Wildwuchs und Methode / Macchia e metodo

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Wildwuchs und Methode

Macchia e metodo


Edition Angewandte – Book series of the University of Applied Arts Vienna Edited by Gerald Bast, Rector


[1] Stefanie Brottrager

Wild­ wuchs und Methode. Sprach­ bilder von unten Mit Beiträgen von: Claudia Calcagnile, Chiara Cardelli, Rudi Klein, Ferdinand Schmatz

[1] Stefanie Brottrager

Macchia e metodo. Imma­ gini lingui­ stiche dal basso Con il contributo di: Claudia Calcagnile, Chiara Cardelli, Rudi Klein, Ferdinand Schmatz


La richiesta di tradurre in italiano il titolo ancora prima di procedere con il resto della traduzione ha posto le traduttrici di fronte a una grande difficoltà, così come accade di fronte a ogni titolo di un’opera creativa. Prima di spiegare le motivazioni che si celano dietro al titolo italiano “Macchia e metodo. Immagini linguistiche dal basso” è doveroso fare una premessa per le lettrici e i lettori italiani. Sono le associazioni personali che prendono vita nella mente del lettore a contare veramente. Chi desiderasse scoprire autonomamente le motivazioni che hanno portato a tradurre il titolo in questo modo è invitato a saltare questo commento e leggerlo una volta terminato il libro.

La parola tedesca “Wildwuchs”, ovvero una prolifera-

Katia Iacono, Salka Klos

Com­ mento alla tradu­ zione del titolo

zione selvaggia, incontrollata, spontanea della vegetazione, diventa in italiano “macchia”. Tale scelta deriva dal fatto che la macchia mediterranea, un tipo di vegetazione spontanea, è onnipresente in tutto il Meridione. Tanto più che l’autrice dedica ad essa anche un intero capitolo del libro che intitola “Macchia e Calanchi”. L’accezione letterale del termine “macchia”, intesa come piccola chiazza di colore, possiede inoltre una componente creativa, molto congeniale al progetto grafico della copertina: un post-it contenente qualche appunto preso a mano su uno sfondo nero. In italiano, l’espressione “a macchia” oppure “a chiazze” (in generale di colore) si usa anche per sottolineare l’assenza di metodo. Proprio come accade nel caso di appunti “selvaggi”, immortalati su un post-it, che ricordano una sorta di mosaico semiotico. Probabilmente chi legge giungerà ad associazioni di questo tipo. Tuttavia, una volta arrivati al capitolo “Macchia e Calanchi”, o forse già dopo aver letto il sottotitolo, il pensiero si rivolgerà alla macchia mediterranea, aggiungendo così quell’elemento che consente di chiudere il cerchio. L’espressione “von unten”, secondo Stefanie Brottrager, veicola molteplici significati. In italiano, “dal basso” risulta essere la scelta migliore, in quanto capace di preservare quasi tutte le connotazioni dell’originale: “dal basso” ha sia una componente geografica – da giù, dal Sud – che una componente sociale – la “strada”, il “basso”, inteso come quartiere meno abbiente e al contempo malfamato – consentendo quindi più chiavi di lettura rispetto ad altre scelte traduttive quali “dal Sud”, “dal Meridione”, in cui a prevalere è soprattutto l’aspetto geografico. 4

Macchia e metodo. Immagini linguistiche dal basso


Katia Iacono, Salka Klos

Zur Übersetzung desTitels

Der noch vor Beginn des eigentlichen Übersetzungsprozesses benötigte italienische Titel stellte uns wie fast jeder Titel eines kreativen Werkes vor eine Herausfor­ derung. Nach längerer Überlegung fiel unsere Wahl auf „Macchia e metodo. Immagini linguistiche dal basso“. Eine Vorbemerkung für alle italienischen LeserInnen: Wich­tig sind ohnehin Ihre persönlichen Assoziationen – wer selbstentdecken will, warum der Titel im Italienischen so gewählt wurde, möge vor diesem Kommentar zunächst das Buch lesen! Der „Wildwuchs“ wird im Italienischen zu „macchia“. Die Macchia mediterranea, ein immergrünes Busch- und Strauchwerk, ist in Süditalien allgegenwärtig, ein Kapitel im Buch trägt sogar den Titel „Macchia und Calanchi“. „Macchia“ heißt eigentlich „Fleck“, womit noch eine kreative Komponente hinzukam, die generell gut ins Konzept passte, denn für das Coverdesign geplant war ein Post-it mit handschriftlichen Einträgen vor schwarzem Hintergrund. Im Italienischen sagt man „a macchia“ oder „a chiazze“, wenn Farbkleckse gesetzt werden, wenn etwas nicht methodisch organisiert ist – „wilde“ Notizen auf Post-its als semiotischer Fleckerlteppich. Italienische LeserInnen werden wahrscheinlich zunächst einmal diese Assoziationen haben, aber spätestens mit dem Kapitel „Macchia und Calanchi“, vielleicht schon nach dem Lesen des Untertitels, auch an die Macchia mediterranea denken, womit sich der Kreis schließt. „Von unten“ ist laut Stefanie Brottrager durchaus mehrdeutig aufzufassen. Dieser Ambiguität wurden wir mit „dal basso“ gerecht: Letzteres deckt sämtliche Konnotationen bis zu einem gewissen Grad ab („von unten“ = aus Süditalien, es hat aber auch etwas Verruchtes sowie eine gesellschaftliche Komponente à la „von der Straße“, die italienische LeserInnen vielleicht ebenfalls ein wenig assoziieren, weil mit „basso“ auch ein ärmeres Stadtviertel gemeint sein kann) und lässt unterschiedliche Lesarten zu (im Gegensatz zu „dal Sud“, „dal Meridione“ o. Ä., die nur den geografischen Bezug wiedergegeben hätten).

Wildwuchs und Methode. Sprachbilder von unten

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“The Greek word ´theorein,̀ like the English word ´theory`and the corresponding words in the major European languages, signals the phenom­enon of ´seeing of making visible correctly`; the word is related to theater, to staging, to making visible as a theatre. […] Theorizing, as making visible and staging, is not separate from art practice.”

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Spivak, Gayatri Chakravorty: Making Visible, in: Milevska, Suzana (ed.): On Productive Shame, Reconciliation and Agency. Akademie der bildenden Künste Wien, Sternberg Press: Berlin 2016, 93f.

