Impronte sull'acqua

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DAVIDE NEGRI

Impronte sull’acqua

2002-2008


Impronte sull’acqua Ci sono momenti nella vita che decidono tutto, attimi che segneranno in modo indelebile il nostro destino. Riuscirò mai a riconoscerli quando arriveranno?


La Fortezza

Qualche volta mentre passeggio lungo le mura , protetto all'interno da quegli spessi strati di pietra, mi chiedo cosa starà accadendo nel mondo là fuori. Quel mondo che ho abbandonato anni fa, scegliendo di richiudermi qua dentro. Ho pure pensato di salire su e di affacciarmi senza farmi vedere, di nascosto, ma poi non ne ho la forza e riprendo il mio cammino seguendo le orme lasciate il giorno prima nella polvere. Ieri però non ce l'ho fatta .

Ho costruito una fortezza. L'ho fatta alta , con le mura possenti e le torri imperiose. Non ha finestre per guardare il mondo la' fuori, ed è così alta che anche nei giorni di pieno sole, qua nella mia camera o anche giù nel piazzale, arriva poca luce a causa delle mura che escludono lo sguardo a tutto, se non a quella piccola porzione di cielo che si riesce a vedere. Non si avvertono rumori nè voci, non ci sono profumi nè suoni lontani che io possa sentire. Mi sento tranquillo qui dentro. I segni delle cicatrici di antiche battaglie perse, ogni tanto, si fanno sentire ma sono solo leggeri fastidi, cose da nulla. D'inverno resto chiuso al caldo facendo trascorrere le giornate nella monotonia della mia modesta vita. Una come l'altra, una dopo l'altra. Riconosco l'arrivo della bella stagione dal passaggio delle rondini che sembrano sfiorare le torri più alte, là in quella fetta di cielo che mi è dato vedere dalla mia prigione dorata.

Dalla fessura nel portone del ponte levatoio ho sbirciato fuori . Ero convinto di vedere un deserto di dune o una città mostruosa piena di caos e di macchine fumanti. Niente di tutto questo. Solo una leggera piana verde ed una collinetta sulla quale stava seduta una ragazza che guardava verso la fortezza. Non era facile capire perché guardasse ma c'era, in quegli occhi, un ché di misteriosamente triste. Cos'era? Una nuova forma di minaccia? Che ci faceva là? E perché guardava verso la fortezza oppure , oddio, mi aveva visto? Accidenti ,lo sapevo non avrei dovuto guardare. Mi allontanavo ma poi ritornavo. Era troppa la curiosità e l 'inspiegabile attrazione che provavo per quell'immagine. Finchè non ho resistito. Mentre abbassavo le leve e facevo scendere il ponte mi rendevo conto del rischio a cui mi espone2


vo. Tutti quegli anni lĂ dentro, senza pericoli ne conflitti, tutta la mia tranquillitĂ che ora vacillava di fronte alla semplice immagine di quella ragazza che guardava . Dapprima fu l'ondata di luce a colpirmi. Poi lei che mi guardava ed ora, lo capivo bene, guardava me. Col cuore in gola , per il ricordo delle ferite ricevute che avevano da poco tempo smesso di sanguinare, mi sono avvicinato. Tremavo dallo spavento. Era una persona amica o ancora il mostro che vagava per il mondo mascherandosi in svariati modi per aggirare le difese delle sue vittime? Quando fui di fronte a lei la guardai fissa negli occhi e la riconobbi. Era il profumo delle primavere che avevo perso. Dietro a me un rumore sordo annunciava il crollo della mia fortezza irresistibile che ora era inutile. A nulla potevano quelle possenti mura contro l'intensitĂ di quegli occhi . All'orizzonte nuvole minacciose ora si accumulavano in cielo ed un vento gelido cominciava a sferzarci. -Abbiamo ancora tempo?- le chiesi -Non so... - mi rispose.

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Spiriti di fumo

marsi tra gli sbuffi bianchi sarà uno di essi che ti saluta, a modo suo certo, altrimenti che spirito sarebbe?

