marcinkus. Il luogo segreto del sequestro sarebbe stato un appartamento vicino a piazza San Giovanni di Dio, in via Pignatelli. Nell’estate del 2008 giunge dai legali dei famigliari di De Pedis il sì per l'ispezione della tomba, sepolta nella basilica di Sant'Apollinare. Un’attenta analisi del loculo e del feretro conferma la presenza esclusiva dei resti del defunto De Pedis. Si tratta dell’ennesimo depistaggio, nulla che avvicini alla verità su Emanuela Orlandi.

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Super testimone o millantatore? Le verità (presunte) di Marco Fassoni Accetti, il telefonista che sta scuotendo il caso Orlandi Lo scorso 27 aprile a Roma si è consumato un giorno storico, con la Canonizzazione di due Papi, Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli) e Giovanni Paolo II (Karol Wojtyla), proclamati santi dall'attuale pontefice, Francesco I. Ma per le strade della Capitale, qualcuno aveva deciso di approfittare della grande attenzione mediatica dedicata all'evento per riportare alla memoria degli italiani il caso irrisolto di Emanuela Orlandi. Da alcuni mesi, infatti, c'è una nuova voce che svela particolari inediti sulla vicenda, arrivando a fornire preziosi dettagli e ad autoproclamarsi il sequestratore della ragazzina. Quello che si chiedono gli investigatori è molto semplice: è un super testimone o un millantatore? Il nuovo protagonista del caso Orlandi risponde

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al nome di Marco Fassoni Accetti, regista e fotografo di 58 anni. Nel 1983 (al momento della scomparsa della quindicenne Emanuela) l'uomo ha appena 27 anni. Nel dicembre di quell'anno, Accetti investe un bambino e finisce in galera per omicidio colposo, ma anche questa storia di cronaca si rivela (a suo dire) un intreccio di controspionaggio legato alla scomparsa di Emanuela e a una stagione di piombo che si appresta a finire con la metà degli anni Ottanta. «Ero arruolato in un gruppo di intelligence - afferma Accetti - formato da laici ed ecclesiastici, che si opponevano alla linea anticomunista di Wojtyla e alla gestione dello IOR». E ancora: «La figlia del messo pontificio fu scelta per ricattare il Vaticano» e, pare, per la liberazione di Alì Agca, l'uomo finito


in prigione per avere sparato proprio a Giovanni Paolo II. Secondo Accetti, il terrorista turco avrebbe ritirato le accuse nei confronti della pista bulgara grazie allo stesso gruppo sovversivo di cui il super testimone faceva parte. Un gruppo di cui, è bene sottolinearlo, farebbero parte anche uomini interni al Vaticano. Il sequestro di Emanuela, dunque, è stato uno strumento per tenere sotto scacco Papa Wojtyla, facendo ribaltare le tesi accusatorie dell'attentatore Agca. Guerra fredda e interessi politici, cose che nulla dovrebbero avere a che fare con una ragazzina di quindici anni. Accetti, nella stessa intervista, rivela anche la storia del rapimento, affermando che Emanuela, una volta prelevata in modo misterioso, viene trattenuta su un camper con altre ragazze. I suoi rapitori le fanno delle fotografie e poi la portano in un appartamento mai identificato. Dopo aver passato tutto il 1983 a Roma, secondo il testimone, Emanuela viene portata in Francia; dopodiché, di lei, non si hanno più notizie. Non solo: in Procura Accetti si spinge oltre, dichiarando di essere stato il telefonista designato dal gruppo di sequestratori e segnalando ogni punto da cui erano partite le telefonate di quei giorni per rivendicare il sequestro e far ascoltare la voce di Emanuela. Ovviamente si tratta di apparecchi pubblici, per lo più situati in bar di Roma e nella metropolitana. E in questa storia criminale, non possono mancare i nomi in codice, anche questi rivelati da Accetti. Lui stesso usa lo pseudonimo "l'Amerikano", mentre Emanuela viene ribattezzata "Fatima" al momento dell'ingresso in Francia, dove - secondo il fotografo - riceve i passaporti iraniano e indiano, di fatto diventando un'altra persona. «Di che vi stupite? - tuona lo stesso Accetti Leggere questi fatti con gli occhi di oggi è vano. Vero è che all'epoca, in piena guerra fredda, operazioni del genere avvenivano così: tramite codici, coperture, raffinatissime dissimulazioni». Ma dopo questo soggiorno forzata oltralpe e la riuscita dell'operazione Agca, perché

Emanuela non è stata liberata? Per fatti «non preventivati» che hanno fatto «precipitare la situazione», sostiene il teste, che parla dell'idea originaria di trattenere la ragazzina per poche ore, non più di un giorno. Infine, l'autoaccusato fa spuntare un flauto traverso, che a suo dire sarebbe lo strumento musicale appartenuto a Emanuela. Dopo 31 anni il caso è riaperto: c'è il super testimone, che è anche reo confesso del rapimento, ma la Procura non è ancora convinta sulla bontà di tutte le sue dichiarazioni; c'è un Pontefice che sembra aperto al dialogo e c'è un fratello della vittima, Pietro, che pare del tutto intenzionato ad andare fino in fondo. Ma intanto, il Vaticano tiene ancora il segreto di Stato su questa storia, di fatto insabbiando le ricerche.

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«Ecco il sistema di poteri che ha intrappolato Emanuela Orlandi»

Intervista a Pietro Orlandi che per Cronaca&Dossier racconta la sua verità sulla scomparsa della sorella Emanuela, sui silenzi di papa Francesco e paventa nuovi scenari dall'ultima inchiesta della Procura. Pietro Orlandi, fratello di Emanuela

Pietro Orlandi, quanto pensa sia lontana che parte da molto prima e ha occultato la verità sulla scomparsa di Sua sorella altre verità come la vicenda di Papa Luciani, Emanuela? l’attentato a Giovanni Paolo II, la morte di «Vado a sensazioni e sento che si sta Calvi, Estermann... I motivi possono essere sciogliendo qualcosa di importante, che si stati diversi, ma la mano è sempre stata la sbloccherà all’improvviso e che porterà dei stessa» danni a qualcuno» Ritornando alle sensazioni cresciute nell’ultimo periodo: sono dovute anche A qualcuno come il Vaticano? «Io non penso al Vaticano come Stato, ma alla comparsa sulla scena dell’ultimo a persone che possono rappresentarlo. “super testimone”, Marco Fassoni È quel discorso sul sistema collegato alla Accetti? frase che mi disse una volta un vescovo: “Il «Sto in questa storia da oltre 30 anni e responsabile è il sistema”. Più vado avanti ho vissuto tante situazioni come questa. e più mi rendo conto che Emanuela ne è C’erano momenti in cui uno parlava, si creava l’attenzione, poi all’improvviso non rimasta intrappolata» era più attendibile. Accetti è il primo ad Lei fa riferimento a un intreccio di autoaccusarsi del rapimento e ha portato questo flauto che ci ha tenuto nel dubbio, poteri? «Ripeto sempre: pezzi deviati dello Stato, come altro in questi 30 anni, perché non si del Vaticano, della massoneria e delle mafie è appurato il Dna. Siccome però le ipotesi sono legati nella formazione di un sistema sono tantissime, vorrei una prova che mi permetta di seguire solo una pista»

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A proposito di Accetti: che impressione ha avuto quando ha parlato con lui? «La prima volta, nonostante fossi davanti alla persona che si autoaccusava di aver provocato questo dramma, ero disponibile e tranquillo. Volevo capire. Da subito si è dimostrata una persona presuntuosa, che mi spiegava le cose sottoponendomi indovinelli. Sono stato preso in giro per tanti anni e mi dà fastidio esserlo anche da lui. Tante volte gli ho chiesto una prova che renda credibile quanto dice, sarebbe diverso anche per lui perché non avrebbe più i dubbi della gente. A che gli serve quest’atteggiamento? Ma si è sempre rifiutato di fare i nomi» Da Marco Accetti a Sabrina Minardi. Qual è la Sua idea sulle parole dell’ex amante di Enrico De Pedis? «Lei ha frequentato quell’ambiente di connivenze fra potere e criminalità, conoscendo determinate situazioni anche

esterne al rapimento di Emanuela. Il mio dubbio è che la sua uscita non sia stata spontanea, ma dovesse incanalare gli inquirenti verso una verità parziale e chiudere la storia: responsabili De Pedis e Marcinkus, morti da tempo, e movente economico» Ha mai provato a incontrarla? «Inizialmente l’avvocato non sembrava d’accordo. L’ultima volta, quest'anno, è stata invece lei che non voleva» Il motivo? «Non lo so. Ed è un peccato perché, in base alle sue parole, potrebbe essere una delle ultime persone ad aver visto Emanuela» Ricapitolando, fra Accetti e la Minardi a chi dà più credito? «Ne do poco a entrambi. Tutte le ipotesi contengono qualcosa di vero, io però vorrei qualche certezza. L'unica è che il Vaticano

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in un’apertura, magari poteva vedere mia madre che è cittadina vaticana o fare un riferimento pubblico a Emanuela. Sarebbe stato normale visto che si vuole arrivare alla verità. Però mi fa sperare che, se è davvero qualcosa di pesante, anche lui stia valutando le mosse da fare» Quante richieste ha fatto per incontrare il Papa? «Cinque o sei» Non Le hanno mai risposto? «Mi ha risposto una volta una persona molto vicina al Papa, dicendo però che non era lui a occuparsi della sua agenda» Lei ha provato a chiedere chi si occupa dell’agenda del Papa? «Sì. E non mi hanno più risposto»

Monsignore Paul Marcinkus

ha ostacolato le indagini per anni e lo Stato Italiano ha collaborato a occultare la verità. Per questo penso vi sia dietro qualcosa di veramente grosso che possa colpire queste istituzioni e che, quando arriverà, si porterà dietro inevitabilmente tante altre situazioni. E ho sempre la speranza che papa Francesco possa dare l’ultimo colpo» Più deluso o soddisfatto dall’atteggiamento di papa Francesco verso la vicenda di Emanuela se confrontato con le prese di posizione che ha avuto verso altri scandali vaticani? «Deluso dall’atteggiamento esteriore. Dopo l’incontro fuori la chiesa di Sant’Anna speravo

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Parliamo ora di Wojtyla...

