Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito. Daniela Masia

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Università degli Studi di Cagliari Facoltà di Ingegneria e Architettura Corso di laurea in Scienze dell’Architettura a.a. 2013/2014

Guillermo Vázquez Consuegra

Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

tesi di laurea di

Daniela Masia

Relatrice prof.ssa arch. Caterina Giannattasio Correlatrice dott.ssa Valentina Pintus


indice

Premessa

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1. La formazione

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1.1 Gli studi e il contesto socio-culturale 1.2 I modelli e il pensiero 2. Il confronto con la teoria del restauro

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2.1 Riferimenti metodologici 2.2 Consuegra all’interno del dibattito attuale 2.3. Le opere sul costruito 3. Progetti per Siviglia: il passato plasma il presente

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3.1 Il contesto storico-urbanistico 3.2 L’istituto andaluso di Architettura: da residenza privata a luogo pubblico 3.3 L’Istituto andaluso del Patrimonio Storico: la metamorfosi del monastero certosino dal XV al XXI secolo 3.4 Il Palazzo di San Telmo: da Seminario Maggiore a sede della Presidenza dell’An dalusia 3.5 Il Municipio di Tomares: rifunzionalizzazione e ampliamento di un’antica azienda agricola 3.6 Il museo archeologico di Siviglia: riconversione del novecentesco Padiglione del le Belle Arti Conclusioni

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Portfolio

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Bibliografia di riferimento

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Fonti iconografiche

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Il confronto con la teoria del restauro

Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

Premessa Il presente lavoro di tesi ha l’obiettivo di condurre una riflessione critica sull’operato dell’illustre architetto spagnolo Guillermo Vázquez Consuegra, in riferimento ai progetti da lui realizzati sul costruito preesistente. Sono stati individuati il pensiero e la posizione occupata nell’attuale dibattito sulla teoria del restauro attraverso lo studio dei suoi interventi. L’interessamento alla sua opera nasce durante la mia esperienza di studio “Erasmus” a Cartagena in Spagna. In occasione del corso di “Teoría de la arquitectura y del patrimonio arquitectónico”, seguito presso l’Universidad Politécnica, ho, infatti, avuto la possibilità di approfondire il percorso di riconversione di un’antica azienda agricola a Tomares (Siviglia) in municipio, realizzata dall'architetto sivigliano. Questo lavoro rappresenta la chiusura di un personale percorso di studio, durante il quale ho sviluppato la consapevolezza della necessaria attenzione e responsabilità che progettisti e architetti devono adottare nei confronti di centri storici, monumenti e, in generale, del rinnovamento urbano. Questo, alla luce di un mercato edilizio ormai saturo in cui l’incessante consumo del territorio porta 8

all’abbandono dei centri storici e dei monumenti antichi, a vantaggio di spregiudicate logiche puramente speculative. La maturazione di questa consapevolezza e dell’interesse verso l’argomento si è sviluppato progressivamente durante l'intero percorso triennale, in particolar modo durante i Laboratori di progettazione, i cui temi hanno riguardato l’inserimento di architetture nuove all’interno dei centri storici e la riconversione di un edificio dalle forti connotazioni storico-artistiche. Nello specifico, i temi affrontati riguardavano la progettazione di una residenza per studenti all’interno del quartiere storico di Castello a Cagliari, la riconversione dell’ex-semoleria di Viale la Playa in biblioteca di un nuovo campus universitario, ancora a Cagliari, e infine la progettazione di una struttura universitaria e una alberghiera ubicati rispettivamente a Cartagena e a Madrid. Lo studio della metodologia adoperata dall’architetto mi ha indotto a sviluppare una certa sensibilità sull’argomento oltre a maturare un personale punto di vista. Inoltre mi ha offerto la possibilità di confrontarmi con aspetti pratici utilizzando gli strumenti critici sviluppati du-

rante il percorso di studi, di analisi dei criteri d’intervento adottati sul patrimonio storico, che devono necessariamente essere riguardosi e guidati da rigore scientifico. La prima parte della tesi costituisce la base per comprendere l’opera dell’architetto e contentra l'attenzione sullo studio della sua formazione, dei modelli scelti e del suo pensiero in generale. La seconda si sofferma su una riflessione critica, condotta attraverso il diretto confronto con i riferimenti metodologici delle carte del restauro, con il dibattito attuale, sulle linee metodologiche d’intervento adottate dall’insigne architetto e da me largamente condivise. La terza e ultima parte consiste nell’analisi critica di cinque casi di riconversione, che ho avuto l’opportunità di visitare personalmente durante la mia esperienza spagnola. Si tratta, più precisamente, della residenza dell’antico Patio de Banderas, del monastero certosino, del Palazzo di San Telmo, dell’azienda agricola di Sant’Ana e infine del Padiglione delle Belle Arti.

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Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito: tra restauro critico-creativo e restauro analogico

1.1 Gli studi e il contesto socio-culturale Guillermo Vázquez Consuegra è un architetto spagnolo nato a Siviglia dove ha studiato presso la Escuela Tecnica Superior de arquitectura, laureandosi nel 1972. Appartiene alle prime generazioni di architetti formatesi nella facoltà sivigliana, dove continuò a lavorare come professore di elementi di composizione e di progetto, dal 1980 al 1987. In corrispondenza degli anni della sua formazione, la Spagna attraversava un periodo di transizione politica e culturale legata alla morte del generale Francisco Franco che instaurò un regime autoritario a partire dalla guerra civile del 1939, fino al 1975. Nel post-franchismo, la Spagna si aprì nuovamente al contesto europeo, superando un forte periodo di stagnazione, anche nel campo dell’architettura; si è quindi assistito ad un notevole sforzo per rimettersi al pari dello standard europeo in ognuno dei settori, in particolare nel terziario e nel turismo; questa apertura fu dettata dalla necessità di dotare il paese di tutte quelle strutture che nel resto dell’Europa

esistevano già da tempo. Dal punto di vista architettonico, il franchismo lasciò dietro di sé enormi problemi sociali e urbani, come l’abbandono e la distruzione dei centri storici, l’uso speculativo del terreno e la mancanza di infrastrutture e servizi urbanistici; per questi motivi la nuova generazione di architetti si sentì investita da un gravoso e irrinunciabile compito sociale, che spingendo al massimo la discussione, generò diverse proposte e risposte al problema. Consuegra avvia la sua carriera di architetto nella Siviglia degli anni ’70, ponendosi decisamente come difensore dell’architettura libera di esprimersi in favore di una società più democratica. Dopo essere divenuto membro del Ceys (Centro de estudios y servicios) e responsabile del “Dipartimento della Formazione e Diffusione”, sostenne e promosse numerose azioni urbane. Nel 1981 organizzò, in collaborazione con Gonzalo Diaz Recasens, un’esposizione dedicata ad Antonio Fernandez Alba e allestita nel Museo di arte contemporanea di Siviglia. Iniziò così un periodo

florido per la città che si animò di nuova vita; fiorirono gli incontri culturali, le occasioni di dibattito, le pubblicazioni e le esposizioni che fanno parte della rinascita di un interesse verso la città. Nel panorama dell’architettura sivigliana alcuni modelli hanno un impatto importante sulle scuole di architettura, in particolare l’influenza teorica della “Tendenza italiana” ha influito notevolmente nella formazione di Consuegra. Architetti fondamentali nell’evoluzione del pensiero all’interno delle scuole di architettura furono Aldo Rossi, Giorgio Grassi, Vittorio Gregotti, Renato de Fusco, Carlo Aymonino e Manfredo Tafuri, oltre che altri architetti internazionali come Robert Venturi, che diede il suo contributo teorico in “Complexity and Contradiction in Architecture”1. In particolare Consuegra subì l’influenza di Aldo Rossi con il suo trattato “l’architettura della città”2, da cui si evince una particolare sensibilità per il manufatto urbano , al punto da provare a stabilire un contatto diretto tra lo stesso Rossi

1 Robert Venturi, Complexity and Contradiction in Architecture, New York 1966. Raffaele Gorjux e Margherita Rossi (trad. in italiano a cura di) Complessità e contraddizioni nell’architettura, Bari 1980. 2 Aldo Rossi, L’architettura della città, Marsilio, Padova 1996.

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La formazione

e la città Siviglia. L’architetto italiano si accostò per la prima volta alla realtà della penisola iberica durante il Seminario del 1976 tenutosi a Santiago de Compostela a cui partecipano numerosi architetti e personaggi di rilevanza internazionale per dibattere su un progetto di espansione e modifica dell’assetto urbanistico della città; il seminario, collocandosi in un periodo di svolte storiche importanti come la rivoluzione dei garofani, dove cadde il regime del dittatore portoghese Salazar e la caduta del regime autoritario del generale Francisco Franco, favorì nuove idee che fermentarono in una nascente concezione dell’architettura rispetto alla nuova situazione politica. In questo contesto Aldo Rossi fece nascere la rivista spagnola “2C Construcción de la Ciudad“, pubblicata a Barcellona tra il 1972 e il 1985, dove spiccavano le relazioni tra l’area di studio e la città nella sua globalità, e la relazione tra tipologia e aspetti morfologici degli edifici, che influenzò l’intera attività progettuale di Consuegra. Un secondo seminario venne organizzato due anni dopo a Sivi-

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glia, con la diretta partecipazione di Guillermo Vázquez Consuegra. Durante questo seminario Rossi acquisisce un interesse particolare per la città andalusa; il suo pensiero è pienamente espresso nell’opera “Autobiografia Scientifica”: “La questione del frammento in architettura è molto importante poiché forse solo le distruzioni esprimono completamente un fatto [...] Penso a un’unità, o a un sistema fatto solo di frammenti ricomposti: forse solo una grande spinta popolare può darci il senso di un disegno generale [...] Io sono convinto però che quella architettura generale, il progetto complessivo, lo scheletro, sia certamente più importante e in ultima analisi più bello [...] Nel mio lavoro per il Corral del Conde ho ritrovato a Siviglia tutte queste suggestioni. Siviglia vive le sue due e più anime nella Settimana Santa e nella Feria. Sono forse le più grandi architetture che ho conosciuto”3. Anche ne “El moderno en España”, di Gabriel Ruiz Cabrero, Siviglia viene descritta come: “una città dal forte carattere, che le deriva in gran misura dalla propria condizione fisica della sua

architettura. Altre città mettono in relazione il loro mito con la loro posizione geografica. […] Siviglia fonda il suo mito sulla particolare relazione che le persone stabiliscono con la sua forma urbana: strade, parrocchie, patii e feste, sono l’incrocio del clima architettonico con il tessuto urbano tradizionale, e ne determinano il carattere. Gli architetti sivigliani non solo apprezzavano la città come un fatto scientificamente analizzabile e di grandi conseguenze per il progetto, ma stabilivano con essa una relazione personale […]. Si vivono le strade che hanno un carattere […] sono come persone […] sono popolate da persone che sono come monumenti”4. Non è casuale dunque l’attenzione che Consuegra dimostra per Siviglia, impegnandosi infatti a divulgarne l’architettura e i monumenti di rilevante interesse storico artistico attraverso l’elaborazione di una guida5 . Pur appoggiando il pensiero di Rossi e dei movimenti spagnoli che a lui si riferiscono, Consuegra non ne condivide indiscriminatamente e acriticamente tutti i contenuti, sviluppando una sua per-

sonale e articolata posizione. Gianni Braghieri6 nella sua presentazione dell’opera di Vázquez Consuegra, lo descrive come il “più riservato ed il più attento a recepire e restituire sensazioni ed impressioni che diventavano non solo dialogo per architettura, ma per un diverso modo di intendere la vera vita della città di Siviglia e dell’Andalusia” ricordando come nel Siac 1978, quasi si vergognasse di mostrare le sue prime opere. Durante i suoi primi anni di lavoro professionale, tra gli anni Settanta e Ottanta, Consuegra si dedica quasi esclusivamente ad opere di modesta entità e realizza numerosi progetti come la casa Rolando (fig. 1), un’abitazione unifamiliare situata nella campagna sivigliana, la casa Martínez Gijón, il giardino di Olivares, la casa Elizalde, e la casa Uthna-Hus, tutte opere ampiamente pubblicizzate e documentate nelle riviste, nei libri e nei cataloghi internazionali. Le case unifamiliari (generalmente commissionate da privati) rappresentano i primi progetti realizzati dall’architetto e sono per la quasi totalità situati nell’hinterland sivigliano. La sua tecnica di

progettazione può essere definita “palladiana” nel gioco delle scale dimensionali, delle simmetrie e delle analogie. Le case infatti sono progettate nell’intento di creare dei percorsi come in una piccola città: “il sistema di articolazione degli spazi risiede nell’uso di elementi architettonici e naturali seguendo regole ben precise”. Negli anni Ottanta Consuegra inizia a progettare edifici per servizi pubblici. Le opere più significative di questo periodo sono l’edificio per appartamenti di Siviglia, conosciuto come Ramón y Cajal (suo primo incarico municipale) (fig. 2 e 3) e quello di Cadice, nel quartiere di la Paz. Entrambi i progetti rientrano nei programmi di edilizia popolare (viviendas baratas), patrocinati dalle nuove amministrazioni e perorati dai partiti di sinistra, in cui numerosi giovani architetti trovarono delle nuove opportunità. Una delle principali caratteristiche di Consuegra è il rigore attraverso cui l’architetto manifesta quella modernità attenta alle esperienze anteriori, ma anche capace di integrare il progetto contemporaneo con le particolari tradizioni costruttive; il progetto è infatti cala-

to nel suo ambiente e la sua ideazione si appoggia sulle solide basi della cultura locale, della tradizione vernacolare e storica regionale. L’architetto lavora anche per alcune modificazioni dello spazio pubblico: di notevole interesse è l’intervento sul locus urbano della Plaza de la Encarnación di Siviglia, in collaborazione con Ignacio de la Peña. Il progetto che avrebbe dovuto sviluppare nella piazza “l’idea di un unico luogo, a livello di forma, funzione e simbolo, dando preminenza all’idea di unità rispetto alla frammentazione”7, non fu però mai realizzato. In seguito il progetto è stato assegnato tramite un concorso internazionale e realizzato nel centro storico cittadino con una discutibile soluzione, dove il contemporaneo si affianca al contesto storico per giustapposizione senza creare alcuna comunicazione tra vecchio e nuovo, dando l’ennesimo esempio di “mostro nel centro storico”, paragonabile all’opera del kunsthaus (fig.4). Recentemente tra gli spazi pubblici, Consuegra ha lavorato per un progetto di riqualificazione del fronte marittimo di Vigo (figg. 5 e 6). L’operazione viene commen-

Gianni Braghieri (1945) è professore ordinario di Architettura e Composizione Architettonica presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Palermo. 7 Il contributo del prof. Braghieri sull'opera di Consuegra è stato presentato, nel 2002, presso la facoltà di Architettura di Cesena dell’Università di Bologna. 6

Aldo Rossi, Autobiografia scientifica, Parma 1990. 4 Gabriel Ruiz Cabrero, El Moderno en España: Arquitectura 1948-2000, 2001. 5 Guillermo Vázquez Consuegra, Guia de arquitectura de Sevilla, Siviglia 1992. 3

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La formazione

1. Sivigia, Casa Rolando, G.V. Consuegra - Mairena de Aljarafe, 198283. 2. Siviglia, Edificio per case popolari Ramón y Cajal, G.V. Consuegra Siviglia 1986-87. 3. Sivigla, Edificio per case popolari Ramón y Cajal, G.V. Consuegra Siviglia 1986-87.

