Se un cane è fortemente concentrato su un tipo di lavoro che richiede l’utilizzo di un senso gli altri sensi, naturalmente, tenderanno a desensibilizzarsi. Ecco perché, soprattutto in fase di addestramento, è importante stabilire il contatto visivo e aiutare il cane ad essere nella migliore condizione per “ascoltarci”.
Una diversa costruzione morfologica del cranio, induce nei cani atteggiamenti di ricerca differenti.
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E’ l’atteggiamento di ricerca che E’ l’atteggiamento porta il canedi ricerca che porta ildicane ad annusare piccole particelle odore ad annusaresul piccole particelle di odore terreno: sul terreno: il caneil cane ha molti gesti respiratori e la ha molti gesti respiratori e la quantità d’aria quantità d’aria inalata RESPIRAZIONI BREVI inalataèèmodica. modica. RESPIRAZIONI BREVI ED ED AFFRETTATE SU PISTA AFFRETTATE SU PISTA (seguono una pista sul terreno). (seguono una pista sul terreno). La costruzione morfologica del cranio La costruzione morfologica del cranio condiziona il modo di respirare: per esempio, condiziona modoseni di respirare: per i dolicocefali,ilavendo frontali piccoli edesempio, una i dolicocefali, avendo frontali piccoli canna nasale convessa (cheseni contiene quindi poca ed aria alla volta) hanno atteggiamenti una di ricerca a “mega olfatto” (segugi). canna nasale convessa (che contiene quindi poca aria alla volta) hanno atteggiamenti di ricerca a “mega olfatto” (segugi). ---
E’ l’atteggiamento di ricerca che porta il cane ad annusare nell’aria, a cercare cioè nel vento con il naso per aria. Il cane analizza grande quantità d’aria. I cani che hanno seni frontali più larghi e spaziosi ed una canna nasale concava, ricercano a tele olfatto (si pensi al Pointer, definito “il re del vento”). Nella ricerca a tele olfatto, i cani analizzano l’aria anche se la persona ricercata non ha mai toccato il terreno, proprio perché nell’aria sono contenute le particelle di odore. I cani che ricercano nell’aria, fanno movimenti laterali detti LASSE’ (lacci).Occasionalmente i cani fanno ricerca di tipo misto a Mega e Tele olfatto.L’unico gruppo di cani che caccia a vista sono i levrieri: ecco spiegato il motivo per cui la natura li ha dotati della loro rinomata velocità.
他 Ricerca in superficie di persone scomparse 他 Ricerca di persone travolte da macerie 他 Ricerca di persone travolte dalla neve (su valanga) 他 Salvamento nautico
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CONO DI ODORE
LA CASSA DI ENZLER
Il tubo di Enzler
SCH=
prove non riconosciute
internazionalmente- attività aperta solo al P.T.
PROVE DI LAVORO IPO= prove riconosciute internazionalmente- Attività aperta a tutte le razze.
L’SCH (SCHUTZHUND) nasce come attività inventata per la selezione del Pastore Tedesco.
SCH =
PISTA - OBBEDIENZA - ATTACCHI
PERFORMANCE = nell’ SCH la difficoltà sta nell’ottenere che il cane sia al massimo della sua capacità lavorativa in tutte e tre le fasi.
PISTA OBBEDIENZA ATTACCHI
PICCO COMUNE (massimo della performance)
60% GENETICO
(ciò che il cane è = ISTINTO)
40% PREPARAZIONE (conoscenza e maestria nell’uso delle tecniche)
15% = rapporto cane-conduttore 15% = lavoro di team con il figurante 10% = destrezza nell’uso della motivazione
POSITIVA= il cane produce una performance per ottenere il premio CORRETTIVA= il cane produce una performance per evitare il disagio di subire una correzione
PREDATORIETA’
(ISTINTO PRINCIPE*)
PREY DRIVE (predatorietà) non c’è aggressività
PLAY DRIVE (istinto ludico)
PRINCIPIO DI CARICA E SCARICA Problemi di STRESS e ALTA MORDACITA’ PREDATORIA - NON SCARICATA.
COMPULSIVA
dati
da
CARICA
*La PREDATORIETA’ è il motore dei cani, l’istinto che il cane ha di inseguire qualcosa che si muove, perché potrebbe essere una preda, quindi cibo. Quando il cane “monta la carica predatoria”: 1. capisce che per scaricare lo stress deve raggiungere la preda e morderla perché altrimenti, non scarica e si stressa. 2. produce endorfine che non gli fanno sentire il dolore fisico.
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( soglia di dolore )
TOLLERANZA DEGLI STIMOLI NEGATIVI STIMOLI NEGATIVI
INSENSIBILITA’FISICA E PSICHICA
TEMPRA
CAPACITA’ DI RECUPERO DAGLI
I NERVI
TEMPERAMENTO
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Ogni soggetto ha un corredo genetico che determina il livello della pain threshold e che va subito valutato e verificato ai fini della decisione sulla metodologia o mezzi di addestramento. ¾ PAIN THRESHOLD + LOADED= la carica di predatorietà/motivazione o la carica di aggressività determinano un rialzo importante del livello di soglia del dolore
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PAIN THRESHOLD 5
DRIVE 5
\
1 P.T.
1 P.D.
SOTTO 5 : cane molto sensibile, accusa le correzioni o le esperienze negative che gli si “fissano” e non recupera dai fallimenti 7/8 : il cane è forte, ma con un buon rapporto e le giuste tecniche è il perfetto cane da lavoro 9/10 : il cane è estremamente forte e molto difficile da addestrare (in genere è anche molto dominante)
- la correzione, se fatta in modo sbagliato, alza la pain
threshold del cane
- la correzione, se fatta nel modo giusto, fissa e sensibilizza la
pain threshold del cane
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¾ Una correzione (o una serie di correzioni) di livello troppo basso alzano la P.T. del cane e ci porterà ad una “rincorsa”, con tanta fatica, a stabilizzare e a ristabilire l’equilibrio tra correzione e reazione, stressando il cane (e l’handler) e compromettendo la costruzione del rapporto/team ¾ Una correzione di livello troppo alto farà “chiudere” il cane che esibirà atteggiamenti di sottomissione ¾ Una correzione di 1 punto più alta del livello di P.T. del cane, è quella corretta e farà in modo di “aprire” l’attenzione del cane alle nostre richieste. Questo ci permetterà di sensibilizzare il cane a noi e al lavoro, permettendo di lavorare poi con correzioni di livello più basso della P.T. del cane.
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La Cinofilia Ufficiale, nei vari paesi, è gestita da Enti o organizzazioni nazionali che si occupano della gestione e del controllo nei settori dell’allevamento di cani e di altre attività zootecniche. Alcune di queste organizzazioni sono riunite in una federazione internazionale denominata FEDERAZIONE CINOLOGICA INTERNAZIONALE (F.C.I.). In Italia la tutela dei cani di razza pura e delle attività connesse è assegnata all’ENTE NAZIONALE DELLA CINOFILIA ITALIANA (E.N.C.I.). L’E.N.C.I. è un’associazione di allevatori.
• Iscrizione al Libro Origini Italiane (L.O.I.) Si tratta di un registro nel quale vengono annotati tutti i dati relativi ai cani di razza pura, genealogie, titoli, cucciolate, ecc. • Iscrizione al Libro Italiano Riconosciuti (L.I.R.) In questo registro vengono annotati i cani che, pur non possedendo un certificato che ne attesti la purezza di razza, vengono riconosciuti da un giudice in esposizione di bellezza come soggetti tipici di una data razza. I loro discendenti, dopo la sesta generazione, saranno riportati nel L.O.I. Questa pratica non è permessa per tutte le razze. • Rilascio certificati L’E.N.C.I rilascia ai cuccioli che vengono iscritti al L.O.I. un certificato di iscrizione. Questo certificato viene comunemente chiamato Pedigree. E’ un documento ufficiale, riconosciuto dal Ministero delle risorse agricole, che attesta la genealogia del soggetto. • Formazione giudici L’Ente provvede alla formazione di giudici di bellezza e di giudici di lavoro. Sono persone esperte che giudicano le varie manifestazioni cinofile organizzate dall’E.n.c.i. stesso (esposizioni di bellezza e gare di lavoro). • Organizzazione e sovrintendenza di convegni e incontri cinotecnici, esposizioni di bellezza e prove di lavoro. L’Ente, attraverso le proprie delegazioni regionali e provinciali (gruppi cinofili), organizza varie manifestazioni a carattere cinotecnico.
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Le prove di lavoro sono manifestazioni nelle quali vengono valutate le caratteristiche funzionali dei vari soggetti, in base alla propria razza ed al tipo di lavoro per il quale sono stati selezionati. Le esposizioni di bellezza sono manifestazioni nelle quali vengono giudicate le caratteristiche morfologiche e di conformità allo standard dei soggetti presentati. Servono a dare indicazioni agli allevatori su quali soggetti possono essere più adatti alla riproduzione, ai fini della tipicità della razza. Le esposizioni di bellezza possono essere: nazionali: dove si ottiene il Certificato di attitudine al campionato di bellezza nazionale (CAC) internazionali: dove si ottiene il Certificato di attitudine al campionato internazionale di bellezza (CACIB) Per diventare campione nazionale di bellezza un cane deve vincere: 2 esposizioni nazionali (CAC), 2 internazionali (CACIB) e 2 speciali (esposizioni organizzate dai club di razza). Per quelle razze per cui non esistono le speciali perché non c’è un club di razza, i soggetti, per diventare campione nazionale di bellezza, devono vincere: 4 nazionali e 2 internazionali.
Sono sempre divise per sesso CAMPIONI: si iscrivono a questa classe soggetti che sono già stati riconosciuti campioni. Può succede di vedere iscritto a questa classe cani già campioni nazionali di bellezza: lo scopo non è quello di ottenere un CAC (perché ne è già in possesso), ma quello di accedere al Best of Breed. LIBERA: per iscriversi in questa classe il cane deve avere almeno 15 mesi e se è già campione, non vi si può iscrivere. Anche se raramente, può succedere che al primo eccellente della classe libera venga assegnato il CAC (o CACIB se internazionale): questo avviene se i giudici ritengono che l’eccellente della classe libera superi in bellezza quello della classe campioni. GIOVANI: si iscrivono in questa classe soggetti compresi tra i 9 e i 18 mesi. Ogni cane può essere iscritto in una sola classe alla volta.
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Il giudice : esprime il giudizio sui soggetti valutandone le caratteristiche morfologiche e di conformità allo standard e assegna le qualifiche.
Il commissario : scrive il giudizio del giudice e consegna i cartoncini.
ECCELLENTE: viene conferita ad un soggetto che, secondo il giudice, ha caratteri che sono rasenti al meglio dello standard. MOLTO BUONO: soggetto perfettamente in tip, che può avere piccoli difetti temporanei (es: troppo grasso, troppo magro) BUONO: possiede le caratteristiche della razza ma con alcuni difetti (es: pelo troppo lungo) ABBASTANZA BUONO: è un soggetto sufficientemente in tipo ma senza qualità notevoli.
Nelle esposizioni di prestigiosi:
bellezza, si
possono vincere
due
titoli
molto
BEST OF BREED (BOB): è il più bel soggetto di una razza di quell’esposizione. Si scontrano il CAC (o CACIB) femmina e il CAC (o CACIB) maschio della stessa razza: il vincitore è il BOB. BEST IN SHOW: tutte le razze canine riconosciute, sono state suddivise in 10 gruppi; si seleziona, per ognuno di questi gruppi, il soggetto maggiormente rappresentativo. I giudici sceglieranno tra questi soggetti, il più fiero, il cane che ha il portamento migliore, quello che si avvicina di più al proprio standard, insomma, il più bello di tutta l’esposizione! Il vincitore è il Best in Show.
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Allegato n° 1 del Verbale Commissione Tecnica Centrale del 20 dicembre 2004 - approvato dalla C.T.C. del 2.2.2005
NORME GENERALI Art. 1 L'Ente Nazionale Cinofilia Italiana (E.N.C.I.), per il controllo dell'affidabilità e dell'equilibrio psichico dei cani iscritti ai Registri genealogici, e per migliorare la responsabilità dei proprietari nella gestione dei propri cani, istituisce l'Albo degli Addestratori cinofili e l'Albo dei Valutatori cinofili.
ADDESTRATORI CINOFILI Art. 2 1. È addestratore cinofilo il tecnico abilitato:
a) ad educare i cani e a prepararli al superamento delle verifiche zootecniche previste dalle differenti prove di lavoro in modo da esaltarne le specifiche qualità naturali a seconda dell'impiego e della loro affidabilità; b) ad impartire insegnamenti aventi la finalità di favorire la convivenza tra uomo e cane, l'inserimento del cane nella vita sociale, sviluppandone le capacità di apprendimento ed indirizzandole verso l'impiego specifico di ciascuna razza; c) a migliorare la responsabilizzazione dei proprietari nella gestione dei loro cani con insegnamenti finalizzati all'ottenimento di affidabilità, equilibrio e docilità dei cani medesimi.
2. La qualifica di addestratore si acquisisce dopo aver frequentato un corso di qualificazione teorico-pratico, e superato, con esito favorevole, un esame teorico sulle materie del corso, aver effettuato un periodo di tirocinio a fianco di un addestratore qualificato, ai sensi del presente disciplinare, e aver sostenuto con esito favorevole un esame finale di abilitazione. 3. Il Consiglio Direttivo dell'ENCI, preso atto dell'esito dell'esame e dei requisiti in possesso dall'interessato in base all'articolo 6 del presente disciplinare, ratifica la qualifica di addestratore cinofilo.
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4. La qualifica di addestratore, acquisita nei modi previsti dal presente disciplinare, implica l'iscrizione nell'Albo degli Addestratori tenuto dall'ENCI, e sottoposto ad aggiornamenti periodici.
Art. 3 1. L'Albo degli Addestratori è suddiviso in 3 sezioni ed i suoi iscritti hanno in comune la capacità di assolvere le funzioni di cui all'art. 2 comma 1) lettere b) e c); ciascuna sezione riguarda settori diversi di addestramento specialistico, ovvero: Sezione I^ : addestratori per cani da utilità, pet-therapy, compagnia e sport; Sezione II^ : addestratori per cani conduttori di bestiame; Sezione III^ : addestratori per cani da caccia.
COMITATO CONSULTIVO DEGLI ADDESTRATORI Art. 4 1. Il Consiglio Direttivo dell'ENCI nomina il Comitato consultivo degli addestratori costituito da 5 membri, ovvero: un componente il Consiglio Direttivo dell'ENCI; • tre addestratori eletti dall'assemblea degli addestratori, allo scopo convocata dal Presidente dell'ENCI; • un addestratore nominato dal Consiglio Direttivo dell'ENCI; •
2. Il Comitato consultivo degli addestratori elegge nel proprio ambito il Presidente, scegliendolo tra i componenti iscritti nell'Albo degli Addestratori. 3. Il Comitato consultivo degli addestratori resta in carica tre anni e comunque decade con il Consiglio direttivo dell'ENCI, prorogando la propria attività fino alla elezione del nuovo Consiglio direttivo.
