La salute della donna il benessere del perineo

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Paola Greco - Gian Luca Bracco Renato Palma - Monica Pierattelli Questo scritto rappresenta, a mio avviso, un’ottima sintesi di contenuti e forma, riuscendo ad associare alle “istruzioni per l’uso” (per ogni domanda, una risposta semplice ma efficace…) un approccio alla conoscenza di organi e funzioni che nasce da osservazioni comuni e dalle esperienze elementari che tutti noi abbiamo modo di acquisire fin dall’infanzia, in particolare le donne, che godono “dell’esclusiva” della maternità e che vanno incontro, nel tempo, ad alterazioni del loro perineo che possono essere prevenute e limitate.

La salute della donna Il benessere del perineo

(dalla presentazione del prof. Aldo Tosto)

• Educazione alla Salute

CeDEaS - Centro di Documentazione per l'Educazione alla Salute per l’Area Vasta Centro

Comune di Firenze - Quartiere 2 Comune di Firenze - Quartiere 2


Paola Greco - Gian Luca Bracco Renato Palma - Monica Pierattelli

La salute della donna Il benessere del perineo

Comune di Firenze - Quartiere 2


Paola Greco - Gian Luca Bracco Renato Palma - Monica Pierattelli Questo scritto rappresenta, a mio avviso, un’ottima sintesi di contenuti e forma, riuscendo ad associare alle “istruzioni per l’uso” (per ogni domanda, una risposta semplice ma efficace…) un approccio alla conoscenza di organi e funzioni che nasce da osservazioni comuni e dalle esperienze elementari che tutti noi abbiamo modo di acquisire fin dall’infanzia, in particolare le donne, che godono “dell’esclusiva” della maternità e che vanno incontro, nel tempo, ad alterazioni del loro perineo che possono essere prevenute e limitate.

La salute della donna Il benessere del perineo

(dalla presentazione del prof. Aldo Tosto)

• Educazione alla Salute

CeDEaS - Centro di Documentazione per l'Educazione alla Salute per l’Area Vasta Centro

Comune di Firenze - Quartiere 2 Comune di Firenze - Quartiere 2


Indice

Presentazione

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Prefazione

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Che cos’è il perineo

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Sintomi e segni che ci informano che il perineo “non è in salute”

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Il perineo da bambino

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Il perineo da adulta

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Stipsi

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Un po’ di prevenzione

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Il gruppo di lavoro

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Presentazione

Riuscire a comunicare in maniera piana, e rapidamente comprensibile, informazioni e consigli sulla gestione del nostro corpo, in particolare quando si va a trattare dell’apparato genito-urinario, non è sempre semplice e richiederebbe un maggiore impegno di tutti gli operatori del settore dell’educazione continua, nostra e del nostro pubblico. Nei miei trent’anni di esperienza sul “campo” ho dedicato tanto tempo nell’attività di comunicazione - a pazienti e collaboratori dei contenuti di quel che andavo “dicendo”, “proponendo” e “facendo”. Eppure, ancora oggi, ho modo di riscontrare - nei miei contatti professionali quotidiani - tanti “difetti di trasmissione” e, quindi, qualche “cattiva” informazione e/o interpretazione e, soprattutto, la scarsa conoscenza (e di conseguenza consapevolezza…) dei mezzi a disposizione per far fronte al problema sorto. Questa riflessione mi ha indotto a non mollare e a continuare nelle campagne di sensibilizzazione volte, in primis, a migliorare i livelli e le capacità di informazione e comunicazione. Ho molto apprezzato, pertanto, fin dalla prima lettura, il lavoro di Paola Greco, frutto della sua sensibilità e di un’esperienza in un’attività “condivisa” con altri e per altri che non ha tanti eguali nella nostra area d’azione. Questo scritto rappresenta, a mio avviso, un’ottima sintesi di contenuti e forma, riuscendo ad associare alle “istruzioni per l’uso” (per ogni domanda, una risposta semplice ma efficace…) un approccio alla conoscenza di organi e funzioni che nasce da osservazioni comuni e dalle esperienze elementari che tutti noi abbiamo modo di acquisire fin dall’infanzia, in particolare le donne, che godono “dell’esclusiva” della maternità e che vanno incontro, nel tempo, ad alterazioni del loro perineo che

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possono essere prevenute e limitate. Molti dei temi affrontati da Paola nel suo testo, sono stati “coperti” per tanto tempo dall’alone del “tabù” e solo negli ultimi anni hanno incrementato la loro “popolarità” grazie alle possibilità offerte dalla divulgazione multimediale, magari legata ad operazioni commerciali come il lancio di nuovi farmaci o presìdi. E tuttavia, il numero di persone che vengono raggiunte dai benefici di queste “operazioni culturali” è ancora troppo scarso (abbiamo calcolato che, solo nella Regione Toscana, ci sono almeno quattrocentosettantamila persone affette da incontinenza urinaria e disturbi correlati) e gli investimenti pubblici in questa direzione appaiono del tutto insufficienti rispetto alle crescenti “domande” di salute a cui è possibile dare risposte “positive”. Il testo di Paola, dunque, si inserisce in uno spazio decisamente lacunoso ed io credo che sarà apprezzato da tutti, operatori ed utenti: c’era sicuramente bisogno di parlare e scrivere di questo argomento nel modo scelto dall’autrice. Pertanto è auspicabile la maggiore diffusione di questo messaggio. Aldo Tosto Resp. Ambulatorio di Urodinamica Careggi

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Siamo ormai coscienti di quanto sia importante la conoscenza e la prevenzione per l’armonico progredire della vita umana. È fondamentale che un’istituzione, quale il Quartiere, accompagni e proponga percorsi che possano contribuire al miglioramento della qualità della vita dei cittadini. Un proficuo incontro tra l’Ufficio Sport del Quartiere 2 e Paola Greco, ostetrica impegnata tra l’altro nella divulgazione delle problematiche perineali, ha portato il Quartiere 2 ad attivare una serie di corsi sulla conoscenza e l’educazione alla percezione e alla funzione del perineo. Il crescente interesse e la soddisfazione dei numerosi partecipanti a queste iniziative ci ha fatto pensare che una pubblicazione fatta da professionisti impegnati su queste tematiche, e consapevoli dell’importanza di rendere quanto più comprensibile a tutti una materia certamente complessa, possa aumentare il numero di persone in grado di “percepirne” l’importanza. Pierluigi Parrini Presidente dell’Attività Sportiva Gianluca Paolucci Presidente del Quartiere 2

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Prefazione a cura di Paola Greco

L’idea di scrivere questo libro è maturata negli anni della mia esperienza di ostetrica. Il contatto con le donne, dapprima per prepararle e seguirle al parto, poi per aiutarle nel puerperio, si è arricchito, nel tempo, della relazione con le donne in menopausa. Questo mi ha avvicinata alle problematiche legate alle disfunzioni dei muscoli perineali, dandomi l’occasione di riflettere sulla complessità delle loro cause, in parte meccaniche, in parte legate alla cultura sociale e familiare. Le donne entrano per la prima volta in contatto con le funzioni del perineo durante la gravidanza, e ancor più durante e dopo il parto. La sensazione di cui parlano, talvolta anche dopo anni dal parto, è: “sotto non sono più come prima”. Questa percezione corrisponde a un perineo che non sostiene, e che, effettivamente, causa un senso di insicurezza e di instabilità. Una rieducazione del perineo permette alla donna di riacquistare forza sul piano fisico e di sentirsi più sicura sul piano psicologico. In seguito i cambiamenti ormonali, soprattutto quelli che si manifestano nel periodo che precede la menopausa, influenzano i tessuti di tutto il corpo e possono far insorgere sintomatologie legate ad una iniziale insufficienza dei muscoli del pavimento pelvico, con la percezione di una difficoltà a gestire la chiusura degli sfinteri. Ogni donna dà un’interpretazione diversa di quello che le accade, in rapporto alla propria visione della vita: “sono cose che succedono..., passerà…, il medico mi ha detto di fare degli esercizi, ma non ho tempo…” e così via. Queste frasi rappresentano sempre un tentativo di rinviare il pro-

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blema, nonostante che le donne ne abbiano già sentito parlare. In ogni caso, la stragrande maggioranza delle donne vive questi fastidi con grosso riserbo, sia per pudore, che per la convinzione che non ci sia altro da fare che cercare di nasconderli. Per fortuna le donne sono abituate a scambiarsi informazioni e questo migliora la qualità della loro vita. Questa rete di relazioni può essere attivata per veicolare conoscenze, anche di professionisti, che cambino l’approccio al perineo, in modo che non se ne parli solo quando diventa un problema. Abbiamo infatti varie possibilità di occuparci delle funzioni del perineo, soprattutto quando siamo in salute. In questo caso fare prevenzione vuol dire cambiare un certo tipo di cultura. Le nuove madri possono riflettere e superare i preconcetti nei confronti di questa parte del loro corpo e possono passare alle loro figlie un’idea di salute globale; dove per salute non si intende soltanto una salute fisica, ma anche psicologica, emotiva e, soprattutto, affettiva. Nella nostra cultura la cura del perineo deve diventare altrettanto importante quanto imparare a lavarsi i denti. Quando il problema è già sorto occorre invece ricorrere alle proposte della fisioterapia, ai farmaci e alla chirurgia. In questi ultimi anni la chirurgia ha fatto grandi passi avanti, offrendo alle donne soluzioni migliori, perché poco invasive. La chirurgia, che comunque è più efficace se può agire su un perineo tonico, deve essere considerata un aiuto, non la soluzione definitiva del problema, perchè il perineo, come ogni muscolo, cambia nelle varie fasi della vita e ha bisogno di essere “accudito”. Le donne, che come ben sappiamo hanno imparato a mettersi sempre all’ultimo posto e a rinviare anche la soddisfazione dei loro bisogni primari, perché ritengono sempre più importanti le altre cose che hanno da fare, potrebbero essere tentate dal

