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editoriale
Il Fobonauta T
DECARTA Scripta volant Mensile di divulgazione culturale Numero 17 – Dicembre 2014 Distribuzione gratuita Direttore responsabile Maria Ida Augeri Direttore editoriale Manuel Gabrielli Redazione Gabriele Ludovici, Claudia Paccosi, Martina Perelli, Elisa Spinelli Redazione web e photo editor Sabrina Manfredi Design Massimo Giacci Editore Lavalliere Società Cooperativa Via della Palazzina, 81/a - 01100 VITERBO Tel. 0761 326407 Partita Iva 02115210565 info@lavalliere.it Iscrizione al ROC Numero 23546 del 24/05/2013 Stampa Union Printing SpA Pubblicità 0761 326407 - 340 7795232 Foto di copertina Angelo Biondi
I contributi, redazionali o fotografici, salvo diversi accordi scritti, devono intendersi a titolo gratuito. Chiuso in tipografia il 28/11/2014 www.decarta.it
oc toc, prestatemi attenzione perché “Paganini non ripete”. Oggi il sottoscritto, autorevole esperto di paura, terrà una lectio magistralis. Mi definirei un “Fobonauta”, ho navigato paure di vario genere. Ricordo benissimo quando a 7-8 anni ero terrorizzato da un possibile abbandono di mia madre, oppure quando all’età di 12 anni mi svegliavo in mezzo alla notte pensando all’ineluttabilità della morte. Proseguiamo con i più complessi attacchi di panico in età adolescenziale, ingiustificati, frustranti, come quando mi ritrovai alla stazione di Porta Romana a bordo di un banalissimo treno Viterbo-Roma al quale non ho concesso nemmeno il tempo di partire: dovetti scendere, che rabbia, avevo già timbrato il BIRG. Poi certo, ho sperimentato abbondantemente anche il genere di paura che condividiamo con gli altri animali, quello datoci dall’istinto di conservazione, quindi potrei descrivere la variante fugace di un incidente d’auto sfiorato per un pelo e quella più intensa, duratura e lucida di aver bucato in mezzo alle campagne del Venezuela; pensate un po’, non solo non mi uccisero, ma i temibili passanti mi aiutarono anche a cambiare la gomma. Ecco, inizierei proprio parlando dell’istinto di conservazione, certa gente non ha nemmeno idea di che cosa sia, popolarmente diremmo che “gli puzza la vita”, indubbiamente c’è qualche cosa che non va in loro, alcuni di questi individui, potrei affermare con certezza cercano una conferma della loro vita, sfiorando la morte, pura incoscienza. L’istinto di conservazione come ho già detto è identico tra noi e gli animali, quando percepiamo un pericolo diventiamo bianchi, questo perché tutto il sangue viene reclutato dall’emergenza, i muscoli si tendono, siamo pronti a darcela a gambe. Gli animali non hanno la facoltà di dare un nome alle cose, ma questa naturalissima paura rientra in un insieme più grande chiamato Tanatofobia, paura di morire o di tutto ciò che è legato alla morte, la madre di tutte le paure per magnitudine. Del passaggio a miglior vita, non c’è bisogno che io ve lo spieghi, ci incute timore l’ignoto ed è riproponendoci questa sensazione atavica che il nostro cervello ci mette in guardia, che davanti a noi ci sia un orso bruno o un datore di lavoro che ha dormito male. er non sentire la paura esistono fondamentalmente due maniere, la prima è l’ignoranza: per la miseria, come si poteva immaginare un povero disgraziato morto a causa del botulino che avrebbe trovato la sua fine dentro una conserva di sottaceti? Un’altra maniera è la fede, l’atto di dare fiducia a se stessi o agli altri: sono un abile cacciatore, sarò io a fare la pelle a questo dannato orso. Oppure: papà è una persona ragionevole, sono sicura che non si arrabbierà quando gli dirò che sono incinta. O ancora: Dio vede e provvede.
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Il vero problema secondo la mia esperienza si pone quando le paure sono apparentemente non giustificate, come il già citato attacco di panico, fondamentalmente una fortissima e spontanea paura di rimanerci secchi. Oppure casi più legati alla fisicità del mondo esterno come la claustrofobia o l’agorafobia. Dopo aver sofferto per anni di paure apparentemente inesistenti spero di poter dare conforto e compagnia a chi ne è affetto con un’affermazione: le vostre paure esistono e sono tanto reali quanto un orso bruno che non mangia da una settimana! Ognuno di noi è creatore della sua personalissima realtà, la percepiamo e la decodifichiamo attraverso i cinque sensi in unione con il cervello, ciò vuol dire che è soggetta ad interpretazione e a noi è possibile al massimo un confronto con quella altrui. Tutto va bene e tutto è accettato fino a quando rientra nella norma, termine che per i latini identificava la squadra, quella con l’angolo a 90°, in parole povere se in un contesto di percezione e decodificazione comune a tutti si afferma che un angolo retto nella propria realtà è acuto od ottuso si rischia l’internamento in una clinica psichiatrica. Siamo noi a controllare la nostra percezione di realtà ed è in questo concetto che dobbiamo avere fede, per non subirla, per non averne paura.
Manuel Gabrielli Presidente Lavalliere Società Cooperativa
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La Mergonara: dove il lago si traveste da mare
Danzando per la vita
Claudia Paccosi
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a cura di Claudia Paccosi
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Tre atleti viterbesi con il sogno delle Olimpiadi
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mentre cucino
Vi racconto la mia Tanzania
Caro Babbo Natale
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Monica Angela Baiona
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UniVerso chiama Giovani Un’associazione universitaria sempre presente e dinamica. A cura di Associazione UniVerso Giovani
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uongiorno o buonasera, non sappiamo quando e a che ora ci leggerete, ma speriamo che i minuti spesi a sentir parlare di noi vi facciano venire voglia di contattarci: siamo “quelli di UniVerso Giovani” e vorremmo dirvi qualcosa in più sulla nostra associazione universitaria. Fondata nel 2010, già nel nome racconta la forte volontà di favorire aggregazione sociale tra gli studenti universitari della Tuscia e non solo, tra i suoi laureati e nel mondo giovanile nella più ampia delle accezioni. Il nome è uno strumento per racchiudere in modo immediato i nostri tre pilastri fondamentali: Università, Futuro, Giovani. Che esista una generazione desiderosa di confrontarsi e dire la propria non c’è dubbio, e allora perché non farlo attraverso qualcosa che gli stessi giovani creano e gestiscono? Ci piace fare e fare insieme, che si tratti di iniziative di carattere sociale, culturale o ricreativo. Ci piace anche darci da fare attivamente per quel che concerne la rappresentanza studentesca all’interno degli organi di ateneo e di dipartimento dell’Università degli Studi della Tuscia. Non a caso tra i promotori delle nostre attiDECARTA DICEMBRE 2014
vità troviamo la maggior parte dei rappresentanti eletti nell’ultima tornata elettorale. Che dire, siamo un po’ dappertutto. Quello che speriamo è che tra i lettori ci sia qualche studente, uno di quelli che di noi non ha mai sentito parlare, che si senta almeno incuriosito e magari decida di contattarci e partecipare, dire la sua. In quattro anni di attività, ci sono buone probabilità che qualcuno di voi abbia partecipato ai nostri eventi svolti all’interno dell’ambito universitario: convegni che toccavano argomenti come le Primavere Arabe, il Movimento di Francoforte, discorsi intorno a nuovi modelli di sviluppo. E, mi raccomando, “restate connessi” e seguiteci sulla nostra pagina Facebook: nuove attività sono in arrivo nella prima metà di dicembre! Oltre l’aspetto formativo e rappresentativo dell’organizzazione, diciamolo, ci piace anche divertirci. Per questo organizziamo feste, serate ed eventi sportivi nella Tuscia sfruttando gli spazi dell’università e non solo. Se siete studenti, ci saremo incrociati alle nostre feste di inizio e fine anno accademico, come l’ultima, l’Unitus Opening Party
2014, presso il complesso di Santa Maria in Gradi.