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tata dallo stesso architetto con queste parole “Il paesaggio portuale è caratterizzato dalla sua mobilità volumetrica. Lo stivaggio di container e l’incessante andirivieni di grandi navi da carico e di transatlantici configurano un paesaggio mutevole, non consolidato e mai terminato. Forme, materiali e colori appaiono in continuo mutamento. Qualcosa di tutto questo impregna l’architettura dei nuovi edifici proposti. Un’architettura che non prende in prestito dalle navi né le loro forme né il loro linguaggio. Hanno più a che vedere con i luoghi, con le condizioni stesse del loro ambiente. Fuori da questo contesto perderebbero il loro significato e la loro ragione d’essere. Un contenitore di vetro -acquario-, alcune strade di luce -edificio commerciale- e un volume brillante -edificio amministrativo-, in funzione delle condizioni atmosferiche, della luce e del punto di vista, si faranno opachi, densi, presenti, ma anche brillanti, trasparenti, invisibili. Spariranno come i contenitori, come le navi”. La sua proposta tuttavia non fu mai realizzata. Gli interventi pubblici in Spagna

hanno avuto una crescente attenzione nello scenario urbano: il postfranchismo aveva lasciato dietro di sé centri storici distrutti e per questo nella cultura architettonica spagnola si sentì la necessità di intervenire sul costruito e di trasformare le aree consolidate in cui trovare nuovi spazi adatti ad ospitare le strutture culturali e sociali al servizio della comunità, creando al contempo nuove opportunità progettuali. Negli anni ’90, mentre nel resto dell’Europa si ponevano forti distinzioni fra il restauro architettonico che necessitava di interventi specialistici e il progetto d’intervento, in Spagna le amministrazioni intrapresero politiche diverse, offrendo ai progettisti l’opportunità di intervenire sul costruito senza alcuna limitazione legislativa e senza la necessità di ricorrere a specialisti del restauro. Di questa opportunità ne approfittò il Consuegra che si dedicò anche alla ristrutturazione e riconversione di edifici storici. Il primo intervento di restauro sul costruito fu realizzato da Consuegra nel centro storico di Siviglia, in una delle case del Patio de Banderas per L’Istituto cartografico dell’Andalusia. L’edificio è si-

tuato lateralmente rispetto al Palazzo Reale e fu originariamente progettato come sede dell’Istituto di Architettura Andaluso. Il patio costituisce quella che fu la piazza d’armi del Palazzo Reale. Questo primo intervento spianò la strada alle successive opere quali l’Istituto andaluso del patrimonio storico, il restauro del Palazzo di San Telmo sede della presidenza della regione dell’Andalusia, la riconversione della vecchia azienda di Santa Ana a Tomares e infine nel 2009 il recupero del museo archeologico di Siviglia. Alla fine degli anni Novanta, si apre per Consuegra un nuovo florido periodo di attività con importanti incarichi di progettazione e realizzazione di edifici pubblici come musei, archivi, palazzi congressuali, edifici giudiziari, stadi e parchi. Tutte opere pubbliche dal carattere prevalentemente sociale. La grandezza dell’architetto è stata quella di fornire spazi e architetture che non rispondono semplicemente alla destinazione, ma accolgono i valori urbani preesistenti di cui vengono valutate carenze e valori positivi, con una progettazione basata sull’analisi del luogo e del

suo genius loci. La sua strategia progettuale raggiunse l’apice nel 1992 con la realizzazione del padiglione della navigazione in occasione dell’Esposizione Universale di Siviglia (fig. 9); fra gli altri importanti interventi pubblici è doveroso menzionare quelli della torre delle comunicazioni di Cadice della centrale internazionale e teleporto di Pineda, il Palazzo dei congressi di Jerez de la Frontera e l’ampliamento di quello di Siviglia. La produzione museale di Guillermo Vázquez Consuegra merita un’attenzione particolare: partecipò a due concorsi di progettazione per l’ampliamento del Museo d’arte Reina Sofia e del Museo delle collezioni reali, a Madrid. Tuttavia, nonostante i brillanti progetti proposti, gli interventi furono assegnati rispettivamente a Jean Nouvel e alla coppia di architetti Emilio Tuñón e Luis Mansilla. Finalmente fu poi incaricato della progettazione e realizzazione del Museo del’Illuminismo di Valencia (fig. 7), del Museo nazionale di archeologia marittima di Cartagena (fig. 8) e del Museo del Mare a Genova (2000-2004). Per completezza citiamo anche i progetti destinati ai luoghi di giusti-

4. Austria, Kunsthaus, museo d’arte di Graz,, Peter Cook e Colin Fournier, 2003. 5. Vigo, progetto per tre edifici sul lungomare, G.V. Consuegra, 1993. 6. Vigo, schizzo progetto per tre edifici sul lungomare, G.V. Consuegra, 1993.

Guillermo Vázquez Consuegra, Opere e progetti, Milano 2005.

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La formazione

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zia, che però non ebbero particolare successo. L’architetto sivigliano partecipò infatti a quattro concorsi di progettazione a Valencia, Barcellona, Malaga e Almeria, vincendone solo uno. In conclusione, possiamo asserire che gli edifici proposti da Consuegra “sono simbolici, ma non monumentali; funzionali, ma non funzionalisti; sedi della vita quotidiana, in cui si dirimono le controversie, stabilendo un’accoglienza confortevole e luminosa, con spazi di socializzazione di generosa grandezza in cui la percezione mostruosa di Verlaine a Bruxelles non troverà mai spazio”8.

Pagina accanto 7. Valencia, Museo dell’illuminismo, G.V. Consuegra, 1997. Pagina successiva 8. Cartagena, Museo Nazionale di archeologia marittima, G.V. Consuegra, 2001-2008.

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Tommaso Vecci, Saper credere in architettura. Trentotto domande a Guillermo Vázquez Consuegra, Napoli 2007.

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Bibliografia Aldo Rossi, Autobiografia scientifica, Parma, 1990. Aldo Rossi, L’architettura della città, Marsilio, Padova 1996. Gabriel Ruiz Cabrero, El Moderno en España: Arquitectura 1948-2000, 2001. Giovanni Carbonara, Architettura d’oggi e restauro: un confronto antico-nuovo, Torino 2011. Guillermo Vázquez Consuegra, Guia de arquitectura de Sevilla, Siviglia 1992. Guillermo Vázquez Consuegra, Opere e progetti, Milano 2005. Robert Venturi, Complexity and Contradiction in Architecture, New York 1966. Raffaele Gorjux

e

Margherita Rossi (trad. in

italiano a cura di) Complessità e contraddizioni nell’architettura, Bari 1980. Tommaso Vecci, Saper credere in architettura. Trentotto domande a Guillermo Vázquez Consuegra, Napoli 2007.


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1.2 I modelli e il pensiero La formazione di Guillermo Vázquez Consuegra è stata influenzata da un lato dal pensiero degli illustri architetti spagnoli che operarono durante il franchismo e dall’alto dalle teorie dei grandi architetti italiani esponenti della “Tendenza”, in particolare di Aldo Rossi, Giorgio Grassi, Paolo Portoghesi, Carlo Aymonino e Vittorio Gregotti. I maestri spagnoli che sono diventati dei veri e propri modelli per Consuegra, e in generale per tutta la nuova generazione di architetti spagnoli, sono stati principalmente José Manuel De la Sota (1949), Francisco Javier Sáenz de Oiza (1918-2000), Gabriel Ruiz Cabrero (1946), Josep Antoni Coderch (1913-1984) che hanno influenzato e indirizzato la cultura architettonica spagnola verso un nuovo e florido periodo. Durante la dittatura di Franco ricoprirono ruoli ai vertici degli ordini professionali; questo gli permise di partecipare attivamente alla vita politica e proporre idee innovative in campo architettonico scardinando al contempo le anacronistiche convinzioni proprie della Beaux-Art, che per tanto tem-

po costituirono un forte riferimento per l’architettura spagnola. Come si è già detto, l’opera di Consuegra si inserisce in un periodo di forti cambiamenti culturali generati dal post-franchismo. La Spagna, al termine della dittatura, si trovò arretrata all’interno del dibattito architettonico internazionale che in quegli anni aveva visto sviluppare numerose correnti che andavano dal movimento moderno, alla “Tendenza” italiana all’architettura organica dei paesi nordici. Sopperì a questo ritardo assorbendo indiscriminatamente tutti i principi sviluppati dalle correnti internazionali, quasi fossero l’unico segnale di progresso culturale e civile e l’ultimo baluardo della modernità che andava difeso a tutti i costi, senza però tener conto che in Europa molti di quei principi erano entrati in crisi. A tal proposito è utile riportare le parole espresse da Gabriel Ruiz Cabrero nel libro “Spagna. Architettura”: “la situazione di isolamento aveva fatto sì che in quegli anni l’architettura spagnola avesse come modelli e referenti, in quanto di-

rettrici estetiche, le interpretazioni dell’architettura del movimento moderno fatte dagli architetti spagnoli, a distanza e quasi senza aver mai visto le opere se non in vecchi libri e riviste stranieri”10. A partire dagli anni Sessanta si apre un nuovo florido periodo nell’architettura spagnola, l’evento di svolta fu costituito dall’emanazione della legge sulla stampa (promulgata nel 1966) che sopprimeva la censura: “fino agli anni sessanta i libri di architettura disponibili erano scarsi e per lo più pubblicati in Argentina. Le riviste straniere erano costose e quelle nazionali – come “Arquitectura”, ribattezzata “Revista Nacional de Arquitectura” pubblicata dalla Società di architettura di Madrid – erano controllate dallo stato”11. Si diede via alla pubblicazione di numerose riviste di architettura e si tradussero testi di rilevanza internazionale, due esempi importanti sono costituiti da “L’architettura della città”12 (fig. 9) di Aldo Rossi e “Complexity and contraddiction in architecture” (fig. 10) di Robert Venturi13. Come dice lo stesso Consuegra

Gabriel Ruiz Cabrero, Spagna. Architettura 1965-1988, Milano 1989 Guillermo Vázquez Consuegra, Opere e progetti, Milano 2005. 12 Aldo Rossi, L’architettura della città, Marsilio, Padova 1996. 13 Robert Venturi, Complexity and Contradiction in Architecture, New York 1966. Raffaele Gorjux e Margherita Rossi (trad. in italiano a cura di) Complessità e contraddizioni nell’architettura, Bari 1980. 10 11

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La formazione

nell’intervista riportata da Tommaso Vecci nelle “Trentotto domande a Guillermo Vázquez Consuegra”, le correnti di riferimento per la sua crescita professionale furono, in ambito internazionale, la corrente del nuovo empirismo scandinavo (sviluppatosi in Svezia e in Finlandia) e la “Tendenza” italiana. La prima, di cui Asplund, Alvar Aalto e Lewewntz rappresentavano i principali esponenti, prevedeva un’architettura attenta all’uso dei materiali e fortemente connessa con la natura, mentre la seconda, portata avanti da Manfredo Tafuri, Vittorio Gregotti, Carlo Aymonino, Giorgio Grassi e (soprattutto) Aldo Rossi, difendeva la tradizione classicista e il disegno architettonico basato su principi logici. A Siviglia Consuegra organizzò convegni, mostre e seminari che gli permisero di conoscere direttamente architetti di fama internazionale, in uno di questi che ebbe l’opportunità di conoscere personalmente Aldo Rossi. L’eredità più grande lasciata da questi architetti fu, come dice lo stesso Consuegra, “l’insegnamento di intendere la città come espressione formale della storia e quindi un fondamentale riferimento per il progetto architettonico. Questo contributo teorico ha portato alla consapevolezza di

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costruire un’architettura più adeguata alle nostre città, legata profondamente alla realtà del luogo”5. Consuegra vede nel progetto, inteso come un lungo processo ciclico costituito da avanzamenti e retrocessioni, lo strumento in mano all’architetto capace di trasformare l’ambiente urbano per soddisfare bisogni e necessità reali. L’iter da seguire, come asserisce anche Peter Zumthor, è dettato da ragione e sentimento “È il sentimento a dirci se un ragionamento sia appropriato o meno” e ancora “la sfera emotiva è molto più vasta e più estesa di quella razionale”, “non si tratta solo di pensare, c’è un’anima dentro di noi”6. Per Consuegra un’architettura deve esprimersi per ciò che è e non si deve giustificare o argomentare attraverso assunti teorici, filosofici legati ad altre discipline. Un’architettura, se fatta bene, è eloquente da sé e non ha bisogno di appoggiarsi alle idee che l’hanno generata: gli edifici infatti, non hanno una condizione narrativa a differenza delle altre discipline artistiche quali il cinema o la letteratura, ma una condizione fisica. Durante l’elaborazione di un progetto per Consuegra è importantissimo il rapporto che si instaura tra architetto e sito. Il rapporto con il luogo è pertanto

uno dei tanti fattori di cui bisogna tener conto (insieme alla scelta dei materiali e al programma funzionale) nell’ iter progettuale. Come si è già detto, l’architetto durante la sua formazione è stato influenzato dalle correnti del movimento moderno del nord Europa, caratterizzate da una grande attenzione verso i materiali, che rappresentano la realtà del progetto: per Consuegra l’architettura non risiede nella sua rappresentazione, i progetti su carta non sono architettura, ma essa invece si manifesta, invece, solo quando è costruita, quando è reale nella sua fisicità, di cui i materiali sono i rappresentanti. Ciascun materiale ha una determinata capacità espressiva incrementata o ridotta quando accostata ad altri materiali, il loro dialogo è fondamentale e la scelta del materiale più appropriato conferisce forza al progetto.

Bibliografia Aldo Rossi, L’architettura della città, Padova 1996. Guillermo Vazquez Consuegra, Opere e progetti, Milano 2005. Gabriel Ruiz Cabrero, Spagna. Architettura 1965-1988, Milano 1989. Peter Zumthor, Pensare architettura, 2003. Robert Venturi, Complexity and Contradiction in Architecture, New York 1966. Raffaele Gorjux

e

Margherita Rossi (trad. in

italiano a cura di) Complessità e contraddizioni nell’architettura, Bari 1980.

Nella pagina sucessiva 9. Copertina del libro “L’architettura della città” di Aldo Rossi. 10. Copertina del libro “Complexity and Contraddiccion in Architecture” di Robert Venturi.

Maria Pia Sette, Profilo storico, in Trattato di restauro architettonico, diretto da G. Carbonara, Torino 1996, v. I, pp. 109-299. Tommaso Vecci, Saper credere in architettura. Trentotto domande a Guillermo Vázquez Consuegra, Napoli 2007.

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2.1 Riferimenti metodologici In questo capitolo si cercherà di fare un breve excursus temporale sull’evoluzione storica delle carte del restauro, facendo parallelamente riferimento all’opera di Consuegra e individuando i punti in cui i criteri e le convinzioni alla base dei suoi progetti, si incontrano o divergono dagli assunti redatti da tali documenti e facendo contemporaneamente un confronto tra le varie correnti di pensiero ad esse legate. Le carte del restauro sono dei documenti di sintesi che codificano principi e prescrizioni atte a guidare e a regolamentare gli interventi di restauro e tutelare il patrimonio architettonico e paesaggistico. Vengono solitamente redatte durante conferenze internazionali e, sebbene non abbiano valenza legale, costituiscono da sempre un punto di riferimento per gli architetti restauratori, in particolare, e per i progettisti in genere. Nel 1883 questa esigenza si tradusse nell’organizzazione di un’importante congresso tenutosi a Venezia, dove i principali esponenti del mondo dell’architettura

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e dell’ingegneria dibatterono sui temi del restauro, arrivando ad enunciare alcuni principi generali volti a garantire non solo la tutela dei monumenti, ma anche la loro corretta lettura in quanto “documenti di pietra”. La prima carta del restauro fu redatt con la Conferenza Internazionale degli Architetti riunitasi ad Atene nel 1931 (dalla quale prende il nome di “Carta di Atene”) e si articola in dieci punti in cui si enunciano quali debbano essere i principi alla base di ogni intervento sul costruito e si evidenzia l’importanza e l’attenzione che andrebbe rivolta ai beni culturali in genere . La carta di Atene auspica tuttavia un restauro di tipo filologico (di cui Boito fu il principale esponente italiano), rifiutando il ripristino stilistico di cui Viollet-LeDuc è stato il massimo esponente. Il restauro filologico può definirsi come l’insieme delle posizioni teoriche e operative che cercano di contemplare l’esigenza di intervenire sul costruito, tutelando la sua autenticità e individuando dei criteri da seguire durante gli inter-

venti sulle preesistenze. Camillo Boito, esponente della scuola filologica, si esprime a proposito del restauro stilistico: “Quando i restauri sono condotti con la teoria del signor Viollet le Duc, […] io preferisco i restauri mal fatti ai restauri fatti bene. Mentre quelli (mal fatti) […] mi lasciano chiaramente distinguere la parte antica dalla moderna, questi (fatti bene) mi mettono in si fiera perplessità si giudizio che il diletto di contemplare il monumento sparisce […] Seguendo Viollet-le-Duc non c’è sapienza, non c’è ingegno, che valgano a salvar dagli arbitrii”14. Al contrario, Boito riprende alcuni punti della teoria di Jhon Ruskin, critico d’arte britannico, capofila del movimento anti-restauro, criticandone però l’atteggiamento fatalista che ha come esito il “non restauro” in quanto “Il restauro è una menzogna dall’inizio alla fine” e, “la gloria di un edificio risiede nella sua età”15 (fig. 11). Il restauro filologico di Boito si incontra qui con l’atteggiamento di Guillermo Vázquez Consuegra nel rifiuto di due atteggiamenti

Camillo Boito, I restauri in architettura, in Questioni pratiche di Belle Arti, Milano 1893. John Ruskin, The Seven Lamps of Architecture, Londra 1849. 29


