Cykeln Magazine 00

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U R B A N

P E O P L E

F I X E D

R I D E R S

H U B


Editor: Niccolò Poppi Publisher: Claudio di Santo On the cover: Rivogliamo il Vigorelli di Massimo Bacci Info: info.cykeln@gmail.com Advertising: advcykeln@hotmail.it Web: www.cykeln-mag.com Photo credits: Massimiliano Bacci Rocco Bizzarri Arianna Carotta Angelo Ferrillo Martina Gastaldi Marco Mucig

Basta uno sguardo fuori dalla finestra ed è chiaro; nuovi ciclisti navigano le nostre città e portano con se un abbondanza di idee ed esperienze. Persone provenienti da tutti i ceti sociali per i quali la bicicletta è il grande unificatore. Promettenti forme sociali si riappropriano della strada legittimandone il possesso attraverso arte, cultura, moda ma anche feeling, passione e dedizione. Questo è quello che vedono i nostri occhi; una finestra aperta su un mondo che non è solo bici, ma è soprattutto espressione e continuità, crescita ed evoluzione. Il tutto accomunato dal mezzo più semplice e più ingegnoso che sia mai stato inventato; La bicicletta. Cykeln non è una rivista fatta da professionisti ma solo una comune collaborazione tra i molteplici scenari che si sono costruiti intorno al mondo delle due ruote. Rider, fotografi, video maker, artigiani, atleti, dilettanti, designer e molto altro ancora. Ci interessano gli spazi in cui nascono i movimenti e le idee, ci interessano le persone e la creatività, ma soprattutto ci interessano le parole e i racconti del passato, del presente e del futuro. Un Italia a 360 gradi su 2 ruote! Chiunque vuole contribuire a rendere migliore questa rivista, basta che ci scriva! God bless your ride Niccolò & Claudio

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IRIDEFIXEDMODENA pg 6 Vi raccontiamo la storia di uno degli hub più attitvi d’Italia

MATTEO CASTRONUOVO pg 12 Corriere in bici a Milano

LA STRANA OFFICINA pg 20 Il famoso HUB sulle colline toscane

ANGELO FERRILLO pg 22 Storia di un fotografo appassionato di bici

FIXED FORUM pg 28 Richard e Ciaba ci raccontano come è nato Fixed-Forum

CITY RIDER pg 28 Ogni mese come sempre i nostri rider ci raccontano le loro storie

LUCA MATHIA BERTONCELLO pg 36 Un uomo un perchè

ARCH pg 47 Non è un paese per vecchi

ALESSANDRO ARBI pg 47 Bmx flatland rider

SPRING BIKE pg 47 Photo report a cura di Martina Gastaldi

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OGGI VI RACCONTEREMO LA STORIA DI UNO DEGLI HUB PIù ATTIVI NEL PANORAMA ITALIANO. Una giornata di sole primaverile ci accompagna oggi all’incontro con i ragazzi di Iride a Modena. L’idea di un’ intervista per Cykeln era in cantiere da un bel po’ nelle nostre teste, ma per me e Claudio era più un pretesto per passare qualche ora in compagnia di Matteo e Walter che da tempo volevamo conoscere meglio. Ci troviamo quindi in treno con le nostre bici, direzione Modena. Claudio sale da Firenze e dovendo fare un’ infinità di cambi per trovare un treno con carrozza per trasporto bici, arriva un’ oretta dopo di me che invece scendo diretto da Milano. Approfitto quindi del tempo a disposizione per fare un giretto esplorativo di Modena.; c’è molto movimento in giro perché proprio oggi inaugurano il “Museo Casa Enzo Ferrari”, un progetto che come mi mostrerà in seguito Matteo sul computer, ha dell’incredibile, e a livello di design è davvero estasiante. Decido volontariamente di seguire il flusso delle auto e di perdermi senza chiedere informazioni lungo le strade che circondano il centro, arrivando davanti ad un vialone chiuso al traffico. Deduco di essere arrivato all’incipit della zona Museo, infatti mi ritrovo circondato da poliziotti, carabinieri e forze dell’ordine locale, che deviano anche me verso una strada parallela. A questo punto decido di fermarmi a prendere un caffè e chiedere a qualcuno informazioni sulla strada per l’HUB. Non faccio in tempo ad aprire bocca

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nel bar in cui mi fermo, perché il gestore, un uomo di mezza età, vedendo la mia bici, mi indica e dice : “ Dovresti andare da Iride”. A questo punto realizzo che questa città è senza dubbio a misura d’uomo. In poco meno di 5 minuti, seguendo le indicazioni del barista, arrivo davanti a IRIDE FIXED. Il negozio è stupendo, luminoso, e la prima cosa che salta all’occhio è il pavimento con le doghe in parquet che ripropone le linee rosse e blu tipiche del velodromo. Un bancone lungo separa l’officina dal resto dello showroom che straborda in un caos controllato di telai, ruote e componenti di ogni colore. Ed è il colore che senza dubbio predomina: telai vintage e convertiti si alternano infatti ad altri più recenti, cerchi e copertoni, steam, pieghe, il tutto sistemato come in un vero e proprio showroom di design. Saluto i ragazzi e dopo qualche scambio di battute veloci, scappo per andare a prendere Claudio alla stazione. La padronanza della strada che mi porta diretto a destinazione è una conseguenza logica di una città che sento subito mia e nella quale trovo semplice girare. Anche Claudio percepisce subito questa sensazione e celeri ci dirigiamo verso il negozio. Walter ci saluta per andare a svolgere la funzione di papà e io e Claudio ci intratteniamo con Matteo. La stessa sensazione di familiarità provata girando per Modena, la si prova parlando con Matteo, che ti fa subito a proprio agio, come se parlassimo con un amico di vecchia data. È l’ora di pranzo e Matteo ci porta a mangiare non lontano dal negozio mentre ci spiega un po’ come è vivere e lavorare in una città come Modena. Così ci racconta della

sua carambolesca vita e del suo rapporto con la bici e delle miriadi di attività che sia lui che Walter hanno organizzato e tutt’ora organizzano, tra Criterium, Alleycat, Bike Polo e una moltitudine di progetti legati al mondo della bicicletta, dalla quale non riescano proprio a stare lontani. A tavola ci dilunghiamo a parlare di tutto, dai velodromi, di cui Matteo è senza dubbio un appassionato e assiduo frequentatore, alle donne di cui siamo tutti appassionati e assidui frequentatori. Intanto per il caffè ci dirigiamo più in centro e scopriamo una Modena bellissima nella quale è un piacere passeggiare. Matteo saluta tutti come si fa nei paesini di campagna e ci spiega, passando per Piazza Grande, che la Cattedrale di Modena e la Torre Civica sono stati dichiarati patrimonio dell’umanità dall’UNESCO (non possiamo che essere d’accordo!). Dopo una piacevole passeggiata nella quale ci siamo raccontati l’uno degli altri, torniamo per l’apertura pomeridiana dell’Hub. Il tempo purtroppo stringe e noi siamo legati agli orari dei treni, quindi decidiamo di registrare una breve intervista a Walter, mentre Matteo si rimette in officina. Nella chiacchierata con Walter escono fuori molti aspetti interessanti e scopriamo un po’ quella che è la storia dietro il marchio di Iride Fixed. Le cose buone nascono spesso per caso, e parlando scopriamo che anche Walter e Matteo insieme ad altri tre ragazzi, si sono incontrati per caso. L’esigenza di ritrovarsi e di condividere la passione per lo

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scatto fisso e la bici in generale, crea l’opportunità di un luogo comune. Il tutto parte in un garage in cui riparare e assemblare le proprie bici e quelle degli amici. Poi dal garage si passa ad un capannone, “HUB” appunto, nel quale far confluire tutti i riders modenesi che in un certo senso giravano ignorando l’esistenza l’uno dell’altro. Da qui inizia Iride, non solo come brand, ma anche come attività organizzatrice e catalizzatrice per eventi legati alla scena urbana. Oggi Iride Fixed ha un vero e proprio showroom/shop in centro città, ma lo spirito che li ha fatti partire è sempre lo stesso, forse anche più forte e consolidato di prima. Walter e Matteo ci spiegano che il nome Iride ha molti significati. Senza dubbio quello che ai più attenti non sfugge è il gioco di parole: dividendo infatti la I, dal resto della parola, esce I RIDE. Inoltre l’Iride dell’occhio rappresenta un pò l’unicità dell’essere umano, infatti non esistono due iridi uguali anche all’interno della stessa persona. Ma dietro al nome c’è anche un sentimento più ciclistico, la maglia iridata è la maglia distintiva indossata dal campione del mondo in carica di una disciplina del ciclismo, che ha il diritto di indossarla fino al successivo campionato. Questa tradizione è usata in tutte le discipline: ciclismo su strada, ciclismo su pista e ciclocross. Ma non solo, aggiunge Matteo, perché il campione del mondo