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dare sostegno a Supernova (il giornalino che pubblichiamo, scritto dagli studenti per gli studenti) è in partenza il nostro programma settimanale UniVerso Radio, dove magari potremo fare due risate insieme. Voi ad ascoltarci, noi per l’imbarazzo tipico dei principianti. Sarà un ulteriore canale per tenervi aggiornati sulle news universitarie, sulle attività in arrivo e sulle convenzioni sempre in aggiornamento. Con la nostra tessera associativa potete infatti usufruire di sconti in oltre venti attività della città tra bar, ristoranti, pizzerie, discoteche, pub, copisterie, librerie, palestre e chi più ne ha più ne metta. Noi ce la mettiamo tutta, non vi resta che approfittarne!
Associazione UniVerso Giovani UniVerso Giovani Associazione universo.giovani@libero.it
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Enjoineering Quando gli studenti sfruttano il Web Marketing per promuovere il loro CdL. Angelo Esdra
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asce da un gruppo iniziale di otto studenti del Corso di laurea in Ingegneria Industriale della Università della Tuscia, l’idea di comunicare agli studenti delle scuole superiori e, più in generale, a chiunque ne fosse interessato, la soddisfazione per il proprio corso di laurea di qualità, sfruttando come canali promozionali quelli offerti dal web e comunicando le proprie esperienze a riguardo, in prima persona. Inoltre, il gruppo ha ricevuto numerose richieste di collaborazione: il tutto porterà ad una prossima espansione del progetto, anche ad altri Corsi di laurea ed Atenei. Il mondo dell’università e dell’Ingegneria raccontato dagli studenti, agli studenti ll Corso di Laurea oggetto di questo progetto (Enjoineering) è una novità assoluta sul territorio italiano: nato da poco più di un anno, è caratterizzato da una bassa età media dei docenti e un altissimo rapporto fra numero di docenti e studenti. Tutte queste qualità, sommate al grande interesse e alla grande ammirazione che il CdL ha suscitato negli studenti, hanno portato un gruppo di studenti in Ingegneria a specializzarsi in un ambito a loro quasi completamente estraneo: quello del web marketing. La scelta di questo strumento come metodo di pubblicizzazione è stato principalmente dettato dalle precedenti espe6
rienze lavorative di un componente del gruppo, ma ben presto gli argomenti di questa materia hanno coinvolto ed appassionato anche altri colleghi di studi, dando vita ad un gruppo di persone, decise ad auto-formarsi e unite da un obiettivo comune: far conoscere meglio il proprio corso di studi. Strategie adottate e risultati ottenuti Sin dai primi giorni di vita il gruppo è stato subito attivo, realizzando un sito web, creando account e caricando contenuti sui principali Social Network, e realizzando una serie di analisi tecniche di settore. Si è partiti conducendo tre filoni di analisi: SEO, Web Design e Social Media Marketing, scoprendo per esempio che molte università utilizzano tecniche per il posizionamento sui motori di ricerca abbastanza classiche, quali guest posting e acquisto di link. Facendo un benchmarking inoltre si è scoperto che l’Unitus si colloca a buon punto fra le università italiane, anche sul web! Il gruppo Enjoineering ha quindi agito di conseguenza, lanciando una serie di campagne SEO, Video ed Adwords ed effettuando un serie di tentativi e di analisi sugli stessi, per verificare quali fossero i fattori che coinvolgessero di più il pubblico e lo attirassero di più. Un caso interessante è stato quello relativo a una campagna di advertising su Facebook: successivamente a una profi-
lazione è bastato aggiungere un’immagine di Iron Man ad un post di Facebook, per aumentare il tasso di clic e di iscrizione degli studenti delle superiori all’imminente test d’ingresso in Ingegneria Industriale, tramite questo canale. Anche il sito enjoineering.com, dotato di blog, ha riscosso particolare successo, ottenendo un buon numero di visualizzazioni fisse giornaliere. Risultato finale per l’anno accademico 2014/2015 è stato quello di aver portato un elevato numero di studenti ad iscriversi al corso di laurea, specialmente in un periodo in cui il ramo dell’Ingegneria viene scelto poco dagli studenti. Un interesse che ha portato alla nascita di un’azienda: ByTek Marketing Da questa neonata passione per il campo del Web Marketing, della SEO e dei Social Media, è successo poi qualcosa di molto apprezzabile, soprattutto per dei giovani studenti: alcuni di loro, insieme ad altri amici, hanno creato una vera e propria azienda, ByTek Marketing Srls. Andiamoci a capire, nulla di collegato a Enjoineering; un’entità completamente a sé stante, che si sta cercando di affermare nel settore locale, tramite l’elevata competenza e pragmaticità di un mix di studenti di Ingegneria, Fisica e Scienze Forestali, che puntano tutto sulla loro voglia di fare ed innovare.
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Ciao mamma, guarda come mi #hashtaggo Sul web impazza il cancelletto: vizi e virtù della moda del momento. Martina Perelli | martina.perelli@decarta.it
’ hashtag spiegato a (noi) profani è un’etichetta composta da una sequenza di parole che-vanno-scritteproprio-tutte-attaccate e costituiscono un argomento di discussione.Tale argomento, introdotto dal simbolo #, viene poi ordinato insieme ad altri topic connotati dallo stesso hashtag. E tanti topic insieme fanno un botta risposta, una discussione vera e propria, che prende le mosse da un tag preciso e magari va a costituire tante piccole sotto celle, tante nuove discussioni.
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taccato possono trovare miglior sfogo su Facebook, piattaforma dove dire che tutto è concesso è un eufemismo. L’importante è non inserire contenuti blasfemi, pornografici, razzisti (pena la segnalazione, minaccia che nel 2014 fa più paura di un’ipotetica pandemia) e si può dare sfogo alla propria creatività. Il punto è che la blasfemia è (giustamente) qualcosa di punibile, la stupidità qualcosa cui guardare e, al massimo, dare una pacca sulla spalla. Come a dire “Eh, che ci vuoi fare”.
Se siete utenti Twitter o Facebook ce lo avete ben presente. Se poi siete utenti Twitter almeno dal 2009, oltre ad avercelo presente, sarete anche un po’ irritati per l’uso improprio che negli ultimi anni è stato fatto di uno strumento che, ricordiamolo, fu uno dei protagonisti di una vicenda politica cresciuta e maturata anche sul web. Se esiste un precedente moldavo, la vicenda iraniana dei tag del 2009, è qualcosa di esplosivo, che ne fa crescere l’uso in modo esponenziale. Quando alle elezioni presidenziali vincono i conservatori, la reazione dei riformisti è pressoché immediata e, se un governo tende ad oscurare i media e i mass media conosciuti, la rete appare ancora come qualcosa di libero e fruibile. Twitter si fa strada e l’hashtag pure. La battaglia sul campo tra Onda Verde e forze governative diventa un tam-tam davanti al quale il mondo può difficilmente chiudere gli occhi.
allora ci capiterà di trovare l’hashtag della sagra della Porchetta, della serata disco con l’ospite in arrivo direttamente da qualche programma di Canale 5 e del politico che, dagli ultimi sondaggi, ha scoperto che usare i tag fa molto giovane, molto figo e si è detto “Guarda un po’ se non mi ci cascano…”. Che poi, finché si tratta di promuovere un evento o farsi pubblicità a scopo di un qualsiasi lucro, non sarò certo io a stabilire se quella del tag è la forma più o meno corretta. Mi chiedo solo: ma quelli che “hashtaggano” ovunque e in ogni situazione se stessi, il proprio cane, il proprio partner e tutto il parentado, che promuovono? E sono sempre così felici e sorridenti.
