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M E N S I L E D I D I V U L G A Z I O N E C U LT U R A L E
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La linea dell’Urcionio
Web radio: per saperne di più siamo andati a vederne due da vicino
Ansia, ombra dell’intelligenza umana
Il piccolo capolavoro di Maestro Fardo
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editoriale
N DECARTA Scripta volant Mensile di divulgazione culturale Numero 11 – Maggio 2014 Distribuzione gratuita Direttore responsabile Maria Ida Augeri Direttore editoriale Manuel Gabrielli Redazione Ilenia Boschi, Carlo Alberto Bianchini, Gabriele Ludovici, Claudia Paccosi, Martina Perelli, Paola Salvati, Elisa Spinelli Redazione web e photo editor Sabrina Manfredi Design Massimo Giacci Editore Lavalliere Società Cooperativa Via della Palazzina, 81/a - 01100 VITERBO Tel. 0761 326407 Partita Iva 02115210565 info@lavalliere.it Iscrizione al ROC Numero 23546 del 24/05/2013 Stampa Union Printing SpA Pubblicità 0761 326407 - 340 7795232 Foto di copertina Manuel Gabrielli I contributi, redazionali o fotografici, salvo diversi accordi scritti, devono intendersi a titolo gratuito. Chiuso in tipografia il 08/05/2014 www.decarta.it
on ho mai amato alzarmi presto la mattina, principalmente per un motivo solo, ho sempre preferito rimanere sveglio la notte. Da bambino non è mai stato per ribellione, solo adesso, che ho qualche anno di più, ho accettato questo fatto come una semplice inclinazione naturale. Come vale per quelle persone costrette a vivere dipendendo da un respiratore o un rene meccanico, anche io ho vissuto per anni “attaccato ad una macchina”, non è mai stato per un’insufficienza del mio corpo ma per mia decisione; infatti come tanti giovani della mia generazione ho passato quantità indefinibili di tempo davanti ad un computer, scambiando parole con persone che solo in rarissimi casi sono riuscito ad incontrare nel mondo reale. Nel corso degli anni le abitudini sono cambiate, non molto tempo fa è sopraggiunto in maniera provvidenziale un periodo di crisi che ha coinvolto ogni aspetto della mia esistenza. Dubbi esistenziali ed un accenno di depressione mi hanno costretto a camminare ogni notte verso una direzione non ben definita. Per mesi ho vagato in perfetta solitudine, ma almeno ero lontano dallo schermo, da una connessione internet e momentaneamente anche dai pensieri. Da subito sono diventato un assiduo frequentatore del centro storico, i vicoli di San Pellegrino sono oggi la mia nuova casa ed i frequentatori dei locali notturni nel giro di poco tempo sono diventati i miei nuovi amici.
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ono nato e cresciuto a Viterbo e posso dire che il vero cambiamento di questa città è visibile ogni notte nei locali notturni del centro storico, pieni di vita dopo la mezzanotte anche durante i giorni della settimana più insospettabili. La norma vuole però il giorno per lavorare e sbrigare ogni tipo di faccenda e la notte per dormire. Per questo motivo la cronaca locale parla spesso della vita notturna soltanto nei suoi aspetti più negativi e alcuni cittadini la considerano un’abitudine da estirpare come l’erba cattiva. Ho assistito quindi all’emanazione di ordinanze repressive di ogni tipo, sia sugli orari di lavoro sia sulla somministrazione degli alcolici; infatti questi ultimi, dopo una certa ora, è obbligatorio servirli in plastica e con gli stessi, durante il periodo estivo, non è consentito spostarsi dalle pertinenze dal locale. Se qualche persona è incapace di reggere l’alcol, non ha avuto una buona educazione e si mette a urlare e pisciare a ridosso della porta di casa di qualcuno, è giusto che ne paghino le conseguenze anche tutte le altre? Oltretutto “contribuenti” di una delle economie più dinamiche e vive della città? Le norme utilizzate fino ad oggi non hanno minimamente arginato il problema degli schiamazzi e dei vetri in giro, a testimonianza le recenti aggressioni compiute proprio con delle bottiglie. Sono però servite da alibi per quelle amministrazioni che non sono state in grado di garantire il controllo, che dovrebbe essere intelligente e costante, non repressivo e per riempire le casse. Un onesto cittadino notturno dovrebbe avere tutto il diritto di sorseggiare, direttamente dalla bottiglia e mentre passeggia, la birra che ha appena comprato. E con altrettanto diritto dovrebbe trovare tanti contenitori per il vetro, la carta e l’indifferenziato lungo le vie della città. Attualmente il ritiro dei rifiuti avviene una volta su tre. Forse chiedere dei nuovi cestini è chiedere troppo? Inviterei però concittadini ed amministratori a fare un giro dei locali ad orario di chiusura, per osservare il grande lavoro di pulizia degli esterni svolto dal personale e per rimanere impressionati dalla quantità di plastica generata dall’impossibilità di vendere il vetro dopo una certa ora. Lavoratori ed amici notturni, io vi conosco e vi chiamo per nome e questo editoriale è dedicato a voi. Manuel Gabrielli Presidente Lavalliere Società Cooperativa
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Il piccolo capolavoro di Maestro Fardo Orlando Samperi
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Storie di una libreria disordinata / 7 Claudia Paccosi
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Il piccolo capolavoro di Maestro Fardo Orlando Samperi | orlando.samperi@decarta.it - Foto di Manuel Gabrielli
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hiunque visiti, abiti, o semplicemente frequenti la città di Viterbo, non può fare a meno di capire quanta Storia ci sia all’interno delle sue mura, dei suoi portali e delle sue chiese. Insomma, diciamocelo: Viterbo non sarà storicamente e archeologicamente importante come Roma, ma nel suo piccolo è un gioiellino… Quello che però spesso ci manca è la curiosità. Per dirla in altre parole, si potrebbe tranquillamente leggere la storia di Viterbo e dei suoi monumenti con date e nomi annessi e annoiarsi a morte (come ben sanno i nostri liceali), oppure avere l’approccio curioso di un bambino, e cercare le vicende che si nascondono dietro (e dentro) la città, senza avere la pretesa di cogliere subito la Storia nella sua totalità. Eh sì, perché la Storia non è altro che un insieme di vicende minuscole che si intrecciano, si influenzano e si cambiano tra loro. Dunque, per parlarvi della chiesa di Santa Maria della Salute, partirò da una mattinata viterbese come tante, verso il 1313, momento in cui Viterbo viveva un periodo di prosperità ed espansione, durante la quale un uomo, un notaro chiamato Maestro Fardo di Ugolino, forte di un cospiquo patrimonio ereditato dai genitori e con uno spiccato senso civico, decise di investire i suoi soldi per offrire una possibilità alternativa alle povere ragazze che a suo modo di vedere erano DECARTA MAGGIO 2014
costrette dalla povertà a vendere il proprio corpo in cambio di denaro. A noi non interessa se lo abbia fatto perché era un perbenista, un filantropo o un femminista, ma le conseguenze di questa sua iniziativa erano destinate a cambiare il volto di Viterbo. Per prima cosa acquistò delle casette in via Valle Piatta, ossia la strada che scende a valle Faul passando davanti alle Poste centrali, e le trasformò in ricovero per prostitute pentite. Immaginatevi la sua soddisfazione in corso d’opera, l’orgoglio di sentirsi utile e buono, i compli-
menti dei clericali e del consiglio cittadino… e ora immaginatevi la sua faccia quando ricevette una missiva nella quale le ragazze interessate gli comunicavano (e qui possiamo quasi citare testualmente) di “preferire le gioie della carne e del peccato” e di voler continuare a fornire un importante servizio all’esercito imperiale e a quello papale. Pover’uomo! Che umiliazione. Per poter salvare almeno l’orgoglio, decise, nel 1320, di provare un’altra strada: fece innalzare in via della Pescheria, proprio a ridosso dell’ostello già costruito, una chiesetta, dedicandola a Santa Maria della Salute. Bisogna dire che non badò a spese, la chiesa venne eretta utilizzando materiali pregiati, manodopera specializzata e rinomata.
