I dagherrotipi. Le prime immagini fotografiche europee

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I Dagherrotipi Le prime immagini fotografiche europee

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Indice 1. PRESENTAZIONE DEL PROGETTO

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2. CATALOGARE E CONDIVIDERE LE INFORMAZIONI 2.1 Daguerreobase, genesi del progetto 2.2 Obiettivi e mezzi 2.3 Daguerreobase.org, un sito multilingue 2.4 La mostra virtuale 2.5 I partner del progetto 2.6 Vi invitiamo a partecipare al progetto Daguerreobase 3. CHE COS’È UN DAGHERROTIPO 3.1 Contesto storico 3.1.1 Un’immagine realistica e dettagliata 3.1.2 I primi dagherrotipisti 3.1.3 Perfezionamenti apportati al procedimento originale di Daguerre 3.1.4 I primi clienti 3.1.5 Il Regno Unito, un caso particolare 3.1.6 I soggetti 3.1.7 La concorrenza 3.2 Le principali caratteristiche del dagherrotipo 3.2.1 La lastra 3.2.1.1 Standardizzazione dei formati

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3.2.1.2 Marchiatura dello strato d’argento 3.2.1.3 Lucidatura 3.2.1.4 Formati particolari 3.2.1.5 Formazione dell‘immagine 3.2.1.6 Il colore 3.2.2 La custodia, un elemento inseparabile 3.2.2.1 Montaggio europeo

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3.2.2.2 Montaggio anglo-americano 3.2.2.3 Le cornici

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38 4. IL MANUALE DI ISTRUZIONI DI DAGUERRE 4.1 Prima operazione: “Si comincierà adunque dal pulimentarla esattamente“ 39 4.2 Seconda operazione: “Si lascia in questa posizione (la lastra) fino a tanto che la superficie dell’argento sia coperta di un bello strato color giallo d’oro“ 40 4.3 Terza operazione: “Non rimane più che ad aprire il diaframma della 42 camera oscura e a consultare un oriuolo per contare i minuti“ 4.4 Quarta operazione: “L’impronta dell’immagine della natura esiste sull‘ amina, ma non è visibile...“ 4.5 Quinta operazione: “Il mercurio che disegna le immagini è in parte depositato e aderisce all’argento“

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5. CONSERVARE E RESTAURARE I DAGHERROTIPI 5.1 Principi generali 5.2 Le lastre prive di montaggio 5.3 La vulnerabilità 5.3.1 Le alterazioni di natura fisica 5.3.2 Le alterazioni di natura chimica 5.3.3 Le alterazioni di natura biologica 5.4 I trattamenti di pulitura 5.5 Le condizioni ambientali ideali per una corretta conservazione dei dagherrotipi

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6. STORIE DI DAGHERROTIPI

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7. BIBLIOGRAFIA

Immagine di copertina: Louis-Jacques-Mandé Daguerre, Natura morta in studio, 1839, dagherrotipo realizzato prima dell‘annuncio pubblico del procedimento dagherrotipico. National Heritage Institute CR, Castello di Kynžvart

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Presentazione del progetto Il Daguerreobase è un nuovo progetto per la valorizzazione del patrimonio fotografico europeo, il cui l‘obiettivo è quello di catalogare 25.000 dagherrotipi provenienti dalle collezioni pubbliche e private, oltre che una selezione di risorse documentarie, sul sito web multilinguistico www.daguerreobase.org. Per realizzare un progetto di queste dimensioni, 17 partner provenienti da 13 paesi europei si sono associati in un consorzio con il fine di creare ed alimentare un database on line, di definire dei parametri comuni per la descrizione degli oggetti dagherrotipici e di invitare nuovi partecipanti al progetto. Il Daguerreobase rappresenta un contributo importante per Europeana, il portale e la biblioteca digitale per i Beni Culturali Europei dell‘Unione Europea, e una parte del contenuto del database sarà accessibile direttamente dal sito www.europeana.eu. Il dagherrotipo è stato il primo procedimento fotografico (1839 - 1865) nella storia della fotografia ad avere un impiego commerciale. L‘immagine, al contempo negativa e positiva, si forma dirattemente su una lastra di rame argentata esposta in un apparecchio fotografico. I dagherrotipi di fattura europea sono relativamente pochi e conservati in diverse collezioni pubbliche e private. Il Daguerreobase sarà un sito privilegiato di condivisione, di conoscenza e di ricerca intorno alle prime immagini forografiche europee. Il Museo della fotografia della Provincia di Anversa è il coordinatore del progetto Daguerreobase, gli altri membri del consorzio sono: Stichting Nederlands Fotomuseum (Paesi-Bassi), Atelier de Restauration et de Conservation des Photographies de la Ville de Paris (Francia), Stadt Köln (Germania), Landshauptstadt Dresden (Germania), Ministère de la Culture (Lussemburgo), Institut for Papierrestaurierung Schloss Schonbrunn Mag. Markus Klaszund Mitgesellschafter – IPR (Austria), Suomen Valokuvataiteen Museon Saatio Stiftelsen – Stiftelesen for Finlands Fotografiska Museum Foundation Finnish Museum of Photography - SVM FMP (Finlandia), Nasjionalbiblioteket (Norvegia), Universitet i Bergen (Norvegia), Picturae BV (Paesi Bassi), e-David (Belgio), SMP di Sandra Maria Petrillo (Italia), Museum Conservation Services (Regno Unito), Narodni Technicke Muzeum (Repubblica Ceca), Universitat Politecnica de Valencia (Spagna), Det Kongelige Bibliotek, Nationalbibliotek og Kobenhavns Universitetsbibliotek (Danimarca).

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Il progetto è iniziato il 1 novembre 2012 e sarà completato entro luglio 2015. È parzialmente finanziato nell‘ambito del Programma di Sostegno alla Politica delle Tecnologie dell‘Informazione e della Comunicazione (ICT PSP), quale parte del Programma Quadro per la Competitività e l’Innovazione della Commissione Europea (http://ec.europa.eu/ict_psp).

Louis-Jacques-Mandé Daguerre (18 novembre 1787 – 10 luglio 1851)

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2. Catalogare e condividere le informazioni 2.1 Daguerreobase, genesi del progetto A seguito dello studio di un gran numero di dagherrotipi, il dipartimento di conservazione e restauro del Museo della fotografia dei Paesi Bassi (Nederlands Fotomuseum - NFM) ha creato una prima versione di Daguerreobase nel 2004. Si trattava di una banca dati specificatamente concepita per la descrizione dettagliata dei dagherrotipi. Nel 2009 è stata introdotta un‘applicazione on line che ha permesso la condivisione dei dati. Questa iniziativa riguardava solo i Paesi Bassi. Nel 2012 il Fotomuseum di Anversa (FoMu) ed il Nederlands Fotomuseum (NFM) si sono resi promotori di un consorzio europeo che ha presentato con successo una domanda di finanziamento presso la Commissione Europea. L‘obiettivo era quello di rimodellare e sviluppare il Daguerreobase esistente, in modo da integrarvi i dagherrotipi provenienti dagli altri paesi dell‘Europa e farne uno strumento di conoscenza e di ricerca a livello europeo.

2.2 Obiettivi e mezzi L‘obiettivo principale di Daguerreobase è quello di riunire 25.000 dagherrotipi e 6.500 pagine di letteratura storica provenienti da istituzioni pubbliche o collezioni private europee in un unico database multilingue. Per raggiungerlo il daguerreobase si è basato su una rete di sinergie e di competenze offerte dai diversi partner del consorzio (Best Practice Network) con il fine di elaborare un database performante, di alimentarlo con immagini e descrizioni di qualità e di diffondere il progetto in modo da coinvolgere nuove istituzioni pubbliche e collezioni private. I partner del consorzio lavorano su una o più aree specifiche del progetto, come ad esempio la creazione di una terminologia comune, la creazione di un manuale per la descrizione e la numerizzazione dei dagherrotipi, la questione dei diritti d‘autore e quella del mantenimento della gestione di Daguerreobase al termine del progetto. Una della finalità di Daguerreobase è quello di arricchire Europeana, il portale e la biblioteca digitale per i Beni Culturali Europei dell‘Unione Europea, con la condivisione di alcune immagini presenti sul database direttamente sul sito www.europeana.eu.

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2.3 Daguerreobase.org, un sito multilingue Il sito www.daguerreobase.org è una piattaforma multilingue per la registrazione dei dati sui dagherrotipi e contemporaneamente uno strumento educativo accessibile a tutti. Saranno disponibili delle guide, scritte in nove lingue diverse, che aiuteranno nella registrazione, nella numerizzazione e nella descrizione dei dagherrotipi. Attraverso un motore di ricerca sarà possibile consultare le immagini, le descrizioni delle lastre (cercando per collezione, paese, soggetti, autori, ecc.), la letteratura storica, gli avvenimenti e le pubblicazioni sugli autori dei dagherrotipi.

2.4 La mostra virtuale Nel 2014 si celebra il 175° anniversario dall‘invenzione del dagherrotipo e per l‘occasione Daguerreobase, in collaborazione con Europeana, sta realizzando un‘esposizione virtuale delle lastre più significative presenti sul database. La mostra sarà visitabile su exhibitions.europeana.eu e su www.daguerreobase.org.

2.5 I partner del progetto Il consorzio, che riunisce 17 partner, è costituito principalmente da piccole e grandi istituzioni pubbliche (musei, archivi, università e biblioteche), da restauratori specializzati in restauro dei materiali fotografici e da partner tecnici. Coordinatore: BELGIO - FotoMuseum della Provincia di Anversa (FoMu) SITO INTERNET: www.fomu.be Il Fotomuseum della Provincia di Anversa (FoMu) è il principale museo del Belgio per la fotografia storica e contemporanea. È stato fondato nel 1965 come parte del Museo Provinciale di Arti Decorative di Anversa. Nel 1986 il Dipartimento di Fotografia ottenne l‘autonomia e fu trasferito nella sede attuale. Nel corso di 50 anni il museo ha raccolto una collezione di importanza internazionale. Il fondo è stato notevolmente

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ampliato e diversificato grazie ad acquisizioni e donazioni, quali la raccolta di Michel Auer, l‘archivio e la biblioteca dell‘Associazione Belga di Fotografia, la collezione Agfa Gevaert, Agfa Historama di Colonia e la raccolta Fritz L. Gruber. Il FoMu gestisce un patrimonio fotografico notevole, composto da circa 750.000 fotografie (positivi e negativi), 23.000 pezzi di attrezzature fotografiche e 32.000 pubblicazioni storiche e contemporanee. La collezione di macchine fotografiche è quasi unica al mondo per dimensioni e tipologie. La collezione di fotografia, che annovera esemplari che vanno dal XIX al XXI secolo, comprende ben 183 dagherrotipi. Partecipanti: AUSTRIA - Istituto per il restauro della carta del Castello di Schönbrunn (IPR) SITO INTERNET: www.papier-restaurierung.com Nel 1995, sei restauratori di carta altamente specializzati unirono i loro talenti e fondarono l‘Istituto per il restauro della carta nel Castello di Schönbrunn (IPR). Hanno fatto questa scelta sulla base della convinzione che lavorare in gruppo permette di essere più efficienti. L‘IPR è stato poi istituito come società, ai sensi del codice civile austriaco. Si tratta del più grande laboratorio privato di restauro in Austria ed è in grado di assumere incarichi in tutti i campi del restauro della carta: dalla grafica antica e moderna, ai libri, alle fotografie e persino alle antiche carte da parati.

BELGIO - eDAVID (eDAVID) SITO INTERNET: www.eDAVID.be Nelle Fiandre la ricerca sulla conservazione a lungo termine di documenti elettronici ufficiali con valore legale ha avuto inizio nel 2000 con il progetto DAVID. I partner del progetto - l‘Archivio della città di Anversa, il KU, Centro Interdisciplinare di Lovanio per il Diritto, e l’ICT (ICRI) - hanno continuato la loro attività di ricerca nel Centro di Competenza DAVID (eDAVID vzw). Nell’ambito di eDAVID la ricerca sulla conservazione a lungo termine di documenti digitali e digitalizzati è stata ulteriormente sviluppata, trattando inoltre anche altri argomenti connessi, come la gestione delle registrazioni e gli archivi digitali.