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miraggio di un intervento, che le liberi dall’accudimento di se stesse. Di fronte alle proposte di questa soluzione, potrebbero essere spinte a pensare: “Chi me lo fa fare di impegnare il mio tempo, già così scarso, a fare esercizi o a cercare di cambiare abitudini ormai consolidate?”. Il punto è che la “manutenzione” del perineo è profondamente diversa da quella di un impianto idraulico, sul quale si può intervenire a più riprese. Questa parte del corpo della donna vive con lei, sia sul piano fisico che emotivo, e ha quindi bisogno, per mantenere la sua funzione, di attenzione, di rispetto e di cure. Per questa ragione da quattro anni il Quartiere 2 di Firenze organizza corsi che possono essere frequentati dalle donne di qualsiasi età. Alla base di questo lavoro sta la “percezione”. Infatti il più delle volte le donne hanno una conoscenza di questa parte del loro corpo collegata solamente alle sue funzioni, ma non hanno sviluppato l’uso volontario di questa muscolatura. Il saperla usare fa la differenza. Sappiamo bene quanto anche le funzioni urinarie e intestinali vengano vissute in modo differente dagli uomini, che non hanno i pudori e i controlli che invece le donne imparano ad avere. Ancora maggiore è il condizionamento sugli aspetti piacevoli che il perineo può garantire nelle relazioni sessuali. Per questo il corso vuole aiutare le donne ad approfondire una conoscenza che è già in loro e, in più, ricreare un contatto “naturale” con le possibilità di questa parte del proprio corpo. Il perineo ha inoltre un grande valore emotivo e relazionale, sia come porta che mette in comunicazione l’interno con l’esterno, sia perché è proprio attraverso questa zona del corpo che le donne entrano in contatto con l’altro, quando lo mettono al mondo o quando lo accolgono.

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Il lavoro di recupero di questi aspetti rende le donne più consapevoli delle loro potenzialità. Il corso, organizzato dal Quartiere 2, ha la durata di 8 incontri di un ora e un quarto ciascuno. Durante i primi incontri si propone una descrizione accurata di questi muscoli, che non sono facilmente visibili. Questo lavoro viene registrato nel sistema nervoso per andare a far parte dello schema corporeo. Agli esercizi di percezione si aggiungono quelli “muscolari” grazie ai quali ogni donna può costruire una sua sequenza “di allenamento” da ripetere a casa quotidianamente.

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Che cosìè il perineo La parola perinèo deriva dal latino PERINEUM e dal greco PERINAIOS (peri “vicino” + inan “portare via con evacuazione”) e indica la regione tra la parte posteriore della vulva e l’ano.

Uretra Vagina

Ano

Come vedete, la muscolatura perineale sta intorno agli sfinteri, in una zona che è collegata a funzioni, che la cultura ha insegnato a considerare nascoste, intime, segrete, come la defecazione, la minzione, la sessualità, la nascita.

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Prima di occuparci dell’anatomia, consideriamo che l’uomo deve la sua evoluzione al fatto di avere sviluppato grandi capacità nell’uso delle mani. Per questo ha cambiato il modo di stare in equilibrio, trovando vantaggioso mettersi in piedi. Se questo ha liberato le spalle e le mani, ha creato un compito nuovo alla zona perineale. Infatti, la forza di gravità (che determina il peso dei visceri che stanno dentro al bacino) e la pressione (che si genera nell’addome, sia per la stazione eretta che in conseguenza di uno sforzo) solo nell’uomo si esercitano sul pavimento pelvico. In questa nuova situazione i muscoli e i legamenti perineali hanno un ruolo fondamentale ogni volta che la pressione dentro la pancia aumenta a causa di un banale starnuto, di un colpo di tosse o dello sforzo fatto per sollevare un peso. In animali di mole ben più significativa della nostra, la forza gravitazionale non si esercita sul pavimento pelvico, bensì sulla muscolatura dell’addome anteriore, che ha più ampia superficie e garantisce un migliore assorbimento dello sforzo dinamico. Questo spiega perché un elefante, campione di “soprappeso”, non soffre mai di incontinenza da sforzo!

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A questo punto potete fare una prima, semplice valutazione della buona tenuta del perineo. Mettete la vostra schiena ben dritta, e sedete sulla punta della sedia da cucina, appoggiando il peso sugli ischi. Prendete un piccolo asciugamano, piegatelo in modo da farne un rotolino, e mettetelo nello spazio tra gli ischi. Adesso fate finta di gonfiare un palloncino e producete lo sforzo necessario. Mentre fate lo sforzo osservate quali di queste tre situazioni si verifica dove avete il contatto con il rotolino. 1. La zona si gonfia verso il basso. 2. Avete una perdita di urina. 3. La parte si contrae fortemente e risale. Nel primo caso il tono della vostra muscolatura è sufficiente, perché, pur avendo ceduto alla pressione, non avete perso urina. Nel secondo caso il tono non è più sufficiente. Nel terzo invece il tono è forte e i muscoli del piano perineale partecipano, contraendosi, a creare, con gli addominali, la pressione che serve per rendere più efficace lo sforzo necessario a gonfiare il palloncino. Abbiamo così imparato che tutte quelle situazioni, come parlare ad alta voce, ridere, tossire, starnutire, saltare, correre, etc. costituiscono un test spontaneo di resistenza del perineo e del suo ruolo nella vita quotidiana. Possiamo ora passare ad una conoscenza un po’ più approfondita dell’anatomia, e quindi occuparci dei sostegni e dei supporti della zona perineale. Il perineo non è l’unico elemento di sostegno degli organi pelvici, ma sicuramente è il più importante. Infatti è una struttura che sostiene e chiude in basso la cavità addominale.

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L’apparato di sostegno è costituito da un grande muscolo chiamato “elevatore dell’ano”, che ha un suo tono di base in grado di tenere i visceri pelvici al loro posto, ma è anche capace di una contrazione volontaria che rafforza la continenza, aumentando la pressione di chiusura dell’uretra, della vagina e del retto.

Ischio

L’apparato di sospensione (i legamenti pelvici) garantisce invece una tensione valida e poco elastica che consente ai visceri pelvici di rimanere nelle loro posizioni, sia considerandoli come singoli organi, sia come insieme.

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Legamenti e fasce

Organi pelvici Elevatore dell’ano

2 1 3 Per esempio possiamo pensare alla vescica come una barca sostenuta da vari legamenti, ma la forza di sostegno principale è rappresentata dall’acqua che sta sotto, cioè il perineo. Lo schema della nave facilita la conoscenza della funzione del perineo: 1 i sostegni cioè i “legamenti” (ormeggi e gomene) hanno meno forza del supporto dell'acqua (il perineo muscolare) e servono solo per stabilizzare la nave che è sostenuta dall’acqua; 2 quando viene a mancare l'acqua (cioè si ha un indebolimento del muscolo elevatore dell’ano), le gomene non riescono a sostenere il peso della nave e prima si tendono e poi 3... possono spezzarsi. Il perineo è quindi il sistema di sostegno dei visceri pelvici, vescica, utero e retto. In particolare mantiene in posizione corretta la vescica e lo sfintere che la collega all’uretra, determinando la continenza rispetto alla forza di gravità. Muscolo indebolito Muscolo tonico Vescica Muscoli Uretra

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Sintomi e segni che ci informano che il perineo “non è in salute” • Avete difficoltà a interrompere il getto urinario? • Perdete urina sotto sforzo (tosse, starnuti)? • Avete dolore in vagina durante i rapporti sessuali? • Avete la sensazione di peso e di instabilità nella zona perineale? • Avete perdita di liquidi dalla vagina dopo l’immersione in acqua? • Avete perdita di aria dalla vagina? • Avete difficoltà nel trattenere i gas intestinali, le feci e gli assorbenti interni? • Soffrite di emorroidi? • Siete stitiche, malgrado un adeguato apporto di liquidi e una dieta ricca di scorie?

Nelle pagine seguenti proveremo a dare alcune risposte a questi problemi.