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a struttura tuttora mantiene una pianta quadrilobata, che ricorda quella di un cuore, decisamente una scelta unica per il tempo. La facciata è rettangolare, in stile gotico, rosa e bianca, e presenta una fascia superiore a losanghe. Ma quello che rende questa chiesa un piccolo gioiello è il portale. Maestro Fardo, secondo alcuni studiosi, approfittò della presenza di Lorenzo Maitani, che in quel periodo era impegnato a decorare la facciata del duomo di Orvieto, e lo reclutò per impreziosire la sua chiesa. Evidentemente in quel periodo il Maitani era ispirato, perchè il risultato del suo lavoro è delizioso: un 5
storia Santa Maria della Salute: una veduta d’insieme con l’ampio finestrone che si apre nell’abside; la volta quadripartita con le vele delimitate da archi di inquadramento a tutto sesto e, qui sotto, la pietra tombale con la figura scolpita di Maestro Fardo.
portale strombato, con pilastrini lisci e tortili, tutto in marmo, e incorniciato da 12 piccole sculture raffiguranti opere di Misericordia temporali e spirituali, ognuna racchiusa da un tralcio di vite. In cima al portale troviamo un Cristo benedicente e una Madonna, seduti in trono, ai quali una schiera di beati volge lo sguardo dal basso. L’interno, ornato da tele (ora restaurate e conservate dalla Fondazione Carivit) e affreschi (cancellati dal tempo), è poco luminoso, quasi intimo. Entrando si nota un altare in peperino, che ancora oggi conserva la reliquia usata per la sua consacrazione, e un tabernacolo con fregi oramai corrosi. La luce entra da una bella finestra sopra l’altare, che però è solo una copia di quella originale, distrutta nei bombardamenti della seconda guerra mondiale. Ma se volete ammirare frammenti della finestra originale, sono oggi collocati sopra il portale d’ingresso. Gli oggetti preziosi quali i candelabri dell’altare sono oggi esposti al Museo del Colle del Duomo.
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nsomma, Santa Maria della Salute era una vera e propria opera d’arte, una gemma che impreziosiva il centro della città. Maestro Fardo non 6
avrebbe potuto esserne più orgoglioso! E già che c’era mise questa santa struttura a disposizione sia delle orgogliose prostitute, sia degli ebrei che avessero avuto la volontà di convertirsi. Come potete immaginare, la chiesa rimase vuota per lungo periodo. Quattro anni dopo, nel 1324, decise di abbandonare l’impresa. Bisogna dire che comunque per 15 anni perseguì il suo ideale, nonostante le delusioni e le spese altissime; a trovarne oggi di persone così, forse avremmo delle strade con vero asfalto, e tombini che funzionano... Ma i tempi cambiano, e anche le persone, così persino il nostro Fardo si dedicò a qualcosa di più soddisfacente, e costruì sui Cimini l’Ospedale del Monte, per tutti i poveri e i pellegrini che transitavano per la via Francigena. E finalmente ebbe il meritato riconoscimento e successo. Gli bastò allontanarsi appena da Viterbo per riuscire a realizzare i suoi sogni. Chissà se qualche maligno potrebbe intravedere qualche similitudine con i giorni nostri. Il Maestro Fardo da Ugolino, rappresentante della Congregazione dei Notai, era anche un uomo con il cuore romantico; non dimenticò mai la sua chiesa, anzi decise di farvisi seppellire e
nel 1348, giunta per lui l’ora, venne posto sotto una lapide di marmo che aveva fatto mettere proprio al centro della chiesa, dove ancora è conservata. E come ultimo atto di amore, fece sì che la sua lapide fosse di rozza fattura, per rendere ancora più evidente la grazia e la bellezza della sua piccola, amata chiesetta.
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e oggi possiamo ammirarla nel suo splendore, dobbiamo ringraziare innanzitutto l’Ordine degli avvocati di Viterbo, cui appartiene, poi l’associazione onlus Archeotuscia, che ha restaurato sia il portale che l’edicoletta esterna, e che ha eretto una recinzione a protezione dell’ingresso in tutto uguale a quella che c’era in origine. Una targa, posta dall’associazione Amici dei Monumenti sul retro della chiesa, quindi sulla strada di fronte alle poste centrali, ci racconta in breve cosa stiamo guardando. A chi passa lì davanti oggi, indaffarato, o addirittura nervoso, per andare alle Poste centrali, a lavoro o dagli amici, questa piccola chiesa cerca di narrare una storia, bisogna solo avere la curiosità di fermarsi per un istante ed ascoltarla.
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Non chiamatemi autoscatto Una moda dilagante non solo tra i giovani. Martina Perelli | martina.perelli@decarta.it
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e lo chiami autoscatto c’è qualcosa che non va: o sei stato risparmiato da questa dipendenza dilagante o vivi in un’isola sperduta senza l’accesso ad Internet, senza smartphone, senza app. O semplicemente, come è probabile che sia, hai di meglio da fare che “spararti pose”. Che poi non è che chi lo fa non sappia o non voglia far di meglio, è solo che forse la questione è andata un po’ oltre e fior fior di antropologi immagino siano alle prese con le più disparate teorie. E se non sanno rispondere loro figuriamoci cosa posso dire io sulla selfie mania che ha preso tutti, al di là di età, gerarchie sociali, situazioni e abitudini. “Selfie”, una parolina di appena sei lettere che qualsiasi utente dei social network conosce bene. Di selfie si parla così tanto che l’Oxford English Dictionary ha pensato di inserirlo tra i suoi lemmi definendolo “A photograph that one has taken of oneself, typically one taken with a smartphone or webcam and uploaded to a social media website” (una fotografia che uno soggetto scatta a se stesso, generalmente con uno smartphone o una webcam e che viene caricata su un social media). L’importante è che venga caricato, sennò che selfie è? Ecco, quello che colpisce è come tutto ciò che non viene pubblicamente esposto sembra non esistere. Il selfie è
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tale in quanto pubblico, se non lo fosse resterebbe una foto fatta per provare la macchina, l’obiettivo, l’angolatura. Una semplice prova fatta su se stessi e non degna di nota. Ma se è pubblico tutto cambia, si fa strumento di comunicazione, si presta a mille usi e fini: si “autoscattano” i politici per far vedere quanto sono easy, le celebrities per mostrarsi in ogni momento ai propri fan, le fashion blogger per dettare moda anche quando non c’è nessuno ad immortalarle. E poi noi, i comuni mortali: non c’è adolescente che ne sia esente, i più burloni coinvolgono nonni e familiari e li “schiaffano” lì su internet. E quelli sono per lo più ignare vittime, diciamolo. Che poi, a distanza di anni, tutta questa esposizione al mondo come ci si ritorcerà contro? Questa sovraesposizione dell’immagine qualche vittima dovrà pur farla.
