Evoluzione del paesaggio agrario in paesaggio rurale: il caso del Monte Pisano

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Evoluzione del paesaggio agrario in paesaggio rurale: il caso del Monte Pisano

Davide Rizzo davide@sssup.it

Emiliano G. Vavassori e.vavassori@sssup.it

Sviluppo integrato del territorio rurale e tutela del paesaggio Modulo Paesaggistico — Coordinatrice Dott.ssa Elisabetta Norci



The countryside is becoming a place for living, not for making a living. (L OWENTHAL, 1997)

Ogni anno la Toscana è depredata della sua terra stessa. Ogni giorno un po’ di Toscana muore. Forse per gli incendi? No no no no no. Forse per i saccheggi? No no no no no. Forse perché. . . ? No no no no no. La Toscana muore perché ogni giorno qualcuno porta via un sasso. Se ognuno di noi portasse via un sasso, la Toscana si espanderebbe in tutto il mondo e nessuno potrebbe riconoscere più la Toscana, perché sarebbe ormai in tutto il mondo, quindi tutto il mondo si potrebbe chiamare Toscana, quindi la Toscana non esisterebbe più. Non portare via un sasso dalla Toscana, perché altrimenti non sappiamo più dov’è la Toscana. (M AURIZIO C ROZZA, Shpalman)



Indice

Indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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1 Introduzione Obiettivi del project work . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Metodologia di studio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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2 Paesaggio rurale ed agrario: definizioni e dinamiche La discussione sulla definizione . . . . . . . . . . . . . La definizione di paesaggio . . . . . . . . . . . . . . . Paesaggio come entità materiale . . . . . . . . . Paesaggio come entità mentale . . . . . . . . . . Paesaggio come dimensione temporale . . . . . Paesaggio come nexus fra natura e cultura . . . . Paesaggio come sistema complesso . . . . . . . . Principali aspetti dello sviluppo dei paesaggi . . . . . Accessibilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Urbanizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Globalizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Calamità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La definizione di paesaggio rurale . . . . . . . . . . . La definizione di paesaggio agrario . . . . . . . . . . . La storia evolutiva del paesaggio agrario . . . . . . . Le dinamiche evolutive del paesaggio agrario . . . . .

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3 Caso di studio: il Monte Pisano Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L’evoluzione del paesaggio agrario del Monte Pisano . . . Lettura del paesaggio: descrizione del Monte Pisano . . . . Inquadramento generale . . . . . . . . . . . . . . . . . Inquadramento climatico . . . . . . . . . . . . . . . . . Inquadramento geobotanico . . . . . . . . . . . . . . . La vegetazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Lettura del paesaggio: Caratterizzazione del Monte Pisano Forme del paesaggio: il sistema drenante . . . . . . . . . .

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I NDICE

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Conclusioni Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Figura 1: Veduta della località “Trecolli”, provincia di Pisa.

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Capitolo

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Introduzione Nel contesto della discussione sulla gestione, salvaguardia e riqualificazione del paesaggio, il presente lavoro si propone come spunto di riflessione su alcune tematiche peculiari, con particolare attenzione alla dimensione agricolo-rurale dello stesso.

Obiettivi del project work Il presente lavoro vuole essere principalmente una lettura e un’analisi del paesaggio ed in particolare di quello agrario, descrivendone a grandi linee le complesse dinamiche evolutive. Si propone inoltre di essere uno strumento, nelle mani dei decision makers, per analizzare le criticità di un particolare paesaggio (Monte Pisano) e per individuare le possibili tematiche della tutela.

Metodologia di studio L’analisi dell’evoluzione del paesaggio agrario del Monte Pisano sarà preceduta da un tentativo di definire, quanto più semplicemente e chiaramente possibile, il paesaggio e, in particolare, il paesaggio rurale ed agrario. Il dibattito sulla definizione di paesaggio è ancora ben lungi dal concludersi: ad essa prendono parte diverse discipline, fornendo nuovi e diversificati spunti di riflessione e nuove modalità di lettura dello stesso fenomeno complesso. Con tali definizioni, è possibile analizzare i complessi fenomeni evolutivi del paesaggio in generale e di quello agrario in particolare, e di alcune relazioni che si instaurano fra essi e la società moderna. In conclusione del lavoro viene presentato un caso di studio, in cui permane un forte legame fra l’attività agricola e la formazione del paesaggio. Il Monte Pisano si presenta come un’ottimo esempio di quanto l’interazione uomo-paesaggio possa essere forte; in questo contesto, in particolare, vengono evidenziate le peculiarità del paesaggio agrario derivato dalla grande opera che è stata eseguita in tale luogo e che ha portato alla delineazione di un paesaggio caratteristico, quello delle terrazze olivate.

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Capitolo

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Paesaggio rurale ed agrario: definizioni e dinamiche La discussione sulla definizione Con l’avvento del 20º secolo, è cresciuta la preoccupazione di una perdita delle tradizioni rurali e dei loro particolari aspetti socio-culturali. In un secondo tempo, a questa preoccupazione si è aggiunta anche quella per la deteriorazione dell’ambiente, nella sua accezione di habitat per gli esseri viventi. Tutto ciò ha causato una maggiore attenzione sullo sviluppo e sul mantenimento dei paesaggi tradizionali che erano rimasti inalterati in alcuni contesti particolari. Perché sia chiaro quali siano le azioni di manutezione, di gestione, di riqualificazione e di conservazione su di un paesaggio è necessario definire cosa effettivamente esso sia. Il paesaggio è una realtà che si presta ad essere analizzata e studiata da più punti di vista e sotto la luce di diverse discipline scientifiche; tali discipline ne fornisco una definizione estremamente coerente nel proprio contesto. Questa pluralità di definizioni non ha sicuramente coadiuvato il dibattito per concordare una definizione di paesaggio (Tress e altri, 2001). Ad esempio, gli ecologi del paesaggio (landscape ecologist) interpretano il paesaggio come un sistema complesso, rintracciandone flusso dell’energia e ciclo della materia, gli stadi serali che portano tale paesaggio verso il suo climax (se non ancora raggiunto). I sociologi, dal canto loro, tendono ad analizzare il fenomeno paesaggistico come dimensione socio-culturale nonché umanistica, valutando gli stretti rapporti fra utilizzo di origine antropologica dell’ambiente e dell’integrazione dell’uomo stesso all’interno dell’ambiente.