Ecco, da hashtag come quello di #Iranelection a #Ioeteforeverandever il passo è breve. Che poi, a volte, questi tag sono così lunghi, complessi, astrusi e di difficile comprensione che, riflettere sulla totale perdita del loro senso, è quasi scontato. Se già un tweet può avere un massimo di 140 battute, figuriamoci se un hashtag di parole attaccate che formano frasi lunghissime e incomprensibili può aver senso. Allora i fan del tutto atDECARTA DICEMBRE 2014
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Io vi voglio bene, e sento il bisogno di avvertirvi: tagga qua e tagga là, c’è il rischio che scateniate lo phthonos theon. Mi spiego: secondo gli antichi, ad ostentare troppa felicità, si peccava di tracotanza e conseguentemente si scatenava il risentimento degli dei. Allora tutto andava riportato alla giusta dimensione: precarietà umana e divina superiorità. Insomma, il tracotante veniva rimesso al suo posto. Che dire, se la virtù sta nel mezzo, #hashtaggateviconprudenza. 7
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spazi da vedere
La Mergonara: dove il lago si traveste da mare Saltando tra i sassi, annusando l’aria. Claudia Paccosi | claudia.paccosi@decarta.it - Foto di Manuel Gabrielli
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n una fredda mattinata di novembre, grigia, piovosa, sono scesa alla Mergonara, per vedere il lago mosso dal vento, le isole coperte dalle nuvole. A Capodimonte, piccolo paesino nella provincia che si affaccia con un delizioso promontorio sul lago di Bolsena, esiste un luogo poetico, uno spazio ritagliato dall’abitudine, dal conosciuto, da cui si può osservare la grande macchia celeste sotto una diversa prospettiva. Salendo verso la Rocca, castello che svetta tra le casette ammucchiate, si può deviare dalla solita strada in salita, faticosa e lunga. Ovviamente non in macchina, possibilmente con delle scarpe comode. Sulla destra scendono delle scalette un po’ dissestate, scivolose, alla sinistra c’è una piccola casetta recintata con giardino, oggi vi è attaccato il cartello AFFITTASI, difficile però che riescano a trovare clienti in 8
un periodo simile. La discesa di acciottolato, adombrata da arbusti e alberi si apre verso il lago, sulla destra un tunnel di foglie mi porta ad un piccolo sentiero stretto che costeggia le acque. Dopo una piccola passeggiata ecco la Mergonara, famoso luogo fra i locali dove portare le prime fidanzatine a darsi qualche bacio lontani da occhi indiscreti, lì dove la luna d’estate si riflette nel lago buio e nero, rendendolo meno spaventoso. È una piccola baia di sassi, ciottoli levigati dalle onde da cui si può scorgere l’isola Martana, Marta e il verde selvaggio del versante di Capodimonte più sconosciuto. È ormai autunno, oggi è una giornata burrascosa, sul l a g o guizzano “le ochette”, le ondine c o r t e della tramontana,
che riempiono il lago di strisce di spuma bianca, oltre le isole si crea uno sfondo bianco, opaco, fitto e immobilizzante. Salto con un piede su uno dei sassi che affiorano dall’acqua per sfuggire alle gocce che un albero lascia cadere, alzo il viso e gli schizzi di un’onda mi colpiscono. È inutile, tanto ormai c’è acqua ovunque, proseguo.
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n altro piccolo salto e sono su un altro sasso, grigio, consumato e piatto, forse troppo basso per poter lasciare asciutte le mie scarpe. Ancora qualche altro passo, apro le braccia per mantenere l’equilibrio, faccio movimenti rapidi per evitare di cadere nel lago gelido e mosso. Devo arrivare lì, fino a quel sasso, grande, alto sull’acqua e, per quanto io possa capire da qui, asciutto. Mi sbrigo, quasi scivolo, ma resisto, sento umidi i calzini, sotto le troppo leggere scarpe di tela, ma ormai ci sono quasi. Raggiungo il mio Everest della Mergonara: il Grande Sasso. Finalmente. Qui niente schizzi. Apro le braccia e chiudo gli occhi in direzione del vento, verso l’isola, inspiro. Ho sempre amato arrampicarmi sugli scogli, a piedi nudi, per afferrare DECARTA DICEMBRE 2014
bene la presa e avere stabilità sulle calde e porose pietre dorate. Il piacere della difficoltà e poi la libertà del mare, delle onde che si nebulizzano in aria, del loro scontro con la costa e del vento che padrone le riporta indietro verso l’immenso blu a cui appartengono. La Mergonara è per me quel piccolo mare viterbese, si traveste da scogliera, perché tutto il lago si traveste da mare, le sue acque non sono eterne, non sono infinite, in continuo circolo, sempre nuove; per esserci un ricambio totale del bacino occorrono moltissimi anni. Eppure combatte e urla anche il lago di Bolsena, le onde fremono, spingono sui suoi confini e si scontrano. Il lago si maschera da mare e, prigioniero delle sue spiagge, inganna i miei occhi che, chiusi, si immaginano lontane scogliere, le mie orecchie che ascoltano il flusso dell’acqua che arriva, si ritira, sbatte, si allontana, le mie dita che, umide e gelate hanno perso sensibilità, il mio naso che non riesce a sentire odore di salsedine, ma profumo di libertà, come se quelle piccole e bianche onde potessero presto, solo con un’altra spinta, un altro violento salto, raggiungere il mare. DECARTA DICEMBRE 2014
La Mergonara a Capodimonte I paesani chiamano così la piccola baia di ciottoli sita sul versante di Capodimonte che si affaccia su Marta. Si può raggiungere senza troppa difficoltà salendo verso la Rocca del paese e fermandosi prima della salita, sulla destra scendono delle scalette, dopo un piccolo sentiero nel verde ecco uno spazio da cui si può vedere il lago sotto una nuova e differente prospettiva. Io ci vedo il mare, ogni volta che i miei piedi bagnati toccano il Grande Sasso ( i capodimontani lo chiamano Monte Cuculo), voi provate a chiudere gli occhi e ad annusare l'aria, che odore sentite?
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incontri
Vi racconto la mia Tanzania L’esperienza professionale in terra africana di Sandra Gasbarri, cooperante internazionale e cittadina viterbese.
Elisa Spinelli | elisa.spinelli@decarta.it
a cinquantaquattro Stati, quattro fusi orari, almeno 3.000 gruppi etnici ed è il secondo continente più popoloso del mondo, circa un miliardo di persone: l’Africa, la “culla dell’umanità”. Eppure, si è abituati a conoscere l’Africa spesso per i lati negativi: fame, guerre, epidemie. Certo, tutto ciò riguarda il continente, ma c’è molto altro da conoscere; Ryszard Kapuściński – scrittore e giornalista polacco – nel suo compendio, “Ebano”, scriveva: “L’Africa è troppo grande per poterla descrivere. È un continentepianta a sé stante, un cosmo vario e ricchissimo. È solo per semplificare che lo chiamiamo Africa”.