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potrà portare per sempre un distintivo sulla propria maglia e sulla propria bicicletta riportante i colori dell’iride. Ne deduciamo quindi che l’intenzione dei ragazzi è quella di dare con i propri telai e il proprio operato un segno distintivo nel tempo. Walter continua a spiegarci che tutti i telai sono studiati e disegnati da loro e ovviamente seguiti passo per passo nello sviluppo produttivo. Una piccola parte invece è prodotta direttamente, anche se non si considerano dei veri e propri telaisti. Ad ogni modo nonostante le richieste siano vorticosamente aumentate e quindi ci sia una forte richiesta di produzione, ci assicurano che i telai sono rigorosamente made in Italy e che niente viene prodotto “Far East” (all’estero), come spesso accade per ovviare a problemi di costi e tempi di consegna. Il cliente, continua Walter, viene da noi per avere un prodotto che sia unico per lui - in pratica è il cliente stesso che entra nel suo progetto. Il telaio nasce e prende forma su quello che è il suo desiderio. Prendiamo le misure, scegliamo i componenti e il colore, decidiamo i materiali. Cercano, in pratica, di dare il loro contributo professionale su quello che è il desiderio del cliente. Parlando con Walter e Matteo, capiamo che ciò che veramente li spinge ad investire il proprio futuro nel mondo

delle bici a scatto fisso è una viscerale passione per questo mezzo. Una passione che si trasferisce poi in uno stile di vita, proprio com’è stato a suo tempo lo skateboard, e per il quale non si può parlare solo di sport o di semplice mezzo di trasporto, ma bensì di un movimento che accomuna molte persone, spesso diverse tra loro, e le spinge dentro qualcosa di più profondo del semplice pedalare. Walter ci racconta della sua prima conversione e del primo test in velodromo. Un’emozione pazzesca, se aggiungiamo peraltro i mesi spesi nell’assemblare il mezzo. Da lì poi l’avvicinamento ai primi telai da pista seri che come ci confessa lui stesso, “si portavano via con poco..”. Da paesi come Inghilterra e Germania, infatti, in tempi non sospetti, partivano delle gran camionate di telai che venivano razziati a velodromi italiani con poche centinaia di euro. In seguito ovviamente, l’evoluzione sociale di questo mezzo ha fatto lievitare a dismisura i prezzi, tanto che anche per Iride nasce l’esigenza di creare dei telai nuovi. Una delle domande che poniamo ai ragazzi è quella legata indissolubilmente al fattore moda; fattore che ha influito notevolmente sulla reperibilità di telai vintage e sull’aumento dei prezzi di mercato. E anche qui riceviamo una risposta che merita tutto il nostro rispetto: “Quello che ci interessa”

dice Walter “è fare delle belle bici. L’utilizzo finale che ne vuol fare il cliente sono fatti suoi! Anche fosse solo per prendere un caffè, il nostro scopo è quello di stupire. Alla fine eravamo e siamo tuttora coscienti di questo movimento. Ci siamo dentro già da qualche anno ormai e sapevamo fin dall’inizio, proprio come successe per lo skate e per il surf, che la moda sarebbe entrata e che avrebbe portato con sé un certo cambiamento.” La nostra chiacchierata continua tra una battuta e l’altra, e mentre Matteo si adopera in officina, noi “asciughiamo” ancora un po’ Walter, con domande più o meno serie, per capire un pò meglio Modena e cosa voglia dire girare in bici in una città come questa. La risposta che riceviamo è senza dubbio sincera. Io e Claudio con una vena un po’ polemica ci ritroviamo a discutere di piste ciclabili, che come sappiamo, sono un bel problema, soprattutto in città come Milano e Roma. Walter però ci tiene a puntualizzare che per quanto riguarda una circolazione urbana fatta di persone “normali”, quelle cioè che vanno con i figli, a lavoro o a passeggio, è giusto che ci si preoccupi di ottenere il massimo della sicurezza da una pista ciclabile, ma che allo stesso tempo nello scatto fisso, non è poi così fondamentale. Questo proprio perché è un movimento

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nato dalla strada, dalla quale si respira la stessa spinta adrenalinica che accompagna le Alleycat; quindi traffico, semafori rossi, marciapiedi e tanti zig zag tra le macchine. Parlando di Alleycat, Iridefixed è senza dubbio in prima fila nell’organizzazione di gare ed eventi. Walter ci racconta infatti che ogni giovedì sera si ritrovavano in gruppo per girare e fare un po’ di casino insieme. In un secondo momento poi per ravvivare la scena, decisero di organizzare delle mini alleycat notturne chiamate le “Stars and Sweet”, ossia: giri molto veloci di circa 12 km con 4 o 5 check point, tutti con un tema preciso, che hanno sempre avuto un ottimo riscontro di pubblico. Un’altra passione organizzativa che ha preso i ragazzi di Iride per accontentare quelli che adorano scannare in velocità, sono senza dubbio le Criterium. Consci del successo della RedHook Meneghina, anche i nostri si sono buttati nella produzione di percorsi industriali mozzafiato nella città Modenese, riscontrando un ottimo successo come nella “Wild side of the moon”, dove l’affluenza e l’entusiasmo sono sempre stati alti, grazie anche all’idea di sommare i punteggi ottenuti nelle gare che mese per mese venivano organizzate. Oltre alle Criterium, sia Matteo (che ha anche una fan page su FB – Matteo Zazzera) che Walter hanno partecipato a diversi progetti di un certo pregio ciclistico e organizzativo. Uno tra questi è senza dubbio il viaggio documentario del Dj Benny Benassi lungo le strade Californiane. Il viaggio, che è diventato un attesissimo docu-film, “In bici attraverso la

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California”, documenta un tour tra i club più noti da San Francisco a Santa Cruz, da Santa Barbara a Los Angeles e San Diego, dove l’artista reggiano ha allestito di volta in volta travolgenti dj set. La bici sulla quale Benny Benassi viaggia è stata disegnata per l’occasione dalla Qubic NY e costruita dai ragazzi di Iride. Ma la partecipazione di Iride non è solo meccanica, perché nella crew che segue il tour, appare la simpatica faccia del nostro Matteo Zazzera in veste di meccanico e senza dubbio party-boy. Che dire, raccontare tutti i progetti di IrideFixed è praticamente impossibile! Ce ne sono troppi e tutti davvero molto ambiziosi. Possiamo solo dire che i loro telai sono una certificazione di perfetta saldatura e design e che il processo creativo e realizzativo è senza alcun dubbio “Top Level” nel panorama delle bici a scatto fisso, per cura, precisione e dedizione ai particolari. Purtroppo è giunta l’ora dei saluti, siamo costretti a scappare in fretta e furia perché attanagliati dagli orari di Trenitalia e la cosa ci pesa tantissimo, perché saremo stati fino a chiusura. Quello che ci auguriamo per voi lettori, è che una volta passati da Modena possiate passare mezza giornata o poche ore nell’Hub di Iridefixed per capire con quanta umiltà e professionalità questi due ragazzi svolgono il loro lavoro. Qui non si parla di moda, non si parla del telaio ultraleggero, si parla di devozione e dedizione ad un mondo semplicemente unico e inimitabile come quello della bici. Possiamo dirvi con certezza che siamo parte di una piccola rivoluzione, una rivoluzione che ci porterà ad abolire le macchine in favore delle nostre bici. Car is over.

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in che maniera ti sei avvicinato al mondo della bici? Quando hai capito, che oltre ad uno sport o ad un mezzo di trasporto, sarebbe potuto essere anche qualcosa di più? La bici è stato un mezzo che ho sempre usato, sin da quando ero bambino. Mi ha sempre affascinato e dato un senso di libertà. Quando mi sono trasferito a Milano, nel 2004, ho subito iniziato a girarla in bici, mi sembrava che mi venisse più facile conoscerla, mi buttavo in vie che non conoscevo per vedere se riuscivo a trovare scorciatoie e se il mio senso dell’orientamento mi stava spingendo nel verso giusto. La bici mi permetteva di muovermi in breve tempo, da una parte all’altra della città, senza particolari sforzi, anzi con un certo piacere. Sul finire del 2007 ho iniziato ad interessarmi alla cultura dei bicycle messengers ed al suo significato non solo da un punto di vista lavorativo, ma anche da un punto di vista di aggregazione e di comunità. Nel 2008 sono andato a NY e ho visto mille corrieri in bici girare e questo ha attirato profondamente la mia attenzione e la mia voglia di capire meglio di cosa si trattasse. In Italia, purtroppo o per fortuna, questo lavoro è arrivato sulla scia della moda del “fisso” (anche se so che una decina di anni fa, a Milano, qualcuno aveva già provato ad aprire una company di corrieri in bici, ma il boom del pony express in scooter, grazie al redivivo Jerry Calà, aveva avuto inesorabilmente la meglio) e nonostante un ambiente non propriamente bike friendly, le bici hanno preso sempre più piede e di conseguenza è diventato un po’ più facile parlare alle persone di questo “nuovo lavoro” e far capire che è possibile consegnare anche in Italia, a Milano, usando esclusivamente la bici come mezzo di trasporto essendo anche più veloci degli scooter. Non mi è mai piaciuto avere una passione senza capirne il significato profondo, senza sporcarmici le mani, senza raggiungerne la natura più intima ed è stato così che dopo un mancato rinnovo di contratto in un’agenzia di comunicazione, ho iniziato a pedalare per gli UBM, per arrotondare mentre facevo colloqui, ma di giorno in giorno la cosa ha preso sempre più piede, ho smesso di mandare curricula ed il mettersi ogni mattina in sella e pedalare è diventato qualcosa di più di un lavoretto, è diventato la mia vita ed ha cambiato irreversibilmente le mie prospettive future. Ad oggi sono diventato parte della società, per UBM mi occupo anche di comunicazione e marketing. Siamo parte integrante di un’altra società che si occupa di food delivery e credo profondamente in questo progetto, perché so che stiamo facendo qualcosa di utile e di eticamente giusto per la nostra realtà e per Milano. CHE COSA E’ UBM E COSA RAPPRESENTA PER TE? UBM, Urban Bike Messengers, è la prima ed unica compagnia di corrieri in bici presente a Milano. Nel corso degli anni per me è