«Spesso ho pensato alla frase che ci disse quando venne a casa: “Esiste il terrorismo nazionale e il terrorismo internazionale. Quello di Emanuela è un caso di terrorismo internazionale”. Forse gli fu consigliata oppure effettivamente aveva capito che dietro ci fosse qualcosa che avrebbe pesato sulla Chiesa e quindi fece una scelta»

Una scelta politica?

«Ha messo sulla bilancia la verità o l’immagine del Vaticano»

Sostiene che Wojtyla abbia fatto prevalere la ragion di Stato?

«Secondo me, sì. Forse pure a malincuore. Traspariva dal suo viso che non era venuto solo per gli auguri di Natale, che avrebbe voluto


essere vicino alla famiglia, ma che non poteva spingersi oltre. Dopotutto faceva comodo a molti che Emanuela fosse una vicenda di terrorismo internazionale, si accompagnava all’attentato del 1981 e ha fatto aumentare la forza di Wojtyla nella sua azione contro l’Est e il comunismo»

Che idea si è fatto dei magistrati attuali e di quello che hanno condotto l’inchiesta dall’83 al ’97? «All'epoca credo non abbiano avuto il coraggio nè la volontà di arrivare in fondo. Per gli attuali mi auguro non sia così, penso ci sia interesse, ma credo siano osteggiati da più parti»

Potrebbero avere subito delle pressioni?

«Le assicuro che tante persone che ho conosciuto si sono impegnate molto all’epoca. Erano molto disponibili e molto vicine alla famiglia»

A chi si riferisce?

«A persone che all’epoca investigarono tantissimo e che oggi sono diventate di un certo livello…»

Tipo Nicola Cavaliere? (all’epoca vicecapo della Squadra Mobile di Roma, oggi vice-direttore operativo dell’Aisi, ndr) «Esatto. Più di uno di loro mi ha detto che all’epoca si impegnavano tantissimo però non avevano gli incentivi dei superiori ad andare avanti, ogni volta qualcuno li smontava perché c’era la pressione del Vaticano a rallentare le cose, a lasciarle così... E poi quando i magistrati affermano che non sono state approfondite piste che portavano in Vaticano perché c'era stata chiusura della Santa Sede, non sono più io a dirlo, ma loro. Un anno fa hanno dichiarato

che in Vaticano ci sono persone viventi a conoscenza dei fatti. Significa che hanno degli elementi per fare un’affermazione del genere in quanto magistrati, non persone qualsiasi. Io mi ero stupito positivamente»

Aveva pensato si fosse in procinto di una svolta? «Sì, me l’aspettavo. Invece è stata considerata come una battuta al bar, il capo della Procura l’ha messa a tacere e ora penso che l’inchiesta vada avanti con un freno a mano tirato»

Grazie alla testimonianza della Monzi a Sica il 29/7/1983 ("Quell'amica mai identificata" [infiltrato.it]), sappiamo che Emanuela non era sola quando ricevette l’offerta del fasullo rappresentante della “Avon”. Ha mai cercato questa persona? Ha un’idea su chi potesse essere? «Sicuramente non era una della scuola di musica. Altrimenti Emanuela avrebbe fatto il nome alla Monzi, non avrebbe detto che era un’amica. Evidentemente, un’esterna»

Allora, chi?

«Poteva essere una persona conosciuta da poco, tipo una settimana prima. Dubito comunque che sia un’amica di quelle che stavano sempre con Emanuela e che conosco anch’io»

Con loro ne ha parlato?

«Sì, soprattutto all’epoca. Comunque rimane un elemento importantissimo, che non si è mai approfondito a dovere perché potrebbe essere stata quella che è ritornata nuovamente da Emanuela alle sette, al termine della lezione».

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articolo

di

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ale R Pasqu

SCUOLA DI ALTA FORMAZIONE DISCIPLINE PSICOLOGICHE

CENTRO STUDI SCENA DEL CRIMINE (CSSC)

CORSO DI ALTA FORMAZIONE IN ANALISI DELLA SCENA DEL CRIMINE E SCIENZE FORENSI

V EDIZIONE

15 NOVEMBRE 2014 – 14 GIUGNO 2015 GEF NETWORK , VIA CESARE CANTÙ 3 MILANO CORDUSIO ( MM CORDUSIO E DUOMO ) SONO APERTE LE PRE ISCRIZIONI ALLA V EDIZIONE PROGRAMMA, DETTAGLI E INFORMAZIONI

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articolo

hisella

di An

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I misteri vaticani tra verità ufficiali e dietrologie 40 anni di intrighi: dalla vicenda Rucker al caso Estermann, passando per Calvi e Sindona

«Chiarire un mistero è indelicato verso il mistero stesso», è un celebre aforisma che forse calza bene in storie che sembrano scritte da narratori di sorprendente fantasia e vitalità drammaturgica. Tuttavia tali storie, nel bene e nel male, costituiscono una parte della nostra realtà. La Santa Sede, depositaria della fede cattolica per secoli, è diventata un luogo di segreti sfociati poi nelle leggende più abiette. Ricordiamo, ad esempio, quanto si è potuto apprendere a proposito dei Templari, dell'Opus Dei, oppure in merito ai tesori del Vaticano, allo spionaggio internazionale, fino agli scandali contemporanei dei preti pedofili e delle banche vaticane. Il Vaticano è stato teatro di misteri e di fatti, alcuni ancora avvolti da aloni di incertezza, che in certi casi hanno alimentato le penne di intellettuali coraggiosi e lungimiranti Il "banchiere di Dio" Roberto Calvi

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e al contempo sono divenuti terreno fertile per le tante fantasie e immaginazioni connesse a tali vicende. Il primo che si ricordi in tempi più recenti è datato 8 aprile del 1959, quando Adolf Rucker ferisce con colpi d’arma da fuoco Robert Nunlist, prima di rivolgere la medesima arma contro se stesso. Si tratta rispettivamente di una guardia svizzera in congedo e del suo ex comandante. Ma quello del 1959 è nulla in confronto a quanto avviene il 25 settembre del 1978, con l'improvvisa scomparsa di Albino Luciani, eletto Papa con il nome di Giovanni Paolo I, deceduto dopo soli 33 giorni dall'elezione al soglio pontificio. La versione ufficiale addebita il decesso del Papa a un infarto del miocardio ma numerosi punti oscuri della vicenda sono esplicitati in varie teorie e ipotesi. Alcune incongruenze tra le testimonianze e nella versione ufficiale hanno favorito il dilagare di versioni alternative. Esse vertono principalmente su fattori di turbamento psicologico, morale e relazionale di Luciani, elencati come difficili rapporti con la curia e scarsa armonia all’interno della famiglia pontificia. La dietrologia più acclamata è quella riportata dal giornalista britannico David Yallop, secondo la quale la morte del Pontefice sarebbe da attribuirsi a un avvelenamento ad azione cardiaca. Il movente del delitto sarebbe da ricercare in ambienti massonici deviati, scontenti riguardo la volontà espressa da Luciani di riformare lo IOR, allora diretto da Paul

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articolo

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di Anto

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Marcinkus, per il quale auspicava trasparenza. Dal 1978 in poi si assiste a una serie di fatti angoscianti direttamente o indirettamente legati al Vaticano. Emblematico è quanto avviene il 13 maggio del 1981 in piazza San Pietro, quando durante la consueta udienza papale, Giovanni Paolo II è gravemente ferito: un primo proiettile lo colpisce al ventre, mentre il secondo giunge di striscio al gomito. L'attentatore è subito braccato dalla folla: si tratta del turco Mehmet Ali Agca, musulmano appartenente all’organizzazione terroristica di estrema destra Lupi Grigi. Altro anno, altro intreccio: il 18 giugno del 1982 il corpo senza vita di Roberto Calvi, banchiere dell'Ambrosiano, è rinvenuto sotto il Blackfriars Bridge a Londra, impiccato ad un traliccio. I moventi di questa morte ruoterebbero attorno a vari interessi, tra

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cui quelli della mafia, della P2, dello IOR e della politica. Divenuto Presidente dell’Ambrosiano nel 1975, nel corso del tempo Calvi crea un impero usufruendo principalmente delle entrature possedute in Vaticano. Il suo potere diventa essenziale per la buona riuscita di varie operazioni, tra cui il riciclaggio di denaro sporco e traffici d’armi per la guerra delle Falkland, fino al finanziamento di Solidarnosc (il Sindacato Autonomo dei Lavoratori). Non è mai stato chiarito fino in fondo il ruolo della Santa Sede nella vicenda. Il 22 giugno del 1983 è il giorno in cui scompare Emanuela Orlandi. Nel 2008 giungono le dichiarazioni di Sabrina Minardi, ex compagna del boss della Magliana Enrico De Pedis. Da esse si apprende che Emanuela sarebbe stata rapita dalla banda della Magliana e in un secondo


momento uccisa. Il caso della Orlandi è rimasto tuttora irrisolto con nuovi risvolti attesi dalle parole del presunto testimone Marco Fassoni Accetti. Il 22 marzo del 1986 si consuma un altro giallo, quando il noto finanziere Michele Sindona muore per avere ingerito un caffè al cianuro mentre è rinchiuso nella propria cella, all’interno del carcere di Voghera. Ma si tratta davvero di suicidio? Finanziere potentissimo in rapporti con importanti uomini politici italiani e americani, a seguito delle numerose vicende che lo vedono coinvolto Sindona fa di tutto per ottenere l'estradizione negli Stati Uniti. L'avvelenamento, secondo l'ipotesi più acclamata, sarebbe stato l'ennesimo tentativo per ottenere i domiciliari. A completare la triste lista di attentati, morti e

scomparsi è quanto accade nel 1998. Come nel 1959, a chiudere il cerchio è una Guardia Svizzera, Alois Estermann, comandante del Corpo a difesa del Pontefice. È il 4 maggio quando si scopre il cadavere di Estermann nel piccolo salotto del suo appartamento. A fargli tristemente compagnia ci sono i corpi senza vita della moglie Gladys Meza Romero e del vicecaporale Cedric Tornay. Cosa è accaduto? Omicidio-suicidio sarà la risposta della Santa Sede, dovuto a una promozione rifiutata. A fare fuoco contro Estermann-Romero sarebbe stato il giovane Cedric Tornay, rivolgendo poi l'arma contro se stesso. La ricostruzione ufficiale non convince, ma mai si arriverà alla piena luce sull'accaduto. Intrighi, congiure, ipotesi: troppi misteri per uno Stato così piccolo.