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REPUBBLICA CECA - Museo Nazionale della Tecnica (NTM) SITO INTERNET: www.ntm.cz Il Museo Nazionale della Tecnica ha uno status di Museo Centrale della Repubblica Ceca ed è un‘istituzione scientifica con funzioni metodologiche, espositive, di documentazione e informazione. La sua attività si basa soprattutto sulla gestione delle collezioni create con lo scopo di rappresentare la memoria della nazione. Le collezioni sono costituite da circa 56.000 oggetti inventariati e includono alcuni oggetti unici, come gli strumenti astronomici del XVI secolo utilizzati da Tycho Brahe, la prima automobile cecoslovacca e alcuni dei più antichi dagherrotipi. Gli oggetti, i documenti d‘archivio ed i fondi librari sono presentati al pubblico non solo mediante mostre permanenti e temporanee, ma anche attraverso programmi educativi e di formazione.

DANIMARCA - Biblioteca Reale, Biblioteca Nazionale e Biblioteca dell‘Università di Copenaghen (KBDK) SITO INTERNET: www.kb.dk Oltre al servizio bibliotecario la Biblioteca Reale organizza mostre, concerti, eventi letterari ed altre attività culturali. Il Museo Fotografico Nazionale fa parte dell’organizzazione della biblioteca e custodisce la collezione nazionale di fotografie, consistente in circa 10 milioni tra fotografie e negativi, tra cui la più grande collezione di dagherrotipi del Nord Europa. Il laboratorio di restauro della biblioteca ha competenza su tutti i tipi di materiali librari ed archivistici ed opera non solo per la salvaguardia delle proprie collezioni, ma anche per quelle provenienti da altre istituzioni. FINLANDIA - Museo Finlandese di Fotografia (FMP) SITO INTERNET: www.valokuvataiteenmuseo.fi Il Museo Finlandese di Fotografia è il Museo Nazionale specializzato in questa materia, ed opera sostenendo e promuovendo l‘arte e la cultura fotografica finlandese. Il museo, nato per iniziativa di un certo numero di organizzazioni fotografiche, ha iniziato la sua attività nel 1969 ed è gestito dalla Fondazione per il Museo Finlandese di Fotografia. Il museo organizza mostre di fotografia contemporanea finlandese e straniera, presentando la storia della fotografia nei suoi diversi e multiformi aspetti. L’attività

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didattica del Museo fa da corollario alle esposizioni, con progetti educativi fotografici e multimediali rivolti ai vari tipi di pubblico. La collezione del museo è incentrata sull‘arte fotografica contemporanea finlandese. L’FMP vanta inoltre una notevole competenza specialistica nella conservazione e nel restauro delle fotografie in ambito nazionale.

FRANCIA - Laboratorio di restauro e conservazione delle fotografie della città di Parigi (ARCP) SITO INTERNET: arcp.paris.fr Creato nel 1983 all’interno del Dipartimento degli affari culturali della città di Parigi, il laboratorio di restauro e conservazione di fotografie del comune di Parigi fornisce politiche per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio fotografico della città consistente in circa 8 milioni di fotografie, conservate nei suoi diversi musei, biblioteche e archivi - e può fornire i suoi servizi anche ad altre istituzioni culturali francesi o straniere. L’ARCP, ospitato all‘interno della Maison Européenne de la Photographie e diretto da Anne Cartier-Bresson, si compone di cinque sezioni - Catalogazione, Conservazione preventiva, Conservazione curativa, Restauro, Riproduzione e documentazione - ed offre vari servizi quali: perizie sullo stato di conservazione, consulenze circa la cura delle collezioni, trattamenti specifici di restauro di fotografie storiche e artistiche, documentazione scritta e fotografica dei trattamenti, procedimenti preparatori e protettivi prima della digitalizzazione, riproduzione di negativi e stampe originali, assistenza e controllo ambientale in occasione di mostre, organizzazione diretta di mostre. L’ARCP partecipa anche alla ricerca avanzata, nonché alla divulgazionene delle conoscenze nel campo della conservazione e del restauro fotografico in Francia o all‘estero, offrendo una formazione specifica, accogliendo stagisti e aprendo il suo centro di documentazione ai ricercatori.

GERMANIA - Museo Ludwig di Colonia (MLK) SITO INTERNET: www.museum-ludwig.de Il Museo Ludwig è uno dei più importanti musei di arte moderna e contemporanea della Germania. È stato costruito ex novo nel 1986 per ospitare la donazione di Peter e Irene Ludwig, che comprende opere d’arte contemporanea tra cui la più importante

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collezione di arte Pop al di fuori degli Stati Uniti e la raccolta di espressionisti e di altri importanti rappresentanti del Modernismo classico donata dal Dr. Josef Haubrich alla città di Colonia nel 1946. Il museo detiene oggi la terza più grande collezione di Picasso del mondo e copre tutti i principali fenomeni artistici del XX e XXI secolo. L‘acquisizione della collezione L. Fritz Gruber nel 1977 ha gettato le basi per la raccolta fotografica, che si estende dalle origini della fotografia fino alla fine del XX secolo comprendendo circa 550 dagherrotipi provenienti principalmente dalle collezioni Stenger e Lebeck, ma anche materiali sulla storia culturale della fotografia.

GERMANIA - Technische Sammlungen Dresda (TSD) SITO INTERNET: www.tsd.de Le Technische Sammlungen (Collezioni Tecniche) di Dresda sono state fondate nel 1966 come Museo Politecnico dove promuovere la formazione per lo sviluppo della tecnica in generale, con particolare riguardo al contesto locale. Nel 1993 il museo si è trasferito nell‘ex sede della Heinrich Ernemann AG, una fabbrica che era stata uno dei principali produttori mondiali di alta tecnologia per la fotografia ed il cinema agli inizi del XX secolo, ripresa poi da altre fabbriche di apparecchi fotografici, che hanno resa celebre Dresda in tutto il mondo. Il museo si denomina oggi Museo per la Tecnologia dei Media e la Comunicazione e comprende la sezione di “Math Land of Adventure“, il Centro di sperimentazione ed il Centro per la fotografia di Dresda. Al museo sono esposti molti tesori delle sue collezioni sulla storia della tecnologia della fotografia e del cinema, nonché computer, calcolatrici e macchine da scrivere ed altri dispositivi di comunicazione audio-visiva. La collezione fotografica è una delle più grandi della regione e comprende anche un‘importante collezione di dagherrotipi.

ITALIA - SMP di Sandra Maria Petrillo (SMP) SITO INTERNET: www.smp-photoconservation.com Fondata nel 2008 e diretta da Sandra M. Petrillo, la SMP si dedica alla conservazione e al restauro di opere fotografiche storiche e Fine Art. La SMP è specializzata nella ricognizione di fondi fotografici pubblici con elaborazione di specifici piani

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di conservazione preventiva ed offre anche servizi di consulenza e assistenza per collezioni private. Lo studio propone inoltre seminari sulla storia, sull‘identificazione e sulla conservazione dei materiali fotografici. Sandra Maria Petrillo ha al suo attivo un certo numero di pubblicazioni sulle tecniche fotografiche storiche e sul restauro dei materiali fotografici. Tiene corsi di restauro dei materiali fotografici presso l‘Università di Roma “Tor Vergata“ e cura per Kermes - La rivista del restauro, la rubrica “Materia Photographica”, che presenta informazioni sulle tematiche scientifiche attuali nel campo della conservazione e del restauro della fotografia.

LUSSEMBURGO - Ministero della cultura - Centro nazionale dell‘audiovisivo (CNA) SITO INTERNET: www.cna.lu / www.steichencollections.lu Il Centro Nazionale dell‘Audiovisivo è l’istituzione pubblica lussemburghese deputata alla conservazione ed alla promozione del film, della fotografia e del patrimonio sonoro nazionale. Il CNA è stato creato nel 1989 come archivio accessibile al pubblico, e la sua collezione fotografica comprende oggi più di duecentomila documenti. Si va dalla fotografia storica e contemporanea a documenti di interesse storico e socioculturale per il Lussemburgo. Le due collezioni di Steichen provenienti dal Museo d‘Arte Moderna sono considerati parte del patrimonio nazionale del paese. Nel 2007 il CNA si è trasferito in una nuova costruzione “op der Schmelz”, dove dispone di una galleria d’esposizione, di due sale cinematografiche, di una ben fornita biblioteca e mediateca, di studi cinematografici e di registrazione, nonché di un locale di conservazione per le fotografie e le pellicole cinematografiche.

NORVEGIA - Biblioteca Nazionale di Norvegia (NB) SITO INTERNET: www.nb.no La Biblioteca Nazionale di Norvegia è tra le principali fonti di informazione per la conoscenza della Norvegia, dei norvegesi e di ogni altro tema riguardante il paese. Essa raccoglie, conserva e rende disponibili collezioni di ogni genere in tutti i media esistenti, tra cui materiale a stampa, trasmissioni radiotelevisive, musica, fotografie, film e documenti digitali. In base alla legge nazionale relativa al deposito legale, la biblioteca riceve per diritto di stampa una

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copia di tutto ciò che viene pubblicato in Norvegia. Oltre ad essere deputata alla ricerca, la NB è inoltre anche un’istituzione che svolge un’intensa attività culturale. Attraverso la cooperazione con le biblioteche locali, le istituzioni educative e di ricerca, gli archivi, i musei, i mezzi di comunicazione e gli ambienti artistici l’organismo è in continuo sviluppo e offre sempre nuovi servizi rivolti ad un vasto pubblico.

NORVEGIA - Università di Bergen (UiB) SITO INTERNET: www.uib.no La collezione delle fotografie fa parte del dipartimento di collezioni speciali della Biblioteca Universitaria dell‘Università di Bergen. Il dipartimento ospita collezioni della biblioteca del museo di Bergen, uno degli istituti di ricerca più antichi della Norvegia, risalente al 1825. Il fondo fotografico risale ai primi anni ’60 del Novecento ed è oggi uno dei maggiori e più importanti della Norveggia. Vi sono conservati l‘intero archivio di Knud Knudsen, un pioniere della fotografia attivo dal 1864 al 1900, e della sua azienda e numerose fotografie di Marcus Selmer, importante dagherrotipista che a Bergen aprì il primo studio fotografico. L’UiB rapprensenta la Biblioteca Universitaria di Bergen, il museo della città di Bergen e il museo dell’università di Bergen.

SPAGNA - Università Politecnica di Valencia (UPV) SITO INTERNET: www.upv.es L’Università Politecnica di Valencia, fondata nel 1971, è un‘istituzione pubblica che si dedica ad un‘attività di istruzione, ricerca e sviluppo (R&S) e conta un totale di 36.000 studenti, 2.850 docenti e 2.600 dipendenti con altre funzioni. L’UPV è la seconda università pubblica nella regione di Valencia e si pone all’avanguardia in materia di innovazione e sviluppo tecnologico del paese. Il Lemfc è un laboratorio di ricerca all’interno dell’università formatosi come sezione del Master in Fotografia (www. masterfotografia.es) nell’ambito dell’Istituto di industrial design. Il Lemfc è formato da un gruppo multidisciplinare che ha dedicato i propri sforzi a studiare il comportamento e la conservazione dei materiali fotografici utilizzati nella fotografia contemporanea. Attualmente il Lemfc sta portando avanti due progetti di ricerca: un test di accelerazione

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d’invecchiamento dei moderni materiali utilizzati per le fotografie e lo sviluppo del Photographic Activity Test (PAT). Oltre a questo, il Lemfc sta realizzando un catalogo generale delle collezioni fotografiche presenti in Spagna (www.dfoto.info).