Art. 5 1. Il Comitato consultivo degli addestratori tratta questioni concernenti gli aspetti tecnici e deontologici. In relazione agli aspetti tecnici il Comitato ha l'obbligo di acquisire conforme parere della C.T.C. 2. Il Comitato consultivo degli addestratori ha altresì l'obbligo di riferire al Consiglio Direttivo dell'ENCI sul comportamento degli addestratori, sull'espletamento dei loro compiti e su quanto riguarda il decoro ed il prestigio degli stessi, proponendo eventuali sanzioni disciplinari a carico di quelli che hanno tenuto comportamenti in tal senso non confacenti o che contravvengono il Codice Deontologico di cui all'art. 16 del presente disciplinare, a seguito di denuncia pervenuta al Comitato medesimo o comunque dei quali si ha comprovata conoscenza. 3. Possono essere proposti i seguenti provvedimenti disciplinari: a) richiamo;
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b) censura; c) sospensione fino a tre anni; d) cancellazione dall'Albo degli Addestratori. 4. Le riunioni del Comitato consultivo degli addestratori sono valide quando sono presenti almeno la metà più uno dei componenti e le delibere sono prese a maggioranza; esse hanno carattere consultivo.
FORMAZIONE DEGLI ADDESTRATORI Art. 6 1. Per potere essere ammessi alle procedure formative per addestratori, il candidato deve possedere i seguenti requisiti:
a) avere superato il 18° anno di età; b) non essere nelle condizioni di cui agli artt. 28 ss. c. p.; c) non aver riportato negli ultimi cinque anni condanna definitiva per il reato di cui all'art. 727 C.P.; d) non essere sottoposto a misure di prevenzione personale o a misura di sicurezza personale; e) autocertificazione con cui si dichiari di aver addestrato soggetti che hanno partecipato in prove ufficiali con buoni risultati. Per gli operatori di pet-therapy sarà valutato il curriculum formativo; f) avere sottoscritto il codice deontologico dell'addestratore.
Art. 7 1. Per intraprendere la procedura formativa occorre presentare domanda indirizzata all'ENCI. 2. La domanda corredata dalla documentazione attestante la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo precedente, sarà istruita dall'Ufficio Centrale del Libro genealogico. 3. Il mancato accoglimento deve essere motivato e comunicato all'interessato.
Art. 8 1. L'accettazione della domanda implica l'ammissione ad un corso teorico-pratico con "materie formative di base" in comune, e con altre materie differenziate a seconda dell'indirizzo specialistico prescelto dal candidato (vedansi sezioni di cui all'art. 3). Le materie che verranno trattate nel predetto corso sono le seguenti: a) materie in comune per tutti i candidati: •
cenni di fisiologia e apparati sensoriali;
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• • • • • • • • •
evoluzione e comparazione delle razze; etologia e comportamento animale; benessere animale; meccanica del movimento; regolamenti e normative d'interesse; alimentazione e lavoro; igiene e salute; controllo e prevenzione zoonosi; tecniche di primo soccorso.
b) materie per i candidati all'iscrizione nella I^ sezione: • • • • •
razze sottoposte a prove da lavoro, origini, attitudini e impiego; etogramma del cane e psicologia canina; apprendimento ed educazione metodiche di addestramento; metodiche di allenamento; b1) per i candidati di pet-therapy;
• • •
interazione con gli utenti nelle differenti patologie e comportamenti; prevenzione incidenti; controllo e prevenzione zoonosi.
c) materie per i candidati all'iscrizione nella II^ sezione: • • • • •
razze per la conduzione del bestiame: origini, attitudini e impiego; etogramma del cane conduttore e psicologia canina; rapporto uomo- cane- bestiame; metodiche di addestramento; metodiche di allenamento.
d) materie per i candidati all'iscrizione nella III^ sezione: • • • • •
razze da caccia sottoposte a prove di lavoro, origini, attitudini e impiego; biologia e conoscenza della fauna d'interesse; etogramma del cane da caccia e psicologia canina; metodiche di addestramento; metodiche di allenamento.
2. I corsi teorico-pratici per addestratore saranno organizzati dall'ENCI in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, e/o con altri enti pubblici di competenza; 3. I corsi saranno tenuti da docenti ufficialmente qualificati nelle relative materie e proposti dalla CTC.
Art. 9 1. I candidati, dopo aver frequentato il corso di cui all'art. 8, devono sostenere l'esame teorico pratico. 2. Le commissioni d'esame saranno composte,in funzione delle materie previste per le singole Sezioni specialistiche nell'Albo Addestratori, e formate da: • il Direttore dell'ENCI o un suo delegato, con funzioni di segretario; • un esperto-giudice del tipo di prove previste per i cani contemplati nelle sezioni specialistiche di cui all'art. 3, designato dal Consiglio Direttivo dell'ENCI; • un docente delle materie oggetto del corso; • un funzionario dei servizi zootecnici del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, od un esperto da questo designato; • un funzionario dei servizi veterinari del Ministero della Salute, od un esperto da questo designato. 3. La commissione esaminatrice, con proprio giudizio insindacabile, stabilirà l'idoneità del candidato.
Art. 10 1. Il candidato addestratore che non superasse l'esame teorico-pratico previsto dal presente disciplinare, potrà fare domanda scritta all'Ufficio Centrale del Libro genealogico e ripresentarsi, solo dopo che siano trascorsi almeno sei mesi e per non più di tre volte.
Art. 11 Art. 11 1. La nomina di addestratore e la relativa iscrizione nell'Albo degli Addestratori spetta al Consiglio direttivo dell'ENCI. 2. Decadranno dalla nomina gli addestratori che verranno meno alle norme contenute nel codice deontologico, in seguito al pronunciamento in tal senso proposto dal Comitato consultivo degli addestratori, nonché nei casi in cui sopravvengono le condizioni ostative di cui alle lettere b), c) ed e) dell'articolo 6 del presente disciplinare. 3. La decadenza è disposta con delibera del Consiglio direttivo dell'ENCI.
Art. 12 1. Gli addestratori iscritti in una Sezione specialistica dell'Albo possono ottenere l'iscrizione ad una diversa Sezione a seguito del superamento del relativo esame teorico pratico di cui all'art. 9.
Art. 13 1. All'atto dell'iscrizione ai corsi di cui all'art. 8 del presente disciplinare, l'ENCI richiederà al candidato il versamento di una quota quale rimborso delle spese. 2. L'entità della quote di rimborso-spese sarà deliberata dal Consiglio Direttivo dell'ENCI.
OBBLIGHI E DOVERI DEGLI ADDESTRATORI Art. 14 1. Gli addestratori riconosciuti ai sensi del presente disciplinare sono tenuti a rispettare con il massimo scrupolo le norme contenute nel codice deontologico che dovrà essere opportunamente sottoscritto da ogni addestratore, quale condizione imprescindibile per l'iscrizione nell'Albo degli Addestratori. 2. Le modifiche al codice deontologico, proposte dal Comitato consultivo degli addestratori, sono deliberate dal Consiglio direttivo ENCI previo parere della CTC.
CENTRI DI ADDESTRAMENTO CINOFILO Art. 15 1. È istituita presso l'ENCI l'anagrafe dei centri di addestramento cinofilo riconosciuti ai fini di cui all'articolo 1. Per l'iscrizione a tale anagrafe ai centri di addestramento è richiesta la presenza di un addestratore responsabile iscritto all'Albo degli Addestratori ci cui al precedente articolo 3. 2. La nomina dell'addestratore responsabile dovrà essere comunicata all'ENCI al momento della richiesta dell'iscrizione, accompagnata da dichiarazione di accettazione sottoscritta dall'interessato. 3. È richiesta altresì una struttura idonea e nel rispetto della normativa vigente 4. La qualifica costituisce altresì titolo di abilitazione tecnica per la gestione di centri di addestramento cinofilo, con le finalità di cui di cui all'art. 1.
VALUTATORI CINOFILI Art. 16 1. È valutatore cinofilo l'esperto giudice abilitato a valutare, attraverso dei test comportamentali, il controllo dell'affidabilità e dell'equilibrio psichico dei cani. 2. La qualifica di valutatore, in aggiunta a quanto previsto dall'articolo 6 comma 15 del disciplinare del corpo degli esperti del Disciplinare del corpo degli esperti del Libro genealogico del cane di razza, di cui al D.M. n° 20633 del 20.2.2004, può essere acquisita dall'esperto giudice, dopo aver frequentato un corso specifico di qualificazione. 3. Il programma del corso, nonché i test a cui sottoporre il cane da valutare, sono definiti dalla C.T.C.
4. La qualifica di valutatore acquisita nei modi previsti dal presente disciplinare, implica l'iscrizione nell'Albo dei Valutatori, tenuto dall'ENCI, e sottoposto ad aggiornamenti periodici.
NORME TRANSITORIE Art. 17 1. Entro dodici mesi dall'entrata in vigore del presente disciplinare, potranno chiedere l'iscrizione all'Albo degli addestratori cinofili coloro che già svolgono attività di addestramento dal almeno tre anni nell'ambito delle specifiche sezioni, come previsto dall'articolo 3 del presente disciplinare. Per gli addestratori dei cani da caccia, aver ottenuto in prove riconosciute su selvaggina naturale almeno la qualifica di eccellente con almeno due cani. Per gli addestratori dei cani da utilità e di conduzione del bestiame, aver ottenuto la menzione nella classe tre di addestramento. Per gli operatori di pet-therapy, sarà valutato il curriculum così come previsto dall'articolo 6. La valutazione delle domande presentate, corredate dai curricula e dall'accettazione scritta del codice deontologico di cui all'art. 14 saranno sottoposti alla valutazione di una commissione nominata dalla Consiglio Direttivo dell'ENCI.
NORME DI ESECUZIONE Art. 18 1. Il presente disciplinare entra in vigore dalla data del decreto di approvazione da parte del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. 2. Le modifiche al presente disciplinare, di iniziativa del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, nonché quelle proposte dall'ENCI, su conforme parere della Commissione Tecnica Centrale, entrano in vigore dalla data del relativo decreto di approvazione.
a cura di Fiorenza Merati, Istruttore del Centro Studi del Cane Italia e di Luca Rossi, Direttore Tecnico Centro Studi del Cane Italia Pubblicato su “CANI” – Ed. Olimpia 01/2006 Qualche mese fa, in un precedente articolo dedicato alla comunicazione tra individui speciespecifici , ovvero nel nostro caso tra cani, abbiamo avuto modo di rilevare che la comunicazione tra loro avviene attraverso sistemi di tipo non verbale. In particolare i cani comunicano attraverso la trasmissione di diversi segnali visivi, utilizzando espressioni, posture e rituali, segnali acustici fatti di suoni e rumori, segnali tattili ed infine segnali olfattivi, mediante il rilascio di odori e feromoni. La particolare forma di comunicazione che utilizza il sistema di percezione limbica del sistema nervoso centrale e tramite alcune particolarità olfattive, è definita comunicazione chimica, perché basata sull’emissione e sulla ricezione di sostanze di tipo chimico. Si tratta del sistema di comunicazione più antico utilizzato dagli esseri viventi e i messaggi che possono essere inviati e ricevuti sono estremamente precisi. Le sostanze utilizzate possono venire percepite anche a distanze notevoli, senza trovare alcun ostacolo alla loro diffusione, in quanto in funzione della loro volatilità, si spostano per via aerea. In caso di emissione di sostanze meno volatili, queste possono permanere nella zona dove sono state emesse, permettendone così la percezione da parte dei soggetti che transitano nella stessa zona anche molto tempo dopo l’emissione del messaggio ad opera del soggetto emittente. Dal punto di vista funzionale, è possibile effettuare una prima classificazione: i feromoni eccitatori, capaci di modificare immediatamente il comportamento del ricevente, come ad esempio i feromoni sessuali. Sono sostanze che agiscono quasi esclusivamente sullo stato emotivo, provocando una risposta comportamentale immediata: vedremo perciò il cane che li percepisce, reagire dimostrando forti pulsioni sessuali quali eccitazione e tremore; i feromoni modificatori che intervengono sulla fisiologia e, in particolare, sulle secrezioni ormonali. Producono prima un cambiamento, una trasformazione fisiologica e solo successivamente un cambiamento comportamentale: ne è esempio l’ovulazione simultanea di femmine in gruppi sociali, quali ad esempio le femmine di un allevamento, che manifestano periodi di disponibilità sincroni.