Il confronto con la teoria del restauro

estremi: la restituzione integrale e il non restauro. Questo principio è espresso nel secondo punto della Carta di Atene in cui si suggerisce di “abbandonare le restituzioni integrali” ed “evitare i rischi mediante la istituzione di manutenzioni regolari e permanenti, atte ad assicurare la conservazione degli edifici”16. La carta di Atene inoltre, per prima ammette l’uso di materiali moderni per il consolidamento, quali il cemento armato, utilizzato da Consuegra nel restauro dell’Istituto andaluso del patrimonio storico, nonché in quello dell’azienda agricola Santa Ana come sede del municipio di Tomares. L’anno successivo, nel 1932 il Consiglio superiore per le Antichità e le Belle Arti emanò la “Carta italiana del restauro”, che riprendeva i concetti enunciati nella carta di Atene, ma con il contributo teorico di Gustavo Giovannoni. Le novità introdotte furono “considerare, nello stile del monumento, più le condizioni ambientali che quelle intrinsecamente artistiche” e “rispettare tutte le manifestazioni sovrapposte che abbiano carattere d’arte, e designare onestamente le aggiunte non evitabili”17

Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

In sintesi, non è più considerato più il monumento isolato, ma l’elemento architettonico nel contesto ambientale in cui è inserito. Per Vázquez Consuegra, la conoscenza del luogo è fondamentale in qualsiasi intervento, sia esso di restauro o che progetto ex novo. Nell’intervista con Tommaso Vecci, l’architetto, a proposito del rapporto che il progettista deve avere con il sito, dice: “Il progetto è processo molto lungo dove interagiscono tantissimi fattori stratificati nella nostra memoria. Spesso mi capita che immaginando un progetto mi vengano alla mente spazi sognati o realmente visitati che non hanno una reale consistenza, ma che suggestionano le scelte importanti su come deve essere uno spazio o su cosa realmente deve rappresentare uno spazio. Alla luce di queste riflessioni costruisco questo processo che a mio avviso non ha mai fine, avanza e retrocede senza fermarsi. Credo che il progetto è un processo di sintesi che si basa sulla stratificazione di fattori ed esperienze personali che vengono introdotte di continuo nella fase della sua elaborazione. Tutto ciò ovviamente bisogna con-

tinuamente confrontarlo con il luogo del progetto, con il programma e con i materiali. Come dice Zumthor questo processo si basa su un continuo dialogo tra sentimento e ragione. Tutti questi sentimenti, sguardi, riflessioni, immagini, che appaiono nel processo del progetto, devono essere riordinati attraverso la ragione critica”18. Nella carta italiana del restauro inoltre, viene messo in evidenza come in un progetto di restauro non si debba necessariamente conservare acriticamente tutto ciò che è antico in quanto tale, e che non ci siano elementi più o meno degni perché appartenenti a una determinata epoca, ma che il criterio debba essere quello di conservare qualsiasi elementoavente “carattere d’arte o di storico ricordo”19 e che l’eliminazione di alcune parti debba essere “in ogni caso, accuratamente vagliata, e non rimessa ad un giudizio individuale dell’autore di un progetto di restauro”20. A tal proposito, ci viene utile far riferimento al restauro dell’Istituto andaluso del patrimonio storico ad opera di Consuegra, progetto in cui sono presenti stratificazioni di interventi

successivi, risultato di un’aggregazione di parti distinte per entità e natura. L’architetto, con la collaborazione di storici e esperti nel settore dei beni culturali, demolisce tutte quelle parti carenti dal punto di vista strutturale e quelle che non avessero una particolare valenza storica, per preservare la sola architettura di qualità e restituire ai cittadini uno spazio di qualità. Tale atteggiamento si ripresenta nel restauro dell’azienda di Santa Ana, in evidente stato di degrado, demolire e non conservare indiscriminatamente qualsiasi cosa appartenuta al passato non significa perdere uno spirito di continuità con esso. Saranno le parti migliori del vecchio edificio a suggerire la linea da seguire, questo atteggiamento sottolinea come Consuegra non operi in base ad un giudizio personale, ma che si avvalga di esperti e professionisti del settore per avere un quadro storico completo dell’opera da restaurare. Con la seconda guerra mondiale e la conseguente distruzione di molte città e del loro patrimonio architettonico, si rese necessaria la redazione di un documento in grado di limitare la disastrosa

fase di ricostruzione post-bellica, caratterizzata da scelte frettolose, speculative e per la gran parte, improprie. Un contributo fondamentale fu dato dagli esponenti del restauro critico, Roberto Pane, Pietro Gazzola e Cesare Brandi. La grande novità della Carta di Venezia, che la rende tutt’oggi un punto di riferimento per gli approcci metodologici e i fondamenti teorici in essa esposti, fu quella di ricollocare il monumento all’interno di un’accezione non solo artistica, ma anche sociale. Il monumento storico infatti comprende “tanto la creazione architettonica isolata quanto l’ambiente urbano e paesistico che costituisca la testimonianza di una civiltà particolare, di una evoluzione significativa o di un evento storico” incluse opere di minore importanza che avesser-o “acquisito un significato culturale”. Lo scopo dell’intervento di restauro rimaneva tuttavia quello di “mettere in rilievo i valori formali e storici del monumento”20 (fig. 12). Il monumento diventa quindi parte dell’ambiente urbano e dai suoi suggerimenti deve nascere il progetto: “il monumento non può essere separato dalla storia della

quale è testimone, né dall’ambiente in cui si trova”. Consuegra ben ha recepito gli insegnamenti della Carta di Venezia, assumendo un atteggiamento che vede nello studio del luogo il primo passo per la realizzazione di un progetto. L’architetto dichiara infatti che quando gli viene commissionato un nuovo progetto, si reca nel luogo senza alcun pregiudizio e sarà proprio quest’ultimo a comunicargli delle sensazioni e suggerirgli la via progettuale da intraprendere. Avviato il progetto non lascia tuttavia da parte l’analisi del contesto, recandosi più volte nel sito per verificare la correttezza delle sue scelte e la loro conformità con l’ambiente, questo permette di creare un progetto che ben si armonizzi con l’intorno. Afferma Consuegra che ci debba essere una “relazione tra luogo e progetto + una relazione causa-effetto”. “E’ un’affluenza reciproca di interessi tra il luogo e l’architettura”18. Come diceva Ludwig Mies van der Rohe l’architettura è la volontà dell’epoca tradotta nello spazio e per questo secondo l’architetto sivigliano, “deve appartenere al luogo e ad una società determi-

Tommaso Vecci, Saper credere in architettura. Trentotto domande a Guillermo Vázquez Consuegra, Napoli 2007. Alois Riegl, Der moderne Denkmalkultus, Sein Wesen, seine Entstehung, 1903. Renate Trost e Sandro Scarrocchi (trad. in italiano a cura di), Il culto moderno dei monumenti. Il suo carattere e i suoi inizi, Bologna 1985. 20 Consiglio superiore per le antichità e belle arti, norme per il restauro dei monumenti, Carta italiana del restauro, 1932. 18

Conferenza Internazionale di Atene, Carta del Restauro di Atene , Atene 1931. 17 Gustavo Giovannoni, Questioni di architettura nella storia e nella vita. Edilizia, estetica architettonica, restauri, ambiente dei monumenti, Roma 1929. 16

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nata, deve ancorarsi alla città e necessariamente assumere al suo interno la contemporaneità”18. E ancora “non si deve risolvere solo il rapporto con il sito e con il luogo, ma si deve introdurre la componente della contemporaneità nel luogo stesso”. Intendendo con luogo non solo di ambiente fisico dove il progetto è inserito, ma anche in su senso più ampio, l’ambiente che rappresenta “gli infiniti spazi della memoria che sono dentro di noi”. Un’architettura non legata al luogo perde il suo significato e per questo l’architettura (sia che essa sia costruita ex novo, che sia un intervento sul costruito) deve stabilire una continuità fisica, storica e sociale con la città. Le successive Carte approfondirono ulteriormente la nozione di patrimonio architettonico, fino a includere in esso le città storiche, le aree urbane, l’architettura vernacolare, industriale e moderna, i giardini e i paesaggi storici; in altre parole i “luoghi di rilevanza culturale”, come si volle definirli nella Carta di Burra21, il cui valore “per le generazioni passate presenti e future” si chiedeva venisse stabilito su basi estetiche, storiche,

Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

scientifiche e sociali. La Carta di Cracovia22 dichiara di rifarsi esplicitamente ai principi contenuti nella Carta di Venezia; la novità consiste nell’introduzione del concetto di patrimonio e della necessità di applicare i principi del restauro agli interi centri storici, preservando e conservando l’intero territorio e le aree paesaggistiche. In questo contesto sono emerse le difficoltà di stabilire dei criteri di selezione e delle metodologie assolutamente validi. Guillermo Vázquez Consuegra, già prima che la Carta di Cracovia fosse redatta, aveva ben capito che fosse necessario proporre una soluzione adeguata al contesto e che quindi andasse valutata caso per caso senza applicare acriticamente un metodo prestabilito.

Bibliografia Alois Riegl, Der moderne Denkmalkultus, Sein Wesen, seine Entstehung, 1903. Renate Trost e Sandro Scarrocchi (trad. in italiano a cura di), Il culto moderno dei monumenti. Il suo caratter e e i suoi inizi, Bologna 1985. Boito Camillo, I restauri in architettura, in Questioni pratiche di Belle Arti, Milano 1893. Cesare Bandi, Teoria del restauro, 1963. Carta Italiana del Restauro, 1932, Consiglio Superiore per le Antichità e Belle Arti. Conferenza Internazionale di Atene, Carta del Restauro di Atene ,

Nella pagina successiva 11. Copertina del libro “The Seven Lamps of Architecture” di Jhon Ruskin. 12. Copertina del libro “Der moderne Denkmalkultus, Sein Wesen, seine Entstehung” di Alois Riegl.

Atene 1931. Consiglio superiore per le antichità e belle arti, norme per il restauro dei monumenti, carta italiana del restauro, 1932. Gustavo Giovannoni, Questioni di architettura nella storia e nella vita. Edilizia, estetica architettonica, restauri, ambiente dei monumenti, Roma 1929. John Ruskin, The Seven Lamps of Architecture, Londra 1849.

La Carta di Burra è stata adottata il 19 Agosto 1979 dall’ICOMOS Australia, a Burra nel Sud dell’Australia. La Carta di Cracovia è stata promulgata dalla comunità europea nel 2000 in occasione dell’anno internazionale dell’architettura. Il titolo della Carta era: “Principi per la conservazione ed il restauro del patrimonio costruito”.

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Tommaso Vecci, Saper credere in architettura. Trentotto domande a Guillermo Vázquez Consuegra, Napoli 2007. 33


Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

2.2 Consuegra all’interno del dibattito attuale Per capire il contributo e l’opera di Guillermo Vázquez Consuegra nel panorama europeo è necessario un preventivo lavoro di analisi del dibattito attuale all’interno della teoria del restauro. Definiremo quindi quali siano gli indirizzi metodologici attualmente prevalenti di questa disciplina e individueremo come l’architetto sivigliano si inserisca indi questo quadro, configurandosi come un architetto restauratore all’avanguardia. Coesistono nuove e diverse posizioni all’interno della teoria del restauro con diversi approcci dove il monumento può essere restaurato tramite reintegrazione o conservazione secondo la valutazione dell’architetto a cui spetta la decisione. Queste due linee d’intervento vengono definite rispettivamente di “manutenzioneripristino” e di “pura conservazione”. Tuttavia la teoria dominante è attualmente orientata verso il modello critico che, nel panorama restaurativo internazionale, rappresenta la posizione più equilibrata, matura e condivisa. In generale, il dovere primario 23 24

del restauro è la tutela del bene culturale i cui valori devono essere trasmessi alle future generazioni, con una scrupolosa conservazione che non deve però limitarsi alla “mummificazione” del bene a favore del non restauro, ma che deve ponderarne e valutarne le eventuali modifiche. Al contrario John Ruskin giudicava il restauro come “una menzogna”, pur ammettendone in alcuni casi l’indubitabile necessità. Per Cesare Brandi il restauro presenta due problematiche di fondamentale importanza: da un lato la conservare il bene culturale e dei suoi aspetti storici, che vanno conservati e trasmessi alle future generazioni, e dall’altro la preservare gli aspetti estetici in quanto opera d’arte. In questa definizione si possono individuare degli spunti per classificare le posizioni teoriche sull’argomento nell’attuale panorama europeo che, a seconda dei casi, privilegiano un aspetto piuttosto che l’altro. Le principali correnti di pensiero sono: - conservativa (Marco Dezzi Bar-

deschi); - neo-filologica o neo-stilistica (Paolo Marconi); - critica (Giovanni Carbonara). La linea conservativa, rispetto alla definizione di Brandi, privilegia più il dato storico rispetto a quello estetico; Secondo questa teoria il restauro è atto eminentemente scientifico e tecnico, attento intervento sulla materia dell’antica testimonianza storico-artistica, per mantenerla e tramandarla nella sua integrità ed autenticità di oggetto che ci proviene dal passato e che non postula di essere riportato al suo stato originale, né di apparire falsamente nuovo. La nuova cultura della conservazione trova le sue radici nelle teorie di John Ruskin, che definisce il restauro come “la peggior forma di distruzione” perché “accompagnato dalla falsa descrizione della cosa distrutta”23. L’importanza dello storico austriaco è ancor più evidente se si pensa a come la sua teoria, che soppiantò quella di Viollet-Le-Duc24, nonostante sia datata al XIX secolo, abbia ancora una notevole influenza sul dibat-

John Ruskin, The Seven Lamps of Architecture, Londra 1849. Eugène Viollet-le-Duc (1814-79), architetto francese pioniere del restauro stilistico. 35


Il confronto con la teoria del restauro

tito attuale, non trascurando che costituì, già a suo tempo, un forte elemento di rottura nella cultura perbenista del restauro europeo. In Italia uno degli esponenti principali del restauro conservativo è Marco Dezzi Bardeschi25. L’architetto e ingegnere esprime la convinzione che attualmente il progetto di restauro debba essere conservativo e per tale motivo non considera interni alla disciplina del restauro sia i ripristini, che i progetti di trasformazione dell’architettura storica, preferendo mantenere il valore documentario (valore di antichità) del bene piuttosto che quello artistico (valore d’arte)26. Per Bardeschi il restauro “non giustifica la soggettiva selezione ed il conseguente sacrificio di componenti materiali, di elementi o di parti demonizzate come ‘superfetazioni’ o come aggiunte non organiche […] Ciò porta ad identificare il restauro con l’assoluta conservazione dell’esistente”4. Un esempio noto di restauro eseguito da Bardeschi è il restauro della Cattedrale di San Procolo Martire, intervento che, seguendo il principio delle carte internazionali sul restauro del “minimo interven-

Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

to”, ha consentito la salvaguardia del monumento, assicurandone al contempo un corretto processo di conservazione che ha restituito alla chiesa la sua originaria funzione di luogo di culto e ne ha consentito la precisa comprensione nel tempo, sia delle diverse fasi storiche che delle loro stratificazioni. In Spagna il pioniere della scuola conservatrice fu Leopoldo Torres Balbás architetto restauratore del XX secolo che, pur non rifiutando l’intervento, lo limitò nel rispetto dell’esistente, preferendo azioni di mera consolidazione o riparazione e laddove fosse necessario utilizzando nuovi approcci senza creare disarmonie con l’antico. Un esempio di questa tipologia di restauro è rappresentato a Cipro dall’adattamento della Cattedrale di Nicosia, dove si interviene con un processo di risignificazione tramite la ridisposizione interna dei tappeti, evitando qualsiasi intervento invasivo. Con qualche forzatura potremmo annoverare alla stessa categoria gli interventi eseguiti da Alvaro Siza Vieira e Roberto Collovà per la sistemazione dei resti della Chiesa Madre e della piazza Alicia a Salemi (fig. 13).

La linea neo-filologica privilegia invece il dato estetico piuttosto che quello storico, cercando così di recuperare la bellezza e l’integrità del monumento antico anche se questo potrebbe significare farne perdere alcuni caratteri di autenticità storica; in termini ‘riegleliani’ si potrebbe dire che dell’edificio si preserva il valore artistico, non solo come testimonianza passata, ma anche come complesso di concezioni, forme e colori. Secondo questa scuola di pensiero, Il restauro è inteso come ripristino, restituzione in uno stato originario che si presume di poter raggiungere reintegrando, con un processo di completamento para-artistico più che scientifico, il mutilo o comunque danneggiato oggetto antico. L’operazione è guidata dalla necessità estetica di reintegrare una menomata espressione artistica. Il più insigne esponente di questo movimento è stato Paolo Marconi27, che sul tema del restauro così si espresse: “Ammetto con orgoglio di condividere ancora […] la debolezza di voler ricostruire nel migliore dei modi ciò che era stato danneggiato o distrutto […] Tale debolezza è tuttavia la mia forza.