PAESI BASSI - Fondazione Nederlands Fotomuseum (NFM) SITO INTERNET: www.nederlandsfotomuseum.nl Il Nederlands Fotomuseum è stato fondato nel 2003 dalla fusione della ex Nederlands Fotoarchief (NFA), del Nederlands Foto Instituut (NFI) e del laboratorio di restauro dei materiali fotografici Nationaal Fotorestauratie Atelier (NFrA). Il Nederlands Fotomuseum conserva un’importante collezione di archivi di fotografi olandesi, consistente in circa 3,5 milioni tra fotografie e negativi, e una vasta collezione di letteratura fotografica. Il NFM organizza esposizioni temporanee nazionali ed internazionali e possiede un laboratorio di restauro fotografico completamente attrezzato che svolge la sua attività per la propria collezione museale, ma anche per altri istituti pubblici e per privati. Il laboratorio di restauro è specializzato nella conservazione e nel restauro dei dagherrotipi ed ha sviluppato la prima versione del database per i dagherrotipi in FileMakerPro, con la collaborazione della George Eastman House di Rochester, New York. In questo porgetto il NFM condivide con il FoMu il suo ruolo di coordinatore, occupandosi dell‘aspetto tecnico del progetto e guidando la realizzazione e lo sviluppo del nuovo Daguerreobase.

PAESI BASSI - Picturae BV (PIM) SITO INTERNET: www.picturae.com Picturae BV è stata fondata nel 1997 a Heiloo nei Paesi Bassi e offre attualmente una vasta gamma di servizi per il settore dei beni culturali. È in grado di digitalizzare quasi ogni tipo di collezione di beni culturali, tra cui documenti cartacei, fotografie, negativi, grandi dipinti, mappe e materiali audiovisivi. Per la gestione dei dati Picturae fornisce anche il Memorix Maior, un software di gestione delle collezioni sviluppato in azienda. Picturae è inoltre in grado di creare siti web per la presentazione pubblica del patrimonio digitale, offrendo anche servizi di storage e hosting. La sede principale

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dell‘azienda si trova nei Paesi Bassi, ma sono presenti filiali anche in Belgio ed in Francia. Picturae vanta un’esperienza di oltre vent’anni, nel corso dei quali si è formata in diversi paesi una vasta clientela, tra cui si possono annoverare Magnum Photos, World Press Photo e molti altri. Picturae ha anche progettato la prima versione del sito Daguerreobase per il Nederlands Fotomuseum di Rotterdam.

REGNO UNITO - Museum Conservation Services Ltd (MCS) SITO INTERNET: www.paperconservation.co.uk La Museum Conservation Services Ltd. è una società privata che originariamente faceva parte di una ONLUS finanziata dal governo britannico e che lavorava per i musei. Dopo la sua privatizzazione avvenuta nel 1995 MCS si è trasferita nell’Imperial War Museum di Duxford, appena fuori Cambridge. È formata da restauratori specializzati che forniscono collaudati servizi di restauro di carta e fotografia per clienti pubblici e privati in tutto il Regno Unito ed all‘estero. Tra gli interventi effettuati si possono citare quelli su diversi importanti gruppi di dagherrotipi, tra cui 125 esemplari appartenenti alla Fondazione Ruskin (Ruskin Library, Università di Lancaster), i dagherrotipi di Girault de Prangey appartenenti alla Qatar Museums Authority ed i dagherrotipi di famiglia di Richard Beard (che acquistò il brevetto inglese del procedimento di Daguerre).

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2.6 Vi invitiamo a partecipare al progetto Daguerreobase Siamo sempre alla ricerca di dagherrotipi di collezioni pubbliche e private da inserire nel Daguerreobase in modo da poter accrescere la conoscenza di questi oggetti. Per maggiori informazioni relative al progetto Daguerreobase ed ai dagherrotipi, si prega di contattare: Dott.ssa Sandra M. Petrillo - SMP Photoconservation piazza Mazzini, 26 - 00045 Genzano di Roma (Rm) Tel: 0696843954 - Cell. 339-2535384 www.smp-photoconservation.com smphotoconservation@gmail.com - daguerreobase.italy@gmail.com

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Vittorio della Rovere, Ritratto di giovane signora in giardino, 1854, Roma, Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, inv.4872

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3. Che cos’è un dagherrotipo 3.1 Contesto storico Il dagherrotipo è stato il primo procedimento fotografico di grande successo nella storia della fotografia. L’invenzione del dagherrotipo, venne presentata nel corso di una seduta tenutasi il 7 gennaio 1839, presso l’Accademia delle Scienze di Parigi, ed il procedimento prese il nome da Louis-Jacques-Mandé Daguerre (1787-1851), che lo ideò in collaborazione con Nicéphore Niépce (1765-1833). Il supporto dell’immagine di un dagherrotipo è costituito da una lastra di rame lucidata a specchio, rivestita da un sottilissimo strato d’argento. Diversamente da una comune stampa fotografica, un dagherrotipo non è caratterizzato da un supporto flessibile ed è piuttosto pesante.

3.1.1 Un’immagine realistica e dettagliata “Accurato, dettagliato, e nitido“, con questi termini la stampa dell’epoca definiva nel

18391 il procedimento di Daguerre. Di fronte ad un’immagine così ricca di dettagli lo spettatore aveva, infatti, l’impressione di vedere qualcosa di reale. Il bisogno di riprodurre la realtà, e la conseguente domanda di immagini fotografiche, era molto forte

Anonimo, lastra dagherrotipica non montata, c. 1843, Historisch Museum Rotterdam, inv.HMR-20078

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specialmente nei paesi in cui era avvenuta la rivoluzione industriale, dove, grazie ad un’industrializzazione molto avanzata, si potevano anche facilmente reperire i prodotti necessari per portare a termine i differenti processi. Fu, quindi, quasi inevitabile che la Francia e il Regno Unito fossero i paesi in cui ebbe origine la fotografia.

3.1.2 I primi dagherrotipisti Ancora prima che il manuale di Daguerre fosse pubblicato nelle diverse lingue e che nei negozi di ottica di Parigi si vendessero i primi apparecchi ed accessori per la dagherrotipia, ci furono molti sperimentatori in grado di produrre delle lastre dagherrotipiche utilizzando un’attrezzatura realizzata artigianalmente e le soluzioni chimiche richieste per completare il procedimento. La diffusione di questo mezzo rivoluzionario fu quindi relativamente rapida. Tra il 1839 e gli inizi del 1840, il procedimento era già impiegato in diversi paesi, tra cui il Regno Unito, il Belgio, i Paesi Bassi e la Germania. Grazie a Samuel Morse, inventore dell’omonimo codice, la dagherrotipia arrivò presto negli Stati Uniti. Qui fu accolta con molto entusiasmo e fu utilizzata per un periodo molto più lungo rispetto agli altri paesi: fino circa all’inizio degli anni sessanta dell’Ottocento2.

Anonimo, verso della lastra, c. 1843, Historisch Museum Rotterdam, inv.HMR-20078

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3.1.3 Perfezionamenti apportati al procedimento originale di Daguerre Agli inizi, il principale ostacolo alla diffusione del procedimento fu il tempo di esposizione piuttosto lungo, dovuto alla ridotta sensibilità delle lastre e alla mancanza di obiettivi di elevata luminosità. Le riprese potevano essere infatti realizzate solamente all’esterno, oppure in uno studio illuminato da grandi finestre. I tempi di esposizione variavano dai 5 ai 30 minuti, a seconda delle condizioni atmosferiche e dell‘ora del giorno. Un ulteriore inconveniente era costituito dalla fragilità delle lastre e dalla monocromia delle immagini prodotte. I dagherrotipi, inoltre, erano preclusi alla maggior parte delle persone in quanto molto costosi. Nonostante ciò, questo procedimento fotografico divenne una nuova fonte di reddito per molti uomini d‘affari, soprattutto a partire dal momento in cui scienziati e tecnici riuscirono, tra il 1839 ed il 1840, ad apportare perfezionamenti al procedimento originario.

Alcune delle principali innovazioni: Viraggio all‘oro Il viraggio all‘oro, introdotto da Hippolyte Fizeau, permetteva di produrre un‘immagine di qualità, con un contrasto migliore e più duratura nel tempo. Divenne di uso corrente

dal 18403 in poi. Il trattamento chimico veniva effettuato dopo la fase di fissaggio, immergendo la lastra in una soluzione tiepida di cloruro d‘oro. Fotosensibilità della lastra e luminosità degli obiettivi - Nel 1841 vennero annunciati diversi metodi per aumentare la fotosensibilità della lastra con l‘impiego di una seconda fase nel processo di sensibilizzazione, esponendola cioè ai vapori di altri sali più sensibili (bromo oppure cloro) in alternativa ai soli cristalli di iodio impiegati da Daguerre4.

- Anche gli studi dei dagherrotipisti vennero arredati in modo più funzionale. L‘impiego di specchi per riflettere la luce e di finestre con vetri di colore blu - essendo la lastra più sensibile a tale tipo di luce - contribuirono ad accorciare ancor di più i tempi di esposizione. - Nel 1840 Chevalier progettò un nuovo tipo di lente acromatico, di corta lunghezza focale.

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- J. Petzval introdusse un altro obiettivo di grande precisione e luminosità. Questa nuova ottica venne commercializzata dalla ditta specializzata Voigtländer, che la mise in vendita in abbinamento alla corrispondente camera da dagherrotipia. Queste migliorie ridussero il tempo di esposizione a meno di mezzo minuto, semplificando in questo modo il procedimento di ripresa. Lucidatura Dal 1850 in poi divenne possibile effettuare l’argentatura con il procedimento della galvanizzazione, che consisteva nel depositare un sottile strato di argento puro sulla superficie della lastra attraverso l‘uso della corrente elettrica. Fu poi possibile realizzare una perfetta lucidatura a specchio della stessa, grazie all’impiego di attrezzature meccanizzate. Questa pratica permise di eliminare tutte quelle tracce di pulitura che precedentemente, con le tecniche manuali, risultavano estremamente visibili.

3.1.4 I primi clienti Si assistette presto alla nascita di numerosi studi fotografici. A seconda dell’attrezzatura e dei prodotti utilizzati, delle dimensioni delle lastre e della luce disponibile, i tempi di esposizione per l’esecuzione di un ritratto oscillavano oramai tra i 15 e i 25 secondi. Tra i clienti che frequentavano gli studi specializzati in ritratti, non c’erano solo gli appartenenti alle famiglie benestanti, ma anche quelli che, grazie al recente progresso economico, avevano raggiunto un certo livello di benessere. Questo nuovo ceto desiderava, difatti, farsi ritrarre in dagherrotipia per mostrare a tutti il nuovo status acquisito. Si posava in un ambiente riccamente arredato ed addobbato e ci si sedeva

su una sedia5, dotata di uno speciale accessorio metallico per bloccare la testa, in modo da poter restare immobili durante tutto il tempo di ripresa. La grande richiesta di ritratti da parte della borghesia provocò un successo enorme ed una rapidissima

diffusione della dagherrotipia in tutta Europa e negli Stati Uniti.6 La forte concorrenza tra i dagherrotipisti portò inoltre ad una notevole diminuzione dei prezzi e, di conseguenza, la produzione delle immagini aumentò ulteriormente.

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3.1.5 Il Regno Unito, un caso particolare Nel Regno Unito l‘introduzione del procedimento del dagherrotipo seguì un percorso molto diverso. Daguerre vi fece brevettare il suo procedimento, prima ancora che il governo francese lo rendesse universalmente disponibile. Antoine François Jean

Claudet acquistò una licenza dall‘agente Miles Berry7. Anche Richard Beard acquistò un brevetto, ma direttamente da Daguerre. Ciò creò un conflitto tra i due. L‘acquisto di una licenza presso Beard era così proibitivo che nel Regno Unito il numero delle licenze rimase limitato fino alla scadenza di tale brevetto (nel 1853).

Antoine F. J. Claudet, Regent Street Quadrant, dopo il 1851, Collezione Michael G. Jacob

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3.1.6 I soggetti Anche se il ritratto era la tematica più diffusa, il procedimento dagherrotipico fu utilizzato per riprodurre molti altri soggetti, riprendo immagini a carattere topografico e documentario, nature morte, fenomeni naturali e addirittura eventi particolari.