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Il perineo “da bambino” Il puerperio e i primi mesi di relazione con il bambino rappresentano il punto di partenza per un buon approccio alla funzione del perineo del neonato. In questa fase così importante la donna ha bisogno di un grande sostegno affettivo che l’aiuti a sentirsi meno sola e meno inadeguata al nuovo compito di madre e anche quando sostenuta, è sempre la madre che ha un costante rapporto di intimità con il suo bambino e osserva con attenzione l’evoluzione di tutte le sue funzioni. Questa vicinanza può garantire serenità e modella i ritmi attraverso i quali il neonato raggiunge la pienezza di queste funzioni. Se invece la mamma, e la famiglia tutta, è preoccupata che il bambino non mangi abbastanza e non liberi l’intestino quanto e quando deve, troppo spesso trova giustificazione un interventismo che altera i tempi della maturazione dei meccanismi naturali di regolazione della fame e della defecazione. È importante invece lasciare al neonato il tempo per far maturare le funzioni di svuotamento dell’intestino e della vescica. La fisiologia dello svuotamento è, in realtà, molto semplice: la vescica si riempie di urina, le feci entrano nell’ampolla rettale e questo dà un segnale al cervello che occorre svuotarli. Sono gli adulti che, in un particolare momento della vita del bambino, ritengono indispensabile insegnargli che c’è un luogo dove farlo. Fin qui niente di strano, perché i bambini vivono insieme a noi e imparano stando con noi. Il problema, nella nostra società stressata dalla mancanza di tempo, nasce quando, oltre che il luogo, diventa indispensabile organizzare anche il tempo. Per esempio, la scelta del momento in cui togliere il

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“pannolone” dipende soprattutto dalle esigenze degli adulti. In questo modo il controllo degli sfinteri può rappresentare un momento molto impegnativo per la relazione tra la mamma e il bambino, perché entrambi si sentono messi alla prova e, per giunta, con tempi stretti. Il confine tra avere un buon controllo degli sfinteri e il condizionamento della loro funzione spontanea è per questo indefinito; non oltrepassarlo richiede attenzione da parte dei genitori. Infatti, se il controllo è utile all’organizzazione sociale e può essere appreso “per imitazione”, una eccessiva pretesa di controllo, che va contro il tempo necessario alla crescita del bambino, genera un condizionamento che può creargli disagi di vario genere. Per esempio può abituarlo a considerare lo svuotamento come “un lavoro” e non come un piacere. Molti adulti, in buona fede, partono dall’idea che la cosa migliore sia sostituirsi ai bambini nel governo della soddisfazione dei loro bisogni. Così pretendono di sapere quando è il momento in cui devono mangiare e quando quello in cui devono dormire. Lo fanno perché sono sicuri di fare il bene dei loro figli. Data questa premessa e considerando il bambino e i suoi genitori come un “un insieme di persone competenti” verrebbe normale proporre, per l’apprendimento del controllo degli sfinteri, lo stesso meccanismo che usiamo per insegnare ai bambini la nostra lingua: noi parliamo, loro imparano.

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Il neonato e le sue funzioni D.: La mia bambina di 2 mesi non fa la popò tutti i giorni, per questo io la stimolo con un sondino, come hanno fatto all’Ospedale. Faccio bene? R.: Per dare una risposta a questa domanda bisogna fare un piccolo passo indietro e presentare a grandi linee “come funziona” il cucciolo dell’uomo. Un neonato sano nasce immaturo per molte funzioni che comunque sono già programmate. Per quanto riguarda il movimento, per esempio, un bambino, se non ostacolato, terrà su bene la testa a circa 2-3 mesi, starà seduto a circa 6, striscerà e camminerà intorno ad 1 anno e così manipolerà, prima goffamente poi sempre più abilmente, gli oggetti che gli verranno offerti, tanto da costruire una bella torre intorno all’anno e mezzo. Già alla nascita un neonato vede e guarda, anche se a distanze un po’ ravvicinate (circa 30 cm: la distanza fra il seno e il volto della sua mamma) e sente più che bene, anche se non è in grado di voltarsi sempre dalla parte del suono. E ancora un po’ immature sono altre funzioni: non parla, ma sappiamo che riesce a comunicare con altri linguaggi, soprattutto con quelli del corpo; non controlla la pipì; deglutisce bene ma non mastica e spesso rigurgita. Di solito riesce ad evacuare da 1 volta ogni 2 giorni fino a 6-7 volte al giorno. Questa variabilità è comunque considerata normale. Alcuni lattanti hanno bisogno di “imparare a premere” per scaricarsi. È abbastanza usuale vedere il lattante, verso il 1°-2° mese, diventare rosso e spingere, come se si sforzasse un po’ troppo. Questa fase di apprendimento, che gli permette di capire, di percepire “il sentirsi pieno” e, dopo la spinta, “il sentirsi vuoto”, è fondamentale per sviluppare correttamente la sua funzione

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defecatoria. Ognuno, naturalmente, ha i suoi tempi e i suoi modi. Cosa succede se questi premiti vengono interpretati come “Oddio, il bambino non riesce a fare la cacca”? I genitori si preoccupano, e se i genitori si preoccupano, e si sentono incapaci, si rivolgono all’esperto per trovare la soluzione a questo “problema”. E così arriviamo all’utilizzo del sondino. Questo suggerimento arriva spesso da un sanitario, ma anche da “esperte” del gruppo amicale e familiare, sulla base di vecchie credenze... (chi non ricorda il gambo del prezzemolo così spesso usato per stimolare l’ano?). E così un episodico sforzo, mal interpretato, fa credere agli adulti che il neonato non sia capace di acquisire nuove competenze. L’intervento dall’esterno diventa un’abitudine: si tende ad aiutarlo sempre, in maniera quasi automatica, senza dargli, invece, il tempo necessario all’apprendimento di questa funzione. Il problema, come si vede, non è la funzione dell’intestino del neonato, ma la relazione che gli adulti hanno con il neonato e l’aspettativa che tutto debba funzionare a comando, secondo tempi e modalità prescritti. Quindi riflettiamo bene su queste pratiche e cerchiamo piuttosto di capire prima di agire. Il sondino sarà utile allora solo in rarissimi casi. In ogni caso è bene che un neonato, che non si sia MAI scaricato da solo, giunga all’osservazione di un pediatra, che sarà in grado di escludere quelle rarissime malformazioni congenite che devono essere diagnosticate precocemente per essere poi curate.

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La stitichezza transitoria del 6° mese D.: Da quando ho iniziato lo svezzamento la bambina non va più d’intestino. Come mi comporto? Anche io ero stitica come lei… R.: Intanto diamo qualche informazione su quando sarebbe opportuno iniziare lo svezzamento. Secondo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, e di tutte le più quotate Agenzie della Salute, è importante che l’allattamento al seno sia protratto almeno fino al 6° mese di vita compiuto. Dopo i sei mesi si possono iniziare a introdurre i cibi della comune dieta familiare, che andranno comunque proposti in maniera graduale e sotto forma di minestre e frullati, non avendo un lattante di questa età un apparato masticatorio efficiente. Introdurre alimenti al posto del latte è importante non solo per la crescita del bambino, ma anche perché la condivisione del cibo rappresenta un aspetto fondamentale nella costruzione della relazione familiare. Lo svezzamento, anche da questo punto di vista, rappresenta un momento delicato, che non può essere fissato in un tempo preciso perché deve tenere conto della preferenze del bambino, del suo sviluppo fisico ed emotivo, delle sue esigenze, dei suoi apprendimenti in tante altre aree della sua vita, della sua nuova posizione nella famiglia. Introducendo nuovi alimenti, dopo un periodo di solo latte, è anche possibile che la motilità intestinale sia transitoriamente alterata. Questo richiede un periodo di adattamento funzionale del tubo digerente. È possibile che con l’emissione delle feci si verifichi qualche difficoltà: in questo caso la stitichezza è transitoria. È proprio in questo momento che non deve innescarsi il fatidico.

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“Anche io, da piccola...”. La stitichezza, che può in rarissimi casi avere anche una base ereditaria, è più spesso il frutto di circostanze ambientali, relazionali e alimentari che mettono in moto un circolo vizioso: non si evacua, si sente male se si spinge, si impara inconsapevolmente non a premere ma a trattenere. Se questo circolo vizioso non viene interrotto si memorizza un meccanismo di opposizione che porta solo a peggiorare la situazione. È molto più facile prevenire che non curare i meccanismi scorretti che portano alla vera stitichezza. È quindi importante, in una situazione che ha queste cause facilmente riconoscibili, rivedere l’alimentazione che deve essere adeguata per contenuto di fibre (non troppe ma neanche troppo poche….e ricordarsi che i succhi di frutta non sostituiscono le fibre della frutta fresca). Meglio “perdere un po’ di tempo” preparando verdure e frutta di stagione, legumi, cereali integrali. Solo per brevissimo tempo, e in casi ben selezionati dal pediatra, possono essere utili dei “rammollenti fecali”, soprattutto se non è possibile intervenire sulla dieta. L’educazione al vasino: presto o tardi? D.: Il nostro bambino di 2 anni e 5 mesi, deve andare al nido e vogliamo toglierli rapidamente il pannolone. Come possiamo fare? R.: È oramai consolidato che non si deve educare il bambino al come e al quando fare i propri bisogni ma si dovrà parlare del “dove”. I tempi e i modi di liberarsi vanno rispettati, ma se in certe civiltà, o solo ripensando ai nostri nonni, è normale “scaricare” dovunque (e molte popolazioni non sanno proprio appunto cos’è la stitichezza) oggi, per convenzioni sociali, dobbiamo riservare questo momento ad un luogo preciso: il bagno, in particolare il “vasino”.