Un’ulteriore classificazione permette di distinguere due grandi categorie di sostanze che intervengono nella comunicazione chimica: i feromoni e gli “odori sociali”. Il termine “feromone” deriva dal greco pherein (trasportare) e horman (eccitazione), e sostituì il primo termine proposto dai ricercatori per queste sostanze, ectormone, che dava l’impressione di una sostanza secreta dall’esterno. Con il termine feromoni vengono quindi indicate tutte le sostanze secrete all’esterno dell’organismo, attraverso specifiche ghiandole, e capaci di modificare il comportamento o la fisiologia del ricevente. I feromoni sono sostanze che hanno un funzionamento analogo a quello degli ormoni, con la differenza che gli ormoni sono emessi dalle ghiandole endocrine, all’interno dell’organismo, e sono preposti alla regolazione delle principali funzioni dell’organismo, come la crescita, il metabolismo e la riproduzione. I feromoni sono sostanze che agiscono analogamente agli ormoni e ai mediatori del sistema nervoso, per i quali esistono dei recettori specifici per la ricezione e delle ghiandole specifiche per l’emissione; essi sono presenti nella vita del cane fin dalla sua nascita. I segnali trasmessi attraverso queste sostanze vengono percepiti dal cucciolo senza richiedere alcuna forma di apprendimento. Già dopo il parto la madre emette un feromone che permette ai cuccioli di riconoscerla e di legarsi a lei. Più tardi, nel periodo di socializzazione, durante la pubertà, iniziano a venire emessi i feromoni sessuali, contemporaneamente agli ormoni sessuali. Queste sostanze sono secrete o rilasciate allo scopo di essere rintracciate da un altro individuo della stessa specie, a cui viene così trasmesso uno specifico messaggio, che viene percepito grazie alla stimolazione di specifici recettori. La percezione di feromoni provoca modificazioni emozionali e induce, come conseguenza, delle risposte comportamentali. Si tratta di un sistema di comunicazione abbastanza rigido; in base a quello che è il suo stato emotivo e fisico, infatti, il cane emette specifici feromoni in specifiche circostanze. La comunicazione chimica è quasi esclusivamente una comunicazione intraspecifica, tra soggetti della stessa specie, ma può funzionare in modo differente a seconda della morfologia dell’animale, dell’età e del sesso: i giovani maschi, ad esempio, hanno generalmente un senso più marcato dell’olfatto. Dal punto di vista funzionale, è possibile effettuare un’importante diversificazione ovvero quella tra feromoni “allomoni” e “kairomoni”: gli allomoni sono emessi allo scopo di portare un vantaggio allo stesso individuo che li emette, ad esempio una secrezione difensiva; i kairomoni sono emessi allo scopo di portare un vantaggio a chi li riceve, come ad esempio nell’emissione di un segnale di pericolo. Un esempio di individuazione di kairomoni si può notare nella sala d’attesa dello studio veterinario: l’agitazione di alcuni cani può essere riconducibile alla percezione del feromone di avvertimento di pericolo emesso da un cane agli altri cani che arriveranno sul posto. Andando ad analizzare nello specifico i feromoni del cane, possiamo distinguere: feromoni di adozione, di appagamento, di delimitazione territoriale, di identificazione, di allarme e feromoni sessuali. Tutti questi feromoni trasmettono uno specifico messaggio e ciascuno di essi viene emesso da una specifica struttura. I nostri amatissimi cane dispongono quindi delle seguenti diverse strutture secernenti: Ghiandole periorali : sono posizionate nelle labbra, sulla cute del muso, vicino alle vibrisse e sulle guance; il fatto che producano feromoni ci spiega il perché di tanta attenzione da parte del nostro cane al muso del suo “interlocutore” e alle volte anche alla faccia del suo proprietario. Ghiandole ceruminose: oltre che sull’epidermide, troviamo delle ghiandole sebacee anche a livello delle orecchie, nella parte interna del padiglione auricolare, anche queste preposte alla produzione di feromoni. Sembra che queste ghiandole producano feromoni di
appagamento, in particolare sembra siano gli individui di rango più alto che emettono questo tipo di feromoni. Infatti si è notata un’azione di leccamento e annusamento di questa zona da parte dei soggetti più sottomessi nei confronti dei soggetti con status superiore. Inoltre nella postura di dominanza il padiglione viene tenuto eretto in modo, sembra, da evidenziare la zona e diffondere meglio le sostanze odorose; ecco il perché di tanta attenzione ed interessamento al cavo uditivo a volte anche l’orecchio del proprietario!! Ghiandole anali: sono ghiandole perianali e sacche anali; la loro esistenza spiega perché i cani hanno una forte attrattiva verso le deiezioni e minzioni degli altri cani che emettono informazioni feromonali. In particolare, le ghiandole anali esistono solo nei carnivori e permettono una comunicazione estremamente sofisticata. Attorno all’ano sono presenti una grande quantità di ghiandole, chiamate ghiandole perianali. La loro struttura è molto simile a quella delle ghiandole sudoripare, di altre specie. Le ghiandole perineali hanno l’unica importante funzione di intervenire nella comunicazione chimica. Da queste ghiandole vengono prodotte diverse sostanze feromonali: feromoni di allarme, di identificazione, sessuali e territoriali e sono emessi a seconda della situazione in cui viene a trovarsi l’animale. I feromoni di identificazione, contenuti nelle secrezioni anali, sono implicati non solo nell’identificazione dei membri del gruppo, ma anche nella segnalazione del loro rango sociale. Quando i cani defecano in punti alti, infatti, è perché vogliono lasciare un messaggio più evidente, intervenendo così nella comunicazione sociale e territoriale. Ghiandole sebacee: si trovano nel solco intermammario, a livello dei bulbi piliferi, nella parte cutanea dell’ano, e seni perianali; nelle femmine in allattamento, a livello delle ghiandole sebacee della linea intermammaria, vengono prodotti i feromoni di appagamento necessari per determinare l’attaccamento dei cuccioli alla madre. Il feromone di adozione, invece, è disciolto nel liquido amniotico ed è in grado di indurre la madre a mettere in atto le cure parentali, favorendo il legame di attaccamento ai cuccioli. Questa molecola scompare in media tre – cinque giorni dopo la nascita del cucciolo. I feromoni di adozione sono contenuti, oltre che in soluzione nel liquido amniotico, anche nella saliva, nelle urine e nelle feci. Alcune di queste ghiandole sebacee sboccano invece nei canali piliferi, per cui i muscoli erettori del pelo, ad esempio in situazioni di paura o di stress, contribuiscono alla produzione di feromoni di allarme che accompagna il segnale visivo della piloerezione. Ghiandole caudali : Un’altra importante zona di produzione feromonale è rappresentata dalle ghiandole sopra e sotto-caudali, da cui vengono secreti steroidi sessuali, feromoni di identificazione e di delimitazione territoriale. La posizione di queste ghiandole motiva lo scodinzolio del nostro cane che, con il movimento vorticoso della coda aumenta la diffusione di comunicazione feromonale e lo unisce al segnale meccanico di allegrie e di gioia. Altresì la coda portata retratta sotto la zona ventrale riduce l’emissione feromonale e nell’analisi della visione della postura meccanica di comunicazione indica sottomissione, timore, paura. Ghiandole podali: sono diffuse nei cuscinetti plantari e nella cute della regione interdigitale e sono quelle che emettono feromoni quando il cane raspa il terreno dopo minzione e defecazione. Questo comportamento è ricollegabile quindi ad un vero e proprio marking che può comunicare ad esempio il proprio ruolo gerarchico. Per manifestare territorialità su un’area, un cane potrà dunque sia urinare in diversi punti del territorio che raspare il terreno, diffondendo così dei feromoni attraverso l’urina e i cuscinetti plantari. I feromoni emessi comunicheranno ad eventuali estranei, la territorialità del nostro cane in quell’area. Il cane vive essenzialmente in un mondo di odori, cosa del tutto inconcepibile per un essere umano. Un odore che nell’uomo può occasionalmente riportare alla mente un ricordo, nel cane diventa un segno indelebile e recuperabile in qualsiasi momento dalla sua memoria a lungo termine.
Un cane ricorda e riconosce un oggetto, una persona o un luogo, più per l’odore che lo accompagna che per la sua forma, la sua figura o i suoi colori. L’olfatto viene inoltre utilizzato per la caccia, per orientarsi, per comunicare tra individui, per scambiarsi informazioni individuali e per indicare le preferenze alimentari. In quest’ultimo caso, l’olfatto viene addirittura prima del gusto, per cui se l’odore non è gradito, il cane rifiuterà di assaggiare. Per concludere in modo esaustivo è necessario far riferimento anche ai così detti “odori sociali”; queste sono invece sostanze secrete dalle ghiandole sebacee e dalle mucose. Al contrario dei feromoni, gli odori sociali prevedono un apprendimento da parte del cane, perché uno specifico odore dovrà essere associato ad un individuo. Sembra che gli odori sociali intervengano nell’identificazione della madre da parte dei cuccioli durante il periodo prenatale, neonatale e all’inizio del periodo di transizione, durante i quali i piccoli, ancora ciechi, cominciano a effettuare l’identificazione della madre tramite l’olfatto. Tuttavia, come già abbiamo avuto modo di rilevare, gioca un ruolo ancor più importante il rilascio del feromone di appagamento (D.A.P.) che è corresponsabile del legame di affezione tra i cuccioli e la madre. Grazie a questo feromone, il cucciolo si tranquillizza quando è vicino alla madre e subisce il processo di attaccamento che sarà poi fondamentale per il suo corretto sviluppo comportamentale. Infatti, durante le sue prime esplorazioni dell’ambiente, il cucciolo riceve stimoli che provocano reazioni emozionali, la sua prima risposta a questi stimoli è quella di ricercare il contatto con la madre e la presenza dell’apaisina ha la capacità di stabilizzare il suo stato emotivo. Quindi il comportamento di ritorno dalla madre nelle situazioni di pericolo, viene rinforzato positivamente. E’ grazie a questo feromone che il cucciolo, nel corso del periodo di transizione mette in atto il tipico comportamento esplorativo a stella. Al momento del distacco la madre cessa la produzione di apaisina, il giovane cane è sottoposto ad uno stato di stress che lo porta a ricercare l’appagamento nel contatto con altri cani. E’ in questa fase che si sviluppa l’attaccamento al gruppo sociale e gli studi sulle interazioni sociali e gerarchiche tendono a dimostrare che la presenza dell’apaisina prodotta dal dominante favorisce l’attaccamento al gruppo sociale dopo il distacco del cucciolo dalla madre. Tornando agli odori sociali, queste sostanze giocano un ruolo fondamentale nella creazione di un odore di gruppo. Infatti, analizzando un gruppo di individui, si è evidenziato che tutti i membri presentano delle componenti odorose in comune, che permettono di riconoscere i soggetti appartenenti al gruppo stesso. Per quel che riguarda la composizione chimica, gli “odori sociali” sono sostanze poco conosciute perché estremamente variabili e complesse, costituiti da diverse componenti chimiche, non tutte ad oggi identificate. Un’ultima curiosità è data dall’uso di profumi da parte dell’uomo. Il profumo pone un problema notevole nella comunicazione con gli animali in generale. Infatti, per produrre un aroma, i vengono usati degli “agenti fissatori”. I principali agenti fissatori generalmente utilizzati, contengono feromoni. Quando mettiamo del profumo, applichiamo quindi sulla nostra pelle una sostanza contenente dei feromoni. Questo può modificare le reazioni del cane, anche se non è ancora noto con precisione in che misura. Quando il cucciolo impara a riconoscere i diversi odori propri a ogni membro della famiglia, l’impiego del profumo può disturbarlo, soprattutto se l’aroma viene cambiato spesso. Tuttavia il suo sistema olfattivo è altamente sofisticato e occorrono grandi quantità di profumo per infastidirlo.
Comportamenti e Gratificazioni A cura di Luca Rossi Pubblicato su “cani” – Ed. Olimpia 04/2006 Uno degli aspetti della relazione tra Cane e Proprietario è rappresentato dal fatto che reciprocamente tentino di “condizionare” il Comportamento dell’interlocutore. Molti cani, apprendono rituali che inducono il compagno umano a reagire in un determinato modo, che spesso porta eventi piacevoli per il cane. La maggior parte degli organismi viventi, ripresentano in natura azioni, mosse e risposte comportamentali, che come esito hanno eventi vantaggiosi per chi emette quella determinata azione o responso. Lo studio condotto dalla Scienza Comportamentale, offre ampie e costruttive riflessioni sull’uso del cosiddetto “Rinforzo” come potente strumento di condizionamento dei Comportamenti degli animali. Il Rinforzo rappresenta qualsiasi cosa che, avvenendo contemporaneamente ad una azione, tende ad aumentare la probabilità che questa azione si ripeta Il Rinforzo è un evento che indica al soggetto che esprime una determinata azione, che proprio quel movimento è la causa dell’arrivo di qualcosa di piacevole, ciò può avvenire durante il comportamento (Rinforzo Intermedio) oppure a comportamento completato Il Rinforzo, Aumenta la probabilità che questo il comportamento espresso, venga di nuovo proposto in futuro, questa condizione è identificata come “Vantaggio del Comportamento” Se si desidera usare Rinforzi per condizionare i comportamenti dei cani e sviluppare con loro, percorsi di apprendimento, è necessario entrare in un ottica didattica ben definita, dove il Proprietario che insegna, deve entrare in una condizione che gli consenta di “accelerare i pensieri ed anticipare gli esiti”. Il Rinforzo deve essere percepito dal cane proprio sull’azione che si intende “moltiplicare”. Il tempismo, nella concessione del Rinforzo, risulta essere determinante. E’come praticare uno sport che richieda di pensare velocemente, dove lo schema di azione, deve essere gratificato con assoluta velocità. Per questo motivo il soggetto che insegna utilizzando i Rinforzi, deve essere ben consapevole di ciò che sta avvenendo ed essere sempre attento a ciò che si sta facendo. In colui che insegna, la pianificazione degli step di apprendimento, deve essere ben chiara e deve prevedere di identificare con certezza, le azioni o segmenti di esse, che andranno ad essere rinforzate. E’la scienza comportamentale che fornisce i protocolli di applicazione didattica del Rinforzo. Per comprendere nei dettagli la potenzialità dell’insegnamento utilizzando i Rinforzi, è importante considerare due elementi chiave: I due eventi (Comportamento/Azione e Rinforzo) sono collegati in tempo reale “Il Comportamento provoca il Rinforzo” L’Azione/Comportamento che si intende “celebrare” ed in tempi successivi “modellare”, deve essere collegata in tempi reali al Rinforzo ed alla soddisfazione, che tale evento provoca nel soggetto che sta apprendendo. Con questa esperienza, il Cane, comprende con precisione che è proprio una determinata Azione/Comportamento che provoca il Rinforzo. Il Rinforzo Positivo R+ rappresenta una ricompensa o gratificazione diretta. Il Rinforzo Negativo R – rappresenta la sospensione di uno stimolo avversivo.Il Rinforzo Positivo, vale per il Cane la concessione di un premio apprezzato. Risulta essere molto importante ai fini dell’apprendimento e del condizionamento dei Comportamenti, che il cane capisca con certezza quale è l’Azione che gli consente di provare il piacere che la gratificazione implica. E’ giusto quindi che l’insegnante si preoccupi di capire se il cane ha ricevuto “l’informazione giusta”.Il Rinforzo Negativo, rappresenta la sospensione di uno stimolo, che in un certo qual modo irrita il cane, dove tale sospensione porta al cane la soddisfazione, un vantaggio. Molti Addestratori che usano metodi di addestramento jurassici e superati, insegnano al Cane ad assumere la posizione del seduto, dispensando al cane strattoni con guinzaglio. Il cane dopo un numero imprecisato di colpi, “impara” che il comportamento che gli evita tali fastidi, è rappresentato dall’assunzione della posizione del seduto. L’applicazione del Rinforzo Positivo o del Rinforzo Negativo, ha portato nel tempo alla identificazione della Forma mentis che caratterizza le Scuole di Educazione Cinofila, con l’applicazione del metodo gentile (Rinforzo Positivo) o il metodo coercitivo (Rinforzo Negativo) 138 138
Per mia estrazione culturale, per indole caratteriale e per il fatto che ritengo il metodo gentile del Rinforzo Positivo sia la strada giusta per avere un buon rapporto con i cani, applico da sempre e diffondo da anni insieme agli Istruttori del Centro Studi del Cane Italia, i protocolli educativi che prevedono l’uso esclusivo del Rinforzo Positivo. Per il cane esistono Rinforzi Positivi Primari. Il Cibo che fa capo all’istinto di mantenimento, la pallina che è rappresentativa dell’istinto predatorio, sono Rinforzi primari, cioè di immediato e spontaneo apprezzamento per il cane. E’ possibile, con un minimo di abilità, creare in modo associativo nella mente del cane, un Rinforzo Positivo Condizionato. La parola “Bravo” per il cane inizialmente non significa nulla, è un suono come un altro, ma se a quella parola si fa succedere con tempismo, un Rinforzo Primario, quel suono acquisirà una valenza speciale e diventerà l’annuncio della gratificazione oggettiva in arrivo. Un Rinforzo Positivo Condizionato che viene dispensato con tempismo, comunica al cane: “Bingo!!! Ciò che stai facendo ora va bene e ti farà guadagnare qualcosa, quindi ripetilo” Il Cane che percepisce il Rinforzo Positivo Condizionato, ripeterà l’azione sulla quale ha percepito la parola “bravo!!” perchè mostrerà la consapevolezza, che proprio quel gesto è la causa del Rinforzo. Il Rinforzo Positivo è qualcosa che l’allievo vuole avere Il Rinforzo Negativo è qualcosa che l’allievo vuole evitare Il Comportamento che il Cane esprime, può essere intensificato con il Rinforzo Positivo. Non è possibile rinforzare una Azione che non avviene (Il Problema dei Cani Paurosi, Timidi, Apatici) La gratificazione per essere considerata un Rinforzo, deve rappresentare qualcosa che il soggetto vuole e che in un certo qual modo, va a soddisfare le aspettative del soggetto operante. Il Cibo può non rappresentare un Rinforzo per un cane sazio. Gli Istruttori del Centro Studi del Cane Italia utilizzano diversi Rinforzi Positivi Condizionati, perché ben sanno che è utile avere una varietà di Rinforzi per ogni situazione di addestramento Nel caso in cui il comportamento non fosse espresso con maggiore frequenza, è molto probabile che il Rinforzo non sia stato presentato con tempismo, oppure che la ricompensa utilizzata, non sia considerata un Rinforzo dal soggetto operante. Particolare cura va quindi rivolta al tempismo ad alla qualità dei Rinforzi.Per il soggetto operante, risulta essere di determinante importanza il fatto di percepire con chiarezza, qual è il Comportamento che ha portato al Rinforzo. Il cane deve poter comprendere che ciò che sta facendo in un preciso momento (informazione), è la causa della vincita del premio. Nel Soggetto che sta cercando di imparare, l’informazione coerente di un Rinforzo, diventa anche molto più importante del Rinforzo stesso. Al cane “l’informazione” deve risultare chiara, percepibile, onesta, coerente, distinta. I Proprietari alle prime esperienze di insegnamento, devono cercare comportamenti piacevoli e spontanei dei Cani e rinforzarli, ciò conduce all’apprendimento fluido e dispone l’allievo ad una grande carica motivazionale, inoltre, evita espressioni perniciose, mantenendo un clima umorale piacevole. Se il Rinforzo non è dato con il giusto tempismo (Rinforzi tardivi) non si avrà esito. Il cane non sarà messo in grado di percepire l’informazione corretta e quindi non si arriverà al obbiettivo programmato. I Rinforzi tardivi sono il più grande problema che assilla proprietari di cani ed Istruttori alle prime armi Anche il Rinforzo anticipato non conduce a centrare l’obbiettivo, infatti, rinforzare troppo presto, non produce nessun effetto. Alcuni Istruttori neofiti, rinforzano troppo frequentemente o presentano Rinforzi anzitempo e a volte il Rinforzo viene usato come Stimolo. Se così si opera non si avranno processi di “modellaggio” dei comportamenti, non è quindi logico “corrompere” chi deve apprendere ed anticipare lo stipendio per un azione ancora da esprimere. Anche nell’applicazione del Rinforzo Negativo (sospensione stimolo avversivo) è necessario essere tempisti. Il cavallo gira a destra quando sente il morso che comprime e capisce che la cessazione del Rinforzo Negativo, avviene girando a destra. Ci sono Istruttori equestri o bambini alle prime armi, che spronano il cavallo con calci al costato per favorire la “rottura dell’andatura” dal passo al trotto. Se l’azione del dare colpi (rinforzo negativo) non viene sospesa quando il cavallo “rompe il passo”, l’equino non avrà l’informazione che è
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proprio il trotto che induce la sospensione del rinforzo negativo, risultato: Il cavallo procede ad andatura lenta ed il fantino continua a scalciare. L’Addestramento di un cane neofita, deve sempre iniziare instaurando un Rinforzo Condizionato. I Rinforzi Positivi Condizionati possono essere rappresentati dal Clicker, dal Fischio, dalla Luce, dalla Parola di Lode, dalla Carezza. I Rinforzi Positivi Condizionati diventano incredibilmente potenti. I miei Cani, lavorano ben oltre il punto di sazietà, grazie ai Rinforzi Condizionati e mantengono alta motivazione nelle espressioni delle loro performances. Personalmente ritengo che sia una buona idea rendere un Rinforzo Condizionato ancora più potente associandolo a molti Rinforzi Primari. Per i miei cani il suono “Bravo!” risulta essere un Rinforzo Positivo Condizionato e loro quando sentono quel suono, pensano all’arrivo immediato di cibo o della pallina o della carezza, o quello che piace a loro, credo sia per loro interessante “scoprire” quale Rinforzo Primario è di volta in volta associato al rinforzo Positivo Condizionato. Un Rinforzo Positivo Costante deve venire dispensato soltanto durante la fase di Apprendimento Al Cane Principiante andranno dispensati molti Rinforzi, ma quando il Comportamento è acquisito, sarà buona regola Rinforzare ogni tanto il comportamento appreso, casualmente, di sorpresa. Per mantenere vivo il comportamento appreso e mantenere freschezza di espressione, è necessario variare frequentemente il momento del Rinforzo, piuttosto che mantenerlo costante e prevedibile. Per mantenere “fresco” un comportamento appreso è quindi necessario basarsi su un Programma di concessione di Rinforzi intermittenti. La variabilità dell’arrivo del rinforzo porta l’animale ad esprimere il comportamento in modo più vigoroso, dando la possibilità all’operatore di migliorare le performances gestendo bene le ricompense. Non è quindi necessario ricompensare continuamente il comportamento corretto (Intermittenza). Nelle fasi iniziali dell’insegnamento di un nuovo comportamento applicare un Rinforzo costante, nella fase di approfondimento applicare un Rinforzo variabile ad intermittenza e per la fase di mantenimento di un comportamento appreso usare il Rinforzo Variabile a sorpresa.