3.1.7 La concorrenza Nel Regno Unito William Henry Fox Talbot inventò, quasi simultaneamente al procedimento del dagherrotipo, quelli della calotipia e della stampa su carta salata. Nonostante questi procedimenti ebbero un impatto decisivo sull‘evoluzione della fotografia (in quanto riproducibili, poiché basati sul sistema negativo - positivo) la calotipia e la stampa su carta salata hanno dovuto inizialmente cedere il posto alla dagherrotipia, anche se questa non aveva il vantaggio della riproducibilità. Tuttavia, dopo il 1840, la maggior parte delle imperfezioni inerenti al procedimento della calotipia e della stampa dei positivi su carta salata, vennero gradualmente superate. Grazie a tali miglioramenti, sempre più fotografi furono quindi in grado di produrre, oltre a dagherrotipi, anche immagini positive su carta. Uno degli obiettivi più rincorsi fu quello

Anonimo, Ritratto di due bambine sedute sulla sedia, ambrotipia incorniciata, Collezione privata, foto di Ls. Mauduit

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di ottenere negativi sempre più nitidi e trasparenti. Quale supporto per l’immagine, si sperimentarono inoltre altri materiali alternativi alla carta. Sui calotipi venne applicato un trattamento di ceratura per renderli più trasparenti, minimizzando così l’effetto visivo provocato dalla struttura fibrosa del supporto. La qualità dei positivi su carta aumentò grazie all’applicazione dello strato fotosensibile sulla superficie della carta invece che nella sua struttura interna, in modo da produrre un’immagine fotografica più nitida. In tal senso, nel 1850 Louis-Désiré Blanquart-Evrard perfezionò la tecnica di stampa su carta, introducendo il procedimento all’albumina, in cui l’aggiunta di un sottile strato di albume sulla superficie della carta conferiva alla stampa quelle qualità di nitidezza tanto ricercate. Grazie a queste migliorie, i fotografi dell‘epoca iniziarono a proporre non solo dagherrotipi, ma anche stampe su carta. Una tappa importante fu l‘introduzione nel 1851 da parte di Frederick Scott Archer di una tecnica per la produzione di negativi basata sull‘uso di lastre di vetro, ricoperte da una pellicola di collodio umido. Questo procedimento negativo era particolarmente adatto per la stampa dei positivi all‘albumina. Di conseguenza, tale procedimento finì per prevalere molto rapidamente su tutte le altre tecniche di ripresa, tra cui anche quella della dagherrotipia. L‘avvento dei ritratti su carte-de-visite nel 1854, diede un definitivo impulso alle stampe su carta, a svantaggio dell’unicum fornito dal dagherrotipo.

Stampe fotografiche formato carte-de-visite. A sinistra: Henri Le Lieure, Ritratto di bambino con cane, c.1860, stampa all’albumina, Roma, Collezione Michael G. Jacob. Al centro: Stefano Lais, Donna in costume, c. 1860, carta all‘albumina colorata, Roma, Collezione Michael G. Jacob. A destra: A. Daams., ritratto di donna, c. 1900, stampa alla gelatina al bromuro d‘argento, copia di un dagherrotipo, Collezione privata

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3.2 Le principali caratteristiche del dagherrotipo 3.2.1 La lastra 3.2.1.1 Standarizzazione dei formati Il procedimento di produzione di lastre metalliche per dagherrotipi venne rapidamente meccanizzato. I fabbricanti definirono delle misure standard, una pratica questa paragonabile all’odierna definizione dei formati dei fogli di carta, come l’A4, l’A3, ecc. Uno dei formati più comunemente usati nell’ambito dei dagherrotipi europei fu il 10,8 x 8,1 cm, noto anche come un quarto di lastra8.

Dimensioni delle lastre del XIX secolo: •

lastra intera: 16,2 x 21,6 cm (6.5 x 8.5 inch)

mezza lastra: 10,8 x 16,2 cm (4.25 x 6.5 inch)

1/3 di lastra: 7,2 x 16,2 cm (2.75 x 6.5 inch)

1/4 di lastra: 8,1 x 10,8 cm (3.25 x 4.25 inch)

1/6 di lastra: 7,2 x 8,1 cm (2.75 x 3.25 inch)

1/8 di lastra: 5,4 x 8,1 cm (2.1 x 3.25 inch)

1/9 di lastra: 5,4 x 7,2 cm (2.1 x 2.75 inch)

3.2.1.2 Marchiatura dello strato d’argento La placcatura dell’argento è un processo regolato e controllato dal punto di vista legale. I fabbricanti marchiavano in uno o più punti, con un punzone, i manufatti in argento prodotti. Questo marchio, che appare in cavo, identifica il fabbricante ed il numero apposto rappresenta il titolo, ovvero la percentuale d‘argento contenuto nella lega metallica. Queste indicazioni, che si possono trovare anche sullo strato argentato della lastra di un dagherrotipo, possono fornire delle informazioni molto utili per identificare la sua provenienza. Tabella 1, i più comuni formati delle lastre dagherrotipiche europee

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Esempi di marchiatura della lastra: Charles Christofle e A. Gaudin (Francia), Hunziker (Germania) Esempio anonimo di lastra con angoli piegati, dopo il 1843, FotoMuseum di Anversa

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3.2.1.3 Lucidatura Il dagherrotipista lucidava con molta cura la superficie argentata delle lastre di rame prima del loro impiego, utilizzando appositi utensili. Le tracce di questa pulitura risultano visibili sulla superficie delle lastre, sotto forma di righe estremamente sottili e parallele. Durante la sua preparazione, la lastra era manipolata usando delle pinze con le quali spesso si piegavano i bordi e gli angoli. In alcuni casi in corrispondenza degli angoli troviamo anche dei fori che, oltre al marchio, possono fornirci degli elementi interessanti per identificare le tecniche di fabbricazione oppure la provenienza del dagherrotipo. Tali elementi costituiscono tutti dei fattori d’identificazione importanti per la storia e l’utilizzazione del procedimento della dagherrotipia.

Esempio di dagherrotipo con tracce di lucidatura. Anonimo, Ritratto di uomo, 1843 - 1845, Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, inv. n.50204

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3.2.1.4 Formati particolari Alcuni apparecchi fotografici oppure alcuni modelli di porta lastre non si adattavano alle dimensioni comunemente in uso. È il caso della camera ottica viennese (Voigtländer)

nella quale venivano inserite delle lastre di forma circolare9 che erano poi ritagliate dallo stesso dagherrotipista. Questo spiega perché alcune lastre posseggano un lato irregolare oppure la loro marchiatura risulti mancante.

Riproduzione (1956) di una camera metallica di Voigtländer, George Eastman House, Rochester, New York Camera Smetan, con obiettivo Petzval, dopo il 1840, lenti per lastre di formato immagine 7,2 x 8,1 cm, Museo Nazionale della Tecnica, Praga

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3.2.1.5 Formazione dell‘immagine Il dagherrotipo è un unicum in quanto è il prodotto di un procedimento direttamente positivo, realizzato durante la fase dell’esposizione nell‘apparecchio fotografico. Ciò significa che non esiste nessun negativo dal quale trarre delle stampe positive. Dopo l’esposizione, la lastra argentata - precedentemente sensibilizzata mediante l’esposizione ai vapori di cristalli di iodio - viene sviluppata, esponendola ai vapori di mercurio. In corrispondenza delle zone esposte, particelle microscopiche di argento e di mercurio formano un amalgama. La superficie di tale amalgama, che si forma in corrispondenza al soggetto ripreso, viene percepita di colore grigio-bianco ed è caratterizzata da un aspetto lattiginoso ed opaco. I sali d‘argento ancora sensibili, perché localizzati nelle zone non esposte, rimangono invece inalterati e vengono

Anonimo, Ritratto di Jozefina Nelsen, c. 1853 - 1865, lastra stereoscopica che mostra il soggetto in negativo o in positivo a seconda del punto di osservazione. AMVC Letterenhuis, Anversa, Foto di André F. J. Dupont

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rimossi durante il successivo trattamento di fissaggio e di lavaggio. In queste zone, la superficie specchiante della lastra argentata è ben visibile. Se in questa zona si riflette il nero, le aree ricoperte dall’amalgama assumono una tonalità bianca, in contrapposizione alle zone più scure. Paragonato all’ingrandimento stampato da un negativo, l’immagine sul dagherrotipo appare praticamente “senza grana“. L’osservatore odierno la percepisce come un‘immagine ad altissima risoluzione.

Vincenzo Bassoni di Spoleto (attr.), Ritratto di giovane donna, dagherrotipo con coloritura, Collezione Michael G. Jacob

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3.2.1.6 Il colore Il dagherrotipo è un procedimento monocromo. Alle volte, si può notare un effetto cromatico, ma questo si localizza soprattutto nelle zone di sovraesposizione oppure è il risultato di un processo di ossidazione dell‘argento. Per ottenere delle immagini a colori si utilizzavano dei pigmenti. Le applicazioni di colore potevano comportare tocchi leggeri qua e là, come ad esempio un po’ di rosso sulle guance o sui vestiti, fino ad arrivare ad interventi più pesanti, con l’uso di colori più sgargianti che venivano applicati anche per creare sfondi d’atmosfera. I gioielli, in particolare, venivano ritoccati con una vernice dorata, oppure praticando un’incisione dello strato argentato allo scopo di ottenere un effetto scintillante.

Particolare del ritratto di Vincenzo Bassoni

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3.2.2 La custodia, un elemento inseparabile È raro trovare una lastra senza protezione, ovvero un dagherrotipo privo del suo montaggio. Essendo le lastre estremamente vulnerabili, il montaggio costituisce un elemento essenziale del dagherrotipo. Un montaggio funzionale doveva essere solido, ermetico ed adattarsi bene all’oggetto. Esistono due tipi di presentazione per i dagherrotipi: il modello aperto, “all’ europea” e quello chiuso di tipo “anglo-americano”. I termini “montaggio europeo“ e “montaggio anglo-americano“ sono utilizzati per fare la distinzione tra questi due tipi di presentazione. Il montaggio europeo piu‘ comune era composto da vetro, carta e cartone. In questo caso, l‘immagine è direttamente visibile e si presta ad essere esposta o appesa alla parete.

A sinistra: Mullins, H., Ritratto di donne, 1853, Istituto nazionale per la grafica, inv. FP_6087. Riproduzione fotografica di Luca Somma A destra: Dagherrotipista non identificato, Ritratto di trombettiere dell’esercito sardo, 1850 ca., Torino, Museo Nazionale del Cinema, inv. F 39949

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3.2.2.1 Montaggio europeo Struttura di un dagherrotipo europeo incorniciato: 1. Vetro di protezione (semplice o dipinto) 2. Passe-partout in carta o cartone 3. Lastra 4. Cartone di fondo 5. Carta di rivestimento per il fondo 6. Nastro di sigillatura

Il montaggio europeo è costituito dai seguenti elementi di base: - Un cartone di fondo rigido - Un vetro di protezione - Un passe - partout di carta o cartone sottostante che permetteva di lasciare uno spazio per evitare il contatto diretto tra il vetro e la lastra - Un sistema per fissare la lastra, ad esempio dei nastri di carta adevisi - Un nastro per sigillare tra di loro i vari elementi e per proteggere cosÏ la lastra dagli effetti nocivi dei gas inquinanti

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La custodia, oltre a possedere una funzione protettiva, rispondeva anche ad esigenze estetiche. Queste si esprimevano soprattutto attraverso la scelta dei colori, dello stile del montaggio e delle carte decorative. Il vetro protettivo poteva anche essere dipinto sul verso. I vetri dipinti erano spesso associati a montaggi in cartoncino che conferivano all’oggetto un aspetto molto particolare. I dagherrotipisti inoltre decoravano spesso le carte di rivestimento o i nastri che rilegavano i montaggi, con motivi in rilievo a rombi o di tipo floreale.