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La Tanzania, terra dell’Africa sud orientale con una storia antichissima, è una delle due protagoniste di questa intervista; l’altra è Sandra Gasbarri: classe 1982, nata e cresciuta a Viterbo, laureata in Educazione e Divulgazione Ambientale all’Università della Tuscia, ha fatto della cooperazione il suo pane quotidiano in Tanzania dal 2008 al 2014. “Sono partita per l’Africa a 26 anni, in Tanzania per la precisione. Lì ho condotto una ricerca etnobotanica per la mia tesi di laurea, e ho approfondito la conoscenza della cooperazione internazionale. Nella ricerca ho classificato più di 80 piante medicinali che vengono utilizzate dai guaritori nel villaggio di Msindo, a sud della Tanzania”, ci racconta Sandra. Lo studio etno-botanico è stato, poi, inserito in un progetto del Ministero degli Affari Esteri italiano, già in corso, diretto da un’organizzazione non-governativa, il CoPE (Cooperazione Paesi Emergenti) di Catania. La ricerca di Sandra Gasbarri è stata un approdo: dopo aver conseguito la laurea, nel 2009 torna di nuovo in Tanzania con il Servizio Civile Internazionale attraverso un progetto di 12 mesi in collaborazione con il CoPE. In quell’anno Sandra è impegnata a coordinare tre progetti diversi nel villaggio di Msindo, uno dei quali legato alla Fondazione Slow Food per la Biodiversità: “L’obiettivo era valorizzare e difendere, attraverso la ricerca e la formazione, alcune varietà di coltivazioni locali, spesso sostituite da semi introdotti
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centro per bambini dai 0 ai 5 anni orfani di madre, morte perché sieropositive.” andra Gasbarri racconta che ha lavorato nell’area di Msindo, dirigendo ben tre progetti: come responsabile della didattica in un centro di formazione in agricoltura e allevamento sostenibile e come coordinatrice di progetto di una scuola di formazione professionale e un asilo. “La nostra organizzazione – afferma Sandra – si è occupata di formare i trainer del Centro di formazione in agricoltura e allevamento sostenibile; i quali, lavorando attivamente sul territorio, portano avanti la struttura e diffondono le conoscenze. Questo progetto ha permesso al Centro di uscire fuori dal villaggio di Msindo e di interagire con 12 villaggi della provincia di Namtumbo attraverso dei seminari in swahili, la lingua ufficiale della Tanzania. Ho coordinato, poi, il progetto della scuola di formazione professionale in cucito, riservata alle donne. Attraverso quest’azione abbiamo attivato nel 2012 il Woman Empowerment Program, orientato al sostegno di microimprese gestite da donne; in questo caso ho diretto non solo la formazione, ma, anche, il supporto organizzativo necessario a una start-up: dal reperimento dei materiali di produzione alla vendita.” In sostanza, la scuola di formazione professionale indirizzata alle donne ha prodotto in sé un altro pro-
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da multinazionali.” Il CoPE, poi, assume Sandra come cooperante per tre anni consecutivi; i progetti sono a lunga decorrenza: “Lavorare in un’ONG come il CoPE, - dichiara Sandra - che fa cooperazione in Tanzania dal 1986, è stata un’esperienza professionale notevole. Il CoPE lavora in due regioni della Tanzania: Ruvuma, a sud del Paese, dove sorge il villaggio di Msindo, e a Iringa, zona centrale, nel nucleo di Nyololo. Sono due aree diverse della Tanzania: Ruvuma è meno popolata e dedita a un’economia rurale, per questo motivo i progetti di cooperazione implementano le conoscenze del settore agricolo e la formazione di adulti e bambini; Iringa ha anch’essa uno sviluppo rurale, ma ha una densità abitativa maggiore e un’alta mortalità a causa dell’HIV. Infatti, a Nyololo, il CoPE conduce due progetti socio-sanitari: un ospedale e un
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creato una classe awali all’interno dell’asilo, già ben avviato”. al racconto di questa esperienza professionale, emerge l’importanza di cooperare insieme ai partner locali. E Sandra, da esperta, lo sa bene: “Nel momento in cui la progettazione è partecipata, il progetto ha una forte possibilità non solo di essere accettato nelle varie comunità, ma anche di avere un impatto nel lungo periodo”. Infine, Sandra conclude: “Creare cattedrali nel deserto non serve a niente. Costruire un ospedale o una scuola che le organizzazioni locali non possono mantenere in futuro, vanifica il senso della cooperazione internazionale. Non è detto che i progetti internazionali debbano creare sempre qualcosa di fisico, si può, infatti, operare all’interno di strutture che già esistono, migliorandone i servizi, o intraprendere azioni formative, che permettono la diffusione di competenze e una gestione locale delle attività educative”.
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gramma, che va a migliorare la condizione economicosociale delle donne tanzaniane; infatti, Sandra spiega che: “Sono molte le donne in Africa che dipendono dal lavoro maschile. Alla donna non è permesso essere economicamente indipendente e, di conseguenza, libera. Aiutare la donna dal punto di vista lavorativo significa non solo emanciparla, ma donarle un’altra dignità”. Il terzo progetto diretto da Sandra Gasbarri si chiama – in lingua swahili – “Sisi ni kesho”, cioè “Noi siamo il futuro”, dedicato al sostegno di un asilo già presente da anni a Msindo. La struttura era, però, poco frequentata: “All’inizio c’erano solo 9 bambini; l’obiettivo era migliorare il servizio della scuola sia da un punto di vista didattico che alimentare. “Sisi ni kesho”
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ha coinvolto molto la comunità: i genitori dei bambini, infatti, hanno potuto gestire totalmente la scuola, grazie alla formazione che il CoPE ha erogato agli insegnanti e ai genitori. In pochi anni i bambini che frequentano la scuola sono diventati 90”. La prassi di ampliare i progetti in corso è un’interessante metodologia della cooperazione, che il CoPE persegue, e Sandra conferma: “Nel 2009 all’interno del progetto “Sisi ni kesho” è stata avviata la “primina”, l’awali. Bisogna considerare che nel sistema scolastico tanzaniano non sono previsti asili pubblici, sono tutti privati, e che l’awali è una classe in cui si insegna ai bambini a leggere e scrivere e, non ricevendo sostegni statali, risente di alcune carenze: dalla didattica alle strutture inadeguate. Per questo motivo, il CoPE e la scuola parrocchiale del villaggio hanno
È difficile descrivere l’Africa nella sua pienezza: è come se decidessimo di fare la stessa cosa per l’Europa, composta di tanti Stati, ognuno con le proprie diversità. Ancora più arduo è resistere alla tentazione di considerare solo gli aspetti negativi, che l’Africa patisce; ma scoprire punti di vista nuovi, proprio quando si conoscono persone, come Sandra Gasbarri, che hanno vissuto e lavorato in Africa, permette di avvicinarsi con altri occhi a un continente così variegato.
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Rumore binario Musica poliedrica sulle tracce di Houdini. Gabriele Ludovici | gabriele.ludovici@decarta.it
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oco più di due anni fa mi trovavo a piazza San Lorenzo per assistere alla serata finale di Viterbo Record, un concorso musicale che metteva in palio la possibilità di registrare un EP di quattro brani. Sul palco si esibivano numerosi artisti, tutti speranzosi di ottenere un risultato positivo e la conseguente visibilità: alla fine, se hai la stoffa si vede quando suoni dal vivo. A vincere in quell’occasione fu una band chiamata Railway Noise, proponendo un brano intitolato Houdini che colpì l’attenzione di tutti per l’originalità sia del pezzo in sé che dell’interpretazione. A fine serata mi andai a complimentare con loro nel backstage, perché quando ci vuole ci vuole. Come previsto incidono il loro EP, col tempo il loro nome – che nel frattempo viene italianizzato in Rumore Binario – continua a girare fino a diventare una delle realtà più interessanti nel panorama locale. Siamo lieti di pubblicare quest’intervista per farveli conoscere meglio. I Rumore Binario sono Raffaele 12
Franceschini (voce), Gabriele Calanca (basso), Fabio Montesi (tastiera), Francesco Brunetti (chitarra) e Filippo Potenziani (batteria): è con questi ultimi due che mi incontro per un aperitivo e per fare quattro chiacchiere sul loro interessante progetto. Il loro percorso musicale parte da Grotte Santo Stefano circa dieci anni fa: «Abbiamo iniziato a suonare da autodidatti, puntando sul nostro affiatamento. Dal 2011 però frequentiamo l’istituto musicale Saint Louis di Roma ed una svolta per il nostro gruppo è stato l’ingresso di Raffaele alla voce: veniva sempre ad ascoltarci ai nostri concerti. È più grande rispetto a noi e possiede un repertorio diverso: nel suo troviamo De André e Guccini mentre noi siamo pinkfloydiani convinti! In precedenza non aveva mai fatto parte di un gruppo, ma è un elemento di grande personalità. Recentemente la formazione si è stabilizzata con l’arrivo del tastierista Fabio, che frequenta il conservatorio». Quest’ultimo dettaglio è importante, visto che dopo la pubblicazione dell’EP i
Rumore Binario sono rimasti fermi per qualche mese alla ricerca di un nuovo tastierista. Il disco in questione è bello non solo da ascoltare, ma anche da vedere: la copertina infatti presenta quattro facce, dipinte dal pittore lucano Benito Saluzzi, che rappresentano in qualche modo l’essenza delle canzoni incluse nel lavoro. Sulla prima di copertina troviamo proprio un Houdini che tenta di liberarsi dalle catene, poi in seguito sono raffigurati due appassionati ballerini di tango (relativi a La stangata), un cinico uomo d’affari (Boom ergonomico) ed un uomo alla deriva nell’oceano (Giostra che è il mare). Non è possibile categorizzare il genere di riferimento dei Rumore Binario: «Le influenze musicali dei componenti del gruppo sono tutte diverse ed i nostri pezzi inediti hanno preso una direzione propria. Ad esempio, nel brano “Houdini” si possono percepire varie contaminazioni, dal ragtime al burlesque, stesso discorso anche per “La stangata” e “Giostra che è il mare”: quest’ultimo è il più sperimentale, ed include eleDECARTA DICEMBRE 2014
menti psichedelici. L’unico filo che lega i brani è la parola folk: stiamo continuando sulla stessa linea anche per quanto riguarda i pezzi nuovi, in cui ci confrontiamo perfino con la musica classica e western. Con il nostro nuovo singolo riprenderemo però le nostre radici rock rivolte alla musica indipendente italiana, come ad esempio i Zen Circus e i Baustelle».