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La Punizione Luca Rossi, Direttore Tecnico Centro Studi del Cane Italia; Paolo Marcoz e Enrica Campostano -, Istruttori Centro Studi del Cane Italia Pubblicato su “CANI” – Ed. Olimpia 03/2006 L’ultima volta che ho punito un cane risale a molto tempo fa: Gennarino, il mio cane, era un cucciolone di nove mesi quando, una situazione apparentemente sotto controllo e tranquilla, si trasformò nel giro di pochi secondi in un’ esplosione di minaccia e aggressione nei confronti di due passanti che si stavano avvicinando alla nostra abitazione. Questi, in preda al panico e non avendo la benché minima conoscenza di comportamento canino, iniziarono a scalciare e ad agitare i bastoni che tenevano in mano, ottenendo il solo risultato di sovraeccitare ulteriormente il cane. Ed io, che all’epoca in fatto di cani non ne sapevo molto di più di loro, cercavo in tutti i modi di prendere e trattenere il mio cane. Tutto fu inutile. Più passava il tempo, più cresceva dentro di me il disagio, la rabbia, il senso di inadeguatezza e di frustrazione. Fu questa l’ultima volta in cui usai la punizione nel tentativo di estinguere un comportamento. Quel giorno ha trasformato la mia vita: fu proprio a seguito di quell’episodio, che decisi di iscrivermi al corso allievi istruttori del Centro Studi del Cane Italia, incominciando ad appassionarmi allo studio della mente e del comportamento dei cani. Mai, prima di allora, avrei potuto immaginare che quell’esperienza avrebbe addirittura cambiato il mio modo di pensare e di vivere, modificando persino la mia filosofia di vita, la mia visione del mondo. I cani cercano in tutti i modi di attirare l’attenzione dei loro partners umani che spesso sono più portati a dare importanza ai comportamenti negativi e sgraditi, piuttosto che a quelli positivi. Quante volte rimproveriamo verbalmente il nostro cane per un comportamento sgradito, senza pensare che, in questo modo, non stiamo facendo altro che rinforzare il comportamento esibito, perché stiamo comunicando al cane che con quel comportamento è riuscito ad ottenere la nostra attenzione. Per me, é stata una bellissima scoperta e anche, per certi versi, un concetto sconvolgente e “rivoluzionario”, imparare che un comportamento che viene ignorato e che non viene più rinforzato, col tempo va in estinzione. Spesso quando pensiamo di educare o addestrare un cane, è perché già abbiamo in mente tutta una serie di comportamenti a noi sgraditi che vorremmo “correggere” e perché, molto probabilmente, abbiamo già tentato di risolvere il problema sgridando o punendo il cane ad ogni occasione in cui si è verificato il comportamento indesiderato, ma senza riuscire ad ottenere i risultati sperati. Il problema potrebbe derivare dal fatto che non ci è chiaro cosi significhi davvero “punizione” né come applicarla.
La PUNIZIONE è un evento esterno che tende ad estinguere e sradicare un comportamento indesiderato; deve fermare il comportamento in corso e diminuire le probabilità che questo si ripeta. Deve avvenire pertanto all’inizio della produzione del comportamento indesiderato.
Per essere efficace la punizione deve avere 3 caratteristiche ben precise:
Deve essere tempestiva. La punizione deve raggiungere il cane nel momento stesso in cui lo stesso esibisce l’azione indesiderata. Un attimo in anticipo o in ritardo vanifica l’effetto dell’ intervento. E’ necessario quindi essere molto attenti e precisi nel cogliere l’attimo i cui il cane esprime il comportamento indesiderato.
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Deve essere traumatica. Questo non significa che la punizione debba necessariamente provocare dolore ma che deve sorprendere negativamente il cane; esso dovrà rimanere “di stucco”, sfavorevolmente impressionato! Ricordiamoci inoltre che per alcuni cani sarà opportuno che l’aspetto traumatico sia molto basso: l’intensità dell’evento traumatico dipende infatti dalla tempra del cane, cioè dalla sua capacità di sopportare stimoli negativi o avversi. Infine, la punizione deve essere priva di legame con il proprietario. Il cane non dovrà in nessun caso associare la punizione subita, al suo proprietario; in caso contrario il cane potrebbe imparare a non esprimere più il comportamento indesiderato in presenza del proprietario, ma continuare ad esprimerlo in sua assenza; inoltre la connessione “punizione-padrone” potrebbe compromettere il rapporto relazionale basato sulla fiducia reciproca. Per rendere più evidente quanto fin qui enunciato vi racconterò di come il mio maestro Luca Rossi, sommando alla conoscenza della materia un po’ di ingegno e fantasia, sia riuscito ad estinguere il brutto vizio del cane di un suo cliente; il quadrupede oggetto del racconto, che nel rispetto della sua privacy chiameremo semplicemente Fido, aveva il brutto vizio di salire sul letto del padrone. Il suo padrone, fortunatamente, aveva un grande lampadario appeso al soffitto della sua stanza e, come spesso accade, il lampadario era posizionato proprio sopra il centro del letto. Il piano machiavellico cominciò con la raccolta di una decina di lattine vuote di bibite; in seguito le lattine furono infilzate tipo “collana” con uno spago sottile per arrosti, così che restassero tutte legate, ad una certa distanza tra loro, ad una delle due estremità delle cima; in seguito, alla faccia dell’ignaro Fido, si fece passare lo spago su uno dei bracci del lampadario, di modo che le lattine fossero penzoloni sopra il letto e fuori vista del cane; l’altra estremità dello spago, sufficientemente lungo da consentire al proprietario sia di essere fuori dalla stanza che di poter osservare la scena, era appunto nelle sue mani. Quando l’intraprendente “Fido”, dopo aver dato una bella spinta di reni, appoggiò le zampe anteriori sul materasso, come per magia venne travolto da questa pioggia astrale di lattine vuote che non solo lo colpirono fisicamente (senza ovviamente fargli alcun male) ma provocarono anche un discreto rumore a rinforzo della sgradevolezza dell’avvenimento. Fido scese immediatamente dal letto e cercò conforto dal suo proprietario che… misteriosamente sogghignava sotto i baffi! L’evento traumatico delle lattine estinse il “vizio” di Fido di salire sul letto. Fin qui abbiamo parlato della punizione come sistema di estinzione dei comportamenti in quanto associato all’evento negativo che porta, normalmente, alla scomparsa del comportamento stesso. Tuttavia le punizioni, così come le gratificazioni, sono rinforzi negativi o positivi che, quando applicati in fase di costruzione dei comportamenti e nel rispetto di determinate teorie di addestramento, quali ad esempio il condizionamento operante, determinano la frequenza del comportamento. In ogni caso, con il termine punizione ci si riferisce ad un evento o situazione che si concretizza dopo lo sviluppo di una determinata risposta comportamentale: il termine punizione ha sempre una valenza indesiderabile per il soggetto operante. Esistono due sistemi di utilizzo della punizione a seconda che si faccia riferimento alle modalità di estinzione dei comportamenti contemplate secondo la filosofia dell’addestramento che si riferisce al metodo gentile oppure dell’addestramento coercitivo.
In questo secondo caso, per estinguere un comportamento, viene applicata la punizione positiva; con detto termine si intende l’ applicazione di uno stimolo avversivo; l’esempio più triste e conosciuto è quello dell’utilizzo dei collari elettrici; nel momento in cui il cane esprime un comportamento indesiderato, lo stesso “subisce” uno stimolo negativo che lo induce ad interrompere il comportamento che stava esprimendo. E’ piuttosto evidente 142 142
che, un cane che stia per esempio saltando addosso ed abbaiando per salutare una persona e riceva una scossa elettrica durante l’azione che sta compiendo, cessi immediatamente ciò che stava facendo, ovvero i suoi troppo irruenti saluti. La punizione positiva, dunque, rappresenta in modo evidente una conseguenza indesiderata per il cane che tenderà a non ripetere il comportamento espresso nel momento in cui un avvenimento negativo si è verificato; ciò per evitare le conseguenze che il comportamento sbagliato ha comportato. Diversamente la punizione negativa consiste nell’omissione di tutto ciò che per il cane rappresenta una ricompensa; la punizione negativa rappresenta quindi la scomparsa , l’esclusione, la mancanza di tutto ciò che nel soggetto operante produce una emozione positiva. Tornando all’esempio dell’abbaio e dei salti durante manifestazioni di “saluti” eccessivi, dobbiamo considerare che per il cane il rinforzo al suo comportamento ovvero il premio alle sue “avances”, sarà proprio il nostro interagire con lui per cercare di farlo smettere. Omettere la ricompensa significherà dunque ignorare il cane; ignorare il cane e dimostrarci silenziosi e passivi è un esempio di punizione negativa. ALCUNE CONSIDERAZIONI SUGLI STIMOLI PUNITIVI 1) Devono essere stimoli avversivi che il cane non si aspetta; „ 2) Devono estinguere il comportamento, altrimenti sono abusi; „ 3) Devono essere dell’intensità giusta altrimenti se saranno eccessivi tenderanno a chiudere il cane; se invece saranno scarsi il cane svilupperà resistenza alla punizione „ 4) Devono essere agiti durante il comportamento; „ 5) Non devono essere riconducibile al proprietario, altrimenti il cane impara che la sua presenza è un segnale e che la punizione puo’ arrivare ma che in sua assenza non arriverà. Il risultato? Un cane furbo!! „ 6) Devono avvenire ogni volta che il comportamento si esprime altrimenti il cane potrà pensare che a volte la punizione arriva, e a volte no; ciò renderà ancora piu’ difficile estinguere il comportamento; „ 7) Devono esserci alternative per il cane il quale dovrà essere messo in condizione di eseguire un comportamento accettabile ed avere l’opportunità di esprimerlo; tutto questo per poter evitare la punizione; „ 8) Non devono essere mai usati a tal punto che gli stimoli punitivi diventino per il cane piu’ importanti del rinforzo. „
Se non si possono seguire tutte queste regole si preventivare effetti collaterali, non desiderati e non voluti
dovranno
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L’inserimento del secondo cane in famiglia Enrica Campostano, Istruttore Centro Studi del Cane Italia Luca Rossi, Direttore Tecnico Centro Studi del Cane Italia Pubblicato su “CANI” – Ed. Olimpia 02/2006
Ho la fortuna di vivere con il mio “primo” cane, una terranova dolcissima di nome Ollie, un intenso rapporto “d’amore” che dura da quasi 15 anni! Sono felice e fortunata per tutto ciò… ma so che non potrà durare in eterno; un anno e mezzo fa, quindi, decisi che era giunto il momento di inserire il “secondo” cane nel nostro branco, prima che il cucciolo diventasse soltanto il sostituto della mia “prima” e amatissima compagna. L’acquisto del secondo cane fu preceduto da un autentico esame di coscienza che mi portò ad approfondire le mie conoscenze rispetto al mondo cinofilo; desideravo evitare di ripetere errori che, oggi lo so con certezza, commisi durante la mia prima esperienza di proprietaria. Decisi dunque che avrei frequentato il corso per Allievi Istruttori del Centro Studi del Cane Italia, senza sapere che quell’esperienza, avrebbe cambiato fortemente la mia vita anche dal punto di vista professionale. Ero molto desiderosa di conoscere finalmente il CANE , questo animale per tutti così “ovvio”!! Volevo sapere cosa fosse giusto dare e pretendere dal mio fedele amico, come poterlo rendere felice, come poterlo gestire in ogni circostanza ed instaurare una relazione gratificante per entrambi e mai priva di rispetto e di sentimento. Appresi così che l’inserimento del secondo cane non avrebbe dovuto in alcun modo turbare gli equilibri in corso tra me, capobranco, e la vecchia Ollie: lei era e sarebbe rimasta la mia “seconda in grado”. Per facilitare concretamente l’inserimento del secondo cane, cucciolo o adulto che sia, è opportuno avere ben presenti pochi ma determinanti concetti . In primis, l’incontro tra il “branco- famiglia” ed il nuovo cane deve essere gestito come un evento intimo. Niente amici e parenti: per loro ci sarà tempo poi. E’ consigliabile inoltre che l’incontro tra i due cani avvenga in uno spazio neutro; sarà buona norma, dopo aver “prelevato” il cucciolo ed esserci lasciati “contaminare” dal suo odore, farci annusare dall’altro cane in modo che possa stabilire un primo importante contatto olfattivo. Durante questi momenti, resteremo sempre in silenzio, cercando di contenere le legittime emozioni per non trasferirle ai cani e creare inutile eccitazione. Dopo aver salutato il primo cane, andremo a prendere il cucciolo; lo metteremo a terra e concederemo all’altro cane di ispezionarlo e di mostrargli la sua dominanza; naturalmente vigileremo su questo rituale controllando che tutto si svolga in situazione di sicurezza. Facilmente, dopo pochi minuti di minuziosa ispezione, il cane adulto si allontanerà e si dedicherà ad altro.