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diventata qualcosa che si avvicina molto di più ad una famiglia. UBM per me è un progetto, è un ideale, è un qualcosa per cui vale la pena prendere acqua, freddo, gelo, sole e caldo, km su km, perché credo che tutto questo darà dei risultati e che perseverando cambierà a Milano la percezione della “consegna leggera”, come è successo in tutte le città dove è stato utilizzato il bike messenging. Vedi Milano come possibile città per un movimento ciclistico urbano? Sono tutto il giorno in bici e a Milano vedo sempre più bici girare, di qualsiasi tipo, pedalate dalle persone più diverse, non solo nella bella stagione. Questa cosa mi rallegra e mi fa pensare che un’alternativa ai mezzi a motore è veramente possibile. Mi auguro ci sarà sempre più gente a scegliere la bici come mezzo di trasporto e che il comune capisca che costituiamo un bene ed una risorsa fondamentale e strategica per il benessere della città. Ho molti amici e amiche che hanno paura di prendere la bici in città, cosa ne pensi e che consigli daresti? Penso che sbaglino, penso che ci siano troppi preconcetti e penso anche che una volta che ci si mette in sella cambi la percezione che si ha della città, delle distanze, delle tempistiche. E’ come se la città diventasse in un attimo più piccola, più gestibile, più a dimensione d’uomo. Più che dargli un consiglio gli chiederei se preferiscono evitare il traffico passando in un parco con la loro bici o essere bloccati, in auto, nel traffico tra i gas di scarico delle altre scatolette a motore. La cultura dei bike messengers ha condizionato a livello globale il modo di vivere la bici nel contesto urbano al punto che molti, pur non essendo corrieri, hanno iniziato ad utilizzare mezzi, borse e dotazioni tecniche proprio di chi usa la bici per lavoro. Queste persone vengono definite “FAKENGERS”, cosa ne pensi a riguardo? Penso che ogni lavoro abbia i pro e i contro e ovviamente anche il mio ne ha. Essendo in giro tutto il giorno puoi vedere la città da varie angolazioni e non sempre sei stressato e devi volare per consegnare avendo i secondi contati. Capita di avere dei momenti di relax, quando torni verso casa, quando sei stanco, ma sai che la tua amica doccia ti sta aspettando e puoi farti portare dalla tua bici verso casa, osservando che le giornate si allungano, che fa meno freddo, che gli alberi fioriscono e che un altro inverno te lo sei messo alle spalle. Hai usato il termine fakengers, potevi parlare di posengers o di hipsters, poco cambia. Come in tutte le cose, se non le vivi, se non le provi sulla tua pelle, non puoi capirle fino in fondo. Con questo non voglio dire che

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siamo degli eroi o che salviamo vite umane, siamo semplici corrieri, semplici lavoratori che amano il proprio mestiere e a volte ho sorriso quando ho visto persone usare borse come le nostre, usare bici come le nostre, perché non mi vestirei mai da pompiere per spegnere dei fiammiferi. Cosa rappresenta lo scatto fisso per te? Sinceramente non rappresenta nulla, nel senso che è un modo di pedalare con il quale mi trovo particolarmente a mio agio, ma solo perché vivo e lavoro a Milano. Se lavorassi in una città più grande o con salite e discese penso che userei la ruota libera senza pensarci due volte. Lo vedo semplicemente come un’opzione in più che ho, non mi inspira nessun romanticismo. UBM è stato un esempio anche per altre realtà in città come Bologna e Firenze. Qual’è lo stato delle altre compagnie italiane? UBM, nel panorama italiano, sicuramente ha rappresentato un qualcosa d’importante e tuttora continua a rappresentarlo. In Italia ci sono altre realtà, come i ragazzi di Eadessopedala di Roma o i ragazzi di Bari bici express, ma tutti siamo in una fase iniziale e stiamo lavorando insieme per costruire qualcosa di più grande, che segni una base dalla quale partire per crescere tutti insieme, sia per la comunità dei messengers italiana che per i nostri fatturati! Siete supportati dalle istituzioni o sono sempre iniziative nate da privati? Dal mese scorso abbiamo iniziato a collaborare con il comune di Milano, sperando che la cosa continui nel tempo e dia i suoi frutti. Quale è la condizione internazionale dei messenger? La condizione internazionale è assai variegata e cambia da città a città, fondamentalmente perché dipende dal tipo di business che le compagnie riescono a sviluppare. Nel corso degli anni ci sono stati molti cambiamenti e città dove prima valeva la pena di lavorare ora hanno totalmente cambiato i propri range, ma sono discorsi che meriterebbero più spazio e tempo. La cosa che più mi piace è l’unione che c’è fra tutti i corrieri a livello mondiale, è una cosa straordinaria e ti fa sentire parte di una comunità. Incontrarsi una o due volte l’anno nei vari ECMC o CMWC e stare insieme per pochi

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giorni a celebrare insieme il proprio lavoro è un qualcosa che ti riempie e spesso ti ripaga degli sforzi e dei sacrifici fatti durante l’anno. E’ difficile da spiegare, tanti lo leggono come essere snob, ma è semplicemente capirsi con persone che arrivano da qualsiasi parte del mondo per il semplice fatto che tutti i giorni respirano e vivono le tue stesse esperienze e sensazioni. e soprattutto quali sono le città che più ti piacciono sotto il profilo di attenzione verso il ciclista urbano? Sicuramente il nord Europa, da Londra a Copenhagen, anche se sono molto attratto dalla Svizzera. La situazione Italiana? L’Italia deve fare tantissimo, a mio modesto modo di vedere, la cosa più importante sulla quale sensibilizzare le persone è la civiltà e il rispetto per gli altri e credo che questo valga più di 1000 km di piste ciclabili. Dacci una panoramica veloce delle attività che si organizzano anche in Italia per promuovere la scena urbana, Su queste cose mi trovi abbastanza impreparato. Sinceramente non mi interesso molto a quello che succede in Italia, ma solo perché non ho tempo e spesso soldi. Oltre il classico BFF sto cercando di tirare su un evento con cadenza annuale che si chiama Private Alleycat (la prossima è il 28 aprile) e ha l’intento di essere un evento vicino alla cultura dei corrieri. Sebbene le alleycat siano nate dai corrieri per i corrieri, esse sono un buon modo per avvicinare le persone al modo in cui chi fa questo lavoro vive la propria quotidianità in bici, ed è questo l’imprinting che do alle garette che provo ad organizzare. Quest’anno con parte del ricavato dell’alleycat del BFF siamo riusciti a donare 300 euro a LCEF, che è un fondo di Londra che raccoglie soldi per i corrieri che si infortunano lavorando, e per la prossima Private doneremo parte del ricavato agli organizzatori degli ECMC 2012 che si faranno ad Edimburgo.

Milano nella Comunità Europea dei messengers, chissà che un giorno anche a Milano si svolgeranno gli ECMC. Ultima domanda e poi ti lascio stare. Consigli per le istituzioni da parte di uno che la città la vive a 360 gradi? Credo che l’area C sia stata un’ottima cosa e credo che ancora tanto bisogna fare. Bisogna che il manto stradale (asfalto, strisce pedonali, segnaletica) sia prima di tutto pensato per le bici e poi per le macchine, bisogna tutelare dal più piccolo al più grande e bisogna spazzare via questa mentalità “autocentrica”. Disincentivare l’uso dell’auto vuol dire potenziare tutti gli altri mezzi, bike sharing, metro, bus, tram in modo da permettere alla persone di avere una reale alternativa all’auto, come succede nel resto d’Europa e del mondo, guardate ad esempio l’utopica Vancouver. Per fare questo bisogna lavorare tanto e soprattutto lavorare sul senso civico delle persone, bisogna che le persone capiscano realmente che la macchina in città, e soprattutto nel centro storico, è un problema e non una risorsa. Nel Rinascimento i nostri centri storici sono stati pensati a “dimensione d’uomo”, quindi è doveroso tornare a vivere questa dimensione. Bisogna che i comuni impongano che almeno il 50% delle merci nei centri storici si muova usando le bici. Credo che il futuro sia inevitabilmente da declinare alla sostenibilità e che la regina in questo ambito sarà la bici. Noi non stiamo facendo altro che muoverci in anticipo per farci trovare preparati! RIDE SAFE!