Macchia e metodo. Immagini linguistiche dal basso


“The Greek word ´theorein,̀ like the English word ´theory`and the corresponding words in the major European languages, signals the phenom­enon of ´seeing of making visible correctly`; the word is related to theater, to staging, to making visible as a theatre. […]

Spivak, Gayatri Chakravorty: Making Visible, in: Milevska, Suzana (ed.): On Productive Shame, Reconciliation and Agency. Akademie der bildenden Künste Wien, Sternberg Press: Berlin 2016, 93f.

Theorizing, as making visible and staging, is not separate from art practice.”

Wildwuchs und Methode. Sprachbilder von unten

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Indice 10 Vienna, sudovest 36 Gallipoli o i luoghi dove non eravamo ancora stati 74 Claudia Calcagnile Con gli occhi bucati 116 Chiara Cardelli Mater(i)a soffice 134 Abbasso il pudore, abbasso la vergogna 158 Macchia e Calanchi 176 Il maggese, la potenza 196 Ferdinand Schmatz Kanpai 242 Vienna, nordest

32, 222, 268 Rudi Klein

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Macchia e metodo. Immagini linguistiche dal basso


Inhalt 11 Wien, Südwest 37 Gallipoli oder Orte, wo wir noch nicht waren 75 Claudia Calcagnile Mit hohlen Augen 117 Chiara Cardelli Weiche Materie (Soft Matter) 135 Nieder mit der Scham 159 Macchia und Calanchi 177 Die Brache als Potenz 197 Ferdinand Schmatz Kampai 243 Wien, Nordost

33, 225, 271 Rudi Klein

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Tutto è nato a Parigi, nel 2018 o molto prima; in ogni caso, in qualche luogo, ha inizio il racconto (e poi continua in una certa direzione in cui, alla fine, si assesta). L’incipit è anche una rappresentazione teatrale, un incipit presente anche come rappresentazione integrale. Un’e-mail dell’uffi-

Vienna, sudovest

cio internazionale in cui, in calce, si menzionava la possibilità di svolgere uno stage post-laurea, un Erasmus+, oggi si chiama così. Un paio di mesi dopo arrivavo a Matera, capitale europea della cultura nel 2019. In verità non avrei voluto fare un altro stage, in verità, in verità. Partivo con un’idea per un progetto, avevo rinfrescato il mio italiano, eppure lì tutto prese un’altra strada. Ad ogni modo avrei potuto scrivere, annotare tutto ciò che c’era da vedere. Tardai però poco a rendermi conto che osservare il visibile avrebbe scaturito tante domande per le quali avrei dovuto cercare risposte. Più che cercare risposte finii presto per ricercare aree di risonanza, una prontezza con cui l’attenzione si rivolge al diverso e all’uguale. La lingua prese a creare, in sottofondo, una sorta di macchina delle possibilità, rend­ endo possibili sempre più limiti apparenti. Scrivere mi riusciva facile, era l’unica cosa che sembrava riuscirmi con facilità. Un esperimento può essere divertente, ma non è sempre così. Ci stringiamo, seppur in modo invisibile, non è un’immagine sbagliata di un’ideologia che (non) rinneghiamo, la ricerca spasmodica dell’apparenza, l’attesa, la rappresentazione, la percezione dell’altro che non possiamo controllare, i miei occhi calmi, il tuo sguardo, riuscirò a mantenerlo. Di chi è la reazione?

È la sua, è arrabbiato, molto, wütend, sehr wütend. Ha

perso il portafoglio, con tutti i documenti, ma io non devo agitarmi, lo chiamo alle sette e mezza. Due ore. Qui non riesce a lavorare, è la città più bella e più terribile, deve andarsene. Io lo capisco, lo capisco molto bene. Gli ho proposto di trascorrere una bella serata. Forse ci riusciremo, io rimarrò calma, lo accarezzerò, con gli occhi, forse nel salone. Cucinerà per me, non ho chiesto cosa, lui me lo chiede sempre, è un cuoco.

Bene, adesso lasciamo leggere, poi ascoltiamo, preferi-

bilmente in silenzio, aspettiamo la reazione che ha su di noi. Come faccio a dileguarmi, me la svigno, di soppiatto, quatta quatta, fuori e dentro, una gaffe in cui mi adagio, tu sei il mio

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Vienna, sudovest


Wien, Südwest

Begonnen hat alles in Paris 2018 oder viel früher, aber irgendwo setzt die Erzählung ein (und dann geht sie irgendwo hin, und dabei bleibt es auch). Die Eröffnung gibt es auch als Theaterstück, die Eröffnung als ganzes Stück. Es war ein E-Mail des International Office, an dessen Ende die Möglichkeit eines Graduiertenpraktikums angeführt war, Erasmus+ heißt das heute. Ein paar Monate später war ich angekommen in Matera, Europäische Kulturhauptstadt 2019. Eigentlich wollte ich nie mehr ein Praktikum machen, eigentlich, eigentlich. Ein Konzept für ein Projekt hatte ich dabei, meine Italienischkenntnisse aufgefrischt, und vor Ort kam dann alles etwas anders. Jedenfalls konnte ich schreiben, notieren, was zu beobachten war. Aber schnell wurde klar, dass das Sichtbare zu betrachten, ganz viele Fragen aufwerfen und Antworten suchen würde. Aus der Suche nach Antworten wurde schnell die Suche nach Resonanzräumen, das Bereithalten der Aufmerksamkeit für das Fremde und das Eigene. Die Sprache entwickelte eine Art Möglichkeits-Maschine im Hintergrund und ließ immer mehr scheinbare Einschränkungen zu Möglichkeiten werden. Das Schreiben ging leicht, es war das Einzige, das leicht zu gehen schien. Ein Experiment kann Spaß machen, muss es aber nicht. Wir haken uns ein, aber unsichtbar, bloß kein falsches Bild von einer Ideologie, die wir (nicht) ablehnen, der Krampf mit der Erscheinung, die Erwartung, die Repräsentation, die Fremdwahrnehmung, die wir nicht steuern können, mein Auge still, dein Blick, ich werde ihn halten.Wer hat reagiert? Er hat reagiert, er ist arrabbiato, molto. Er hat sein Geldtascherl verloren, die ganzen Dokumente, aber ich soll mich nicht aufregen, ich rufe ihn um halb acht an. Zwei Stunden. Er kann hier nicht arbeiten, es ist die schönste und schlimmste Stadt, er muss raus. Ich verstehe das, ich verstehe das sehr gut. Hab ihm angeboten, einen schönen Abend zu verbringen. Vielleicht schaffen wir es, ich werde ruhig sein, ich werde ihn streicheln, mit den Augen, vielleicht im Wohnzimmer. Er will mir was kochen, ich habe nicht danach gefragt, er fragt mich immer, er ist ein Koch. So, jetzt lesen lassen, dann hören, oder am besten gar nichts dazu sagen, sickern lassen. Wie kann ich mich am besten davonstehlen, ich schleiche, ich schleiche, hinaus hinein in mein Fettnäpfchen, da bade ich mich drin, du

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ragazzo, che tu lo voglia o no, me ne occupo io e ingoio tutta la tua arrabbiata.