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Normalmente, quando i cani sono ben socializzati, i soggetti adulti riconoscono i cuccioli ed hanno nei loro confronti un atteggiamento estremamente tollerante. Basti pensare che, nei branchi, quando i giochi fra cani giovani diventano troppo irruenti, c’è sempre un adulto regolatore che interviene per riportare la calma nel gruppo. Una volta formalmente inserito il secondo cane nel nostro branco, sarà nostra premura “celebrare” dinnanzi ad esso la posizione di rango superiore del cane anziano durante tutte le occasioni che determinano quotidianamente la scala gerarchica. Al momento dei pasti, per esempio, il cucciolo riceverà la sua ciotola solo dopo che quella del cane anziano sarà stata messa a terra e dopo che l’altro cane avrà cominciato a mangiare; tornando a casa dal lavoro, le prime carezze saranno destinate al primo cane e, solo in seguito, la nostra attenzione si rivolgerà anche al secondo. Tutto questo per far sì che il cucciolo venga inserito nel suo nuovo branco percependo un ambiente sociale caratterizzato da armoniosa dominanza. Ciò premesso, sarà altrettanto importante impedire al cane giovane di trascorrere tutto il suo tempo assieme all’altro cane. Quando i cuccioli vengono adottati dai nuovi proprietari, si interrompe la loro “relazione primaria” con la madre; se avremo adottato il nostro cane rispettando i tempi giusti, (ovvero tra il 55° e il 60° giorno di età) la cessazione del rilascio del feromone di appagamento, che avviene proprio in quei giorni, avrà reso meno traumatica la separazione tra la madre ed il cucciolo. Di conseguenza sarà molto importante facilitare la relazione secondaria che il cane è pronto a sviluppare, orientandola verso di noi e non verso l’altro cane. Sarà nostra premura quindi favorire momenti di gioco e di coccole esclusivi, tra noi ed il nuovo cucciolo, di modo che si rafforzi fortemente il legame con il suo proprietario. Il cucciolo dovrà pensare che tutte le “cose più belle” sono proposte dal suo nuovo capobranco bipede; ciò non significa che i nostri cani dovranno vivere separati ma semplicemente significa che i proprietari dovranno riservarsi la paternità di tutte quelle iniziative (gioco, cibo, coccole) che li renderanno estremamente significativi ed interessanti agli occhi del nuovo arrivato. In occasione dell’inserimento di un secondo cane, specie se cucciolo, cercheremo inoltre di sfruttare al massimo, a nostro vantaggio, il processo di apprendimento sociale studiato da Bandura. Questo sistema di apprendimento avviene per imitazione ed in quanto emulativo si definisce anche vicariante. Pertanto, se il nostro “primo” cane ci considera un buon capo branco, facilmente anche il cucciolo, osservando il cane adulto , si porrà sulla sua stessa “lunghezza d’onda” e si “setterà” rispetto alla percezione sociale ed alla gerarchia vigente nel suo branco. Più semplicemente potrà anche accadere che il nostro secondo cane, per imitazione o allelomimesi del primo, impari, per esempio, a sporcare dove sporca l’altro cane o ad eseguire un esercizio al campo di addestramento perché lo ha visto fare al suo compagno. Quando avremo deciso che un solo cane non ci basta più, dovremo inoltre porci un altro importante quesito: di che sesso sarà il nuovo arrivato? E’ decisamente più facile, gestire cani di sesso opposto. Nel caso invece optassimo per animali dello stesso sesso, tra più femmine o più maschi, normalmente quest’ultima opzione è quella più difficile.
Infatti i nostri cani, specie se maschi, potrebbero in particolari occasioni decidere di sfidarsi per contendersi il posto più alto della loro scala sociale cospecifica, posto che, come già detto, il ruolo di capo branco dovrà essere sempre ben saldo nella nostre mani. Se per ipotesi, il “secondo” cane ormai non più cucciolo, insidierà quello più anziano relativamente alla sua cuccia o alla sua ciotola, sarà preferibile che la “querelle” venga risolta tra i due solo se il proprietario non è presente oppure, anche se presente, non percepito come tale dal branco. In caso contrario, invece, il proprietario dovrà intervenire in qualità di capo branco ed inibire le espressioni di dominanza, ristabilendo l’ordine gerarchico. 145 145
Tuttavia, relativamente ad eventuali episodi di aggressività all’interno del nostro branco, riflettiamo su quanto segue: l’aggressività è per il cane un comportamento naturale, ovvero riconosciuto da quella scienza, l’ etologia, che studia il comportamento animale in natura. Il cane è un predatore notturno e le sue espressioni aggressive si riferiscono alle sequenze comportamentali che regolano la sua vita. Non è corretto quindi definire “cattivo” un cane che esprime aggressività od imputare a quell’espressione comportamentale un connotato “morale”. In contesti in cui le posizioni gerarchiche venissero messe in discussione e l’ aggressività da dominanza dovesse essere agita, la situazione sarà normalmente poco pericolosa in quanto, tra soggetti ben socializzati, la sequenza comportamentale sarà caratterizzata da una marcata fase di segnalazione, detta appetitiva, e si placherà di norma con la sottomissione o l’allontanamento del cane contendente. Detto ciò, ritengo importante proporre una riflessione, in virtù del nostro senso civico e della buona educazione cinofila che vorremmo appartenesse a tutti i proprietari di cani. Un proprietario responsabile, che non sia necessariamente un Istruttore, un Allevatore, un Atleta di discipline Cinofilo Sportive, dovrebbe sapere che c’è una grossa differenza tra l’avere un cane solo o più di uno, indipendentemente dagli ovvi motivi economici relativi a cure e mantenimento. Succede, a volte, che alcuni proprietari che hanno cani iperattivi, poco e/o male educati, decidano di acquistare un secondo cane pensando che la compagnia che potranno farsi ed il gioco sarà risolutivo di alcune spiacevoli situazioni: nulla di più inverosimile. Come abbiamo avuto modo di dire, facilmente il secondo cane si regolerà osservando il primo e di conseguenza… la dove c’era un solo problema, ce ne saranno due. Padrone avvisato… cane salvato, forse, da un’ingloriosa fine in un canile!
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Calma Tranquillità ed Equilibrio grazie al Clicker Training a cura di Luca Rossi - pubblicato su “CANI” – Ed. Olimpia 06/2006
Le espressioni aggressive dei Cani sono materia di studio da diversi anni ma negli ultimi tempi hanno assunto bizzarre connotazioni legali a seguito dell’applicazione del tanto discusso decreto elaborato dall’ex Ministro della Sanità Sirchia. Le espressioni aggressive nei cani hanno un loro “senso etologico”; fanno parte naturalmente dell’etogramma specie/specifico che
caratterizza
il
cane
quale
predatore
notturno.
Tuttavia
tali manifestazioni, che
sfuggono dal controllo dei Proprietari, possono creare problematiche relazionali e danni fisici alle vittime delle aggressioni canine. La conoscenza del Cane e dalle sua Mente consente ad allevatori e proprietari di allevare l’amato Fido, con sempre maggiore consapevolezza e capacità, affinché venga garantito un equilibrato sviluppo psicologico e sociale dei cani. Tuttavia, alcune forme di aggressività ed irascibilità, possono presentarsi durante lo sviluppo e la maturità dei quattro zampe. Ci sono diversi approcci per trattare l’aggressività dei cani: in queste righe si contempla una delle vie di trattamento delle espressioni perniciose, ovvero l’utilizzo del cliker trainig. Questo sistema ha tra i principali vantaggi il fatto che si basa contemporaneamente sia sui principi del condizionamento classico, che su quelli del condizionamento operante per riuscire a “desensibilizzare” e "rieducare" i cani con espressioni problematiche. Utilizzando il clicker e premiando il cane in un ambiente avverso, non solo si riesce a cambiare l'associazione emotiva del cane rispetto a quel determinato con ambiente (condizionamento classico), ma si può inoltre sottolineare, con positività, ogni decisione corretta
che
il
cane
prende
mentre
esso
"opera"
e
si
relaziona
con
l'ambiente
(condizionamento operante).Un altro vantaggio è rappresentato dal fatto che il suono del clicker vuole significare sempre la medesima cosa. Quando il cane sente “click”, esso
ha la
precisa percezione che quella determinata azione lo ha condotto alla gratificazione. Il Suono del Clicker è in grado di selezionare con estrema precisione anche piccoli segmenti di azione. Ad esempio, un cane aggressivo, prima di assumere posture di minaccia verso un interlocutore, prende un respiro. Con il Clicker si può “fissare” proprio quel “frame di comportamento”; si ha è
il
primo
passo
così
verso
la
modo di segnalare con il clicker questo comportamento, che calma.
Ecco
che
il
Clicker
diventa
lo strumento
che
consente di dipanare matasse comportamentali e selezionare ciò che funziona da ciò che conduce ad un vicolo cieco e non porta ad alcun risultato. Il comportamento insegnato con il Clicker ha la tendenza ad essere indelebilmente inciso sia nella mente dell'animale che in quella dell’insegnante. Non viene facilmente dimenticato e si stabilizza nella memoria del soggetto operante. Il comportamento insegnato con il Clicker, diventa rapidamente il "comportamento di default" di un animale. Quando un animale è in uno
stato
d'animo
incerto, esibisce un comportamento insegnato con il clicker più
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frequentemente rispetto a quei comportamenti appresi attraverso un addestramento basato sul rinforzo negativo (sospensione di uno stimolo avverso). Questa considerazione è veramente molto importante e deve far riflettere i Proprietari di Cani che a volte, nel tentativo di
calmare il cane, urlano o lo stiracchiano al guinzaglio pensando erroneamente
che questo sia il metodo corretto per ristabilire la calma. L’applicazione del concetti del Clicker Training e lo sviluppo dei protocolli didattici applicati dalla Direzione e dagli Istruttori del Centro Studi del Cane Italia, porta ad una affermazione certa: “Un “click” applicato con tempismo al momento giusto calma fisiologicamente il cane.” È possibile che il suono del clicker, sia non solo fisiologicamente calmante per il cane, ma lo sia anche per il Proprietario. Il conduttore di un cane che presenta risposte aggressive è già di per sé preoccupato del comportamento del proprio animale. I Proprietari di cani irascibili sentono un elevato grado di tensione e stress; la passeggiata quotidiana, inoltre,
rappresenta una
occasione di innalzamento dell’irritazione reciproca. Il Proprietario, invece di esibire tensione e paura, può selezionare e sottolineare con un click e con un premio i comportamenti caratterizzati da calma, tranquillità ed equilibrio. I cani fanno affidamento sulla struttura di accoglienza che ogni Proprietario allestisce per loro: la consapevolezza di essere inseriti in un banco/famiglia e di aver garantito giaciglio ed alimentazione, porta il cane ad acquisire un regime iniziale di sicurezze che sono la base per l’istituzione di un corretto rapporto di intesa con il Proprietario. Tuttavia, frequentemente ciò non basta. Affinché tutto vada bene, è necessario istituire una sorta di regolazione comportamentale che insegni ai Cani a
comunicare con il Proprietario. Quando non viene
data ai cani alcuna istruzione e/o nessun limite, essi proveranno a sperimentare diversi comportamenti
per scoprire quali saranno le conseguenze. I nostri animali cercano
semplicemente di ottenere delle informazioni. Noi esseri umani siamo uguali: quando ci troviamo in un ambiente sconosciuto e siamo circondati da persone
straniere che non
parlano la nostra lingua, cerchiamo anche informazioni che ci aiutino a capire. I cani entrano nella casa di una nuova famiglia, non parlano la lingua dei loro proprietari e non hanno alcuna idea di che cosa i loro proprietari si aspettano da loro; non possono infatti sapere come si vive in una famiglia umana. A loro deve essere mostrato quali sono i comportamenti giusti, appropriati, in modo che li possano comprendere. La cosa più importante che dobbiamo insegnare ai
nostri
cani, se esibiscono un
comportamento aggressivo, è imparare a rispettare tutti i membri della famiglia. Per prima cosa abbiamo bisogno di stabilire una struttura relazionale e per farlo possiamo utilizzare la gestione domestica ed agire con il Clicker per comunicare i Comportamenti giusti e selezionarli. In secondo luogo, abbiamo bisogno di stabilire un vocabolario comune con i nostri cani; per questo, l'addestramento con l’utilizzo dello stimolo segnale, consente al cane di percepire chiare informazioni ed esprimere il comportamento associato a tale stimolo.