Per molti la vita assomiglia ad una linea retta. Per molti è facile tracciare un segno con la matita senza sbavature e con il rassicurante fine di sapere dove fermarsi. Ma noi non siamo nati da quella parte del mondo. Quelli come me e te saranno destinati per l'eternità a vivere delle loro inquietudini e delle loro visioni solitarie. E' come iniziare un cammino su un sentiero di montagna ignoto e accorgersi dell'arrivo della notte che ci coglie impreparati: è il terrore. Vero sì, il terrore, ma se guardi un po' più in là, oltre quella vetta oscura, ti accorgerai che quella montagna gigantesca, giù in fondo alla valle, ha un volto amico e rassicurante e quei rumori cupi, che sembravano rincorrerti , non sono altro che il soffio del vento che è venuto fin quaggiù per salutarti. Sono piccole cose, son le cose che non riusciamo spesso a vedere perché siamo troppo abituati a difenderci da tutto e da tutti. Sono gli spiriti buoni , quelli che non vediamo . Guarda ogni tanto il fumo del camino di una casa di montagna, se riuscirai ad intravedere una sagoma for4


La strada verso valle

zioni , siamo come io e te uniti da un destino che ci ha posti sullo stesso sentiero. Ora non temo più gli gnomi beffardi del bosco che tenteranno di farci perdere di vista, perché il piccolo tracciato nell'erba ora e' uno stradello al sole che scende bonariamente verso valle, dove le ombre si dissolvono e il rumore della vita ci riabbraccia.

In ognuno di noi c'è qualcosa che non si può spiegare e che ci rende unici sulla terra. E' quel qualcosa per cui ancora non esiste spiegazione , è il più potente dei misteri del cosmo, più dell'immensità degli oceani, più della nascita della vita stessa. Ad ognuna di queste cose , un giorno, verra' data una risposta di senso compiuto. Tuttavia nessuno sarà mai in grado di capire cosa regola la nostra unicità nell'universo e perché, a volte, in un solo istante, riconosciamo l'ombra sfuggente di un anima che ci sfiora. Questo è il vero segreto, questo è lo scrigno che nessuno potrà mai aprire perché in esso sta la ragione della nostra esistenza di esploratori della vita. Siamo cercatori di anime, dannatamente condannati a questo e straordinariamente fortunati di essere ancora fra quelli che cercano e non fra quelli che si son persi. Siamo le nostre emo-

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Passaparola

Per sfuggire ad esso rincarava la dose. Come un drogato. Non era mai abbastanza , occorreva sempre più veleno nelle vene per non sentir nulla. Ecco sì, viveva per non sentir nulla. Entrando nella casetta che aveva comprato, in un paesino sperduto nelle valli dolomitiche, aveva aperto finalmente la finestra di una nuova vita ed ora iniziava per lui un percorso ignoto che lo eccitava e atterriva allo stesso tempo.

Aveva deciso di andarsene. Dopo anni e anni di lotte senza quartiere, per scalare la vetta del successo, dove non esiste un secondo posto, stringendo mani che non erano amiche ma solo “convenienti”, sorridendo a persone lontane da lui anni luce, macinando notti e caffè, alberghi lussuosi e freddi come il ghiaccio e incrociando, nei ristoranti delle periferie, sguardi di coppie clandestine che nascondevano, in un attimo di passione, il fallimento della loro vita. Dopo tutto questo aveva finalmente deciso che era troppo. Certo, era un uomo arrivato. Aveva soldi e potere e tutto quello che gravita attorno a questo . Quando però alla sera chiudeva il battente della sua porta di casa, sentiva scendere come un avvoltoio lo spettro che lo inseguiva da sempre , ripetendogli all’infinito la stessa domanda: perché?