La definizione di paesaggio In questo lavoro viene assunta, come definizione di base di paesaggio, quella data dal Consiglio d’Europa nella Convenzione Europea sul Paesaggio (European Landscape Convention), presentata e siglata a Firenze il 20 ottobre 2000 e in vigore dal 1º marzo 2003 nei seguenti Paesi: Croazia, Danimarca, ex-Repubblica Jugoslava e di 8


L A DEFINIZIONE DI PAESAGGIO

Macedonia, Irlanda, Lituania, Moldavia, Norvegia, Romania, San Marino, Slovenia e Turchia. Pur con tutte le critiche che le sono state mosse, questa Convenzione risulta essere un punto di partenza e di unione per gli Stati Membri dell’Unione Europea e non, sulle problematiche legate alla conservazione e alla gestione del paesaggio. Nell’articolo 1, in particolare, il paesaggio viene definito come “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. Stando alla succitata definizione, paesaggio è una qualsiasi porzione di territorio, sia di particolare bellezza che di chiaro valore negativo. Tale convenzione, pertanto, tutela anche le aree degradate, trascurate nei precedenti approcci. Sono inoltre da evidenziare quali punti cruciali la percezione delle popolazioni e delle interrelazioni di fattori umani/ambientali. Vedremo quanto queste importanti valutazioni siano condivise nell’esigenza di dare una definizione completa del paesaggio. Dalla definizione fornita nella Convenzione, è possibile evidenziare una visione pratica di tipo dicotomico tra le dimensioni fisica e socio-culturale del paesaggio, a cui è necessario fare dialetticamente riferimento: • Il paesaggio ha una dimensione fisica, in quanto è costituito dal territorio su cui si appoggia e da altre caratteristiche fisiche, derivante dall’azione umana durante i secoli della sua presenza sullo stesso (acquedotti, opere idrauliche, infrastrutture di vario tipo); • Il paesaggio ha una dimensione socio-culturale; all’interno di tali paesaggi, l’uomo è cresciuto sviluppando una certa conoscenza riguardo agli accadimenti della vita e sviluppando una stretta rete di relazioni con altri abitanti dello stesso paesaggio. È stata proposta da Tress e Tress (2001) una definizione più complessa e multidisciplinare del paesaggio, che approfondisce la dicotomia appena espressa. In tale definizione il paesaggio viene descritto secondo cinque dimensioni, che possono essere definite e caratterizzate separatamente ma che forniscono le loro caratteristiche ad un elemento unitario, altrimenti non definibile: • Paesaggio come entità materiale; • Paesaggio come entità mentale; • Paesaggio come dimensione temporale; • Paesaggio come nexus fra natura e cultura; • Paesaggio come sistema complesso.

Paesaggio come entità materiale Considerando un qualsiasi paesaggio, esiste sempre una dimensione fisica che viene distinta in geosfera e biosfera: carattere distintivo fra le due è la vita dell’organismo considerato. La geosfera, in particolare, fornisce alla biosfera le componenti abiotiche che necessitano alla vita, permettendo che sussista una suddivisione funzionale fra le due. È inoltre evidente il feedback contrario, con la vita che influenza, anche pesantemente, le caratteristiche della geosfera (per esempio, la formazione di giacimenti petroliferi e la pedogenesi). 9


L A DEFINIZIONE DI PAESAGGIO

Figura 2.1: Vista di un fondovalle del Monte Pisano.

Paesaggio come entità mentale Alla bio- e geosfera, si unisce la noosfera, che, secondo i due autori, assume in sé le caratteristiche intrinseche mentali, culturali e percettive che si concretizzano in uno sviluppo coevolutivo dell’uomo con il paesaggio; tale sviluppo è strutturato attraverso un meccanismo di percezione e adattamento. È ovvio che la percezione del paesaggio ha spinto l’uomo, parte della biosfera, a ragionare (la noosfera) ed intervenire sulla geosfera per adattarla alle sue esigenze; in questa frase è quindi riassunto il legame che struttura le tre sfere su un unico livello di importanza.

Paesaggio come dimensione temporale Il paesaggio è da considerarsi una realtà dinamica, il cui sviluppo è continuativo nel tempo. In tempi passati, la differente possibilità di trasferimento degli individui ha fatto riflettere su diverse dimensioni paesaggistiche, in termini sia fisici (le dimensioni vere e proprie di territorio che un uomo poteva esplorare in una giornata) che astratti. Le realtà paesaggistiche permangono nella loro complessità e interezza anche attraverso il tempo; le caratteristiche proprie del paesaggio vengono riconosciute da società spazialmente e temporalmente diverse. Tutte le mutazioni di uno stesso paesaggio non sono da considerarsi visibili: infatti, tali cambiamenti possono essere talmente lenti da non essere visibili nel periodo di vita di un singolo essere umano.

Paesaggio come nexus fra natura e cultura I paesaggi moderni sono il risultato visibile dei processi storici di adeguamento della natura alla realtà antropocentrica affermatasi nel tempo, cioè da quando gli uomini hanno cominciato ad evolversi, hanno influenzato e cambiato il paesaggio (Tress e Tress, 2001). L’uomo, tuttavia, non solamente influenza il paesaggio, ma lo stesso paesaggio influenza l’uomo, in una sorta di feedback attivo. La sfera materiale e 10


P RINCIPALI ASPETTI DELLO SVILUPPO DEI PAESAGGI

mentale del paesaggio non sono due realtà da considerarsi contrastanti, piuttosto sono complementari per la complessità intrinseca del paesaggio.

Paesaggio come sistema complesso In un sistema complesso, oltre alle componenti dello stesso nella loro “individualità” hanno estremo rilievo le interazioni fra le varie componenti; lo studio di un sistema complesso può essere fatto a livello di singola unità, ma deve essere chiara l’integrità del sistema e l’integrazione dell’unità analizzata con le altre presenti nello stesso sistema. Quindi, bio-, geo- e noosfera possono essere considerate sottosistemi, mentre l’intero ecosistema umano può essere considerato supersistema, in una visione prettamente olistica del paesaggio. Facendo parte di un ecosistema ed essendo anch’esso un ecosistema, è caratterizzabile attraverso flusso di energia e ciclo della materia. La caratteristica fondamentale di tale sistema è quella di essere un sistema vivente (Capra, 1996), pertanto descrivibile attraverso: • un modello; • una struttura; • un certo numero di processi. Se il modello è rappresentato dal generale ordine di relazioni dei componenti del sistema, esso è valido per tutti i paesaggi. Al contrario, la struttura deve essere analizzata contestualmente a ciascun paesaggio diverso, in quanto le relazioni esistenti fra i vari componenti sono specifiche per ciascun paesaggio e risultano variabili nel tempo. Questo garantisce all’ecosistema “paesaggio” di essere autopoietico e dissipativo, esattamente come ciascun essere vivente.