Ich schleiche mich davon: mi allontano di soppiatto. Mi sono svegliata con la sensazione di esser stata contagiata.

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La scrittura, intesa come atto dello scrivere, e la lingua

Plasmare testi

parlata possono essere interpretate come processi in grado di generare immagini, nel senso dell’arte figurativa. Allo stesso modo anche copiare e prendere appunti sono processi di scrittura equivalenti da cui scaturiscono immagini (linguistiche). È una traduzione collettiva l’operazione che ha luogo in sottofondo, sia per i testi in lingua madre che per quelli in lingua straniera. L’idea è che ogni espressione linguistica rappresenti nel contempo un processo traduttivo; dapprima traduciamo i nostri pensieri in una lingua, poi traduciamo, ossia decodifichiamo, la risonanza che da essa scaturisce in modelli di pensiero e così via. Da questo processo di lavoro nascono diverse forme testuali: appunti, in genere sotto forma di brevi descrizioni situazionali, dialoghi trascritti e “nuovi” testi nati a seguito del mio soggiorno. Ad ogni modo resta un esperimento e, per questo, le categorie non sono rilevanti, ma al contrario, devono essere forzate, trasposte. Nella trascrizione dei dialoghi in lingua originale, la lingua è stata immortalata così come è stata realmente pronunciata, nonostante il tentativo intrapreso di sottolinearne certe sofficità. Sofficità in relazione alla funzione linguistica, l’idea di modelli soffici, da me chiamati “Weiche Schablonen”, di cui mi servo come strumento di lavoro per l’arte della parola. I concetti mi appaiono più aperti man mano diventano più soffici. Durante l’apprendimento di una lingua, e del modo di parlare, è spesso il

Brottrager, Stefanie: Weiche Schablonen. Rahmen und Resonanz des künstlerischen Sprachbildes. Dissertation. Universität für angewandte Kunst Wien: 2018.

fallimento, l’errore produttivo, ad avvicinarci all’intuizione, agevolando (oppure offuscando) la comprensione. Il motto di Matera capitale della cultura era, inoltre, open future. L’utilizzo di diverse forme testuali rispecchia il desiderio di molteplicità e spontaneità, un po’ come nella natura, nella macchia, la voglia di non esercitare troppo controllo. Le diverse forme sono equivalenti – è il contenuto a cercarsi la forma.

Scrivendo i dialoghi nel modo in cui sono stati arti-

colati, è possibile evocare anche la sofficità delle forme

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Vienna, sudovest


bist mein Freund, ob du willst oder nicht, ich pass auf und nehm deine ganze Arrabbiata.

Ich schleiche mich davon: mi allontano di soppiatto. Bin auf­ [2]

gewacht mit dem Gefühl, infiziert zu sein.

Texte formen

Der physische Schreibakt und die gesprochene Sprache werden als Bilder generierende Verfahren, im Sinne bildender Kunst, verstanden. Abschreiben und Aufschreiben sind demnach gleichwertige Vorgänge, die durch ihre Praxis (Sprach-)Bilder generieren. Kollektive Übersetzung ist sowohl bei mutter- als auch bei fremdsprachigen Texten der Arbeitshintergrund. Die Idee ist, dass jede sprachliche Äußerung auch ein Übersetzungsvorgang ist; zuerst die Übersetzung der eigenen Gedanken in Sprache, dann die Übersetzung bzw. Entschlüsselung der darauffolgenden Resonanz in gedankliche Schablonen, und so weiter und so fort. Verschiedene Textformen haben sich im Arbeitsprozess ergeben: Notizen, meist in Form kurzer Situationsbeschreibungen, transkribierte Gespräche und „neue“ Texte, die nach dem Aufenthalt entstanden sind. Es bleibt jedoch ein Experiment, daher stehen Kategorien nicht im Vordergrund, im Gegenteil, sie sollen gesprengt und verschoben werden. Bei transkribierten Originalton-Gesprächen wurde weitgehend am tatsächlichen Wortlaut festgehalten, auch wenn dabei gewisse Weichheiten zu unterstreichen versucht wurde. Weichheiten werden als Sprachfunktion ver-

Brottrager, Stefanie: Weiche Schablonen. Rahmen und Resonanz des künstlerischen Sprachbildes. Dissertation. Universität für angewandte Kunst Wien: 2018.

standen, das Konzept der „Weichen Schablonen“ dient als Praxiswerkzeug bei der Sprachgestaltung. Je weicher, desto offener scheinen mir Begriffe. Beim Lernen einer Sprache, auch einer Sprechkultur, wird oft das Scheitern, der produktive Fehler, zum Erkenntnismoment und eröffnet (oder verschleiert) Verständnis. Das Thema der Kulturhauptstadt Matera war übrigens open future. Die Verwendung verschiedener Textformen entspricht dem Wunsch nach Vielheit und Wildwuchs, der Lust daran, nicht allzu sehr einzugreifen. Dabei sind die verschiedenen Formen gleichwertig – der Inhalt sucht sich seine Form. Durch die Verschriftlichung von Gesprächen im Wortlaut lässt sich erahnen, dass auch Textformen oder Anwen­dungen von Sprache(n) weich sind, wenn etwa aus einem mündlichen ein schriftlicher Text wird. Als künst-

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il mio cappotto, non posso indossarti. Comunque prenderò appunti, ricorderò, condenserò con la tua arrabbiata, sono esperta di peperoni. Prendere appunti, incorniciarli e lasciarli lì sulla pagina. Rigirare, condensare ulteriormente, ci sarà tutto, a grandi linee, gli si può ancora dar forma. Accarezzerò la cattiveria, le porgerò un’offerta. Non inizia, un normale ritardo, non attacca. Getto la rete e attendo.