Marco Dezzi Bardeschi (1934), ingegnere e architetto italiano, direttore della rivista ‘ANANKE e teorico del restauro architettonico. Alois Riegl, Der moderne Denkmalkultus, Sein Wesen, seine Entstehung, 1903. Renate Trost e Sandro Scarrocchi (trad. in italiano a cura di), Il culto moderno dei monumenti. Il suo carattere e i suoi inizi, Bologna 1985. 27 Paolo Marconi (1957-2013), architetto, storico e restauratore di architettura.

La forza di tutti coloro (e sono molti, ormai) che scorgono nella bellezza di quei siti il loro carisma, e nel recupero di quella bellezza il grande impegno morale degli architetti e degli archeologi, oltre e al di là delle eventuali performance degli architetti nel gergo del design contemporaneo. Nonché l’unica risorsa del nostro paese, altrimenti povero di materie prime”28. Notevoli esempi di tale teoria sono rappresentati dalla sistemazione museale dell’Ospedale di Santa Maria della Scala a Siena (fig. 14), dalla raffinata creazione di percorsi in vetro per la salvaguardia delle decorazioni pavimentali della Basilica di Aquileia (fig. 15), degli scavi di Fregellae, in provincia di Frosinone (fig. 16), dalla sistemazione museale e protettiva del tumulo delle Tombe Reali di Verghina in Grecia (Loukia Zaglaniki, 1991-96) e dalla classica sistemazione della Villa Romana del Casale a Piazza Amerina a Enna di Franco Minissi. (fig.17) La neo-filologia fonda le sue basi nella teoria di Camillo Boito, secondo cui i concetti di testimonianza storica, arte e civiltà dovevano essere prioritari rispetto alla tipolo-

gia e alla ricerca dell’unità di stile. La linea del restauro criticocreativo, attualmente prevalente, stabilisce una dialettica tra l’istanza storica e quella estetica ricercando individualmente la soluzione opportuna per ogni restauro poiché, ogni situazione necessita di uno studio e di una riflessione a sé, libera da dogmi, ideologie o metodi precostituiti; questo metodo sottintende grande fiducia nelle possibilità espressive e risolutive dell’architettura moderna e delle sue tecniche. L’intervento infatti, deve distinguersi e possedere il carattere della reversibilità, per cui nel caso di conflitti fra istanze storiche e artistiche, ed eseguiti gli opportuni studi e le valutazioni del caso, si sceglierà quale delle due debba prevalere. Renato Bonelli29, eccellente teorico del restauro critico, riteneva che il passato e il presente si dovessero sovrapporre senza entrare in conflitto e creando un’unica unità tra antico e nuovo. Il progettista deve possedere competenze storico-critiche e la capacità di gestire e coordinare maestranze e specialisti, senza affidare ad essi compiti di restauro, monitorando

In questa pagina 13.Trapani, sistemazione dei resti della Chiesa Madre e della piazza Alicia a Salemi, Alvaro Siza Vieira e Roberto Collovà 1991-98. 14. Acquileia, Passerella di vetro, Basilica, Ottavio Blasi associati 19982001. Pagina sucessiva 15. Frosinone, scavi Fregellae, Laura Romagnoli, Guido Batocchioni, Tommaso Gemma 1991-2001. 16. Enna, sistemazione per la Villa Romana, Piazza Armerina, Franco Minissi 1957. 17. Siena, sistemazione museale dell’Ospedale di Santa Maria della Scala, Guido Canali 1999.

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Paolo Marconi, Il recupero della bellezza, 2006. Renato Bonelli (1911-2004), storico dell’architettura e architetto italiano, principale esponente del restauro critico. 37


Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

costantemente che venga rispettata l’idea progettuale. Questa linea, nonostante sia attualmente la prevalente, non sempre viene seguita dagli specialisti del settore; ci ritroviamo così di fronte ad esempi di costruzioni mimetiche e di libero rinnovamento dove il nuovo domina, coprendo l’antico. Fatte le opportune premesse e il quadro generale degli indirizzi attualmente presenti all’interno del dibattito del restauro, proseguiamo facendo un excursus sugli interventi nei centri storici, premettendo che esiste al riguardo un acceso dibattito fra ‘conservatori’, ovvero coloro che vedono nel centro storico un unico documento da conservare, e ‘innovatori’ che vorrebbero costruirvi nuove architetture30. Al fine di individuare le varie posizioni degli studiosi in materia di intervento contemporaneo nei centri storici, menzioniamo l’analisi dell’intervento di Richard Meier per la sistemazione dell’Ara Pacis (figg. 18a, b e c), dove teorici del restauro, critici d’arte e architetti hanno espresso, in relazione all’intervento, differenti posizioni, accendendo un fervido dibattito. Da una parte si rileva-

va come l’architetto statunitense avesse aperto per la prima volta il centro di Roma alla contemporaneità, dando inizio ad una nuova stagione per l’architettura italiana. Questa scelta venne avvallata da eminenti studiosi come Francesco dal Co, Carmen Andriana, Paolo Desideri e Francesco Purini. E’ opportuno notare però come tutti i sopracitati architetti e studiosi, hanno apprezzato non tanto la qualità della composizione del progetto, quanto piuttosto il superamento di un’idea divenuta quasi tabù e la rottura di una cultura architettonica romana che demonizzava qualsiasi intervento contemporaneo nel centro storico. Al contrario, Francesco Careri, evidenzia come l’intervento di Meier sia estraneo al contesto, ai materiali e alla storia della città eterna, e non esistesse una reale necessità riguardo alla conservazione dell’Ara pacis, perorando una battaglia per l’architettura del tutto ingiustificata. Nonostante che per molti critici le città italiane siano ritenute indietro rispetto alle metropoli europee, altri, come Pierluigi Cervellati, critica questa posizione:

“il centro storico non è una parte della città, ma una città che dobbiamo salvaguardare, mentre adesso è solo un ‘non luogo’; l’opera di Meier avrebbe potuto realizzarsi appunto nelle periferie”. A tal proposito Giuseppe Strappa31 affermò: “che il centro storico si debba necessariamente rinnovare, non è una considerazione nuova, ma questa innovazione deve avvenire in maniera graduale, continua e necessaria, mentre oggi si tende ad assumere un atteggiamento di rottura con le preesistenze che non stabiliscono alcun rapporto di proporzione con la città storica”32. L’approccio di Meier si allontana di gran lunga da quello di Consuegra che nei suoi progetti mira alla ricostruzione per analogia, lasciando che il contesto e il luogo parlino della loro storia e gli suggeriscano la strada da seguire per la redazione di un progetto che si armonizzi con l’esistente e crei con esso una continuità. Infatti nelle sue opere, la contemporaneità non si introduce mai prepotentemente, ma entra a far parte di un unicum armonico in cui l’obiettivo finale è quello di creare della buona architettura.

Rossana Bettinelli, Il centro antico come monumento, in Italia Nostra 2006. Giuseppe Strappa (1947), architetto e docente ordinario di Progettazione architettonica e urbana presso la Facoltà di Architettura di Roma “Valle Giulia”. 32 Giovanni Carbonara, Architettura d’oggi e restauro: un confronto antico-nuovo, Torino 2011. 30 31

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Come dice il critico d’arte e di architettura Karl Scheffler: “[ormai gli architetti] hanno perduto la capacità di cogliere con sicurezza istintiva i rapporti armonici e di dare alle costruzioni un significato”33. Guillermo Vázquez Consuegra si configura quindi come un architetto attento al contesto storico e del luogo, cercando sempre di coglierne il genius loci e instaurando con esso uno stretto e necessario rapporto, totalmente estraneo a quello adottato nella nuova città del “capitalismo decadente, che è una città informe”34 ed estraneo quindi anche alla “volgarità di una produzione che non conosce altro obiettivo se non di costruire più in alto, più contorto, più invadente, più colorato e magari più rumoroso”. Esempi di una progettazione “rumorosa”, alla moda, ad opera delle “archistar” sono la torre per la Swiss Re a Londra di Norman Foster (fig. 19a) e la torre per la Agbar di Barcellona, Jean Nouvel (fig. 19b), giudicate entrambe da Adriano Paolella come “atto violento nei confronti di una città di cui si ignorano dimensioni e carat-

tere”35. Esistono tuttavia anche buoni esempi di interventi nel centro storico, come nel caso della Polonia che, dopo un cinquantennio di sperimentazioni, ha trovato una soluzione collaborativa fra architetti e conservatori specialisti per progetti che riproducano la stilistica originale dei monumenti, senza suscitare il dubbio che siano ricostruzioni né tantomeno originali dell’epoca. Un caso esemplificativo è quello di Elbląg (fig. 21), in occasione della ricostruzione delle case distrutte nella seconda guerra mondiale; questo tipo di intervento, riconducibile ad un approccio di tipo analogico, ha dato esiti positivi e di buona qualità, instaurando un rapporto di continuità con il costruito, senza però imitarlo. Il restauro analogico è attualmente la linea più seguita in Spagna, ed ha come principali esponenti Antón Capitel e Ignasi Sola Morales36. Guillermo Vázquez Consuegra, cercando di creare una continuità col passato, si colloca in questa corrente di intervento, che insieme al restauro

Pagina precedente 18a-b-c. Roma, Ara Pacis, Richar Maier, 1996-2006. Vista esterna, interna ed esploso prospettico. In questa pagina 19a. Londra, Torre per la Swiss Re, Norman Foster, 2004. 19b. Barcellona, Torre Agbar, Jean Nouvel 2005.

Karl Scheffler, Die Architektur des Grosstadt, Berlino 1913. H.Tessenow (trad. a cura di), Osservazoni elementari sul costruire, Milano, 1974. 34 Jeseph Rykwert, The Seduction of Place. The History and Future of the City, New York 2000. Duccio Sacchi (trad.in italiano a cura di), La seduzione del luogo, Torino 2003. 35 Adriano Paolella, L’ombra dei grattacieli. Per una critica ambientale dell’architettura contemporanea, Saonara 2006. 36 Antón Capitel (1904), architetto e direttore del Dipartimento di Progetto della scuola di architettura di Madrid; Ignasi Sola Morales (1942), architetto, storico e filosofo catalano. 33

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Il confronto con la teoria del restauro

Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

20. Valoración de los caracteres singulares del edificio mediante operaciones de restauración de partes sustanciales ocultas y de sustitución analógica de elementos irrecuperables o alterados.

posteriormente se desmontó y desde 1983 a 1986 se volvió a construir por Ignasi de Solà-Morales, Cristian Cirici y Fernando Ramos con la misma estructura.

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critico-creativo, di cui il restauro analogico ne rappresenta una soluzione, costituisce il modus operandi più seguito nel panorama spagnolo. Ne sono esempio il restauro del palazzo di San Telmo, dell’azienda agricola di Sant Ana, dell’Istituto Andaluso del patrimonio storico e dell’Istituto andaluso di Architettura. Anche l’uso dei materiali si rifà alla tradizione, senza peraltro escludere l’utilizzo attento di nuove tecnologie laddove fossero necessarie, senza entrare mai in conflitto col preesistente. In Europa possiamo individuare approcci simili in Germania: Christoph H. Mäckler e Hans Kollhoff; in Gran Bretagna: Michael Hopkins; e in Italia: Aldo Natalini. Mäckler, pur non lavorando sul costruito, nelle sue opere esibisce una profonda conoscenza delle tradizioni, che comprende e rielabora in chiave contemporanea. Per Mäckler il genius loci ha un’importanza fondamentale e un ruolo determinante sui progetti e per questo motivo che le sue ope21. Elbląg, ricostruzione delle case distrutte nella Seconda Guerra Mondiale. re non risentono dei gusti e delle 22. Amburgo, Lilienstrasse, edificio mode del momento, ma si caratteper negozi, Hans Kollhoff ed Helga rizzano per una forte espressività Timmermann 2002-05.

Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

capace di interpretare di volta in volta il carattere del luogo e il suo contesto. È interessante soffermarsi anche sul contributo teorico fornito dal filosofo buddista di origine tedesca Herbert V. Guenther. Infatti, già nel 1932, Guenther affermava la possibilità di una serena compatibilità “anche dal punto di vista della teoria artistica [...] di buona architettura antica e buona architettura nuova, le quali non ‘convivono solamente’ ma si esaltano reciprocamente con un’efficacia maggiore”37. Nella stessa direzione si muovono Hans Kollhoff ed Helga Timmermann con l’emblematico caso della riqualificazione di un antico edificio commerciale sulla Lilienstrasse (fig. 22), situato nel centro storico di Amburgo ed affacciato ad una delle arterie principali della città. Gli architetti progettando gli spazi destinati ad accogliere uffici e negozi su una superficie di 3.500 metri quadri, ridefiniscono la distribuzione dei diversi piani, ridisegnando il fronte del fabbricato “con lo scopo dichiarato di costruire, ancora una volta, un’architettura che restituisca un nuovo carattere all’intero comparto

urbano” e “ Così la vecchia quinta architettonica, realizzata venticinque anni fa e contraddistinta da un rivestimento metallico e da finestre a nastro a tutta larghezza, viene demolita per far posto ad una facciata spessa, articolata su piani diversi in profondità, rivestita di klinker e scandita da cinque arcate cieche che si sviluppano in altezza per i primi sei piani dell’edificio”38. La loro opera si distanzia largamente da quella ricerca di notorietà che caratterizza l’architettura contemporanea, rifiutando l’uso automatico di nuovi materiali e preferendogli quelli tradizionali, optando per il mattone faccia vista, che si ripresenta come costante nella maggior parte dei loro progetti. Nel panorama inglese, merita evidenza il lavoro di Michael Hopkins, in particolare nell’opera della nuova sede della Compagnia degli Haberdashers a Londra (fig. 23)39. Il materiale utilizzato è anche in questo caso il mattone faccia vista, che induce a una “seria riflessione sul passato e sulla ricchezza delle sue esperienze, tanto sotto il profilo linguistico quanto di una moderna attenzione tecnologica” 40.

In Italia Adolfo Natalini opera in maniera analoga. Il suo progetto più significativo dal punto di vista metodologico e che risponde a criteri del tutto simili ai casi visti precedentemente, è costituito in Olanda dalla ricostruzione della Waagstraat (fig. 24) che rappresenta simbolicamente la sua concezione della città e il suo modo di intervenire sull’esistente; l’opera è un importante esempio di luogo rigenerato senza aver cancellato la sua identità originaria; essa non rappresenta una tipologia di restauro ‘dov’era e com’era’ ma è “la conferma della vocazione urbanistica di quella parte della città. Il tutto rispondendo a un’idea di architettura “pesante”, connotata da “gravità e grevità”, tutt’altro che subitanea e di immediata obsolescenza”41. Come dice lo stesso Natalini “il tempo dell’architettura è un tempo lungo dove ieri, oggi e domani si sovrappongono”41. Nello specifico della realtà iberica possiamo valutare come il restauro analogico si basi prevalentemente sugli stessi principi del restauro critico-creativo facendo però dell’analogia formale il princi-

pio fondamentale che muove ogni intervento di restauro. I teorici che fanno capo a questa scuola di pensiero sono Antón Capitel, (architetto e teorico del restauro) e Ignasi Solà-Morales (architetto, storico e filosofo Catalano.). Antón Capitel, nella sua opera più importante “Metamorfosis de monumentos y Teorías de la Restauración”42 (Metamorfosi dei monumenti e teorie del restauro, 1998) fa essenzialmente una revisione dei progetti di restauro degli architetti classicisti, configurandosi fra le più importanti opere sul restauro realizzato in Spagna negli ultimi anni. Capitel afferma che esistono due differenti modi di trattare le opere di valore del passato: - la metamorfosi, che esegue una trasformazione della realtà architettonica originaria; - il restauro, che riscatta e conserva i valori originari del monumento. La metamorfosi dei monumenti è l’espressione più radicale del restauro e in alcuni casi, necessita di un esercizio particolarmente riflessivo sulla disciplina della composizione architettonica per poter interpretare la configurazione ori-

Davide Turrini, Edificio per negozi e uffici sulla Lilienstrasse, Amburgo, 2003-05, in “Costruire in Laterizio” 2005 (n°106). Cristina Donati, Michael Hopkins. Due opere recenti, in “Costruire in laterizio”, 2006 (n°110). 40 Cristina Donati, Un dialogo con Adolfo Natalini, in “Costruire in laterizio, 2004 (n°97). 41 Giovanni Carbonara, Architettura d’oggi e restauro : un confronto antico-nuovo, Torino 2011. 42 Anton Capitel, Metamorfosis de monumentos y teorías de la restauración, Madrid 1988. 38 39

37 Maria Grazia Sandri, Antico e nuovo: il punto di vista dei protagonisti del Movimento Moderno, in “Antico e nuovo. Architetture e architettura” (atti di convegno, Venezia 31 marzo – 3 Aprile 2004), Padova 2007.