Credo che questo sia un modo per sensibilizzare le persone alle dinamiche e alla realtà dei corrieri e anche un modo per far vedere la presenza di

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Sopra Firenze c’è un paese che si chiama Rufina, famoso per il buon vino e un panorama toscano mozzafiato. Ma non è tutto, alla Rufina c’è anche una ciclofficina molto attiva nel panorama della Mtb e della Down Hill, gestita da due personaggi molto “strani”. Marco e Francesco danno vita infatti alla “Strana Officina”, un nome che è tutto un programma ma che comunque rispecchia perfettamente lo stile e l’anima di questa “bottega” in cui si respira sia il sapore del vintage che quello del design. La Strana Officina, che unisce da sempre la passione del nuovo e del vintage ha da qualche tempo spostato e incanalato la sua creatività nel mondo delle fixed gear, concentrandosi sulla personalizzazione di queste favolose bici. Il risultato? Un prodotto “strano” che sconvolge e rivoluziona l’essenza stessa della fissa. Con Cykeln abbiamo deciso di incontrare e scambiare quattro chiacchiere con Marco Batistoni e conoscere un pò meglio la sua ciclofficina. Ciao Marco, partiamo subito con la domanda di presentazione: Chi sei e cosa fai ? Sono un appassionato di meccanica in generale: dai motori alle bici, per quanto sia diverso il concetto della meccanica fra i due, mi appassiona in tutte le forme. Tornando alla domanda iniziale il lavoro consiste nel riparare tutte le bici in generale, dalla mitica Graziella, alle bici più ricercate in carbonio; personalmente trovo molta soddisfazione nel restaurare bici vecchie facendole ritornare a nuova vita. Ultimamente un tipo di bici che mi appassiona particolarmente sono le “fixed”, per queste io vado a costruire componenti di ogni tipo e forma, andando così a “creare” e poi assemblare queste bici a scatto fisso, uniche ed originali, come i loro pezzi che sono altrettanto unici (con tanto di numero di serie). Questo e tanto altro è quello che mi diverto a fare nella strana officina! La Strana Officina è nota ai più per essere molto attiva nella MTB e senza dubbio nella Down Hill. Vuoi parlarci dei vostri esordi e di come nasce la vostra ciclofficina ? La Strana Officina nasce nel 2006, il suo fulcro principale è la Down Hill, motivo per cui qui nasce la squadra di discesa Giant Italia; anche grazie all’uomo trainante di tutto il movimento Down Hill:

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Francesco (in arte “il Sasso”), che dal 1994 corre in discesa - ad oggi è uno dei pochi veterani rimasti ancora sulle piste. Da qualche tempo il mondo della bici urbana ha spostato la sua attenzione sullo scatto fisso e ci sono diverse realtà, anche giovani, che si sono dedicate a questo filone. Guardando i vostri lavori però si percepisce un’ottica diversa sul prodotto. Parlaci un pò del tuo concetto di scatto fisso e ovviamente dei tuoi “strani” prodotti! Il mio concetto legato allo scatto fisso, è lo stesso delle altre biciclette, di qualsiasi genere e forma…per me l’importante è pedalare! Potremmo considerare lo scatto fisso un ritorno indietro nel tempo, se ad esempio si pensa alle vecchie bici da pista o alle prime biciclette da corsa (quelle dei primi del ’900). A quel tempo però sulle strade non c’era tutto il traffico di oggi, che diventa pericolosissimo per le bici a scatto fisso… è per questo che dico sempre a tutti di mettere almeno un freno, luci e casco! I prodotti che faccio nel mio negozio sono quasi il 70%, per il restante mi appoggio ad un officina chiamata C.B. Titano, con la quale collaboro da anni, e dove con Lorenzo (il proprietario della ditta) ho in comune la passione per bici

e motori. La meccanica per la Strana Officina è: perdere un sacco di tempo a fare (come noi diciamo a Firenze) i “balocchi”. Tutto questo è stato possibile anche grazie alla pazienza del mio socio Francesco, che mi sopporta anche nei giorni peggiori, (vedi quando sono al tornio o alla fresa e faccio un rumore infernale, mentre lui cerca di far quadrare i conti). Quale è la situazione dello scatto fisso in Toscana e quali sono le attività organizzate? Lo scatto fisso in Toscana stenta ad emergere, forse perché si pensa a queste bici come “fighe”, poco pratiche per muoversi in città. C’è da dire però che nell’ultimo anno ci sono stati molti ragazzi che hanno intrapreso la scelta della bici a scatto fisso per un cosiddetto uso urban. Per quanto riguarda le attività siamo un po’ scadenti.. Ma vedremo di realizzare a breve qualche Alleycat in più e una bella Criterium, passando anche dal velodromo, un bel posto di Firenze gestito però con un po’ di superficialità. Quali sono i telaisti che ti hanno influenzato maggiormente e perché? Tra i telaisti del passato non c’è molta differenza, per me sono tutti dei grandi artisti, che a loro modo hanno messo quei sette o otto tubi assieme per realizzare splendidi telai. Hanno così creato dei veri e propri gioielli,

ognuno diverso dall’altro, facendo così aumentare il valore e il prestigio delle bici, e aumentando di conseguenza la passione per il mezzo da parte dei ciclisti. Firenze come è dal punto di vista di viabilità ciclistica? Io non mi ritengo un ciclista, anche se tutti giorni salgo in sella ad una bici per provarla, sentendo i sui rumori per trovare i difetti. In bici preferisco ad esempio viaggiare per gli scorci di Firenze…è sempre un piacere girare in centro tra le persone. Purtroppo però questa bella città non dispone di piste ciclabili “sicure”, e quelle presenti sono da suicidio! Spero che in futuro ne costruiscano di migliori. Consigli alla giunta? Alla giunta direi: datevi sempre da fare così visto che tanto i soldi non arrivano per nessuno… denti stretti e avanti! Un saluto ai nostri “ Nuovi “ lettori Ringrazio tutti per la possibilità che mi avete dato per parlare delle mie bici e del mio lavoro. Spero vivamente di rivedervi tutti alla Strana Officina per conoscerci meglio e poter vedere assieme tutte le mie creazioni.

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S T O R I A D I U N F O T O G R A F O A P PA S S I O N AT O D I B I C I

COME NASCE IL CONNUBIO ANGELO E LA FOTOGRAFIA? Mio padre mi fece un regalo di compleanno a 17 anni che gli avrei tranquillamente tirato dietro, pace all’anima sua. Considera che il mio compleanno è alla metà di agosto, quindi già quasi sempre solo perché tutti gli amici in vacanza, poi ci metti che come regalo ti arriva una Polaroid vedi bene che un po’ ti gira. Ma oggi lo ringrazio. HAI GIRATO PARECCHIO PRIMA DI STABILIRTI A MILANO. COME MAI QUESTA SCELTA E COME TI TROVI A DISTANZA DI ANNI? Sì, il lavoro ed un’incompatibilità culturale con la mia terra d’origine mi hanno portato a un continuo girovagare. Come dico sempre “Milano non è la soluzione, ma in mezzo a tanta merda italiana, mi pare il posto dove si sente meno la puzza”. Il punto è che per una serie di dinamiche non solo territoriali ma di inevitabile ed evidente praticità, a Milano ci sto bene. Riesco a sviluppare la passione ed il lavoro con una certa tranquillità e fluidità che per mezzi e modi in altri luoghi qualcosa si intopperebbe. LA REPUTI ANCORA INNOVATIVA DAL PUNTO DI VISTA ARTISTICO/CULTURALE? Beh, ci sono luoghi, spazi, scuole, modi, tempi e tutto quanto necessario per far pensare questo. Sai meglio di me che se cerchi una mostra, un convegno, un concerto, un libro, una situazione particolare, ancora qui riesci a trovarla (se non ti fai prendere dall’ombra di una esterofilia che con la globalizzazione ci fa quasi mancare l’aria). DA COSA DERIVA LA TUA PASSIONE PER LA BICICLETTA? Anche questa è “colpa” di mio padre che mi costringeva indirettamente a vedere il Giro d’Italia ogni sacrosanto mese di maggio di ogni anno. Poi l’ambiente familiare ha contribuito con cugini che hanno anche fatto il Giro d’Italia, passione per le due e quattro ruote a 360°, la presenza abbastanza forte del ciclismo in Campania e poi boh… tutto il resto. ORMAI TI POSSIAMO DEFINIRE ANCHE UN COLLEZIONISTA, VISTO QUELLO CHE STRARIPA DA CASA TUA? Il collezionismo è qualcosa di ben differente e molto più ampio di quello che possiedo. Si, certo, ho dei pezzi unici legati al mondo del ciclismo, ma da qui ad essere un “vero”