Un regno = ein Reich La rete = das Netz Preferisco la pasta lunga o la pasta corta? = Mag ich lieber lange oder kurze Nudeln? Oggi, tovaglioli di stoffa, ed eleganti calici da vino. Mutamento, silenzioso, lo facciamo. La nipote è arrabbiata con lui perché ci ha visti insieme. Mi tira a sé, ne avverto già l’impatto, nuoto nel buio. Dammi = gib mir Ich bade im Dunkeln = nuoto nel buio C’è pasta dura – pugno (Faust) Puzza, puzzo = Gestank (puzzo del chiuso = Mief) La vecchiaia = das Alter Legato = verbunden, abhängig, gebunden

Nobody had problems speaking, well, a lot of people did

Rui Grazina

not have problems speaking in English and I tried my best to speak my childish Italian. No, that was not the problem, I think. I think that most people were difficult to reach, to get into a normal conversation. A bit like people in Porto maybe, they are also a bit private. They didn’t show much interest in establishing a conversation. Was the “vergogna topic” already around the preparation

SB

work you were doing five years ago now? I mean they had now the exhibition Architecture of shame, Architettura della vergogna, and some other events. None of them I did attend, but I knew the topic was around. Was it already there five years ago or did they develop it later?

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Vienna, sudovest


gekommen, keine Ahnung, wer sie sind, schauen wie Architekten aus, sie wollen auch bald wieder gehen. Du wirst meine Liebe auffressen oder sie stehenlassen, ich werde sie dir hinhalten wie ein paar Kekse, selbstgemacht, nicht viel, aber nicht gespielt (oh und wie du mir gekocht hast, vorgekocht, vor meinen Augen den Teig entstehen hast lassen und geknetet, massiert und entwickelt, wie eine erotische Malerei, die sich bewegt und in sich ein Kontinuum herstellt, der Kreislauf von Mehl (auch am Boden) bis zur aufgegessenen Siesta, wir zwei). Nirgends will ich sonst sein als bei deiner Arrabiatheit. Die Menschen haben Kopfhörer, wieder eine neue Art der Übersetzung, ich nehme keine Kopfhörer, will ja gleich wieder gehen, außerdem ist es meistens auf Italienisch leichter zu verstehen als in der englischen Übersetzung, ich schwitze. Bitte, vertreib mir die Zeit, die Höhle der Schutz, mein Mantel bald, ich kann dich nicht anziehen. Aber ich werde mitschreiben, behalten, dichten mit deiner Arrabbiata, mit Paprika kenn ich mich aus. Aufschreiben und einrahmen und bei Seite lassen. Umdrehen, weiterdichten, es wird alles drinstecken, in Ansätzen, es bleibt formbar. Ich werde die Bosheit streicheln, ihr etwas anbieten. Es fängt nicht an, also normale Verspätung, es fängt nicht. Ich werfe ein Netz aus und warte.

Un regno = ein Reich La rete = das Netz Preferisco la pasta lunga o la pasta corta? Heute Stoffservietten und schöne Weingläser mit Stiel. Wandlung, still, wir machen das. Die Nichte ist böse mit ihm, weil sie uns zusammen gesehen hat. Es zieht mich zusammen, es hat schon Auswirkungen, ich bade im Dunkeln. Dammi = gib mir Ich bade im Dunkeln = nuoto nel buio C’è pasta dura – pugno (Faust) Puzza, puzzo = Gestank (puzzo del chiuso = Mief) La vecchiaia = das Alter Legato = verbunden, abhängig, gebunden

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We had some discussions in the beginning with some people

RG

from inside the team mostly, about the history of Matera, which I wasn’t aware of. Things like “Christ didn’t go further than Eboli” (N.d.A.: Carlo Levi: Christ Stopped at Eboli). I didn’t know about all the history, although I started experiencing it on the way to Matera. I flew to Naples, and then took a bus to Matera. I found Naples a special place, but not necessarily a very friendly one. It didn’t feel like the places in Italy that I already knew. Strangely, it reminded me of Mozambique, or of literally not being in Europe. I started to feel this concept of isolation, that later grew in Matera, because of the non-existance of a train directly connecting Naples to Matera, for example. I got to know the history and why there was a shame associated with Matera and the post-war experience, in which it became one of the national urgencies to release people from that very hard and isolated way of living. In that sense, I did start feeling the idea of an architecture of shame, and it gradually started sipping in. But it was more of a gradual experience, that was present more like a subtext. I am not an architect, but as far as I understood: What they

SB

meant by architecture of shame was the inverse architecture. Not building outside but inside. Also in that sense. For me that was an experience – it was

RG

amazing because I found that people lived almost in an “inverted” way – not building “on” the landscape, but “inside” that landscape. And that doesn’t happen much in Europe. I mean you have that in Portugal, in some places in the north, deep in the mountains. But it’s not something that you see in the scale and dimension like in Matera. Do you wanna go back to Matera one day?

SB

I would like to go there in an odd way because for me it’s

RG

a little bit of a trauma. Because in a way I never had that sort of experience anywhere. It never happened to me. I have lived in London, for instance, and although people keep a different social distance, I always made friends. That in Matera was very difficult, and I am still trying to understand why.

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Nobody had problems speaking, well, a lot of people did

Rui Grazina

not have problems speaking in English and I tried my best to speak my childish Italian. No, that was not the problem, I think. I think that most people were difficult to reach, to get into a normal conversation. A bit like people in Porto maybe, they are also a bit private. They didn’t show much interest in establishing a conversation. SB

Was the “vergogna topic” already around the preparation work you were doing five years ago now? I mean they had now the exhibition Architecture of shame, Architettura della vergogna, and some other events. None of them I did attend, but I knew the topic was around. Was it already there five years ago or did they develop it later?

RG

We had some discussions in the beginning with some people from inside the team mostly, about the history of Matera, which I wasn’t aware of. Things like “Christ didn’t go further than Eboli” (Anm.: Carlo Levi: Christ Stopped at Eboli). I didn’t know about all the history, although I started experiencing it on the way to Matera. I flew to Naples, and then took a bus to Matera. I found Naples a special place, but not necessarily a very friendly one. It didn’t feel like the places in Italy that I already knew. Strangely, it reminded me of Mozambique, or of literally not being in Europe. I started to feel this concept of isolation, that later grew in Matera, because of the non-existance of a train directly connecting Naples to Matera, for example. I got to know the history and why there was a shame associated with Matera and the post-war experience, in which it became one of the national urgencies to release people from that very hard and isolated way of living. In that sense, I did start feeling the idea of an architecture of shame, and it gradually started sipping in. But it was more of a gradual experience, that was present more like a subtext. SB

I am not an architect, but as far as I understood: What they meant by architecture of shame was the inverse architecture. Not building outside but inside.