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L’Intelligenza del Cane
a cura di Luca Rossi – Pubblicato su “CANI” – Ed. Olimpia 06/2005
Da sempre etologi e studiosi del comportamento hanno dibattuto sull’intelligenza del cane. La visione meccanicistica del fedele amico, non riservava ad esso possibilità di pensiero e riflessione, mentre la psicologia cognitivista riconosce al cane capacità di discernimento e facoltà di intendere. Ma cosa significa essere intelligenti? Il dizionario etimologico italiano definisce in questo modo il termine intelligenza: “Facoltà ed attitudine di intendere prontamente, l’atto del comprendere e distinguere, cognizione, spiegazione”. Difficile adattare questa definizione di “intelligenza” al cane. Secondo la mia personale visione, per cercare di capire e definire l’intelligenza del cane, è necessario evidenziare altri due parametri, che sono: Le Capacità di Apprendimento ed il Tasso di Addestrabilità. Per capacità di apprendimento si intende la possibilità che un animale ha di fare proprio, di assimilare. Pre-requisito fondamentale per l’apprendimento è quindi la memoria. Senza avere la possibilità di memorizzare, non si ha apprendimento. Per addestrabilità, si intende la capacità del cane di esprimere un comportamento successivo ad una parola di comando, espressa dal proprietario. Tutto ciò implica una stretta relazione a due, dove diventano importanti la dipendenza affettiva, la socialità il rispetto e la relazione gerarchica. Nell’analisi dell’addestrabilità dei cani, entrano in gioco caratteristiche soggettive, come ad esempio la docilità e la socialità. Un cane docile, cioè che accetta spontaneamente l’uomo come capobranco, è maggiormente addestrabile di un cane indocile. Un soggetto ben socializzato e che cerca il contatto con il proprietario, ha un tasso di addestrabilità più elevato di un cane schivo, riservato e che non desidera contiguità. Anche il gatto è caratterizzato da grandi capacità di apprendimento, ma la sua addestrabilità è limitata. Il polpo e la piovra marina, hanno grandi capacità di apprendimento, si sanno mimetizzare tra le mangrovie e diventano del colore della roccia sui fondali marini, poi attuano le loro strategie nel pascolo e nel procacciarsi il cibo. La loro addestrabilità è pari allo zero!!!!! Ritengo che i cani più “intelligenti” siano quei soggetti che hanno tradizioni nel lavoro a stretto contatto con l’uomo. I fedeli amici “selezionati” per scopi ed utilizzi definiti, sono caratterizzati da memoria di razza ed esprimono in modo attitudinale performances, “intelligenti”. Peculiarità del cane da lavoro è saper cooperare con il proprietario. Alcuni cani nelle loro espressioni comportamentali, stupiscono i padroni; ci sono soggetti che dimostrano “conoscenze a priori” e che si esprimono in modo quasi “geneticamente preprogrammato”. Tutto ciò è spesso ricollegato ad espressioni istintive o a memoria di razza, che molto frequentemente conducono il cane a comportamenti “giusti” secondo la situazione che si presenta. Molto spesso se si è attenti osservatori, si possono notare in alcuni soggetti attenti e vivaci, capacità intuitive che favoriscono l’espressione comportamentale pertinente alla situazione ed allo stimolo ricevuto. Il carnivoro predatore è sicuramente piu’ “intelligente” dell’erbivoro. Il predatore attua strategie, agguati, appostamenti, attese, tutto ciò è funzionale per la sopravvivenza. I cani che sono ritenuti piu’ “intelligenti” coniugano alte capacità di apprendimento ad alto tasso di addestrabilità. Ecco spiegato perché ci sono cani che apprendono facilmente e cani che invece fanno fatica. Il tasso di addestrabilità è anche fortemente influenzato da chi insegna e da come insegna. Un bravo istruttore moderno dovrebbe conoscere le strategie pedagogiche relative ai condizionamenti dei comportamenti, conoscere le teorie di “condizionamento degli Stimoli/Segnale” studiati da Pavlov, quelli di “prove ed errori” studiati da Skinner e l’apprendimento per “emulazione e sociale”, studiato da Bandura. Un ruolo importante lo gioca la ripetizione di un esercizio. Per un Border Collie,ad esempio, per apprendere una parola di comando ed esprimere il comportamento richiesto occorrono tre ripetizioni, per un terrier sono necessarie almeno quindici repliche. E’ da considerare che la specie canina è caratterizzata da un notevole dimorfismo, si pensi alla diversità somatica tra un Chihuahua Messicano ed un San Bernardo, ma non è da sottovalutare il fatto che, ciò che può essere importantissimo per un Terrier, può essere pressoché insignificante per un Grande Molosso. 149 149
La chiave di comprensione dell’apprendimento dei cani è strettamente collegata con gli aspetti motivazionali. Saper motivare un cane nello svolgere un determinato esercizio non è sempre facile. Bisogna avere “stoffa”. Ci sono proprietari di cani che non saprebbero motivare un topo all’interno di un magazzino di formaggio!!!!! Parametri di Addestrabilità: Alcune razze canine mostrano, dalle classifiche risultanti dalle prove di lavoro cui sono sottoposte, come “difesa", "agility", "obbedience", "working test", "prove di caccia", un diverso tasso di addestrabilita'. Per condurre un'analisi sulle possibilità' addestrative, è bene conoscere tre parametri di accertata importanza come: 1° DIPENDENZA AFFETTIVA 2° SOCIALIZZAZIONE 3° CURIOSITA' DIPENDENZA AFFETTIVA: con queste due parole s'intende definire l'attaccamento che il cane ha nei confronti della madre (affezione primaria), dei fratelli, della tana prima, e del padrone (affezione secondari), dei membri della famiglia e della casa poi. SOCIALIZZAZIONE: individuazione di partner sociali disponibili siano essi facenti parte della specie canina o appartenenti ad altre specie (es. l'uomo). Il cane, nel suo relazionare, si pone socialmente ad altri cani, persone ed animali. CURIOSITÀ: ha lo stesso significato che ha per l'uomo, in altre parole l'essere curioso. Il cane sviluppa attività esplorativa attivandosi mentalmente. I molossoidi possiedono una buona dipendenza affettiva tant'è che si mostrano molto legati al padrone, alla mamma, alla casa, ma normalmente hanno una carente socializzazione, accompagnata da scarsa curiosità. I retrievers possiedono una dipendenza affettiva buona, un'alta socialità ed una curiosità accentuata. I parametri si bilanciano nel Pastore Tedesco, Border Collie e nel Barbone (che è un lupoide nonostante il pelo) dove si può riscontrare un tasso d'addestrabilità altissimo. I cani, appartenenti alle razze citate, si presentano per loro natura, disposti docilmente verso il proprietario. Essi sono normalmente sensibili nei confronti del padrone, e trasmettono un'immediata sensazione di "intelligenza". Nella relazione con la famiglia mostrano una notevole presenza e sono attenti e vigili. Molto spesso quando ho l’opportunità di ascoltare proprietari che parlano dei loro cani, rimango silenzioso, ascoltando attentamente. Personalmente ritengo che ogni relazione tra cane e padrone riservi particolarità originalissime ed a volte straordinarie. Con molta frequenza in questi discorsi tra proprietari, si sente definire in modo differente l’intelligenza del cane. Alcuni proprietari rimangono esterrefatti dalle capacità che il cane mostra di anticipare le intenzioni del padrone, riservando all’amato Fido straordinarie attitudini ad intendere ed a percepire eventi con singolari capacità extrasensoriali, mentre altri definiscono il proprio cane idiota ed ottuso. Ritengo importante, proprio per cercare di definire maggiormente “l’intelligenza dei cani”, differenziare la capacità d'apprendimento, dall’addestrabilità. Frequentemente questi due parametri sono confusi o addirittura considerati simili. Per capacità d'apprendimento s'intende l’attitudine ad assimilare e fare propria un'esperienza, memorizzandola. L’esperienza memorizzata, può condizionare, in futuro, il comportamento del soggetto. 150 150
Gli animali, apprendono anche senza che il padrone si ponga didatticamente. Essi imparano ad esempio ad evitare luoghi reputati insicuri ed a frequentare territori, dove sono presenti fonti di sostentamento, come ad esempio, il cibo. E’ l’esperienza della vita stessa che insegna. Cari lettori non dimenticate “l’intelligenza” che dimostrano giornalmente i cani randagi, furbi e scaltri, attivi e dinamici: loro sanno come districarsi nel caos quotidiano delle metropoli, sanno dove attraversare le strade evitando pericoli, sanno dove procacciarsi il cibo e vivono in uno stato di “tollerante non belligeranza”, perché il litigio conduce spesso a premorienza. Meglio evitare!!!!! Le capacità di apprendimento sono favorite da precoci stimolazioni attuabili nei periodi sensibili sui cuccioli. Gli aspetti della formazione della corteccia cerebrale ed il “fissarsi” delle sinapsi nel Sistema nervoso Centrale con una conseguente buona omeostasi sensoriale, caratterizzano la stabilità emotiva e per induzione, le capacità di apprendimento e la capacità di superare lo stress in breve tempo. Per addestrabilità, s'intende la capacità che i cani hanno di memorizzare alcuni comandi, e di rispondere con comportamenti ben definiti e codificati. Diventano importanti gli Stimoli/Segnale che hanno il compito di “evocare” la risposta corretta. Normalmente, un cane ad altissima addestrabilità, possiede altre caratteristiche, come ad esempio docilità e socialità con l’uomo. La capacità d'apprendimento invece, non richiede nessuna di queste caratteristiche caratteriali. Il gatto, ad esempio, è un animale con buone capacità d'apprendimento, mentre la sua addestrabilità è più bassa rispetto a quella del cane.. Il felino domestico, non è docile quanto invece lo è il cane. Le tigri, ad esempio, sono animali che hanno alte capacità d'apprendimento, ma basso tasso di addestrabilità, ecco perché il domatore entra con punzone e frusta nella gabbia nel parterre del circo. Tra il panorama di razze ai nostri giorni disponibile, ve ne sono alcune con elevate capacità d'apprendimento e grande addestrabilità, come ad esempio il Border Collie, l’Australian Shepherd Dog, l’Australian Cattle Dog, il Barbone, il Pastore Tedesco, il Golden, il Labrador. Altre razze invece, hanno buone capacità d'apprendimento ma tasso di addestrabilità inferiore, come il Siberian Husky, il Levriero Afgano, il Basenji, il Buldog, il Chow Chow. Il cane possiede un tipo d'intelligenza definita istintiva, dove l’animale manifesta comportamenti e qualità che sono preprogrammate nel suo codice genetico. La capacità d'apprendimento è la qualità che consente al cane di acquisire esperienze durante la sua vita sviluppando nuove associazioni. Le differenze tra i vari gruppi di razza sono ciò che ha voluto l’uomo, la selezione, il compito a cui li hanno affidati nei decenni. Quindi, cari lettori, prima di definire “stupido” il cane di casa, scaviamo nella sua memoria o nelle sue tradizioni di razza. Ciò che a noi può sembrare “stupido”, per il nostro amico può essere funzionale.. e ciò che può sembrare per noi essenziale potrebbe essere nulla per un cane la cui selezione a puntato a tutt’altro..
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Come comunicare con i cani… e farsi capire! A cura di : Enrica Campostano Istruttore cinofilo - Luca Rossi Direttore Tecnico Pubblicato su “CANI” – Ed. Olimpia 07-08/2005
Ho sempre preferito le persone che quando mi parlano mi guardano negli occhi: ho l’impressione così di poter meglio arrivare all’essenza di ciò che mi stanno dicendo e, facendo a mia volta la stessa cosa, contribuire alla costruzione di una più profonda e reciproca comprensione. Allo stesso modo ricerco questo contatto anche quando mi relaziono ai miei cani e l’intensità di quegli sguardi non solo vale più di mille parole ma riesce ad innamorarmi ogni volta. Quando ho frequentato il corso Allievi Istruttori del Centro Studi del Cane Italia, la comunicazione visiva, ovvero il contatto tra lo sguardo del cane e del suo padrone, ci è stata indicata come condizione indispensabile per instaurare un buona relazione “cane-padrone” ed avviarsi con successo verso un’ottima intesa. I proprietari più attenti avranno certamente imparato con il tempo ed un’amorevole osservazione a decodificare atteggiamenti, rituali, vocalizzi e posture dei propri amici a quattro zampe: i movimenti della coda, delle orecchie, gli inchini giocosi, piuttosto che abbai, ringhi sommessi o festosi uggiolii sono rivelatori dei loro desideri e stati d’animo. E’ altrettanto importante, tuttavia, essere in grado di farci capire a nostra volta da loro non soltanto a scopo educativo ma anche al fine di aiutarli a gestire le proprie emozioni. Se la relazione instaurata è buona, ed il cane sufficientemente docile, sarà spontaneo per lui riconoscerci il ruolo di capo branco ed accettare quello di gregario: ciò significa che il cane sarà ben disposto ad attenersi e rispettare le indicazioni che di volta in volta gli proporremo. Ma come possiamo fare affinché tutto ciò accada davvero? Ogni volta che “parliamo” al cane, innalziamo automaticamente il suo livello di attenzione nei nostri confronti : a questo proposito è necessario sottolineare che , in quanto esseri umani, il nostro sistema primario di comunicazione è la voce e quindi l’uso della parola e l’attivazione dell’udito. E’ altresì innegabile che per gli essere umani i suoni del linguaggio sono piuttosto arbitrari: non esiste un gruppo di parole che abbia lo stesso significato per tutti i membri della nostra specie; suoni differenti in lingue differenti possono voler dire la stessa cosa così come facilmente al medesimo oggetto corrisponderanno altrettanti suoni tutti diversi tra loro a secondo dell’idioma. Se per esempio, la parola “cane” verrà compresa da un numero relativamente ristretto di esseri umani riferibile a coloro che conoscono l’italiano, la stessa parola sarà soltanto un suono per un altro essere umano che vive, per esempio, in Francia: figuriamoci dunque quante probabilità ci sono che il nostro compagno quadrupede capisca che il suono “cane” si riferisce proprio a lui. Tuttavia, grazie alla memoria e all’esperienza, un certo numero di parole potrà essere ricordato da ogni cane sia per associazione e memorizzazione delle varie situazioni quotidiane ricorrenti che per condizionamento in ambito di educazione e addestramento. In entrambi i casi, comunque, se vorremo che il nostro cane venga dai noi, avremo maggiori possibilità di successo se gli diremo semplicemente “Fido, vieni” piuttosto che “Fido, fai il bravo, vieni subito qui che dobbiamo andare!” Le eventualità che il cane capisca aumenteranno se aggiungeremo al “vieni” un aiuto visivo comprensibile al cane espresso tramite il linguaggio del nostro corpo (detto body language) : diremo quindi “Fido vieni” , con tono gentile e mai urlando, facendo alcuni passi indietro come a “risucchiare” il cane in un cono immaginario che termina davanti a noi oppure, nel caso si tratti di un cucciolo, “accucciandoci” per apparire meno “imponenti” e forse anche meno minacciosi ai suoi occhi. In ogni caso il cane, prima di comprendere il significato della parola, capirà il nostro tono di voce e di conseguenza il nostro stato d’animo: sarà motivato ad andare incontro ad un padrone che esprime dolcezza o gioia , piuttosto che tornare da un padrone che lo sta chiamando con tono arrabbiato o anche solo troppo indifferente.