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collezionista di strada ce ne passa. Magari un giorno con qualche esemplare in più ed uno spazio espositivo personale, potrei anche dichiararmi tale. IL PEZZO PIU’ BELLO DELLA COLLEZIONE? “Ogni scarafone è bello a mamma soia” dicono dalle mie parti. Ogni pezzo ha la sua particolarità ed ogni pezzo mi trasmette qualcosa per il quale resta in se unico. Mi fai una domanda alla quale non saprei rispondere. Come chiedere ad un genitore se preferisce un figlio piuttosto che un altro. QUALI CITTA’ HAI GIRATO IN BICI E QUALI SONO LE SENSAZIONI CHE CI PUOI TRASMETTERE SULLE REALTA’ NON ITALIANE? Italiane? In bici? Poche. Pericoloso, molto. Diciamo che le piccole realtà a “misura d’uomo” si prestano meglio di altre più grandi, ovviamente come in tutte le cose. Credo che Parma, Modena, Reggio Emilia, Ferrara si prestino benissimo all’utilizzo della bici, e poi sono belle. All’estero tutto è diverso. Anche grandi centri come Berlino (dove sono spesso) hanno una preparazione, sia culturale che urbana, protesa verso la bicicletta. E’ una questione di cultura. MILANO E LA VIABILITA’? Mamma mia che domanda. Automobilisticamente parlando è un traffico ordinato; e se vieni da realtà come la mia allora ti rendi conto di cosa intendo. Ciclisticamente parlando invece, le ciclabili che finiscono a metà nel “non si sa dove” non mi fanno pensare bene della viabilità di Milano. PASSIONE PER LA FOTOGRAFIA E PASSIONE PER LA BICI, QUALI SONO LE POSSIBILI INTERAZIONI TRA QUESTE DUE PASSIONI? Beh, sono due cose che legano poco tra di loro, ma se mi vesto di romanticismo mi viene in mente una gita fuori porta e fotografie di paesaggi anche minimali, ma sicuramente che ti riempiono. Fotografare anche bici, oltre i miei lavori usuali, mi porta vicino a questo connubio, ma c’è poca attinenza lo stesso. Una buona foto è una buona foto qualsiasi esso sia il soggetto. NON VOGLIO SORVOLARE SULLA TUA PASSIONE PER LA BUONA CUCINA! HO CAPITO CHE SEI UN BUON GUSTAIO E CHE SEI UN AMATORE DELLE COSE BUONE. DACCI LA TUA VERSIONE!! Napoletano, cucina mediterranea e saporita. Crescere così credi che non influisca? In famiglia con mio fratello andavamo

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LA SCENA DELLO SCATTO FISSO IN ITALIA, UN BENE O UN MALE? L’Italia non è ancora pronta ad essere “senza freni”. Il fenomeno c’è ma c’è sempre anche una certa faida tra discipline, snobismo per chi non è o chi non fa. Poca apertura per chi non ne fa parte e poca volontà di capire. Oggi è una moda. Non è ancora una corrente di pensiero che fa per tutti.

IL TUO RAPPORTO CON I VARI FORUM E IL WEB IN GENERALE? Beh, avendo studiato Ingegneria informatica ed avendo un’età avanzata, l’evoluzione del web l’ho vissuta. Ricordo quando internet era formato solo dalle pagine di IBM, MICROSOFT, APPLE e qualche altro evoluzionista. Oggi è il contenitore dove trovi tutto e tutti. Ho un ottimo rapporto sia con i social network che con il web in generale. Uso entrambe con lo scopo per cui sono nati. Uso facebook senza dover filtrare nulla, del resto è nato apposta per mettere su piazza i fatti propri, non vedo perché inibire questa funzionalità. Per i filtri ci sono altri social.

LA BICI A SCATTO FISSO, MODA O VERA RIVOLUZIONE? Mi sa che qualcosa sulla risposta a questa domanda l’ho anticipata con la risposta precedente. Sarebbe una rivoluzione nel momento in cui si vedesse la pedalata fissa come uno stile di vita ed un’idea dell’essere. Se decidi di pedalare con il fisso, devi pedalare. Puoi regolare l’andatura, rallentare o accelerare in base alla tua esigenza o fermarti se non hai bisogno di andare avanti, ma tutto senza mai fermare le gambe. Nella vita dovrebbe essere così: se inizi qualcosa lo devi fare fino in fondo. Puoi rallentare il ritmo ed arrivare alla fine lentamente o avere la bramosia di finire il prima possibile, ad ogni modo l’importante è arrivare alla fine.

CONSIGLI FINALI SU CHI VUOLE AVVICINARSI ALLA FOTOGRAFIA? Le regole tecniche sono pochissime e si imparano in fretta. L’occhio ci deve essere. Bisogna vedere la fotografia come scrivere un libro. Uno scrittore, prima di diventare tale cosa fa? Impara la grammatica, la logica, il pensiero, poi dopo “legge tanti e tanti libri” prima di impugnare una penna come se fosse un’arma e dar fuoco alle polveri. Così è la fotografia. Prima di prendere una macchina fotografica tra le mani, bisogna assimilare quelle quattro regole tecniche e poi “leggere tanta fotografia”. Guardare fotografie a milioni. Ed è li che “l’occhio si allena a vedere una fotografia dove un occhio non allenato vede solo una finestra”.

a funghi, a castagne, iscritti allo Slow Food. Diciamo che se devo mangiare mi piace farlo bene. In generale è un po’ una corrente di pensiero. Qualsiasi cosa andrebbe fatta nel migliore dei modi.

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CONSIGLI FINALI A CHI VUOLE AVVICINARSI AL MONDO DEL CICLISMO? Sono la persona meno indicata a dare questo consiglio. Passione? Lo direbbe chiunque. Praticità? Può essere che conciliare utilità a piacere possa essere un ottimo spunto. Non lo so. CONSIGLI FINALI PER CHI VUOLE MANGIARE BENE? Tu sei toscano e chiedi a me di dare consigli sulla cucina?

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CIABA E RICHARD CI RACCONTANO COME E’ NATO FIXEDFORUM

Chi c’è dietro Fixedforum? CIABA: Ciao CYKELN, grazie per l’occasione di parlare un po’ della nostra creazione. FF è una piccola realtà, a starci dietro siamo veramente in pochi, pochissimi, principalmente Richard ed io; ne curiamo la gestione, l’aspetto amministrativo e, quando ci capita, prendiamo anche delle decisioni serie. Per tutto il resto siamo aiutati da alcuni amici: tra i moderatori più attivi ci sono Riky76, Pablohoney e Youth, un sysadmin sempre presente, Gianluca Zamagni di Thirdeye.it e l’illustratore che ha disegnato il primo logo e banner del forum, il buon Lucio Basik Bolognesi. RICHARD: Un rapper bianco e un surfista grasso. Scherzi a parte, siamo due appassionati di biciclette che sono finiti per caso a conoscere il mondo del ciclismo urbano, e più precisamente della fissa, e hanno deciso di creare un “luogo” dove questo mondo potesse ritrovarsi.

Cosa fate nella vita, studiate, lavorate? R: Io faccio l’architetto. C: Io sono un ingegnere informatico. Il web, inteso come siti web e community, è sempre stato una passione, mai niente di serio, almeno finché tramite il forum non ho avuto modo di creare qualcosa di grande come FF.

Come avete approcciato l’idea di realizzare un forum sul mondo del fisso? R: L’idea è nata durante uno degli incontri settimanali dei fissati bolognesi. Abbiamo tirato su la cosa in un paio di nottate e tempo un paio di settimane eravamo online, ma è stato solo l’inizio. In tre anni sono cambiate tantissime cose, dal layout, al regolamento, alle dinamiche della community... è un animale in continua evoluzione, e noi cerchiamo di conciliare la visione che abbiamo in mente con quello che ci chiedono gli utenti. C: Richard dice stronzate, e soprattutto un paio di nottate?! Bah! Come dice l’about di FF “L’idea del forum è nata verso la fine del 2008, di ritorno da un BFF milanese. In quell’occasione Richard ed io ci siamo accorti che il movimento italiano della fissa aveva bisogno di un punto di riferimento, un luogo d’incontro in cui comunicare e crescere e abbiamo pensato a un forum come soluzione migliore per permettere a tutti di dare il proprio contributo”. Da quel 2008 sono cambiate tante cose, il forum e i suoi utenti, il nostro modo di vivere le bici a scatto fisso, gli eventi e quella che si può definire scena italiana (aiuto ho detto scena!), ma l’idea e i principi originali sono rimasti gli stessi del 2008 e vogliamo continuare in questa direzione: creare e mantenere “una comunità virtuale per scambiare informazioni, organizzare eventi, grigliate & Alleycat, per condividere esperienze e reperire pezzi... il tutto a base di fixed gear”.

Hipster, fakenger, cosa ne pensate? C: Termini che non hanno nulla a che fare col nostro concetto di bici. Non c’è quello real e quello fake, quello che lo fa per moda o per passione, che tu ti spacchi in pista o che tu abbia 10 bici in garage, sono e rimangono sempre bici, l’importante è spegnere il computer ed uscire a

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pedalare il più spesso possibile. R: Se non sei un messenger o Chris Hoy, tutti possono darti del fake. Dico solo questo: le mode passano, la passione resta, e in una “scena” piccola come quella italiana, dove ci si conosce tutti, si fa presto a distinguere le motivazioni delle varie persone. Per il resto l’importante è pedalare.

Bici come rivoluzione alle macchine? C: Sicuramente sì, ma ci vuole tempo e fiducia. Pensare che dall’oggi al domani inizino tutti a prendere la bici perché la benzina è salita a 1,80 al litro mi sembra azzardato, siamo sempre in un paese dove vieni ancora giudicato in base alla macchina che guidi e non penso che una manciata di centesimi in più al mese possano invertire questa tendenza. Nel frattempo incrocio le dita e spero che il costo della benzina salga ancora. R: Da un lato credo nella validità della teoria della decrescita (leggete Latouche!), della quale la bicicletta è un esempio ottimale, poi però non sono un hardliner, però sì, se tutti usassero la bici per gli spostamenti sotto i 6 km, per dire, sarebbe una bella rivoluzione.