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la fa, eccome se la fa. Il solo dipendere da un obiettivo può sembrare una punizione, ma di più lo è l’uso che chiunque può fare di ciò che è pubblico. La foto pubblica si presta al pubblico uso, abuso, cattivo uso. E si tratta pur sempre delle nostre immagini, quelle stesse immagini che forse, tra qualche anno, avremmo preferito tenere per noi. Meditate, giovani, meditate:
siete giovani e belli anche senza selfie e, udite udite, la pratica non è neanche così innovativa se pensiamo che il primo autoscatto risale agli inizi del Ventesimo secolo quando, una giovanissima Anastasia Romanova, granduchessa e quartogenita dello zar Nicola II di Russia, prese il suo apparecchio fotografico e si immortalò allo specchio. Da allora il selfie ne ha fatta di strada: dalle improbabili foto allo specchio scattate nei bagni delle proprie abitazioni alla fotocamera frontale degli smartphone pronti a regalarci quello che sarebbe stato un vero strumento di perdizione. La perdizione sancita e legittimata da Instagram, e su questo mi fermo perché anche qui ci sarebbe un mondo su cui discutere. D’altronde, tutto quello che è fatto con leggerezza e in leggerezza e non nuoce ad altri può andar bene, e se si autoscattano i grandi divi alla notte degli Oscar 2014 e addirittura Obama, cosa ci sarà di tanto malefico? Magari lui lo fa perché i sondaggi dicono che la sua figura ci guadagnerebbe e noi solo per quel velo di narcisismo che non nascondiamo tanto bene, ma il risultato è quello: dei faccioni ripresi alzando il braccio, sorriso o sguardo ammiccante, giusta inclinazione dello smartphone ed è fatta. Allora andate e “selfatevi” tutti, ai posteri l’ardua sentenza. 7
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La linea dell’Urcionio Uno sguardo approfondito sul Progetto PLUS Lazio vinto per Viterbo. Elisa Spinelli | elisa.spinelli@decarta.it
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n questi tempi caotici è difficile credere nel cambiamento, soprattutto in quello che è proclamato a parole. Durante le elezioni amministrative del 2013 i candidati si sono sfidati proprio su questa parola: CAMBIARE, ovviamente in positivo. Qualcosa stava già cambiando in città. Spesso, noi cittadini ci accorgiamo che la terra sotto i nostri piedi si sta modificando, ma non riusciamo a vederne un senso, un fine. Da pochi mesi a questa parte via Genova è stata in primo piano per molte lamentele e incomprensioni dovute ai lavori di riqualificazione che la riguardano. La via, infatti, fa parte di un progetto molto ampio finanziato dal Fondo PLUS – Piano Locale Urbano di Sviluppo – Lazio (13 milioni e mezzo di euro stanziati dall’Unione Europea). Abbiamo incontrato Giulio Marini, sindaco di Viterbo dal 2008 al 2013, che con la sua 8
Giunta e collaboratori ha ideato in ogni sua parte il progetto vincitore, per comprendere nella sua interezza la Viterbo futura. «In me ha prevalso lo spirito di modernizzazione della città; infatti, da tanti anni si parlava di un progetto di riqualificazione, rimasto però solo a parole. Ricordo nel 2009 il saluto che il Santo Padre, Benedetto XVI, fece al Colle del Duomo. In quel momento ho immaginato una città diversa: collegata armoniosamente tra suoi punti nevralgici, il più importante dei quali è la Valle di Faul». Così Giulio Marini riassume la sua convinzione progettuale. «Entro il 2015 Viterbo sarà una città diversa: la Valle di Faul sarà il punto di accoglienza centrale. Tutto in questo Piano è giocato sull’accoglienza e la ri-
qualificazione della vita quotidiana. I lavori prevedono, infatti, la realizzazione di un parco urbano e un centro servizi proprio in Valle di Faul. Il progetto originale prevedeva in questa zona, grazie alla sua conformazione scoscesa, anche la realizzazione di una Cavea – una zona spettacoli con anfiteatro e gradinate – al momento esclusa dal progetto esecutivo. Nel Piano, inoltre, è previsto anche un parcheggio esterno a Porta Faul, che permetterà la sosta di bus turistici ed auto private. Le persone saranno accolte così proprio dalla Valle di Faul riqualificata, dove c’è anche il punto iCult – l’ex mattatoio riconvertito – e l’ex gazometro, anch’esso a breve oggetto di recupero. Ma non è finita: perché proprio ai piedi del Colle del Duomo saranno realizzati due ascensori di collegamento tra il centro storico e Valle di Faul. Salendo, invece, verso il Sacrario si accederà ad un DECARTA MAGGIO 2014
“urban center espositivo” proprio dove ora sorge – ancora per poco tempo – la pensilina degli autobus».
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l progetto finanziato dal PLUS Lazio è davvero ampio, infatti, l’ex sindaco prosegue a spiegare e illustrare: «All’interno del Colle del Duomo avverrà il recupero degli scavi archeologici del Palazzo di Vico – di proprietà dell’amministrazione comunale – che si trova davanti all’Ospedale Vecchio. Proprio in quel punto c’è un altro collegamento che conduce a piazza del Gesù: ovvero nel cuore medioevale della città e nella prima parte della Viterbo Sotterranea. Si tratta di un progetto organico, che eventualmente potrà essere ampliato all’interno del centro storico. Non per altro, il progetto si chiama: Viterbo nel centro storico». Anche i lavori iniziati in via Genova, ormai in fase di conclusione, fanno parte del Fondo PLUS Lazio. Giulio Marini, ci racconta l’idea: «È la parte del progetto più facile da realizzare, soprattutto dal punto di vista dei lavori strutturali, pensando, invece, alla complessità della realizzazione degli ascensori sotto il colle del Duomo, che già in fase progettuale ha avuto un iter molto complesso in quanto area di pregio ambientale e paesaggistico. Per quanto riguarda via Genova: si pensa troppo spesso solo alle
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auto e meno ai pedoni. In quella via si perderanno solo 8 posti auto, e la zona è - comunque - servita dai parcheggi. Si stanno realizzando, invece, due marciapiedi alberati che permetteranno ai pedoni di arrivare direttamente al centro. È un cambiamento innovativo e sostenibile della città».
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a valle dell’Arcionello, che inizia proprio in via Genova, fa parte di questo grande progetto PLUS; infatti in prospettiva c’è la definizione di una Riserva Naturale dell’Arcionello collegata architettonicamente con la valle di Faul. Conclude Marini, dicendo: «La riqualificazione via Genova-Arcionello è lineare a quella di via Marconi. Infatti, sotto questa idea progettuale c’è la linea dell’Urcionio, che attraversa l’Arcionello fino alla parte esterna della Valle di Faul. Il nostro progetto ha ricevuto i fondi perché prevedeva la realizzazione di un collegamento architettonico-naturalistico di queste due aree verdi insieme al recupero del centro storico». Per chi ha visto il film Il Codice Da Vinci, consentiteci un libero adattamento del finale: “Sopra l’antica Linea dell’Urcionio, il santo Graal del cambiamento ci aspetta: adornando le opere dei tempi andati. Leone e Palma sorvegliano la città, che riposa, infine, sotto cieli stellati.”
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Web radio: per saperne di più siamo Gabriele Ludovici | gabriele.ludovici@decarta.it
Radio Freedom Mind
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rima dell’intervista ho l’occasione di entrare nello studio di Radio Freedom Mind nel mezzo di una trasmissione in cui due speaker e un dj si stanno dilettando davanti al microfono ad intrattenere gli ascoltatori. Tra una canzone e l’altra, nel finale i due speaker lanciano una Top 5 delle applicazioni per cellulare più inutili, tra le quali ne spicca una che riproduce il rumore di una scala mobile. Sono dentro da poco ma rimango subito colpito dall’atmosfera che si respira in questo studio costruito dagli stessi membri che compongono il progetto. Si stanno divertendo, e sicuramente ciò verrà percepito anche da coloro che si sono posti all’ascolto o scaricheranno il podcast. Radio Freedom Mind appartiene alle emittenti di nuova generazione, che producono contenuti usufruibili unicamente dal web, sia live che attraverso il download. Ho l’occasione di parlare con Gabriele Mazzetti (cofondatore e responsabile della gestione degli sponsor), Samuel Schiaffino (che cura i rapporti con terzi) e Stefano Taglia (che pianifica i palinsesti). «Si tratta di un progetto giovane – mi raccontano – nato nel 2011 come idea di Gabriele che sentiva l’esigenza di aprire una radio, ed alla fine è riuscito a coinvolgere tante persone. Viterbo è una realtà piccola, ma ci stiamo espandendo». Radio Freedom Mind non riceve investimenti esterni, ma poggia sull’impegno di coloro che ne fanno parte, i quali affermano che 10
in qualche modo sarebbero riusciti comunque a trasmettere le loro passioni. Una delle cose che più colpisce di questa radio infatti è la varietà: oltre alla musica, ci sono programmi di tutti i tipi, che rispecchiano gli interessi di coloro che decidono di collaborare.