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hiedo loro di raccontarmi come ha avuto origine l’idea di scrivere un brano ispirato al più famoso degli illusionisti: «È nato grazie ad una idea di Gabriele che ha scritto il testo, poi Raffaele è intervenuto trasformando Houdini nella metafora di un personaggio diverso, un Casanova che cerca di liberarsi dalle catene amorose. Nella copertina infatti si può vedere che le serrature dei lucchetti sono a forma di cuore. Il vero Houdini in realtà era felicemente sposato, tutt’altro che un gigolò rampante!». Come detto nell’introduzione, i Rumore Binario hanno avuto l’occasione di incidere l’EP dopo la vittoria del Viterbo Record: «Il disco è stato registrato a Bracciano, dandoci l’occasione per conoscere i ragazzi del Real Time Studios: grazie a loro ci siamo anche esibiti all’Euromusic Fest, che si svolge dalle loro parti e per tre giorni ha ospitato gruppi provenienti da tutta Italia – come i Kutso - ed Europa. Citiamo anche la nostra amicizia con i Too Much Ado, che conoscemmo ad un contest svoltosi all’Officina Belushi». Questa intervista si è svolta pochi giorno dopo una loro esibizione a Viterbo, precisamente al Subway: «Bella esperienza, c’era parecchia gente ad ascoltarci. Il locale ci ha chiesto di dargli una mano nell’ambito della direzione artistica, per sostenere la musica live viterbese. Il Subway da questo punto di vista potrebbe diventare un punto di riferimento».
scena musicale viterbese, in questi tempi gravida di progetti ma carente di palchi dove suonare nella propria città: «Rispetto agli anni passati c’è un bell’incremento, troviamo più gruppi che presentano lavori propri e meno cover band: notiamo che soprattutto i giovani puntano a tentare una carriera basata su prodotti inediti. Ultimamente si sono create situazioni simpatiche e a Viterbo si sono esibite band come i Gazebo Penguins ed i Nobraino: tuttavia, mancano un po’ gli spazi». Anche il quintetto originario di Grotte ha raccolto consensi fuori dalla Città dei Papi, come ad esempio al Green Rock di Piansano. Inoltre è prevista la loro partecipazione ad un Sofar Sounds romano: questa iniziativa prevede dei concerti segreti, diffusi nelle città europee, negli appartamenti che decidono di ospitare questi eventi a cui capita di imbattersi in band molto famose, come ad esempio i Marta sui Tubi. Oltre all’attività live, che prevede per il momento una data il 20 dicembre a Grotte Santo Stefano e una il 12 gennaio al Teatro Arciliuto di Roma, i Rumore Binario hanno in cantiere un nuovo disco che vedrà la luce nel 2015. Nel frattempo noi vi rimandiamo ad i loro contatti sul web per ascoltare i loro brani: potrete trovarli sul social network blu (facebook.com/rumorebinario) e della nuvola (soundcloud.com/rumore-binario). Inoltre, se siete incuriositi dal talento del pittore Benito Saluzzi, vi segnaliamo il suo sito bennibarone.com.
A questo punto chiediamo anche ai Rumore Binario un loro parere sulla DECARTA DICEMBRE 2014
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acido lattico
incontri
Tre atleti viterbesi con il sogno delle Olimpiadi Intervista ai fratelli Eleonora e Ludwig Schertel e ad Elisabetta Luchetti. Gabriele Ludovici | gabriele.ludovici@decarta.it
’ atletica leggera è un’attività che a Viterbo ha antiche e nobili origini. Il campo sportivo scolastico, più noto come “campo scuola” e sito a Santa Barbara, è un luogo importante e Sergio Burratti (presidente della Fidal, la federazione di atletica leggera locale) si illumina quando me ne parla: «Il campo scuola è un centro di aggregazione cittadino: è aperto tutto l’anno ed ospita attività di vario genere, non solo legate allo sport. Chiunque può utilizzare la struttura, anche i diversamente abili. Organizziamo circa quaranta eventi l’anno, che coinvolgono migliaia di atleti». Al campo scuola ha fatto tappa anche il tour di Libera, l’associazione di don Ciotti contro le mafie, e sono stati presentati libri ed eventi come il Mennea Day, dedicato alla memoria dello storico atleta italiano. La palestra della struttura è tappezzata di poster che ricordano le gare svoltesi nel centro sportivo ed alcune foto che ritraggono atleti del passato, come Erminio Azzaro immortalato nel salto in alto del record italiano di allora (1964). In quest’articolo vi presentiamo tre atleti molto giovani ma già proiettati verso grandi risultati: Ludwig Schertel (16 anni), Eleonora Schertel (18) ed Elisabetta Luchetti (16), tutti facenti parte della squadra Alto Lazio Colavene. Abbiamo parlato con loro dopo una sessione dei loro allenamenti, e ci hanno raccontato uno spaccato della loro vita di atleti-studenti che sognano grandi riconoscimenti internazionali.
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Come è iniziata la vostra avventura nel mondo dello sport e quali sono le vostre specialità? Ludwig: «Faccio sport da quando ero piccolo, è una passione che mi è stata trasmessa da mia madre e mio nonno. Quando si è piccoli ci si allena per divertimento, ma da circa due-tre anni ho iniziato a fare sul serio, partecipando a competizioni di livello nazionale e concentrandomi sul salto in alto ed il lancio del giavellotto. L’impegno è notevole perché mi alleno quattro volte a settimana, ma riesco ad organizzarmi per non trascurare lo studio e le uscite con gli amici. Ad allenarmi sono mia madre Monica Condurelli ed il suo compagno Francesco Angius, tecnico della Nazionale giovanile e specializzato nei lanci. Nel 2013 sono arrivato 6° ai Campionati italiani, saltando a 1,84 metri, ed in precedenza avevo raggiunto già il metro e 90 e nel 2012 detenevo il record provinciale». Eleonora: «A portarmi a buoni livelli è stato il salto in alto, ma pratico anche il salto lungo e triplo oltre all’eptathlon (gare multiple con sette discipline diverse, ndr). Ho iniziato da piccola e quando sono diventata vice-campionessa italiana mi sono accorta delle mie potenzialità. A darmi ulteriore fiducia è stata la partecipazione al meeting svoltosi in Grecia quest’anno: il sacrificio ed il duro lavoro mi hanno ripagata. Essendo veloce a studiare non ho mai avuto problemi a scuola, magari non ho sempre tempo per uscire il sabato sera perché la domenica
ho le gare, ma la vita che voglio fare e questa e gli amici ed il mio ragazzo mi sono vicini. Ad allenarmi sono mia madre (Eleonora e Ludwig sono fratelli, ndr) ed il suo compagno che si occupa di forza e potenziamento». Elisabetta: «Tre anni fa il professore di educazione fisica, durante una lezione, mi disse che ero molto brava a lanciare e a correre. Decisi così di provare a fare atletica, in precedenza non ci avevo mai pensato! Coniugare sport e studio non è facile, gli allenamenti finiscono tardi e devo fare i compiti la sera, ma vedere che i risultati vanno bene mi fa sentire meno la fatica. A seguirmi sempre è Sergio Burratti, il mio allenatore. In una delle prime gare feci sei lanci nulli su sei, ma la volta dopo arrivai a superare i 40 m! Vorrei raggiungere i 60 m, quando un atleta si impegna e si allena bene piano piano ci può arrivare». Cosa ti aspetti dal futuro? Ludwig: «Come tutti il mio sogno è di partecipare alle Olimpiadi, ma l’importante ora è continuare così sperando che i risultati arrivino: i minimi per puntare alla qualificazione sono tra i 2,30 e 2,31 m. La DECARTA DICEMBRE 2014
Una vista del campo sportivo scolastico di Santa Barbara in una giornata piovosa. Dalla foto è possibile cogliere la condizione di trascuratezza in cui versa la struttura, in particolare la pista di atletica.