3.2.2.2 Montaggio anglo-americano L’astuccio era la presentazione comunemente usata per i dagherrotipi nel Regno Unito e nell’America del Nord. Consisteva in un involucro in legno, foderato esternamente di cuoio o carta. Veniva utilizzato anche uno dei primi materiali plastici: era composto da polvere fine di gommalacca, pigmento e segatura. Questo materiale termoplastico era pressato a caldo in appositi stampi d’acciaio della forma degli astucci. Questo tipo di astuccio è conosciuto con il nome di Union case, realizzato a base di gommalacca, materiale da non confondere con la guttaperca (che era una delle prime plastiche a base di caucciù indurito). L’astuccio poteva essere facilmente trasportato proprio come se fosse un portafoglio, era dotato infatti di una cerniera e di un gancio, in modo da poter essere ben chiuso. L’interno era ricoperto con della stoffa e poteva contenere uno o due dagherrotipi, occasionalmente anche quattro.

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Struttura di un tipico montaggio anglo - americano 1. Il “preserver“: una striscia in ottone flessibile che rilega l‘nsieme degli elementi 2. Vetro di protezione 3. Passe-partout in ottone 4. Lastra 5. Astuccio

I nastri della rilegatura, che generalemnte sono presenti e aderiscono ai margini del vetro e sul verso della lastra, non sono visibili in questa illustrazione. Gli astucci di tipo anglo-americano erano decorati con motivi in rilievo oppure incisi. Il modello americano di Union case presenta molto spesso una decorazione geometrica combinata con una di tipo figurativo. Motivi decorativi si trovano anche all’interno dell‘astuccio, sulla stoffa che riveste la parte interna del coperchio, sul preserver ed anche sul passe-par-tout metallico.

Illustrazione di T. Pritchard in Photographic Materials Conservation Catalog Group, “Cased Photographs“, Washington: (AIC), 1998

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Esempio di astuccio termoplastico contenente due dagherrotipi (c. 1855). Anonimo, FotoMuseum di Anversa Esempio di astuccio in materiale termoplastico, collezione privata C. Calci. Esempio di astuccio in cuoio, collezione didattica SMP

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3.2.2.3 Le cornici La maggior parte degli astucci di tipo americano ed inglese erano concepiti sia per poter contenere e trasportare la lastra, sia per poterla esporre, tenendola ad esempio posata su un tavolo. I dagherrotipi montati all’europea, erano invece molto spesso incorniciati per essere appesi al muro. Lo stile delle cornici ed i materiali di cui erano costituite erano molto vari; in genere era utilizzato il legno (che poteva essere verniciato, decorato, rivestito di stoffa, dorato o addirittura dipinto) oppure un materiale termoplastico.

Esempio di un dagherrotipo contenuto in un astuccio di modello“Boston case“. Anonino, c. 1840–1865, FotoMuseum di Anversa

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4. Il manuale di istruzioni di Daguerre Il manuale di Daguerre - Description pratique du procédé nommé le Daguerréotype fu pubblicato nel 1839 e rappresentò una grande novità. L‘interesse per il trattato fu così travolgente che venne ristampato più volte, in edizioni diverse e non sempre con l’accordo di Daguerre. La pubblicazione andò letteralmente a ruba, così come il kit composto dalle attrezzature necessarie - certificate dallo stesso Daguerre - per ricreare il suo procedimento. La realizzazione di un dagherrotipo richiedeva un grande impegno. Era necessario eseguire diverse complesse operazioni, senza dimenticare che i prodotti impiegati per il

trattamento delle lastre, essendo molto nocivi, potevano danneggiare non solo le lastre stesse, ma anche la salute dello stesso dagherrotipista. Qui di seguito, riportiamo una breve descrizione del procedimento originale di Daguerre, liberamente tratta dalla prima traduzione italiana, pubblicata nel 1840, dal tipografo romano Alessandro Monaldi.

“Il procedimento si suddivide in cinque operazioni“: 1. Lucidatura e pulitura della lastra 2. Sensibilizzazione della lastra 3. Esposizione della lastra inserita nella camera ottica Al centro: copertina del manuale originale di Daguerre. A sinistra la prima copia piratata dalla ditta Susse Fréres (Cornell University Library LL/ 44744) diffusa prima della pubblicazione della copia ufficiale (The Isenburg Collection @ AMC Toronto LL/9683). A destra la prima traduzione italiana a cura di Alessandro Monaldi tipografo romano, “Descrizione pratica del nuovo istrometro chiamato Dagherrotipo (...)“, 1840

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4. Sviluppo dell‘immagine latente 5. Rimozione dello strato fotosensibile per impedire il suo ulteriore annerimento

4.1 Prima operazione: “Si comincierà adunque dal pulimentarla esattamente“ Sono necessari: olio d‘oliva, un pezzo di panno di cotone molto morbido, polvere finissima di pietra pomice contenuta in un sacchetto di mussola, acido nitrico disciolto in acqua (1:16), una rastrelliera in ferro ed un fornello ad alcool. Setacciare un po’ di polvere pomice, attraverso la mussola, sulla superficie della lastra argentata. Strofinarla con un pezzo di cotone imbevuto di olio d‘oliva, applicando un movimento circolare. Sostituire regolarmente il pezzo di panno. Rimuovere l‘olio e

Lucidatura a specchio della lastra, incisione ottocentesca

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tutti i suoi residui con un panno pulito. Applicare l‘acido con un batuffolo di cotone. Assicurarsi che l‘acido non sgoccioli, ma che venga ripartito uniformemente sulla lastra, in modo da ricoprirla con una pellicola uniforme. Infine, pulire ancora una volta la lastra con un pezzo di panno di cotone, applicando questa volta una pressione un po’ più leggera. Posare la lastra sulla rastrelliera di ferro, con il lato argentato rivolto verso la fiamma del fornello ad alcool. Dopo circa cinque minuti, la superficie si coprirà di una pellicola di colore biancastro. Posare la lastra su una superficie fredda e lucidare lo strato biancastro. Trattare con acido altre due volte. Ripetere questa operazione ancora una volta prima di utilizzare la lastra, terminando con un’ulteriore leggera lucidatura. Infine, pulire bene la lastra un’ultima volta con un panno di cotone.

4.2 Seconda operazione: “Si lascia in questa posizione (la lastra) fino a tanto che la superficie dell’argento sia coperta di un bello strato color giallo d’oro“ Sono necessari: un contenitore in cui far evaporare lo iodio10, un porta lastra per la camera ottica, quattro strisce di metallo, un punzone ed una scatola di chiodi, ed infine

Scatola per la fumigazione della lastra allo iodio e porta lastre, illustrationi tratte dal Manuale di Daguerre

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dei cristalli di iodio. Fissare la lastra nel porta lastra mediante le strisce di metallo. Utilizzare il punzone per bloccare i chiodi lungo i bordi. Versare i cristalli di iodio nel contenitore che si trova sul fondo della scatola. Coprirli con un pezzo di mussola, allo scopo di uniformare il vapore da loro emesso e al tempo stesso per evitare che sulla lastra si formino dei depositi, quando il coperchio rimane chiuso. Collocare il porta lastre in corrispondenza dei quattro angoli dell’apertura, con la superficie della lastra rivolta verso il basso e chiudere delicatamente il coperchio. Per l’esecuzione dell’operazione seguente non è richiesta l’applicazione di una durata di tempo ben precisa, il cui valore dipende da diversi fattori. Normalmente, per far diventare la superficie argentata di un colore giallo oro, ci vogliono dai cinque ai trenta minuti. È molto importante evitare che la lastra divenga color viola; a tal fine è anche importante avere molta cura nel collocare la scatola in un luogo poco illuminato. Una stanza con la porta socchiusa, potrebbe, per esempio, essere un luogo piuttosto idoneo. In questa situazione, l’ispezione della lastra deve essere effettuata in maniera molto rapida.

Porta lastra e camera, iIllustrationi tratte del Manuale di Daguerre

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Ottenuto il colore desiderato, la lastra va inserita nel porta lastre della camera ottica. Se è necessario effettuare un’ulteriore verifica alla luce, bisognerà utilizzare quella di una candela in modo da evitare di esporla ad una luce troppo forte. L’esposizione va preferibilmente eseguita immediatamente o al massimo nell’arco di un‘ora.

4.3 Terza operazione: “Non rimane più che ad aprire il diaframma della camera oscura e a consultare un oriuolo per contare i minuti“ È necessaria: una camera ottica. Posizionare la camera ottica di fronte ad un oggetto ben illuminato. Regolare la messa a fuoco, avanzando oppure retrocedendo il telaio con il vetro smerigliato. Inserire la cassetta porta lastre nella camera ottica senza aprirla. Coprire la lente e, utilizzando le levette apposite, aprire la cassetta porta lastre. Ora tutto è pronto per l‘esposizione. Aprire l’obiettivo e contare i minuti. “Nelle parti meridionali della Francia e generalmente nei paesi in cui la luce ha molta

intensità come nella Spagna, nell’Italia, ecc. i disegni si eseguono con maggiore prontezza“. dal Manuale di Daguerre

4.4 Quarta operazione: “L’impronta dell’immagine della natura esiste sulla lamina, ma non è visibile...“ Sono necessari: almeno un chilogrammo di mercurio, un fornello ad alcool, un contenitore dove far evaporare il mercurio, un imbuto in vetro dotato di un lungo tubo, una scatola con delle feritoie. Durante questa operazione bisogna far uso solamente di una candela per illuminare la propria postazione di lavoro. Versare il mercurio, con l‘aiuto dell‘imbuto, nella vaschetta che si trova sul fondo della scatola, finché il bulbo del termometro risulterà totalmente

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immerso. Posizionare la cassetta porta lastre chiusa, inclinandola in modo tale che la lastra sia visibile attraverso la finestrella. Accendere il fornello e riscaldare il mercurio a 60°C. Rimuovere dalla fiamma non appena la temperatura raggiunge i 75ºC. Nel frattempo, controllare la fase dello sviluppo attraverso la finestrella, facendo un attento uso della candela. La fase dello sviluppo termina non appena la temperatura scende a 45°C. In caso di sovraesposizione, ci si può fermare ad una temperatura superiore. Rimuovere la lastra

Realizzazione di un dagherrotipo in un tipico studio ottocentesco, incisione

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dal porta lastre ed inserirla in un’apposita cassetta. La lastra rimarrà inalterata finché sarà ivi conservata e non subirà nessuna modifica durante diversi mesi, a condizione che rimanga sigillata e che non venga osservata alla luce del giorno.

4.5 Quinta operazione: “Il mercurio che disegna le immagini, trovasi in parte decomposto, aderisce all’argento“ Sono necessari: una soluzione di tiosolfato di sodio, un vassoio inclinato, due vaschette in rame stagnate, una brocca di acqua distillata, un paio di pinze. Riempire anzitutto un contenitore con una soluzione di tiosolfato di sodio ed uno con dell’acqua di rubinetto. Riscaldare l‘acqua senza farla bollire. Immergere la lastra per un attimo in acqua e poi trasferirla nella soluzione di fissaggio. Agitare delicatamente utilizzando le pinze. Lo strato fotosensibile di colore giallo scomparirà. Immergere poi la lastra in acqua di rubinetto e nel frattempo far bollire l‘acqua distillata. Collocare la lastra, ancora umida, in corrispondenza degli angoli inclinati di una bacinella e versarvi

Scatola per lo sviluppo ai vapori di mercurio in un‘Illustrazione dal Manuale di Daguerre e in un‘incisione ottocentesca

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sopra l‘acqua bollente. Un “litro di solito“ è più che sufficiente per sciogliere i residui di sale e di iodio. L‘immagine così ottenuta rischia di essere permanentemente rovinata ad ogni minimo tocco. Anche una sua eventuale verniciatura potrebbe danneggiarla irrimediabilmente. “Ed è perciò che affine di conservare i disegni, si porranno sotto un cristallo al quale

saranno solidamente incollati. In questo modo saranno inalterabili e resisteranno anche ai raggi del sole“.

Bacinella inclinata per il lavaggio finale della lastra, illustrazione tratta dal manuale di Daguerre

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5. Conservare e restaurare i dagherrotipi I dagherrotipi possono avere un’età che va dai 175 ai 150 anni e quindi non c’è da meravigliarsi che quasi tutti presentino delle alterazioni. L’aria, l‘acqua, l’ossidazione, la muffa, gli insetti e soprattutto l’uomo sono all‘origine del degrado di questi oggetti così fragili. Anche alcuni componenti del montaggio, come ad esempio i vetri di protezione, possono alterarsi nel tempo e produrre dei danni sull’immagine.