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Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

In questa pagina 23. Londra, Compagnia degli Haberdashers, Michael Hopkins 2002. 24. Gronigen, ricostruzione della Waagstraat, Adolfo Natalini 1991-96. 25. Medina di Rioseco, Restauro della chiesa di Santa Croce, José Ignacio Linazasoro 1985-88. Nella pagina successiva 26. Cordoba, Restauro della moschea, 1990. 27. Medina di Rioseco, Restauro della chiesa di Santa Croce, José Ignacio Linazasoro 1985-88. 28. Granada, Ampliamento dell’Alhambra, Carlo V, 1526. 29. Merida, Sistemazione dell’area del tempio di Diana, José Maria Sachez Garcia 2005-08.

ginale seguendone le tracce e al contempo risolvendo i problemi nel rispetto della qualità. Il libro esamina alcuni casi come la Moschea di Cordova (fig. 26), l’ampliamento dell’Alhambra a Granada con il palazzo di Carlo V (fig. 28) e infine le cattedrali di Santiago de Compostela e di Burgos de Osma. Capitel partendo dall’analisi critica del monumento ne individua limiti e ambiguità. Le risposte alle problematiche degli edifici alla fine confluiscono tutte nel concetto di “analogia formale”, intesa come mezzo capace di conciliare la necessaria armonia con l’antico col il rigore dell’archeologia, riuscendo così a superare lo scontro tra nuovo e vecchio ed evitando quindi equivoci storici o artificiose differenziazioni rispetto all’esistente. Esempi significativi sono gli interventi per la sistemazione del Tempio di Diana, d’età romana (fig. 29) e il restauro del convento di San Benedetto (Alcántara 1962), con l’interessante soluzion della scala a più rampe e l’integrazione della volta nella ‘sala gotica’, il completamento della chiesa di Santa Croce di José Ignacio Linazasoro (figg. 25 e 27). Uno dei più importanti contribuiti è senz’altro costituito dal progetto di Giorgio Grassi per la risistemazione del teatro romano di Sa47


Il confronto con la teoria del restauro

In questa pagina 30 a-b. Madrid, Complesso Scuole Pie di San Fernando, José Ignacio Linazasoro. Viste degli interni. Nella pagina successiva 31. Sagunto, Restauro e riabilitazione del teatro romano, Giorgio Grassi 1990-93.

gunto (fig. 31), che Antón Capitel apprezzò pur riconoscendone alcuni limiti. Claudio Varagnoli apprezzando l’intervento di Grassi lo annoverò in quella corrente di pensiero che considera i monumenti antichi degli “elementi della composizione e come tali [andrebbero] completati o ricostruiti, ma certamente non imbalsamati o abbandonati allo specialismo tecnico”. Così come Aldo Rossi, “Grassi non considera importante per la conservazione di un edificio il mantenimento di una funzione, ma l’esplicazione di un ruolo […] E per raggiungere questo obiettivo, le forme del passato non devono ripetersi pedissequamente, ma vanno ascoltate, prese a modello, come fanno gli architetti rinascimentali nei confronti degli exempla della classicità, che si vogliono far rivivere più che restaurare”. Quella di Sagunto è “la ricostruzione di un’idea di teatro, una nuova nascita del teatro antico”43 è un’idea non condivisibile, ma certamente apprezzabile per la sua forza, infatti il teatro costituisce ancora uno dei fuochi polemici maggiori all’interno del dibattito spagnolo. Altri due esempi significativi

sono quelli di José Ignacio Linazasoro, per il restauro della chiesa di Santa croce e dei ruderi delle antiche Scuole Pie di San Fernando, (figg. 30a e b) trasformate rispettivamente in biblioteca e centro universitario e culturale. Nella biblioteca sono stati riutilizzati i resti dell’antica chiesa valorizzando la potenzialità espressiva della “rovina”. Il materiale principale utilizzato per il restauro è il mattone che ha caratteristiche atemporali pur risultando contemporaneo, permettendo così di conferire al manufatto una maggiore unitarietà e coesione tra il nuovo e l’antico. Antón Capitel si esprime a riguardo di questo progetto definendolo un buon restauro che rispetta l’origine del monumento ed opera moderatamente senza romperne l’unità. José Ignacio Linazasoro In una conferenza tenutasi presso la Facoltà di Architettura “Valle Giulia”, dell’università “La Sapienza” di Roma, ha citato alcuni esempi di interventi che confermavano la sua linea di pensiero, tra questi anche la riconversione del municipio di Tomares a Siviglia, opera di Guillermo Vázquez Consuegra in cui il rapporto tra antico e nuovo

Claudio Varagnoli, Antichi edifici, nuovi progetti. Realizzazioni e posizioni teoriche dagli anni Novanta ad oggi, in “Antico e nuovo. Architetture e architettura” (atti di convegno, Venezia 31 marzo - 3 Aprile 2004), Padova 2007.

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Il confronto con la teoria del restauro

è vissuto non in termini linguistici, ma tipologici e urbanistici. Significativa è l’opera teorizzatrice di Ignasi Sola Morales, voce autorevole nel panorama della restauro spagnolo. L’architetto catalano rifiuta la mera conservazione fine a se stessa, invitando ad assumere atteggiamenti più interventisti, privilegiando l’architettura rispetto alla conservazione e al restauro. Il modello di intervento che emerge dalla sua opera risulta simile a quello di Capitel, richiamandosi all’analogia formale e riconoscendo nell’opera di ‘restauro’ del Municipio di Göteborg (1913-37) di Erik Gunnar Asplund (nascita), del Museo di Castelvecchio a Verona di Carlo Scarpa (fig. 32) e del Castello di Abbiategrasso di Giorgio Grassi (fig. 33), dei chiari esempi del procedimento analogico in cui è presente un “controllato dosaggio dei rapporti fra somiglianza e diversità” e “l’interpretazione dei tratti dominanti dell’edificio antico allo scopo di farsene eco”44. Critica invece il progetto di ampliamento del Banco de España a Madrid (1978-79) (fig. 34a, b e c) dell’architetto murciano Rafael Moneo (nascita), presentandolo come ti32. Verona, Museo di Castelvecchio, pico esempio di metodo analogico Carlo Scarpa 1958-74. spinto entro il “solco ristretto sta33. Rivista “2c Construccion”, articolo sul Castello di Abbiategrasso, Giorgio bilito dalle leggi dello stesso ediGrassi 1970. ficio, dalla sua logica compositiva 50

Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

e dall’organizzazione costruttiva e spaziale esistente [...] senza alcun tipo di distanziamento che delimiti le caratteristiche proprie di ogni operazione estetica”44, l’analogia diventa così mera tautologia. Nonostante attualmente la linea dominante in Spagna resti quella del restauro analogico, visto come sviluppo del restauro critico-scientifico, fino al 1920 la tendenza stilistica comune era la “escluela restauradora” che aveva come fondamenta le tesi formulate da Viollet Le-Duc, secondo il quale riparare un edificio non significava ristabilirlo, ma conferirgli un nuovo stato di integrità, che può anche non essere necessariamente esistito. Si ricerca così l’unità di stile, in quanto l’edificio che ne conservi tale stato aumenterà il suo valore rispetto ad uno che si presenta come un insieme di interventi disgiunti nel tempo. Il capofila di questo movimento in Spagna fu Matías Laviña Blasco, la cui opera più significativa è rappresentata dal restauro di Santa Maria de la Regla (fig. 35a e b), che rispetta le direttive emanate dalla Real Reglamentación che guidano al “rispetto del pensiero originale adattando le parti nuove al carattere della fabbrica e procurando che le parti antiche e quelle moderne si somiglino e sembrino della stessa

epoca”. Il secolo successivo l’architetto Juan de Madrazo y Kunz (1829-80) influenzato dalle teorie di Viollet Le-Duc, lavorò sulla stessa linea, ricercando più accuratamente lo stato originario delle sue opere; le opere di restauro si devono “armonizzare esattamente con il carattere e lo stile dell’edificio e senza incoerenze né anacronismi che risultino vergognosi”45. Nella seconda metà del XIX secolo fino agli inizi del XX, si colloca l’opera centrale di Vicente Lampérez y Romea (1861-1923), maggiore esponente dell’ “escluela restauradora”, che fu il primo a mettere per iscritto i criteri del restauro da seguire (preceptos y bases), distinguendo “monumenti vivi” che continuano o possono tornare ad essere utilizzati per lo stesso scopo per cui furono costruiti, e “monumenti morti” nei quali si sono perse le finalità originarie riguardanti una civilizzazione ormai estinta. Solo raramente saranno ammessi dei restauri totali, mantenendo comunque fede come ogni integrazione debba essere effettuata con fedeltà nello stile primitivo del monumento per rappresentarne l’epoca, lo sco-

po e il contesto. Le sue opere di restauro integrale sono quelle della cattedrale di Burgos e di Cuenca (fig. 36). In Spagna la corrente alternativa e concorrente alla scuola restauratrice fu quella del restauro filologico, fortemente influenzata dal metodo scientifico di Boito. I maggiori rappresentanti di questa tendenza furono iI Marqués de La Vega-Inclán (1858-1942) e Leopoldo Torres Balbás46 che da Madrid inizieranno a diffondere il loro pensiero restaurativo. Balbás constatava un certo ritardo delle teorie del restauro rispetto al resto dell’Europa, continuando ad operare col totale rifacimento delle opere in nome dell’unità di stile, cancellando così l’azione del tempo e aggiungendo parti nuove che oltre a far perdere il valore di antichità all’opera ne mimetizzano la storia confondendo l’archeologo, l’artista e lo spettatore. Il suo intervento più significativo è quello del restauro dell’Alhambra a Granada dove “demolisce, ripara e ricostruisce con il ‘rigore’ storico che deriva dalla certezza dei dati documentati e degli elementi superstiti”47.

I materiali utilizzati per il restauro sono stati reperiti il più possibile in loco, ricorrendo a materiali moderni solo laddove fosse necessario e sempre che non entrino in conflitto con quelli originari che, con naturalezza e senza forzature devono distinguersi da quelli antichi. Nella costituzione spagnola del 1978 trova spazio anche la legge sul patrimonio storico. La nuova politica oltre a rinnovare le istituzioni e l’economia ha influito anche nel rinnovamento dei contenuti teorici degli interventi di restauro a tutela del patrimonio architettonico spagnolo. La corrente del restauro critico-creativo di Antón Capitel e Ignasi Solà Morales entrò così a far parte della cultura nazionale. Vázquez Consuegra, pur non essendo principalmente un progettista restauratore, operando durante il periodo democratico subì le influenze della teoria del restauro spagnola e in particolare della scuola dell’analogia formale, assimilando anche le nuove tendenze europee e in particolare quelle italiane dall’architettura razionalista di Aldo Rossi, Giorgio Grassi, Carlo Aymonino e Vittorio Gregotti. La sua sensibilità verso le

Giovanni Carbonara, Architettura d’oggi e restauro: un confronto antico-nuovo, Torino 2011. Carta al Cabildo di Leon, 1878. 46 Leopoldo Torres Balbás (1888-1960), architetto restauratore e rappresentante spagnolo alla conferenza di Atene. 47 Giovanni Carbonara, Architettura d’oggi e restauro: un confronto antico-nuovo, Torino 2011. 44 45

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Il confronto con la teoria del restauro

Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

costruito, una strategia intellettuale ideologica applicabile all’insieme, però allo stesso tempo capace di risolvere intuitivamente episodi particolari in una forma diversa. Questo per me è molto più interessante, perché permette di ottenere una continuità fisica e storica con il costruito. Per esempio nel caso di San Telmo che non riguarda solo il restauro, ma anche i consolidamento statico e l’ampliamento dell’edificio, stiamo lavorando affinché tutte le parti che concorrono nel progetto, nuove e già costruite facciano parte di un unicum, cioè fanno parte di un nuovo tutto e dove questo tutto sia maggiore della somma delle parti. Questa strategia permette che il nuovo edificio che risulterà da questo processo si inserirà in quella continuità che è parte integrante della costruzione della città da sempre, questo per me è fondamentale. Non mi interessa l’edificio in sé come artefatto isolato, ma mi interessa quando diventa paesaggio della città, cioè edificio capace di conciliarsi e con-fondersi nel luogo”48.

problematiche dei centri storici è stata rafforzata dal contesto della sua città natale della cui storia e tradizioni è profondo conoscitore riuscendo a interpretarne lo spirito nei suoi progetti. Nell’intervista fatta da Tommaso Vecci, riportata nelle “Trentotto domande a Guillermo Vázquez Consuegra” gli viene chiesto quale sia il suo rapporto con il costruito e quale sia l’atteggiamento che il progettista debba assumere dinnanzi ad esso. La sua risposta chiarifica la sua posizione rispetto al tema: “Credo che ogni esperienza sia unica, non si può pensare ad una strategia comune per ogni intervento. Se penso al restauro o agli interventi sul costruito credo ci siano due estremi: da una parte la ricostruzione mimetica pura, ossia il pastiche storicista, e dall’altra la rottura totale del nuovo rispetto al costruito. Personalmente penso che ci sia una terza via, una via intermedia tra i due estremi che possa risolvere e trovare una relazione di analogia tra il nuovo ed il In questa pagina 34 a-b-c. Madrid, Ampliamento del Banco di Spagna, Rafael Moneo 2003. Vista generale e dettagli. Pagina successiva 35a-b. Léon, Santa Maria de la Regla. La Cattedrale prima e dopo il restauro di Matías Laviña Blasco (1796-1868). 36. Cuenca, Cattedrale. Prima e dopo il restauro di Viollet-Le-Duc (1903). 52

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Tommaso Vecci, Saper credere in architettura. Trentotto domande a Guillermo Vázquez Consuegra, Napoli 2007. 53


Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

Bibliografia Adriano Paolella, L’ombra dei grattacieli. Per una critica ambientale dell’architettura contemporanea, Saonara 2006. Anton Capitel, Metamorfosis de monumentos y teorías de la restauración, Madrid 1988. Carta al Cabildo di Leon, 1878. Claudio Varagnoli, Antichi edifici, nuovi progetti. Realizzazioni e posizioni teoriche dagli anni Novanta ad oggi, in “Antico e nuovo. Architetture e architettura” (atti di convegno, Venezia 31 marzo - 3 Aprile 2004), Padova 2007. Cristina Donati, Michael Hopkins. Due opere recenti, in “Costruire in laterizio”, 2006 (n°110). Cristina Donati, Un dialogo con Adolfo Natalini, in “Costruire in laterizio, 2004 (n°97) Davide Turrini, Edificio per negozi e uffici sulla Lilienstrasse, Amburgo, 2003-05, in “Costruire in Laterizio”, 2005 (n°106). Gabriel Ruiz Cabrero, Spagna. Architettura 1965-1988, Milano 1989. Giovanni Carbonara, Architettura d’oggi e restauro : un confronto antico-nuovo, Torino 2011. Giulia Ferrari, Marone Virginia, Quei giardini fuggitivi come gli anni, architettura e giardino a Confronto, tesi di laurea, Milano 2011. Guillermo Vázquez Consuegra, Opere e progetti, Milano 2005. John Ruskin, The Seven Lamps of Architecture, Londra 1849. Joseph Rykwert, The Seduction of Place. The History and Future of the City, New York 2000. Duccio Sacchi (trad.in italiano a cura di), La seduzione del luogo,Torino 2003. Karl Scheffler, Die Architektur des Grosstadt, Berlino 1913. H.Tessenow (trad. a cura di), Osservazoni elementari sul costruire, Milano, 1974. Marconi, Il recupero della bellezza, 2006. Maria Pia Sette, Profilo storico, in Trattato di restauro architettonico, diretto da G. Carbonara, Torino 1996, v. I, pp. 109-299. Paolo Rossana Bettinelli, Il centro antico come monumento, in Italia Nostra, 2006. Sandri Maria Grazia, Antico e nuovo : il punto di vista dei protagonisti del Movimento Moderno , (atti del convegno “Antico e nuovo. Architetture e architettura”, Venezia 31 marzo – 3 Aprile 2004), Padova 2007. Tommaso Vecci, Saper credere in architettura. Trentotto domande a Guillermo Vázquez Consuegra, Napoli 2007.