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I metodi di educazione al vasino possono essere precoci (entro il primo anno di vita) o tardivi (dopo i 18 mesi di vita). L’educazione al vasino precoce si fonda sull’osservazione del bambino per riconoscere i segnali del bisogno. A partire dai primi mesi di vita, la mamma o chi si prende cura del bambino, osservando le espressioni del volto o il tipo di pianto possono intuire la necessità del bimbo di fare pipì o di scaricarsi. Per la defecazione, il viso può diventare rosso durante la spinta... non diciamo niente di nuovo, ovviamente. Comunque sia, si tratta di una comunicazione non verbale dei bisogni elementari del bimbo. Poiché ogni bambino è unico i segnali possono essere diversi, ma ogni madre è in grado, se motivata e un po’ attenta, di riconoscerli e comprenderli. Dopo alcuni giorni di osservazione, si potrà portare il bimbo in bagno in occasione di questi segnali premonitori, tenendolo in braccio, afferrandolo per le cosce, con la sua schiena appoggiata al petto del genitore e con le gambine aperte e flesse su una bacinella d’acqua. Se c’è qualcuno un po’ meno giovane si ricorderà che questa era la norma per la generazione dei nostri nonni e anche delle nostre mamme... Questa posizione dovrà essere mantenuta per alcuni minuti in attesa della scarica o della pipì. Dai 78 mesi di vita, quando il bambino è in grado di star seduto da solo, è possibile farlo sedere sul vasino, sempre aiutandolo. In entrambi i casi si ottiene una posizione più normale, per cui il bambino può spingere con maggior facilità ed associare gradualmente e precocemente la posizione “da seduto” con l’atto di scaricarsi. Il passaggio all’educazione al vasino verso i due anni è quello più comune ai giorni nostri e tiene in considerazione alcune condizioni tipiche della nostra società che condizionano il comportamento dei genitori: da una parte l’utilizzo dei pannolini “usa e getta” ha fatto sì che educare il bambino risulti meno impellente per i genitori, che tendono a non occuparsene

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fino all’ultimo momento, che di solito corrisponde proprio con l’età di entrata alla scuola materna. In altri casi invece la necessità di inserire il bambino al nido in epoca relativamente precoce induce una fretta e una disattenzione comportamentale che mal si adatta all’educazione di un comportamento così significativo per il bimbo e così carico di implicazioni. Per cui è necessario pensare a questo passaggio con un po’ di anticipo e in questo caso, considerando che il bambino ha 2 anni e 5 mesi è possibile ottenere dei buoni risultati con piccoli accorgimenti. Ricordiamo che il momento per iniziare a togliere il pannolino al piccolo è molto variabile ed individuale, ma può essere guidato. È bene imparare a cogliere i segnali perché il bambino stesso fa sempre capire “quando gli scappa”. Può essere utile parlare con il pediatra di questo momento, ma i genitori sanno da soli cosa fare: dopo aver interpretato i segnali che il bambino dà, senza forzare, senza fretta, aiutate il bambino a trovare la posizione migliore e il confort adeguato. Si consiglia di rimandare il momento dell’educazione al vasino se la famiglia si trova in una situazione di stress ambientale: cambio di abitazione, presenza di una malattia o di un lutto o di crisi di rapporti familiari... nel senso che può essere più difficile e comunque non si pone la dovuta cura. I fallimenti sono dannosi in questa fase. E infine, ma non meno importante, curate l’alimentazione: in un mondo fatto di ”cibo spazzatura“, soprattutto dopo l’anno di vita (merendine confezionate, grassi in eccesso, pochissima verdura, frutta senza buccia) mangiare bene è importante. I bambini assumono con difficoltà a questa età la frutta, e soprattutto la verdura, ma è fondamentale continuare a proporre loro questi cibi che contengono fibre. Così facendo si previene anche il male del secolo, l’obesità.

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La defecazione dolorosa e le ragadi D.: Il mio bambino di 3 anni non vuole fare la popò nel vasino. Piange, stringe le gambe, la trattiene e la fa solo se gli rimetto il pannolone. Qualche volta vedo anche del sangue rosso. Che devo fare? R.: Ahi, ahi, ahi, siamo già un po’ in là... si è davvero oramai instaurata una stitichezza “da opposizione” e si sono formate delle ragadi. La stitichezza da opposizione era appunto quello che si voleva evitare non interferendo troppo nella autonomia dei bambini. In questo caso è già successo e dobbiamo tentare di porvi rimedio. La stitichezza, il dolore alla defecazione, l’opposizione assoluta a fare la popò attivando un comportamento che tende a trattenere e non a liberarsi, sporcare le mutandine, sono diventati problemi comuni delle nuove generazioni raggiungendo il loro massimo intorno ai 2-3 anni di vita. Problemi che rischiano di trascinarsi anche nelle età successive. Il 3-5% delle visite ambulatoriali pediatriche ed il 25-30% delle visite di gastroenterologia pediatrica sono dovute ad un problema di stitichezza e molte anche le richieste ai pediatri di rimedi per il bambino che continua a fare la pipì di notte (enuresi) Se l’enuresi occupa un capitolo a parte, la stitichezza nel 97% dei casi è dovuta solo a un cattivo rapporto del bambino con questa funzione, il che, non dobbiamo trascurarlo, può essere un primo segnale di un cattivo rapporto con il proprio corpo. E qui entra in gioco il perineo. La contrazione del pavimento pelvico è fondamentale: infatti se il bambino non impara a rilassare i muscoli di questa zona del suo corpo, al momento dello stimolo non riuscirà a liberarsi. Spesso sono proprio il dolore, la cattiva abitudine, le posizioni

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sbagliate e innaturali che fanno fare esattamente l’azione muscolare opposta: si stringe e non si rilascia, si trattiene e non ci si libera. Le feci, trattenute nel retto, diventano dure e grosse. In questo modo l’intestino si dilata e diventa sempre più difficile e doloroso evacuare. Come abbiamo già detto, spesso si finisce in questa storia per cause facilmente riconoscibili, come: 1. cambiamenti di alimentazione, 2. infiammazione trascurata del culetto, 3. troppe aspettative, fretta, orari troppo rigidi, 4. eliminazione frettolosa del pannolino, 5. posizioni non idonee a permettere una buona spinta (provate a spingere se non avete le gambe ben appoggiate per terra!). Tutte queste situazioni innescano nel bambino una vera e propria opposizione a scaricarsi. E così il circolo vizioso continua: sondini, clisteri, manovre invasive, ancora opposizione, e poi ragadi, perché le feci sono diventate troppo grosse, e poi dolore e, anche involontariamente, il bambino impara a stringere invece che a rilasciare. Qualche volta, addirittura, si deve ricorrere all’ospedale. Quando questo succede, è il momento di riflettere e ripensare a tutto il percorso fatto per arrivare fino a qui. Il compito del pediatra è aiutare i genitori a rivedere tutti gli errori commessi e ricominciare quasi da capo. Si parte con l’aiuto di alcuni blandi rammollenti per le feci, si provvede alla pulizia accurata dell’ano e, talvolta, all’applicazione di creme cicatrizzanti. Il pediatra deve sostenere i genitori per rendere più tranquilla la relazione che il bambino ha con l’ambiente e con la sua famiglia. In questo modo il bambino può dimenticare la paura e tornare a provare “piacere” nel defecare.

posizione sbagliata

posizione corretta

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Ano anteriorizzato D.: Il pediatra mi ha detto che la mia bambina, che ha solo 3 mesi, ha un ano “anteriorizzato”. Cosa vuol dire? Potrà avere dei problemi quando smetterò di darle il mio latte? R.: Innanzitutto bravissima a dare il suo latte alla bambina… e mi raccomando continui con solo latte materno per lo meno fino a 6 mesi. Sarà la miglior garanzia per la salute futura di sua figlia. Per quanto riguarda il problema dell’ano interiorizzato basta un piccolo disegno per capire cosa potrebbe succedere quando lei passerà ad una alimentazione solida. Se lo sbocco anale è troppo vicino alla forchetta vaginale questo significa che l’intestino nel suo ultimo tratto (il retto) è più lungo e presenta una curva più stretta e questo potrebbe in effetti impedire il corretto svuotamento delle feci, con conseguente tendenza alla stitichezza. Ma se la sua bambina mangerà in maniera adeguata, assumendo fibre con molta frutta e verdura e imparerà a spingere correttamente al momento dello svuotamento, è possibile che non ci siano particolari difficoltà. Solo in alcuni casi si potrà aggiungere un rammollente fecale per bocca. Ben diverso è il problema delle vere malformazioni ano-rettali in cui la funzione del retto e dell’ano è davvero anormale. In questi casi, già diagnosticati alla nascita, è necessaria la consulenza e la presa in carico di un chirurgo pediatra.

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Il perineo da “adulta”

L’anatomia e le funzioni del perineo sono diverse negli uomini e nelle donne. La prima differenza sta proprio nello scheletro: il bacino dell’uomo è alto e stretto, quello della donna assomiglia ad una coppa. Questo perché il bacino della donna deve sostenere il peso di una eventuale gravidanza. Il piano perineale maschile è chiuso e permette il passaggio solo dell’uretra e dello sfintere anale. Il piano perineale femminile, invece, oltre a permettere il passaggio dell’uretra e dello sfintere anale, è aperto in corrispondenza della vulva che dà accesso allo spazio vaginale, in fondo al quale si affaccia il collo dell’utero. Questo è quello che si può vedere dall’esterno. Se solleviamo la pelle e togliamo qualche strato, potrete vedere la sostanziale differenza della struttura che deve sostenere tutti gli organi interni. Nell’uomo è molto più serrata, mentre nella donna è più elastica, più larga e più disposta a cedere, sempre nell’ipotesi di un eventuale parto. Questa anatomia influenza la vita delle donne, che già in età pubere dovrebbero avere la possibilità di conoscere e valutare la loro conformazione, per apprezzare la forza di questo apparato muscolare e imparare ad usarlo. Infatti saperlo usare ne mantiene con più facilità le funzioni. Una parte di questi muscoli agisce in modo involontario e risponde all’esigenza di non dovere sempre prestare attenzione a tenere chiusi il passaggio all’urina e alle feci. Ma una parte notevole è volontaria e quindi