stagione ora e finita e mi sto preparando per le gare invernali, come il Campionato italiano indoor di febbraio ad Ancona, di marzo a Milano e poi in seguito il Brixia Meeting di Bressanone, che si svolgerà a giugno e dove saranno presenti atleti tedeschi, sloveni ed austriaci». Eleonora: «Al solo pensiero delle Olimpiadi mi emoziono, ma per ora pratico sport per divertimento. A fine gennaio inizieranno le gare indoor, sia di categoria che assolute, e poi il 28 febbraio un torneo internazionale con atlete italiane, francesi e tedesche. Poi ho un programma personalizzato per poter partecipare ai Campionati europei di luglio». Elisabetta: «In programma ci sono i Campionati italiani invernali di gennaio, poi spero di poter partecipare alle Olimpiadi. In Italia c’è una graduatoria ed ora sono tra le prime posizioni». DECARTA DICEMBRE 2014
Ci sono atleti che stimi o a cui di ispiri? Ludwig: «Per me un giorno sarebbe un onore gareggiare contro Mutaz Essa Barshim, un giovane atleta qatariota che è già riuscito a saltare a 2,43 m (record asiatico, ndr). Per quanto riguarda il giavellotto cito il norvegese Andreas Thorkildsen (oro olimpico 2004 e 2008, ndr), che nel 2006 riuscì ad effettuare un lancio di 91,59 m». Eleonora: «Sara Simeoni, la regina del salto italiano, ed anche la croata Blanka Vlašić (due volte campionessa mondiale, ndr): è alta come me ed ha un bello stile. Ma stimo tutti gli sportivi per il sacrificio che c’è dietro ognuno di loro». Elisabetta: «Un’atleta che apprezzo particolarmente è Silvia Salis (sei volte campionessa italiana, ndr), ma bisogna dire che in Italia ci sono tante brave lanciatrici».
Prova a descrivere le emozioni che provi quando gareggi. Ludwig: «Nell’atletica si può passare dalla gioia alla tristezza e dalla felicità alla rabbia. C’è una differenza tra i due sport che pratico: nel salto in alto ti rendi conto subito del risultato grazie all’asticella, mentre nel caso del lancio del giavellotto c’è più suspense!». Elisabetta: «Il bello del lancio del martello è che sei sola contro te stessa. Se sbagli c’è l’allenatore pronto a spiegarti come migliorare, ma se vai bene la soddisfazione di aver saputo gestire tutti gli impegni ripaga i sacrifici, ed è davvero grande!». Com’è l’ambiente del campo scuola? Eleonora: «Qui mi sento a casa e tutti mi vogliono bene! Ci servirebbe però una pista nuova visto che quella che vedi ha 16 anni ed è rovinata, tanto che crea problemi ai tendini ed alle ginocchia». Su quest’ultimo punto ci hanno comunicato che il Comune ha finalmente deciso di intervenire: speriamo che la nuova pista arrivi presto e possa permettere agli atleti che frequentano la struttura di allenarsi nel miglior modo possibile e proseguire la propria rincorsa alle Olimpiadi. Rio de Janeiro e Tōkyō si avvicinano! 15
carta stampata pillole di lettura Claudia Paccosi | claudia.paccosi@decarta.it
Roth: Indignazione
Ferrante: L’amica geniale
“[…] il terribile, incomprensibile modo in cui le scelte più accidentali, più banali, addirittura più comiche, producono gli esiti più sproporzionati.”
“[…] il tempo semplicemente scivolava via senza alcun senso, ed era bello solo vedersi ogni tanto per sentire il suono folle del cervello dell’una echeggiare dentro il suono folle del cervello dell’altra.”
Ancora nessun premio Nobel per Philip Roth? Purtroppo no. Alcuni meravigliosi autori rimangono senza riconoscimenti, la loro sublime arte nell'accostare le parole è destinata ad essere ricordata solo tramite i loro scritti, senza che un'istituzione li coroni a maestri della narrazione. Indignazione è un romanzo che Philip Roth pubblica nel 2008, ovviamente magistrale. Sebbene non ci sia bisogno di descriverne la trama, eccola: Marcus lascia il New Jersey per frequentare il secondo anno di università in Ohio, spinto dal disgusto verso il padre, troppo ansioso e patologicamente attaccato al figlio. Qui impara però a conoscere un mondo lontano dalla sua realtà familiare, dove le repressioni e le conflittualità che si creano nell’ateneo opprimono il ragazzo in una stretta camicia di forza da cui può solo urlare: indignazione! Per concludere il breve e prezioso romanzo di formazione Roth si affida alla frase che riportiamo all’inizio: a volte piccoli e insignificanti eventi possono modificare radicalmente i destini degli individui. La narrativa di Roth è più che godibile e prova vivente che la letteratura, nel vero senso del termine, non sopravvive solo nel passato.
Lila ed Elena sono due amiche che percorrono insieme, a volte lontane, altre vicine, la lunga strada della vita. Elena Ferrante, autrice misteriosamente mai apparsa al pubblico, trasporta le loro storie per quattro libri: L’amica geniale, Storia del nuovo cognome, Storia di chi fugge e di chi resta, Storia della bambina perduta. I romanzi nascono nella Napoli caotica, sporca e odorosa del vecchio rione negli anni ’50, appena dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale nascono infatti le due donne che affronteranno gli anni insieme, sempre accanto, anche quando i loro destini sembreranno così diversi, influenzandosi irrispettosamente, sbagliando, scegliendo e maturando parallelamente. I caratteri delle due bambine, delle due adolescenti, delle due adulte e infine delle due anziane signore, sono totalmente opposti, ai radicali antipodi della personalità. Elena è insicura, talentuosa, mite e affettuosa; Lila è ribelle, violenta, determinata e diversa. Eppure il loro legame non riesce a sciogliersi, torti, dolori ed eventi contrastanti non riusciranno a dividerle. Una scrittura che ricorda Elsa Morante, che risveglia la grande letteratura italiana femminile, di qualità. Un romanzo diviso in quattro volumi che scorrerà sotto i vostri occhi vorticosamente, lasciandovi esangui e nostalgici alla fine. Perché i libri migliori sono quelli che ci dispiace finire.