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Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

3.1 Il contesto storico-urbanistico Le opere di Consuegra sul costruito sono quasi tutte situate nella città di Siviglia ad eccezione dell’Azienda di Santa Ana, dislocata a Tomares, piccolo comune all’interno dell’area metropolitana del capoluogo andaluso. Siviglia è la città più popolosa dell’Andalusia e la quarta in ordine, dopo Madrid, Barcellona e Valencia. Il suo centro storico (da intendersi come zona antica anteriore alla rivoluzione industriale) è il più esteso della Spagna e uno dei più grandi in Europa. Questo patrimonio storico e monumentale e gli scenari urbani che lo contornano favoriscono la spiccata vocazione e attrazione turistica sia a livello nazionale che internazionale del capoluogo. I suoi siti più rappresentativi si possono individuare nella Cattedrale, nell’antico Palazzo reale (Alcázar), nell’archivio delle Indie e nella Torre dell’Oro, di cui i primi tre dichiarati nel 1987 dall’Unesco “Patrimonio dell’umanità”. Nell’architettura cittadina si possono leggere chiaramente le diverse civiltà che l’hanno popo-

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lato la città nei secoli, lasciandole in eredità una ricchezza monumentale unica e imponente, tanto negli edifici religiosi che in quelli civili, dove si possono notare le influenze dei romani, dei visigoti, degli arabi, fino ai movimenti europei come il razionalismo, il modernismo e il regionalismo storicista andaluso48. Siviglia può considerarsi e configurarsi come uno spazio abitabile che viene lentamente costruito, estendendosi nel tempo e nello spazio. Per capirne la morfologia bisogna conoscerne la sua evoluzione urbana, anche attraverso un supporto grafico; risulta più utile infatti inquadrarne l’urbanizzarono dei quartieri piuttosto che conoscerne una serie di eventi storici apparentemente sconnessi dalla materialità della trama. Perciò, la base dalla quale partire per eseguire un’acuta analisi urbana deve essere quella di commentare la sequenza evolutiva dei piani, analizzando le differenti cinta della città dall’epoca romana fino ai giorni nostri. Siviglia ha origine da un paese

fondato dai Tartessiani nel VIII secolo a.C., chiamata Ispal, che i fenici occuparono posteriormente. Nell’anno 205 a.C. Cornelio Scipione l’africano conquistò la città cartaginese, dichiarandola capitale della provincia romana di Betica. Il nome originario si latinizzò, divenendo così Hispalis. Il recinto romano della città ha avuto origine dalla calle abades, che all’epoca costituiva uno degli assi principali (cardo e decumano) tipici della città romana. Nell’incontro tra queste due vie si situava il foro, dove ipoteticamente si trovava il tempio di Ercole, del quale sono rimaste solo le colonne. Nel 428 la città romana fu conquistata dai Vandali che, poco dopo furono scacciati dai Visigoti. Solo dopo fu conquistata dai musulmani, che arabizzando il nome latino coniarono l’attuale denominazione di “Sevilla”. Fu in questo periodo che si configurarono le mura che circondano e racchiudono quasi interamente il quartiere storico della città. Questo “recinto” conobbe diverse fasi di costruzione e ampliamento so-

Guillermo Vázquez Consuegra, Guia de arquitectura de Sevilla, Siviglia 1992. 59


Progetti per Siviglia: il passato plasma il presente

prattutto durante il IX secolo e l’XI secolo, durante i quali la città conobbe un notevole incremento del suo perimetro urbano, che rimase semivuoto nei secoli successivi, fino alla conquista cristiana. Durante questo periodo il fiume che bagna la città conobbe un cambiamento dell’alveo, che produsse due “vuoti”, situati nell’attuale Alameda di Ercole e nella zona vicino alla porta del Arenal. Nel 1248, dopo che il re cristiano Ferdinando II conquistò la città, nacquero i primi sobborghi dell’Arenal e della Macarena e dopo poco tempo quello di Triana. Durante il XV e il XVI secolo, Siviglia si consolida estendendosi fuori dalle antiche mura e divenendo la città simbolo dei viaggi atlantici che permisero la conquista delle Canarie e dell’America; vennero così costruiti una grande quantità di edifici emblematici come la Casa de la Contratación, il Comune, l’ospedale de las Cinco Llagas (attuale parlamento Andaluso), che a quei tempi fu considerato come uno dei più grandi al mondo. Nonostante durante il XVII e XVIII secolo importanza commerciale del capoluogo andasse

Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

scemando, vennero comunque realizzati edifici importanti, come il monastero della Cartuja (restaurato nel 1987 da Guillermo Vázquez Consuegra), la Fabbrica Reale del Tabacco e la Casa Reale della Moneta, e fu proprio nel 1771 che venne realizzato, per mano di Pablo de Olavid, il primo piano della città, che costituisce il primo documento attendibile dello stato dell’antica Siviglia. Durante il XIX secolo vennero prodotti profondi cambiamenti, tanto alla scala provinciale quanto a quella urbana della città. Obbedendo più a a ragioni di igiene che di ampliamento, vennero così demolite le mura e costruita la ferrovia; furono infatti necessari parecchi anni prima che la città si espandesse al di fuori del perimetro tracciato dalle mura. La costruzione della ferrovia sancì l’utilizzo delle nuove moderne tecnologie, producendo però nuove barriere e nuove mura che ancora oggi è sono difficile da abbattere. Durante il XX secolo due importanti esposizioni universali segnarono architettonicamente la città: l’Esposizione Ibero-americana del 1929 (fig. 1), organizzata per

potenziare l’economia andalusa, che ha lasciato in eredità Plaza de España (figura a pag. 53-54) e il parco María Luisa (fig.2), definite opere della cosiddetta architettura regionalista. Si determinò inoltre una prima espansione urbanistica con la costruzione, tra le tante, del corso La Palmera, Reina Mercedes, Heliópolis e così via. Dopo la parentesi della guerra civile, iniziata nel 1926 e terminata nel 1939, negli anni sessanta la città si espanse verso l’esterno in differenti direzioni continuando la sua opera di modernizzazione. Posteriormente venne ristrutturato il corso del fiume Guadalquivir, canalizzando gli affluenti Tagarete, Tamargillo e Guadaira, al fine di evitare le inondazioni come quella catastrofica degli anni ‘50. La città continuò la sua crescita fino al 1980, anche favorita dal fenomeno dello spopolamento delle campagne. Siviglia è una città dalle forti tradizioni popolari, dove si celebra la maestosa e storica Semana Santa, la Settimana Santa, e dove si svolge la Feria de Abril, la più festosa fiera annuale dell’Andalusia, entrambe dichiarate di Interesse Turistico Internazionale e definite

da Aldo Rossi come le più grandi architetture di Siviglia. In vista dell’Esposizione Universale del 1992, la città attuò una serie di misure urbanistiche all’interno delle quali si distinsero la dotazione delle tecnologie per i treni ad alta velocità (AVE), la costruzione della autostrada SE-30 e i nuovi ponti di collegamento fra le due sponde del fiume. Nella prima decade del XXI secolo, risulta evidente la forte spinta alla modernizzazione e allo sviluppo territoriale, sia nel tessuto industriale che nel modello della sostenibilità e mobilità. Il piano della moderna Siviglia non ha una struttura che domina sulle altre, anche se con un’analisi più dettagliata si possono distinguere diversi tipi di piano: rettangolare, radio centrico, funzionalista, anche se si presentano senza un’apparente connessione. Gli esempi più lampanti di quartieri rettangolari sono Los Remedios, Nervión e il Cerro del Águila ed altri di minori dimensioni e importanza che si distribuiscono su tutto il piano cittadino. Esistono invece solo due esempi di piani radio centrici, intorno alla piazza

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de Cuba e nella città giardino di Nervión. Il resto della grande superficie della città è costituito da piani funzionalisti con edificazioni di blocchi alti e separati in maniera irregolare da zone verdi come i grandi poligoni di San Pablo, sud e nord, o tanti altri come Rochelambert e Santa Aurelia49. In questo contesto storico urbano si collocano le opere sul costruito di Guillermo Vázquez Consuegra.

http://www.sevilla.org/urbanismo 61


Progetti per Siviglia: il passato plasma il presente

Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

1777. Primo piano per la città di siviglia, chiamato "De Olavide", Francisco Manuel Coello y José Amat

1890. Piano caratterizzato

1868. Piano di espansione

1918. Plano de Riegos. Appaiono le modifiche al

verso nord della città

Pagina successiva Plaza de España 62

dalla vegetazione urbana che racchiude la città in un anello.

tessuto urbano apportate in vista dell'esposizione iberoamericana del 1929.

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Bibliografia Guillermo Vรกzquez Consuegra, Guia de arquitectura de Sevilla, Siviglia 1992. Sitografia http://geografiadesevilla.wordpress.com/ http://es.wikipedia.org/wiki/Historia_de_Sevilla http://www.esp.andalucia.com/ciudades/sevilla/historia.htm http://www.sevillanisimo.es/historia-sevilla/historia-sevilla.html http://otraarquitecturaesposible.blogspot.it/2011/04/evolucionurbana-de-sevilla.html http://pakenredes.cepalcala.org/upload/file_ aj14_05_09_6_45_19.pdf


Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

3.2 L’istituto andaluso di Architettura: da residenza privata a luogo pubblico Il progetto contempla la ristrutturazione e riconversione di una casa ad uso residenziale situata nell’antico Patio de Banderas, come sede dell’Istituto andaluso di Architettura. Il Patio de Banderas, ubicato nel centro storico della città, costituisce un luogo di passaggio per accedere alla Plaza del Triunfo e al quartiere storico di Santa Cruz (antico ghetto della città). Nelle vicinanze sono siti monumenti di straordinario valore storico-artistico come la Cattedrale, l’Archivio delle Indie e il Palazzo Arcivescovile. Il patio subì negli anni numerosi interventi determinati soprattutto dai frequenti cambi d’uso. Ad esempio l’iniziale collocazione delle panchine, della fontana centrale e del perimetro alberato furono modificati e trasformati e nel 1857 le panchine vennero definitivamente smantellate. In occasione dell’Esposizione Iberoamericana del 1929 la parte centrale del patio fu nuovamente corretta e riorganizzata e la vecchia fontana, ormai ridotta a rudere, fu sostituita, come pure furono ridisposti gli alberi in maniera tale da permettere la circolazione di veicoli lungo il suo perimetro. La tipologia della casa a patio sivigliana può essere letta come l’evoluzione della casa mediterra-

nea antica reinterpretata in chiave musulmana. Tutta l’organizzazione spaziale degli ambienti era infatti dettata dalla presenza del patio, che ne rappresentava il nucleo centrale. La ristrutturazione di una delle residenze del patio de Banderas come sede dell’Istituto Andaluso di architettura, fu commissionato nel 1985 a Guillermo Vázquez Consuegra, profondo conoscitore delle tradizioni architettoniche andaluse e sivigliane in particolare. Il progetto si fondava sullo spostamento delle scale e la creazione di un secondo piano avente la stessa superficie del pian terreno e del primo piano. L’accesso fu concepito alla fine di un corridoio che termina in un vestibolo, affacciato a sua volta sul patio e da quest’ultimo si accede alle scale che conducono ai livelli superiori, dislocate più internamente rispetto alla posizione originaria. E’ interessante notare e analizzare la cura prestata da Consuegra per i dettagli. Per evitare l’impressione del vuoto nel muro di fronte alla scala, l’architetto ideò infatti un percorso perimetrale continuo tale da provocare un movimento involvente e inoltre ne concepì una particolare conformazione

che vede l’utilizzo di una doppia alzata tale da rendere superflua la dotazione del corrimano e conferendo allo spazio una maggiore continuità visiva e spaziale. Nel secondo livello, nell’intento di aumentare la volumetria dell’edificio fu spostata la copertura del patio dal primo livello al secondo. La tettoia di copertura venne sostituita con un prisma vetrato, che pende nel vuoto come un grande lampadario di cristallo capace di illuminare tutti gli ambienti serviti dal patio costituendo l’elemento che conferisce il carattere pubblico alla casa. La decisione di aumentarne la volumetria si rese necessaria per poter compiere il programma funzionale. L’edificio terminato prevedeva una sala riunioni, una biblioteca, un ufficio per la Segreteria Generale, una segreteria, un piccolo deposito e i servizi. Il secondo piano, prima inutilizzabile, diventò così uno spazio di ampio respiro dove si trovano i locali più ampi dell’edificio. Infine, Una scala elicoidale conduce alla copertura, anch’essa curata nei dettagli e protetta da un lucernario cilindrico. Il progetto di Consuegra consiste in un cambio d’uso di una casa residenziale che, prima del progetto, si trovava in ottimo stato. 67


Progetti per Siviglia: il passato plasma il presente

Il caso trattato si riferisce, più che a un restauro, ad un adattamento alla nuova funzionalità di un edificio preesistente, cercando però di confermare le caratteristiche tipologiche originarie di cui si mantengono le virtù. Rispetto al costruito, il suo intervento risulta ben riuscito e distinguibile dal sapiente uso dei materiali e dall’attualità espressiva degli interventi.

Bibliografia Guillermo Vázquez Consuegra, Opere e progetti, Milano 2005. Guillermo Vázquez Consuegra, Guia de arquitectura de Sevilla, Siviglia 1992. Sitografia http://www.vazquezconsuegra.com/ http://sevillapedia.wikanda.es/wiki/Plaza_Patio_de_Banderas_ (Sevilla) http://andaluciainformacion.es/sevilla/366349/la-cripta-del-patio-

Lucernario vetrato che sostituisce l’antica tettoia in vetro. 68

de-banderas/ http://es.wikipedia.org/wiki/Patio_de_Banderas


Sezione dell’ edificio, assonometria della scala che conduce dal primo piano al secondo piano, vedute dal basso o dall’altto della scala

Sezione del dettagli e vedute della scala di legno che corre lungo la parete e che duplica lo scalino nella sua parte esterna


Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

3.3 L’Istituto andaluso del Patrimonio Storico: la metamorfosi del monastero certosino dal XV al XXI secolo La “Cartuja” è l’antico monastero certosino di Santa Maria de las Cuevas fu fondato nel XV secolo dall’arcivescovo D. Gonzalo de Mena. La prima struttura ad essere edificata fu la cosidetta cappella della Maddalena e solo successivamente fu costruito l’antico chiosco e la Capilla del Capítulo (fig.). Il complesso può considerarsi come una piccola città chiusa all’interno delle sue mura e dislocata sull’altra sponda del Guadalquivir. Nel 1810 l’invasione napoleonica provocò lo sfacelo nel monastero che venne violentemente saccheggiato e convertito in caserma; i certosini furono espulsi e definitivamente esclaustrati (permesso dato a un religioso di vivere fuori del proprio ordine pur osservando i voti) nel 1836, durante il periodo della Desamortización di Mendizábal50. L’intervento effettuato nel complesso monumentale è, nel suo genere, l’opera più rilevante mai attuata in Andalusia. L’amministrazione investì ingenti risorse economiche per il suo restauro affidando

a Consuegra il progetto per la riconversione del chiostro dei laici. La sua storia fu segnata da profondi sconvolgimenti che ne determinarono una graduale trasformazione, il deterioramento e la distruzione di alcune sue parti. Per adattare il vecchio e vetusto monastero alla nuova funzione e offrire una maggior sicurezza dalle piene del Guadalquivir, furono eseguiti ponderati ampliamenti, ricostruzioni e riparazioni della struttura. Nel 1840 il commerciante inglese Pickman, residente a Siviglia, si appropriò per alcuni anni del complesso trasformandolo in una famosa fabbrica di ceramica e modificandone la conformazione e i rapporti spaziali in modo da adattarlo alle nuove funzioni industriali; si colmarono così i vuoti e si sovrapposero nuovi manufatti come le ciminiere e le fornaci accanto ai campanili e alle torri preesistenti. Dal 1971 al 1978, furono realizzati sotto la direzione di Rafael Manzano i lavori di restauro e consolidamento del nucleo principale del complesso monasteriale e final-

mente nel 1987 l’amministrazione decise di investire ingenti risorse economiche per il suo definitivo restauro commissionato a Guillermo Vázquez Consuegra il progetto di riconversione del sito, futura sede dell’Istituto andaluso del patrimonio storico. La struttura si presentava di non facile lettura con segni architettonici stratificati nel tempo e nello spazio risalenti a diversi periodi di intervento. L’architetto si concentrò sopratutto sull’analogia fra funzioni originarie e nuove funzioni, riconvertendo le antiche officine in ambienti a uso laboratoriale e creando tra queste una rete di percorsi e passaggi diretti verso l’interno del chiostro. La sua abilità si evidenziò nell’utilizzo del linguaggio contemporaneo allo scopo di far coesistere armoniosamente gli elementi nuovi e quelli antichi, senza mai rinunciare a una forte attualità espressiva. Il metodo rigoroso utilizzato è quello del completamento per analogia, in cui le soluzioni progettuali sono ricercate nell’esistente e suggerite

Lungo processo storico-economico iniziato in Spagna alla fine del XVIII secolo per mano di Manuel Fodoy e concluso nel XX secolo, che consisteva nel porre nel mercato, mediante asta pubblica, le terre e i beni improduttivi, quasi sempre appartenenti alla Chiesa cattolica o ai suoi ordini religiosi) da Francisco Martí Gilabert, La desamortización española, 2003.

