Davide Castiglione
Per ogni frazione
(Campanotto, 2010)
La vera alterità fatta di delicati contatti, di meravigliose compensazioni con il mondo, non poteva realizzarsi con un solo termine, alla mano tesa doveva corrispondere un’altra mano da fuori, dall’altro.
(J. Cortázar)
PER OGNI FRAZIONE
Di qua dallo slancio
¿Chi, arrivato da aperture e retrovie in mancanza perché intero, fatto suo il lavorio della carezza e dell’incidere – del rivolo – forzerà il buio e i cinque giri di chiave a precederlo per un conoscersi senza giri senza scorciatoie – chi a fare, a non aspettare, a sconfortare l’attesa?
ASSEDIO SENZA FINESTRE Lo sguardo è là ma non vede una storia di sé o di altri. Non sa più chi sia l’ostinato che a notte annera carte coi segni di una lingua non più sua e replica il suo errore. (F. Fortini)
Come da liturgia, sulla morsa muraria dai letti, dalle gole dei fossati salgono piene gutturali, ululi, urli a guglia, grado a grado defluiscono in mugugni. Sul perimetro imbalsamato vanno comparendo sagome, in pattuglia. Prima remote lungo un lento portarsi avanti, poi dilagano a fischi, a nocche contro una cella, contro il suo avorio dissimulato. Canti violati, versi, grugniti, tam-tam. Uno spartito poco fuori a essermi piombo prossimo al groppo, al troppo in gola a chi ha accettato. Ma io ammutolito dentro, io accetto a rovescio e non serve, gli rimango intimo straniero – familiare distante.
Le vite da microsolco trascurate per vanità di mutezza o di cabrata nell’avaria – è stato un piccolo torto – vorrei sentirle incise su me, attonito di arrivare allo stento di riconoscerle.
INDICATIVO MINORE
A condizione che più cose convergano in un palliativo (salutare qualcuno se lo si ha presente, se piove ripararsi, se) mi sporgo da me a quel qualcuno. Questo dopo la precauzione di voltare le spalle, indicando da un piano le mie perdite accusandone il sollievo. A patto che la platea sia lontana e assenta mi è possibile riporre – sottoscala o solaio non cambia – il se (stessi nei luoghi col tempo appena di pronunciarsi e poi morire non mi permetterei frasi a nido d’ape, distinguo, congiunzioni, restare in attesa di una congiunzione). Per via di un se creduto sufficiente a gettare altoparlanti e sfavillii in forse com’è facile – dove tutto per scontato ci sostiene – riporre se stessi in un indicativo da saldi.
C’è un passare di gente, di visi in vetrina e sotto i portici l’arco più basso delle labbra. Non è l’inverno ad abbottonarla, mi convinco, se i cappotti stringono i gesti a farli simili a un viale senza deviazioni; sarà la paura di urtarsi pari al desiderio di urtarsi, sui marciapiedi un vestirsi a sorriso che più eccede e più lascia nudi: così, per non sentirci assenza o incrocio mancato, gente a passarsi in mezzo, in vetrina, a passare, a non conoscersi.