Passò il primo mese estivo, poi il secondo. Arrivò l’autunno con quei colori e quelle notti terse, spazzate dai venti del nord , notti che si vedono solo nei paesi di montagna, dove sembra che le stelle si moltiplichino per farci comprendere quanto siano piccoli i nostri problemi terreni. La sua vita scorreva con un nuovo ritmo e finalmente riusciva a sentirsi utile per gli altri. Un anziana signora del paese, ormai rimasta sola, i cui figli si erano da anni trasferiti all’estero a causa del poco lavoro che c’era disponibile da quelle parti, lo invitava spesso a pranzo o all’ora del tè. Conversavano, lui raccontava le sue storie di vita da ex combattente d’affari e lei altre piccole cose così lontane dal suo vecchio mondo e perciò così piacevoli e umane . Affaticata dal peso degli anni e da una malattia che ormai la logorava, finiva spesso per addormentarsi con un espressione che, tuttavia, lui le invidiava . La vita l’aveva ferita ma le aveva anche dato tanto. 6


Lui raccoglieva la coperta che teneva appoggiata sulle gambe, reclinava lo schienale della poltrona su cui lei amava mettersi e la ricopriva delicatamente, per non svegliarla. Andandosene non poteva fare a meno di guardarla e leggere in lei quello che a lui era sempre mancato: la risposta al perché.

- Bah credo che sia uno che sfrutti le situazioni per trarne vantaggi. Ora sta “aiutando” la signora Bartolomei - Di certi aiuti sarebbe meglio farne a meno, specie con sconosciuti… -Sante parole Giovanna, sante parole! -

- Buon giorno Signora Taufer, anche oggi un po’ di tosella? -No grazie Piero, oggi prenderei un po’ di Asiago. A proposito Piero , ho visto che da qualche mese c’e’ un nuovo ospite qui in paese, un tipo che parla poco mi pare… - Ma no signora, e’ un uomo a posto, e’ solo un po’ strano. Viene spesso qua e prende un po’ di tutto. A volte fa la spesa anche per la vecchia signora Bartolomei che fatica ad uscire-

- Giovanna, è pronto che devo uscire con Mario per andare a controllare la funivia ?- Massì, massì, calmati!-Tu, invece, che pensi sempre di sapere tutto non ti sei nemmeno accorto che c’è in paese un poco di buono! - Un poco di buono? E chi sarebbe costui? -

- Come li facciamo i capelli oggi signora Taufer?

- Quello che ha preso la vecchia casetta dei Walber, su al mulino -

-Lisci ,Giovanna ,come sempre, che domande! -

- Ah , lo straniero -

- A proposito Giovanna oggi ero da Piero a far spesa e mi ha parlato di quello straniero che e’ arrivato in paese. Pare che sia un tipo strano, non si sa se sia a posto o se abbia conti in sospeso…-

- Beh te ne dico una . Pare che si sposti da un villaggio all’altro approfittando dell'ingenuità delle persone anziane e sottraendo le cose che trova in casa loro -

- In che senso signora? -

- Non ci posso credere…ma sei sicura? - Ormai e’ cosa risaputa 7


- Mario hai sentito l’ultima?- Intendi quella dello straniero che porta via cose agli anziani?- Non solo. Pare che li frequenti per un po’ , rubando nelle loro case, poi li convinca a farsi intestare i loro beni e finisca per avvelenarli!- Stai scherzando? Dobbiamo intervenire prima che faccia del male alla Signora Bartolomei!-

Dopo cena si sedette, come sempre, sui gradini dell’uscio di casa per godersi una di quelle indescrivibili notte montane . Era il momento della giornata che più amava. In quel mentre fu sorpreso dal vedere dei bagliori lontani di fiaccole e udì il vociare, attutito dalla distanza, di un grande gruppo di persone che risalivano la valle. La scena gli ricordò, per chissà quale scherzo della memoria, un vecchio film in bianco e nero sugli anni dell’inquisizione e sulle streghe. Sorrise di questo pensiero e si rialzò per rientrare . Poco prima di chiudere la porta notò che l’enorme scia luminosa sembrava avvicinarsi e le voci parevano farsi distinte. -Chissà quale strega bruceranno stasera?- Pensò . E scoppiò in una grande risata.

Se ne stava chiuso in casa preparando un piatto di pasta fumante e sentiva che la vita stava ricominciando a scorrere dentro di lui. Ora non doveva più scappare, aveva trovato casa e un posto dove finalmente sentirsi tranquillo. Non più corse dietro sogni inutili, non più deliri notturni e, finalmente, una persona cara, la prima dopo anni. Altre ne sarebbero seguite e, un gradino alla volta, sarebbe tornato a vedere la luce del sole.