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Progetti per Siviglia: il passato plasma il presente

dagli stessi resti e all’architetto non resterà che cogliere questi suggerimenti e tradurli nella pratica, fornendo un risultato dall’aspetto concluso e armonioso e permettendo un esemplare opera di restauro realizzata nel rispetto dell’autenticità senza privilegiare il vecchio rispetto al nuovo.

Bibliografia Francisco Martí Gilabert, La desamortización española, 2003. Guillermo Vázquez Consuegra, Guia de arquitectura de Sevilla, Siviglia 1992. Guillermo Vázquez Consuegra, Opere e progetti, Milano 2005 Juan Josè, La Cartuja de Sevilla: historia, arte y vida, Madrid 1992. Victor Perez Escolano, Il recupero del Monastero della Cartuja, Casabella 1997 (n°648). Sitografia http://www.vazquezconsuegra.com/ http://es.wikipedia.org/wiki/Cartuja_de_Sevilla http://web.archive.org/web/20111205101029/http://sevillaweb. info/monumentos/monasteriocartuja.html http://www.artesacro.org/conocersevilla/templos/conventos/ cuevas/index.html Sala di lettura nel centro di documentazione.

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http://www.iaph.es/web/ https://www.youtube.com/watch?v=l8FdxrAjjQw


Assonometrie del complesso dello stadio primitivo, delle demolizioni e l'intervento. Vedute dei patii.


Guillermo Vรกzquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

planimetria, piante dei piano terra, primo e coperture

Guillermo Vรกzquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

sezioni longiutudinali e trasversali

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3.4 Il Palazzo di San Telmo: da Seminario Maggiore a sede della Presidenza dell’Andalusia Il palazzo di San Telmo è un edificio che fu costruito nel 1682 per ospitare la sede del colleggio-seminario dell’Universidad de Mercaderes e che compare già nella prima pianta di Siviglia, disegnata nel 1771 da Pablo de Olavide (fig. ). . La sua posizione è stata da sempre strategica rispetto al fiume in cui originariamente era ubicato il molo commerciale del porto di Siviglia, da dove partivano i commerci per le “americhe” da cui si importavano la maggior quantità dei materiali impiegati nella costruzione. La sua lunga storia durata tre secoli, può essere suddivisa in otto fasi. Inizialmente il palazzo emergeva dal borgo solo per un lato, e solo in una seconda fase, quando fu convertito nella residenza dei duchi di Montpensier per incarico di Balbino Marrón, assunse lo ‘status’ di palazzo. La pianta consisteva in un doppio quadrato recitato, all’interno del quale si tracciavano tre aree, quella la centrale, la nord e la sud. Nella zona centrale si collocava la

facciata principale, la chiesa e il cortile d’onore; quella nord era attraversata da un corridoio perimetrale che correva lungo il grande cortile delle scuderie; nell’area sud vennero demolite le case residenziali addossate al palazzo e si incorporarono invece quelle che ricadevano al suo interno. Il monumento possedeva dei giardini enormi che furono poi ceduti alla città, diventando l’attuale polmone verde di Siviglia, il Parque de María Luisa. Nel 1897 l’edificio venne ceduto all’Arcidiocesi di Siviglia e adibito a seminario ecclesiastico (fig. ). Per adattare l’edificio alla nuova funzione furono demolite e ricostruite alcune parti nella totale ignoranza del valore artistico e storico del preesistente. Solo nel 1990 Guillermo Vázquez Consuegra ebbe l’incarico del recupero del sito che, prima dell’intervento, si trovava in uno stato di semiabbandono e degrado con preoccupanti segni di deterioramento strutturale. Durante la progettazione l’architetto

fa principalmente riferimento alla seconda fase storica citata, cioè il palazzo dei Montpensier, pur senza trascurare i trecento anni di storia del monumento e l’evoluzione della sua architettura. Data la nuova funzione del palazzo che doveva essere riadattato a sede della Presidenza della Regione dell’Andalusia, l’architetto decise di ripristinare lo stile ottocentesco del manufatto percepito come una piccola città barocca sviluppata all’interno delle sue mura. Aprì così due nuovi cortili nella zona del refettorio originario di cui però lasciò testimonianza e li rese intenzionalmente asimmetrici in modo da recuperare quel meccanismo urbano svincolato dal rigore compositivo. Dai resti di basamenti, colonne e architravi abbandonati nei giardini dalle precedenti demolizioni attraverso l’anastilosi (tecnica di restauro con la quale si rimettono insieme, elemento per elemento, i pezzi originali di una costruzione andata distrutta a fine pagina) si ricostruirono i due cortili richia-

Architetti spagnoli:José Manuel de la Sota (1949-); Francisco Javier Sáenz de Oiza (1918-2000); Gabriel Ruiz Cabrero (1946-); Josep Antoni Coderch (1913-1984) 2 Gabriel Ruiz Cabrero, Spagna. Architettura 1965-1988, Milano 1989 1

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Progetti per Siviglia: il passato plasma il presente

mando l’idea ottocentesca dell’edificio, senza riprodurlo nel dettaglio in virtù del processo analogico e dell’unità compositiva e comunque senza mai compiere una ricostruzione storicista. Ogni azione è stata prevista, eseguita e controllata con un linguaggio contemporaneo, compresa la scelta dei materiali dello stesso edificio utilizzati ma trattati diversamente in modo da garantirne durevolezza e costi di mantenimento minori. Come in tutti i suoi lavori, l’architetto dedica una grande attenzione ai dettagli e alla carpenteria. I metalli sono utilizzati per evidenziare le zone interessate al rigoroso recupero e anche per caratterizzare le zone di intervento contemporaneo, stabilendo un rimando col materiale originario. Con la riesposizione dei giardini termina l’opera dell’architetto e in conclusione si può affermare che San Telmo ha finalmente raggiunto il suo status di palazzo dopo essere stato una tela di Penelope, tessuta e disfatta dalla città per più di trecento anni… “si crea uno spazio recintato di fronte alla facciata est del palazzo in cui Consuegra celebra, euforico, la conclusione di un’opera con una gioiosa rassegna di acqua, luci, ombre, materiali, forme, colori, camminamenti e punti di sosta”.

Sala interna.

Bibliografia Guillermo Vázquez Consuegra, Guia de arquitectura de Sevilla, Siviglia 1992. Guillermo Vázquez Consuegra, Opere e progetti, Milano 2005 Juan Josè, La Cartuja de Sevilla: historia, arte y vida, Madrid 1992. Márquez Falcón, El Palacio de San Telmo, Sevilla 1991. Victor Perez Escolano, Recupero del Palazzo di San Telmo, Casabella 2011 (n°798). Sitografia http://www.vazquezconsuegra.com/ http://www.iaph.es/export/sites/default/galerias/conservacion-yrestauracion/proyectos-destacados/documentos/Palacio_de_ San_Telmo._Estudio_Histxrico.pdf

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In questa pagina Facciata del Palazzo di San Telmo. Nella pagina successiva Veduta interna.


Progetti per Siviglia: il passato plasma il presente

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Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

Antonio Rodriguez Anni 1682 -1706 Colleggio-Seminario Reale di San Telmo.

Leonardo, Matias E Ambrosio De Figueroa Anni 1721 -1739 Colleggio-Seminario Reale di San Telmo.

Antonio Camargo, Antonio De Figueroa, Lucas Cintora Anni 1775 -1847 Colleggio Reale Seminario di San Telmo.

Balbino Marrón Anni 1849 -1854 Palazzo dei Duchi di Montpensier.

Balbino Marrón Anni 1855 -1896 Palazzo dei Duchi di Montpensier.

Juan Talavera De La Vega Anno 1900 Seminario ecclesiastico.

José María De Basterra Anno 1926 Seminario Ecclesiastico.

José Galnares Sagastizábal Anno 1962 Seminario Ecclesiastico (piano superiore).

Guillermo Vázquez Consuegra Anno 1989-1992 Presidenza della Giunta dell’Andalusia - I Fase; Anno 2004-2010 Presidenza della Giunta dell’Andalusia - II Fase. 87


Progetti per Siviglia: il passato plasma il presente

Guillermo Vรกzquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

Prospetto principale

Sezioni Longitudinali

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Sezioni Trasversali

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Veduta sala conferenze. Dettagli legno e metallo. Di fianco, Sistema di tende per la regolazione della luce. Veduta panoramica del Palazzo di San Telmo.


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3.5 Il Municipio di Tomares: rifunzionalizzazione e ampliamento di un’antica azienda agricola Tomares è un piccolo comune spagnolo situato nella provincia di Siviglia, a soli quattro chilometri dalla città e, come si può verificare dai resti archeologici nella sua area, ha avuto un’occupazione prolungata che si può far risalire all’epoca preistorica crescendo rapidamente grazie al processo di urbanizzazione delle aree rurali come in tanti altri comuni dei dintorni. Le sue aziende agricole, la cui conoscenza è fondamentale per comprendere appieno la moderna città, sono costituite da ampi e isolati edifici discendenti delle alquerias musulmanas (casorali di campagna di origine araba) e delle villae romane e destinate alla coltivazione e allo sfruttamento degli uliveti. Raggiunsero la loro massima espansione alla fine del XVIII secolo (anche se vi sono degli esempi anteriori), lo stesso periodo storico al quale può farsi risalire l’hacienda di Santa Ana. In generale le ‘haciendas’ e in particolare quella di Santa Ana, consistono in grandi costruzioni orizzontali chiuse all’esterno e organizzate intorno ad uno o più patii dove vi si possono distinguere due zone principali, la casa

dei lavoratori e la casa padronale normalmente accompagnata da un giardino. Il patio dei lavoratori è circondato da fabbricati agricoli, mentre il patio della zona padronale si distribuisce fra l’abitazione del proprietario, la cappella, il mulino e i magazzini. Nel 1995 sulla spinta di un generale rinnovamento delle sedi municipali andaluse, fu affidato a Consuegra l’incarico di ristrutturare e ampliare l’antica azienda agricola adattandola al nuovo uso come sede del municipio di Tomares. L’edificio prima dell’intervento era costituito da volumi dal marcato carattere storico e altri in cui si era già parzialmente intervenuto in vista dell’adeguamento per i servizi amministrativi del comune. Dopo un minuzioso studio e un’attenta valutazione l’architetto decise l’eliminazione dei manufatti posteriori, giudicati di scarso rilievo storico-artistico, articolando una serie di nuovi corpi che coesistano con i volumi storici dell’azienda agricola. In questi volumi è integrato un programma che accoglie, tra le altre funzioni, una sala plenaria, una sala polivalente con alta flessibilità funzionale,

le nuove sedi della polizia locale, della protezione civile e dell’’attuale sede municipale (fig ). Oltre a questo programma strettamente funzionale, l’architetto, approfittando delle opportunità offerte dall’edificio, progettò la creazione di spazi e percorsi di uso pubblico; materialmente questo si tradusse nella realizzazione di una serie di elementi come il padiglione dell’acqua, l’area dei concerti all’aria aperta e lo specchio d’acqua, inseriti armoniosamente nei giardini del complesso. Questi ultimi si suddividono in altre due zone, una più organizzata è segnata da percorsi generanti forme geometriche che si insinuano nel paesaggio naturale e l’altra, più controllata, caratterizzata da una pavimentazione in mattoni dove appaiono scanalature d’acqua che aiutano a definirne i percorsi. Inoltre è sapientemente conservata gran parte della vegetazione esistente ed adeguata allo spazio urbano e alle esigenze del programma funzionale. Il giardino ricopre così anche il ruolo di vestibolo del complesso aprendosi nel suo perimetro murario a diversi ingressi dai quali i cittadini posso93


Progetti per Siviglia: il passato plasma il presente

no accedere passando accanto a palme canadesi, cipressi, pini, carrubi etc. A proposito dei giardini è opportuno citare le parole di Antoni González Moreno-Navarro, capo del Servizio del Patrimonio Architettonico di Barcellona, nell’articolo La restauración de monumentos a las puertas del siglo XXI… “La stessa cosa non succede nella conservazione dei giardini storici, la cui parte vegetale si rinnova continuamente per la legge della vita, senza che ne perda la bellezza o l’autenticità del complesso. Tutti i fiori che inebriarono gli architetti che abitarono il Generalife morirono, come moriranno quelli che fotografano ogni giorno migliaia di turisti. Però se ne piantano di nuovi per poterci far sentire quello che sentirono i ‘nizariti’ (principale setta degli ismailiti, una corrente dell’islam sciita) e per poter far sentire ai nostri discendenti quello che oggi sentiamo noi, nessuno valuta la possibilità di conservare quei fiori morti”. Dell’antica hacienda di Santa Ana restano le due parti antiche, quella zona padronale che conserva il carattere di edificio del XVIII secolo, e l’area di lavoro, utilizzata storicamente come magazzino e ora convertita in sala polivalente per usi multipli modificata per conferirle una maggiore flessibilità 94

Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

d’uso, e si è costruito un passaggio indipendente che congiunge i due patii maggiori e si apre nella copertura un lucernario longitudinale che libera i muri dalle finestre. L’opera di restauro verte sulla valorizzazione dei patii preesistenti, ampliandoli laddove necessario e demolendo tutte le aggiunte di scarso interesse. L’area padronale, con facciata barocca rivolta verso il comune (l’arco ribassato sotto il balcone si mantiene come l’accesso principale) risolve le funzioni più pubbliche, rafforzata dalla presenza di due patii, il primo che costituisce il vestibolo dell’edificio e l’accesso alla sala del guardiano e che presenta un imponente albero di ficus; il secondo, al quale si accede tramite il primo, è il patio padronale propriamente detto in cui si articolano intorno gli uffici e la sala riunioni, delimitato a nord da un’arcata appoggiata su colonne di marmo e sul lato sud da un muro merlato. Anche la zona di lavoro si organizza attorno a due patii, entrambi di maggiori dimensioni e con l’accesso nel giardino. Il primo si chiude sul lato nord con un edificio nuovo che ospita la sala di plenaria municipale e l’ultimo, caratterizzato da un limoneto, precede il nuovo edificio della casa comunale. Il progetto ha l’obiettivo di mantenere e valorizzare la struttura dei

patii preesistenti concependo dei percorsi sinuosi che permettano la circolazione delle persone senza attraversare l’edifici, con la possibilità di camminare ammirando la bellezza dei patii. Dell’antico edificio si son conservate le trame di legno e i tetti spioventi rivestiti di tegole arabe. Le chiusure orizzontali degli ampliamenti hanno una linea essenziale e sono intonacate di bianco, evidenziando le differenze tra le coperture antiche e quelle nuove che, nonostante il diverso linguaggio, riescono a comunicare tra loro creando una continuità visiva e unità architettonica. Vengono inoltre aggiunti tre corpi nuovi: il primo di unione tra i due corpi antichi e che ospitano la sala dei gruppi politici e la sala plenaria e il secondo che occupa il posto dell’antica casa del guardiano (attualmente sede della polizia locale) e infine l’ultimo corpo si aggiunge sul fondo del lotto e ospita le zone per la casa comunale. Nell’intento di costruire uno spazio aperto a tutti, furono previste grandi entrate per permettere il libero passaggio delle persone verso l’interno (fig ), e avviarle verso un percorso che porta ai giardini e agli antichi patii, ora convertiti a spazi pubblici. Consuegra, anche in questo caso, riesce a integrare la nuova architettura con il vecchio edificio,

in un continuo esercizio di conservazione e rinnovamento..(fig ). L’approccio adottato in questa riconversione non è né di contrasto, né di analogia, ma piuttosto rappresenta una sintesi dei due atteggiamenti. L’ambiente esterno del complesso monumentale non presenta trattamenti materiali o forme contrastanti (fig. ), ed appaiono, come già spiegato, una serie di volumi che, concepiti nel rispetto dell’antico, rompono e rinnovano lo spazio esistente per arricchirlo e attualizzarlo in un gioco dove l’antico sembra nuovo e il nuovo sembra esserci sempre stato. Per saggiare l’efficacia dell’intervento di restauro è necessario preventivamente chiarire quali siano i tratti significativi che hanno dato forma all’edificio antico per poter poi verificare che si siano mantenuti. Per definizione le ‘haciendas’ sono edifici che hanno un marcato carattere orizzontale, chiusi verso l’esterno e organizzati all’interno tramite uno o più patii nei quali, come già visto precedentemente, bisogna distinguere la zona del lavoro e quella padronale. Queste peculiarità costituiscono la vera essenza dell’azienda agricola, non potendosi nemmeno immaginare delle ‘haciendas’ composte da volumi elevati o magari nelle quali non siano presenti né

patii né vegetazione. Un altro tratto che distingue l’edificio è il suo carattere autorevole fatto costruire per incarico del Conte duca di Olivares per diventare il simbolo del comune. Per non perdere gli antichi valori da trasmettere alle generazioni future e al tempo stesso adattare l’edificio alle nuove funzionalità, si sono dovute eseguire alcune “alterazioni” parziali del monumento senza compromettevano però la lettura. Viollet Le Duc diceva che il mezzo migliore per conservare un edificio fosse di trovargli una destinazione e di soddisfare così bene tutti i bisogni ispirati da tale destinazione, in cui non sia necessario apportarvi cambiamenti. Tuttavia questa convinzione si è rivelata utopica nel momento in cui è sorta la necessità di rendere compatibile un determinato programma, come in questo caso, con un edificio che non fu pensato originariamente per quell’uso. Consuegra, infatti, da un lato crea alcuni spazi con caratteristiche che si discostano dagli originari, generando ambienti non presenti nell’antica azienda agricola, e dall’altro demolisce gli edifici in cui si era già parzialmente intervenuto e che non possedevano un grande valore storico, artistico o architettonico, costituendo solo un osta-

colo alla lettura del complesso e al compimento del suo programma funzionale. Questo è un grande esempio di intervento critico, in cui l’architetto ha valutato da un lato gli aspetti da preservare e dall’altro le necessità attuali, decidendo per ogni parte dell’edificio, se fosse necessario e conveniente demolire o intervenire, trasformare o ampliare, considerando che l’antico, quando non possiede alcun valore storico-artistico, deve necessariamente piegarsi alle nuove esigenze funzionali. Non è giusto conservare indiscriminatamente qualsiasi cosa appartenuta al passato, ma piuttosto conservare la sola architettura di qualità. In generale, si può affermare che il Consuegra dopo aver valutato la storicità e la capacità reale del monumento di subire trasformazioni, ha saputo adeguarlo al nuovo uso senza che se ne perdessero i tratti essenziali. La Hacienda di Santa Ana si candida come autorevole esempio di come il riutilizzo di antichi edifici per nuove funzioni può essere un eccellente modo di mantenere vivo un monumento offrendo al visitatore un’immagine densa di contemporaneità, dal momento che il suo rinnovamento è scaturito da circostanze e necessità attuali. 95


Progetti per Siviglia: il passato plasma il presente

Il patio della fontana con il

nuovo passaggio verso il patio centrale.