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può rispondere ai comandi cha la donna le dà. Saper usare questa parte così importante del proprio corpo è fonte sia di gioia che di salute. Le donne che vengono ai corsi di preparazione alla nascita, che rappresenta ancora oggi il primo vero approccio con questo tipo di tematiche, molto spesso sanno poco di come sono fatte. Di conseguenza hanno una scarsa consapevolezza sul piano della percezione di questa zona e, soprattutto, non sanno far funzionare volontariamente questa muscolatura. La donna in gravidanza ha l’occasione di capire l’importanza di questa parte del suo corpo perché ne vede una finalità concreta. Quindi chiede cosa fare per farla funzionare nel migliore dei modi, naturalmente vedendo come obiettivo un parto più facile. In questo momento le donne sono portate a credere che il lavoro sul perineo debba consistere solo nel facilitarne l’apertura, perché la loro immaginazione le porta a visualizzarlo come un passaggio, tanto migliore quanto più è cedevole. In realtà il buon funzionamento di questa muscolatura non è dato solo dalla sua cedevolezza (nei rapporti sessuali, nel defecare, nel far uscire il bambino dal canale del parto), ma da quella elasticità e tonicità che è dovuta in parte agli ormoni e in parte all’allenamento, che permette a questi muscoli, dopo aver ceduto, di tornare alla loro funzione di contenimento e chiusura. Dell’importanza del ritorno al giusto tono di questi muscoli le donne si rendono immediatamente conto nel periodo del dopo parto, quando potranno avvantaggiarsi, appunto, di quel buon lavoro che è stato fatto durante la gravidanza e che ha fatto sperimentare loro le due possibilità: “cedere e riprendere”. Superato il momento del parto e del puerperio, molte donne che hanno già figlie, raccontano, con contesti e situazioni diverse, la stessa storia. Notano infatti che le loro bambine, a differenza dei maschi, tendono a trattenere la pipì, dapprima soprattutto a scuola, ma poi anche come una specie di gioco di controllo. Questo comportamento è la conseguenza di alcune ovvie sco-

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modità: le bambine infatti devono spogliarsi per fare pipì e, spesso, non trovano il posto pulito per appoggiarsi. In questi ultimi tempi, in cui la vita si svolge prevalentemente fuori casa, è molto difficile per le donne, di qualunque età, trovare posti di cui giovarsi. Quindi il più delle volte le donne o trattengono o si adattano a svuotare la vescica nella posizione “in piedi”. Questa posizione è scomoda e dannosa perché obbliga a spingere e sottopone il perineo e l’apparato urinario a uno stress inutile. Non c’è da sorprendersi se poi la causa più frequente di cistiti e di cattivo funzionamento della vescica è da ricercarsi nel rinvio, all’ultimo momento, dello svuotamento, quando cioè non è più possibile farne a meno. Episiotomia D.: Sono una donna di trent’anni. Sono in gravidanza e sento pareri contrastanti sull’utilità e sui rischi dell’episiotomia. Vorrei avere informazioni per farmene un’idea più chiara. R.: L’episiotomia è un taglio che viene eseguito a livello della vagina durante il periodo espulsivo, quando il perineo si distende, e la testina del bambino appare all’esterno. Per molti anni, è stata considerata come una scelta che dava più vantaggi che svantaggi e oggi se ne sta rivalutando l’utilizzazione routinaria. Se eseguita al momento opportuno e nei casi giusti può prevenire delle brutte lacerazioni vaginali, spesso difficoltose da ricucire. Quando invece il taglio viene fatto troppo presto, danneggia un numero maggiore di strati dei muscoli perineali e questo, con l’andare del tempo, determina una riduzione della resistenza del pavimento pelvico, ma sopratutto non riduce a zero il rischio di danno per il neonato. Considerando il punto in cui viene praticata esistono due tipi di episiotomia: la mediana 1, in cui il taglio va dalla parte inferiore

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della vulva in direzione dell’ano, e la medio-laterale 2 che ha una direzione più laterale (vedi figura). La mediana, rispetto alla medio-laterale, si ripara più facilmente, è meno dolorosa e procura una minore perdita di sangue ma, quando viene messa sotto sforzo per una spinta prolungata, può essere causa di gravi lesioni allo sfintere anale. La medio-laterale è, invece, protettiva nei confronti delle lesioni dello sfintere anale, che resta più lontano dal taglio, e sembra protettiva anche per l’incontinenza urinaria. Purtroppo non dà maggiore resistenza al pavimento pelvico rispetto ad una lacerazione ed è più dolorosa. Gli effetti indesiderati dell’episiotomia sono diversi: 1. Dopo il parto il dolore da taglio dà disagi a stare sia in piedi che in posizione seduta e quindi rende le donne dipendenti in un momento in cui invece bisognerebbe sentirsi in forma per accudire il bambino. 2. Qualche volta nella sede del taglio si può creare un ematoma doloroso, che può anche infettarsi. 3. Per quello che riguarda la sfera sessuale, le donne che partoriscono con l’episiotomia possono avere per diverso tempo rapporti dolorosi, in conseguenza della sensibilizzazione della parte, a causa della ferita. 4. Naturalmente, anche se ancora non sufficientemente studiati, non vanno sottovalutati i postumi psicologici, di cui moltissime donne si lamentano. Dunque l’episiotomia non previene i traumi vaginali e perineali, non riduce i rischi di una incontinenza urinaria, né previene i dolori durante i rapporti sessuali. In conclusione la soluzione migliore è dare il tempo e il modo ai tessuti, ai muscoli ed ai nervi di distendersi gradualmente: assecondando un periodo espulsivo passivo e prolungato si evita che i tessuti si lacerino e che il perineo si danneggi.

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Perdo pipì D.: Sono una donna di 48 anni con tre figli e un lavoro che mi impegna molto. Ho un problema estremamente fastidioso ed imbarazzante, e, quando mi capita al lavoro, mi sento osservata perché vado spesso al bagno. Inoltre perdo urina quando tossisco, starnutisco o faccio uno sforzo, tanto che sono obbligata a fare un uso quotidiano di pannolini. R.: La perdita di urina viene riferita a sforzi anche di lieve entità. Siamo quindi di fronte ad una forma di incontinenza medio-grave che necessita, vista anche la giovane età della donna, di una correzione. Occorre sottolineare che un problema così importante si manifesta di solito in donne più anziane. I tre parti hanno avuto un ruolo determinante nel modificare le funzioni del pavimento pelvico, che si dimostra incapace di svolgere il suo lavoro, determinando una incontinenza urinaria (incontinenza da sforzo). Questa osservazione impone un cambiamento di comportamento e di mentalità a tutte le persone coinvolte nel parto. Infatti gli operatori devono mettere le donne nelle condizioni di essere coscienti che la salvaguardia dell’integrità del loro perineo richiede non solo una adeguata preparazione durante la gravidanza, ma anche e soprattutto un diverso approccio al momento del travaglio. Ostetriche e ginecologi cercheranno di favorire la collaborazione con le donne aiutandole ad avere un periodo espulsivo più naturale possibile, e quindi non frettoloso, evitando in ogni caso di ricorrere a manovre ostetriche pericolose. Una maggiore sensibilizzazione delle donne ad avere cura ed attenzione ai piccoli segnali, spesso lamentati e trascurati durante il periodo successivo al parto, può mettere gli operatori nelle condizioni di intervenire più efficacemente.

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Infatti evidenziare in modo precoce i segni di un’incontinenza urinaria, che potrà poi rimanere tale, potrà indicare al medico quali donne necessitano di una precoce riabilitazione del pavimento pelvico, riabilitazione che eviterà problemi futuri sia d’incontinenza urinaria che di prolasso. Per capire la reale causa del disturbo è necessaria una accurata visita uroginecologica, alcuni esami strumentali poco dolorosi ma estremamente importanti, come le prove urodinamiche. A quel punto si può programmare un percorso correttivo, che inizierà con una riabilitazione del pavimento pelvico attraverso una ginnastica particolare che verrà insegnata alla donna, che poi potrà continuare a casa da sola. Se la riabilitazione non darà i frutti sperati si può ricorrere a una eventuale correzione chirurgica. Per quanto riguarda la chirurgia dell’incontinenza urinaria da sforzo, in questi ultimi 10 anni è stata rivoluzionata da un intervento mininvasivo che permette di correggere il problema posizionando in anestesia locale, e con un intervento ambulatoriale, una piccola benderella non riassorbibile (Trans Vaginal Tape Obturatory TVTO) sotto l’uretra (che è il condotto che porta l’urina dalla vescica all’esterno) che darà quel supporto mancante quando la donna farà qualsiasi sforzo. Questo piccolo intervento permette oggi di risolvere il problema dell’incontinenza nel 90-95% dei casi, ridando alle donne, giovani e meno giovani, la libertà di potersi muovere in qualsiasi momento e in qualsiasi maniera.

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Perdo liquidi D.: Perdo liquidi dalla vagina dopo l’immersione in acqua. Alle volte perdo aria dalla vagina, dopo i rapporti sessuali. R.: Di solito questi disturbi non sono legati a una patologia, anche se questi sintomi depongono per una minore tenuta dei muscoli perineali. In ogni caso può essere utile fare una visita uroginecologica per evidenziare eventuali deficit iniziali del pavimento pelvico che con il tempo potrebbe rendersi più evidente. È quindi consigliabile una riabilitazione del pavimento pelvico per non avere peggioramenti in futuro. Rapporti dolorosi D.: Sono una donna di trent’anni, ho sempre sofferto di dolori durante i rapporti sessuali. R.: Il dolore durante i rapporti sessuali (i medici lo definiscono dispareunia) può essere messo in relazione ad uno scarso rilasciamento del perineo e quindi riconoscere, alla sua origine, uno stato di ansia. Se la donna è contratta, può mettere in tensione alcuni muscoli del pavimento pelvico che non facilitano la penetrazione e anzi possono creare una resistenza che genera dolore. La maggiore spinta, invece che superare questa difficoltà, genera più dolore e quindi più contrazione, innescando una difesa che rende, in alcuni casi, impossibile il rapporto (in questo caso di parla di vaginismo). La terapia, in questo caso, deve rimuovere le cause psicologiche della tensione. Talvolta, invece, questo disturbo può essere scatenato da una infiammazione e quindi deve essere curato con una adeguata terapia.