Philip Roth
Elena Ferrante
Indignazione
Edizioni e/o
Titolo originale: Indignation Traduzione di Norman Gobetti Einaudi, 2011 - pp. 152 - € 12,00 ISBN 978-8866213093
L’amica geniale - 2011 - pp. 400 - € 18,00 Storia del nuovo cognome - 2012 - pp. 480 - € 19,50 Storia di chi fugge e di chi resta - 2013 - pp. 384 - € 19,50 Storia della bambina perduta - 2014 - pp. 464 - € 19,50
Lonely Planet: Guide intorno al mondo “La tua prossima meta? ” Un Natale di crisi? Forse quest’anno la crisi di gioielli, profumi, abiti e giocattoli porterà alla ribalta quel piccolo oggetto semplice, quadrato, di solito bianco, con una copertina colorata, a volte troppo seriosa, che costa poco e, se scelto bene, regala molto. Un libro sarà forse questo Natale la scelta di molti italiani che vogliono fare economia e certo a noi “letterati” non dispiace. Fra i molti libri che si possono lasciare sotto l'albero forse uno più di tutti porta speranza: il libro di viaggi. Che sia un prezioso volume illustrato o la cronaca della scalata di una montagna di un famoso alpinista, di solito è un regalo gradito. Per spingere un parente, un amico o anche il nostro fidanzato a guardare verso un'interessante meta possiamo azzardare un regalo alternativo: la guida. Con Lonely Planet si va sempre sul sicuro. Storia, monumenti, orari, informazioni utili, cartine e curiosità la fanno da padroni. Di certo una delle guide più pratiche e affascinanti grazie alle sue copertine sfavillanti e luminose che mostrano paesi e città lontani, ancora non siamo partiti e già ne siamo innamorati. Per i più sportivi ci sono gli itinerari in bicicletta, per i più golosi le migliori pasticcerie e per i più nottambuli le discoteche e i locali. Ce n’è per tutti insomma, basta avere un po’ di coraggio e osare, magari quel volumetto un giorno porterà ad un viaggio, perché si sa: il mondo è un libro e chi non viaggia ne conosce solo una pagina. Resta solo da scegliere
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Lonely Planet Varie guide turistiche EDT aggiornate quasi ogni anno dai 12 ai 20 euro circa
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salute
volontariato
Danzando per la vita Il 21 dicembre appuntamento al PalaMalè con l’Associazione Donatori Midollo Osseo. Tiziana Riva | Donatrice effettiva e volontaria ADMO Viterbo
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ell’ottobre del 1989 ci fu un giovane diciannovenne che scrisse una commovente lettera-testamento, concludendola con queste parole: “La leucemia è una malattia che entro il 2000 dev’essere debellata affinché per il mondo non si debbano più leggere lettere come questa. (…) Per amor di Dio non fate che la mia morte non serva a nulla, combattete la leucemia. Che Dio vi benedica tutti quanti, Vostro affezionatissimo Rossano”. Rossano non ce l’aveva fatta perché non era stato trovato un donatore compatibile: in quegli anni erano rari i registri di donatori volontari e le comunicazioni tra i pochi centri specialistici erano difficili. Suo padre Mario Bella fece tutto ciò che era in suo potere per esaudire le volontà del figlio: insieme a Renato Picardi, che perse anch’egli il figlio a causa della leucemia, fondò il Registro Italiano Donatori Midollo Osseo (IBMDR) e l’anno successivo l’Associazione Donatori Midollo Osseo (ADMO), con lo scopo di informare la popolazione e far crescere il registro, aumentando le possibilità di sopravvivenza di altri bambini, giovani, adulti in attesa di trapianto. Tre anni dopo, nel gennaio del 1992, una sacca di vita giunse da una sconosciuta donna inglese per salvare la vita del figlio di Paola Massarelli, fondatrice e presidente della sezione provinciale di Viterbo dell’ADMO, consentendo ad un bambino di poco più di tre anni di diventare oggi un giovane uomo con una vita normale, come quella dei suoi coetanei. Storie di genitori, storie di figli, storie di chi non è riuscito a giocare la sua partita e storie di chi, grazie ad uno sconosciuto, ha la gioia di condividere questo dono e impegnarsi affinché sempre più
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giovani si iscrivano al registro dei potenziali donatori di cellule staminali emopoietiche, prodotte dal midollo osseo. Questa è l’attività di ADMO: andare incontro alla gente nelle scuole, nelle università, nelle caserme, nelle piazze affinché siano fornite le corrette informazioni e i giovani tra i 18 e i 35 anni maturino consapevolmente la scelta di fare un dono unico e prezioso, che cambierà sicuramente la vita di chi lo riceverà, ma vi posso assicurare che anche la vita del donatore resta profondamente, positivamente e indelebilmente segnata. Perché essere donatore effettivo significa rivivere mille volte il momento in cui arriva La Telefonata: “signora, le confermiamo la compatibilità con il ricevente. Conferma la sua volontà di donare?”, e ogni volta avere le lacrime agli occhi per l’emozione. Donare il midollo osseo significa scoprire di essere assolutamente unici, di essere quell’unico faro che può fornire la luce della speranza nella buia notte della malattia. Donare il midollo osseo significa sentirsi dire “sei un eroe”, senza aver fatto nulla di speciale, ma sapendo che è così che si cambia il mondo. Donare significa consentire ad un bambino di diventare grande, ad un giovane di realizzare i suoi sogni, ad un adulto di diventare padre e madre.
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er condividere queste emozioni e portare un messaggio di speranza prima delle feste natalizie, ADMO Viterbo sta organizzando la quindicesima edizione di Danzando per la vita a Natale. L’evento nasce sia con l’intento di sensibilizzare la popolazione alla donazione di midollo osseo, sia per raccogliere i fondi necessari ad ADMO Viterbo per
creare una borsa di studio da offrire a giovani biologi impegnati nello studio della tipizzazione HLA (l’esame per l’inserimento dei potenziali donatori nel registro mondiale); inoltre i contributi ci consentono di continuare ad organizzare gli incontri di sensibilizzazione nelle scuole, di creare materiale informativo aggiornato e di supportare le attività della segreteria. L’appuntamento è per domenica 21 dicembre alle 21.00, presso il PalaMalè (Palazzetto dello sport) a Viterbo; l’ingresso prevede un’offerta minima di 5 euro. I biglietti si potranno acquistare direttamente la sera dello spettacolo. Ci saranno molte scuole di danza di Viterbo e provincia, per dare vita ad una grande varietà di stili: dalla danza moderna e classica all’hip hop e al flamenco, passando per la ginnastica artistica e ritmica, includendo i ritmi sudamericani. Quest’anno abbiamo anche l’onore di un ospite molto speciale, che ha fatto la storia della danza italiana: il ballerino e coreografo Franco Miseria. Il tutto si concluderà con un ballo finale molto speciale, che coinvolgerà tutte le scuole... ma non voglio rovinarvi la sorpresa. Sicuramente sarà una serata in cui sarà impossibile annoiarsi!
Per maggiori informazioni sulle attività locali di ADMO Viterbo potete consultare la pagina Facebook “ADMO Viterbo” oppure scrivere a admoviterbo@libero.it Per approfondire il tema della donazione di midollo osseo, potete visitare il sito www.admo.it Donatori ADMO. Donatori di Vita.
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ospiti
mentre cucino
Caro Babbo Natale Monica Angela Baiona
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Caro Babbo Natale, io sono Rosa, ma sicuramente tu lo sai, la mamma dice che tu sai sempre tutto. Per Natale quest’anno ti volevo chiedere un gioco che ho visto l’altro giorno al supermercato ma la mamma dice che costa troppo. Io le ho detto che tu non hai bisogno dei soldi perché non li vai mica a comprare i regali! Lei è stata un po’ zitta poi mi ha risposto che tu non hai tutti i giochi del mondo e mi ha detto che è meglio se ti chiedo più di uno dono e poi sarai tu a decidere quale puoi portarmi. Per favore guarda bene nella tua grande casa in montagna e cerca il primo giocattolo che ti scrivo perché è il mio preferito. Io so che tu sei una persona molto buona e gentile e anche io voglio essere gentile con te quindi vicino a questa letterina ti lascerò una fetta di crostata con la ricotta. Ho aiutato la mamma a prepararla e sono sicura che ti piacerà moltissimo perché è veramente buona. La ricotta la fa il mio babbo con il latte delle pecorelle che abbiamo in campagna e la mamma dice che è la ricotta più buona del mondo perché il babbo la fa con amore. E poi dato che io sono golosa e sicuramente anche tu lo sei, sopra la ricotta ci ho spalmato la marmellata di more. Le more le abbiamo raccolte io e mia sorella quest’estate e la marmellata l’ha preparata la mia mamma. Il mio babbo dice che è la marmellata più buona del mondo perché la mamma la prepara con amore. Ora vado a dormire perché so che non ti fai vedere quando lasci i doni sotto l’albero. Io cercherò di sbirciare un pochino dietro al vetro della finestra vicino al letto e se vedi una bambina che ti saluta sono io! Ciao Babbo Natale ti ringrazio per il dono che mi lascerai sotto l’albero e ti prometto che sarò contenta qualsiasi cosa mi regalerai perché sono sicura che me lo avrai fatto con amore.