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L'insospettabile intreccio fra un caso di scomparsa e un delitto misterioso Clamorose novitĂ nel caso di Florentina Nitescu, che si scopre collegato a un'altra vicenda di cronaca nera

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«Florentina fatti sentire, fatti vedere, tutta la tua famiglia è in apprensione, fallo per Nikolas, nostro figlio di 3 anni». L'appello straziante rivolto da Paolo Devincenzi a Chi l’ha visto? di un anno fa è per Florentina Nitescu, la sua bella compagna 33enne di origini rumene, allontanatasi dalla propria abitazione di Albareto alle 3.00 di mattina di un freddo 25 gennaio 2013, al termine di un animato litigio con Devincenzi. Da allora più nessuna notizia. Il caso era caduto nell'oblio. Oggi, una speranza si riaccende intrecciandosi con un'altra storia infarcita di mistero. Devincenzi aveva atteso ben 10 giorni prima di denunciare la scomparsa della donna poiché, si era giustificato, non era la prima volta che lasciava il tetto coniugale, anche se solo per qualche giorno. Nelle prime ore successive alla scomparsa gli uomini della Compagnia di Borgotaro, (guidati dal comandante Giuseppe Marletta), il Ris di Parma e l'Unità cinofila di Rosignano avevano ispezionato palmo a palmo anche il terreno di proprietà di un parente, al quale era annesso un prefabbricato del Devincenzi. Al momento dell’ispezione, quest'ultimo era stato trovato vuoto con intorno soltanto mucchi di segatura, bancali e un attrezzo per la verniciatura utilizzati quando ancora Devincenzi aveva la falegnameria, prima di dedicarsi completamente all'impresa di onoranze funebri del padre. Erano stati ispezionati anche i locali dell’attività di famiglia, ma non era emerso nulla di utile. Senza esito anche un'operazione a vasto

Crimine ai Raggi X a cura di Alberto Bonomo

Come disciplinato dal nostro codice di procedura penale, tra le principali funzioni delle indagini preliminari all’interno del procedimento vi è quello di far assumere al Pubblico ministero le determinazioni che attengono all’esercizio dell’azione penale. In questa fase è fondamentale l’apporto della Polizia giudiziaria, libera di intraprendere autonomamente tutte le attività utili caso per caso. Al loro termine, il Pm potrà chiedere il rinvio a giudizio o, al contrario, chiedere l’archiviazione senza ulteriori attività. La durata delle indagini nel caso di attività svolto contro noti o ignoti non può essere superiore a sei mesi prorogabili, fino a ventiquattro mesi per particolari ragioni attinenti alla complessità del caso. Il fascicolo per omicidio volontario sul caso di Florentina Nitescu è stato aperto dalla Procura di Parma nella prima decade di aprile, pertanto dovremo aspettare almeno fino al mese di ottobre per meglio comprendere la strada intrapresa dagli inquirenti e gli eventuali risvolti investigativi.

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agliari

ola P lo di Pa

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raggio effettuata sui rilievi della Valgotra da un coordinamento tra Carabinieri, Vigili del fuoco, Corpo forestale e Protezione civile, setacciando i boschi per scoprire eventuali anomalie nei terreni e non trascurando nemmeno i cimiteri più vicini. I Carabinieri, sulla base di una segnalazione risultata poi infondata, avevano passato al setaccio il cimitero di Albareto, esaminando 300 tombe. Nel corso dei controlli i militari avevano persino riesumato la salma di una donna, seppellita ai primi di febbraio. Ma di Florentina ancora nessuna traccia. Nessuno, inquirenti e familiari, aveva creduto però all’ipotesi di un allontanamento volontario della donna, che mai avrebbe lasciato solo il figlio. La sorella Valentina, infatti, aveva

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espresso forti dubbi sulla persona del convivente della sorella, il quale, di rimando unitamente al fratello Marinel, non aveva esitato a querelare la donna. Ora giunge una clamorosa novità dalle indagini su un altro caso, quello della morte di Giuseppe Berni, pensionato di 72 anni di Monticelli di Borgo Val di Taro, provincia di Parma, ritrovato senza vita l’8 gennaio del 2013 nel salotto della sua villetta, riverso a terra senza vestiti, con il cane ancora al suo fianco. Una morte apparentemente per cause naturali, che però i Carabinieri di Parma hanno svelato essere stata causata da un micidiale cocktail di farmaci confezionato da due donne: Giuseppina Lugari, di 62 anni, condannata quindi a 8 anni e 10 mesi per


omicidio preterintenzionale, e sua figlia Sonia Barbieri di 44 anni, quest’ultima accusata di furto, lesioni e rapina e condannata a 3 anni e 4 mesi. Cosa c’entrano le due storie di quella provincia parmense attraversata da profonde inquietudini? La risposta è in Giuseppina Lugari che, durante una conversazione telefonica intercettata dagli investigatori risalente all’8 marzo 2013, avrebbe rivelato ad un interlocutore di aver parlato con un ragazzo dell’Europa dell’Est che le avrebbe riferito di essere a conoscenza della sorte di Florentina. Ora quindi si cerca quest’uomo, che potrebbe essere un giovane di origini albanesi o rumene, conosciuto dalla Lugari alla Caritas di Borgotaro. Intanto la Procura, dallo scorso mese, indaga non più per scomparsa ma per omicidio. «Per

noi è morta. Le indagini non mostrano segnali che indichino che Florentina possa essere ancora viva», ha detto il capitano Giovanni Mura, comandante del Nucleo investigativo dei Carabinieri. Il pm Amara, che conduce le indagini, ha da poco aperto un fascicolo per omicidio volontario, poiché a suo avviso la donna sarebbe stata uccisa ed il cadavere occultato. Ormai il cerchio si stringe e il giallo di Florentina Nitescu sembra essere a un passo dalla soluzione.

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uscia di Kati

Pacini

Dopo dieci anni si riapre il caso di

Claudia Agostini Dal pirata della strada al convivente della vittima: la veritĂ sull'omicidio di via della Lungara

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Dopo dieci lunghi anni il mistero che avvolge la morte della giovane Claudia Agostini potrebbe essere svelato. Il cadavere della donna viene scoperto da alcuni passanti la mattina del 13 ottobre del 2003 intorno alle ore 8.00 in via della Lungara a Roma. La trovano sui sanpietrini, sotto il muraglione, con la testa verso il muro di cinta, le mani giunte sul ventre e il volto rivolto al cielo. Indossa una tuta bianca e le scarpe da ginnastica. Sta tra due auto in sosta ed è ancora tiepida. Il fidanzato di Claudia, Leonardo Bellatti, con il quale la donna convive, si sveglia prima che il cadavere venga ritrovato, si accorge che Claudia non è nel letto, ma non si preoccupa perché pensa che sia uscita per comprare il latte per colazione o per fumarsi una sigaretta. Scopre cosa è successo solo a causa del trambusto sotto le sue finestre, intorno alle 7.45. Nonostante l’intervento del 118 per cercare di rianimare la vittima, per Claudia non c’è più nulla da fare. Gli inquirenti giunti sul posto iniziano a cercare indizi e prove per

Crimine ai Raggi X a cura di Alberto Bonomo

In Medicina Legale la precipitazione è rappresentata da una caduta dall’alto con grande velocità e violenza. Le conseguenze derivanti dall’evento in questione dipendono da due cause principali: l’urto del corpo con un piano di arresto e la contestuale improvvisa decelerazione dello stesso. Nel giallo di via della Lungara mancherebbero gli elementi caratterizzanti. Assenti, ad esempio, le classiche lesioni multiformi e multipolari, più numerose nelle sedi che urtano direttamente contro il suolo: la frattura a mappamondo del cranio, la frattura ad anello attorno alla base del cranio e al forame occipitale, la frattura bilaterale del calcagno, del collo femorale, della branca ischio-pubica. Sono assenti anche le lesioni viscerali da decelerazione. Nonostante le statistiche confermino che la precipitazione omicidiaria e accidentale è in genere perpendicolare, mentre quella suicidiaria è obliqua in avanti per lo slancio che imprime il suicida, appare del tutto inverosimile che Claudia sia precipitata nel punto esatto del ritrovamento.