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La dispareunia può essere inoltre causata da varie patologie dell’apparato genitale. Nelle età giovanile prevalgono le anomalie anatomiche dell'imene e della vagina, le cause infiammatorie e quelle psicogene. È utile quindi sottoporsi ad una visita ginecologia per diagnosticare la presenza di tali anomalie, che verranno corrette. Se la causa è una infiammazione sarà sufficiente una terapia locale. Le cause psicologiche sono un po’ più complesse da trattare e richiedono un intervento approfondito che migliori la relazione con il proprio corpo e con il vissuto di questa parte. Lubrificazione insufficiente D.: Sono in menopausa da tre anni e da qualche tempo ho dolori durante la penetrazione. R.: Le cause più frequenti di dolore sono legate allo stato delle mucose vulvo-vaginali e/o a deficit di lubrificazione dovute alla riduzione degli estrogeni, ormoni che diminuiscono con la menopausa. Non vanno trascurati però gli esiti cicatriziali dei parti o di precedenti interventi chirurgici. Probabilmente anche l'età, i fattori costituzionali ed immunologici hanno una grande importanza. Le mucose diventano rigide, sottili, poco elastiche, scarsamente resistenti ai traumi, biancastre. In questi casi ha dimostrato una buona efficacia l'uso di estrogeni locali, fitoestrogeni, prodotti idratanti, lubrificanti e antidolorifici, vitamina E . Nelle sofferenze della vulva, più esterne, hanno trovato maggior impiego prodotti a base di cortisonici; anche in quest'ultime forme comunque prodotti idratanti e lubrificanti facilitano il rapporto.

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Perdo pipì durante i rapporti D.: Sono una donna di 55 anni. Sono in menopausa. Avrei ancora il desiderio di avere una vita sessuale soddisfacente. Recentemente però perdo urina durante i rapporti. La cosa mi crea una tale vergogna che mi sono detta che posso farne a meno. Ma così mi sento insoddisfatta e sola. R.: La concomitanza della fine della vita fertile con la comparsa di un disturbo, come la perdita di urina, può condurre le donne a rinunciare definitivamente alla vita sessuale. Esistono situazioni analoghe che riguardano donne più giovani, ma in questo caso la rinuncia è meno immediata. Poter mantenere una vita attiva dal punto di vista della sessualità è fondamentale sia sul piano del tono emotivo, sia sul piano della tonicità del perineo. Per questo è indispensabile aiutare le donne a non sacrificare aspetti importanti della loro vita e metterle in condizioni di chiedere aiuto già alle prime avvisaglie. Per quello che riguarda le soluzioni del problema, il recupero delle funzioni perineali, attraverso la ginnastica, è indispensabile. Ovviamente, in alcuni casi vale quanto detto per l’incontinenza urinaria da sforzo. Esiste infatti la possibilità di quell’intervento chirurgico di cui abbiamo già parlato. Numerosi studi infatti dimostrano come l’intervento chirurgico mininvasivo di TVTO corregge il problema incontinenza e non crea problemi per entrambi i partners.

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Perdo pipì prima di arrivare in bagno D.: Sono una donna di 75 anni con difficoltà a camminare e, spesso, quando ho la necessità di urinare non riesco a trattenere la pipì e la perdo prima di arrivare in bagno. Sono costretta a mettere un pannolone che mi dà noia e mi irrita. R.: A questa età è frequente che le donne soffrano di incontinenza urinaria da urgenza dovuta all’incapacità di trattenere l’urina nel momento in cui scatta il meccanismo del bisogno di urinare. Potremmo considerare questa esperienza come la continuazione della storia di molte donne che, in età più giovane, arrivano sulla porta di casa con due pesanti borse della spesa, e, appena inseriscono la chiave nella porta, sentono il bisogno imperioso di far pipì e devono correre in bagno, mollando la spesa e rischiando di bagnarsi prima di arrivarci. Questo accade in conseguenza delle contrazioni involontarie del muscolo che fa svuotare la vescica (si chiama detrusore), che aumentano la pressione all’interno della vescica stessa. In condizioni di buona salute, la “porta” che conduce dalla vescica all’uretra si oppone validamente. Purtroppo anche questa porta ha i suoi limiti, legati al cattivo uso che ne viene fatto. L’abitudine che molte donne hanno acquisito a rinviare lo svuotamento della vescica fino all’ultimo momento, le ha condizionate a trascurare lo stimolo. In questo modo hanno allenato, senza volerlo, il loro sistema nervoso a prendere in considerazione il segnale solo quando non è più possibile controllarlo. Il riempimento eccessivo a cui sottopongono la loro vescica scatena più facilmente contrazioni involontarie e incontenibili, che portano allo svuotamento imperioso. Tanto più che l’apparato che chiude la vescica è ormai diventato insufficiente.

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Anche qui un’attenta valutazione mediante visita uroginecologica e prove urodinamiche, può darci indicazioni su quale soluzione proporre. In ogni caso il primo consiglio è quello dello “svuotamento della vescica a tempo”. Si tratta di andare a far pipì ogni due ore o meno senza aspettare lo stimolo imperioso. Il secondo consiglio è, soprattutto in donne giovani, quello di iniziare una riabilitazione del pavimento pelvico allo scopo di tonificare la muscolatura e poter meglio contrastare l’eventuale necessità. Se nessuno di questi rimedi sarà stato efficace, potremo proporre un trattamento farmacologico, con l’obiettivo di ridurre le contrazioni involontarie della vescica. Questo trattamento risulta estremamente efficace e dà effetti collaterali minimi. Per quello che riguarda il disturbo dato dall’uso dei pannoloni, ricordiamo che esistono in commercio assorbenti in materiali traspiranti che non risolvono completamente il problema, ma riducono sensibilmente il fastidio. Un ulteriore elemento di riflessione riguarda le ripercussioni che questa situazione dà sul tono dell’umore. Le donne si sentono depresse, spesso sfiduciate. La loro vita di relazione si riduce. Inoltre, se come spesso succede, sono costrette a svegliarsi più volte nel corso della notte per correre in bagno, la mancanza di sonno aggrava la situazione. Per questo è fondamentale parlare non solo della possibilità di risolvere o di alleviare il problema, ma soprattutto dare indicazioni per evitare di giungere a situazioni così critiche. La prevenzione è ancora una volta la soluzione migliore.

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Prolasso D.: Quando mi faccio il bidet mi sento come una palla venire fuori dalla vagina che mi dà noia. Ho notato poi che faccio fatica ad urinare ed il getto è debole e dopo aver urinato ho la sensazione che la vescica sia ancora piena. Pensa che mi devo operare? R: Spesso il prolasso, soprattutto se di grado elevato, viene avvertito dalla donna come un senso di pesantezza e di dolore a cui corrisponde, quando si fa un bidet, magari dopo un giorno passato in piedi a lavorare, la sensazione tattile di avere una “palla” o un “uovo” che fuoriesce dalla vagina. Oltre al senso di pesantezza ci può essere difficoltà ad urinare (infatti l’uretra, a causa del prolasso viene piegata in modo da rendere più difficile lo svuotamento della vescica). Queste difficoltà portano inevitabilmente ad uno svuotamento vescicale non perfetto. Di conseguenza si ha un ristagno di urina alla fine dello svuotamento che favorisce cistiti frequenti. Nel caso in cui il prolasso coinvolga anche la parete posteriore della vagina (rettocele), si possono avere disturbi nella defecazione fino a una difficoltà (“defecazione ostruita”) che la donna, per poter andare di intestino, risolve imparando ad aiutarsi con le dita. Per quello che riguarda i rimedi, è chiaro che se il prolasso è di grado elevato non abbiamo altra soluzione che l’intervento chirurgico. La correzione chirurgica può essere fatta per via vaginale oppure attraverso una chirurgia meno invasiva che evita di asportare l’utero quando questo risulta normale. Infine oggi anche donne di 80 – 85 anni possono riavere una vita dignitosa grazie alla possibilità di essere operate in anestesia locale. In casi di prolasso lieve le donne possono trarre vantaggi da una buona riabilitazione, e da un controllo regolare del prolasso.

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Cistiti frequenti D.: Ho cistiti frequenti con dolore mentre urino e a volte vedo sangue. R.: Le cistiti ricorrenti obbligano le donne ad assumere notevoli e ripetute quantità di antibiotici con tutte le conseguenze a livello gastroenterico e di resistenze batteriche che si possono creare. Un’accurata visita uroginecologica può evidenziare non solo i problemi di cui abbiamo parlato più sopra, ma in taluni casi può diagnosticare vaginiti non riconosciute che sono spesso la causa di queste cistiti. Senza una diagnosi accurata si può mettere in moto un processo pericoloso per la donna. Infatti l’antibiotico, prescritto per la cistite, cura la cistite; la donna guarisce momentaneamente ma, non avendo curato la vaginite (che anzi con l’antibiotico peggiora), dopo poco tempo si ritroverà nella stessa situazione. I germi responsabili della vaginite possono infatti risalire indisturbati dalla vagina attraverso l’uretra e ridare la cistite. La terapia corretta deve dunque rivolgersi alla vaginite. Oltre alla terapia specifica può essere vantaggioso utilizzare alcuni prodotti vegetali che acidificano le urine e quindi riducono gli episodi di cistite. Le cure selettive con antibiotici devono essere invece messe in atto solo e sempre dopo aver eseguito un’urinocoltura con antibiogramma che ci metta nelle condizioni di usare il farmaco più sensibile al minor dosaggio efficace.