Ciaba ho letto le tue “Alleycat in pillole”, ci spieghi in sintesi in cosa consistono queste gare? C: Cosa sono le Alleycat? Bella domanda, io ne ho vista solo la versione italiana, diciamo che conosco solo quello che mi ha insegnato il buon Schilirò coi suoi eventi. Un’Alleycat è una gara in cui si prova a riprodurre, sotto forma di competizione, la giornata tipica di un corriere: chi partecipa non ne conosce il percorso a priori, al momento del via viene consegnata una lista (manifest) con alcuni checkpoint sparsi per la città in cui passare o in cui recuperare pacchetti o oggetti. I più avvantaggiati sono i local perché conoscono meglio la città, ma non bisogna sottovalutare la gamba, la scelta dei compagni di gara e soprattutto il percorso. Vince chi completa il manifest per primo o fa più punti in caso i checkpoint fossero a punti. R: La prima regola delle Alleycat è che non si parla delle Alleycat.

Che consigli daresti a dei neofiti organizzatori? C: Partecipare a più gare possibile per capirne i meccanismi. Non improvvisare niente e chiedere informazioni e dritte a chi ha più esperienza. Goliardia quanto basta. Le Alleycat, o gli eventi in generale, non sono solo flyer super design, premi fighi e afterparty, spesso ci si concentra troppo su questi aspetti quando un’Alleycat è tutt’altro.

Moda? Passione? Molti corrono in pista, si allenano in casa, altri invece la usano come “bici aperitivo”, quale è la vostra visione? R: Vado in bici perché mi piace, è pratico, ed è un bellissimo oggetto. Quando ne ho l’occasione giro in pista, cosa che non succede spesso. Il polo, i trick, chi passa al cx o alla strada, per molti la fissa è un inizio, alcuni si fermano al bar, altri proseguono fino al Pordoi. C: Che domande, ovviamente bici aperitivo!

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Per gli hub in giro per l’Italia che volessero uno spazio pubblicitario su Fixedforum a chi si devono rivolgere?

Situazione piste ciclabili e segnaletica per i ciclisti come vedete la situazione italiana?

R: Scriveteci a info@fixedforum.it! Siamo sempre pronti a supportare le realtà locali, è il motivo per cui è nato il forum.

R: Tra il drammatico e il ridicolo... a Catania di recente ho visto una “pista ciclabile” abusiva disegnata da ciclisti frustrati. Al nord va leggermente meglio, ma in generale c’è tanto ancora da fare. C: Ci sono piste ciclabili in Italia?

Pensate che Fixedforum abbia aiutato a divulgare la passione per lo scatto fisso o abbia divulgato ulteriormente una moda che fa scaldare gli animi di chi corre seriamente? R: Entrambe le cose. Ha reso visibile un fenomeno, nel bene e nel male. La scena diventa quello che la scena vuole diventare. Il forum ha sicuramente fatto arrivare la notizia a più persone ma per ogni nuovo “poser” c’è un appassionato vero, con la differenza che il poser di solito dura poco. C: Penso che FF abbia fatto molto, tra i suoi più grandi meriti ci sono sicuramente l’aver messo in contatto persone legate da una passione comune, e di aver creato una comunità solida presente in tutti gli eventi e in tutte le situazioni. Il forum ha tolto molte difficoltà d’ingresso a quest’ambiente inizialmente “chiuso” rendendolo accessibile a tutti: se prima era una passione per pochi ora lo è per tanti. Sinceramente non mi dispiace la situazione attuale, ma posso immaginare che ai veri believer la cosa possa stare un po’ stretta.

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Un saluto per tutti i lettori di CYKELN C: Pedalate, pedalate sul serio, pedalate sempre, il resto sono stronzate... e “se vi mettete in coda mandatemi un pm così ci accordiamo”. R: Ciao a tutti da Fixedforum, dove arrivi per le bici e rimani per i flame.

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ALAN ZANARDI Occupazione: Istruttore di Fitness

Dove vivi e come è girare per la tua città in bici?

Sono originario di Ferrara ma vivo a Ravenna da più di 15 anni. Adoro questa città a misura di bicicletta, la si può attraversare da una parte all’altra in mezz’ora e in nemmeno 20 minuti ti trovi al mare. È tra le prime città in Italia per numero di km di piste ciclabili per persona, e qui si può anche fare la mia scelta, ossia quella di non avere l’auto. Quando lo dico la maggior parte della gente mi prende per pazzo, eppure si tratta solo di prendere qualche accorgimento...una buona giacca anti pioggia, svegliarsi 5 minuti prima...e naturalmente avere uno zaino capiente. Il mio motto è sempre stato “se puoi pensarlo, puoi farlo”.

In quale altra città sei stato in bici e cosa ti è piaciuto?

Il segno l’ha lasciato la vacanza dell’anno scorso, solo 4 giorni, ma sono bastati per scoprire la più bella pista ciclabile d’Europa, quella del Danubio e un paese, l’Austria, che in fatto di servizi per il ciclista e senso di civiltà è avanti a noi di mille anni.

Cosa ami dell’andare in bicicletta per la tua città?

La cosa che più amo è non avere nessun limite, in una città con un centro storico di una bellezza unica, potersi aggirare tra il Mausoleo di Galla Placidia e la Chiesa di Sant’Apollinare mi fa venire i brividi ogni volta.

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NICCOLO’ “NICOLINO” PARACCHINI Occupazione: Studente lavoratore / musicista

Dove vivi e come è girare per la tua città in bici?

Vivo a Novara e girare nella mia città è abbastanza comodo grazie ad una grossa serie di piste ciclabili che corrono tutt’attorno il centro cittadino, anche se spesso preferisco pedalare per le strade data la poca manutenzione delle piste ciclabili (es. radici che spaccano l’asfalto, buchi, persone “poco attente”, ecc).

In quale altra città sei stato in bici e cosa ti è piaciuto?

Sono stato a Berlino in bicicletta e mi è piaciuto girare grazie alle corsie dedicate ai ciclisti nelle strade trafficate e alle piste ciclabili tenute molto bene, inoltre gli automobilisti sono molto più “sensibili” verso i ciclisti, rispettando precedenze, attraversamenti e facendo attenzione a chi hanno attorno.

Cosa ami dell’andare in bicicletta per la tua città?

Il centro cittadino è quasi completamente privo di macchine (salvo le poche autorizzate) e recentemente anche le strade adiacenti il centro storico sono rientrate nelle ZTL limitando ulteriormente il traffico automobilistico.

FILIPPO “OUT” DI FEDERICO

CRISTOPHER MARTINEZ

Dove vivi e come è girare per la tua città in bici?

Dove vivi e come è girare per la tua città in bici?

Io sono di Gallarate (VA) dove girare in bici è molto tranquillo, in confronto a Milano è un “gioco”. Se non sono l’unico con lo scatto fisso, saremo massimo in 3-4, perché per strada non ne ho mai visti!

In quale altra città sei stato in bici e cosa ti è piaciuto?

Giro molto spesso per Milano perché seguo la scena milanese delle fixie, quindi Alleycat e non solo. A Milano mi piace il fatto di poter superare la gente in coda in macchina, che passa la maggior parte del tempo nel proprio abitacolo ad innervosirsi ed urlare con quello che hanno davanti. Oltre a Milano ho girato in altre parti d’Italia, a Tokyo e a Barcellona, tutto sempre per correre in bici!

Cosa ami dell’andare in bicicletta per la tua città?

Premettendo il fatto che mio nonno era un telaista e che tuttora continuiamo a fare telai, era inevitabile che in bicicletta io ci finissi! Amo andare in bici in città, la uso per andare a lavorare perché lo trovo il mezzo più veloce per spostarmi ed evitare inutili code, e in più non costa nulla! Servono solo un pò di buona volontà e un minimo di fatica per far girare i pedali.. se poi ci metti un po di pasta che fa da carburante sei a posto!

Vivo a Prato e quasi tutti i giorni prendo la mia bella bicicletta e vado verso Firenze. Queste due città purtroppo non sono a misura di ciclista, le pavimentazioni sono spesso distrutte e il numero di piste ciclabili è molto scarso.. ma a volte il bello è anche questo, riuscire a districarsi tra traffico e buche.

In quale altra città sei stato in bici e cosa ti è piaciuto?

Da quando vado seriamente in bici ho girato solo Prato e Firenze, anche se spero di visitarne molte altre.

Cosa ami dell’andare in bicicletta per la tua città?

Amo la bicicletta perché mi permette di muovermi in maniera veloce e silenziosa, e mi dà la possibilità di pensare. Da quando ho la bici il mio modo di vedere la città è cambiato radicalmente! Sono riuscito a scovare posti in cui non sarei mai passato e non ho più lo stress del traffico e del parcheggio.

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Ciao Luca, abbiamo fatto un brevissimo sunto del tuo C.V, ma vorremmo che raccontassi tu quali sono state le tappe lavorative fondamentali nella tua vita.