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tiusc lo di Ka

ricomporre il rebus della morte della donna. Sulla balaustra del terrazzo del palazzo abitato dai due giovani, viene ritrovato un pacchetto di Camel e un accendino che il compagno di Claudia riconosce. «Claudia si può essere buttata, o magari si è sentita male ed è caduta», dice il fidanzato ai poliziotti. Ma per fare un’ipotesi, il magistrato deve attendere i risultati dell’autopsia. Quest'ultima accerta che Claudia non si è suicidata ma è morta probabilmente a causa di un pirata della strada. Nonostante l’ipotesi non stia in piedi, perché sulla strada non ci sono segni di frenata né frammenti, la magistratura nel 2004 chiede l’archiviazione del caso. Da qui inizia una lunga battaglia tra gli errori e la superficialità degli inquirenti e la determinazione del papà di Claudia, Athos Agostini, che cerca a tutti i costi la verità con l’unico scopo di avere giustizia per sua figlia. Nel 2005 Athos

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Agostini ottiene l'esumazione del corpo di sua figlia e affida la consulenza medico-legale al prof. Giancarlo Umani Ronchi. Il Professore effettua una nuova autopsia con la quale rileva non solo che l’osso ioide di Claudia (osso la cui frattura indica sempre strozzamento o strangolamento) è fratturato, ma anche che la giovane riporta un trauma alla testa, vertebre fratturate e alcune lacerazioni al fegato dalle quali ha perso molto sangue. A questo punto il Pm torna a sostenere l’ipotesi suicidaria. Ma anche stavolta ci sono forti incongruenze che escludono tale ipotesi. Innanzitutto il luogo del ritrovamento del cadavere e la postura dello stesso: secondo quale misteriosa legge di gravità sarebbe dovuta atterrare a quattro metri e mezzo di distanza dal terrazzo, sotto il muraglione e con il viso rivolto al cielo? Un altro elemento importante è il ritrovamento degli occhiali da vista della donna, affetta


da una forte miopia, nello zainetto. Come fa una donna miope ad effettuare qualsiasi spostamento o azione senza gli occhiali? Inoltre non sono state effettuate dagli inquirenti le seguenti attività investigative, essenziali per stabilire la reale causa della morte di Claudia: una perizia sul muro e sul cornicione del terrazzo per verificare la presenza di tracce della vittima; perizia dattiloscopica sul pacchetto di sigarette Camel e sull’accendino per verificare la presenza di impronte dattiloscopiche; perizia biologica e dattiloscopica sulla bottiglietta d’acqua rinvenuta sul terrazzo; una perizia accurata sulle scarpe della deceduta, per verificare se siano state allacciate dalla stessa o da terza

persona; un attento esame sulla tuta indossata dalla donna e abbandonata in obitorio sotto la pioggia; investigazioni mirate per individuare l’anello della deceduta scomparso insieme alle chiavi di casa. Ma quel che è più grave, gli inquirenti non hanno saputo né “leggere” gli indizi della scena dell’evento, né hanno saputo riconoscere la composizione della scena e della vittima, con la particolare manipolazione e messa in posa finale, e i vari depistaggi effettuati dall’assassino. Ora a undici anni dalla morte di Claudia ripartono le verifiche. Il Gip ordina al Pm nuove indagini: il convivente di Claudia, Leonardo Bellatti, rimane indagato per omicidio volontario.

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alisa di Ann

Ianne

Le acque dell’Oceano Indiano si tingono di un Giallo Italiano Nella vicenda del marinaio Filippo Pittiglio ci sono troppi lati oscuri e ora la Procura indaga dopo tre anni

Una busta di plastica stretta intorno alla testa, le macchie di sangue per terra e il mistero che avvolge l’intero accaduto sono i primi elementi che caratterizzano il ritrovamento del corpo di Filippo Pittiglio, rinvenuto cadavere il 4 aprile 2011 dopo due giorni di navigazione, nella sua cabina a bordo della nave commerciale

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Bottiglieri Challenger della Shipping Company di Napoli. Secondo quanto ipotizzato dalla società armatrice, la morte del 23enne sarebbe stata la conseguenza di un gesto autolesivo, del cui risultato finale sono stati spettatori i compagni di equipaggio. La nave, varata nel 2010 con le sue 92mila tonnellate di stazza e addetta al trasporto di granaglie, carbone ed altre merci, è lo scenario della morte del giovane marinaio, il cui corpo, sbarcato il 9 aprile nel porto di New Mengalore, presso Bombay, in India, è stato sottoposto ad esame autoptico e successivamente visionato in Italia come disposto dalla Procura di Roma. Il padre della giovane vittima, Fernando Pittiglio, è di parere diverso rispetto a quanto prospettato in un comunicato dalla Compagnia


navale immediatamente dopo il rinvenimento del ragazzo, in cui si leggeva che l’allievo di coperta, al primo imbarco, «è stato rinvenuto suicida nella propria cabina». «La Compagnia ha frettolosamente reso un comunicato di suicidio ancor prima dei rilievi da parte dell’Autorità Competente del Tribunale di Roma», sostiene il padre. E ribadisce: «Sono in corso indagini ed attività legali anche in Sud America. Per ora si procede per omicidio contro ignoti». Massimo il riserbo da parte della Procura romana che intende chiarire le vere cause per cui il giovane Pittiglio ha trovato la morte, disponendo nuove analisi attraverso l’esumazione del corpo della vittima, tumulato presso il cimitero di Gaeta, e affidando l’incarico a un consulente medico-legale affinché esegua un approfondito esame sulla salma. Se dunque inizialmente l’ipotesi di suicidio aveva preso forma, determinando la quasi immediata archiviazione del caso da parte della Compagnia navale, oggi il quadro investigativo vira in un’altra direzione grazie

Crimine ai Raggi X a cura di Alberto Bonomo

L’indagine autoptica si esegue ogni volta che vi sia la richiesta del Magistrato. Secondo le direttive europee, le autopsie dovrebbero essere eseguite in tutti i casi di morte non naturale, certa o sospetta, anche se trascorso un importante lasso di tempo tra il presunto evento responsabile e il decesso. Per definizione la morte improvvisa è la morte naturale, istantanea o rapida e inattesa di una persona apparentemente in salute. Erroneamente può accadere che la morte improvvisa sia associata all’idea di decesso sospetto o violento. Così non dovrebbe essere. Il decesso rappresenta un inopinabile evento naturale che non sottostà in assoluto alle leggi della statistica o della probabilità. Solo un attento esame autoptico potrà far luce sulle cause della morte improvvisa. Le affezioni generalmente riscontrate in questi casi interessano: l’apparato respiratorio, l’apparato cardiovascolare, il sistema nervoso centrale, l’apparato gastro-intestinale, quello endocrino e immunitario.

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alla scoperta di particolari protagonisti di quel viaggio, primo imbarco per il 23enne itrano partito da Singapore e per lui terminato quel 4 aprile nelle acque dell’Oceano Indiano. Intanto, a seguito della riapertura d’indagine, la Procura di Roma ha già sequestrato l’hard disk del computer del ragazzo, che nell’immediatezza del rinvenimento era stato restituito alla famiglia insieme agli effetti personali e in seguito, secondo indiscrezioni, trovato vuoto o forse manomesso. La trascuratezza nel reperire gli oggetti personali all’interno della cabina successivamente alla scoperta del decesso – sembra essere stato il commento confidenziale degli investigatori della Procura – ha favorito l'infittirsi del mistero. Altro particolare degno di nota è che tra gli uomini che componevano

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l’equipaggio del Bottiglieri Challenger ci fosse anche un direttore di macchina di Gaeta, nella cui abitazione i Carabinieri hanno sequestrato computer e telefoni cellulari. La perdita del ragazzo è ancora oggi un terribile shock per la famiglia che, sin dal principio, ha abbandonato l’idea di ricercare nell’interiorità di Filippo le cause della sua morte, dal momento che non soffriva di disturbi che potessero far temere la decisione volontaria ed improvvisa di togliersi la vita. Il ragazzo, dopo gli studi presso l’Istituto Nautico Caboto di Gaeta, aveva trovato un’occupazione attinente al suo percorso formativo e alla sua passione, quella per il mare, che ha pagato con la vita.


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rneri

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Falcone, Giuliani e Riina:

le pagine inedite della trattativa

Stato-mafia

Prima che diventasse sindaco di New York, Rudolph Giuliani finÏ nelle mire di Totò Riina per la sua collaborazione con il giudice Falcone: ecco cosa accadde

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Non solo Sicilia, non solo Meridione, non solo Italia. Negli anni '80 e '90 le grinfie della mafia hanno sviluppato le branchie, si sono tuffate nell’Oceano Atlantico e hanno raggiunto l’America e gli Stati Uniti, la terra delle grandi opportunità, dove tutto è giusto e i cattivi esistono solo a Gotham City. Ma facciamo un passo indietro. Nel 1998 la sentenza della Corte d'Assise di Firenze certificò la validità dell'inchiesta sulla trattativa Stato – mafia, avviatasi in seguito alle dichiarazioni di alcuni pentiti (Giovanni Brusca, Salvatore Cancemini e Vito Ciancimino). Come ogni inchiesta italiana, subisce improvvise accelerazioni e lunghi periodi di torpore: giace latente l’idea che in seguito alle stragi del '92 e del '93, per far terminare la stagione sanguinaria, lo Stato avrebbe dovuto abolire la legge sui collaboratori di giustizia, oltre che attenuare le misure di detenzione previste dall’articolo 41 bis (il cosiddetto “carcere duro”, legiferato il 26 luglio 1975, Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà). Lo scorso febbraio si registra una delle accelerate più importanti nell’inchiesta dopo la deposizione del pentito Rosario Naimo, membro della mafia siciliana e salito alla ribalta in seguito al traffico della cocaina negli anni '80. Palermitano, classe '45, Naimo è stato poi uomo di fiducia di Totò Riina nei rapporti tra la mafia italiana e quella americana, in particolar modo con il clan dei Gambino. La deposizione di Naimo (detto “Saruzzo”) mette sotto nuova luce gli avvenimenti di quegli anni. Secondo il pentito, Totò Riina avrebbe ordinato l’omicidio di Rudolph Giuliani, che