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Jasper

- Sì sì non mi avevi visto… mi hai preso di mira come al solito!- rispose Tobias piegando il labbro in un mezzo sorriso benevolo. Jasper s’impennò in verticale poggiando solo sulla pinna posteriore, come aveva visto fare anni prima da alcuni delfini addestrati e, con un balzo, s’inabissò. Quel giorno il mare era stupendo, calmo, trasparente come non mai con riflessi verdi e azzurri che contrastavano il colore blu intenso del cielo .

Un guizzo improvviso e, come al solito, uno spruzzo d’acqua che centrò in pieno il vecchio Tobias, fermo sulla vecchia banchina in legno, mentre era intento a riparare una rete da pesca. -Accidenti Jasper, è mai possibile che tutte le volte tu abbia sempre voglia di scherzare!- tuonò Tobias con la sua voce baritonale. Jasper era il delfino più amato della baia. Non era più tanto giovane ma aveva uno spirito vivo ed era un gran giocherellone. Ogni tanto scompariva per qualche tempo andandosene in giro con i vari branchi che transitavano davanti al golfo di Oyster Bay ma poi riappariva e lo faceva, quasi sempre, prendendo di mira il povero Tobias che, tuttavia, lo guardava sempre con affetto mentre compiva le sue evoluzioni. - Scusami zio Tob, non ti avevo visto…- cercoò di giustificarsi Jasper

Sfrecciando sott’acqua con un agilità impressionante, nonostante non fosse più rapido come qualche anno prima , rasentò gli scogli affioranti di Wahoo Point e si diresse verso il mare aperto. - Attenti a Jasper!!- urlò Orfeo, il capobranco dei delfini stanziali di Oyster Bay Tutto il gruppo, in una frazione di secondo, si disunì, aprendo in tal modo un varco all’interno del quale s’infilò Jasper, tagliando esattamente di traverso la traiettoria del branco. Sapeva perfettamente che non doveva farlo, poteva essere pericoloso , ma era più forte di lui ed ogni volta Orfeo lo riprendeva severamente. Tuttavia nessuno riusciva ad arrabbiarsi davvero con Jasper poiché era così da sempre. Era la passione dei piccoli delfini che cercavano d’imitarlo e con i quali giocava e scherzava spesso sotto lo sguardo affettuoso di tutto il branco. Inoltre era 9


l’unico delfino solitario e, nonostante non sembrasse affatto triste o depresso, lasciava ogni tanto trasparire uno sguardo malinconico che immediatamente nascondeva producendosi in una delle sue fantastiche evoluzioni acrobatiche. Dopo aver salutato gli stanziali prosegui la sua corsa verso il largo e scese in profondità per cercare una corrente un po’ più fresca. Giunto fin quasi al fondo notò due piccoli paguri muoversi lentamente e faticosamente trascinandosi dietro la loro pesante conchiglia.

sono qui a guizzare allegro e spensierato godendomi le meraviglie di questo mareNell’istante in cui li salutò per ritornarsene verso la baia notò una zampetta uscire dal guscio del paguro femmina e andare a toccare quella del compagno in un gesto tipico d’affetto e di grande tenerezza. Fu giusto un attimo, ma sufficiente perché Jasper lo notasse.

- Volete un aiuto? Potrei muovervi l’acqua con le mie pinne e farvi trasportare dalla corrente fin dove vorrete andare- disse intenerito Jasper

Il viaggio di ritorno alla baia fu rallentato da una corrente di marea che lo affaticò un po’ più del solito. Un tempo di queste correnti nemmeno se ne accorgeva ma ora, col passare degli anni, avvertiva un leggero peso nel doverla contrastare. Inoltre era un po’ irrequieto. La spensieratezza della mattina s’era dissolta e aveva lasciato il posto ad un velo di malinconia. Sperò d’incontrare gli stanziali per farla scivolare via , ma non capitò. Il branco si era spostato verso il largo e sarebbe probabilmente tornato dopo qualche giorno.