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Anche la “quantità” delle parole ed il timbro, di voce con il quale le indirizzeremo al nostro cane, contribuiranno a facilitare la comunicazione ed un suo esisto più o meno positivo. E’ pertinente ricordare che in natura il lupo Alfa del branco “si esprime” molto raramente: emette perlopiù ululati a scopo principalmente aggregativo o brevi ringhi e suoni gutturali che hanno funzione di ammonimento per gli altri membri del branco. Al suo interno soltanto i cuccioli e qualche gregario in fondo alla scala gerarchica utilizzano un numero di vocalizzi più esteso in quanto dette espressioni, oltre a denotare insicurezza e timore, confermano il rango inferiore dei soggetti che le propongono. Analogamente un saggio “capo branco bipede” non alzerà mai la voce e, nei momenti cruciali, come ad esempio per mostrare contrarietà rispetto al comportamento del proprio cane, farà uso di un tono secco e perentorio, che non ammetta obiezioni. Urlare è spesso segno di incoerenza e un proprietario che “abbaia” troppo, sarà facilmente considerato dal suo gregario un capo indeciso e poco autoritario: nella peggiore delle ipotesi il cane potrà mettere in discussione l’attribuzione della leadership al suo padrone compromettendo così la realizzazione di un buon rapporto. Il buon capo branco dunque, userà un tono di voce forte soltanto nel caso in cui debba effettivamente segnalare una concreta situazione di pericolo o debba mostrare, con consapevolezza e non sull’onda emotiva, il proprio profondo disappunto. Uno dei metodi più validi e forse inimmaginabili che possiamo adottare per comunicare con il cane è il silenzio, specie se accompagnato da parte nostra con una postura del corpo molto controllata tendente, quando e se possibile, all’assenza di movimento. Il silenzio e la “non calanche” sono molto utili per tranquillizzare il cane che si trovi in uno stato di transitoria agitazione emotiva. Possiamo prendere ad esempio le visite dal veterinario: è facile che in sala d’attesa il nostro cane manifesti preoccupazione e cominci ad agitarsi. Se pensiamo di tranquillizzarlo facendogli coccole, moine e ripetendogli all’infinito che “va tutto bene… stai tranquillo… non succede niente…. ” stiamo sbagliando tutto. In realtà con un simile atteggiamento stiamo rafforzando le sue paure perché il cane avvertirà la nostra ansia (noi siamo agitati nel vederlo agitato) e confonderà le nostre carezze come rinforzi al suo comportamento ovvero penserà che quella che sta vivendo sia un’emozione appropriata al contesto in quanto, non solo condivisa emotivamente dal suo “capo branco” ma addirittura premiata con lodi e carezze. Infine, per meglio comunicare con il nostro cane e con i cani in genere, possiamo attingere informazioni e suggerimenti osservando come lui stesso comunica con i suoi simili , infatti essi non comunicano soltanto tramite i “vocalizzi” : la mimica del muso, il portamento della coda, delle orecchie, il modo in cui si muovono e le posizioni e posture assunte: tutto questo ha sempre un significato ben preciso che può aiutarci a capire lo stato d’animo dei nostri beniamini. E’ utile sapere che i cani ben socializzati hanno la naturale tendenza ad evitare conflitti e impiegano diversi “segnali di pacificazione” per far capire allo sconosciuto, sia cane che persona, che non intendono essere una minaccia; tutti i cani usano i segnali calmanti come parte del loro bagaglio comunicativo, indipendentemente dalla razza, dimensione, sesso o colore. I segnali di pacificazione sono quindi posture che i cani assumono con il preciso scopo di evitare conflitti più o meno rilevanti sia verso altri cani sia verso il proprio conduttore o altri esseri umani; inoltre, alcuni di questi movimenti vengono anche impiegati per calmare se stessi in situazioni di stress. Tra i segnali di pacificazione più facili da osservare ci sono i seguenti comportamenti: (ad opera del cane che invia il messaggio “amicale”) -
sedersi mettersi a terra girare la testa o lo sguardo o entrambi sbadigliare annusare il terreno leccarsi il naso assumere la posizione di “invito al gioco” 153 153
Questi sono solo una parte dei più comuni segnali calmanti, ma possono essere sufficienti per iniziare ad osservare il proprio cane in un'ottica diversa da quanto siamo abituati, per comunicare ad un livello più profondo e riducendo la possibilità di equivoci. Così, nel caso in cui il nostro cane fosse troppo insistente con noi, per esempio nel ricercare la nostra attenzione in un momento poco opportuno, potremmo comunicargli che “non è aria” girando la nostra testa nella direzione opposta a lui se siamo seduti, oppure girando il corpo in posizione opposta alla sua se siamo in piedi; allo stesso modo in presenza di un cane molto eccitato potremmo invitarlo alla calma sedendoci ed indirizzandogli un grande ed evidente sbadiglio. In quanto osservatori ed affezionati proprietari, potremmo affermare che c’è stata comunicazione tra noi ed il nostro beniamino se il “segnale di comunicazione” è stato percepito ed interpretato e quindi se, chi lo ha ricevuto ha risposto modificando a sua volta il comportamento. E’ molto importante che i proprietari di cani imparino a leggere questi segnali. Essi ci dicono molto sullo stato emotivo del cane e ci possono aiutare a prevenire inconvenienti dovuti da una cattiva o mancata lettura dei messaggi che il cane emette. All’interno delle Vacanze con il Cane organizzate dal C.S.d.C. Italia e dirette da Luca Rossi, un’ampio spazio è riservato allo studio del comportamento intraspecifico e interspecifico dei cani e all’ interpretazione dei segnali di calma. Gran parte di essi sono la chiave di lettura di quelli che troppo spesso vengono chiamate “reazioni impreviste” dei cani. Il cane comunica le sue intenzioni: spesso siamo noi a non capirlo.
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La relazione cane e padrone: la leadership a cura di Cecilia Marchesini, Istruttore, Centro Studi del Cane Italia; Luca Rossi, Direttore Tecnico, Centro Studi del Cane Italia. Pubblicato su “CANI”- Ed. Olimpia 11/2005
E’ stato come un lampo, inaspettato, che ha squarciato d’un tratto il cielo sopra la mia testa! Era il penultimo giorno della prima settimana del corso per allievi istruttori del Centro Studi del Cane Italia, a fine mattinata… Avevo addosso tutta la stanchezza di un tour di studio estremamente gratificante ma molto impegnativo…., quando ecco che compare sullo schermo in aula una frase: “la linea rossa”, quel principio secondo il quale, attraverso l’esercizio della leadership, ovvero l’instaurazione di regole comportamentali tese alla gerarchizzazione nei branchi, si riesce a calmare e dare sicurezza a quei cani che sono impauriti e che non riescono a trovare un posto sereno nel mondo.”Il MOMO perbacco, il MOMO accidenti, il MOMO evviva!!!” mi trovo ad esclamare. Si evviva, perché finalmente dopo tanto vagare con il mio cucciolone impaurito alla ricerca di qualcuno che mi dicesse come fare per tranquillizzarlo e permettergli di vivere più sereno, ecco che mi si è aperto uno squarcio coloratissimo nel cielo e una gioia profonda ha colmato il mio cuore. Basta meccanizzare, basta ripetere gli esercizi fino alla nausea sia mia che sua, basta con inutili atteggiamenti compassionevoli, basta con tutto questo… che pur mi era stato consigliato da improbabili addestratori… Solo poche regole chiare ed impartite con ferma dolcezza. Non era necessario che io togliessi subito tutti i privilegi accordati al mio cane sino al quel momento….bastava solo intervallarli qualche volta si e qualche volta no e soprattutto mai gratuitamente, ovvero chiedendogli sempre di fare qualche piccolo esercizio prima di acconsentire, anche se sempre più raramente, ed accordargli ancora i suoi tanto agoniati privilegi. Gli permettevo così di fermarsi e PENSARE… sì, pensare a cosa gli stavo chiedendo, a cosa desideravo da lui e metterlo in condizione di non sbagliare accrescendo così in lui l’autocontrollo e la sicurezza. Era necessario costruire assieme sequenze di lavoro mirate e specifiche, esercizi orientati all’autostima, alla consapevolezza corporea, allo sviluppo cognitivo e all’instaurazione di un corretto rapporto gerarchico: la leadership . Il vocabolario italiano attribuisce il seguente significato al verbo EDUCARE: ex-ducere ovvero portare fuori risorse innate, cioè contenute nel bagaglio etologico, accrescendo altresì le facoltà intellettuali. Tali risorse permettono infatti di relazionarsi correttamente con altri soggetti conspecifici e con le persone, consentono di adattarsi più facilmente a situazioni pressanti e di sfruttare al meglio le proprie capacità cognitive ed emotive. L’umanizzazione eccessiva del cane, e talvolta veri e propri rapporti conflittuali e competitivi, portano spesso all’instaurarsi di problemi nell’ambito della gerarchia del brancofamiglia. Molte persone pensano che educare un cane voglia dire punirlo, sottometterlo o dominarlo con la forza, ma questo concetto è appannaggio di vecchi modelli di training. Dunque, più che parlare di dominanza o sottomissione di un cane in una famiglia umana, è utile riflettere sulla capacità di controllo dei padroni nei riguardi di quelle che sono le risorse più importanti per il cane: il cibo, lo spazio, il gioco ma anche e soprattutto la possibilità di interagire con i padroni stessi. Educare è un esperienza profonda attraverso la quale si crea un forte legame tra due esseri viventi, ma richiede indiscutibilmente una condizione: la consapevolezza del proprio ruolo. Bisogna inoltre tener presente che un corretto rapporto con l’animale , che non dia adito a fraintendimenti ed insicurezze, è fondamentale in tutte le situazioni. Molto spesso le persone 155 155
si sentono in difficoltà all’idea di dover dimostrare al loro cane di essere in grado di controllare le varie situazioni. Il nostro cane invece ha bisogno di sapere che è parte della nostra famiglia e che in essa ha un ruolo. Le principali difficoltà nell’educare il nostro cane stanno anche nel fatto che parliamo una lingua diversa; è nostro compito però, cercare di trovare quegli strumenti che ci consentano di comunicare in modo efficace, ovvero un vocabolario comune, fatto di verbale e paraverbale, così da riuscire ad instaurare una sana e corretta collaborazione. Ulteriore presupposto fondamentale dell’educazione in generale è la motivazione, cioè quell’ insieme di processi interni reversibili responsabili del cambiamento del comportamento. Se non c’è la volontà di apprendere, ma soprattutto se non ci mostriamo ai nostri cani come capi coerenti e quindi degni di rispetto, non ci rimarrà che la costrizione ed otterremo sicuramente risultati mediocri. Ritengo che, per riuscire ad instaurare un rapporto etologicamente corretto con il proprio cane, non si debba transitare nè nell’antropomorfismo nè tanto meno in atteggiamenti vessatori autoritari, che nulla hanno a che fare con l’autorevolezza che il nostro animale ci richiede per poter trovare la sua collocazione gerarchica all’interno della famiglia. Ecco che bisognerebbe, forse, cominciare a pensare al cane come animale e come tale dotato di dignità, differente dalla nostra, in quanto fondata su esigenze e modalità di comportamento diversi. I rudimenti della gerarchizzazione vengono appresi dai cuccioli durante il periodo di socializzazione, sia rapportandosi tra di loro attraverso il gioco, sia con la madre sempre pronta a sedare le risse troppo accese o gli atteggiamenti indisciplinati. L’attività ludica è senz’altro tra i metodi più efficaci per educare il nostro cane; tuttavia, non è bene lasciare che il cane cessi per primo di giocare con noi: infatti noi, in qualità di capobranco, siamo i detentori del controllo delle iniziative. E’ tra le prerogative assolute del buon leader decidere quando dedicarsi al gioco e quando interromperlo dettando così i tempi dell’inizio e della fine delle sequenze. Queste metodiche servono per costruire, e a volte ricostruire, l’asse portante del nostro rapporto con il cane , la LEADERSHIP. Come abbiamo già detto, la leadership l’insieme di regole dettate dal capo che permettono al nostro cane di trovare la collocazione gerarchica all’interno del nostro branco famiglia. Ciò che è indispensabile per ogni cane è di avvertire la COERENZA da parte del suo leader ed è altresì importante sottolineare che il rispetto del cane va raggiunto attraverso la nostra dimostrazione, nella sua lingua, di AUTOREVOLEZZA e non di autoritarismo; infatti se osserviamo in natura, la violenza fine a se stessa non viene praticamente mai agita. E’ opportuno enunciare di seguito i comportamenti “chiave” indispensabili per ottenere un rapporto armonioso con il nostro beniamino. PRENDERE LE DECISIONI per il branco ovvero mantenere nelle mani del leader il potere decisionale rispetto alle direzioni (condotta al guinzaglio), al controllo delle iniziative (start e finish nel gioco, nelle coccole…) RISOLVERE I PROBLEMI ovvero mostrarsi sempre coraggioso e fermo nelle decisioni. Quando un cane mostra paura e diventa insicuro, è sbagliato attuare atteggiamenti compassionevoli ; è invece opportuno mostrarsi risoluti nel voler risolvere il problema e incoraggiare il cane ad affrontarlo insieme a noi, affidandosi alla nostra tutela. DIMOSTRARE AFFETTO ED ATTENZIONE: le carezze e le coccole rafforzano la coesione nel gruppo e questo infatti avviene anche in natura, ma il capobranco deve far attenzione a mantenere il controllo dell’iniziativa anche in questa occasione. 156 156
ESSERE PROPOSITIVI: il leader ha la prerogativa di decidere ma deve altresì essere foriero di iniziative. Ecco che allora è necessario e molto piacevole sperimentare con il proprio cane giochi nuovi, passeggiate in posti mai esplorati prima, dare dei piccoli problemi da risolvere come ad esempio nascondere del cibo o il gioco preferito sotto un birillo o dentro ad una scatola, ed osservare come il cane si attiva per trovare la soluzione. Tutte queste situazioni hanno molteplici risvolti positivi: 1)ci rendono interessanti agli occhi del nostro cane che ci vedrà sempre nelle vesti di qualcuno che porta situazioni divertenti. 2) attivano la mente del cane alla ricerca delle soluzioni possibili di fronte ad un problema, e questo gli servirà sia per mantenersi attivo mentalmente ma anche per rinforzare l’autostima 3) permettono a noi di conoscere meglio il nostro cane e di farlo crescere equilibrato utilizzando risorse quali la curiosità PRETENDERE : una volta impostati gli esercizi e le regole per il rispetto del ruolo gerarchico, è fondamentale mostrarsi sempre coerente. E’ infatti molto probabile che, spesso, il nostro cane ci metta alla prova ovvero cerchi di mettere in discussione il nostro ruolo: è necessario dunque mostrarsi sempre risoluti e fermi riprendendo il controllo della situazione. E’ evidente quanta pazienza e voglia di imparare sia indispensabile per potersi porre nei confronti nel proprio cane in maniera corretta; ricordiamoci sempre tutte le regole che un buon leader deve rispettare e far rispettare, per mantenere un equilibrio armonioso all’interno del branco- famiglia. Ciò che sembra tanto facile e scontato, ossia avere un buon rapporto con il proprio cane, non è poi così ovvio: molto spesso il troppo amore e l’amore “sbagliato”, possono procurare grossi danni di relazione.
