Dossier Conflitti Ambientali

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TAP - TRANS ADRIATIC PIPELINE Regione: PUGLIA Categoria: Infrastrutture/Cementificazione Il Trans Adriatic Pipeline, meglio conosciuto come TAP, è parte di un gasdotto progettato per connettere l’Azerbaijan all’Europa. L’approdo del gasdotto, lungo 878 km (di cui 550 km in Grecia; 215 km in Albania; 105 km nell’Adriatico e 8 km in Italia), è previsto al lido San Basilio a San Foca, in Salento, località di grande valore naturalistico e turistico. Il progetto, ritenuto di importanza strategica dall’Europa e dal governo italiano per diversificare gli approvvigionamenti energetici, è avversato dalle amministrazioni locali e dalla popolazione riunita nel Comitato NO TAP, che da anni manifesta la propria contrarietà all’opera. Il dissenso riguarda differenti questioni: dalle preoccupazioni sull’impatto ambientale, ai timori riguardanti gli effetti dell’opera sull’economia locale, in particolare sul turismo, e sulla biodiversità, a causa dell’eradicazione degli ulivi prevista per far posto alle infrastrutture. L’opposizione all’opera contesta inoltre la sua utilità: le fonti di approvvigionamento energetico non verrebbero diversificate, consolidando la dipendenza da una risorsa non rinnovabile. Infine, il gas trasportato proverrebbe da un paese, l’Azerbaijan, retto da un regime autoritario. Il progetto è stato approvato dai ministeri competenti nel settembre 2014. Contro tale decisione il Comitato NO TAP, il Comune di Melendugno e la Regione Puglia hanno portato avanti diverse azioni di opposizione, anche per mezzo di ricorsi legali. Ciononostante nel 2017 i lavori di costruzione sono iniziati, inasprendo il conflitto e dando il via ad un lungo periodo di forti mobilitazioni. Il territorio è stato militarizzato e le proteste represse; nei confronti di un giovane attivista è stato emesso per la prima volta in un caso del genere un provvedimento di Daspo. Il Movimento NO TAP ha promosso nell’agosto 2018 un’istanza di accesso civico generalizzato chiedendo l’accesso alla documentazione riguardante eventuali “costi di abbandono” dal progetto TAP e l’analisi costi-benefici prevista dall’Unione Europea, ottenendo risposte generiche ed incomplete. Il 26 ottobre il governo ha ribadito che il gasdotto deve essere completato: fermare il progetto significherebbe pagare penali insostenibili, ha dichiarato.

INCENERITORI DI COLLEFERRO Regione: LAZIO Categoria: Gestione dei rifiuti Gli inceneritori di Colleferro sono entrati in funzione a cavallo tra il 2003 e il 2004, aggravando l’emergenza ambientale di un’area già compromessa da decenni di industria pesante. Gli impianti erano gestiti uno da Mobil Service, controllata al 100% dal Consorzio Gaia, e l’altro da E.P. Sistemi, controllata al 60% da Gaia e al 40% da Acea. Nel 2005, poco dopo l’entrata in funzione degli inceneritori, la zona è balzata sotto i riflettori della cronaca a causa della morte di 25 capi di bestiame sulle sponde del rio Mola Santa. Il bestiame risultò avvelenato dal cianuro, scaricato abusivamente nell’affluente del fiume Sacco. In seguito alle analisi effettuate dopo l’avvenimento venne inoltre riscontrata la presenza di una sostanza tossica - il Betaesaclorocicloesano - nel latte prodotto da 36 aziende limitrofe e nel sangue del campione di cittadini sottoposto ad analisi. Di conseguenza il governo dichiarò lo stato di crisi socio-economico-ambientale nei comuni tra Colleferro e Anagni e istituì il SIN del bacino del Sacco, promuovendo una serie di progetti per monitorare la salute degli abitanti. I monitoraggi mostrarono un aumento dei tumori nella popolazione, oltre ad un’incidenza anomala di malattie della tiroide, dell’apparato respiratorio e del diabete. L’esplosione dell’emergenza ambientale nel 2005 ha avuto forti ripercussioni sugli abitanti della zona, organizzati in due realtà cittadine attive nella difesa ambientale: l’Unione Giovani Indipendenti e la Rete per la Tutela della Valle del Sacco - ReTuVaSa. Da allora diverse irregolarità sono emerse anche relativamente al funzionamento degli inceneritori, sfociati in procedimenti legali connessi tanto alla costruzione che all’utilizzo. Dopo il fallimento del Consorzio Gaia, gli inceneritori di Colleferro sono passati sotto la proprietà della Regione Lazio. Il funzionamento degli impianti, dopo le vicende giudiziarie, ha subito diverse battute di arresto fino allo spegnimento nel febbraio 2017. A seguito della decisione di ristrutturare gli inceneritori con il cosiddetto revamping per fronteggiare l’emergenza rifiuti a Roma, la popolazione e i comitati locali, con l’appoggio delle amministrazioni locali tra cui il sindaco di Colleferro Pierluigi Sanna, si sono organizzati nel movimento Rifiutiamoli!, organizzando un presidio nella piazza di Colleferro Scalo che è durato 350 giorni. La chiusura degli inceneritori è stata definitivamente confermata il 26 ottobre 2018.


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