Principali aspetti dello sviluppo dei paesaggi Antrop (2004) descrive chiaramente quattro diverse forze-guida nell’evoluzione fisiologica dei paesaggi: accessibilità, urbanizzazione, globalizzazione e calamità.

Accessibilità L’accessibilità di un sito condiziona pesantemente lo sviluppo del paesaggio in cui è inserito; la specializzazione funzionale di un sito richiede differenti tipi di accessibilità, a seconda che si tratti di un porto, di un mercato o una zona difensiva. Spesso la crescita in dimensioni, in potenza economica e politica dipendono notevolmente dalla sua situazione geografica e di accessibilità. Il tracciato stradale risulta spesso avere funzionalità ecologiche, in quanto sulla rete stradale è anche possibile creare delle vie verdi (greenways). È necessario evidenziare che aree difficilmente accessibili alla popolazione sono spesso caratterizzate da un paesaggio naturale stabile; quando viene costruita una infrastruttura di trasporto che disturba l’equilibrio stabile di tale paesaggio, tale ambiente cambia molto velocemente; tipico risulta essere l’esempio delle prime ferrovie del 20º sec., in cui si stimolava il turismo dalle città mettendo in evidenza, lungo il tracciato delle stesse oppure vicino agli snodi, particolarità del territorio quali monumenti naturali o più semplicemente luoghi di ritrovo. 11


L A DEFINIZIONE DI PAESAGGIO RURALE

Urbanizzazione La maggior parte dei paesaggi europei è stata creata, nel Medioevo, per permettere alle campagne di fornire sussistenza di buon livello e garantita agli abitanti dei centri. La grandezza di un centro urbano molto spesso si ripercuoteva sulle dimensioni del suo hinterland, che poteva essere molto esteso a seconda delle funzioni che lo stesso centro assumeva in sé (importanti centri commerciali o produttivi). Nelle campagne non erano prodotti solamente beni di consumo per l’alimentazione, ma vi erano insediate produzioni diversificate di prestigio, quali lana, piante per la tintura di vestiti, ecc.. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con l’avvento delle automobili, si assistette al fenomeno dello urban fringe (espansione urbana, altrimenti riferito con i termini di urban sprawl, urbanization, suburbanization e counter-urbanization), in cui le città diventarono nodi di una rete di comunicazione che si estese su un territorio piuttosto vasto; all”interno di questo territorio, vennero pertanto comprese zone non-urbane (che possiamo quindi definire rurali) con una molteplicità di funzioni. Il fenomeno dell’urbanizzazione risulta pertanto percepito come un grosso cambiamento nello stile di vita e può senz’altro mutare le condizioni in lontani villaggi di campagna.

Globalizzazione Con il termine globalizzazione ci si riferisce, in questo contesto, alle conseguenze dei processi e delle iniziative che regolano le decisioni e le azioni da eseguirsi a livello locale; l’esempio più calzante risulta essere l’impatto della Politica Agricola Comune sui paesaggi rurali ed agrari, in cui risulta una perdita delle relazioni intercorrenti fra la società locale e il paesaggio stesso.

Calamità Il rischio di calamità in zone altamente popolate risulta essere molto più elevato, influenzando il numero potenziale di persone coinvolte nella catastrofe. Spesso, il ripristino di situazioni catastrofiche comporta maggiori interventi di tutela, che si si rivelerà presto essere “improvvisata”, per far in modo che “non accada più”: spesso nelle situazioni critiche non c’è tempo per pianificare e dettagliare valutazioni di impatto. Solamente dopo l’assorbimento degli effetti della calamità affiorano nuove possibilità di ripristino e riutilizzo del paesaggio, che spesso non apparivano altrimenti applicabili in altri contesti o che si rivelano addirittura l’unica strada percorribile.

La definizione di paesaggio rurale Con l’età moderna si assiste a fenomeni storici di grande importanza, quale ad esempio la “Rivoluzione industriale”; essa è stata accompagnata da un incremento demografico veramente notevole, oltre che dallo spopolamento delle campagne. Questi fenomeni hanno costituito forti pressioni di sviluppo sulle aree agricole o, più in generale, rurali, causando molto spesso una accelerazione nel cambiamento dell’aspetto fisico e percettivo dell’ambiente circostante le città e le industrie. Tale incremento delle pressioni evolutive ha portato al superamento delle percezioni posteriori del “paesaggio rurale”, causando uno sviluppo paesaggistico molto diverso da quello che è stato guidato dall’equilibrio prima di quegli anni; tale sviluppo ha la caratteristica peculiare di identificare nelle campagne una “risorsa” a disposizione della realtà 12


L A DEFINIZIONE DI PAESAGGIO AGRARIO

Figura 2.2: Oliveto con evidenti problemi di crollo di muretti a secco. urbana. In particolare, Antrop (2004) fa rilevare che, nella società moderna, le aree rurali sono percepite come: • “aree di consumo” per i cittadini; • aree edificabili a disposizione dell’espansione urbana; • portatrici delle infrastrutture urbane; • fornitrici di risorse naturali. Secondo Vos e Meekes (1999), inoltre, al paesaggio rurale vengono attualmente richieste nuove “funzionalità”, evidenziate da processi collegati all’urbanizzazione, all’incremento delle infrastrutture, della domanda di zone ricreative e della conservazione della natura. Definiamo paesaggio rurale tutto ciò che non è area urbana; è chiaro che si tratta di una definizione imprecisa, tuttavia è molto semplice e permette di distinguere abbastanza nettamente questo tipo di paesaggio. Definito in questo modo il paesaggio rurale, ci rendiamo conto che esso include in sé una serie di altri tipi diversi di paesaggio, sia naturali che antropizzati; pensiamo ad esempio al paesaggio di ripa dei principali assi idrici piuttosto che al paesaggio industriale che si forma nel caso di una zona industriale.