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L’apprendimento nei cani Luca Rossi – Direttore Tecnico del Centro Studi del Cane Italia Pubblicato su “CANI” – Ed. Olimpia 12/2005
Alzi la mano chi, tra gli appassionati lettori di questa rivista, non ha mai desiderato avere un cane obbediente e giudizioso, che abbaia solo al momento opportuno, che non tira al guinzaglio, che non salta addosso a noi e ai nostri amici …. e magari che ci porta anche il giornale, le pantofole o il telecomando!! Effetti speciali….? Miracoli…?? Niente di tutto questo. I nostri desideri sono realizzabili, a costo di determinazione, costanza ed un buon rapporto di collaborazione con il nostro cane ma, prima di tutto, solo e soltanto dopo aver scelto con scrupolo quale tecnica didattica di apprendimento intendiamo proporre al nostro amato Fido. Il Centro Studi del Cane Italia (www.centrostudidelcane.com) utilizza da sempre il così detto “metodo gentile” che, sostanzialmente, fa riferimento a due protocolli didattici: l’addestramento tradizionale, altrimenti detto metodo classico e l’innovativa tecnica del clicker training. Questi due sistemi di educazione partono entrambi da alcune importanti osservazioni e riflessioni di base: l’apprendimento è un processo di origine o modificazione di un comportamento che si verifica in presenza di determinati stimoli e che permane nel tempo. Ciò significa che, in presenza della medesima situazione (stimolo), sarà espressa sempre la medesima risposta comportamentale: ovvero allo stimolo del comando “seduto” , il cane esprimerà sempre il medesimo comportamento, assumendo la postura del “seduto”. Per far si che l’apprendimento si verifichi è necessario che l’ambiente proponga una situazione diversa da quella solita; lo stimolo, inoltre, deve essere connesso in qualche modo alla soddisfazione che trae il soggetto che apprende. In altre parole Fido, lo studente, dovrà essere ricompensato tempestivamente per aver espresso il comportamento che gli abbiamo richiesto. Facciamo però un passo indietro: tecnicamente l’apprendimento può avvenire secondo diverse modalità e più specificatamente per abituazione, per assuefazione e per sensibilizzazione. L’apprendimento per abituazione si verifica quando il cane percepisce uno stimolo esterno che gli induce un comportamento (responso) di norma adattivo. Il Processo di apprendimento per abituazione si verifica quando, ad esempio, il cane percepisce uno sparo improvviso e riesce a gestire convenientemente l’effetto emotivo che lo sparo produce sull’organismo: questa risposta comportamentale potrebbe manifestarsi con un leggero trasalimento, immediatamente seguito dal ritorno al precedente stato di tranquillità emotiva. Tale comportamento-risposta produce nel cane sensazioni positive. Se le variazioni dell'ambiente non sono significative si verifica il fenomeno dell'assuefazione, ossia lo stimolo viene percepito non come se fosse uno stimolo ma, al massimo, come un elemento di disturbo cui non va prestata particolare attenzione. Di conseguenza, lo stimolo che precedentemente aveva suscitato nel cane un comportamento adattivo, a lungo andare non produce più il comportamento che antecedentemente aveva evocato. L’assuefazione agli stimoli conduce dunque all’estinzione di risposte precedentemente apprese. Nel caso appena esposto, relativo alla situazione dello sparo, il cane diminuirà la propria reattività ed agirà con grande indifferenza allo stimolo proposto (lo sparo). Lo stimolo che produce una determinata risposta/responso deve quindi essere significativo per il cane e produrre un esito positivo o altrimenti la sospensione di un esito negativo. Il fenomeno contrario all’assuefazione è quello della sensibilizzazione: se un cane, ad esempio, durante la caccia è stato involontariamente colpito da uno sparo ricevendo così un 158 158
trauma fisico ed emotivo, questi potrà avere una reazione fobica o di panico nell’udire il suono di altri spari o addirittura alla semplice vista del fucile: questa seconda ipotesi è dovuta al fenomeno chiamato “anticipazione emotiva”. L’apprendimento nei cani fa capo a due Teorie fondamentali, quelle associative ovvero a) il condizionamento classico (Pavloviano; b) Le leggi di Thorndike (apprendimento strumentale), c) il condizionamento operante (Skinneriano), d) l’apprendimento sociale (di Bandura) e quelle cognitive, ovvero la teoria di Tolman Secondo le teorie associative la connessione tra stimolo incondizionato, cioè l’evento esterno che modifica la stabilità dell’ambiente in cui il cane si trova, e la risposta, cioè il responso del cane a questo determinato stimolo, è automatico. Ciò significa che esiste un contiguità temporale tra il rinforzo ed il comportamento (risposta) adeguato. Per condizionare un comportamento esistono due strategie; se il comando è “tieni in bocca l’oggetto” sarà possibile condizionare l’esito, ovvero far sì che il cane esegua tale comando, tramite due strategie. La prima è quella del metodo gentile: si presenta al cane il rinforzo positivo, cioè il premio, dopo aver ottenuto il comportamento da noi desiderato ed espresso dal cane per l’ambizione che gli comporta ricevere la gratificazione ; il secondo metodo di condizionamento è il metodo coercitivo, ovvero: l’applicazione di uno stimolo avversativo altrimenti detto rinforzo negativo viene sospesa; un triste esempio di stimolo avversativo è l’utilizzo dei collari elettrici: la sospensione della scossa rappresenta la “ricompensa” per aver effettuato il comportamento da noi richiesto. Desideriamo fortemente sottolineare che Il Centro Studi del Cane Italia utilizza esclusivamente il rinforzo positivo R+ e non i concetti di rinforzo negativo Rcome sospensione dello stimolo avversativo che anzi disapprova. Possiamo dunque affermare che l’apprendimento avviene tramite la modifica di un comportamento oggettivamente osservabile ottenuta mediante adeguati rinforzi: un comportamento si definisce appreso, quando verrà sempre espresso in risposta allo stesso stimolo. Quando ci si pone didatticamente nei confronti del cane, soprattutto all’inizio, è necessario farlo in un luogo tranquillo, privo di disturbi. E’ importante usare sempre la stessa parola di comando: se desideriamo che il nostro cane si sieda decideremo a priori se impartirgli il comando “siedi” oppure il comando “seduto” e una volta deciso non dovremo più modificare la parola scelta. Al comando deve corrispondere una figura mentale, una fotografia che si apre nella mente del cane. Ma come si dipinge questa figura nella sua mente ? Di seguito ecco le diverse fasi che compongono la sequenza didattica di un comportamento attraverso l’utilizzo del metodo classico: 1° Il CONTATTO: si cerca di ottenere l’attenzione del cane, ovvero di entrare in comunicazione con il “watch” (l’azione di guardarsi negli occhi ed entrare così in reciproco contatto); 2° IL CANE ASCOLTA IL COMANDO: si pronuncia sempre lo stesso comando in modo chiaro e possibilmente con tono neutro, ovvero privo di emozione, ad esempio: “seduto”; 3° IL CANE ASPETTA E CERCA DI CAPIRE : se il cane non fa niente perché non conosce il comando sarà necessario dargli un aiuto con il linguaggio del corpo (help). Nel caso del comando “seduto” porteremo la nostra mano sopra la testa del cane come a dare una lieve spinta in avanti e al contempo verso il basso ad un oggetto immaginario posto sopra la sua
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testa; quando il cane avrà linguaggio del corpo.
imparato il comando, potremo
bypassare
l’aiuto con il
4° IL CANE ESEGUE : esegue il comando e si siede; 5° PRIMO PREMIO-LODE: il proprietario impartirà la parola di lode, per esempio la parola “bravo!”. Questa è la prima ricompensa e raggiunge immediatamente il cane. La parola di lode dovrà essere sempre la stessa, pronunciata anch’essa (come il comando) con tonalità neutrale, ovvero senza coinvolgimento emotivo; dovrà evocare nella mente del cane una figura mentale speciale che equivalga, per esempio ad un semaforo verde, ad un OK, ad una approvazione. Il cane capisce che la lode è una cosa positiva perché subito dopo riceverà il premio. 6° SECONDO PREMIO-CIBO O PALLINA: Dopo la parola di lode, arriverà il premio, che dovrà essere concesso con il giusto tempismo. Il premio potrà essere per esempio un pezzetto di cibo (una rondella di wurstel di pollo) e dovrà arrivare dall’alto, dopo essere stato posto vicino alla nostra bocca. Ciò evocherà le modalità di consegna del cibo da parte della madre al cucciolo. 7° FINE: alla fine della sequenza, a comando eseguito, dovrà seguire calma, tranquillità, silenzio, passività; provvederemo in questo modo a chiudere il contatto con il cane. Dopo aver effettuato una sessione di lavoro, è necessario che il cane abbia un momento di riflessione e quindi che resti tranquillo in un luogo che gli consenta di elaborare e fissare nella sua mente quanto appreso. Sarà quindi del tutto inappropriato concedere al nostro cane, per esempio, di giocare con altri cani, con noi o anche da solo. Abbiamo menzionato teorie associative e cognitive: la materia è davvero vasta e molto interessante; tuttavia non sarebbe possibile, in questo contesto, condividere considerazioni ed insegnamenti che resterebbero inevitabilmente poco chiari. Vi invitiamo pertanto a consultare il nostro sito www.centrostudidelcane.com e cercare nella sezione eventi la prossima settimana di studio dedicata alla formazione di istruttori cinofili o, perché no, alla formazione di coscienziosi proprietari.
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One track mind: una sola pista mentale a cura di Luca Rossi, direttore tecnico CSdC – pubblicato su “CANI” Ed. Olimpia 9/2006
Da sempre, le capacità percettivo-sensorie dei cani, hanno suscitato grande interesse. Molti proprietari di cani si domandano come vede l'amato Fido, se in technicolor o in bianco e nero, se ha maggiori o minori capacità visive dell'uomo, per esempio di notte, se sente i suoni a maggiore distanza dalla fonte emittente e su diverse frequenze, quali cibi e gusti preferisce, e tanto altro. Per lo studio dei sensi dei cani, si è paragonata la loro sensibilità sensoriale a quella dell'uomo e a quella degli insetti. Molti studiosi, tramite prove sperimentali svolte in laboratorio ed associate ad osservazioni etologiche, hanno definito e codificato le capacità percettivo-sensorie dei nostri amici quadrupedi. Ma come fa uso, cerebralmente, il cane dei suoi sensi? Il nostri beniamini sono aminali fortemente selettivi, e le loro capacità di concentrazione si ricollegano al senso di eccellenza, attivato durante la situazione contingente. Semplificando, si può affermare che quando un cane sviluppa attività di perlustrazione del terreno "pensa con il naso", cioè l'olfatto diventa il senso di “connessione cerebrale”. Proprio a proposito dell’olfatto, che per il cane è il senso di eccellenza, Fido è definito “animale macrosmatico”; questo aggettivo deriva dal greco ed è composto dalla parola “macro” (grande) e da un derivato del verbo “osman” (odorare, fiutare); il significato è pertanto “animale dotato di grande sensibilità per gli odori. Tornando alla selezione del “senso” utilizzato in una determinata circostanza, pare quindi che gli altri sensi si desensibilizzino e riducano la loro influenza sul comportamento dell'animale. Credo che questa osservazione, in un certo qual modo, possa essere estesa anche all'uomo. Se una gentil signora annusa una rosa ricevuta in omaggio, inspira profondamente e chiude gli occhi in modo preprogrammato. Chiudere gli occhi, in quel momento, riduce la sensibilità visiva, lasciando aperto il canale prioritario, che in questo caso è l'olfatto. Altri esempi calzano, a tal proposito, a pennello. Quando il marito è intento a leggere il quotidiano e la moglie lo chiama per il pranzo, spesso tali richiami rimangono inascoltati. E' la vista, in questo caso, il senso d'eccellenza che condiziona la situazione di concentrazione mentale. L'udito pertanto riduce la sua sensibilità. Nelle gare di Agility Dog, il senso di eccellenza utilizzato è la vista. Il cane, impegnato nella performance cinofilo-sportiva, usa questo “senso” per interpretare il percorso esteso sul parterre. Inoltre osserva le indicazioni del linguaggio del corpo emesse dal suo Conduttore. Normalmente, a Conduttori silenziosi o che usano con parsimonia la voce nella guida del cane, si abbinano soggetti rapidi e precisi; ciò accade perché il Conduttore non fa "interferenza" sul canale visivo, deputato alla concentrazione ed alla valutazione ambientale del cane. La riflessione relativa agli aspetti selettivi della concentrazione, indotta dal senso d'eccellenza contingente, è estendibile anche alle fasi di "cerca" che caratterizzano l'uso venatorio del cane. Quasi tutti i cani utilizzati nell'arte venatoria hanno la caratteristica morfologica delle orecchie pendule. Ciò li preserva dall'ingresso nel canale udivo di oggetti causa di disturbo ma facilita, soprattutto, la concentrazione mentale sulla ricerca dell'indicazione odorosa del selvatico. L'arte venatoria è fatta di silenzi e di odori. Nell'organizzare piste di tipo cinofilo sportivo, era di regola, in fase didattica, disseminare sulla "pista" bocconcini prelibati. Ma se il senso di eccellenza per perseguire una traccia a
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terra è l’olfatto, perché fare interferenza attivando anche le papille gustative e quindi il gusto? Nei paesi Scandinavi, nell'organizzazione delle pratiche identificate come “Tracking” (pista), non è uso spargere bocconi sul tracciato ma ci si limita a dispensare un grande premio al termine del lavoro, cioè a fine pista. Dopo alcune esperienze, il cane impegnato nella pratica, si concentra fortemente sulle indicazioni che ricava dal terreno e tiene alta la sua motivazione per raggiungere il suo target finale. E’ pertinente considerare non solo l’innesco motivazionale che conduce il cane alla ricerca olfattiva ma anche le sue capacità olfattive che, come già detto, sono ben diverse da quelle dell’uomo; non è necessario quindi ingigantire la traccia a terra per indurre nel cane in comportamento di ricerca, così come non è necessario ingigantire la luce rossa del semaforo per indurre il conducente al comportamento di “arresto”. Come si evidenziava poc’anzi, molti Istruttori che usano sistemi desueti per tracciare la pista, inducono il cane ad interessarsi al tracciato tramite l’attivazione del gusto, indotta dalla presenza e dala conseguente assunzione dei bocconcini a terra. La questione importante, quindi, risulta essere l’informazione sul tipo di traccia da seguire cioè la proposta tecnica di una sequenza chiara che non lasci dubbi al cane su quale sia l’odore da perseguire. Anche il tatto gioca un ruolo importante nell'analisi del "One Track Mind". Se un Proprietario chiede al cane di assumere la posizione di seduto con la voce e mentre pronuncia il comando accarezza l'amato Fido, questi difficilmente potrà eseguire con rapidità. Se si desidera che il vero comando sia la voce, non si dovrà "toccare" il cane, altrimenti le sue orecchie, si "chiuderanno", lasciando aperto il canale mentale del tatto. Allora il Conduttore sarà costretto a premere sul posteriore dell'allievo per indurre la postura richiesta. Le considerazioni sulla teoria organica del "One Track Mind" e la sua applicazione selettiva in ambiti pedagogici e di addestramento dei cani, possono far compiere notevoli passi avanti in ambito cinotecnico. Utilizzare tale teoria significa mettere in condizione il cane di ricevere e percepire al meglio gli stimoli segnali provenienti dall’ambiente e di conseguenza esprimere il comportamento pertinente; significa inoltre favorire processi rapidi di apprendimento e soprattutto processi di memorizzazione stabili e duraturi E’ altamente probabile dunque che, favorendo la concentrazione dei cani durante il lavoro richiesto, gli stessi aumenteranno la qualità delle loro performances e si apriranno le vie del successo. Il Conduttore avrà benefici emozionali ed il cane svilupperà autostima. In maniera estremamente naturale, quando al cane viene presentata la ciotola contenente la sua razione quotidiana di cibo, l’approccio sarà inizialmente dettato dall’olfatto: il cane annuserà la sua razione; tuttavia, dopo il primo boccone ingurgitato, l’aspetto olfattivo lascerà il posto alle papille gustative che porteranno al cervello del cane le sensazioni dei sapori. Prima del completamento delle capacità percettivo sensorie che avviene nel periodo di transizione (dal 10 al 20 gg dalla nascita) il senso di eccellenza, e peraltro l’unico completamente sviluppato, è il tatto. Tutte le attività di regolazione vitale, sono inizialmente deputate a tale senso; d’altro canto lil senso dell’udito, non essendo il cane dotato di verbo, non riveste un ruolo di altrettanta importanza rispetto alla componente di udito che caratterizza l’essere umano.
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