Cykeln è al numero 00, e come avrete capito se vi siete messi a leggere l’introduzione, per noi è una scommessa. Una scommessa che si fonda sulla voglia di focalizzare l’attenzione nazionale e internazionale sulle realtà italiane delle quali siamo fieri. Chiaramente quello che riportiamo in Cykeln è in primis la nostra esperienza di vita, e con essa quella delle molte altre persone che abbiamo conosciuto in questi anni passati a pedalare. Tra queste ce n’è una in particolare, si chiama Luca Mathia Bertoncello e sguazza nel mondo della bici ormai da diversi anni. Luca nasce come designer veneto atipico, giovane e incontenibile, con un curriculum di tutto rispetto. Nel suo “palmares” figurano aziende importanti come Benetton, Invicta, Rossignol e Diesel, ma la voglia di coniugare le sue principali passioni, che sono appunto la bici e il design, lo portano oggi ad essere una figura importante all’interno di una delle aziende da anni leader nel settore ciclistico: la San Marco. Conosciamo meglio Luca e facciamoci dire cosa bolle in pentola.

Ciao! Ho iniziato la mia esperienza lavorativa a FABRICA, il centro di ricerca sulla comunicazione di Benetton, dove insieme ad altri 25 ricercatori selezionati da tutto il mondo ho potuto confrontarmi su quello che era il rapporto tra arte, design, comunicazione e marketing. Qui ho avuto la fortuna di seguire progetti per grandi Brand (Coca Cola, Paola C e altri) e accrescere la mia esperienza di designer nel mondo del mercato. È proprio qui che ho capito che poter unire la mia passione per il design alle necessità di marketing mi avrebbe aiutato a creare un percorso particolare nel mondo del lavoro. Dopo di che sono approdato al mondo della moda. Tralasciando i backstage delle sfilate, che solo per quello meriterebbero un’esperienza in quel settore, mi hanno catapultato in un mondo in cui il prodotto è il frutto del mix tra intuito, creatività e pianificazione dell’offerta. E qui ho capito davvero cosa mi piaceva fare nel mondo del lavoro. Da qui, unire lo sport al design e al lifestyle (parola che non amo molto, ma che esprime bene il concetto), è stato un sogno. Oggi di cosa ti occupi ? Attualmente sono il responsabile Brand e Design di selle San Marco s.p.a. e di tutte le sue linee (il Collezione per i ciclisti super performanti, Dirty dedicata la mondo Gravity, Vintage 1935 che dovreste conoscere bene e Bioaktive linea per i commuter). Ed ecco che la mia evoluzione da designer a responsabile Brand e Design è il risultato del mio percorso di studi (mi sono laureato alla Facoltà di Design e Arti dello IUAV) unito alla passione per le dinamiche di marketing, sviluppo del prodotto e posizionamento del Brand. La passione per la bici da cosa nasce e come sei arrivato a coniugare sport e design? La passione per la bici nasce più tardi rispetto ad altri sport che ho praticato a livello agonistico (tennis, calcio, calcio a 5, rugby). Nasce da uno spiacevole evento. Nel 1997 mi sono rotto il femore, i legamenti ed il menisco della gamba destra (insieme a vari traumi alle costole spalle etc) in un incidente in moto. Il medico mi consigliò di andare in bici per avere un recupero ottimale. Così più per dovere che per piacere ho iniziato a pedalare. Dapprima in mtb e poi anche con una vecchia bici da corsa di mio padre, che da buon veneto macinava migliaia di km ogni anno. Da qui mi sono sempre di più appassionato alle due ruote senza motore. Poi alla fine del 2005 per lavoro sono stato a New York (a disegnare il 55DSL store in Lafayette) e lì ho conosciuto alcune persone che utilizzavano delle vecchie bici da pista in città o converite. Folgorazione. Mi attraeva la semplicità del mezzo, così essenziale. La naturalezza del gesto.

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Nel farla ho recuperato un vecchio telaio (ciclopiave) e ho iniziato la ricerca dei pezzi, per scoprire che nel raggio di 30km da casa avevo le aziende che avevano fatto la storia del Ciclismo. Campagnolo, Italmanubri, Miche... e ovviamente selle San Marco. Le ho contattate e sono riuscito a farmi una bici che quando la descrivevo ai negozianti sgranavano gli occhi e mi guardavano come fossi pazzo. Una di questa aziende era curiosa del motivo per cui chiedessi dei pezzi così “datati”, e da qui in poi... passione pura! Oggi il settore bici sta’ vivendo una nuova vita, forse anche grazie alla riscoperta della scatto fisso e proprio al design che questa ha portato con se. Cosa pensi di tutto questo movimento? Ha cambiato qualcosa all’interno di un marchio storico come San Marco? Oggi il settore della bici sta sicuramente “esplodendo”. Purtroppo è tutto il resto che non segue. La bici rappresenta un metodo alternativo di spostamento. Non voglio entrare nel merito green, penso solo che molte persone pagano per andare in palestra a pedalare sulle “cyclette” quando potrebbero andare in ufficio, a fare la spesa o bere aperitivi in bici, risparmiando e avendo il beneficio fisico. Purtroppo però come dicevo è il resto che non si evolve così rapidamente. Le infrastrutture non seguono l’aumento di ciclisti e i diversi usi di questo mezzo. Non ci sono piste ciclabili, e quando le trovi sono spezzettate da stop per auto o finiscono all’improvviso. Le strade sono sconnesse e mal riparate. il traffico anche nelle zone più isolate è molto pericoloso. Bisognerebbe imparare dagli olandesi: auto super tassate e città per le bici. Se giri in macchina nelle città olandesi ti senti fuori luogo. È l’esatto contrario di quello che succede qui da noi se vai in bici. Oltre ad essere designer sei anche un vero è proprio sportivo amante della bici. Ti ho trovato mentre sfidavi le colline senesi durante l’eroica, mentre tiravi mazzate in un torneo di polo bike e ho visto alcuni scatti che ti ritraevano a macinare km in sella alla bici da corsa…oltre ovviamente alla fissa. E’ la tua personalità poliedrica che si riflette in questo sport ? Direi proprio di sì. Ogni tipologia di bici a mio giudizio esprime un mio modo di vivere, di essere. La bici “eroica” unisce la mia passione per il recupero di cose vecchie e la loro rimessa in ordine (ad oggi ho circa 20 bici recuperate e restaurate negli anni, dalle corsa anni ‘50 alle sportive anni ‘60, dalle bacchetta a vecchi rampichini) ed il loro uso ci fa capire come davvero le imprese di quei ciclisti fossero Eroiche. Rapporti durissimi e bici pesantissime. Faccio fatica anche solo a scriverlo. La bici da corsa è un ottimo modo per stare insieme in “gruppo”, sfogarsi e mantenersi in forma. La mtb per me è natura e solitudine. Principalmente la uso quando voglio stare solo e riflettere, magari su nuovi progetti. Il bike polo è l’unione della bici con uno sport di squadra in cui la competizione dentro il campo e l’amicizia fuori

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sono il centro in cui tutto gira. Ti ho visto bello agguerrito nelle partite di polo, come vedi la scena italiana in questo momento? Paragoni con l’estero? La scena italiana è davvero in crescita. Tanti team, tanti tornei. Quest’anno per la prima volta ci sarà un super torneo internazionale con team da tutta Europa. Sarà dal 25 al 27 maggio a Padova. (www.polorama.it) Attualmente penso che in Italia ci siano 5/6 team che possono giocarsela all’estero. Vedremo agli europei a Parigi come andrà. Io ho già un mio pronostico. Due squadre italiane nelle prime 15. Vedremo! La stessa domanda te la rigiro sulla situazione bici in generale. Come vedi l’Italia in questo momento rispetto a quanto fatto negli altri paesi europei? L’Italia per conformazione storico/geografica è sicuramente svantaggiata per quanto riguarda il discorso bici urbane (dallo scatto fisso ai commuters) per conformazione delle città. Ma in compenso sicuramente sovrasta qualsiasi altro paese in relazione alla bici da strada: Paesaggi incredibili. Montagne durissime. Colline su e giù da brivido. Lungomari rilassanti. Penso che pedalare in Italia sia una delle esperienze che ogni ciclista nel mondo debba provare. Ecco, anche il turismo in bici andrebbe stimolato ed agevolato. Siamo ancora indietro anni luce rispetto agli Stati Uniti o alla Francia.

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Senti, qui tra di noi, senza dirlo a nessuno, ci racconti cosa bolle in pentola sui nuovi prodotti San Marco? Qualche anticipazione? Anche quest’anno lanciamo una collaborazione con Lobster da collezione. Sella più T-shirt imperdibile. Inoltre, siamo sponsor del RedHook criterium con cui abbiamo fatto una sella in edizione speciale: La Concor Light RHC. Ad Eurobike inoltre presenteremo un ampliamento della linea Protek, una serie di selle pensate per l’off-road che abbiamo lanciato quest’anno e che sta avendo un enorme successo. La base è la nuova Concor, riedizione di un modello che ha fatto la storia del ciclismo e che l’anno scorso è stata testa da Michele Scarponi sulle strade del Giro e che lo ha portato sul podio, ma mi raccomando non ditelo a nessuno... Un saluto finale ai futuri ( speriamo ) lettori di Cykeln. Lo faccio utilizzando lo slogan che ho creato per selle San Marco: We ride with you! E sicuramente d’ora in poi Cykeln will ride with us!