5.1 Principi generali Il restauro dei materiali fotografici è una disciplina molto specialistica, nata in tempi relativamente recenti, ed il dagherrotipo è un oggetto complesso i cui meccanismi di degrado sono ancora oggi studiati. Per quanto riguarda i trattamenti di restauro, essi sono eseguiti rispettando al massimo l’integrità dell’oggetto nel suo insieme, senza focalizzarsi esclusivamente sugli interventi sulla lastra e sul montaggio di protezione. Il fine degli interventi è quello di stablizzare fisicamente e chimicamente l‘oggetto, cercando di conservare il più possible il suo aspetto originale. Tali trattamenti devono essere stabili nel tempo e reversibili, inoltre i materiali devono essere compatibili con quelli originali. Ogni trattamento deve essere scrupolosamente documentato in modo che le tecniche ed i materiali impiegati siano conosciuti e consultabili nell‘avvenire.

5.2 Le lastre prive di montaggio A volte, si trovano delle lastre di dagherrotipi storici mancanti del loro montaggio originale. Sappiamo che le lastre il cui montaggio si è perso, diventano estremamente vulnerabili ai fattori di degrado di tipo chimico e fisico. In questa situazione, il restauratore specializzato procede alla realizzazione di un nuovo montaggio, detto di conservazione. Questo viene fabbricato utilizzando del cartone non acido e privo di riserva alcalina e, se necessario, un nuovo vetro di protezione, di preferenza in borosilicato. Il nastro di sigillatura deve mantenere uniti i vari elementi e proteggere la lastra dai gas inquinanti e dalla polvere.

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5.3 La vulnerabilità La fragilità dell‘immagine dagherrotipica è paragonabile a quella delle ali di una farfalla. È per questo motivo che fin dall‘origine le lastre erano protette all‘interno di una custodia. Nel campo della conservazione del restauro le conservazioni sono abitualmente ripartite in tre alterazioni in funzione della loro natura: fisica, chimica e biologica.

Esempio di un montaggio di conservazione di una lastra dagherrotipica, RKD The Hague, IB-1022810

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5.3.1 Le alterazioni di natura fisica Le alterazioni di natura fisica sono di tipo essenzialmente meccanico. Cadendo, il vetro di un dagherrotipo può rompersi, gli elementi in legno possono spaccarsi oppure la lastra si può deformare. Numerose sono le lastre che presentano graffi – il più delle volte causati da tentativi di pulitura della superficie da parte degli stessi proprietari del dagherrotipo – oppure segnate da impronte digitali. Tuttavia, il deterioramento fisico non è sempre causato dall’intervento umano, i bordi taglienti di un passepartout possono, ad esempio, provocare delle abrasioni sull’immagine e sul sottostante strato argentato. Lo strato superficiale d‘argento può subire un‘esfoliazione in conseguenza al procedimento di fabricazione della lastra e/o a un trattamento dell‘immagine subìto.

Esempio di dagherrotipo con vetro di protezione danneggiato. Anonimo, Ritratto di uomo, 1848 - 1849, Istituto Centrale per il Catalago e la Documentazione, Roma, inv. 4874

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5.3.2 Le alterazioni di natura chimica Le lastre dagherrotipiche sono molto sensibili ai fattori di alterazione di natura chimica. Nell’aria sono presenti sostanze e gas che reagiscono con la lastra argentata, provocando uno strato di ossidazione colorato, visibile in corrispondenza dei suoi margini, localizzato proprio nelle aree del montaggio in cui penetra l‘aria. Anche gli elementi che compongono una custodia sono dei fattori di inquinamento, in particolare i cartoni acidi. I prodotti che si formano in seguito ai meccanismi di degrado del vetro di protezione si depositano sotto forma di minuscole goccioline sulla superficie interna del vetro stesso. In condizioni di estrema umidità questi depositi possono cadere sulla lastra del dagherrotipo, causando dei danni sull’immagine, in quanto corrodono lo strato argentato, arrivando fino a quello del rame, e sono quindi all’origine della formazione di sali di rame di colore verde-bluastro.

Esempio di dagherrotipo con alterazione del vetro di protezione e corrosione della lastra. Filiberto Cazò, Ritratto di donna seduta, 1845 - 1847, Museo nazionale del Cinema di Torino, inv. 39987

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5.3.3 Le alterazioni di natura biologica Le alterazioni di natura biologica sono causate da organismi viventi, quali insetti e microrganismi. Possono danneggiare un dagherrotipo aggredendo, ad esempio, la sua custodia o provocando delle macchie sulla lastra. Si possono trovare alcuni microrganismi anche sulla superficie della lastra del dagherrotipo. Un ambiente caldo, umido e poco ventilato favorisce il loro sviluppo.

5.4 I trattamenti di pulitura I trattamenti di pulitura a base di cianuro (utilizzati fino agli anni ’50 del Novecento) e a base di tiourea (impiegati dagli anni ‘50 in poi e conosciuti sotto il nome di Silver dip) provocano purtroppo dei seri danni sui dagherrotipi, dissolvendo in parte l’immagine argentica. In particolare, i residui chimici lasciati sulle lastre in seguito a procedimenti di pulitura a base di tiourea, reagiscono nel tempo con l’immagine, formando un velo di colore lattiginoso e/o delle macchie. Dal 1980 in poi, vennero studiate e sviluppate nuove tecniche di pulitura (laser, plasma, polverizzazione catodica e diversi metodi di pulitura basati sull‘elettrochimica), che però sono oggi considerate in maniera molto controversa, in quanto non ancora perfezionate. La ragione principale sta nella difficoltà sia nel comprendere la complessità della struttura e della composizione del dagherrotipo e sia nel prevedere gli effetti futuri di tali trattamenti. Diversi progetti di ricerca sono quindi in corso con lo scopo di apportare nuove conoscenze scientifiche. In rare occasioni, ad esempio nel caso in cui si renda necessario eliminare dal dagherrotipo il denso e scuro strato di ossidazione che nasconde l’immagine, alcuni restauratori applicano in maniera controllata il procedimento dell’elettrolisi per rimuovere tale strato dalla superficie della lastra, insieme alla sporcizia accumulata. Ciò può essere fatto solo dopo un’attenta analisi preliminare dell’oggetto. Il metodo

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In alto: lastra danneggiata da un trattamento alla tiourea. In basso: la stessa lastra recentemente pulita con trattamento elettrolitico. Anonimo, Ritratto di uomo, RKD IB-1022810

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comporta l’immersione della lastra in una soluzione acquosa “elettrolitica“ nella quale si provoca un passaggio di corrente elettrica la cui intensità può essere regolata. Le reazioni chimiche indotte dalla corrente elettrica provocano la rimozione delle particelle formate dai prodotti di corrosione dell’argento. Tuttavia è necessario tenere presente che la pulitura elettrolitica provoca una modificazione nella microstruttura dell‘immagine che non è reversibile. Inoltre, questa procedura può risultare estremamente dannosa e non può essere applicata nei seguenti casi:

quando sulla lastra è stato applicato uno strato pittorico

quando la lastra non è stata virata

quando la lastra presenta dei sollevamenti dello strato argentato

Grazie alle tecniche di ripresa fotografica in infrarosso è possibile visualizzare un‘immagine nascosta da uno spesso strato di ossidazione senza ricorrere ad un intervento di tipo chimico11.

5.5 Le condizioni ambientali ideali per una corretta conservazione dei dagherrotipi Essendo i dagherrotipi composti da materiali molto diversi tra loro, quando si tratta di scegliere un idoneo ambiente di conservazione è necessario scendere a compromessi. Infatti, ciò che sarebbe ideale per la lastra non lo è per i componenti della custodia, che in genere sono in legno oppure in carta. La soluzione migliore è quella di optare per delle condizioni di temperatura costante a 18 °C , con un tasso di UR tra il 45% ed il 50%. Nel caso in cui piccole istituzioni e collezionisti privati non abbiano la possibilità di conservare i loro dagherrotipi in un ambiente climatizzato, si può fare ricorso a degli specifici contenitori adatti alla loro archiviazione – ad esempio una busta a quattro falde in cartoncino – in modo da creare un microambiente di protezione stabile. È inoltre

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importante che il dagherrotipo sia conservato con il lato immagine rivolto in basso. Questa accortezza serve ad impedire la caduta di residui della corrosione del vetro che potrebbero provocare sulla lastra e sull’immagine alterazioni chimiche irreparabili.

Note: 1 Wood Derek, The Arrival of the Daguerreotype in New York, Paperback, 1994. 2 Uno dei primi a realizzare un dagherrotipo in America fu il dentista inglese D.W. Saeger che, inoltre, nel 1839 pubblicò una delle prime tabelle con i tempi di esposizione consigliati. Beaumont Newhall ha definito François Gouraud come “l‘agente di Daguerre in America“. 3 Devaux Guy, “De la photographie à la chrysothèrapie: le sel de Fordos et Gèlis“. In: Revue de l‘ histoire, 87 e annèe, N. 323, 1999. pp. 347-354 leggiamo: “En 1840, le physicien français Hippolyte Fizeau (1819-1896) proposa, pour fixer les daguerréotypes, un réactif à base de chlorure d‘or et de thiosufate de sodium. En 1843, deux pharmaciens français, Mathurin Joseph Fordos (1816-1878) et Amédée Gélis (1815-1882) en isolèrent le principe actif sous forme cristallisée, lui attribuant après analyse la formule d‘un aurothiosulfate de sodium Ils préconisèrent l‘utilisation d‘une solution aqueuse de ce produit pour la fixation des épreuves photographiques“. 4 Marzo 1841, Dr. Berres riguardo i fratelli Natterer; Maggio 1841, F.J.Claudet. 5 Voight, J. I primi ritratti erano semplici, non si usavano particolari arredamenti se non una semplice sedia dotata di un sostegno per il collo. La scenografia divenne d‘uso negli studi fotografici solo più tardi. Vi sono delle differenze tra gli studi Americani ed Europei, i primi ad esempio usavano raramente colonne e tendaggi. 6 Negli Stati Uniti d‘America la diffusione della dagherrotipia fu più veloce e più ampia, portando ad una produzione maggiore di lastre. Una pubblicità apparsa nel 1853 su un giornale di New York annunciava che in quell‘anno erano stati prodotti diversi milioni di dagherrotipi. In Europa, invece, la produzione fu molto minore. 7 Berry venne incaricato da Daguerre di vendere la sua licenza in Gran Bretagna. 8 Weimar, Wilhelm, Die Daguerrotypie in Hamburg 1839-1860, “Ein beitrage zur geschichte der photographie“, Hamburg, 1915, Otto Meissners Verlag. 9 Le lastre Voigländer erano circolari ed erano vendute da diversi commercianti specializzati in attrezzatura e accessori di dagherrotipia. 10 Daguerre, Louis-Jacques Mandé. “Historique et description des procédés du daguerréotype et du diorama, rédigés par Daguerre, ornés du portrait de l‘auteur; et augmentés de notes et d‘observations par MM. Lerebours et Susse frères“, Paris, 1839, page 18: “L’image de la chambre noire ainsi réproduite, on doit empêcher que la lumière du jour ne l‘altère. M. Daguerre arrive à ce résultat,en agitant la plaque dans de l‘hyposulfite de soude et en la lavant ensuite avec de l’eau distillée chaude.“ 11 “Hyperspectral Imaging of Daguerreotypes“ by Douglas Goltz,and Gregory Hill, Restaurator. International Journal for the Preservation of Library and ArchivalMaterial. Volume 33, Issue 1, Pages 1 - 16, ISSN (Online) 1865-8431, ISSN (Print) 0034-5806, DOI: 0.1515/res-2012-0001, March 2012

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6. Storie di dagherrotipi Istituto per il restauro della carta del Castello di Schönbrunn (IPR): Andreas Ritter von Ettingshausen, Sezione trasversale di un fusto di clematis, 4 Marzo 1840