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ornando alla storia della radio, dovete sapere che inizialmente tutto si svolgeva a casa di Gabriele, con gli imprevisti che possono capitare ad una produzione domestica. Ma tra l’amatoriale ed il professionale entra in gioco la manodopera: «Ci definiamo una radio di muratori, per costruire lo studio infatti abbiamo dovuto pure tirare su un muro. Alla fine eravamo così esperti che per racimolare fondi ci siamo messi a fare i manovali per davvero!». La risposta del pubblico è stata in costante aumento: «Da quando abbiamo iniziato a fare programmi in maniera più professionale siamo riusciti ad arrivare a circa 1.300 ascolti settimanali di media. Ora mandiamo in onda sedici trasmissioni ed il nostro obiettivo è quello di coprire un palinsesto di 24 ore. Vorremmo anche un locale nuovo, perché questo inizia ad andarci stretto, ed in programma abbiamo anche la collaborazione con un’emittente televisiva e l’organizzazione di eventi». La radio ad esempio ha già collaborato alla realizzazione del Glitter Music Contest promosso ed organizzato qualche mese fa da MVM Concerti. I ragazzi di Radio Freedom Mind
hanno la propria storia personale nell’approccio col mondo radiofonico: ad esempio Gabriele da bambino viaggiava molto per motivi di lavoro del padre, e la radio fungeva da compagna di avventure. Dietro la scelta di avviare un progetto simile c’è però anche una grande consapevolezza: «Freedom Mind è nata per colmare un vuoto. A livello nazionale e non solo locale, il futuro sono le web radio ed in giro ce ne sono poche. Anche le grandi emittenti hanno iniziato a pubblicare i podcast e l’FM è destinato a sparire. Ci ispiriamo a Radio Deejay nel periodo in cui invece l’FM era la novità: senza fondi loro seppero muoversi nella certezza che di lì a poco le radio avrebbero avuto un grande successo».
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l merito dei ragazzi di Radio Freedom Mind è stato proprio quello di capire che l’indirizzo del mondo delle radio era quello che portava dritto al web, senza però dimenticare il contatto con le persone. Tra i nuovi programmi spiccano infatti quelli realizzati dagli studenti universitari del Disucom, nati al termine di un progetto realizzato in collaborazione con il prof. Giovanni Fiorentino (docente di Sociologia della Comunicazione presso l’Università della Tuscia). Non ci resta dunque che augurare ai nostri manovali-radiofonici il meglio per il futuro: vi invitiamo ad ascoltarli dal sito radiofreedomind.com e contattarli su Facebook (facebook.com/RadioFreedomind) e Twitter (@freedomindradio). DECARTA MAGGIO 2014
andati a vederne due da vicino
Radio Rock.to - The Original
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na delle radio più interessanti che potrete trovare in circolazione su internet è Radio Rock.to - The Original, una pod radio che permette di ascoltare i programmi tramite il download di un podcast. Si tratta di una delle prime realtà che hanno affrontato il passaggio tra FM e web, nascendo come scissione da una radio tradizionale. Ho l’occasione di parlare con Francesco “Franz” Andreani, fondatore e coordinatore delle attività di Radio Rock.to: «Il nucleo di questa radio è nato da una costola di coloro che nel 1984 fecero partire il progetto di Radio Rock in FM, decidendo poi di intraprendere una rotta differente. Il concetto di base rimane però lo stesso, ovvero quello di concepire il rock come musica da ascolto alla pari degli altri generi e di proporre più musica e meno parole da parte dei conduttori. Radio Rock aveva già iniziato a cambiare nella metà degli anni ’90, quando il nucleo fondatore andò via quasi per intero; l’avvento delle nuove tecnologie e della banda larga ci permise di iniziare a concepire una radio basata sui podcast». I progressi della tecnologia hanno reso facile effettuare un download, aumentando il potenziale della pod radio: «L’evoluzione di servizi come Spotify ed iRadio ha portato dei cambiamenti. Il vecchio concetto di radio ha subito un ridimensionamento, anche grazie ai social network. Noi proponiamo un conduttore al giorno con il suo programma: non è una novità, ma ci rendiamo conto che in giro sono in pochi ad offrire questo». Puntando sui pro-
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grammi registrati, il rapporto tra conduttore ed ascoltatore assume una forma nuova, in cui gioca un ruolo fondamentale l’abilità del podcaster nello scegliere la musica giusta e nel saperla presentare bene: «Il conduttore deve essere bravo a stimolare la curiosità, in modo da spingere l’ascoltatore a documentarsi autonomamente, senza quindi proporre una pappa fatta».
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a squadra di Radio Rock.to è numerosa e si basa su assiomi condivisi da tutti: «Tra i nostri podcaster ci sono differenze di età ed è una scelta precisa: alcuni di loro hanno il proprio bagaglio di esperienza, e qui da noi hanno la fortuna di aver trovato delle persone cui passare il testimone, mantenendo la coerenza di uno stile non didascalico, ritmato ed attento a legare bene i brani. Si cerca di trovare un filo conduttore tra generazioni diverse, pur mantenendo vivo quell’eclettismo che permette a ciascuno di coltivare un approccio con il quale presentare le canzoni». L’estate è alle porte, e per Radio Rock.to sarà l’occasione per seguire numerosi concerti che verrano svolti nella nostra zona. Inoltre, da cinque anni l’emittente è partner del festival estivo Voci per la libertà, promosso da Amnesty International e che vede la partecipazione di brani dedicati al concetto di libertà. A far parte della giuria c’è un membro della tribù radiofonica di Franz, ovvero Marco Cavalieri. La prossima
stagione, che inizierà in autunno, vedrà Radio Rock.to impegnata verso qualche adeguamento tecnologico che permetterà una maggiore interazione con i dispositivi portatili.
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ranz Andreani è un veterano della radio. Il suo amore verso questo strumento inizia nei primi anni ’70, quando riesce a mettere le mani sul suo primo radioregistratore: «Ho sempre avuto la passione per la musica e per quel genere di radio un po’ misteriosa, in cui non si vedono le facce dei conduttori e l’approccio risulta più diretto». Franz guarda con interesse al futuro delle radio, esplorandone le dinamiche a 360°: «Negli anni ’80 ascoltavamo band come i Camper Van Beethoven, che si fecero notare mediante i passaggi nelle radio dei college americani. All’epoca non avevamo i mezzi, ma oggi possiamo ascoltare su internet le radio dei college – e di tutto il mondo – e scoprire come siano divertenti e facciano incuriosire, a differenza di tante radio italiane che puntano su poche hit e molto gossip. Io mi auguro che le connessioni in futuro siano sempre più accessibili, per sfruttare al massimo il potenziale delle radio». La nostra intervista si conclude, e torno a visitare il sito radiorock.to sfogliando le varie sezioni dedicate ad ogni podcaster. La radio come mezzo di comunicazione di massa è un concetto che tra qualche anno compierà un secolo, eppure vi stiamo mostrando come sia più vitale ed innovativo che mai. 11
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Storie di una libreria disordinata / 7 Viaggio d’inverno: l’Italia vista con gli occhi di un austriaco. Alla scoperta di un autore ancora poco conosciuto qui da noi. Claudia Paccosi | claudia.paccosi@decarta.it