Il magistrato Giovanni Falcone

Il boss Totò Riina

a metà anni '80 era procuratore distrettuale di New York. Giuliani, da sempre impegnato nel combattere il crimine organizzato e il commercio di droga, sarebbe stato colpevole di avere collaborato con Paolo Borsellino e, soprattutto, con Giovanni Falcone. Naimo allora viveva negli USA e fece direttamente da tramite tra Riina e il clan dei Gambino, che avrebbero dovuto preoccuparsi della parte operativa dell’omicidio. Nonostante Naimo espresse alcune riserve, Riina fu abbastanza fermo sulla sua posizione, dicendo: «Loro

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ua cola G i N i d lo

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vogliono così». Ora, cosa intendeva il boss corleonese con quel pronome «loro»: lo Stato? I servizi segreti? Così la pensa Naimo: «Dissi a Riina che non era una buona idea e che avremmo avuto contro tutta l'America. Lui insistette e mi spiegò che era un modo per isolare Falcone che era appoggiato da Giuliani e che comunque c'erano persone che volevano quell'omicidio. Non so a chi si riferisse Riina ma siccome in Cosa nostra nessuno contava più di Riina, non

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poteva che intendere politici o servizi segreti». Giuliani è tuttora vivo, quindi non servono particolari deduzioni per capire che l’omicidio saltò. Fu lo stesso Naimo a riferire le stesse perplessità manifestate a Riina ai clan newyorchesi, in particolare a quello dei Gambino. Non solo la magistratura americana avrebbe annientato la mafia italiana, ma le cosiddette “Cinque Famiglie” non avrebbero mai accettato di pregiudicare in maniera così netta i propri affari, attirandosi le ire della


giustizia USA solo per fare un favore ai “cugini” italiani. Nel frattempo le indagini proseguono e vengono alla luce nuovi particolari. Sempre secondo Naimo la figura che avrebbe fatto da tramite tra Riina e lo Stato sarebbe stato Nino Cinà, un boss mafioso che avrebbe consegnato a Vito Ciancimino le richieste di Riina allo Stato per fare cessare le stragi. Anche in questo caso Naimo avrebbe espresso molte perplessità sulla figura di Cinà, sulle cui spalle sarebbero

gravate enormi responsabilità. Anche in questo caso, i dubbi di Naimo ripagarono: Cinà cedette alla pressione, esprimendo il desiderio di espatriare oltreoceano. Fu lo stesso Naimo, sempre su richiesta di Riina, a farlo desistere dai piani di fuga visto che «i contatti politici dipendevano da lui». Insomma, più l’inchiesta prosegue, più emergono particolari che fanno pensare a un pesante connubio tra Stato e mafia. Quale sarà la prossima puntata?

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Il «falso mostro» del Dams articolo

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esca i Franc

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De Rin

I tre delitti della scuola di Bologna sono opera di un serial killer? È 15 giugno 1983, un mercoledì, quando in un appartamento del centro storico di Bologna, in via del Riccio 7, Francesca Alinovi viene ritrovata senza vita. La donna ha 37 anni e insegna al Dams, dove ha la fama di essere l’astro nascente della critica artistica in Italia. Da tre giorni non risponde né al telefono né al citofono. Il corpo viene ritrovato a terra, non lontano dalla porta d’ingresso di casa, i piedi sono rivolti all’uscio, la testa alla camera da letto e il viso è coperto da un paio di grossi cuscini. Si intuisce subito che il suo assassino non ha avuto bisogno di scassinare la porta, mentre una prima analisi medico-legale del corpo certifica l'omicidio almeno tre giorni prima del ritrovamento, probabilmente domenica 12 giugno, tra la metà del pomeriggio e la serata. La donna è colpita da 47 coltellate, la maggior parte con ferite più profonde di un centimetro. Alcune pugnalate raggiungono anche il palmo di una mano - effetto forse di un tentativo di difesa e la schiena. Solo una, tuttavia, è mortale: quella inferta al collo, che provoca un’emorragia interna e che uccide Francesca in una decina di minuti. Dalla tipologia delle ferite, l’arma è una sola e infierisce sul lato destro del corpo. In bagno, sulla finestra, gli inquirenti trovano una scritta che recita: «Ad ogni modo non sarai sola». Per cercare l’autore di questo delitto gli investigatori si concentrano sulle persone più

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prossime a Francesca e isolano una decina di iscritti al Dams. Tra loro c’è Francesco Ciancabilla, 23 anni, legato alla vittima da una relazione sentimentale iniziata un paio d’anni prima e trascinatasi tra alti e bassi, costellata anche da episodi quanto meno burrascosi tra i due: in più occasioni Ciancabilla, affetto anche da problemi di tossicodipendenza da eroina, agisce con comportamenti fortemente violenti nei confronti della donna. Il 3 dicembre 1986, la Corte d’Assise d’Appello di Bologna lo condanna per l’omicidio di Francesca Alinovi a 15 anni di carcere. Per quanto ancora ci sia chi non crede fino in fondo alla sua colpevolezza, ad oggi l’assassino di Francesca Alinovi ha un nome. Sei mesi prima, sempre a Bologna, precisamente il 30 dicembre 1982, scompare Angelo Fabbri, ricercatore al Dams di 26 anni, considerato uno dei più brillanti allievi di Umberto Eco. Angelo vuole tentare la carriera universitaria e sempre a Bologna acquista un piccolo appartamento, lo stesso luogo dal quale si hanno le ultime notizie su di lui. Infatti il 30 dicembre 1982, verso la mezzanotte, telefona al suo migliore amico. La chiacchierata dura un'ora e mezza e in quell’arco di tempo il giovane appare sereno, parlando della notte di San Silvestro che vuole trascorrere con alcuni coetanei a Roma. Cosa accade dopo quella telefonata non si sa esattamente. Il giorno

successivo, il 31 dicembre 1982, due cercatori di tartufi in Val di Zena, sugli Appennini attorno Bologna, trovano il corpo di Angelo, trafitto da dodici coltellate, tutte alla schiena, inflitte da una lama di una trentina di centimetri. Sei di quei colpi sono mortali e la profondità delle ferite è differente, come se le mani fossero diverse. Si ipotizza che per uccidere e buttare Angelo in quella zona abbiano collaborato più persone: la vittima, infatti, è alta quasi 190 centimetri e pesa più di 100 kg. Dettaglio importante: l'impermeabile che indossa non presenta i segni della violenza. Dunque, appare chiaro che l'omicidio non si consuma in quel luogo: l'omicida - dopo aver compiuto il fatto - riveste Angelo per gettarlo dove viene ritrovato. Le indagini si rivelano subito difficili. Lo stile di vita della vittima non sembra lasciare spazio a storie sospette. Cosa però accade a quel giovane e chi erano i suoi assassini non viene mai a galla. A tutt’oggi il delitto di Angelo Fabbri è irrisolto. Dopo questi due efferati omicidi in città, c’è chi inizia a parlare della presenza di un “Mostro”, una persona che uccide gli studenti del Dams. Il 1983 è un anno maledetto per la facoltà del Dams di Bologna anche per un altro terribile omicidio, anche questo ad oggi irrisolto. È il 29 novembre 1983 quando Leonarda Polvani 28 anni, alle 20.00, parcheggia la sua Fiat 126

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esca i Franc

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nel garage di casa. Dovrebbe fare solo pochi passi per raggiungere l’androne dell’edificio in cui vive e salire nel suo appartamento, dove l’attende il marito, il quale, non vedendola rientrare, allerta le Forze dell’ordine. La vita della Polvani è irreprensibile: con il marito è felice e le sue giornate si dividono tra il lavoro come designer in un laboratorio di gioielli e la ripresa degli studi al Dams di Bologna. Il 3 dicembre il corpo di Lea Polvani viene ritrovato in una delle grotte della Croara, a est di Bologna. Quelle grotte dovrebbero essere inaccessibili: l'ingresso è sbarrato da cancelli con catene e lucchetti. Ad accorgersi della presenza di un cadavere è un guardiacaccia che sta perlustrando la zona. La ragazza viene trovata con il dorso nudo, gli abiti alzati sulla testa, e con un laccio intorno al collo. Il torace presenta la ferita letale di una pistola calibro 6.75, che raggiunge la Polvani al cuore. Anche in questo caso gli investigatori escludono la rapina. La donna indossa ancora i gioielli e non sembra che la sua borsa sia stata frugata. Vestiti scomposti a parte, non sembrano esserci tracce di stupro, come conferma poi anche l’autopsia. Ciò che è certo è che devono essere trascorse pochissime ore tra la sparizione e la

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morte della ragazza. Nessun elemento consente di arrivare a un’identificazione dell’assassino: col trascorrere del tempo le indagini si arenano e come per Angelo Fabbri - non verrà mai scritto il nome di un colpevole. Questo è l’ultimo dei cosiddetti delitti del Dams. Mesi prima del novembre 1983 si pensa che ci sia un altro caso da aggiungere agli allora due e destinati a diventare tre. A luglio, poche settimane dopo la morte di Francesca Alinovi, Liviana Rossi, 22 anni, una ragazza ferrarese iscritta al Dams di Bologna, viene uccisa in Calabria, in un albergo del crotonese. Ma il caso viene presto risolto: la ragazza, in un tentativo di stupro da parte del direttore dell’albergo nel quale alloggiava, cercando di divincolarsi, cade fratturandosi il cranio. Chi, in una città già martorizzata in quegli anni da sconcertanti fatti di cronaca, può uccidere un brillante ricercatore, un astro nascente della critica artistica italiana e una donna dalla vita irreprensibile, così, senza apparente motivo e in maniera brutale? Chi se non un Mostro? Cosa ci spinge a cercare i cosiddetti Mostri? Forse il bisogno di trovare una risposta a quello che razionalmente non sappiamo spiegarci.