Questa straordinaria immagine, conservata all’Albertina di Vienna, segna l‘inizio della storia della fotografia austriaca. Il 4 marzo 1840, i membri della Società degli Scienziati e dei Fisici si riunì per realizzare un esperimento di fronte ad un vasto pubblico. Furono coinvolti quattro scienziati: il dott. Joseph Berres che fu incaricato di preparare il campione, l’ottico Simon Plössl che lo sistemò in un microscopio appositamente adattato, il fisico Carl Schuh, inventore di un nuovo sistema di illuminazine che impiegava una sorgente luminosa a gas molto intensa, ed infine il professore universitario di chimica Andreas R. von Ettingshausen, che aveva acquisito a Parigi conoscenze su come realizzare dagherrotipi. Insieme produssero la prima ripresa dagherrotipica al microscopio. Questo dagherrotipo rappresenta non solo un lavoro pionieristico nel campo delle immagini di documentazione scientifica, ma la qualità della bellissima composizione astratta lo distingue tra gli altri del suo tempo. L’immagine può quindi anche essere interpretata come un’anticipazione delle possibilità artistiche del nuovo mezzo. Da: Gröning/Faber: Inkunabeln einer neuen Zeit, Vienna 2006 Andreas Ritter von Ettingshausen, Sezione di una clematis, dagherrotipo realizzato il 4. 3. 1840, Albertina, Vienna, inv. Foto2004/63

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Laboratorio di restauro e conservazione delle fotografie della città di Parigi (ARCP): Thibault, Barricate del 1848, dagherretipo, Musée Carnavalet, Parigi

Questo dagherrotipo è un documento molto raro che mostra un episodio delle barricate della Rivoluzione del 1848 a Parigi. Fa parte di una serie di tre lastre, questa si trova al Musée Carnavalet, le altre due al Musée d‘Orsay. L‘insieme rappresenta uno dei primi esempi noti di reportage fotogiornalistico: solo cinque giorni dopo le riprese, la rivista “L‘illustration“ pubblicò, nella sua prima edizione di luglio, due incisioni eseguite “prima“ e “dopo l‘attacco“. Il punto di ripresa, dalla sommità di un edificio della rue Saint Maur-Popincourt nell’attuale XI arrondissement, non esiste più, poiché il quartiere situato nella zona est di Parigi è stato modificato nella seconda metà dell’Ottocento dagli interventi di Hausmann. Thibault, l‘autore delle immagini, come precisato dal giornale, è ovviamente un dilettante di talento per essere riuscito a fissare, nonostante la lunghezza dei tempi d’esposizione, diversi momenti della fine delle barricate distrutte dalle truppe governative nel giugno del 1848. Thibault, Barricate prima dell‘attacco, rue Saint-Maur-Popincourt, mattina del 25 giugno 1848, 1/2 lastra, Musée Carnavalet, Histoire de Paris, inv. CARPH002861, Parigi

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Biblioteca nazionale di Norvegia (NB): Peter O. Testman, Il Palazzo Reale visto dal castello di Akershus

Siamo di fronte a un tema molto raro tra i dagherrotipi, la più antica fotografia conosciuta di paesaggio urbano Norvegese. Dal punto di vista del castello e della fortezza di Akershus a Christiania (oggi Oslo), si vede il Palazzo Reale sopra i tetti di Piperviken. Tuttavia, un attento esame della custodia dell‘immagine rivela una curiosità: l’iscrizione “Testman

fecit“, posta sul passepartout in verticale a sinistra, indica che in realtà era destinato ad un formato ritratto. Il fotografo Peter Otto Testman (1806 - 1890) era un norvegese trasferitosi in Danimarca, ma aveva studiato a Christiania. Osservando il retro di questo dagherrotipo incorniciato si scopre che la lastra è circolare, coi margini superiori e inferiori tagliati. Il diametro è di 9,7 cm, appropriato ad un apparecchio fotografico “ganzmetall“ Voigtländer. Si trova anche l’iscrizione manoscritta “Kongeslottet i Christiania“, aggiunta probabilmente dopo. Qualcuno considera quindi il Palazzo Reale come soggetto principale, spingendo i tetti dietro le quinte della nostra attenzione. Peter Otto Testman, 1841-1845 / B, 103 x 127 mm, lastra parzialmente circolare di 97 mm, Biblioteca Nazionale di Norvegia, inv. bldsa_FAU120

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SMP Photoconservation: Il ruolo delle metodologie di indagine scientifica moderne nella conservazione e nel restauro dei dagherrotipi

A causa della loro rarità e fragilità, negli anni ’70 e ’80 del Novecento, i dagherrotipi sono stati i primissimi oggetti fotografici ad essere sottoposti ad un intenso studio scientifico con l‘applicazione delle moderne metodologie scientifiche di indagine. La conservazione e il restauro di dagherrotipi incorniciati o in astuccio comporta l’esecuzione di interventi su una serie di materiali di natura diversa, quindi, prima di prendere una decisione importante circa la metodologia più adatta da applicare, è necessario a volte richiedere la collaborazione di una una figura scientifica specializzata nell‘analisi dei materiali. La moderna scienza del restauro può contribuire a risolvere i problemi legati all’identificazione dei materiali e dei procedimenti (ad esempio coloranti o pigmenti utilizzati nei dagherrotipi colorati) o per meglio comprendere la natura di specifiche forme di deterioramento, come quelle causate dalla decomposizione del vetro protettivo nei dagherrotipi ottocenteschi. Un esempio pratico di ciò è l‘applicazione dell’analisi XRF (spettrometria a fluorescenza ai raggi X), che fornisce informazioni sulla composizione chimica dell‘immagine dagherrotipica, rendendo possibile l’individuazione dei trattamenti originali usati o di particolari varianti nella preparazione della XRF (spettrometria di fluorescenza a raggi X) analisi quantitativa utilizzata per la misura senza-contatto e non distruttiva dello spessore dello strato d’argento del dagherrotipo

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lastra. Attraverso l‘analisi XRF, possono anche essere ottenute misurazioni dello spessore dello strato di argento, correlando poi questo risultato con caratteristiche specifiche trovate su alcune lastre. Sandra Maria Petrillo, Direttore di SMP Photoconservation. FotoMuseum di Anversa: (Auto)ritratto di Joseph-Ernest Buschmann

Questo ritratto dagherrotipico conservato nella collezione del FoMu è attribuito allo stampatore, editore e scrittore di Anversa Joseph-Ernest Buschmann (1814-1853), una delle figure chiave del periodo pionieristico della fotografia belga. Buschmann sviluppò un forte interesse per la nuova invenzione e iniziò la ricerca di tecniche per la riproduzione di fotografie su vasta scala. Dal 1847 in poi, Buschmann si dedicò alla dagherrotipia ed alla tecnica della carta salata, con un’intensità tale da essere realmente posseduto dalla sua passione per la fotografia. Sintomi maniacali come insonnia, bulimia e ossessione per la ricerca fotografica lo avevano irretito al punto da essere internato in un ospedale Joseph-Ernest Buschmann, Autoritratto, ca. 1848, dagherrotipo, lastra intera, FotoMuseum di Anversa, inv. FMA-B-143-00

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psichiatrico nel 1850. In questo autoritratto Buschmann posa con grande sicurezza di sé, vestito con un giubbotto scuro, le braccia incrociate ed un rotolo di carta in mano quale simbolo del suo status di intellettuale. Il suo sguardo fiero e le occhiaie profonde sembrano quasi una premonizione della follia che lo avrebbe portato alla morte pochi anni dopo. Museo Finlandese di Fotografia (FMP): Il membro del consiglio comunale Johan Felen con la famiglia

Un elegante signore, una signora e due ragazze posano fianco a fianco di fronte alla macchina fotografica. La coppia tiene le braccia intorno ai fianchi delle ragazze. Una di loro poggia il braccio sulla spalla dell‘uomo. Il gruppo attende in silenzio. La luce passa attraverso l‘obiettivo della fotocamera per essere catturata come immagine. Un accenno di sorriso si può appena distinguere sui loro volti seri. Le persone ritratte sono il membro del consiglio comunale di Kristiinankaupunki Johan Felen (1812-1879), sua moglie, Anna Helena nata Lacke (1805-1866) e le loro figlie. Questa è forse per loro la prima volta ad essere ripresi in fotografia. Istintivamente, cerco delle somiglianze tra i loro volti, che appaiono Anonimo, Ritratto di famiglia, 1850, Collezione Alma e Unio Hiitonen, Finnish Museum of Photography, inv. D2003: 67/1

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sorprendentemente nitidi e ricchi di dettagli e si possono quindi esaminare con la massima attenzione. Perfino i bottoni del panciotto del signore e le nocche della signora sono facilmente distinguibili in questa fotografia di grande finezza, realizzata probabilmente a Kristiinankaupunki o a Raahe in Finlandia. Il fotografo rimane sconosciuto. Maria Faarinen, curatore FMP Museum Conservation Services Ltd (MCS): Un mistero dagherrotipico

Questa lastra è un enigma. Se realizzata con le stesse tecniche utilizzate per gli altri dagherrotipi, l‘immagine appare come un negativo. Ciò si potrebbe spiegare se si trattasse di una rirpoduzione dagherrotipica di un altro dagherrotipo. Tuttavia, se osservate in un angolo, alcune aree appaiono positive e altre negative. La superficie sembra essere stata alterata in modo non uniforme e queste differenze di superfici corrispondono ai diversi toni dell‘immagine. Fizeau effettuò numerosi esperimenti con il processo dagherrotipico, inventando il viraggio all’oro, il metodo della doppia sensibilizzazione con l‘uso di un altro alogenuro, nonché un metodo per utilizzare la lastra dagherrotipica come matrice per l‘incisione. In realtà, osservando la superficie di questo dagherrotipo al microscopio, non si riscontrano le caratteristiche tipiche di una lastra usata per la stampa. Che cosa ha prodotto Armand Hippolyte Louis Fizeau (attr.), 1819 – 1896, 110 x 81 mm, collezione privata

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questo strano effetto? È un esperimento di viraggio all‘oro, un test di incisione o forse una forma di solarizzazione? Un test di incisione sembra più probabile dato che le aree biancastre presenti nell‘immagine mostrano un colore caldo se viste a luce riflessa, come se lo strato di argento fosse stato assottigliato al punto da far quasi intravedere il rame. Nicholas Burnett, direttore MCS Università di Bergen (UiB): Marcus Selmer, La sposa di Birkeland

Immagini di persone abbigliate nei costumi nazionali erano popolari in Norvegia fin dal XVIII secolo. Era parte del romanticismo nelle arti e del risveglio di uno spirito nazionale che avrebbe portato all‘indipendenza della Norvegia nel 1905. Questo interesse per i costumi tradizionali è proseguito nell‘era della fotografia. Il primo fotografo di Bergen, Marcus Selmer, realizzò le serie dei costumi nazionali prima come dagherrotipi, poi come carte-de-visites. Dei dagherrotipi originali, 10 sono nella collezione del Museo universitario di Bergen. Sono delle mezze lastre, splendidamente colorate a mano e ben conservate. Qui mostriamo un esempio di una donna in costume con la corona di sposa tipica della Norvegia occidentale, a lastra è firmata M. Selmer 1855. Tra le serie conosciute di carte-deMarcus Selmer, Donna in costume con abiti da sposa, 1855, University Museum di Bergen, inv. UBM_ BY_05778d

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visites ce n’è anche una con una donna che indossa un costume identico di fronte ad uno sfondo con un paesaggio fotografico. I dagherrotipi sono stati rifotografati per il grande pubblico, mentre il dagherrotipo originale è stata utilizzato per mostre ed è poi confluito nel museo locale. Informazioni ricevute da Erlandsen, Roger: Nordisk Fotohistorisk Symposium, Oslo 1980, Solveig Greve, Biblioteca dell’Università di Bergen. Università Politecnica di Valencia (UPV): Un esempio tipico, Ritratto di donna con ventaglio (1850-1860)