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a piccola libreria itinerante, composta di una decina di libri, ha viaggiato avvolta da maglioni, calzini e sciarpe in una grande valigia blu. I suoi ospiti hanno visto aeroporti, jeep impolverate, un cane troppo curioso, una comoda ed elegante scrivania in pelle e infine di nuovo le pareti di una valigia disordinatissima, dove regali, cioccolata e penne si mescolano ad un taccuino, un dentifricio ed uno specchietto, non riuscendo più a sopportarsi a vicenda. In questo caos il mucchio di libri ha viaggiato, è stato sfogliato, aperto e a volte un po’ maltrattato per la fretta, senza però mai venir perduto o dimenticato su una panchina al parco o sul sedile di un treno. La piccola libreria che ha viaggiato attraverso Vienna e che continuerà a spostarsi anche nel prossimo mese ha avuto come ospite una grande famiglia che parla una lingua straniera. Sono i libri di Gerhard Roth, autore austriaco vivente molto famoso e apprezzato nella sua terra e invece ben poco conosciuto in Italia. I libri su di lui e di lui erano veramente tanti, alcuni hanno trovato difficoltà a comunicare con quelli italiani, due di loro invece, i gemelli sempre vivaci e burloni della famiglia, sono riusciti a scambiare quattro chiacchiere con gli italiani, poiché erano stati tradotti. Seppur con un accento particolare e molto nordico infatti hanno cominciato a chiedere notizie sull’Italia ai loro compagni di viaggio. I due fratelli sono Viaggio d’inverno e Il lago. Entrambi i romanzi sono frutto di traduzioni recenti delle edizioni austriache dell’autore Gerhard Roth. Roth è molto noto in Austria per i grandi romanzi che scrive, alcuni dei quali sono ormai diventati classici per la scuola. Durante la sua carriera ormai lunga ha toccato ogni tipo di arte, dalla scrittura, 12
alla fotografia, al cinema, per rappresentare il mondo della sua mente e, spesso, per scoprire il nascosto e invisibile nei luoghi più affollati e visitati al mondo, come, ad esempio, la città di Vienna. Viaggio d’inverno è la storia di Nagl, maestro di scuola, che intraprende un viaggio proprio nella nostra penisola, per sfuggire alla sua quotidiana vita noiosa e, attraverso un viaggio itinerante, e in parte anche nella sua sessualità, scopre i luoghi dell’Italia, le città della ridente penisola mediterranea, con gli occhi di un austriaco. La nostra tanto familiare patria risulta agli occhi di uno straniero totalmente diversa ed esotica, un rifugio dal grigiore della vita di ogni giorno in una città del nord, dove il sole sembra non spingere mai i suoi raggi e il calore scaldare l’ambiente. Il romanzo è interessante perché illustra, come già un tempo aveva fatto Stendhal con Roma, Napoli, Firenze la nostra terra vista dagli occhi di chi non la vive. Terra amata da tutto il mondo tranne che, forse, proprio dai suoi abitanti che non ne conoscono, apprezzano e preservano le ricchezze. Il lago è invece un romanzo in cui Roth costruisce un giallo sul lago Neusiedl, in Austria, sulla scomparsa di un padre, assente nella vita di suo figlio, eppure ultimo appiglio, collegamento, con i luoghi d’infanzia. Il romanzo di Roth,
come molti altri che non sono stati tradotti in Italia, attraverso il genere letterario del giallo, vuole però trasmettere il grande messaggio che popola tutto il suo lavoro e la sua letteratura. Infatti intende sottolineare e mostrare gli effetti del nazionalsocialismo e degli orrori della seconda guerra mondiale sulle generazioni successive a quelle che hanno vissuto la guerra. Per non dimenticare e ricordare che il passato non scompare, come per molti anni le istituzioni e la politica di alcuni paesi, specialmente fra Austria e Germania, avrebbero desiderato, ma rimane, scorrendo fra le menti di chi ne ha solo il ricordo, di chi lo ha studiato a scuola o di chi visita un campo di concentramento, come una consapevolezza dura e aspra del male che avvolge il mondo e l’uomo. Leggere romanzi di grandi autori esteri e conoscere, anche attraverso case editrici meno conosciute, cosa accade nel resto dell’Europa e cosa l’Europa pensa del nostro Paese dovrebbe essere prerogativa del grande conglomerato di nazioni che siamo diventati. Per conoscere le altre nazioni, sostentare economicamente la cultura e far crescere le nuove generazioni con un bagaglio di conoscenze più ampio e cosmopolita, dove libri spagnoli, francesi, tedeschi e italiani si mescolano ritrovandosi insieme nelle librerie di ciascuno e non solo in una piccola, disordinata libreria viaggiante.
Gerhard Roth Viaggio d’inverno Tit. orig. Winterreise - Trad. di L. Bani Lubrina Editore, 2001 - pp. 364 ISBN 978-8877662385
Il lago Tit. orig. Der See - Trad. di E. Picco Marcos y Marcos, 1999 - pp. 168 ISBN 978-8871682365
DECARTA MAGGIO 2014
NERDubbio
digitale
You are a pirate! Delucidazioni sulla pirateria: don’t try this at home. Carlo Alberto Bianchini | alberto.bianchini@decarta.it
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i è mai capitato di scaricare un film illegalmente? Allora siete dei pirati. Preferite invece vederlo in streaming? Allora penso siate ben altro. Perché? Teoricamente sono entrambe azioni che violano il copyright, ma sono le conseguenze a fare la differenza. Ricordate eMule? Era, ed è ancora, un sistema peer-to-peer (p2p), cioè ogni nodo (PC) che si connette alla rete diventa sia client (chi usufruisce un servizio) che server (chi offre un servizio), quindi tutto quello che scaricate viene automaticamente condiviso con altre persone alla ricerca dello stesso materiale che a loro volta potrebbero avere ciò che state cercando. È uno scambio equo, continuo, vi permette di avere il contenuto sul proprio pc, è tutto questo che vi rende pirati, siete voi stessi a salpare su una nave e portare a bordo i tesori rubati alla regina. Invece lo streaming? Beh è indubbiamente più semplice, andate su un sito e schiacciate play, fatto. Differenza? Tutti i contenuti stanno in pochi server, che non hanno spazio infinito, quindi si prediligono le ultime uscite rispetto a materiale vecchio, la qualità è inferiore, inoltre per mantenere questi server qualcuno la bolletta la deve pur pagare, e lo fate voi installando virus che rivendono le vostre informazioni o che cercano di truffarvi in qualche modo: mai visti i software che vi dicono “avete
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duemila errori nel pc, per ripararlo pagate TOT”? Ecco quelli, sempre se non si fingono la polizia che vi vuole multare. Ma c’è un altro effetto indesiderato, ben più grave. Dato che i contenuti illegali sono tutti su dei server conosciuti, sono esposti alle navi del reame, pronte per sequestrare quando meglio credono. Il caso MegaVideo chiuso dall’FBI è l’esempio più eclatante. Una volta chiuso il server che fate? Nulla, perché stava tutto lì. In pratica centralizzando il sistema, questo è facilmente attaccabile, i tesori della regina insomma non sono in alto mare, ma stanno appena fuori il castello, e c’è pure un bel cartello con scritto “qui tesori rubati!”, non siete pirati, siete ladruncoli, e pure un po’ polli.
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llora che fare? Ovvio salpare, usare un p2p. Certo, eMule è lento, ma ha i suoi buoni motivi! Primo quando lo usate condividete TUTTA la vostra musica e i vostri film, i materiali sono cosi tanti che per gioco forza la richiesta sarà più varia, quindi ci vorrà più tempo per condividere tutto. Secondo, spesso non lo si configura bene, e questo è un problema per il suo motore di condivisione, che rappresenta il terzo motivo: quest’ultimo è vecchio, concepito con una visione antica della rete, ma è comunque possibile modificarlo ed ecco che raggiungerebbe le prestazioni
del suo figliastro BitTorrent. A proposito di BT, esso funziona scaricando da un sito dei piccoli file chiamati torrent, che contengono le informazioni su quello che volete scaricare, il programma le usa per trovare chi ha quel contenuto che volete. Anche questo è un vero software da pirata, ma non è perfetto, condivide pochi contenuti alla volta, e per questo vecchi file tendono a non essere più condivisi, inoltre bisogna sempre usare un sito per cercare i torrent, oscurabile dalle autorità o con le stesse insidie dei siti di streaming (virus). Ma non disperate, il protocollo è in piena evoluzione, e tra non molto ci saranno soluzioni a queste carenze, infine, gli sviluppatori stanno sperimentando una modalità che predilige il download della parte iniziale dei file, per avere da subito la possibilità di vedere un film mentre lo si sta scaricando. Un esempio (con le dovute eccezioni) è Time 4 Popcorn: offre una libreria video pronta alla visione, basta cliccare su quello che si vuole vedere e comincerà il download attraverso BT, e allo stesso tempo lo condivide, peccato che come lo si chiude, tutto quello scaricato verrà cancellato, con buona pace dei propositi di condivisione. Insomma anche i pirati hanno un codice morale, meglio condividere che avere tutto subito a disposizione, se non si segue questa via, essa è destinata a morire.