Inizialmente i due paguri si ritrassero all’interno delle conchiglie attuando l’unica tattica difensiva che sapevano adottare quando erano sotto minaccia poi, capendo che non vi era pericolo alcuno, uscirono dai loro gusci.

Prosegui perciò verso il molo dove arrivò poco dopo il tramonto. Le luci del piccolo villaggio erano accese da poco e qualche riflesso luccicava sull’acqua quasi immobile della piccola caletta.

- Grazie amico , ma siamo abituati a muoverci con questo peso addosso e, con un po’ di calma, io e la mia compagna arriveremo anche stavolta- lo ringraziò uno dei due granchietti.

Rumori ovattati provenivano dalle case dei pescatori rientrati da poco, affaticati da una lunga giornata in mare.

Erano così indifesi e piccoli e si muovevano con un tale sforzo che non potè evitare di rivolgersi a loro.

- Poveri paguri - pensò fra se e se Jasper- costretti a strisciare sul fondo e a trascinarsi quel peso per tutta la vita mentre io

Giunto a pochi metri dal vecchio molo in legno notò che Tobias era ancora là, poggiato sulla sua vecchia sedia impagliata, col capo reclino . Emetteva un sospiro lento e ritmico ed aveva 10


ancora in mano la rete infilata nelle dita con la presa tipica che i pescatori adottano per annodarla . Il leggero rumore dell’acqua smossa da Jasper fu sufficiente a svegliarlo. - Ciao Jasper- disse pacato Tobias ancora un po’ confuso dal risveglio - Ciao zio Tob- gli rispose il delfino - Mi devo essere addormentato , sai ad ora di cena gli altri pescatori vengono chiamati a casa dai loro figli o dalle compagne che vengono fin qui al molo se non li vedono arrivare. Se io invece mi addormento rischio di passare tutta la notte sul molosorrise Tobias. - Già... - disse Jasper - Che ne dici, restiamo a guardarci questa luna riflessa nell’acqua per un po’? Era tempo che non capitava una notte cosìEra una notte splendida a Oyster Bay, di luna piena e mare calmo. Due ombre allungate sull’acqua piatta della piccola caletta provavano ad affrontarla.

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Il glicine

Accadde la prima volta tanti anni fa. Ero piccolo, avrò avuto setto o otto anni. Accadde in primavera. La primavera è la stagione della rinascita , dei primi soli , degli odori fantastici che ritornano, ma per me è da sempre anche la stagione che nasconde incredibili malinconie. Nei giorni di sole, quasi sempre nelle prime ore del pomeriggio e ancor di più nei festivi ero solito scendere nel giardino di casa da solo . La mia era una casa normale, forse un po’ più grande delle altre del quartiere in cui era collocata, una zona abbastanza popolare. Era una villetta con un giardino che la circondava , data in uso a mio padre che dirigeva la sede locale di un azienda statale. Da un lato del giardino si accedeva alla centrale elettrica , dove mio padre aveva l’ufficio. Su quel fronte c’era una grande

siepe e, sopra di essa, si era sviluppato un meraviglioso glicine. Era lui a segnare l’arrivo della primavera. Su di esso cominciavano a sbocciare grappoli di fiori profumatissimi di un colore azzurro rosato, ed era il segnale della rinascita della vita dopo i mesi freddi. In quei momenti, quando tutto il mondo si fermava stupito ad osservare il meraviglioso ciclo della natura io restavo là, da solo , a camminare presso quel glicine, osservandolo, e percependone l’odore intenso, stretto in una morsa di devastante malinconia. Era come se i dolori del mondo si sommassero su di me. Erano i mali dell’abbandono e della solitudine, erano le strade che ci si lasciava dietro di se e che non si sarebbero più percorse, erano i nostri destini inevitabili che ogni giorno facciamo finta di non vedere anche se sappiamo dove ci condurranno. Eppure, nonostante quest’onda travolgente di emozioni provocasse un forte dolore al petto fin quasi a togliermi il respiro, c’era qualcosa che mi spingeva a cercarla spesso quell’emozione. Restavo là a riconoscere la sensazione, a cercare di viverla con calma, fin quando non cominciava ad affievolirsi , lasciando pur sempre dentro di me un segno che durava per tutta la giornata.