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Also in that sense. For me that was an experience – it was amazing because I found that people lived almost in an “inverted” way – not building “on” the landscape, but “inside”

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così drammatico, immagino di essere una donna giapponese, devono sentirsi proprio così quando noi occidentali diamo chiaramente sfogo ai moti dell’anima, va bene, parlo delle giapponesi tipo Hiroko, non ne conosco altre, ma le ho viste in TV, quelle giovani signore, gli strilli. La società sembra stanca, ma la rabbia nell’immagine è rigida come una pausa pubblicitaria, breve o troppo lunga, irrilevante. Quel che è peggio, però, è quando la rabbia ricade su sé stessa perché, con l’educazione cattolica che ho ricevuto, ho colpa di tutto, di non potermi mai sentire rilassata, di aggrapparmi sempre a ogni fuscello del malaugurio, ecco il mio, perfetto, ti stringo forte, per scomodo che sia. E perfino la mia rabbia è troppo debole, mi mancano le batterie, mi fa ribrezzo, mi ripugna, mi respinge dentro di me. Non la sopporto, lei sfoga la sua rabbia al telefono, anch’io lo faccio, si lamenta che io non dica “buona notte” o “buon giorno”, sbaglio proprio tutto, non voglio più stare lì, ma ora mi tocca proprio andarci credo, devo vedere il “disastro causato dal vino”, forse vuole affibbiarmi qualcosa, non sopporto tutto ciò, però devo ancora sopportarlo per un paio di settimane, non so come potrà funzionare, potrei piangere dalla rabbia. Lui dice di aver incontrato qualcuno, io ero lì in camera, triste, non capiva la mia rabbia, gli ho detto che avrei pagato per tutto, e questo lo ha ritenuto una cattiveria. Giovedì, venerdì, poi ieri, sabato, la mia rabbia; la sera mi ha chiamata tre volte. Una vera rabbia, ero arrabbiata con i responsabili per la loro indifferenza nei confronti del mio progetto, le attese lunghissime e la fine disastrosa. Cerco di ricordarmi dell’articolo sulla rabbia, su come considerarla produttiva, forse accettandola piuttosto che correre dallo psicoterapeuta. Ma sono seduta sulla spiaggia di Bari e di questa rabbia non so proprio cosa farne. Le fatture false, seppure non palesemente false, le si trovano sempre qua e là, con i registratori di cassa ci sono anche diverse possibilità di truccare i conti in modo sistematico. Stavolta manca l’OK. Devono partire lo stesso.

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Gallipoli o i luoghi dove non eravamo ancora stati


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sie aber im Fernsehen gesehen, die jungen Damen, das

Claudia Calcagnile

Gekreische. Die Gesellschaft scheint müde zu sein, aber die Wut ist im Bild starr wie eine Werbepause, kurz oder zu lang, irrelevant. Und am schlimmsten ist, wenn die Wut dann auf sich selbst zurückfällt, weil ich ja, katholisch gelernt, Schuld habe an allem, dass ich nicht locker sein kann, dass ich mich auf jeden Strohhalm setze, das ist meiner, super, ich halt dich fest, und wenn es noch so ungemütlich ist. Und selbst meine Wut ist zu schwach, zu wenig Batterien

Non basta togliere l’erbaccia, occorre seminare fiori.

habe ich dafür, es widert mich an, stößt mich ab, in mich zurück. Ich halte sie nicht aus, sie lässt am Telefon ihre

Il mio primo giorno di laboratorio con le donne detenute

Wut raus, ich auch, sie beschwert sich, dass ich nicht „Gute

di Palermo era un giovedì di marzo del 2015. Senza saperlo

Nacht“ und „Guten Morgen“ sage, ich mache alles falsch,

stavo per iniziare un percorso che più di ogni altro mi

ich will nicht mehr dort bleiben, aber jetzt muss ich wohl

avrebbe profondamente cambiata. Il carcere sarebbe diven-

hin, das „Weindesaster“ ansehen, vielleicht will sie mir

tato, per un lungo periodo, la mia casa. Quel luogo denso di

was unterjubeln, ich ertrage es nicht, muss aber noch ein

sofferenza sarebbe stato il luogo che avrebbe risposto, più

paar Wochen, weiß nicht, wie es gehen soll, könnte wei-

di ogni altro, alle mie interrogazioni. Il luogo in cui avrei

nen vor Wut. Er habe jemanden getroffen, ich war traurig

imparato a conoscermi e a riconoscermi.

im Zimmer, er verstand meine Wut nicht, ich sagte, dass

ich das bezahle, das fand er gemein. Donnerstag, Freitag,

rato diversi controlli e pesanti cancelli si erano chiusi rumo-

gestern Samstag dann meine Wut, am Abend hat er drei

rosamente alle mie spalle. Con il tempo mi sarei abituata a

Con gli occhi bucati A Mimì, il tulipano

Prima di arrivare nella sezione femminile avevo supe-

Mal angerufen. Eine richtige Wut auf die Verantwortlichen,

quei rumori metallici e al bianco di quelle luci che rendono

für ihre Gleichgültigkeit meiner Sache gegenüber, die ewige

l’atmosfera simile a quelle delle corsie degli ospedali.

Warterei und das fürchterliche Ende. Versuche, mich an

den Artikel über Wut zu erinnern, wie man sie als produktiv

grosso registro, un agente aveva gridato “Teatro!” e dopo

Al mio arrivo dopo aver segnato il mio nome su un

sehen soll und vielleicht lieber zulassen, als zur Therapie

un po’ erano arrivate cinque donne con lo sguardo basso e

zu rennen. Sitze aber am Strand von Bari und wüsste nicht,

i corpi appesantiti da pensieri e preoccupazioni a me inac-

wohin mit ihr.

cessibili. Avevo il timore che leggessero il mio smarrimento mentre mi guardavano in attesa di avere delle indicazioni. Ci

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Falsche Rechnungen, nicht sofort erkennbar falsch, gibt

muovevamo in spazi piccolissimi, avevo con me una piccola

es hier wie dort, die Registrierkasse bietet auch Möglich-

cassa con un lettore Mp3 e la musica ci aiutava a riempire

keiten zur systematischen Verschleierung. Diesmal gibt es

il silenzio e ad allentare le tensioni. Ad ogni nostro incontro

kein grünes Licht. Sie müssen trotzdem fahren.

provavo a mettermi in ascolto e a far emergere dalle attrici detenute racconti, storie, spaccati della loro vita che diventavano materiale su cui nascevano interessanti riflessioni. Le attrici erano sin da subito parte della creazione.