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salute
psicologia
Ansia, ombra dell’intelligenza umana Conoscerla prima che sfoci in uno stato patologico. Paola Salvati | paola.salvati@decarta.it
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a crisi finanziaria che sta investendo la nostra epoca, intesa come una congiuntura economica negativa riguardo produttività, potere dei salari, occupazione e stato sociale, comporta delle conseguenze in termini di diminuzione del benessere e della qualità della vita, dove non addirittura di impoverimento e di rischio per la sussistenza stessa della comunità ma anche e soprattutto dell’individuo, ingenerando un continuo e talvolta irrazionale stato di allerta tra la gente che può essere riassunto in una sola parola: ANSIA. L’ansia può essere descritta come una naturale reazione ad una minaccia non ancora ben definita, alla quale subentra la paura quando invece il pericolo assume dei contorni precisi. L’ansia crea uno stato di tensione, di “mobilitazione” nell’individuo che la sperimenta, con manifestazioni sia fisiche (come insonnia, aumento del battito cardiaco, sudorazione eccessiva) sia psicologiche (come sopravvalutazione della minaccia, attenzione sproporzionata ai segnali di pericolo, pensieri pessimistici, incapacità di rilassamento). Se tali disturbi vengono 14
attualmente riscontrati nella maggior parte della popolazione, è inevitabile correlarli al momento di difficoltà che la nostra comunità vive a causa di una progressiva ma inesorabile diminuzione della possibilità di far fronte economicamente anche ai più elementari bisogni quotidiani, che si traduce in molti casi in disagio psicologico e senso di inadeguatezza. Provare questa sensazione di incertezza, di insicurezza nei propri mezzi non rappresenta unicamente una difficoltà materiale giornaliera ma un depauperamento nella propria prospettiva di realizzazione personale ed una minorazione nella capacità di pianificazione del futuro, per sé e per le persone affettivamente vicine. Il clima di precarietà, reale e percepito, può far vacillare la sicurezza in sé stessi e nelle proprie abilità, non solo in chi si appresta con enorme fatica ad entrare nel mondo del lavoro, ma anche in chi vede messa a rischio la propria occupazione, con la prospettiva di essere professionalmente emarginato in maniera pressoché definitiva se appartenente alla fascia di età compresa fra i 50
e i 60 anni. Questo effetto è mantenuto, se non alimentato, da una continua e massiccia reiterazione nell’esposizione di avvenimenti negativi di carattere socioeconomico ad opera dei media (talk show, telegiornali, notiziari web e quant’altro).
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uò sembrare che la crisi abbia generato una popolazione di nevrotici; in realtà l’ansia, come si diceva precedentemente, è una risposta innata e universale e solo in soggetti particolarmente sensibili può sfociare in uno stato patologico. L’ansia può sorprendentemente rivelarsi motore delle nostre azioni, unitamente all’eustress (cioè lo stress indispensabile alla vita che permette di reagire in modo costruttivo agli stimoli che ci provengono dall’ambiente esterno, opposto al distress, lo stress generato da situazioni complesse, perduranti nel tempo di fronte alle quali viene meno la capacità dell’organismo di adattarvisi). Filosofi, psicologi e psichiatri sostengono che l’uomo non può vivere senza l’ansia. Alcuni studiosi ritengono che DECARTA MAGGIO 2014
essa abbia una valenza difensiva; per altri è invece parte integrante della natura umana; altri ancora gli attribuiscono un ruolo preminente nella capacità dell’uomo di adeguarsi al mondo e di fare progetti per il futuro. A sostegno di questa visione positiva dell’ansia, si riporta il pensiero di Howard S. Liddell, psicologo americano del xx secolo: “La funzione programmatrice del sistema nervoso, nel corso dell’evoluzione, ha raggiunto il suo culmine con la comparsa delle idee, delle virtù e delle gioie: manifestazioni, cioè, che caratterizzano l’uomo come essere sociale. Lui, solo lui, può fare progetti per un futuro remoto e provare piacere per le affermazioni del passato. Lui, solo lui, può essere felice. Ma lui, solo lui, può concepire sentimenti di preoccupazione e di ansia. Da tutto ciò sono arrivato a credere, che alla pari dell’ombra che accompagna sempre il corpo nei suoi movimenti, l’ansia accompagni sempre le funzioni intellettive. Posso concludere quindi che l’ansia è come l’ombra dell’intelligenza, e che meglio conosciamo la natura dell’ansia meglio conosceremo l’intelligenza.”
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alla riflessione di Liddell si evince ancora una volta che l’uomo è il solo artefice del proprio destino, di come affronta i vari aspetti dell’esistenza e del significato che attribuisce agli accadimenti e alle sensazioni da essi generate. Tuttavia muoversi in una realtà complessa come quella attuale senza farsi condizionare dalle quotidiane notizie riguardanti la crisi economica e i crescenti tassi di disoccupazione non è facile soprattutto se non si ha consapevolezza delle risorse psicologiche che albergano in ognuno di noi, ad esempio della “resilienza”, quella particolare abilità che consiste nel risollevarsi da eventi avversi e traumatici, di ritornare ad uno stato di equilibrio dopo aver attraversato delle circostanze fortemente sollecitanti. La resilienza, unitamente al senso di autoefficacia (definito dallo psicologo canadese Albert Bandura come l’insieme di convinzioni che le persone hanno circa le proprie capacità di organizzare ed eseguire le sequenze di azioni necessarie per produrre determinati risultati) può favorire nella persona un atteggiamento più propositivo, una maggior adattabilità agli eventi della vita e una maggior flessibilità riguardo agli obiettivi prefissati così da modularli rispetto ai cambiamenti contingenti, riducendo il rischio di fallimento. Autoefficacia e resilienza sono qualità psicologiche possedute in modo diverso da individuo ad individuo, connesse alla storia esperienziale e di maturazione di ciascuna persona. Si rafforzano nel tempo e con la partecipazione attiva del soggetto. Se nonostante queste attitudini, e altri stratagemmi con effetti protettivi sulla mente (come l’umorismo, la sublimazione, l’altruismo e l’anticipazione), la persona subisce il clima di incertezza socio-politico-economica che è in essere nel nostro Paese e sviluppa uno stato ansioso sappia che può avvalersi del training autogeno (esercizi di rilassamento psicofisico associati ad un respirazione corretta), dell’attività sportiva outdoor, di hobby e corsi creativi per allentare le tensioni, non isolarsi e deprimersi, così come sostenuto dalla moderna psicologia.
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appuntamenti
Emporio letterario di Pienza In attesa di Caffeina a Viterbo.
Torna il 17 e 18 maggio la seconda edizione di Emporio letterario di Pienza, il festival culturale organizzato dal Comune di Pienza e dalla Fondazione Caffeina Cultura, la stessa che organizza Caffeina Festival, quest’anno a Viterbo dal 27 giugno al 6 luglio. Emporio letterario di Pienza è un melting pot di idee e relazioni, di tendenze, opinioni, parole, emozioni che stimolano la curiosità, eccitano la mente, provocano benessere. Una “due giorni di cultura” che impreziosisce una terra già di per sé magica e suggestiva trasformandola in una vera e propria cittadella della cultura dove ognuno può partecipare, ascoltare, trovare ciò che cerca. Tanti eventi giornalieri (si inizia alle 12), tutti gratuiti, che fanno sì che il centro rinascimentale del paese sia vivo e pulsante teatro di cultura, condivisione, libertà. Tra gli ospiti della seconda edizione: Stefano Benni, Andrea Vitali e i Sulutumana, Anna Marchesini, Errico Buonanno, Giuseppe Culicchia, Chiara Gamberale, Francesca Barra, Valerio Millefoglie, Marco Ghizzoni e il Salotto Bukowski che, a venti anni dalla morte di Charles Bukowski, gli farà un omaggio sotto forma di poesia e musica. Protagonisti dell’incontro: Jacopo Ratini, Antonio Rossi e il maestro Luca Bellanova. Oltre agli appuntamenti di letteratura, Emporio letterario di Pienza è anche musica dal vivo. In piazza Galletti si ballerà sulle note de l’Orchestralunata, un’orchestra di venti elementi tra i 7 e i 18 anni diretta dal maestro Maurizio Gregori – che si è esibita anche con Simone Cristicchi, Teresa De Sio, Cisco, Sandokan – e l’Andrea Araceli quartet – Andrea Araceli all’organo, Luciano Orologi al sax, Angelo Olivieri alla tromba, Claudio Sbrolli alla batteria – che suonerà «Theme for lovers». Senza dimenticare i reading, musical e non, che vedono protagonisti Antonello Ricci, la Ciapica is backin’ Band e Pietro Benedetti. Non è finita: Emporio letterario di Pienza non si dimentica dei bimbi, ecco perché ci sarà una sezione solo per loro. A piazza San Carlo, da mattina a sera, ci sarà l’Emporio dei piccoli con spettacoli, momenti di gioco, divertimento, laboratori, favole e tutto ciò che un bimbo può desiderare. Per info: www.emporioletterario.it DECARTA MAGGIO 2014
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appuntamenti
Giro d’Italia in 80 librerie Una staffetta ciclistica, culturale, ambientale attraverso il Paese più bello del mondo.