sua conoscenza e che non ha riserve a far entrare in casa. Un serial killer non entrerebbe in casa di una sconosciuta col fine di ucciderla, esponendosi al rischio di creare allarmismi o incorrere in inconvenienti che lo potrebbero esporre al pericolo del riconoscimento e della cattura. Non gioca a favore dell’ipotesi dell’omicida seriale la scelta dell’arma e il modus operandi. Un serial killer, generalmente, sceglie di colpire sempre con la stessa arma e le modalità lesive sui corpi sono simili. L’arma, spesso, diventa proprio la firma del serial killer, l’elemento che permette di mettere in relazione tra loro gli eventi di una serie di omicidi. L’arma è il suo feticcio, il mezzo attraverso il quale raggiunge il suo massimo piacere. Ed è per questo che spesso sceglie di agire con un'arma bianca, che gli permette di avere un rapporto più ravvicinato e intimo con la sua vittima e godere Davanti all’efferatezza umana, fredda e del fatto che questa stia morendo tra le sue mani. immotivata, non c’è altra salvezza che attribuire Invece, nei cosiddetti delitti del Dams, tutte e cotanta brutalità alle gesta di un Mostro. tre le vittime sono state uccise con armi diverse: Spieghiamo ora perché non siamo davanti ad un la Polvani è attinta al cuore da un proiettile; la omicida seriale, al cosiddetto “Mostro del Dams”. Alinovi viene sgozzata, poi sul suo corpo sono Nella scelta delle sue vittime il serial killer state inferte altre numerosissime coltellate tutte generalmente uccide prede semplici da frontalmente e solo poche, lievi, sulla schiena; avvicinare e catturare, persone con le quali non Fabbri invece viene ucciso da dodici coltellate ha precedentemente intrattenuto relazioni. Può alla schiena. Dunque tre modalità lesive diverse, osservare la sua futura vittima da lontano, per che fanno supporre tre moventi e tre tipologie giorni, per conoscerne le abitudini e scegliere molto differenti. in base a queste il momento giusto di agire. Al E ancora, è altamente probabile che il Fabbri contrario, tanto nell’omicidio di Fabbri, quanto in sia stato ucciso con la complicità di due o più quello della Alinovi che in quello della Polvani, è persone: il serial killer invece è un omicida altamente probabile che le tre vittime conoscano solitario perché nulla deve frapporsi tra lui e il loro assassino. La Alinovi, ad esempio, è il suo piacere personale. Ecco dunque che stata ritrovata morta in casa sua, apre la porta l’ipotesi dell’esistenza di un serial killer ad oggi al suo assassino, a una persona dunque di non rimane che una suggestione.

L’analisi dell’esperta, dott.ssa Francesca De Rinaldis (psicologa forense)

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Storie

quasi inosservate Postumi di un caffè corretto

Due giovani entrano in un bar Tabaccheria di Mirabello. Ordinano un caffé corretto con liquore e chiedono una quantità di Sambuca oltre quella normalmente dosata dal barista. Il cliente non sa però che, così facendo, il prezzo del caffé corretto è destinato a salire. Quando se ne accorge, uno dei due giovani va su tutte le furie. L'episodio scatena un attacco cardiaco al barista 53enne Gianluca Sforza, causandone la morte. Una semplice lite? No, per il Gip è omicidio preterintenzionale. I due giovani a processo.

Brucia tremila euro e poi si uccide Pecore tossicodipendenti si suicidano

Un gregge di pecore ha “deciso” di togliersi la vita a suon di testate. La singolare vicenda è avvenuta in Australia. Quello che sembra un vero e proprio suicidio di massa è dovuto all’assunzione, per lungo tempo, di una pianta, la Dearling Pea, altamente tossica per gli ovini al punto da generare una dipendenza così come avviene per gli eroinomani. Il veleno ha intaccato il loro sistema nervoso, giustificando tanta violenza.

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Ci sarebbero problemi psichici alla base del gesto di un 56enne di Cagliari, il quale ha bruciato circa tremila euro prima di suicidarsi. Gli inquirenti indagano per suicidio ma non sono esclusi clamorosi risvolti. In particolare sotto inchiesta è la vita dell'uomo ed eventuali debiti ai quali potrebbe essere andato incontro.


I killer degli adolescenti

Incidenti stradali, Aids e suicidio: sono queste le prime cause di morte fra gli adolescenti. A dirlo è un Rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) diffuso a Ginevra. Solo nel 2012 si conta una stima impressionante che va da un milione a un milione e trecentomila adolescenti deceduti per le predette cause. Nel 2013 i dati raccontano solo una relativa diminuzione di mortalità per quanto riguarda maternità e parto. Ma è una magra consolazione: la guardia resta ancora molto alta.

Gip è sul punto di archiviare il caso, ma di parere diverso è lo sfortunato macellaio. Ecco allora che parte all'attacco per avere un risarcimento congruo. Altro che incidente: la vera partita comincia ora. Chi finirà nel tritacarne della Giustizia?

Breaking bad all'italiana

Tutti conoscono la fortunata serie tv Breaking bad e probabilmente qualcuno si è ispirato ad essa per portare a termine progetti criminali. Quanto meno è ciò che potrebbe aver pensato il 62enne Carmelo Puzzella, nelle cui proprietà i Carabinieri di Fucecchio trovano mezza tonnellata di marijuana. Come nella serie tv, la storia è complessa e affascinante con addirittura un omicidio di 30 anni fa a portare gli inquirenti sulle tracce dello spaccio di stupefacenti. Forse la vicenda farà da spunto per una serie tv nostrana.

Polemica con Facebook per foto di suicida

Il macellaio nel tritacarne

Vicenda pulp a Palma. Mentre è al lavoro, un 38enne addetto alla macelleria finisce con il braccio nel tritacarne. Un incidente, si pensa, e la Polizia provvede a sequestrare il macchinario. Il

Fa discutere negli Stati Uniti la decisione iniziale di Facebook di non vietare la pubblicazione delle immagini del suicidio di un ex marine, foto pubblicate da quest'ultimo riprendendosi durante l'atto. «Non viola alcuna regola», è stata la risposta del social network dopo le pressioni della famiglia e degli amici dell'uomo suicidatosi. Alla fine quest'ultimi hanno avuto la meglio ma la vicenda ha sollevato molte polemiche esigendo di interrogarsi sul limite da imporre alla pubblicazioni su Facebook per casi del genere.

«Colpa grave»

«Incapacità del servizio pubblico della giustizia di compiere la missione fondamentale a lei

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attribuita, ossia proteggere i cittadini». Così ha sentenziato il Tribunal de Grande Instance di Parigi in merito alla mancata protezione di una donna uccisa dal proprio compagno. La vittima aveva più volte denunciato l'uomo ma senza ottenere protezione. Colpa grave dello Stato francese, dunque: mirabile autocritica.

19enne fa carriera nel mondo del porno ma muore suicida Alyssa Funke è una ragazzina poco più che maggiorenne quando decide di voler fare carriera nel mondo della pornografia. Una scelta discutibile per la sua famiglia; addirittura spregevole per un gruppo di cyber bulli che la deridono e la minacciano. Alla fine, la 19enne non sopporta le pressioni e si uccide, mostrando in un attimo tutta la fragilità di quell'età, nonostante la scelta “coraggiosa”.

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Mistero a Marino

Un poliziotto 51enne di Ascoli Piceno si è tolto la vita nella sua abitazione. L'uomo era guardia carceraria a Marino del Tronto. L'episodio giunge a conclusione di una drammatica scia di suicidi avvenuti a Padova e a Siena circa un mese fa. Cosa sta accadendo nelle carceri italiane e queste morti quali misteri trascinano con sé?


Come in un film

A dodici metri d'altezza un marinaio, sull'albero di una nave, decide di farla finita. L'epilogo sembrerebbe inevitabile. Invece un compagno di navigazione dell'uomo compie gesta degne di un brillante film d'azione: riesce a salire sul ponte senza essere visto, afferra il compagno nel momento in cui sta per mettere in atto il suicidio e lo porta in salvo con altrettanta rapidità, il tutto ripreso da una telecamera. Oggi il video è tra i più visti sui social network.

Polizia uccide disabile chiusosi in bagno Una storia triste viene dal Texas. Un ragazzo disabile all'improvviso si chiude in bagno pubblico minacciando di suicidarsi. Scatta l'allarme nella città di Houston e accorrono gli agenti per sedare i propositi del ragazzo, nel frattempo sdraiatosi nella vasca da bagno. Le maniere soft non bastano e allora la Polizia fa fuoco cinque volte: il ragazzo muore, fra l'incredulità dei presenti.