Ho conosciuto il teatro con i non attori durante la

mia formazione a Firenze con Alessandro Fantechi ed Elena Turchi. È nato in quegli anni il mio bisogno di esperire un teatro capace di mettere al centro della scena la vita, nelle sue infinite forme, nelle sue più inaccessibili sfaccettature. Dopo esperienze svolte con persone “ai margini” tra malati psichiatrici e migranti, ho trovato nel carcere femminile Gallipoli oder Orte, wo wir noch nicht waren

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Con gli occhi bucati


Claudia Calcagnile

Mit hohlen Augen Für Mimì, meine Tulpe

Nicht bloß Unkraut jäten, sondern Blumen säen. Mein erster Workshoptag mit den Frauen aus der Strafanstalt Palermo war ein Donnerstag im März 2015. Ich wusste es damals noch nicht, doch damit begann ein Weg, der mich wie kein anderer grundlegend verändern sollte. Das Gefängnis sollte für lange Zeit mein Zuhause werden – nirgends sollte ich bessere Antworten auf all meine Fragen bekommen als an jenem leidensschweren Ort. Ich durfte mich dort selbst (neu) kennenlernen. Vor dem Betreten des Frauengefängnisses hatte ich diverse Kontrollen über mich ergehen lassen müssen, und die schweren Gittertore waren laut hinter mir zugefallen. Mit der Zeit sollte ich mich an die metallischen Geräusche und das weiße Licht gewöhnen, das an Spitalsgänge erinnerte. An diesem ersten Tag musste ich mich in ein dickes Namensregister eintragen. Dann rief ein Gefängniswärter laut „Theater“, und bald darauf standen mir fünf Frauen gegenüber – gesenkten Hauptes, ihre Körper wie gezeichnet durch die Last ihrer mir unbekannten Gedanken und Sorgen. Ich hatte Angst, dass sie mir meine Ratlosigkeit ansehen könnten, während sie mit fragendem Blick auf meine Anweisungen warteten. Alles fand auf engstem Raum statt. Ich hatte einen kleinen Lautsprecher und einen MP3Player dabei; die Musik half, die Stille zu durchbrechen und die angespannte Atmosphäre etwas zu lockern. Bei jeder unserer Begegnungen versuchte ich, zuzuhören und den Gefangenen, die nunmehr meine Schauspielerinnen waren, Erzählungen, Geschichten und Erlebnisse zu entlocken, die zum Ausgangsmaterial für einen interessanten Gedankenaustausch wurden. Die Schauspielerinnen waren von Anfang an in den kreativen Prozess eingebunden. Ich war erstmals im Rahmen meiner Ausbildung bei Alessandro Fantechi und Elena Turchi in Florenz in Kon­takt

Mit hohlen Augen

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Con gli occhi bucati


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Bühnentext von Claudia Calcagnile nach „Die Wolfsfrau“ von Clarissa Pinkola Estés, offizielle deutsche Übersetzung von Mascha Rabben

Alle Frauen kennen die inneren Wüstenlandschaften, wo kaum etwas gedeiht und nur Knochen toter Erinnerungen herumliegen. An irgendeinem Punkt stellt jede von uns fest, dass sie in der einen oder anderen Hinsicht entmachtet, entfremdet, gewissermaßen seelenlos dahinvegetiert. Die korrekte Schöpfungshymne ergibt sich von selbst, denn die Seele weiß von Natur aus, wie sie sich verströmen muss, wie sie alle Sehnsüchte, Hoffnungen und Schmerzen aus­gießen muss, um neu belebt zu werden. Die Seele weiß, dass jeder tief empfundene Seelenerguss neue Lebenskraft nach sich zieht und köstliche Frischluft in renovierungsbedürftige Seelenhaushalte bringt.

Materico è detto di un quadro in cui l’essenza stessa della materia che lo compone è posta al centro dell’attenzione. La materia stessa, in questo caso il colore, diventa espressione artistica ed esce dal quadro, entrando nello spazio dello spettatore. L’artista pone al centro della propria arte la materia, e noi ci chiediamo: di che cosa è fatta?

Chiara Cardelli

Mater(i)a soffice

In generale, cos’è la materia? Nell’antichità si pensava che la materia fosse composta da quattro elementi: terra, aria, acqua e fuoco. Oggi invece, si può intuitivamente definire materia tutto ciò che ha una massa e occupa spazio. Tuttavia, se si immagina di osservare la materia ingrandendo progressivamente fino alle particelle microscopiche che la compongono, gran parte della materia è in realtà fatta di vuoto e il concetto di occupazione dello spazio diventa sfuggente.

Comunemente, la materia si presenta in alcuni stati

[12] La vernice è materia soffice – CC0

di aggregazione base: gli stati che può assumere a seconda delle condizioni in cui si trova. Quelli più comuni sono lo stato liquido, solido e aeriforme. I solidi sono tali perché formati da atomi o molecole legati tra loro da legami o interazioni molto forti. In un liquido, le interazioni sono un po’ più deboli. In un gas sono ancora più deboli, al punto da non riuscire a contenere la materia in un volume costante. A Matera, la materia solida è la sua pietra, su cui sorge la città e in cui sono scavate le sue case e chiese. L’acqua, la sua materia liquida, scorre tra e al di sotto dei sassi di Matera, modellandoli da milioni di anni. La materia più significativa del nostro quadro è invece la

[13] Matera, i sassi e l'acqua: materia dura e materia liquida

pittura, che crea strati solidi e tridimensionali e spessori di colore. Questa materia in evidenza non è né solida né liquida, bensì è “materia soffice”, perché di essa sono costituite le vernici. Tutto ciò che non è né liquido né solido fa spesso parte dei cosìddetti materiali soffici. La materia soffice è protagonista del nostro mondo quotidiano: nella plastica, di cui sono costituiti gran parte degli oggetti del nostro tempo, nel cibo, come gelato, yogurt e burro, nei segreti della bellezza, come nei cosmetici, saponi e detergenti, fino alla tecnologia, come i cristalli liquidi che usiamo nei nostri smartphone. Nel mondo alimentare, una tipologia di materia soffice ricorrente sono le dispersioni colloidali. Queste sono miscele in cui una sostanza si trova in