Questo dagherrotipo, appartenente alla Collezione Díaz Pròsper, è stato eseguito da un fotografo sconosciuto, probabilmente a Valencia. Si tratta di un ritratto femminile, ripreso in uno scenario che riproduce l’interno di un‘abitazione, anche se la ripresa è stata senza dubbio realizzata in uno studio fotografico. La borghesia dell’epoca preferiva spazi intimi per mostrare il proprio ceto sociale, mentre al contrario gli spazi esterni simboleggiavano Anonimo, Ritratto di donna con ventaglio, 1850-1860, Collezione Díaz Prosper, inv. CDP_07

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i luoghi riservati al lavoro ed al tempo libero. L‘atteggiamento della donna mostra la sua classe sociale: la borghesia commerciale prospera a Valencia in quel periodo. La persona posa seduta, elegantemente vestita, accanto ad un tavolo con un vaso di fiori (iconografia ripresa dalla tradizione del ritratto in miniatura). La postura esalta entrambe le mani: quella sinistra poggia sul tavolo mostrando un bracciale ed un anello, mentre l‘altra, ugualmente ingioiellata, tiene un ventaglio. Questo è l‘elemento più caratteristico e tipico della cultura spagnola, difficile da trovare negli album di altri paesi. La posizione sociale del personaggio è riaffermata anche nella cura dell’abbigliamento. Ventaglio, gioielli e fiori sono stati colorati e dorati; tecniche di rifinitura che richiamano l’attenzione sulla ricchezza della persona, che è poi lo scopo principale di questo tipo di ritratto. Museo Ludwig di Colonia (MLK): Chi è la persona ritratta? Il chimico e storico della fotografia Erich Stenger (1878-1957) colleziono‘ i primi esempi di fotografia fin dal 1906. Tra i suoi dagherrotipi è presente questo ritratto di gentiluomo accanto alla sua macchina. È attribuito al fotografo svizzero Charles H. Bruder, che fu attivo soprattutto a Neuchâtel e per un breve periodo, nel 1853, anche a Berna. L‘immagine, di dimensioni 8,8 x 6,7 cm, è probabilmente la riproduzione dagherrotipica di una lastra intera, conservata in una collezione privata di Monaco di Baviera. La lastra intera è datata 7 agosto 1853; la copia più piccola - stando all‘iscrizione sul retro - è stata invece realizzata due anni dopo. Grazie alla punzonatura nell‘angolo superiore destro della lastra del museo (una rosetta, l’Agnus Dei, due mezzelune, JP 30), non vi è alcun dubbio circa l‘autenticità della lastra appartenente alla stessa epoca, la riproduzione però potrebbe essere stata eseguita da qualunque fotografo. È anche possibile che dell‘uomo ritratto siano state realizzate più lastre. I ritratti - da soli, con il coniuge o con la famiglia - non sono assolutamente rari ai primordi della fotografia. Quest‘uomo voleva però essere immortalato con la sua macchina. Non lo sappiamo con certezza, ma potrebbe trattarsi di J.J. Gutknecht, progettista e costruttore del “mostro” di ghisa, il cui nome può essere letto sul motore. Potrebbe essere inoltre anche il suo nuovo proprietario. In ogni caso l‘uomo di mezza età posa con un abito raffinato e una camicia impeccabile, particolarmente fiero al fianco della macchina, simbolo del progresso. La macchina protagonista di quest’immagine, tuttavia, si trova ancora in disarmonia con la

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nuova potenza economica e culturale rappresentata dall‘industria. Essa poggia infatti su un tavolo a quattro gambe a forma di colonne doriche, elementi architettonici storici spesso usati per valorizzare le macchine industriali, percepite esteticamente inferiori. In tal modo la macchina è ancora testimone della relazione ambivalente con la produzione industriale ed il progresso esistente alla metà del XIX secolo. Technische Sammlungen Dresda (TSD): Ritratto di Amandus Schubert, Berlino 1851 I dagherrotipi sono immagini con due diverse tempistiche. Da un lato, la fotografia ha drasticamente ridotto il tempo del “faccia a faccia” tra modello e ritrattista, dato che, a differenza delle immagini dipinte o disegnate, non erano più necessarie sedute della durata di ore. D‘altra parte, la fotografia ha apparentemente fermato il passare del tempo ed esteso indefinitamente il momento in cui l‘immagine è stata ripresa. Con l‘invenzione della fotografia si è prodotta un‘accelerazione della percezione senza precedenti, che è poi addirittura aumentata con le innovazioni tecnologiche Charles H. Bruder (attr.), Ingegnere a fianco ad una macchina industriale (J. J. Gutknecht), dagherrotipo, 1855, 1/6 di lastra, Museum Ludwig, Colonia, inv. LK_FH_00375

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dei successivi processi della seconda metà del XIX secolo. Nel ritratto di Amandus Schubert è facilmente percepibile la tensione tra volatilità, rigidità e solidificazione. Il giovane uomo guarda nel vuoto con un‘espressione del viso incuriosita. Seduto, con il braccio sinistro appoggiato su un tavolino, sta cercando di trovare una posa stabile. Nel 1851, all‘età di 20 anni, si era fatto fotografare a Berlino. Come mostra l’iscrizione, la famiglia ricordò questo evento, anche molto tempo dopo. Questo dagherrotipo, come la maggior parte degli originali presenti presso la Technische Sammlungen Dresda, è un’acquisizione dalla collezione del fotografo Alfred Jäschke di Görlitz.

Anonimo, Ritratto di Amandus Schubert, Berlino nel 1851. inv, TSD: D 71. Sul verso iscrizione trad: “Amandus Schubert originqrio di Lauban, Slesia, Immagine ripresa a Berlino nel 1851 * 22/03/1831, 21/05/1900“

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Biblioteca Reale di Copenaghen: Per la prima volta “Conservare una traccia, un‘effigie, o un effetto di luce e ombra, per la persona

inconsapevole dei fenomeni della luce scoperti dalla scienza, sembra incredibile e più meraviglioso di qualunque favola“. Così scriveva il fisico danese Hans Christian Ørsted (1777-1851) nel febbraio 1839, poco dopo aver coperto il procedimento della dagherrotipia. Un suo conoscente, lo scrittore Hans Christian Andersen (1805-1875), studiò ben presto la tecnica, e in contrasto con l’austero Ørsted, si sdilinquiva in fantasticherie poetiche e mistiche. Sognava di essere in grado di fissare non solo luci e ombre, ma addirittura il “riflesso del cuore“.

Lo scultore contemporaneo, Bertel Thorvaldsen (1770-1844), aveva invece una profonda paura di essere fotografato e quando lo fu fece un segno con le dita per proteggersi dal “malocchio“. Mi chiedo che cosa pensava della fotografia invece la popolazione comune, per non dire “borghese“. Guardando gli occhi di Giulio Carlsen e dei suoi fratelli - che Anonimo, Ritratto di Julius, Adolf e Nicole Carlsen, 1854 circa. Inv. 1999-68/3

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appaiono cosi‘ sfavillanti in questo dagherrotipo ripreso da un fotografo sconosciuto intorno al 1854 - non solo mi commuovo per la resa minuziosa della cute, delle labbra, dei capelli etc. dei bambini, ma il dagherrotipo mi fa anche riflettere su ciò che i bambini con occhi e dita non avvezzi alle immagini sullo schermo di un computer o di un touch-phone, potessero pensare al momento dell‘esposizione. Mette Kia Krabbe Meyer, Ricercatore Bibliotecario presso la Biblioteca Reale Danese Dipartimento delle Collezioni Nazionali. Museo Nazionale della Tecnica (NTM): Il più antico dagherrotipo esistente di origine ceca

Questo dagherrotipo che ci mostra la sezione trasversale del fusto di una pianta sconosciuta è stato realizzato nel 1840 a Litomyšl, in Boemia, utilizzando un microscopio. L‘autore di questo raro dagherrotipo è il Dott. Florus Ignàc Stašek (1782 - 1862), rettore del Collegio degli Scolopi a Litomyšl. L‘immagine è stata Florus Ignàc Stašek, Sezione di una pianta, dagherrotipo ripreso attraverso un microscopio, 1840, NTM

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realizzata su una lastra circolare, leggermente convessa, del diametro di 162 mm e di 0,5 mm di spessore. Il Dott. Stašek era un ottimo fisico, interessato anche alla dagherrotipia. La fotocamera dagherrotipica con cui ha lavorato gli fu fornita dal professore di fisica viennese Andreas Ritten von Ettingshausen ed era stata fabbricata dall‘ottico viennese Michael Eckling. Il professor Ettingshausen insegnò anche al Dottor Stašek il processo dagherrotipico. La fotocamera è attuamente conservata nella collezione del Museo Nazionale della Tecnica di Praga. Fondazione Nederlands Fotomuseum (NFM): Cosa c‘è in una custodia? Una collezione di dagherrotipi appartenente alla Biblioteca dell‘Università di Leiden (NL) fu portata nel laboratorio di restauro del NFM per un trattamento di conservazione e fu sottoposta nel 1960 ad un trattamento di pulitura con il metodo della tiourea. Durante o dopo questo trattamento, il dagherrotipo numero inv. PKL G4131 fu attribuito a T. Hutchinson e datato 1843. Un altro dagherrotipo della serie, numero inv. PKL G4170, catalogato come opera di autore anonimo, presentava però tutte le caratteristiche dei dagherrotipi di Hutchinson. Appare probabile che il retro dei due dagherrotipi sia stato erroneamente scambiato. Si è

P T. Hutchinson , Ritratto di donna anziana, 1843, PKL inv. G4131

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giunti a tale conclusione in base alle caratteristiche del montaggio (in particolare del mat), alla qualità dell’immagine ed alle notizie disponibili relative al dagherrotipista T. Hutchinson. Lo stile della custodia del inv. PKL G4131, che fu datata al 1843, era innanzitutto inusuale per quell’epoca. Le prime custodie in stile europeo, a partire dalla prima metà degli anni ‘40, mostrano infatti passepartout di carta sottile o dipinti, che coprono il vetro, per lo più in toni chiari. La tipologia del passeparout più spesso, in cartone multistrato mostrato nell’immagine 1, con il colore scuro dipinto che copre il vetro, fu usato invece solo a partire dalla seconda metà degli anni ’40. In secondo luogo, sappiamo che T. Hutchinson era un dagherrotipista itinerante, che soggiornò ad Haarlem (Paesi Bassi) nel 1842-1843, e rifiniva i suoi dagherrotipi con una carta di rivestimento molto precisa e personale, accoppiata ad un semplice passepartout di carta (vedi immagini DFE n. 11). Il dagherrotipo della donna dell’immagine 1 è stato ripreso impiegando una scenografia da studio, diversa da quella tipica di Hutchinson oltre che inusuale in questa epoca nei Paesi Bassi. Durante il nuovo trattamento nel nostro laboratorio di restauro, il nastro di sigillatura della custodia G4131 è stato rimosso ed è apparso un montaggio contenente parti della tipica etichetta blu chiaro di Hutchinson: la prova finale della nostra teoria. Dopo un consulto con l’ente proprietario, si è deciso di rimettere il fondo e la carta di rivestimento di Hutchinson sul dagherrotipo inv. G4170.

Herman Maes, restauratore senior NFM.

Recto e verso di DFE 11, con etichetta del dagherrotipista ,T. Hutchinson. Inv. PKL G4170

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Questa pubblicazione riflette solo le opinioni degli autori. La Comunità Europea non è responsabile dell‘uso che potrebbe essere fatto delle informazioni in essa contenute. Dichiarazione di originalità: Questo opuscolo è presentato come un pubblico elaborato (D2.2) del progetto Daguerreobase e contiene originale inediti salvo se diversamentee chiaramente indicato. Il riconoscimento del materiale pubblicato in precedenza e di lavori altrui è stato fatto mediante appropriate citazioni, vigolettati o entrambi. Le immagini nel libretto sono sotto licenza CC BY-NC-ND. La traduzione e la redazione di questo testo sono stati finanziati dalla Commissione Europea. Progetto ID Card Area: CIP-ICT-PSP-2011-5 Execution: November 1, 2012 – April 30, 2015

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