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Il cervello fra atrocità e ricordi Uno studio recente spiega perché ricordiamo e giustifichiamo taluni fatti violenti e ne condanniamo altri

Corre l’anno 2004 e per la prima volta al cinema viene trasmesso il film Eternal sunshine of the spotless mind, tradotto in italiano in Se mi lasci, ti cancello: è la prima volta che la curiosità del pubblico viene attirata da una tecnica fantascientifica particolare, dove si ha la possibilità di sradicare il ricordo della persona amata e dei momenti vissuti insieme, dopo la fine di una storia d’amore. Ecco allora che diventa affascinante capire come le emozioni che si vivono quotidianamente possano poi divenire dei ricordi stabili nella nostra mente: ma se un giorno decidessimo di voler eliminare dai nostri pensieri ciò che ci ha fatto soffrire, saremmo in grado di farlo? Diversi studi suggeriscono che tra le varie tipologie di memoria quelle più persistenti nel tempo sono le memorie associate a situazioni di pericolo e di paura, le quali non solo si formano più velocemente delle altre, ma possono estendersi anche al di fuori del contesto in cui si sono formate, generando in alcuni casi dei disturbi di stress posttraumatico. A tal proposito, il noto neuroscienziato Eric

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Kandel, in uno dei suoi scritti sostiene: «La memoria mi ha sempre affascinato. Pensateci: tutti possiamo richiamare alla mente il primo giorno di liceo, il primo appuntamento, il primo amore. Nel farlo, non ci limitiamo a rievocare l’evento, ma riviviamo l’atmosfera in cui si è svolto». In questi casi, ciò che praticamente accade nel nostro cervello è l’attivazione di specifiche aree cerebrali, prime fra tutte l’amigdala e l’ippocampo. L’amigdala viene considerata il centro di integrazione di processi neurologici quali le emozioni, in particolar modo si attiva per rispondere a stimoli negativi - una su tutti, la paura - ed è la componente fondamentale del sistema della memoria emozionale. L’ippocampo, invece, è il centro di integrazione della memoria e ha un ruolo fondamentale nel regolare i vari processi alla base dell’apprendimento. Le informazioni provenienti dai cinque sensi giungono direttamente all’amigdala che è la prima ad attivarsi, in questo modo consente di rispondere al pericolo in maniera estremamente rapida, ancor prima che la corteccia cerebrale possa comprendere cosa stia accadendo intorno a noi. L’ippocampo, invece, è deputato a raccogliere e archiviare i ricordi che in questa fase non saranno più percepiti come sensazioni emotive ma come ricordi bibliografici. Le ricerche più recenti nell’ambito delle neuroscienze apportano risultati straordinari e sempre più stupefacenti, legati soprattutto ai processi di memoria e apprendimento. Dopo la nuova scoperta di un principio

attivo - chiamato propanololo - che sembra essere in grado di cancellare gli eventi traumatici memorizzati dal nostro cervello, è parzialmente dimostrato come un impulso

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eF essia D l A i d lo

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nuovo rispetto ad uno familiare susciti maggiore attenzione (o una reazione più evidente) generando assuefazione. Il nostro cervello metabolizza e tende ad adattarsi ai comportamenti ripetitivi, focalizzando l’attenzione sulle situazioni nuove; ognuno di noi tiene un comportamento prevalentemente egocentrico e difficilmente si immedesima nell’osservare la realtà con gli occhi di qualcun altro, nonostante sia gentile e ne cerchi di capire il punto di vista del prossimo. Una recente notizia porta alla luce l’idea che il nostro cervello sia più incline a giustificare le torture o atrocità che vengono commesse da persone appartenenti alla stessa etnia anziché da persone di etnia diversa. Alcuni scienziati compiono dei test su diverse persone, mostrando loro delle immagini di

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storie di guerra tra afghani e americani e osservando come le scene più atroci vengono in qualche modo giustificate se le azioni sono commesse da persone appartenenti al proprio gruppo sociale; in questo modo gli americani tendono a giustificare i crimini di guerra commessi dai soldati americani e lo stesso vale per gli afghani, mentre non ci sono giustificazioni nel raccontare crimini condotti da persone di etnia diversa. Cosa ci sia alla base di questi processi mentali non è semplice da identificare, il cervello è da sempre definito come «una macchina complessa». Capire quali siano i meccanismi molecolari coinvolti è il primo passo da compiere per arrivare a comprendere in maniera sempre più fine, come agisce il nostro cervello.


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I nuovi confini della sessualità nella disabilità Ecco cosa accade nel nostro Paese fra preconcetti e riflessioni sull’affettività nella inabilità intellettiva

Nel corso degli ultimi anni le famiglie, i servizi e le stesse persone con disabilità stanno acquisendo una sempre maggiore consapevolezza della sessualità e delle problematiche culturali, etiche, affettive e relazionali ad essa correlate. Tuttavia, appare tuttora evidente che a fronte di conoscenze teoriche sul piano della vita quotidiana e del sostegno alla realizzazione

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di una propria vita affettiva e sessuale, le persone con disabilità soffrono una condizione esistenziale di pesante limitazione. Difatti, ancora oggi le persone con inabilità ed in modo particolare con quella intellettiva rimangono drammaticamente discriminate per quanto riguarda l’accesso alle relazioni di intimità, compreso l’esercizio fisico della sessualità.


produzione coinvolge esponenti del mondo del sociale, psicologi e associazioni impegnate nel diritto alla sessualità del disabile intellettivo. Al suo interno si trovano interessanti storie, tra le quali spicca quella di due ragazzi con sindrome di Down che parlano del loro rapporto di coppia. Oltre al pregiudizio, uno scoglio difficile da superare è quello della negazione in famiglia della sessualità, cosa che avviene anche nella società stessa, dove mancano formazione e La convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle comunicazione sul tema. Sarebbe utile creare più Persone con Disabilità (approvata nel 2006 e consapevolezza per gli interessati e informare il subito ratificata dall'Italia) riconosce la necessità più possibile sulla questione, per quanto il campo di non discriminare soggetti facenti parte di sia molto delicato. Per esempio, promuovere questa categoria, per quanto riguarda il pieno scambi di esperienza tra famiglie potrebbe godimento dei propri diritti, definendo una base essere il primo passo in questa direzione. etico-giuridica agli interventi che sostengono Alcuni studiosi ritengono infatti che la cosa più l’educazione e la tutela della sessualità umana importante sia chiedere alla persona disabile che cosa voglia, riconoscendo in lei la soggettività anche per le persone disabili. Ma serve innanzitutto capire come si presenta e la capacità di scegliere e valorizzando il suo la sessualità in casi del genere: con quali diritto ad avere una propria sessualità. comportamenti si manifesta? E che cosa pensa di essa la famiglia dell'interessato? Affrontare questo tema significa soprattutto parlare della persona nella sua totalità, eliminando quello che prima era una sorta di tabù. La sessualità è da sempre relegata alle persone cosiddette normodotate, mentre oggi questo argomento per quanto ancora delicato e spinoso - comincia a manifestarsi come un bisogno di ogni essere umano. Questa materia in Italia è oggetto di dibattito da più di 35 anni. Per affrontarla, il testo base è Sessualità e handicappati, pubblicato nel 1978 e punto di partenza di numerosi studi e approfondimenti sul tema. Nonostante ciò, la materia resta tutt'oggi ancora molto complessa. Nel 2007 viene anche girato un cortometraggio, tratto dal libro Cinquanta di questi giorni, la cui

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Dagli spargimenti di sangue alla conquista del web Con le 'ndrine nell'informatica ecco come cambia la criminalità organizzata

La criminalità organizzata si muove creando un grande sistema malavitoso che si insedia radicalmente nella società. Diverse organizzazioni criminali si sviluppano dapprima in piccole aree territoriali e poi si allargano, con il tempo, sul territorio nazionale e internazionale in vista di un obiettivo importante: il profitto economico. Questo è anche il caso della 'Ndrangheta che nasce nella seconda metà del 1800 in una regione con un’economia prevalentemente rurale, la Calabria. Partendo da qui, l’organizzazione si estende, divenendo una delle più pericolose strutture criminali del mondo, con un fatturato che oggi si aggira intorno ai 43,7 miliardi di euro. I vari gruppi criminali, identificati con il nome di «famiglie» (o «'ndrine») per la loro organizzazione di tipo familiare, crescono negli anni compiendo vari reati. Partendo inizialmente con furti, omicidi, attentati, estorsioni, sequestri di persona, la 'Ndrangheta arriva a gestire «grossi affari» come il traffico della droga, delle armi, della prostituzione, dell’immigrazione, dei giochi illegali e così via. La criminalità organizzata si infiltra pian piano anche nell’ambito politico, economico e amministrativo, fino ad ottenere la gestione di appalti pubblici.

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I mezzi e gli obiettivi da raggiungere, però, cambiano in base ai tempi. Mentre in passato le 'ndrine e le altre cosche malavitose si sono imposte sul territorio con la violenza e compiendo atti di terrorismo, oggi si infiltrano facilmente in tutti i settori della società utilizzando soprattutto “armi silenziose”. Tra queste, molto diffuso è il fenomeno del Cybercrime, quello che il giornalista Biagio Simonetta, in un libro-inchiesta, definisce «criminalità invisibile 2.0». L’Associazione Nazionale per la Sicurezza Informatica evidenzia gli incidenti più importanti che avvengono in Italia e nel mondo. Il Rapporto Clusit 2014 dice che la motivazione principale per cui vengono compiuti attacchi informatici è di natura criminale. Il 60% di essi è dovuto ad azioni di cybercrime e il 24% ad azioni di spionaggio


industriale per sottrarre progetti, dati di business o documenti. Dagli studi effettuati emerge che il 50% degli attacchi ha origine in Asia; segue l’Europa con il 30% e chiudono gli Stati Uniti e il Medio Oriente con il 10%. Dai dati del 2012 emerge la diminuzione del numero di attacchi verso enti governativi, partiti politici, Forze dell’ordine (sempre comunque al primo posto) a fronte di un aumento di quelli contro l’industria dell’informazione e dello spettacolo, i servizi cloud, web 2.0, social e le istituzioni di ricerca o scolastiche. Nel 2013, invece, si verifica un leggero incremento di attacchi al settore governativo e un boom di attacchi al settore bancario e finanziario, con un passaggio dal 5% del totale del 2012 al 9% nel 2013. I social network che gestiscono i profili di un notevole numero di utenti sono tra i più colpiti soprattutto per i furti d’identità. A causa di queste numerose aggressioni virtuali, oggi aumentano i controlli e le spese delle aziende per la sicurezza informatica. La Polizia Postale e delle Comunicazioni - in collaborazione con altri enti e aziende - mette in atto numerose azioni di contrasto e prevenzione al fine di ridurre i danni di questi nuovi e potenti atti criminali. A questo punto, quanto meno si spera che gli spargimenti di sangue siano solo un lontano ricordo.