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A distanza di anni, ogni tanto, essa ricompare , magari perché accidentalmente mi ritrovo di fronte ad un glicine o perché una qualche musica o situazione me la riporta a galla. Ed è come allora, intensa come allora, struggente come mai. In quei momenti, ora lo so, sono veramente a contatto con la vita. E’ uno squarcio nell’esistenza che, per pochi istanti, si apre e mi permette di vedere oltre l’universo . Solo l’amore vero consente a quella finestra di aprirsi allo stesso modo in cui accadeva a me, di fianco al glicine. Tuttavia l’errore che noi tutti commettiamo sta nel non comprendere che le persone care o i nostri amori terreni , per quanto intensi, non sono che un tramite per farci aprire quella finestra . Il glicine e' una pianta straordinaria. Le sue radici hanno la forza d'infilarsi ovunque e di spezzare qualsiasi cosa lentamente, inesorabilmente. Pochi lo sanno. Una pianta così bella, profumata, resistente e terribilmente tenace . Vale pena di vivere tutta una vita per sentire, foss' anche per una volta sola, l’odore di un glicine.

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Una sola luna

Ma era lei la mia luna. E non c’era luce per altri, non c’era spazio per altri mondi. Quanto sarebbe rimasta ? Un ora, fino all’alba, sarebbe tornata domani o l’avrei vista sbiadirsi e allontanarsi senza l’angoscia che invece avrei provato io ? Lascerò aperta la finestra questa notte perché tu possa tornare amore e ci sarà un posto per te , solo per te, dove potrai stare, se lo vuoi, o andartene , se lo desideri, ma dove, per la prima volta , non dovrai più correre per cercare la luce .

Quell’incedere elegante, passi sospesi e leggeri e quel lieve svolazzare del vestito che lasciava intravedere la vertiginosa progressione carnale alla quale era impossibile rimanere inerti.

Qui , nel mio mondo, sarà lei a cercare te.

La consapevolezza mascherata attraverso gesti semplici e incredibilmente armonici , scritti nel suo modo d’essere da sempre, da prima della sua esistenza stessa, come codici arcaici e misteriosi che echeggiano lontani nello spazio attorno a noi. Forse era lei, o forse era quella lei che vedevo io , nella finestra di tempo che si era aperta davanti a me. Noi siamo, viviamo, sentiamo, in relazione alla nostra posizione di satelliti intorno ad altri satelliti. Ogni tanto essi ci appaiono brillanti e vivi alla luce del sole e ci sfiorano, altre volte compiono viaggi siderali e si perdono nell’ immensità del cosmo, raffreddandosi e scomparendo, forse per sempre.

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Fuerteventura

Adesso avrò il coraggio di viverli , senza timore , per non buttare tutti gli anni , sogni, desideri. E avrò il coraggio di vedere. Occorre forse sentirsi stanchi per fermarsi e lasciare emergere ciò che abbiamo dentro . Strano destino: i migliori anni spesi senza sentire che li stiamo bruciando come paglia . Il bicchiere di buon vino rosso ora ha un sapore diverso, pieno. Ne bevo un po' standomene seduto su questa pietra liscia e calda al sole e guardando lontano.

Sentirsi sfiorare e crederci. Credere che il tempo verrà , sarà un tempo di venti che spazzano, venti leggeri e venti possenti, venti dal mare, standosene quieti, tranquilli e cullati. Lasciarsi trasportare dalle correnti e, per una volta, non opporre resistenza. Accorgersi di mondi mai visti, accorgersi delle stagioni e degli amori.

Questo posto non l'avrei capito anni fa, ci sarei passato senza accorgermene. Eppure ero sempre io e la mia malinconia mi avrebbe dovuto avvertire. No, non l'avrei notato. Meglio fermarsi ora, meglio lasciar fare al vento. Lasciarlo correre libero. Mi ricorda chi sono e mi aiuta a tornare uomo, come avrei sempre voluto essere.