Si parte il 2 maggio da Aosta, si arriva il 21 giugno a Roma.Tanti chilometri, tanta strada (tutta via Francigena), tante città, 2.000 km da percorrere, 28 tappe fatte di eventi creativi, spettacolari e conviviali per riscoprire l’ambiente, la cultura, le parole, i sapori e le bellezze del Paese. Sempre in bicicletta. Perché?! Per il Giro d’Italia in 80 librerie (per non parlar di scuole e biblioteche), cioè una staffetta ciclistica, culturale, ambientale attraverso il paese più bello del mondo. Di chi è stata questa idea? Dell’associazione Letteratura rinnovabile che ha avuto il contributo della Regione Toscana e di Snam e la collaborazione di tante case editrici, librerie, biblioteche, scuole, Federazione Italiana Amici della Bicicletta (FIAB), Associazione Italiana Biblioteche (AIB), Associazione Librai Italiani (ALI). Una roba grossa, insomma, che coinvolge 20 editori, 8 festival culturali delle località che si incontrano lungo il tragitto – Les Mots - Festival della parola (Aosta), Salone Internazionale del Libro (Torino), Piano City (Milano), Festival della Viandanza (Monteriggioni), Ciclomundi (Portogruaro), Caffeina Festival (Viterbo), Letti di Notte (Roma), Festival delle Storie (Abruzzo, Lazio, Molise) – e tanti ciclisti illustri. Ecco qualche nome: il mitico ideatore della Lonely Planet Tony Wheeler, Andrea Vitali, Melania Mazzucco, Cristiano Cavina, David Riondino, Paolo Cognetti, Giuseppe Culicchia, Camilla Trinchieri, Antonio Pascale, Paola Zannoner.
Prendete il vostro smart-phone o tablet e inquadrate il QR code per entrare nel mondo di UpsideDown. Se non avete ancora l’applicazione, una delle App più popolari e che vi consigliamo è i-nigma, disponibile gratuitamente per tutti i principali sistemi mobili: iOS, Android, Windows Phone e BlackBerry.
Cosa succede nello specifico: gli scrittori e artisti che hanno aderito all’iniziativa si alterneranno in sella alle 4 biciclette ufficiali del giro, verranno percorsi 2.000 chilometri e verrà tracciato il filo che lega quei luoghi magici che sono librerie e biblioteche d’Italia. Le 80 librerie che verranno toccate attenderanno i ciclisti per condividere con loro gli eventi organizzati. Obiettivo principale: far riscoprire il piacere della lentezza, quello che rivela differenze e affinità. Sarà tutto un divertimento, sul serio. Qualche esempio di cosa ci sarà tra una tappa e l’altra: un vero torneo sportivo con la prima Coppa Italia di Biglie a coppie; un concorso a premi per votare la libreria con la vetrina più bella; incontri enogastronomici, un soggiorno speciale al Campeggio Libro di Vasto; curiose visite guidate da autori nei musei e nei siti archeologici; Letture Bendate con tanto di mascherine per godersi la letteratura a occhi chiusi; laboratori di letteratura e musica per bambini; speciali letture su due ruote a cura delle mitiche Biciclette Parlanti; ricche Colazioni dei campioni; ciclo staffette, musica, condivisione.
Il programma completo, e in continuo aggiornamento, è sul sito: www.letteraturarinnovabile.com IV
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dove
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Via del Macel Maggiore, 1/3
Via Cardinal la Fontaine, 7
Via della Palazzina, 1
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Via Marconi, 53/55
Via San Pellegrino, 6
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Viale Francesco Baracca, 13
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Via della Palazzina, 109
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itinerari
Maggio
La Barabbata
© Sabrina Manfredi
Tra fiori e sagre la Tuscia si colora.
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elvatici, coltivati, coloriti, profumati: a maggio i fiori sono i protagonisti delle feste campestri e di paese. Le composizioni più artistiche le riconosciamo nei Pugnaloni di Acquapendente, quelle più spontanee appartengono alle “fontane” che colorano la pittoresca processione della Barabbata a Marta. A Viterbo i fiori decorano un’intera contrada: il rosso-geranio sul grigio del “peperino” disegna, nel quartiere medioevale di San Pellegrino, contrasti irripetibili. Fiori di campo anche a Vetralla per celebrare il tradizionale Sposalizio dell’albero. Fiori in vetrina nel Museo del Fiore di Acquapendente (è il mese migliore per visitarlo) e fiori all’occhiello o sulle labbra il 1° maggio, il giorno della classica scampagnata fuori porta, tra i prati della Tuscia Viterbese dove emergono qua e là le antiche pietre di necropoli rupestri, pievi, rocche e castelli. Notevoli i sepolcreti campestri di Norchia, Castel d’Asso e San Giuliano scavati completamente nel tufo.
Rubrica a cura di: San Faustino Viaggi Via G. Signorelli, 6 - Viterbo Tel e fax 0761 222955 sfv@sanfaustinoviaggi.it
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MARTA – È la festa della Madonna del Monte che celebra a Marta la fertilità della terra. Gli uomini, divisi in categorie (le antiche corporazioni), si recano in processione al piccolo Santuario situato a poco meno di un chilometro dalle rive del lago di Bolsena. Sono i “casenghi” a cavallo, i “bifolchi”, i “villani” e i “pescatori”, che portano carri, animali, zappe, vanghe, barche, lenze, reti, unitamente a coloriti trofei chiamati “Fontane”. Il corteo procede tra preghiere e inni mariani su un interminabile tappeto di fiori di campo. Giunti al Santuario, i fedeli assistono alla Messa; poi si dà luogo alle tradizionali “Passate”: tre giri della chiesa, entrando dalla porta principale e uscendo da una secondaria dietro il presbiterio, che ogni “categoria” compie in omaggio alla Madonna. L’origine della festa è di vecchia data e forse risale al culto della dea Maia, la dea della fertilità, cui venivano dedicate feste e templi per ottenerne i favori. La Barabbata è anche l’occasione per gustare formaggi e ricotte che vengono preparati davanti al Santuario.
I Pugnaloni
ACQUAPENDENTE – Secondo la tradizione l’origine risale al 1166, quando Acquapendente era governata da un tiranno del Barbarossa. “È più facile che quel ciliegio ormai secco da anni fiorisca - avrebbero amaramente commentato due contadini di allora - che il nostro paese possa liberarsi dall’invasore”. L’improvvisa e miracolosa fioritura del ciliegio venne accolta come un segno divino della Madonna che dette agli acquesiani la forza e l’entusiasmo per la rivolta. In ricordo di quell’evento si infiocchettavano un tempo i “pungoli” (bastoni di legno) usati per stimolare e guidare i buoi, che oggi sono diventati Pugnaloni, enormi mosaici in gran parte composti di fiori con immagini sulla libertà. Nel tardo pomeriggio del 16 maggio vengono portati in processione dalla Cattedrale del Santo Sepolcro fino al palazzo comunale. I “Pugnaloni” sono una quindicina, vengono realizzati la notte precedente da gruppi di giovani divisi in quartieri; dopo la processione si procede al non facile compito della scelta dei migliori per l’assegnazione dei premi. DECARTA MAGGIO 2014
San Pellegrino in Fiore
Il BOX DEL VIAGGIATORE
VITERBO – È una delle manifestazioni più conosciute della Tuscia sul territorio italiano insieme alla Macchina di Santa Rosa. Il centro storico e, precisamente la zona di San Pellegrino, si riempie di fiori e di colori. Numerosi i vivavisti della zona che addobbano le strade, i vicoli, i profferli attraverso delle vere e proprie composizioni artistiche.Tanti i cittadini e i turisti che passeggiano per le vie del centro per ammirare questo spettacolo.
Sì viaggiare… e voglia di mare. Addio last minute.