La definizione di paesaggio agrario Un “sottoinsieme” di particolare interesse nell’insieme del paesaggio rurale è dato dal paesaggio agrario, che possiamo considerare, definendolo in maniera sintetica e tuttavia abbastanza precisa, come il paesaggio rurale interessato dall’agricoltura. Risulta essere particolarmente utile, nell’analisi strutturale e funzionale del paesaggio agrario, considerare il sistema produttivo delle aziende agricole sui diversi piani di analisi cioè campo, azienda, paesaggio (Deffontaines e altri, 1995), che ancor più del livello produttivo è in grado di esprimere le interazioni che possano esistere fra uomo e paesaggio; il tipo di sistema produttivo risulta inoltre essere un parametro molto semplice da valutare soprattutto per i decision makers a livello locale e globale. 13


L A STORIA EVOLUTIVA DEL PAESAGGIO AGRARIO

Le dinamiche evolutive del paesaggio agrario risultano essere straodinariamente palesi e percettivamente immediate; la sua nascita a partire dal’ambiente naturale è intelligibile, frutto di una logica successione di cause e conseguenze legate alle azioni antropiche intraprese dall’agricoltore. Deve però essere chiaro che al coltivatore è anche demandato il compito di gestire le future evoluzioni dello stesso paesaggio, attuando una serie di interventi mirati esplicitamente alla manutenzione del paesaggio agrario. Pena di una carente o inaccurata manutenzione è il degrado del sistema paesaggio in tempi molto brevi, spesso con l’aggravante di elevati rischi per il dipendente sistema urbano.

La dimensione temporale: la storia evolutiva del paesaggio agrario Considerando la storia, in particolare quella dell’agricoltura, si possono definire abbastanza nettamente 5 fasi di sviluppo del paesaggio agrario (Vos e Meekes, 1999): 1. Paesaggio preistorico/naturale (Paleolitico-Antica civiltà ellenica): le interazioni fra uomo e natura furono molto limitate, in un primo momento stabilizzatesi sulla raccolta, il taglio del legno, la caccia e il pascolo, per il poco bestiame addomesticato. Con l’avvento dell’agricoltura (Neolitico), il rapporto uomonatura cambiò: l’uomo adattò alla propria sussistenza l’ambiente naturale, al contrario di quanto invece potessero fare gli altri esseri viventi, stravolgendo l’equilibrio naturale; 2. Paesaggio antico (fino all’Alto Medioevo): in questo periodo, l’effetto umano sulla natura si fece sempre più effettivo, ad esempio l’estensione dei suoli arati e coltivati a cereali si espanse. In tutto il bacino del Mediterraneo si assistette ad una messa a coltura sempre più estesa, che però di solito si contenne alle fasce pianeggianti di territorio; l’investimento tecnologico nella produzione agricola di quel tempo fu immane; permangono attualmente tracce di campi, muretti a secco, terrazzamenti e insediamenti di colture selezionate in quei tempi, con gli agrumeti, gli oliveti e i castagneti dei tempi romani; 3. Paesaggio medievale (fino al Rinascimento): questo paesaggio fu caratterizzato dal feudalesimo, che portò al completo sviluppo sul territorio del paesaggio agrario, con infrastrutture agricole come terrazze, muri a secco, siepi, briglie, argini, dighe e canali che mirarono a controllare la natura, che venne percepita come ostile; 4. Paesaggio agrario tradizionale (fino al 1900 e talvolta fino ad oggi): il paesaggio agrario diventò multifunzionale grazie all’introduzione delle colture promiscue e dell’integrazione nel complesso aziendale di sistemi agronomici misti, di colture silvo-pastorali, di sistemi irrigui. Come ovvio, tali sistemi furono variabili da regione a regione, da località a località, fondamentalmente per adattarli alle caratteristiche climatiche ed edafiche degli ambienti di coltura e agli aspetti culturali locali. Nella quasi totalità dei casi europei, il paesaggio agrario tradizionale comprese attività agro-silvo-pastorali (trees-arable coltures-grazing). Questi paesaggi raggiunsero il loro acme nella seconda metà del 19º secolo, quando il bestiame acquisì una sua centralità non solo per le produzioni zootecniche, ma anche per “sottoprodotti” quali la forza lavoro, i letami e l’utilizzo come 14


L E DINAMICHE EVOLUTIVE DEL PAESAGGIO AGRARIO

mezzi di trasporto. In alcuni casi questi paesaggi furono in grado di garantire il sostentamento durevole alla popolazione locale, a meno di momentanei sconvolgimenti come la sovrappopolazione e gli effetti di guerre ed epidemie. Piccoli esempi di questi grandi paesaggi tradizionali permangono attualmente, ma svaniscono molto rapidamente; 5. Paesaggio industriale (dalla metà del 18º sec. fino alla metà del 20º sec., in certi casi fino ad oggi): dopo l’Illuminismo, alcune realtà produttive diventarono fortemente multifunzionali, con produzione di biomassa in quantità notevoli e da vendere a mercati anche distanti. La monotonia del sistema produttivo agricolo, però, venne a discapito della funzionalità del paesaggio agrario: qualsiasi aspetto della produzione, qualsiasi difficoltà fu pianificata e controllata, molto spesso ricorrendo a tecniche già collaudate e molto utilizzate nel territorio in questione. Queste trasformazioni furono facilitate dagli ultimi ritrovati tecnici di quei periodi, quali la fertilizzazione, le lavorazioni, la selezione di specie esotiche, la macchina a vapore e l’elettricità. Fatta eccezione per questi elementi appena citati, altri fattori d’influenza sui paesaggi agrari furono i modello estetici neoclassici, affermatisi nei giardini e nei parchi e nell’etica naturalistica, che impose la costituzione di riserve naturali. In un contesto di sviluppo tale, il paesaggio agrario fu se non alienato, un paesaggio a distanza (landscapeat-distance), guidato da economie di mercato esterne e da pianificazioni governative e caratterizzato dalla segregazione spaziale e dalla specializzazione colturale.

Le dinamiche evolutive del paesaggio agrario L’agricoltura è una delle attività che modifica maggiormente il paesaggio, conditio sine qua non della quale è l’inserimento in un ecosistema. Con la comparsa dell’agricoltura, in particolare, l’uomo passò da una vita principalmente nomade e prevalentemente legata alla raccolta dei frutti naturali ad un comportamento stanziale ed un sostentamento legato allo sfruttamento delle risorse naturali di un suolo, forzando pertanto la natura a produrre qualcosa di più favorevole all’uomo. In questi periodi, la capacità organizzativa dell’uomo limitavò l’area coltivata, pertanto non causando un grosso stravolgimento del paesaggio in generale, ma causandone una pur sensibile variazione. Proprio il voler mettere la natura al proprio servizio fu per l’uomo il modo per sviluppare una gerarchia di importanza delle forme viventi sulla terra; fu necessario che gli fosse garantita la sopravvivenza perché potesse continuare a evolversi con e nell’ambiente naturale. Con il passare del tempo e il miglioramento delle condizioni di vita (cosa che complessivamente dipende anche dallo sviluppo dell’agricoltura) il numero di individui crebbe ed fu quindi necessario assicurare sostentamento a un nucleo familiare più ampio; contemporaneamente, nelle prime città, si concentrò una grande quantità di esseri umani, che dovettero anch’essi essere sostentati. Lo sviluppo di miglioramenti nell’agricoltura del periodo Medievale portarono comunque alla definizione di un nuovo paesaggio agrario, basato sul latifondo e sulle rotazioni, ancora una volta modificando in modo sensibile il paesaggio agrario fin’ora sopravvissuto. In alcuni casi, il cambiamento fu molto evidente: come vedremo nell’analisi del caso studio, però, tale modificazione fu spesso studiata in modo da non essere un fenomeno distruttivo se complessivamente valutato. 15