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Il perineo posteriore Il perineo posteriore controlla la defecazione e assicura la continenza fecale. La fisiologia del perineo posteriore è costituita essenzialmente da quelle attività viscerali, muscolari e nervose che consentono il riempimento e lo svuotamento dell’ampolla rettale e, nell’intervallo tra una defecazione e l’altra, assicurano la continenza alle feci e ai gas. I meccanismi che partecipano alla continenza sono: 1. la consistenza delle feci e il loro transito attraverso il colon retto, 2. la capienza e la elasticità del retto, 3. la sensibilità anorettale, 4. la funzione dello sfintere anale e del pavimento pelvico.

Vagina

Coccige

Ano

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Il mantenimento della continenza dipende da un controllo volontario dello sfintere esterno e da un controllo involontario dello sfintere interno. Quando le feci raggiungono il retto, distendono le pareti dell’ampolla, stimolano alcuni recettori di stiramento posti in quest’area e generano il bisogno di defecare. Lo sfintere anale interno si rilascia e il contenuto dell’ampolla rettale scende più in basso nella zona dove sono presenti altri recettori che sono in grado di far capire se il contenuto è solido, gassoso o liquido. Se riteniamo che quello sia un momento socialmente conveniente, rilasciamo lo sfintere anale esterno e le feci o i gas vengono espulsi. Dalla conoscenza della fisiologia appare chiaro quanto sia importante non negare la soddisfazione di questo bisogno, perché rimandandolo si va incontro ad un processo di “adattamento” dei recettori che avranno bisogno di quantità sempre maggiori di feci per far partire lo stimolo. Allo stesso tempo è fondamentale far sì che le feci, grazie ad una dieta ricca di fibre e di acqua, restino morbide. Questo eviterà una evacuazione difficile e faticosa, che spesso ha come conseguenza la comparsa di ragadi o emorroidi.

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Stipsi Stitichezza D.: Sono sempre stata stitica, ma da quando lavoro, un anno circa, il problema è diventato sempre più importante e non capisco cosa sia successo. R.: Per molti la stitichezza è legata alla sensazione di non evacuare abbastanza o di farlo con molta difficoltà. In effetti le funzioni intestinali sono intimamente legate alle abitudini alimentari, al costume sociale e al livello di industrializzazione: ad esempio quello che è considerato un funzionamento intestinale nella norma alle nostre latitudini non lo è per le popolazioni rurali del Sud del pianeta. I cambiamenti delle abitudini di vita, in particolare l’inizio del lavoro, hanno indirettamente imposto di “ridurre” il tempo necessario per andare in bagno. È importante, invece, che fin da piccoli vengano accettate e rispettate le funzioni intestinali dedicando loro tempo e attenzione, senza liquidarle frettolosamente, come spesso succede. Molti studi dimostrano che i maschi soffrono molto meno di stitichezza: infatti fanno della “seduta” quotidiana un momento di tempo dedicato a se stessi, e in genere ne approfittano per leggere. In questo modo questo momento diventa piacevole, cosa che le donne spesso non possono concedersi. Inoltre spesso le donne non riescono ad evacuare, anche se ne avvertono la necessità, se non sono a casa loro, nel loro bagno e possibilmente da sole in casa, come conseguenza di un evidente condizionamento psicologico e sociale. Andando al lavoro, queste circostanze non si possono verificare: lo stimolo viene negato e, come tutte sappiamo, dopo qualche minuto passa. Affinché venga avvertito nuovamente è necessario che una nuova quantità di feci arrivi nell’ampolla rettale e la

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distenda. Questo può richiedere anche molte ore. Se di nuovo lo stimolo si presenta nel momento “sbagliato”, questo meccanismo si ripete. Dopo qualche tempo, l’ampolla rettale si sarà dilatata ad un punto tale, che per provocare lo stimolo saranno necessarie notevoli quantità di feci. Così la massa fecale tende a diventare grossa e dura: in poche parole difficilissima da eliminare. In questo caso, oltre ai rimedi farmacologici, che solitamente vengono consigliati (primo fra tutti un clistere per rimuovere l’ingombro fecale), è necessario ritrovare il tempo per un corretto rapporto con i propri “bisogni”. Concludendo, non esiste una normalità assoluta per quanto riguarda il numero delle evacuazioni settimanali: ognuno di noi ha un ritmo che deve imparare ad ascoltare e rispettare. Meteorismo D.: Ho sempre la pancia gonfia e mi sembra di non andare abbastanza di intestino. Ho paura di non riuscire a "ripulirmi bene". R.: Le feci non contengono sostanze tossiche, ma solo i prodotti di scarto del nostro metabolismo, cioè tutto ciò che non è più utilizzabile. Le pretese della moda spesso mettono in difficoltà le donne, che non sopportano l’idea di non avere un addome piatto. Inoltre la nostra alimentazione è sempre più condizionata dalla fretta. Quindi cibi da preparare e da consumare velocemente, spesso carenti di frutta, verdura, legumi e cereali. Il meteorismo, che si crea dopo aver mangiato, non è che il risultato del normale metabolismo di questi alimenti, che sono essenziali. Infatti la frutta e la verdura sono ricche di sostanze antiossidanti, fondamentali per riparare i danni cellulari. Il loro consumo è,

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secondo molti studi, associato ad una minore incidenza di tumori intestinali. Il problema del meteorismo è poi legato alla nostra educazione. Liberarsi dell’aria normalmente prodotta dai processi di digestione non è educato, è vero, ma è salutare, perché l’aria trattenuta determina una dilatazione delle pareti intestinali e facilita la formazione dei diverticoli. Spingere molto D.: Sono una donna di quarant’anni. Da alcuni anni devo stare per molto tempo in bagno prima di evacuare e devo spingere molto, a volte fino a sentirmi male. R.: Spesso questa alterazione della espulsione delle feci ha a monte una serie di motivi che non sono stati riconosciuti, o ai quali non si è data particolare importanza. Una delle situazioni che più frequentemente conducono a questo tipo di problema è per esempio la presenza di ragadi, o di emorroidi, che possono rendere il momento dell’evacuazione particolarmente doloroso. In questa situazione istintivamente si tende a “ritirarsi”, ad evitare i movimenti che danno origine al dolore. All’inizio lo si fa in modo consapevole. Poi diventa un automatismo attivo, anche quando il problema di base si è risolto. Con il passare del tempo si finisce, senza averne consapevolezza, per non fare più il movimento corretto. Il risultato è che le sedute in bagno diventano lunghissime, gli sforzi sempre più intensi, cresce il senso di frustrazione; le feci eliminate saranno talmente dure da poter creare di nuovo le ragadi anali o le emorroidi. In questi casi è utile un intervento riabilitativo, che faccia riacquisire il corretto movimento di spinta ed espulsione delle feci.

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Un po’ di prevenzione In questa parte parliamo di prevenzione, cioè di esercizi da fare almeno due volte alla settimana per tenere in salute il perineo e aiutarlo, per quanto possibile, a “funzionare come sa”. Questi esercizi, come abbiamo detto nella prefazione, sono di solito proposti a donne che frequentano un corso di base, ma possono, con un po’ di buona volontà, essere eseguiti anche da sole e rappresentare un valido aiuto anche dopo un intervento o dopo il parto. In questi casi però è bene affidarsi a operatori esperti, che valutino accuratamente la situazione e sappiano ben consigliare e controllare l’esecuzione degli esercizi stessi. La prima cosa da sapere, per impostare un buon lavoro con i muscoli del perineo, è che questi muscoli si muovono, reagiscono e vivono, insieme al grande muscolo diaframma, che è quel muscolo che ci aiuta a respirare. Portare l’attenzione a come respiriamo ci aiuta a percepire meglio i muscoli perineali. Il diaframma è un muscolo che ha la forma di un ombrello e sta nella gabbia toracica: quando inspiriamo, l’ombrello scende per fare spazio ai polmoni, e contemporaneamente spinge gli organi dell’addome in basso. A questo punto entra in gioco il perineo, che asseconda la pressione, cedendo un po’ verso il basso, così da fare spazio agli organi addominali. Espirando, l’ombrello risale e, tornando al suo posto, rifà spazio agli organi interni. Di conseguenza, anche i muscoli perineali tornano al punto di partenza. Si può fare un piccolo esercizio che faccia capire questa collaborazione. Mettetevi sedute sul bordo di una sedia, tenete le gambe parallele; prendete un piccolo asciugamano, lo piegate in quattro e lo

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sistemate tra gli ischi (le ossa del sedere più sporgenti sulle quali poggiate). Poi mettete le mani sulla pancia e notate per un po’ come sotto le mani la pancia si muove, seguendo il ritmo della respirazione. Adesso spostate le mani ai lati della gabbia toracica e poi sopra il petto, osservate il movimento respiratorio. Vi renderete conto che quando inspirate, sotto le vostre mani avvengono movimenti in apertura, viceversa, quando buttate fuori l’aria questi volumi diminuiscono. Adesso mettete le mani sulle cosce e portate l’attenzione al contatto che le parti perineali hanno con l’asciugamano. Lasciatevi un po’ di tempo per ascoltare e vi accorgerete che anche nel perineo c’è un movimento che segue il ritmo del respiro. Questo diventa evidente se date un colpo di tosse, che non è altro che una espirazione forzata. Lo spazio su cui concentriamo la nostra attenzione è una specie di losanga, delimitata lateralmente dagli ischi, davanti dal pube e dietro dal coccige Queste ossa rappresentano il perimetro sul quale si inserisce il