Mit hohlen Augen

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Mater(i)a soffice


Chiara Cardelli

Weiche Materie (Soft Matter)

Als Matter Painting wird im Englischen eine Technik bezeichnet, bei der die Beschaffenheit der Materie (engl. matter) beziehungsweise des Materials, aus dem das Gemälde besteht, entscheidend ist. Die Materie selbst, in diesem Fall die Farbe, wird zum künstlerischen Ausdrucksmittel und ragt reliefartig aus dem Bild heraus, wird also Teil jenes Raumes, der eigentlich den BetrachterInnen vorbehalten ist. Die KünstlerInnen stellen die Materie in den Mittelpunkt ihres Werks, und wir fragen uns: Woraus besteht diese? Was ist überhaupt Materie? In der Antike ging man davon aus, dass sie aus vier Elementen besteht: Erde, Wasser, Luft und Feuer. Heutzutage kann dagegen intuitiv alles als Materie bezeichnet werden, was eine Masse besitzt und Raum einnimmt. Zoomt man nun allerdings vor seinem imaginären Auge heran, bis die kleinsten Teilchen besagter Materie zu erkennen sind, wird klar, dass sie größtenteils aus Leerräumen besteht und das Konzept vom „Raum-Ein-

[12] Farben sind weiche Materie – CC0

nehmen“ ein flüchtiges ist. Für gewöhnlich präsentiert sich die Materie in ein- igen grundlegenden Aggregatzuständen, die sie je nach den Umgebungsbedingungen annehmen kann. Gängigerweise wird zwischen dem festen, dem flüssigen und dem gasförmigen Aggregatszustand unterschieden. Feststoffe, auch Festkörper genannt, sind fest, weil sie aus Atomen oder Molekülen bestehen, die durch verschiedene sehr starke Bindungen oder Wechselwirkungen zusammengehalten werden. Bei Flüssigkeiten sind die Wechselwirkungen etwas schwächer, bei Gasen so schwach, dass die Materie kein konstantes Volumen mehr hat. Die feste Materie in Matera ist das Gestein, auf dem die Stadt gebaut ist und in das ihre Häuser und Kirchen gehauen sind – die Sassi, die Höhlensiedlungen. Wasser, die flüssige Materie der Stadt, fließt zwischen und unter den Sassi und formt diese seit Millio-

[13] Matera, die Sassi und Wasser: harte und flüssige Materie

nen von Jahren. Die wichtigste Materie auf unserem Gemälde ist dagegen Farbe, welche feste, dreidimensionale Schichten und verschiedene Farbstärken entstehen lässt. Eine solche Materie, um die es in diesem Text geht, ist weder fest noch flüssig, sondern „weiche Materie“, weil die einzelnen Farben, die für das Bild verwendet werden, daraus bestehen. Alles, was

Weiche Materie (Soft Matter)

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L’Italia ha problemi di base a livello burocratico, anche senza rifugiati. Prendiamo questa stazione che, in pratica, è stata finita appena in tempo per i festeggiamenti finali, con una montagna di soldi. Era la capitale della cultura, c’erano fiumi di soldi che scorrevano, e poi, alla fine, che ne è venuto fuori. Hanno rimosso il sindaco per sostituirlo con il suo predecessore perché si era ribellato ad utilizzare i fondi dell’Unione europea per le cose giuste. Queste sono le storie che ho ascoltato lì.

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Il maggese, la potenza


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können. Italien hat viel mehr Flüchtlinge als Österreich.

Ferdinand Schmatz

Pro Hunderttausend hat Österreich einen höheren Satz als

Kanpai

Italien, aber Italien hat 60 Millionen Einwohner, hat einen Haufen Flüchtlinge, hat einen Haufen nicht registrierter Flüchtlinge, in den Städten ballt sich das so. Es gibt hier auch Ausländerfeindlichkeit, wenn man sich etwa die

Intervista a Ferdinand Schmatz, condotta da Stefanie Brottrager il 23 aprile 2020, per videochiamata a causa delle misure restrittive regionali, registrazione audio in possesso dell’autrice.

Demos anschaut, wo Nazis eine kurdische Demo gestört haben. Aber wir haben jetzt nicht Probleme, dass wir organisierte Probleme aufgrund von Flüchtlingen haben, die wir nicht mehr unterbinden können. Das ist auf einem ganz anderen Level in Italien. Ho portato il kumquat perché il Meridione fosse rappresen[…]

SB

tato in questa videochiamata.

Italien hat grundsätzlich auf der Ebene der Bürokratie

È proprio interessante, è stata telepatia, stavo per dire: hai

Probleme, auch ohne Flüchtlinge. Man sieht diesen Bahn-

messo anche la pianta.

FS

hof, der praktisch zur Abschlussfeier fertiggestellt wurde, mit einem Haufen Geld. Es war Kulturhauptstadt, was da

La pianta… l’alberello.

SB

für Gelder geflossen sind, und dann, was am Ende rausgekommen ist. Die haben den Bürgermeister abgesetzt und

La pianta, l’alberello. Cosa sono? Arance?

FS

durch den Vorgänger ersetzt, weil der sich geweigert hat, dass er diese EU-Gelder für die richtigen Sachen einsetzt.

Kumquat.

SB

Solche Geschichten habe ich dort gehört. Bellissimi. In verità sono amari, sono agrumi. Avremmo anche potuto

FS

SB

cominciare parlando di gusti e sapori perché i kumquat sono amari, appunto. Come un’arancia amara, ma si possono mangiare così, con tutta la buccia. Sì, ed è solo giù, in Italia, che ho imparato ad amare questo sapore amaro. Lì non manca mai l’amaro, il digestivo che si prende sempre dopo i pasti. Anche molte delle verdure, laggiù, sono sì amarissime, ma molto digeribili. Non ci si sente mai troppo pieni, non importa quanto si mangi, e si mangia tanto anche al Sud. Allora sono le condizioni ideali per l’arte o per il produrre

FS

in generale. Le amare condizioni ideali? Non essere pieni, ma comunque appagati. Forse appagati

SB

FS

è una parola troppo forte, ma percepirsi comunque, con

Die Brache als Potenz

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196 Kanpai


Ferdinand Schmatz

Kampai Interview mit Ferdinand Schmatz, geführt von Stefanie Brottrager, 23. April 2020, per Videotelefonie aufgrund regionaler Ausgangsbeschränkungen, Audioaufnahme bei der Autorin.