L E DINAMICHE EVOLUTIVE DEL PAESAGGIO AGRARIO

La Rivoluzione Industriale incrementò ancora maggiormente i fenomeni di incremento demografico: alle campagne l’arduo compito di produrre derrate alimentari sempre in maggior numero e sufficienti al sostentamento delle popolazioni di operai, che cominciarono a spostarsi nelle città e a trasformarsi da contadini ad operai. Quindi, non solo fu richiesta una maggiore produzione, ma essa dovette essere garantita anche ad un regime di lavoro inferiore.

Figura 2.3: Girasoli nella campagna toscana. In seguito ai due conflitti mondiali, la popolazione umana sulla Terra aumentò ancor di più la sua dimensione, causando la messa in coltura di terreni altrimenti non utilizzati. Tutte queste opere ebbero però come lato negativo la scomparsa di molti paesaggi rurali. Il sostentamento sempre crescente fu assicurato, in un primo momento, attraverso l’estensione dell’area coltivata totale, con il potenziamento delle attività di miglioramento genetico e quindi, in tempi più recenti, con quella che è stata definita in seguito come Rivoluzione Verde, in cui, ancora una volta, l’introduzione di tecnologie produttive superiori determinò un incremento delle produzioni alimentari o più in generale agricole; perché tali tecnologie potessero essere applicate su larga scala, l’ambiente dovette possedere determinate caratteristiche. Questo favorì un pesante intervento antropico sul già precario equilibrio degli agroecosistemi, verso una struttura sempre meno sostenibile e omeostatica. Negli ultimi secoli, in particolare, si è assistito a due tipi di sviluppo dei paesaggi agrari: • L’involuzione è risultata essere il fenomeno per cui un paesaggio, caratterizzato dalla presenza massiccia di forza lavoro e terre, è stato sviluppato con l’intento di massimizzare la produttività delle terre intensificando e organizzando gli input lavorativi. In questo tipo di sviluppo, il surplus di lavoro è impiegato nella 16


L E DINAMICHE EVOLUTIVE DEL PAESAGGIO AGRARIO

manutenzione del paesaggio; visto l’elevato valore sociale attribuito ad azioni volte alla sostenibilità dei fattori produttivi, all’indentità regionale e locale, ecc.. Le principali caratteristiche di questo processo evolutivo risiedono nella multifunzionalità a vari livelli di analisi (campo, azienda, territorio), nei modelli caratteristici di agroecosistemi, nelle interazioni dell’uso del suolo, che sono state mantenute grazie all’arricchimento di materiale organico oppure derivato da inondazioni, nella sostenibilità raggiunta attraverso il bilanciamento delle capacità produttive di un suolo e la sua propria capacità di rigenerazione ed infine nella biodiversità, sottoprodotto di un’agricoltura incapace di controllare completamente la natura e la metastabilità dell’agroecosistema in questione; • Il rimpiazzo è risultato essere una semplificazione colturale, basata sul denaro e sul suolo come principali fattori di produzione, il quale scopo è solamente la massimizzazione della produttività del lavoro; in sistemi sottoposti a tale meccanismo, il profitto viene reinvestito nella stessa produzione, facendo perdere di fatto l’identità locale del suolo e del territorio che si erano andati delineandosi nei secoli precendenti. Questo meccanismo è caratterizzato da una specializzazione monofunzionale, da bassi input di lavoro e da alti investimenti finanziari. Questo tipo di sviluppo porta inevitabilmente alla degradazione e alla diminuzione di modelli paesaggistici, a favore di una semplificazione colturale che impoverisce l’aspetto visivo del paesaggio, una sostenibilità non soddisfatta, alla quale bisognerebbe porre rimedio investendo forti capitali in input di energia e sostanza organica e una biodiversità completamente subordinata agli obiettivi di produzione. A questi aspetti della fenologia delle variazioni paesaggistiche agrarie, è strettamente legata una dualità di coinvolgimento dell’essere umano nelle decisioni evolutive del paesaggio; verso un senso di appartenenza sempre più fortemente vissuto dagli utenti di un determinato paesaggio, viceversa un senso di annullamento dell’appartenenza a tale paesaggio: • Il coinvolgimento, che rappresenta il potenziamento dei rapporti noosfera-bio/ geosfera, in cui l’evolversi del paesaggio è spinto sia dell’economia di mercato, ma soprattutto da richieste intrinseche della cultura e della società agrorurale, quali ad esempio il rispetto e l’identificazione con quel preciso paesaggio. Spesso, i paesaggi sono di elevato interesse anche per gruppi più ampi dei soli allevatori/agricoltori, gruppi cosiddetti di conservazione della natura e del paesaggio. Per loro il paesaggio è parte di loro stessi e li rappresenta, per cui risulta ovvio investire su di esso. L’intervento di persone diverse nel processo di pianificazione di un paesaggio deve quindi comprendere questi gruppi, con l’esplicito obiettivo di rendere qualsiasi paesaggio futuro sostenibile; • L’alienazione, dal canto suo, rappresenta una “perdita di identità” nella realtà paesaggistica in cui l’uomo si trova: gli agricoltori sono responsabili solamente delle loro unità produttive. In tali paesaggi non esiste più una identità o un processo decisionale basato sulla cultura; spesso, le principali funzioni del paesaggio vengono associate ai confini delle proprietà e quindi il loro supporto su ampia scala non viene assicurato, se non per mezzo di una adeguata retribuzione. I paesaggi sottoposti ad azioni di rimpiazzo sono anche soggetti all’alienazione dei compiti dell’uomo che non ne percepisce, quindi, una qualità ambientale; tale presupposto non cade a favore di una gestione sostenibile dei 17


L E DINAMICHE EVOLUTIVE DEL PAESAGGIO AGRARIO

paesaggi culturali tradizionali. Si registrano anche momenti di reazioni acute a questo senso di alienazione, che si rilevano negli interventi, sicuramente causati dalla fobia della ormai trascorsa fine del secolo, di ritorno alla natura.