Osso sacro

Ischi

Sinfisi pubica

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diaframma pelvico: la prima cosa da fare è imparare a percepirle. Ora guardate la figura e poi mettetevi in piedi. Mettete davanti a voi uno sgabello e sullo sgabello mettete un piede. Con l’aiuto delle mani toccate l’ischio della gamba poggiata sullo sgabello, che da questa posizione si percepisce bene. Di queste ossa è facile sentire la punta arrotondata, la parte anteriore che continua verso il pube e la parte posteriore; ma anche la parte esterna, che si confonde nella natica, e la parte interna, che corrisponde alla faccia interna del bacino, sulla quale si inseriscono i muscoli perineali. Quando avete esplorato entrambi gli ischi, potete sedere su di un panchetto e sentirne la percezione. Come arriva alla coscienza la loro forma? Quanto spazio c’è fra l’uno e l’altro? Apprezzate questa sensazione e cercate di mantenerla nel tempo, magari richiamandola alla memoria tutte le volte che vi sedete. Adesso ritornate in piedi, sempre sfruttando la posizione del piede sulla panca. Toccate il margine superiore del pube, che sentirete stondato e dritto. Da lì, tenendo il dito pollice fermo sul margine superiore, cercate il margine inferiore, che ha una forma ad arco acuto. Avevate mai osservato quanto è alto questo osso? Ora passiamo a conoscere il coccige. Il coccige lo troviamo fra le natiche, poco prima dell’ano; possiamo sentirne la punta e i lati spingendo un po’ con il dito. Una volta chiarita la percezione dell’anatomia, possiamo cominciare a lavorare con i muscoli del perineo. Per farlo ho scelto alcuni semplici esercizi, che servono ad entrare in relazione con questa parte del nostro corpo, per conoscerla meglio e mantenerla in buona salute. Tutti gli esercizi descritti vanno ripetuti da cinque a dieci volte, dedicando a tutta la sequenza almeno venti minuti. Ricordiamo

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che solo un’attivitĂ superiore a quella che non ci fa fare fatica fa aumentare la forza del muscolo. Tenete presente che questi esercizi hanno bisogno di un tempo dedicato, perchĂŠ richiedono attenzione e concentrazione. Per questo occorre trovare il momento in cui si è libere di occuparsi solo di se stesse. Dopo avere fatto gli esercizi con costanza almeno per un mese le donne riferiscono un cambiamento nelle loro abitudini che si palesa soprattutto in un miglior tono dei muscoli perineali che permette loro di non doversi svegliare la notte per svuotare la vescica e di ridurre il numero di volte in cui si sentono obbligate ad andare in bagno di giorno.

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Primo esercizio Stendetevi sulla schiena, piegate le ginocchia e mettete i piedi ben appoggiati a terra. Prendete un asciugamano più grande di quello di cui abbiamo parlato prima, piegatelo in modo da farne un quadrato che metterete sotto l’osso sacro. Sentirete il bacino rialzato e gli ischi staranno sul bordo dell’asciugamano. Immaginate di avere un orologio che abbia le ore 12 in direzione del pube, di modo che le 6 siano posizionate verso il coccige. Adesso inspirate e portate gli ischi verso ore 6, facendoli cadere fuori dall’asciugamano, espirate e ritornate dolcemente sull’asciugamano portando gli ischi verso ore 12. Facendo questo vai e vieni un po’ di volte, lentamente, noterete che quando gli ischi scendono in avanti si allontanano fra di loro, e il perineo si allarga, mentre quando espirate e risalite, gli ischi si avvicinano e il perineo si restringe. Per aumentare la forza di questo esercizio potete immaginare di avere una spugna fra gli ischi. Inspirate e scendendo dall’asciugamano lasciate che la spugna “si riempia di acqua”; quando espirate e risalite, portate gli ischi verso ore 12, strizzate la spugna lentamente, accompagnando l’aria che esce con il suono “SSS”. Poi ripetete. Con il suono “FFF”, con cui l’aria esce più veloce, possiamo stringere la spugna più intensamente. Poi provate con il suono “CH”: cosa succede? Più manterrete la fase di espirazione con i suoni, più l’esercizio sarà valido.

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Secondo esercizio Ancora distese, le ginocchia flesse e i piedi sul pavimento. Inspirate, poi espirate spingendo i piedi contro il pavimento. Lentamente, durante l’espirazione, il bacino si alzerà da terra, e via via solleverete una vertebra dopo l’altra, fino a dove vi sentirete di salire (attente a non inarcare troppo la schiena). In questo modo vi troverete nella posizione “del ponte”. Osservate lo spazio tra gli ischi, e, per rinforzare, sempre in fase di espirazione, strizzate la spugna.

Inspirando scendete lentamente, vertebra dopo vertebra, fino a rimettere il bacino sul pavimento. Ripetete più volte l’esercizio, cambiando la posizione dei piedi. La prima a piedi paralleli, la seconda con le punte dei piedi che guardano in fuori, la terza con le punte che guardano in dentro. Osservate la reazione del vostro perineo alle diverse posizioni.

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Terzo esercizio Mettetevi distese, le ginocchia piegate e i piedi sul pavimento. Guardate la figura della vagina e immaginatela dentro di voi, un poco obliqua verso l’alto. Provate a sentirla. Adesso immaginate che la vostra vagina è percorsa da un ascensore, che sale per diversi piani e ad ogni piano si ferma. Cercate di salire ogni piano con una leggera contrazione. Ogni piano che fate vi fermate e poi riprendete la salita. Inizialmente è facile salire due o tre piani, ma con l’allenamento si può imparare a salirne di più. Forse troverete difficoltà nello scendere, perché non è facile ripercorrere i piani “in discesa” con lo stesso ritmo con cui siete salite. Ma è molto importante farlo, perché è lì che si crea l’elasticità del muscolo.

Uretra Canale vaginale Colon

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Quarto esercizio Sedute con gli ischi ben poggiati sul bordo di un panchetto, portate l’attenzione al pube, mettendoci le dita sopra. Mentre inspirate portate gli ischi indietro; il pube di conseguenza fa un movimento verso il pavimento. Espirando, in modo lungo e profondo, riportate gli ischi in posizione di equilibrio. In questo modo il pube risale e sentirete che gli addominali bassi (due dita sopra il pube) si contrarranno un poco, e avrete la sensazione come se l’elastico dello slip fosse diventato stretto. Nel salire il pube porta in avanti la muscolatura anteriore del perineo, facendola lavorare.

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Quinto esercizio Mettetevi a quattro zampe. Le ginocchia perpendicolari alle cosce, le mani sorreggono le spalle. Adesso inspirate e portate la testa e il coccige a guardare verso l’alto, come una mucca che muggisce. Si creerà una curva nella vostra schiena con la pancia che va in basso, gli ischi si apriranno indietro, insieme al perineo. Poi espirate, e coccige e testa andranno nella direzione del pavimento, formando con la schiena una curva, come un gatto che si stira: gli ischi andranno in basso, si chiuderanno e con loro il perineo. Per rinforzare l’esercizio, facendo il gatto, strizziamo la spugna fra gli ischi quando espiriamo.

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Sesto esercizio Per concludere un esercizio che veramente potete fare quotidianamente. Salire le scale facendo forza dalla metĂ anteriore del piede vi permetterĂ di mettere in azione la muscolatura perineale, che in questo modo si contrae nella parte anteriore.

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Il gruppo di lavoro L’idea di mettere insieme un gruppo per parlare del “perineo” ci è venuta perché ognuno di noi ha sentito il bisogno, dopo tanti anni di esperienza sul campo, di parlare in maniera aperta e semplice di un argomento da sempre un po’ relegato in un angolo nel mondo della medicina. La spinta più forte l’ha data Paola Greco, ostetrica, dotata di una sensibilità e di un’attenzione particolare all’accudimento delle donne e dei neonati. Capace di essere anche innovativa rispetto ai temi da affrontare, da anni si interessa del perineo e tiene su questo argomento corsi di conoscenza e di educazione alla percezione e alla funzione del perineo in collaborazione con il Quartiere 2 del Comune di Firenze. Il supporto è arrivato subito dopo da Renato Palma, medico, psicoterapeuta, che riesce a trovare nelle pieghe di ogni argomento l’interpretazione più profonda di quello che succede, per aiutare tutti noi ad avere una visione “meno miope” del problema. Un terzo occhio che non tutti possiedono e che davvero fa la differenza. E siccome si comincia a parlare di perineo sin da piccoli, perché non coinvolgere Monica Pierattelli, pediatra di famiglia, gastroenterologa, che da anni si occupa di bambini e delle loro famiglie e che con i problemi delle funzioni intestinali si confronta tutti i giorni in ambulatorio? Gian Luca Bracco non poteva non esserci. Un ostetrico-ginecologo, che da anni aiuta le donne a partorire con rispetto dei tempi del travaglio e con una particolare cura del perineo sin dalla gravidanza, un ginecologo capace di mettere a proprio agio le donne con disturbi perineali, esperto nell’usare un bagaglio culturale, farmacologico e, solo quando davvero necessario, chirurgico, tutto finalizzato a ritrovare fiducia nelle funzioni credute perdute.

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Insieme hanno raccolto le domande più comuni che le donne pongono su questi argomenti alle ostetriche e ai medici provando a rendere più familiare e digeribile un argomento complesso fino a poco tempo fa e considerato “tabù” . Ci auguriamo così di raggiungere l’obiettivo e che i disegni possano essere di aiuto per una migliore comprensione del testo.

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Paola Greco, ostetrica, si occupa di preparazione al parto, di percezione, conoscenza e riabilitazione del perineo

Gianluca Bracco, uroginecologo, è primario a Lucca e professore a contratto dell'Università di Firenze

Renato Palma, medico, psicoterapeuta, oltre che di terapia si occupa della qualità della relazione medico paziente

Monica Pierattelli, pediatra di famiglia, gastroenterologa è professoressa a contratto dell'Università di Firenze

Gli autori ringraziano Elisabetta Surrenti, gastroenterologa, e Libertario Raffaelli, urologo, per il prezioso aiuto

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