Non avere più fretta, perché ci sarà tempo per tutto, ci sarà la voglia di essere come all'inizio, quando tutto cominciò. Col fiato sospeso per vedere il passaggio delle nubi, mai così veloci , mai così vicine. Lo stacco del blu e del bianco, quello che senti , oggi come non mai. Come è diverso ora, quali colori ha questa luce e quanti universi ci saranno ancora da percorrere con entusiasmo ?

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Un amico

Ci si trova a dover percorrere strade diverse. ci si trova presi dal tritacarne della vita a a bivi che ci separano. Si perde la traccia e l identità, presi dai ritmi che cancellano le nostre anime e le confondono, omologandole. Lo spirito dell'arte che alberga in ciascuno di noi accetta con passività complice che si anneghi, lasciando che si disperda questa parte di noi. A tratti riemerge il desiderio di essere come il tempo che fu ma non si ha più il passo ed è il triste declino di chi non sa più osare. Alcuni, restando fedeli a se stessi, finiscono per entrare in un mondo parallelo, rinnegato dal primo, quello dei vestiti in ordine, delle strette di mano mai desiderate, dei discorsi di circostanza, delle scelte fatte da altri e colpevolmente condivise . Ma qual’è il momento esatto in cui si può realmente capire ciò che sarebbe giusto fare?

Chiedendosi ciò lasciamo scorrere l’esistenza in un eterno purgatorio che diventa la nostra vita. Davanti a noi sfilano volti che ci appaiono diversi ma spesso sono il nostro riflesso di oggi. Uomini camuffati da tali che non hanno avuto il coraggio di dire basta, che non hanno mai scelto realmente ma che hanno semplicemente seguito la corrente, incapaci di qualsiasi forma di reazione. Questa lettera e' per te, mio caro amico. Tu che hai saputo vivere la vita sfidando le correnti impetuose, tu che hai pagato prezzi troppo alti, tu che sei sempre rimasto coerente ai tuoi principi. Tu che hai toccato il fondo e l’hai accettato, tu che hai fatto della tua vita una vera opera d'arte, maledetta , certo, ma un opera tua, unica. Per quelli dell'altro universo sei un essere strano, inconcepibile. Così com’ è inconcepibile il tuo modo di vivere, il tuo scrivere in grassetto, il tuo urlare al mondo che esiste anche una scelta che bisogna avere il coraggio di fare. Perché esiste anche un mondo vero, non fatto di luci al neon, di auto, di corse folli per raggiungere l’ultimo tram della sera, tornandosene a casa erosi dal ansia e dalle preoccupazioni create dalla difficoltà di raggiungere obiettivi fissati da altri per noi. Si, hai ragione, esiste anche un altro modo di vivere. Ma è un modo che richiede molto coraggio e grande sensibilità, quella che tu mi hai saputo insegnare. Grazie per essere tornato a bere un buon bicchiere di vino rosso con me. Ora e' tardi e la mia arte si e' spenta. Il tuo quadro invece ancora risplende ed e' come un messaggio di fumo, per leggerlo basta alzare la te16


sta verso il cielo anzichÊ guardare il nastro d’asfalto che scorre sotto le ruote della mia auto mentre, a notte fonda, torno verso l'universo degli uomini di plastica.

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Strade come tante altre

Strade

Strade note Strade di paese Strade odorose Strade amiche Strade di casa Strade incompiute

Strade lunghe di periferia

Strade che non ci sono

Strade buie di notti umide Strade lontane e perse Strade sbagliate percorse apposta Strade senza uscita Strade che salgono Strade che confondono Strade fredde Strade aperte Strade piene di gente sola Strade alte 18


Raccolta di racconti 2002-2010

“Desidero ringraziare tutte le persone che lungo il cammino della vita mi hanno aiutato a costruire una diversa visione delle cose, a capire che dietro a sottili strati d' incomprensione, a volte, si celano immense vallate e orizzonti sconosciuti che non avremmo mai immaginato esistere. Essi danno senso al nostro viaggio.�

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