Ich habe extra den Kumquats hereingetragen, damit der

SB

Süden auch im Bild ist. FS

Du, das war interessant, das war jetzt Gedankenlesen, weil ich wollte sagen: Den Stock hast du auch hingestellt. SB

Einen Stock, einen Baum. Einen Blumenstock, einen Baum. Was ist das? Orangen?

FS

SB

Kumquats. Sehr schön.

FS

SB

Ist eigentlich bitter, also Zitrusfrucht. Wir hätten auch über die Geschmäcker anfangen können, weil diese Kumquats sind eben bitter. Wie eine bittere Orange, kann man aber mit Haut und Haar essen. Ja, und diesen bitteren Ge­schmack habe ich auch erst da unten, in Italien, lieben gelernt. Dort gibt es immer den Amaro, den trinkt man nach dem Essen. Und auch viel Gemüse, das sie da unten haben, ist sehr bitter und ist aber dafür umso bekömmlicher. Also man fühlt sich nie angegessen, egal, wie viel man isst, und man isst auch sehr viel im Süden.

FS

Na, das ist dann ein Idealzustand der Kunst oder des Pro­du­zierens. SB

FS

Der bittere Idealzustand?

Nicht voll sein und trotzdem befriedigt. Also es ist vielleicht zu viel gesagt, befriedigt, aber trotzdem mit Fülle

Kampai

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quella sensazione di pienezza, è uno stato davvero molto bello, direi. Pienezza è una parola che nel contesto mi ha… pieno come un vaso, ma la pienezza può anche essere qualcosa di astratto. E a questo punto passerei a parlare subito dello stato fluido. Per me, ad ogni modo, non si tratta di uno stato vero e proprio dotato di un inizio e una fine, ma ci sono sempre delle sezioni che formano una sorta di bacino in sé. Il fluido, il liquido, in sé stesso. Ed è qui che possiamo subentrare noi. Dapprima tutto scorre, scorre, scorre, ma nel momento in cui si mette piede nel fiume, c’è comunque un’onda che si frange, che bagna, che trascina. E credo che “fluido” sia una bellissima parola, non solo a livello metaforico per il processo artistico, ma forse, idealmente, anche per la vita. Questo bacino sarebbe uno spazio astratto, ovvero lo spa-

SB

zio dentro un vaso, ma senza vaso, per così dire? Semplicemente lo spazio di per sé, ammesso che esista? Esatto, mi hai tolto le parole di bocca, l’hai detto prima tu.

FS

Infatti, non è il recipiente. Il bacino. Cioè, non sto pensando a una piscina, a una vasca, o a cose del genere. È una differenza importante, perché questo sarebbe il vaso. Quindi è proprio l’acqua senza il cemento, o senza… Il vaso naturale che raccoglie l’acqua, se si vuol chiamarlo

SB

così, il lago o il mare che non sono appunto una piscina. Perché c’è sempre un immissario e un emissario, anche se non lo si può vedere o capire. Cioè, si può imparare, dal punto di vista delle leggi fisiche, come funziona il mare, ma non credo sia possibile capirlo come per esempio si capisce che 2 + 2 = 4. Credo, però, che questo sia già incluso nello stato liquido:

FS

allora, se vogliamo ragionare così, guardando il tutto da un punto di vista metaforico, 2 + 2 non fa mai 4 perché la somma non esiste. Più che altro esiste una serie di onde che si sovrappongono, che si infrangono, mettendo continuamente in discussione quelle unità, estendendosi, riducendosi, venendo anche meno, o gonfiandosi per dare forma all’alta marea. Allora questo non è proprio 2 + 2 = 4, ma 1 + 1 = 1. E quello che intendi quando parli del mare e del lago corrisponde di più a questo bacino, ovviamente, e nel contesto,

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sich spüren – das ist doch ein schöner Zustand. Fülle ist überhaupt so ein Wort, das mich in dem gesamten Zusam­ menhang … im Gefäß die Fülle, aber gleichzeitig kann die Fülle auch etwas Abstraktes sein. Und da komme ich vielleicht auch gleich auf das Flüssige zu sprechen. Also für mich ist flüssig eben nicht ein Zustand, der einen Anfang und ein Ende hat, aber trotzdem immer wieder Abschnitte, die eben ein Becken in sich selber bilden. Das Flüssige, in sich selber. Das ist da, wo wir einsetzen können. Vorher: Es fließt, es fließt, es fließt, aber in dem Moment, wo man in den Fluss steigt, ist zumindest eine Brandung oder ein Umspülen oder ein Weggeschwemmt-Werden. Und ich glaube, das ist eine sehr schöne, nicht nur metaphorische Bezeichnung für den Vorgang der Kunst, sondern vielleicht auch im Idealfall fürs Leben. SB

Ist dieses Becken so etwas wie der abstrakte Raum, also der Raum in einem Gefäß, jetzt mal ohne das Gefäß? Einfach nur mal als Raum an sich, wenn es das gibt? Genau, das hast du mir jetzt eher aus dem Mund genom-

FS

men, ohne dass ich es für mich so formuliert habe. Es ist genau nicht der Behälter. Das Becken. Also ich denke nicht an einen Swimmingpool, wo man sagt „Schwimmbecken“, oder so. Das ist schon wichtig, weil das wäre ja das Gefäß. Also es ist genau dieses Wasser ohne Beton, oder ohne … SB

Das natürliche Gefäß des Wassers, wenn man es so bezeich­ nen will, der See oder das Meer, das ist eben kein Swimmingpool. Weil da gibt es immer einen Zu- und Abfluss, auch wenn man ihn nicht sehen kann oder nicht verstehen kann. Man kann schon physikalisch lernen, wie das Meer funktio­ niert; aber verstehen, wie 2 + 2 = 4, wird man es, glaube ich, nicht können.

FS

Das ist aber, glaube ich, im Flüssigen ohnedies gut auch enthalten: Also diese Art von Logik, wenn wir das jetzt metaphorisch sehen, da ist 2 + 2 nie 4, weil es die Summe nicht gibt. Sondern es gibt eine wellenartige Überschneidung, Unterwanderung, Brechung, wo immer wieder diese Einheiten in Frage gestellt werden, sich erweitern, sich verkleinern, zum Teil verkümmern oder auswachsen zu einer Flut. Also das ist genau dann nicht 2 + 2 = 4, sondern

Kampai

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