Una copertura reticolare unisce, al piano alto, il corpo che ospita l’ufficio di accoglienza al pubblico con quello della polizia locale e della protezione civile.

Pagina successiva Veduta verso l’accesso secondario e dall’accesso

secondario verso il percorso che conduce al patio centrale.

Bibliografia Biblioteca Digitale Ispanica, Planta de la villa de Tomares, y de San Iuan de Alfarache suanejo, y Alquerias de sutérmino cuya Iurisdicion señorio. Guillermo Vázquez Consuegra, Guia de arquitectura de Sevilla, Siviglia 1992. Guillermo Vázquez Consuegra, Opere e progetti, Milano 2005. Guillermo Vázquez Consuegra, Ayuntamiento de Tomares. Rehabilitación de la Hacienda de Santa Ana, Siviglia 2007. Peña Gomez, Aguilar Perez, L.G. Ruiz Prieto, Historia de Tomares. De la Prehistoria Reciente a la Edad Contemporánea, Sevilla 2011. Mora Jesus Casado, Thomares de Osset-Julia-Constancia (Un paseo por su historia, su cultura y su gente). Sitografia http://www.vazquezconsuegra.com/ http://tectonicablog.com/?p=5914 http://historiadetomares.blogspot.com.es http://www.tomares.es http://re-habitar.blogspot.com.es/2010/12/ayuntamiento-detomares-guillermo.html http://www.juntadeandalucia.es/viviendayordenaciondelterritorio http://europaconcorsi.com/projects/197670-Guillermo-VazquezConsuegra-Ayuntamiento-de-Tomares

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Pianta piano terra

A. Accesso Principale B. Accesso Secondario C. Accessi Dal Giardino E. Accesso Dal Retro F. Patio Del Ficus G. Patio Della Fonte G. Patio Laborale I. Patio Dei Limoni

1. Accoglienza Pubblico 2. Ricevitoria 3. Intervento 4. Ambiente 5. Sala Plenaria 6. Polizia Locale E Protezione Civile 7. Sicurezza Cittadina 8. Sala Multiuso 9. Casa Comunale

Giardino 1. Padiglione Dell’acqua 2. Specchio D’acqua 3. Area Dei Concerti All’aria Aperta 4. Pergole Dei Buganville 5. Ponte 6. Chiosco-Bar A.B.C. Accessi


Progetti per Siviglia: il passato plasma il presente

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Progetti per Siviglia: il passato plasma il presente

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Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

3.6 Il museo archeologico di Siviglia: riconversione del novecentesco Padiglione delle Belle Arti Il monumento, eretto in occasione dell’Esposizione universale del 1929 come antico Padiglione delle Belle Arti, è situato nell’area est del Parque de María Luisa, antico giardino di pertinenza del palazzo di San Telmo. L’edificio fu progettato in occasione del concorso di progettazione bandito nel 1911 dall’architetto Aníbal González che ne disegnò gli spazi facendo riferimento alla tipologia museale (che poi fu l’uso che gli si attribuì posteriormente), evidente nella chiarezza e fluidità che ne caratterizza i percorsi e la disposizione delle sale disposte in modo da evitarne l’affollamento. L’architetto progettò l’edificio su un piano più elevato rispetto alla piazza, sviluppando un blocco lineare che constava di tre livelli più uno interrato; nel centro era collocata la grande sala ellittica dalla quale si sviluppavano le due ali da cui si accedeva alle singole sale. Nella facciata, tutt’oggi, emergono cinque “torri”, ispirate a quelle del Palazzo dei Monterrey, delle quali la centrale accoglie l’ingresso principale e ai cui lati si trovano quattro nicchie, due per ogni lato, che ospitano delle sculture rappresentanti le Belle Arti, realizzate per mano di Lorenzo Coullaut Valera. All’interno le stan-

ze erano illuminate con luce zenitale (luce diretta e perpendicolare che arriva dallo zenit offrendo una massima illuminazione), o mediante riflessi indiretti delle pareti chiare e lisce. Il pian terreno era circondato da logge, interrotte da volumi trasversali ogni cinque vani; nel piano superiore il corridoio di facciata, che corrispondeva alle “logge” del pian terreno, ne duplica i vuoti. La simmetria compositiva caratterizzava (e caratterizza tutt’oggi) l’organizzazione degli spazi e dei volumi, conferendo all’edificio un’immagine esteriore unitaria. Ricordiamo inoltre che Aníbal González si dimise dall’incarico poco prima dell’inaugurazione per l’eccessivo coinvolgimento di altri professionisti durante la costruzione dell’opera. Il restauro del padiglione delle Belle Arti, che dal 1942 ospitò collezioni archeologiche di straordinario valore, fu commissionato a Guillermo Vázquez Consuegra nel 2009 con il compito di risolvere diverse e difficili problematiche: predisposizione dell’edificio a ospitare adeguatamente la collezione archeologica; restauro delle parti deteriorate e demolizione delle aggiunte superflue; apertura dell’uscita su Parque de María Luisa; risoluzione dei proble-

mi strutturali. L’azione fondamentale del progetto è sviluppata lungo l’asse centrale, al fine di riscattare lo spazio della sala ellittica come principale vestibolo del Museo, aggiungendo all’ingresso un sistema di comunicazione verticale vetrato. Ai livelli superiori sono state sostituite le chiusure orizzontali con delle strutture in linea con i nuovi requisiti e le grandi luci sono state coperte con travi che disegnano, con una semplice calligrafia, rilievi e incisioni che risolvono i problemi tecnici d’illuminazione e climatizzazione qualificandone lo spazio interno. L’apertura di alcune logge verso il Parque de María Luisa, protette da infissi in vetro trasparente con sistema dell’attenuazione e controllo della luce naturale contribuisce a relazionare in modo fluido e intenso l’interno e l’esterno del museo Consuegra riesce così a restituire alla città uno spazio culturale, dove è possibile ammirare e conoscere la storia attraverso i reperti archeologici conservati nell’edificio e mostrati al pubblico tali e quali sono, ma valorizzati attraverso l’ attento studio delle luci e del disegno razionale del piano museale.

107


Progetti per Siviglia: il passato plasma il presente

Guillermo Vรกzquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

Prospetto

Piano Terra

Nella pagina precedente Restituzione 3d ingresso Restituzione 3d calligafria

soffitto

108

109


Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

Sezione

Pianta livello +1

Pagina precedente esterna del Padiglione Salamanca Palazzo Monterrey, Alonso de Acevedo Zúñiga 1539. Vista della facciata prima dell’intervento Sculture rappresentanti le Belle Arti, eseguite da Lorenzo Coullaut Valera 1929. Vista

111


In questa pagina Vista esterna del Padiglione

Bibliografia Guillermo Vรกzquez Consuegra, Guia de arquitectura de Sevilla, Siviglia 1992. Guillermo Vรกzquez Consuegra, Opere e progetti, Milano 2005. Sitografia http://www.vazquezconsuegra.com/ http://europaconcorsi.com/projects/114974-Guillermo-VazquezConsuegra-Rehabilitaci-n-del-Museo-Arqueologico-de-Sevilla http://sevillapedia.wikanda.es/wiki/Museo_ Arqueol%C3%B3gico_(Sevilla) http://www.diariodesevilla.es/article/sevilla/1493705/pleno/pide/ ministerio/y/la/junta/arreglen/ya/museo/arqueologico.html http://es.wikipedia.org/wiki/Museo_Arqueol%C3%B3gico_de_ Sevilla


Guillermo Vázquez Consuegra. Le opere sul costruito tra restauro critico-creativo e restauro analogico

Conclusioni La tesi ha approfondito l’opera e il pensiero dell’architetto Guillermo Vázquez Consuegra, famoso soprattutto per le costruzioni ex -novo. Attraverso l’analisi critica delle sue opere sul costruito e la collocazione del suo pensiero all’interno della teoria del restauro e del dibattito attuale, è stato, però, possibile dedurre i principi guida dei suoi progetti di restauro. Il principale strumento di indagine è stato Il confronto tra i casi studio sivigliani e i riferimenti metodologici delle carte del restauro e delle attuali correnti di pensiero, le quali, orientate prevalentemente verso connotazioni critico-creative, lasciando la libertà di valutarne le linee guida da adottare caso per caso, pur nel rispetto dei principi di autenticità, distinguibilità e attualità del linguaggio espressivo. Il lavoro del Consuegra segue questi presupposti nella convinzione che l’edificio antico indichi la strada da seguire e suggerisca la linea di intervento più conforme alla storia, al luogo e al genius loci, permettendo, attraverso una consolidata prassi analogica, di restituire all’edificio l’integrità e la continuità formale perdute. È evidente che l’architetto ab-

bia recepito gli insegnamenti del restauro critico-creativo italiano da un lato, e quelli degli insigni esponenti del restauro analogico spagnolo, come Antón Capitel e Ignasi Sola Morales dall’altro. Convinto che ogni esperienza di restauro sia unica, non ritiene possibile individuare una strategia valida per qualunque intervento, ma è necessario, piuttosto, recuperare una relazione di analogia tra il nuovo e il costruito, creando una continuità fisica e storica. Gli ampliamenti, se necessari, devono entrare a far parte di un unicum ed rapportarsi rispettosamente con la preesistenza, come nel caso dei restauri di San Telmo e di Santa Ana. Lo studio mi ha permesso di apprezzare l’approccio critico-creativo ed ha costituito uno spunto di riflessione sulla questione del restauro moderno. Per essere contemporanei c’è bisogno di passato e di futuro e, come dice lo stesso Consuegra, la modernità non è vincolata all’utilizzo di nessun linguaggio o stile, ma è piuttosto sinonimo di una libertà che si esprime nella scelta ponderata di materiali, tecniche e linguaggi. In conclusione reputo esplicativo di quanto detto, il pensiero

espresso da Adolf Loos in uno scritto del 1913 «Non temere di essere giudicato non moderno. Le modifiche al modo di costruire tradizionale sono consentite solo se rappresentano un miglioramento, in caso contrario attieniti alla tradizione. Perché la verità anche se vecchia di secoli, ha un legame più stretto della menzogna che ci cammina affianco».

115


Portfolio


Portfolio UniversitĂ degli Studi di Cagliari FacoltĂ di Architettura Scienze dell'Architettura a.a. 2010/11 laboratorio integrato di progetto e costruzione i

docenti

Antonello Sanna - Gabriel Gallego Verd - Simone Solinas tutor

Dino DessĂŹ gruppo di lavoro

Daniela Masia - Laura Fadda - Nicola Melis tema

Cagliari. Progettazione di un edificio ex-novo nel quartiere storico di Castello da destinare a studentato universitaro.


Portfolio 0 1

3

6

Pianta del secondo, terzo e quarto piano

Pianta primo piano

Pianta piano terra

Pianta - secondo, terzo quarto piano

B

C

A

Pianta - primo piano

A

B

Sezione A - A

B

Pianta - piano terra

C

A

A

C

B

Prospetto sud B

A

Prospetto sud

V i a

A

B

C

Prospetto est

Sezione B - B

C

M a r t i n i

C

Prospetto ovest

V i a M a r t i n i

Sezione A - A

Sezione B - B

Prospetto est

Prospetto ovest

0 1

3

6

Pianta - secondo, terzo quarto piano


Portfolio UniversitĂ degli Studi di Cagliari FacoltĂ di Architettura Scienze dell'Architettura a.a. 2011/12 laboratorio integrato di progetto e costruzione

II

docenti

Marco Lecis - Francesco Colamatteo tutor

Mauro Soddu gruppo di lavoro

Daniela Masia - Laura Fadda - Nicole Bellu tema

Cagliari. Riqualificazione dell' exSemoleria Italiana di Viale la Playa in biblioteca di un ipotetico campus universitario


Portfolio Plastico Assi di simmetria Volumetrie Nella pagina successiva Masterplan


Portfolio Piano terra

Primo piano

1. Controllo 2. Deposito 3. Sala Relax 4. Camerini 5. Servizi

1. Controllo 2. Sala espositiva 3. Biblioteca 4. Sala Video 5. Servizi 6. Sala Studio 7. Caffetteria 8. Ristorante

6. Laboratorio di restauro 7. Uffici 8. Sala riunioni 9. Sala computer 10. cucina 11. Ristorante 12. Caffetteria 13. Bookshop


Portfolio Nella pagina successiva Restituzioni tridimensionali dell'intenro della sala studio

Prospetto nord-ovest

Prospetto sud-ovest

Prospetto sud-est


Portfolio Esploso assonometrico della

biblioteca

Nella pagina precedente Restituzioni tridimensionali dell'intenro della sala studio


Portfolio Universidad Politécnica de Cartagena Escuela Técnica Superior de Arquitectura e Ingeniería de Edificación Arquitectura a.a. 2012/13

Proyecto II - Esercitazione 2

docenti

Miguel Centellas tutor

Pedro Garcia - Juan Pedro Sanz lavoro individuale

Daniela Masia

Durata esercitazione 2 mesi tema

Madrid. Progettazione ex-novo nei pressi di Plaza de di un albergo per viaggiatori orientali.


Portfolio

Piano Terra

Prospetto Est Prospetto nord

Parcheggi

Sezione B-B

Pianta tipo

Pianta

sesto piano

Prospetto sud


Portfolio Universidad Politécnica de Cartagena Escuela Técnica Superior de Arquitectura e Ingeniería de Edificación Arquitectura a.a. 2012/13

Proyecto II - Esercitazione 3

docenti

Miguel Centellas tutor

Pedro Garcia - Juan Pedro Sanz lavoro individuale

Daniela Masia

Durata esercitazione 2 mesi tema

Cartagena. Progettazione di un edificio ex-novo nel quartiere storico della città, da destinare a uffici universitari e residenze private.


Portfolio

Pianta piano interrato

Pianta primo piano

Pianta terzo piano

Pianta quinto piano

Pianta piano terra

Pianta secondo piano

Pianta quarto piano


Portfolio

Prospetto sud c-c

Prospetto nord a-a

Prospetto ovest d-d

Sezione B-B

Sezione e-e


Portfolio UniversitĂ degli Studi di Cagliari FacoltĂ di Architettura Scienze dell'Architettura a.a. 2013/14

RurbanLab

docenti

Adriano DessĂŹ gruppo di lavoro

Daniela Masia - Andrea Pieraccini Nastassja Sanna - Chiara Giorgi tema

Monserrato. Progettazione di un insediamento urbano nella periferia rurale.


Portfolio

Trama principale,

trama secondaria, trama agricola

Struttura Viaria, Rapporto Edificato-percorrenze Strategia di Progetto

Masterplan

Vista prospettica


Portfolio Pianta insediamento

Assonometria insediamento


Portfolio


Bibliografia

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