Figura 2.4: Particolare vista del comune di Calci (PI).

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Capitolo

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Caso di studio: il Monte Pisano Introduzione Nella complessa paesaggistica italiana, risulta interessante il caso del Monte Pisano, un paesaggio agrario che non trovando più le condizioni per continuare ad essere sostenibile si degrada molto rapidamente. Analizzeremo a breve le principali cause di tale degrado, cercando di evidenziare le correlazioni esistenti tra i processi di evoluzione principali che sono avvenuti e il paesaggio a terrazze olivate del Monte.

L’evoluzione del paesaggio agrario negli ultimi secoli Il paesaggio agrario del Monte Pisanoè stato caratterizzato da una agricoltura fortemente sfavorita dalle condizioni geografiche. Con il boom economico, molte famiglie che vivevano di agricoltura sul Monte, hanno preferito trasferirsi nelle città. L’acuirsi del dualismo urbanità-ruralità, le difficoltà di accesso alle zone terrazzate e la Politica Agricola Comunitaria hanno ancor di più rimosso forza lavoro nel territorio del Monte, che, non avendo più modo di essere mantenuto, si sta degradando. L’indirizzo turistico-residenziale della zona e i centri urbani presenti al fondovalle consigliano, però, di gestire e salvaguardare quello che era il sistema idrologico del Monte, un complesso insieme di acuti accorgimenti che permetteva principalmente di offrire terreno necessario alla coltivazione.

Lettura del paesaggio: descrizione del Monte Pisano Inquadramento generale Il Monte Pisano costituisce il limite Nord-orientale della Piana Pisana, a cavallo delle provincie di Lucca e Pisa. Pur avendo un’estensione piuttosto ridotta (poco più di 15000 ettari) ed un profilo altimetrico di tipo collinare, presenta caratteri geologici, morfologici e vegetazionali tali da poter essere considerato un vero e proprio gruppo montuoso (Pinna, 1997a). 19


L ETTURA DEL PAESAGGIO :

DESCRIZIONE DEL

M ONTE P ISANO

Figura 3.1: I N ALTO: Foto aerea dell’area del Monte. I N Pisano (Fonte: IGM). 20

BASSO :

cartina del Monte


L ETTURA DEL PAESAGGIO :

DESCRIZIONE DEL

M ONTE P ISANO

Inquadramento climatico Il complesso ha una forma allungata secondo la direzione NO-SE; questa disposizione geografica implica che, fra il versante pisano e quello lucchese, le condizioni di esposizione siano decisamente diverse, con conseguente differenziazione di alcuni caratteri climatici. Sul versante pisano influisce positivamente l’azione mitigatrice del mare, che riesce ad attenuare i valori estremi giornalieri fino al pedecollina, vista la breve distanza tra questa e il litorale (non superiore ai 15 km). Durante l’inverno il Monte risulta effettivamente più freddo rispetto alla costa; nei mesi estivi (luglio, il mese più caldo) le località interne hanno valori comparabili con quelli della fascia costiera (Pinna, 1997a). Tabella 3.1: Precipitazioni mensili del periodo 1956–1985. Fonte: Pinna (1997a) M. Serra Pisa

G 121 84

F 98 69

M 17 83

A 101 67

M 100 64

G 68 46

L 40 20

A 56 65

S 111 90

O 146 121

N 148 116

D 145 103

Totale annuo 1251 928

Le correnti aeree occidentali penetrano agevolmente la piana pisana, incanalandosi poi nella valle dell’Arno. Esse sono portatrici di umidità; nella loro ascesa, imposta dal rilievo dei Monti Pisani, determinano un progressivo aumento della piovosità con gradiente positivo dalla costa verso l’interno (Pinna, 1997b). La piovosità media annua cresce comunque in modo piuttosto marcato sul versante opposto, ove i valori sono sensibilmente maggiori (dal 10 al 15% in più). Il Monte Pisano, per il suo orientamento, riesce anche a essere buon schermo rispetto alle correnti aeree di NE, generalmente fredde.

Inquadramento geobotanico Dietro un’apparente uniformità, il Monte Pisano nasconde ecosistemi complessi, ospitanti numerose specie vegetali ed animali. La flora presente, ancora soggetta a studi approfonditi, è straordinariamente ricca sia nella componente crittogamica che fanerogamica; fra le piante a fiore, diverse sono le specie di grande interesse geobotanico o definite addirittura “rare” (Tomei, 2000). La distribuzione della copertura vegetale è in stretta relazione sia ai mesoclimi di versante (Caporali, 1976; Pinna, 1997b) che alla natura geologica caratterizzante. Non mancano cenosi in cui la matrice naturale è ancora abbastanza evidente; c’è però predominanza di nuove tipologie, derivate dall’intervento umano, che da lungo tempo ha modificato il naturale evolversi della vegetazione. Dunque, la varietà di paesaggi vegetali che è possibile riscontrare oggi sul Monte Pisano è fortemente caratterizzata da due fattori principali: il clima e la co-produzione uomo-natura. La zona indagata risulta essere caratterizzata dai seguenti elementi (Tomei, 2000; Rizzo, 2003): • aree abbastanza ampie dove insiste l’agricoltura; • pinete a pino marittimo; • formazioni a sclerofille sempreverdi; • garighe; • castagneti relitti. 21


L ETTURA DEL PAESAGGIO :

DESCRIZIONE DEL

M ONTE P ISANO

In piccolissima parte, lungo greti di torrenti, è possibile individuare pure formazioni riparie, seppur parzialmente degradatesi a seguito di incendi e prolungate siccità estive degli ultimi anni.