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NON

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UN

PA ESE

PER

VEC C HI.

Per arrivare a parlare di Arch come brand si deve fare per forza un passo indietro e conoscere in primis la mente e il braccio che ha dato vita a questo entusiasmante progetto. Mente e braccio nel vero senso del termine visto che Andrea Perici oltre a ideare e disegnare i propri modelli, se li cuce anche! La personalità di Andrea si riflette senza dubbio nelle esperienze di vita fatte prima di questo lavoro. Parla tedesco, inglese e francese, ha viaggiato molto, ed ha praticato una serie infinita di sport, tra i quali water polo, rugby, snowboard, vela e bici. È un appassionato di fotografia, adora disegnare e costruire oggetti con i più disparati materiali, ed è sempre immerso in mille attività. Ha frequentato lo IED a Milano e seguito diversi progetti di interior and industrial design. Oggi lavora per se stesso e non smette mai di stupire tutti per il suo incredibile dinamismo. Ma direi di iniziare a sentire cosa ci dice Andrea di se stesso in questa intervista ad Arch.

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14 a Milano dal 17 al 22 aprile) i nostri prodotti realizzati seguendo un concept ben preciso, quindi direi che vi aspettiamo lì per scoprire tutto il resto!

Ti senti più artigiano o imprenditore? Mi sono sempre sentito un artigiano, ma ora sto cercando di essere imprenditore del mio futuro! Italia o estero? Io adoro viaggiare, ho visto molti posti belli e in molti dei quali vorrei trasferirmi, il problema principale resta trovare il lavoro. Ma l’Italia è bella, non c’è niente da fare; noi ci stiamo impegnando davvero tanto per riuscire a ritagliare il nostro spazio in questa società, purtroppo è tutto il contorno ad essere sbagliato. Ho spulciato un po’ nel tuo passato, scoprendo per altro che sei stato uno dei primissimi UBM di Milano e visto che siamo una rivista di bici la domanda che sorge spontanea è: che rapporto hai con questa e come ti sei avvicinato al mondo della fissa? La bicicletta è stato sempre il mezzo di trasporto più comodo per Milano, fin dalle scuole medie. Crescendo ho scoperto la semplicità della costruzione di questi mezzi, fino ad arrivare a scoprire la massima essenzialità nel mondo delle fisse più o meno agli albori di questa realtà, da quel giorno non credo di aver pedalato su altri tipi di due ruote senza motore, appassionandomi anche all’assemblaggio sia di fisse che di biciclette da città, ma mantenendo sempre la pulizia nelle linee. Inoltre ora sto realizzando delle sacche da bici proprio per un uso cittadino. Credi che la fissa sia solo una moda passeggiera o un movimento con tutti i crismi? Avrò una mentalità un pò da conservatore, ma per come ho vissuto io questa realtà penso che ultimamente sia diventata un pò troppo di moda, perdendo molto la vera filosofia che c’è dietro a questo mezzo.

Ciao Andrea, innanzitutto cosa è Arch e come sei arrivato alla creazione di questo brand? arch è nata nel dicembre del 2010, mentre il mio amico e collega Matteo Pulvirenti stava dipingendo una parete della mia casa. Abbiamo ideato e realizzato le prime rucksack per un nostro utilizzo quotidiano, e dopo molti complimenti e richieste non ci siamo più fermati; abbiamo creato diversi modelli per gli utilizzi più disparati, spaziando dalle borse agli accessori.

Ho notato che hai avuto una vita davvero piena. Secondo te, questo ha influito nella tua scelta di creare un marchio come Arch? Diciamo che mi piace tenermi impegnato, ma soprattutto lavorare per me stesso, e quale poteva essere la miglior soluzione se non fare una cosa che ero capace a fare?

Perché il nome Arch? E quali sono i punti di forza del brand? Il nome di per sé non ha un vero e proprio significato, raccoglie diversi aspetti delle nostre esperienze passate in campo lavorativo. Il punto di forza principale di questo brand è dare la possibilità al fruitore di scegliere per ogni singolo modello il materiale senza vincolarlo ad una collezione

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prestabilita. E sicuramente la cura nei dettagli, ogni singolo pezzo ha un accostamento di materiali e colori accuratamente scelto e viene riproposto in tutte le sue parti, dal materiale principale a quello del dettaglio, che sia pelle o altro, alla fodera interna, fino agli accessori.

Su cosa ti basi per la creazione dei tuoi modelli? Ogni modello è creato per un uso specifico, veniamo condizionati dalle nostre esperienze quotidiane e da queste traiamo ispirazione, poi affiniamo il tutto seguendo il nostro stile e lo rendiamo pratico per quanto riguarda l’utilizzo.

So che le mani che cuciono tutti i prodotti sono le tue, Riesci a far fronte a tutte le richieste? Non pensi che sia venuto il tempo di farsi dare una mano a cucire? Come dici tu, fino ad ora è tutto autoprodotto al 100%, dal taglio al cucito, dall’applicazione di accessori alle grafiche, dal marketing alla vendita, ma non sono solo, ho due validi aiutanti, Matteo e Giulia, senza i quali questo non sarebbe possibile, e una buona parte di amici e conoscenze che ci supportano e ci danno tantissimo. La filosofia stessa di arch è il self made, come accennato prima ogni pezzo è unico per

ogni cliente che ha la possibilità di personalizzarselo; abbiamo però intenzione di affiancarci ad una produzione per poter creare una collezione da proporre a dei negozi che riteniamo adatti al nostro brand e poter così espandere il nostro marchio, ma tutto sempre e comunque made in Italy.

Siete cresciuti pian piano ma costantemente in questi anni. Come sono cambiate le cose da quando hai iniziato e quali sono i progetti che stai portando avanti? All’inizio, come ogni nuova realtà, eravamo in cerca di luoghi dove poter esporre e farci conoscere, ora riceviamo direttamente un buon numero di proposte interessanti. Per la collezione estiva di quest’anno abbiamo collaborato con due gradi marchi di abbigliamento italiano come Iuter e P&B, producendo dei nostri prodotti con i loro materiali allineati al mood delle loro rispettive collezioni. Abbiamo collaborato inoltre con Spectrum producendo diversi prodotti adatti al mondo dei writer, e UBM, creando borse per il food delivery in bicicletta. Ora le nostre forze sono tutte concentrate alla prossima sfida, il fuorisalone di quest’anno, dove esporremo e venderemo (in via Dante,

So che hai girato anche all’estro in bici, ci vuoi raccontare la tua esperienza? Ho trascorso tre mesi in California insieme alla mia ragazza, abbiamo portato con noi le nostre bici, che abbiamo usato quotidianamente per un mese intero a San Diego. Le strade sono autostrade ma la percezione delle persone verso di te è nettamente più umana. La città è immensa, divisa in diverse zone ben marcate, ma i trasporti pubblici come gli autobus sono dotati di rastrelliera frontale per il trasporto di bici senza sovrapprezzo. Inoltre hanno dei lungomare infiniti dove girano tutto il giorno con dei super cruiser/chopper che qui ci scordiamo. Diciamo che è proprio un altro mondo. Un saluto finale e un consiglio a chi vuole che una passione si trasformi in un lavoro. Tralasciando frasi fatte come “seguire il proprio sogno è giusto”, ecc. credo sia importante essere realisti, capire cosa è necessario fare per migliorare la situazione attuale, e impegnarsi in quello in cui si crede. Con la giusta dose di capacità è possibile fare molto e non bisogna mai darsi per vinti!

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Per lo più girare in bici a Firenze per me significa attraversare la città alla ricerca di nuovi spot dove potermi allenare nella mia disciplina, il bmx freestyle o Flatland. Nonostante la frammentarietà delle poche piste ciclabili presenti e le mie ruote da 20 pollici (che su strade dissestate diventano dei perfetti organi di trasmissione delle vibrazioni *ride*) girare per Firenze risulta molto piacevole, specie per le vie del centro. Molte volte muovendosi su mezzi più veloci come auto e moto non ci rendiamo conto di quanti angoli e viste stupende questa città possa offrire, mentre muovendosi a passo di ciclista si possono scoprire viste e prospettive meravigliose. Amsterdam da 6 anni è diventata la mia seconda casa, grazie ad un caro amico che vi si è trasferito, riesco con regolarità a fare un salto a trovarlo una/due volte all’anno per godermi la sua compagnia e quella splendida città a dimensione di ciclista. Ogni volta che salgo mi diverto a girare in fissa o in olandesina ed è come vivere in un sogno: piste ciclabili ovunque, parchi ciclabili, strade e percorsi riservati solo alle biciclette, rastrelliere e parcheggi bici sparsi in ogni dove, senza contare il rispetto religioso che pedoni e automobilisti osservano nei confronti di chiunque si muova in bicicletta, considerata giustamente il principale mezzo di locomozione della città... insomma il vero paradiso delle biciclette!!! Amo girare in bici per Firenze perché ho a disposizione degli spot dove allenarmi che farebbero invidia ai grandi campioni internazionali: non tutti hanno la fortuna di fare flatland sotto la Loggia del Porcellino o spararsi un paio di trick al Piazzale Michelangelo con uno sfondo da cartolina!

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