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Il Museo del Fiore È allestito ad Acquapendente in un casale (chiamato Giardino) all’interno della Riserva naturale di Monte Rufeno, a circa 5 chilometri dal centro abitato. È l’unico del genere nella Tuscia Viterbese e uno dei pochi in Italia. Accoglie nei tre piani, completamente ristrutturati, sezioni tematiche sull’introduzione al mondo del fiore: “I fiori della riserva del Monte Rufeno”, “La morfologia del fiore”, “Insetti e fiori”, “Le curiosità nei fiori” e “I fiori e l’uomo”. Sono anche a disposizione dei visitatori appositi strumenti per odorare i fiori. Ampia documentazione sulla composizione dei “Pugnaloni”. Completano l’allestimento illustrazioni, foto, pannelli, plastici e strumenti informatici. All’esterno, un ampio giardino è disponibile per pranzi al sacco.
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el mese di maggio c’è tanta voglia di viaggiare, ma soprattutto di fantasticare sulle vacanze estive! Molti sono coloro che provano timidamente ad approcciarsi ai primi soli, sfoderando le prime ustioni del week end… tanti altri preferiscono programmare dei viaggetti culturali e visitare città. Insomma la primavera inoltrata invoglia i viterbesi ad alleggerirsi nei vestiti e nella testa e ad uscire dalle case per stare all’aria aperta e finalmente prendersi qualche giorno di vacanza! Molti sono anche coloro che già si aggiudicano le ferie estive e, giocando d’anticipo, riescono a risparmiare bei soldini, anche un 20-30% rispetto a chi si decide all’ultimo momento. L’idea del last minute con cui abbiamo vissuto negli ultimi anni infatti non esiste più e, come dice il buon vecchio detto, “chi prima arriva… meglio alloggia”!
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alimentazione
Alla scoperta dei cereali Conoscerne le qualità nutritive per una alimentazione sana ed equilibrata. Ilenia Boschi | info@ileniaboschi.it
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cereali sono piante appartenenti alla famiglia delle Graminacee, quelli a noi più noti rappresentano solo una piccola parte di quelli esistenti, basta pensare che ne esistono più di 500 generi e quasi 5.000 specie. Complessivamente possiamo distinguere i cereali in tre grandi gruppi: • cereali tradizionali, quelli di largo consumo, universalmente coltivati e conosciuti come il frumento, il riso, il mais e l’orzo; • cereali minori, così definiti in quanto la loro coltivazione ed il loro consumo sono limitati ad alcune zone del mondo (teff, chia, fonio ecc.); • pseudo-cereali, così chiamati in quanto non sono propriamente dei cereali perché appartengono ad una diversa famiglia biologica, tuttavia il loro uso in cucina è paragonabile a quello dei cereali. I più comuni sono il grano saraceno, la quinoa e l’amaranto. Le specie attualmente più coltivate sono il risultato di un’attenta selezione che è stata operata per aumentarne la capacità produttiva, l’adattabilità e la resistenza alle fitopatologie. Tuttavia negli ultimi decenni si sta assistendo ad una riscoperta e rivalutazione di specie meno conosciute a livello globale ma che hanno mantenuto una certa importanza a livello di economia locale. Classico esempio è la quinoa che fino a poco tempo fa era poco conosciuta in Europa ma è sempre stata un importante sosten-
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tamento per le popolazioni della Bolivia, del Perù e del Cile. Il teff è il tipico cereale dell’Etiopia e dell’Eritrea e come questi potrebbero essere fatti numerosi altri esempi.
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a riscoperta di alcuni cereali quasi dimenticati si è rivelata molto interessante sia dal punto di vista nutrizionale che sensoriale, per esempio ha introdotto nel mercato mondiale alcuni cereali privi di glutine in modo da concedere gustose alternative ai soggetti celiaci ed ha “stuzzicato” la fantasia di molti cuochi che si sono cimentati in prove culinarie alla scoperta di nuove armonie dei sapori. Possiamo ricordare le caratteristiche nutrizionali di alcuni cereali e a tale riguardo riportiamo alcune informazioni nelle tabelle. Il sorgo è noto per essere un’ottima fonte di fosforo e di potassio. L’avena ha un buon contenuto di proteine in particolare di lisina, un aminoacido essenziale poco presente nella maggior parte dei cereali di uso comune come il grano ed il riso. L’avena è particolarmente ricca anche di fibra alimentare ed è uno dei pochi alimenti in grado di fornire un importate lipide chiamato acido linolenico (omega-6). Il teff produce i semi più piccoli al mondo (meno di 1 mm di diametro), circa 100 semi di teff hanno uguali dimensioni di un chicco di grano. Anche il teff ha un buon contenuto di lisina, di
sali minerali e di alcune vitamine. Il miglio è rappresentato da varie specie che possono avere diverse colorazioni, in Europa il più commercializzato è il miglio giallo. Non vanta di particolari proprietà ma fornisce un buon quantitativo di fibre ed un discreto contenuto di alcune vitamine. Il fonio è un cereale poco conosciuto che si caratterizza per il suo elevato contenuto in ferro, contiene ottime quantità di amminoacidi essenziali, in particolare metionina e cisteina. Interessante è anche il suo elevato contenuto in flavonoidi (antiossidanti). Il chia è un’ottima fonte di potassio, magnesio, calcio e ferro, è inoltre ricco in antiossidanti ed ha un buon contenuto di acidi grassi omega-3 ed omega-6. La quinoa, come l’avena ed il teff, è una buona fonte di lisina. L’amaranto è ricco di calcio e magnesio ed ha un contenuto in fosforo e potassio piuttosto soddisfacente. Buoni sono anche i livelli di vitamina E. Per quanto riguarda la quinoa e l’amaranto è curioso ricordare che anche le foglie di tali piante sono commestibili e tradizionalmente vengono consumate crude o bollite come equivalenti degli spinaci, di cui hanno le proprietà e ne ricordano il sapore. Vorrei anche sottolineare che molti dei cereali menzionati sono naturalmente privi di glutine (in tabella sono contrassegnati con un asterisco *) e quindi adatti all’alimentazione dei soggetti celiaci.
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a tavola
Una ricetta “presidio Slow Food”
Un salume antico Squicity riscopre la Susianella. Tipico della città di Viterbo, la Susianella è un particolare insaccato la cui ricetta sembrerebbe risalire ai tempi della civiltà etrusca. È ottenuta dalla trasformazione di pancetta, guanciale e “corata” ovvero cuore, fegato e pancreas di suino. Le carni, macinate non troppo finemente, sono poi condite con sale, pepe, peperoncino, finocchio selvatico e insaccate in un budello naturale, legato a mano. La forma tipica è a ferro di cavallo e le dimensioni variano dai 30 ai 50 cm di lunghezza con un peso che oscilla tra i 300 e i 500 grammi, secondo la stagionatura. Dopo una breve asciugatura, le Susianelle sono trasferite in ambienti freschi e asciutti per una stagionatura che si protrae da un minimo di 20 giorni fino ai sei mesi.
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a Susianella è un prodotto riconosciuto presidio Slow Food sulla base della ricetta della famiglia Stefanoni, oggi condotta dai fratelli Mauro, Piero e Massimo che, grazie alla passione e all’esperienza tramandata di generazione in generazione, producono carni e salumi di eccellenza. L’azienda F.lli Stefanoni produce direttamente mais e orzo che, insieme a crusca, farinaccio e soia no ogm, diventano mangime per gli animali. L’allevamento è a ciclo chiuso, perché i suini nascono e vengono allevati internamente. È questo che garantisce la perfetta tracciabilità e la certezza sull’origine del prodotto. “Il tempo, la temperatura e l’ambiente circostante fanno il resto” - spiega Mauro Stefanoni.
I sapori della nostra terra, in città Cibi genuini, freschi, altamente tracciabili e a basso impatto ambientale, e un'accurata selezione effettuata sul campo. Sono questi gli ingredienti di Squicity, il servizio di consegna a domicilio di prodotti provenienti dalle campagne di Roma, Rieti e Viterbo. La riscoperta e la valorizzazione dei prodotti tradizionali locali sono una delle prerogative di Mauro Guida e Alfredo Morales – agronomi e ideatori di Squicity – che, con amore, si dedicano alla ricerca delle specialità del territorio. Come gli altri prodotti Squicity, la Susianella si può acquistare online sul sito www.squicity.it o direttamente chiamando lo 06 92956743. Il pacco spesa verrà consegnato a domicilio, a casa, in ufficio o dove si preferisce entro un massimo di 7 giorni. DECARTA MAGGIO 2014
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