La vegetazione Nell’area indagata sono state individuate diverse fitocenosi, rispondenti per buona parte a quelle già descritte da Fornaciari e Marchetti (1983); Tomei (1989); Rizzo (2003). Fra i vari tipi di cenosi, quelle delle basse e medie altitudini maggiormente hanno risentito dell’azione dell’uomo in svariati modi: per la sostituzione con impianti artificiali di pinete, per ceduazione e successivo impoverimento e degrado, per pascolamento o trasformazione in coltivi. Il passaggio fra le tre tipologie principali (le prime tre dell’elenco che segue) non è quasi mai netto; infatti sono generalmente individuabili zone di transizione e compenetrazioni reciproche, frutto della influenza di fattori microclimatici, topografici, edafici, storici e antropici. Fra queste, vari tipi di garighe nelle radure e coltivi semi-abbandonati I coltivi (oliveti) Da tempo il Monte Pisano è noto per la produzione di un olio di pregio. Questo comporta una discreta abbondanza di oliveti, cui, per completezza, vanno aggiunti vigneti, seminativi ed orti, se pur nettamente inferiori come estensione. Gli olivi, impiantati sui versanti più caldi e assolati, hanno prevalentemente sostituito le leccete (Tomei, 1989). Dalla fine della mezzadria, con la diminuzione degli attivi in agricoltura e l’esodo descritto nell’inquadramento storico, molti oliveti sono stati lasciati in abbandono. In queste aree si possono osservare fenomeni di ricolonizzazione da parte di specie provenienti dalle fitocenosi circostanti. Le pinete Le pinete costituiscono la matrice dominante per tutta la fascia di media altitudine, dai 400 ai 700 metri s.l.m.; a monte di queste predominano le cenosi a sclerofille sempreverdi—macchia mediterranea e leccete—raramente aperte in cespuglieti a corbezzolo o garighe. Sui tratti di versante esposti a Nord e più umidi si incontrano invece cedui di castagneti relitti. Nei dintorni di Calci, le pinete si alternano in modo netto a coltivi, per lo più oliveti, talora in stato di parziale o completo abbandono, con degradazioni verso cespuglieti e macchie mediterranee basse a eriche. La specie predominante è il pino marittimo [ Pinus pinaster A ITON ]. Di impianto antropico, questa pineta ha largamente sostituito boschi di caducifoglie e leccete. Questa formazione è facilmente percorsa dal fuoco. Agli incendi consegue un ulteriore impoverimento del già parco sottobosco. Formazioni a sclerofille sempreverdi Sul Monte Pisano le formazioni a sclerofille sempreverdi vengono declinate in ogni possibile versione. Come riporta anche Tomei (1989): “la vegetazione presenta cenosi di tipo termoxerofilo assai significative, sia per lo studio delle serie di degradazione di associazioni mediterranee, sia utili per comprenderne la ricostituzione”. La maggior aridità del versante pisano, ove le precipitazioni sono inferiori rispetto a quello lucchese, ne fa ambiente ottimale—in particolare sui versanti esposti a Sud—per lo sviluppo di macchie mediterranee e talora di leccete. 22


L ETTURA DEL PAESAGGIO :

DESCRIZIONE DEL

M ONTE P ISANO

Le garighe Nelle aree a substrato calcareo dove bosco e macchie a sclerofille si diradano, si insedia la gariga. Nonostante possa ad un primo sguardo apparire brulla e riarsa, ospita nelle varie stagioni varie specie. Numerose anche le orchidee, frequenti in tutto il Monte Pisano. Il castagneto Massimamente diffuso sul versante lucchese, è presente in limitate aree anche sul versante pisano. Piantato in ambiente non ottimale è ormai in abbandono da tempo. I muretti a secco, nella zona di Agnano, sorreggevano le lunette per ospitare le piante di Castanea sativa M ILLER. Fitocenosi ripariali Il Monte Pisano, per la sua natura geologica, è ricco di sorgenti. Non è raro incontrare quindi piccoli ruscelli che scendono a valle lungo stretti impluvi, ed ai bordi dei quali trovano spazio fitocenosi caratteristiche. Tali formazioni, seppur limitate ad aree ristrette, contribuiscono alla complessità dell’ecosistema, offrendo habitat diversificati.

Figura 3.2: Veduta della località “Trecolli”.

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L ETTURA DEL PAESAGGIO : C ARATTERIZZAZIONE DEL M ONTE P ISANO

Lettura del paesaggio: Caratterizzazione del Monte Pisano Storicamente, l’avvio della colonizzazione del Monte Pisano è stato frutto delle condizioni poco salubri della piana, che vedeva la presenza di paludi e acquitrini. Le pendenze accentuate, l’andamento delle piogge (irregolare, con picchi autunnali) e i suoli poco profondi hanno determinato la necessità di costruire un buon sistema di drenaggio per permettere l’agricoltura. Nel sistema di canalizzazioni e collettori realizzato per regolare il deflusso delle acque superficiali, sono stati integrati i terrazzamenti e le lunette, quale unico mezzo di incremento della superficie coltivabile. La presenza di serie regolari di muretti a secco per il contenimento delle terrazze o di più irregolari lunettamenti è funzione della pendenza (meno accentuata per le lunette, come nella zona di Caprona) e dal tipo di coltura praticata (tendenzialmente le terrazze, sul Monte Pisano, sono associate all’olivo mentre le lunette al castagno). In funzione delle necessità di approvvigionamento alimentare, gli abitanti agricoltori del monte hanno optato per la scelta di un sistema agricolo tipicamente policolturale, coltivando le specie che meglio si adattavano al clima e alla pedologia esistenti. Il contratto mezzadrile, instauratosi sin dagli inizi della sua tipizzazione, già a partire dal XIV-XV secolo, ha ulteriormente accentuato l’adozione del sistema agro-silvo-pastorale, comprendente la gestione del bosco, l’olivicoltura e l’allevamento. L’oculata modulazione nella gestione di detto sistema ne ha permesso la perfetta integrazione nell’ambiente esistente, aprendo però la strada ad un suo profondo sfruttamento. Il sistema storicamente affermatosi sul Monte ha visto come unità elementare una porzione di terreno che comprendesse bosco e oliveto. Per quanto riguarda il bosco, le essenze naturali (Quercus ilex L., Quercus suber L. per lo più) sono state in larghe aree sostituite con Pinus pinaster A ITON, per rispondere alle necessità dei cantieri navali della Repubblica marinara di Pisa. Tale specie, che i più ritengono alloctona (Tomei, 1989), ha poi perpetuato la sua presenza a mezzo di una efficace autodisseminazione. Il sottobosco era tenuto costantemente pulito con la raccolta della vegetazione, utilizzata come lettiera e foraggio per gli allevamenti (capre e pecore). Per quanto riguarda la coltura principale, la fascia di altitudine sino ai 250–300 m è stata via via saturata con l’olivo. Nei periodi di maggior fame (tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento) furono piantati olivi anche in quei terreni e su quelle pendici non ottimali per questa coltura. Il sistema agricolo sin qui descritto ha alimentato e si è retto su una capillare manutenzione del territorio. Rileggendo la storia agricola del Monte Pisano (versante pisano) in chiave paesaggistica, emerge come la base morfologica, fatta di ripide pendenze e terreni poco profondi, abbia in un certo senso reso obbligata la scelta del terrazzamento. Su queste premesse, le necessità alimentari e le potenzialità ambientali hanno permesso la modulazione di un sistema agro-silvo-pastorale che ha portato all’organizzazione del Monte per fasce altitudinali (bosco, oliveto ed abitati), contemporaneamente organizzato per unità fondamentali che ne garantivo la gestione integrata da monte a valle. Le principali generatrici di paesaggio sono dunque state le curve di livello (marcate dai terrazzamenti) e le aste dei torrenti, sulle quali si è andato a intrecciare il complesso reticolo idrografico che nel tempo ha assicurato la stabilità dei versanti. 24