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LIBRI CONSIGLIATI Come i servizi segreti usano i media, Aldo Giannuli, Ponte alle Grazie. Giornali, radio, televisione, internet: l'intero universo dei media è attraversato dalla problematica delle fonti e del significato delle notizie. L'opera di Aldo Giannuli cerca di fare luce sul rapporto che si gioca tra il mondo dei servizi segreti e la loro capacità di intervenire e interpretare il flusso di informazioni che ci investe ogni giorno. Il libro si rivela una preziosa guida per andare al di là della notizia.

Scoop. Notizie che hanno fatto la storia e non solo, Giangiacomo Schiavi, Carte scoperte.

Un'eccezionale raccolta di notizie sensazionali che hanno condizionato e caratterizzato i periodi più importanti della storia del giornalismo e non solo. Il libro di Giangiacomo Schiavi diventa una fonte importante per leggere, uno dietro l'altro, i grandi scoop e le storie straordinarie che si nascondono dietro ciascuno grazie alle grandi firme giornalistiche.

RADIO CONSIGLIATE

Solo per i nostri lettori, la rubrica che cerca in giro per il web e sulle frequenze nazionali i programmi radio più interessanti sul mondo del crimine. Questo mese segnaliamo... Zone d'Ombra, programma di Radio Manà Manà (condotto da Giovanni Lucifora) che ogni sabato racconta i più importanti casi di cronaca nera. Solo su fm 89.1 e sul sito www.radiomanamana.it, potendo così ascoltare anche le puntate precedenti.

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Consigli del mese

FILM CONSIGLIATI

Three days to kill, McG, Eagles Pictures.

Attori: Kevin Costner, Amber Heard, Hailee Steinfeld, Connie Nielsen, Tomas Lemarquis. Ethan, agente della Cia, appena sa di avere una grave malattia decide di compiere ultime e riconcilianti gesta per rimediare agli errori commessi nel passato. Ma all'improvviso un agente segreto gli propone un'ultima missione: grazie ad essa potrebbe ottenere una cura miracolosa e guarire del tutto. Da qui comincial'ultima avventura di Ethan.

Incompresa, Asia Argento, Good Films.

Attori: Giulia Salerno, Charlotte Gainsbourg, Gabriel Garko. Aria, ragazzina di nove anni, vive in una famiglia composta da due sorellastre e da genitori separati, sempre alle prese con i rispetti lavori. Ogni iniziativa di Aria genera situazioni difficili che influiscono inevitabilmente sulla crescita della ragazzina. Amori e amicizie condiscono un'esistenza difficile alla ricerca di un riscatto, in una storia che diventa motivo di riflessione sul peso della solitudine interiore.

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Stephen Frears commuove ancora con la storia di una donna sulle tracce del figlio perduto L’ultima fatica del regista inglese Stephen Frears, Philomena, è la trasposizione cinematografica del libro investigativo The lost child of Philomena Lee (2009), a sua volta racconto di una storia realmente accaduta. La vicenda si consuma nell’Irlanda cattolica degli anni '50. Philomena Lee è un’adolescente che per un mix fatale di ingenuità, inesperienza e curiosità, si ritrova incinta fuori del matrimonio. Ripudiata dalla famiglia, partorisceil bambino in un istituto di suore, dove è segregata e lavora quasi in uno stato di schiavitù per ripagare le spese del mantenimento suo e del figlio. Pochi anni più tardi il bambino verrà dato in affidamento, contro la volontà di Philomena, a un'agiata famiglia americana e le verrà strappata una firma su un contratto che la impegnerà a non cercare mai più il figlio. A cinquant’anni e dopo un profondo percorso interiore, Philomena non si arrenderà e andrà alla ricerca del suo Anthony, incrociando

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la sua strada con quella di Martin Sixsmith, un giornalista della Bbc appena licenziato alla ricerca di storie facili. Martin, inizialmente per ragioni monetarie, aiuterà Philomena nella sua impresa. La convincerà ad andare con lui negli Stati Uniti alla ricerca del figlio perduto, per riuscire finalmente a chiudere il cerchio su quanto realmente è accaduto in passato. Presentato a Cannes 2013, e ivi pluripremiato, Philomena è un film che colpisce in primis per il suo straordinario equilibrio. Dramma, intimismo, provocatorio british humor, riflessioni brillanti e un lungo viaggio che si tramuta in crescita personale: sono questi gli elementi intrecciati da una sceneggiatura magistrale e leggera che riesce a soddisfare il pubblico di tutti i

palati. Straordinari i due protagonisti, l’ormai ottuagenaria Judi Dench, il cui volto rugoso è una meraviglia per gli occhi, e la sua controparte Stephen Frears, qui in doppia veste di regista e attore. Il tutto è incorniciato da dialoghi, inquadrature e musica che riescono nella difficile impresa di non scadere nel melenso. Il grande pregio e difetto dell’opera di Frears è di riuscire a rendere molto meno cronachistica, e decisamente più personale, l’interpretazione della vicenda dell’onesta Philomena e del disincantato Martin rispetto al libro da cui prende ispirazione. La complessa personalità di Anthony, riportata con dovizia di particolari nel libro, è qui infatti appena accennata; l’attenzione viene spostata tutta sul punto di vista della madre e sul rapporto tra i due protagonisti alleati-duellanti, che incarnano il confronto di due tipologie di fedi, teista e atea. Se c’è un insegnamento che Philomena trasmette, infatti, è proprio quello che nella vita ci vuole fede, il che non vuol dire necessariamente fede in Dio. E comunque Frears fa passare forte e chiaro il messaggio che ne esistono varie tipologie. C’è la fede estremamente integralista delle diaboliche suore di Roscrea, che si innalzano a esecutori dell’eterna condanna divina (non ancora emessa) nei confronti di una donna macchiata dal peccato, e c’è la fede privata, personale, intima di Philomena, grazie alla quale la donna riesce ad aggrapparsi alla vita e perdonare l’imperdonabile.Un film potente, insomma, in grado di far riflettere e divertire, che ha acclamato successo in tutto il mondo. Da vedere e, perché no, anche far vedere, soprattutto a quegli esponenti della Chiesa cattolica che troppo spesso con omertà hanno chiuso gli occhi davanti a tanto male.

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o t n i t s I e l a n i m cri cioli: c cile u fi c f i i e d Ï d s a vit tato co s i a La dura m non è e r e c s e cr

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È un mondo molto duro per gran parte degli organismi viventi e, spesso, lo è ancor di più per i cuccioli che facilmente diventano vittime dei predatori. Appena venuti al mondo devono già lottare per la sopravvivenza. Per questo motivo, i cuccioli degli erbivori sono già in grado di alzarsi sulle zampe e fuggire a pochi minuti dalla nascita. Una giraffa neonata, alta più di un uomo, dopo soli venti minuti è in grado di seguire il gruppo. Stesso discorso anche per le piccole tartarughe marine. Le uova schiudono contemporaneamente, così da assicurare ai piccoli maggiori probabilità di sopravvivenza. Appena nati, corrono più velocemente possibile verso il mare. Il tragitto è però irto di numerosi nemici, come gli uccelli e i granchi, che desiderano banchettare con la loro carne. Ma anche in mare la vita delle piccole tartarughe è tutt’altro che semplice e, alla fine, soltanto una tartaruga su mille riesce a diventare adulta. I predatori non sono l’unica minaccia per i cuccioli. Sebbene siano casi estremamente rari, anche in natura esiste l’infanticidio. I leoni

vivono in gruppi composti da leonesse adulte con i loro cuccioli e un maschio adulto a capo del branco. Una società patriarcale, dunque. Ma il branco di leonesse deve essere conquistato con la forza poiché solo un maschio adulto forte può difenderlo efficacemente. Così, capita spesso che un leone cerchi di spodestare il leader del branco per ottenerne il controllo. Se vincerà compirà un vero e proprio infanticidio: ucciderà tutti i cuccioli del branco, così da rendere le leonesse nuovamente disponibili all’accoppiamento e tramandare i suoi geni alla prole. Naturalmente le femmine non restano a guardare e cercano di salvare i propri piccoli ma, alla fine, l’inevitabile accade. Dopo avere eliminato i figli del maschio sconfitto, il leone si accoppierà con le femmine, anche cinquanta volte nell’arco della stessa giornata, garantendosi così il diritto di tramandare i propri geni alla prole. Il cuculo ha invece l’abitudine di deporre le proprie uova nel nido degli altri uccelli così da non dover fronteggiare le cure parentali. Se

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l’inganno non viene scoperto dai genitori adottivi, il piccolo cuculo appena nato spingerà giù dal nido gli altri nidiacei al fine di assicurarsi tutto il cibo per sé. Crescendo diventa molto più grande dei suoi genitori adottivi che, ignari, continuano a nutrirlo fino all’involo. In alcune specie di uccelli avviene un vero e proprio fratricidio. Nelle aquile reali il fratello più grande uccide il minore, così da assicurarsi la totale dedizione dei genitori. È una pratica crudele, denominata “cainismo” in riferimento al personaggio biblico che uccise il proprio fratello. Ma anche questa, come tutto in natura, ha uno scopo: assicurare maggiori probabilità di sopravvivenza ad un nidiaceo quando le risorse alimentari potrebbero non essere adeguate a crescerne due. Non fanno eccezione alcune specie di squali, laddove la fecondazione dà vita a diversi embrioni ma solo pochi arrivano alla nascita. I più piccoli non fanno in tempo a vedere la luce che sono già divorati dai fratelli maggiori all’interno dell’utero. Non è facile crescere, dunque. E ogni cucciolo che riesce a diventare adulto è realmente un piccolo miracolo.

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