F ORME DEL PAESAGGIO :

IL SISTEMA DRENANTE

Forme del paesaggio: il sistema drenante Risulta dunque interessante, nell’ottica di analisi proposta con il presente lavoro, andare a descrivere con maggior dettaglio il sistema idraulico drenante che ha così profondamente caratterizzato il territorio e le forme del paesaggio sul Monte Pisano. Il sistema idraulico-agrario è strutturato in tre livelli: 1. torrenti; 2. scoline di guardia; 3. terrazze olivate.

Figura 3.3: Schema del sistema idraulico del singolo terrazzamento Da un punto di vista gestionale però si possono individuare tre diverse fasce: 1. Boschi a monte; 2. Terrazzamenti; 3. Insediamenti a valle. Gli interventi fatti di generazione in generazione sul territorio hanno contribuito alla costruzione della homeland (Antrop, 2004), in cui le terrazze costituiscono i più evidenti landmark. In passato, questo territorio rurale è stato profondamente sfruttato; dagli anni ’60 in poi l’abbandono delle campagne ha fatto venir meno la cura del sistema nel suo complesso. Soltanto ora, dopo decenni, stanno emergendo importanti problematiche. Il sistema idrogeologico ha dimostrato notevole stabilità, ma gli insediamenti più o meno recenti nell’area pedecollinare non possono più ignorare la manutenzione degli oliveti a monte. Chiarita la funzione di garanzia della stabilità svolta dei versanti e descritte le forme che nel tempo hanno espresso tale funzione e dato forma al paesaggio che oggi osserviamo, è possibile riflettere sugli indirizzi programmatici per la tutela del paesaggio stesso. Alcune ipotesi d’intervento potrebbero essere le seguenti: 25


F ORME DEL PAESAGGIO :

IL SISTEMA DRENANTE

• Nel breve e medio periodo, tamponare le emergenze immediate, garantendo la funzionalità idraulica con interventi di ingegneria naturalistica; • Nel lungo periodo, recuperare alla produzione gli oliveti incolti o rivalorizzarli attraverso la fruizione quali risorse naturali e paesaggistiche. Per inciso, la Convenzione Europea del Paesaggio (2000) definisce protezione come “le azioni per conservare e mantenere gli elementi significativi e caratteristici di un paesaggio”. Sul Monte Pisano recuperare la funzione del sistema idrogeologico implica come valore aggiunto la tutela di un’importante forma di paesaggio.

Figura 3.4: Schema generale del sistema idraulico-agrario del Monte.

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Capitolo

4

Conclusioni Il paesaggio è espressione percettiva di un processo dinamico di modifica del territorio in risposta alle diverse necessità di chi vi abita. Dal secondo dopoguerra il territorio agricolo europeo è andato incontro a modifiche sempre più veloci che, in contrasto con le epoche precedenti, non hanno avuto il tempo di essere integrate col pre-esistente. Tra i grandi “motori di cambiamento”, per quanto riguarda il paesaggio del Monte Pisano, ha avuto molta influenza l’esodo dalle campagne concomitante al boom economico degli anni 50–60. Sul Monte questo ha determinato il pressoché totale abbandono di tutto il sistema descritto. Una analisi diacronica dei sistemi di gestione del territorio permetterebbe di evidenziare come le fasce un tempo gestite a sistema siano oggi separate. Mentre però il bosco sta recuperando naturalmente un suo equilibrio, la fascia olivata sta mostrando i segni della manutenzione disforme e molto meno intensa che in passato. La funzione di garanzia della stabilità dei versanti, assicurata in ultima analisi dalle terrazze degli oliveti, è rimasta immutata; è stata anzi accentuata dal cresciuto numero di residenti nel pedemonte. Sono invece profondamente cambiati i bisogni e le attività. Pensando a una nuova gestione che recuperi questi valori, è dunque necessario valutare nuovi sistemi di gestione compatibili. Difficilmente sarà possibile recuperare l’olivo in termini di produzione da reddito: la situazione morfologica rende pressoché impossibile il ricorso ad una efficace meccanizzazione. In tal maniera, si rende necessario ricorrere alla manodopera. I costi di produzione rendono l’olivicoltura sul Monte Pisano una attività, se pur di pregio, difficilmente remunerativa di per sé, visto anche il concomitante frazionamento della proprietà. Di conseguenza, nel considerare la funzione produttivistica di questo territorio, sarà necessario vagliare attività da reddito complementari in grado di integrarsi nel paesaggio olivicolo. Magari puntando su prodotti trasformabili/trasformati da vendere nell’ambito dei vicini mercati urbani (Pisa in particolare). Si verrebbe così a ricucire anche lo strappo tra fruitori del paesaggio e chi gestiste materialmente il territorio. Come accennato, infatti, i fruitori odierni del paesaggio sono in larga parte alienati e non coinvolti nelle attività di produzione de paesaggio stesso. Questo va oltre la riduzione (drastica) degli addetti in agricoltura rispetto ad anni addietro. Chi vive oggi in un territorio modificato e modellato da una matrice agricola avanza nuove richieste di servizi ricreazionali, ambientalisti e più in generale di qualità dell’ambiente di vita. Chi si trova a gestire il territorio, che a questo punto 27


C APITOLO 4. C ONCLUSIONI

possiamo definire rurale piÚ che agricolo, potrebbe dunque assumere il paesaggio come prodotto finale di una serie di servizi e produzioni in cui la conoscenza delle dinamiche evolutive e la loro divulgazione diventa parte integrante delle nuove dinamiche di sviluppo, in grado di rispondere alle mutate esigenze. In altre parole la gestione, prima che la tutela, di un paesaggio può essere proposta quale frutto di una oculate scelte tecniche/economiche, modulate su una approfondita conoscenza storica.

Figura 4.1: Muretto a secco nel comune di Calci (PI).

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