© Lietta Granato
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Crostata con la ricotta INGREDIENTI
250 gr di farina 00 150 gr di burro 100 gr di zucchero 2 tuorli d’uovo Mezza bacca di vaniglia Un pizzico di sale Per il ripieno: 300 gr di ricotta a piacere 4 cucchiai di zucchero Per decorare: marmellata a piacere PREPARAZIONE
Amalgamare il burro con i granelli estratti dalla bacca di vaniglia, unirlo allo zucchero poi aggiungere la farina, le uova e il pizzico di sale. Impastare tutto velocemente con le mani, formare una pallina da far riposare in frigorifero per almeno 30 minuti. Spalmare un po’ di burro su una teglia e far aderire un foglio di carta da forno sul quale stenderete la pasta frolla. Versare la ricotta mescolata con lo zucchero e infornare in forno già caldo per circa venti minuti a 170 gradi. Dopo averla sfornata aspettare che la crostata si raffreddi e farcire con la marmellata che più vi piace.
Il 20 dicembre, ore 18 circa, Monica Angela Baiona presenterà il suo nuovo libro “La Piccola Chiave Magica” edito da Davide Ghaleb Editore. La presentazione si terrà a Viterbo presso il MAT in via del Ganfione, 16/18 (prima traversa di via San Lorenzo venendo da piazza del Comune)
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cura del corpo
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L’alga della salute L’ultimo “supercibo” disponibile naturalmente. M.G.
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l lago Klamath è il più grande bacino dell’Oregon, è sito ad un’altidudine di 4.140 m, misura 32 km di lunghezza e 12,9 di larghezza. La sua posizione è a nord della città di Klamath Falls ed è alimentato da 17 corsi d’acqua ricchi di minerali che lo pongono in simbiosi con il vicino Crater Lake, formatosi 7.700 anni fa nella caldera collassata del vulcano Mount Mazama. L’alta concentrazione di nutrimenti lo caratterizza come lago naturalmente eutrofico ed unico nel suo genere, fattore che – in aggiunta ai 300 giorni di sole l’anno – lo rende ambiente eletto per una varietà particolarissima di Aphanizomenon Flos Aquae, una microalga verdeazzurra nota per questo anche come alga Klamath. Conosciuta dalle popolazioni del passato come alimento di tipo superiore, questa microalga è diventata oggi una vera rarità, in quanto si trova in
forma commestibile e selvatica solo nel lago sopra citato. L’alga Klamath è definibile l’ultimo supercibo selvatico del pianeta in quanto una volta essiccata conserva oltre 100 nutrienti (14 vitamine, 60 minerali, 20 amminoacidi e acidi grassi omega 3) di cui ben 13 vitamine e minerali risultano rilevanti secondo i Livelli di Assunzione di Riferimento (LARN) e quindi coprenti la quantità necessaria al fabbisogno giornaliero di queste sostanze. In materia di prodotti, lo studio di questa pianta acquatica ha portato allo sviluppo di due estratti brevettati, il primo che sfrutta le proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antitumorali delle AFA-ficocianine ed il secondo invece focalizzato sul sostegno dell’umore e dell’attenzione e delle proprietà neuromodulatorie generali.
Shao Yang Via delle Piagge, 1/1a - 0761 305401
GRANI COIFFEUR (Via dell’Orologio Vecchio, 60 - 0761 220911 - 338 6661838) Erano gli anni del dopoguerra, precisamente il 1947, quando mio nonno Osvaldo Grani assieme a mia nonna intraprese questa avventura nel mondo dell’acconciatura. Da allora, in salone è subentrato mio padre Franco ed infine io. Di generazione in generazione il nostro negozio è diventato un punto di riferimento per le nostre clienti. Offriamo un’ampia gamma di servizi, sempre al passo con le tendenze del momento e non trascurando l’aspetto tricologico della salute di cute e capelli, grazie ai trattamenti a base di olii essenziali.
Grani Coiffeur Via dell’Orologio Vecchio, 60
Abbiamo inoltre avviato una “spa per capelli”: bagno e massaggio con olio caldo di jojoba o di mandorla, Cascata ai Sali del Mar Morto, trattamenti aromatocosmetici personalizzati e visita gratuita mensile da un nostro consulente tricologico. Forniamo anche consulenze d’immagine, consigliando e trovando le migliori soluzioni per ogni singola cliente.
usa il QR code per accedere ai servizi online: appuntamenti ed eventi in tempo reale, mappe interattive e altre info
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Il polpo innamorato I migliori prodotti dal lago e dal mare. M.G.
a ristopescheria Il polpo innamorato, anche nota come “da Otello”, è un’attività che è nata all’Ellera nel 1975 e qui rimane ancora oggi, anche se in un locale diverso, sito a largo S. Bernardino da Siena, 37. Qui è possibile comprare pesce fresco sia di lago che di mare, con approvvigionamento per quanto riguarda quest’ultimo da Porto Ercole, San Benedetto del Tronto, Civitavecchia e Porto Santo Stefano con particolare attenzione più alla qualità che alla quantità. La particolarità del nuovo punto vendita aperto nel 2013 è poi la vendita di piatti pronti a base di pesce, non un semplice take away, ma un servizio di vera e propria cucina da asporto anche per eventi come compleanni e ricevimenti. A questo proposito il menù base prevede un’ampia scelta di piatti oltre ai quali è comunque possibile inoltrare richieste specifiche. Tutti i prodotti crudi e marinati sono sottoposti ad abbattimento termico come previsto dal decreto del Ministero della salute.
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Orario: da martedì a sabato mattina e pomeriggio, domenica solo mattina, chiuso il lunedì. Largo San Bernardino da Siena, 37 - Viterbo Tel. 0761 352546
Green Corner
Il Portico
Il polpo innamorato
Via San Pellegrino, 6
Via Fontanella del Suffragio, 10
Largo San Bernardino da Siena, 37
usa il QR code per accedere ai servizi online: appuntamenti ed eventi in tempo reale, mappe interattive e altre info
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a tavola
Tutte le cose fatte con amore diventano arte G.L. - Foto di Manuel Gabrielli
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uesta frase è dipinta in bella vista sopra al forno de Il Portico, e racchiude in sé l’assioma più importante della filosofia di questo locale. Fu Piero Cardoni in persona a voler incidere queste parole all’altezza dello sguardo del pizzaiolo, affinché non dimentichi mai quanto sia importante realizzare con cura un prodotto così popolare. Al “ponte di comando” sia del locale che del forno oggi c’è Gabriele Gatti. Facciamo due chiacchiere con lui per farvi scoprire quanto studio sia necessario per deliziare i palati dei clienti. Gabriele, parlaci un po’ della tua preparazione e del tuo percorso professionale. «Cinque anni fa, dopo aver conseguito il diploma presso la scuola alberghiera, ho voluto seguire la mia passione frequentando a Roma la scuola dell’Associazione Pizzerie Italiane. In seguito ho lavorato in vari locali, anche a titolo gratuito, pur di acquisire la conoscenza dei vari tipi di forni e delle lavorazioni della pizza. Ho continuato a studiare impasti e metodi di lavorazione per conto mio, trovando uno stile personale che prevede un impasto a lunga lievitazione.»
rante la lievitazione i batteri mangiano gli zuccheri della farina, producendo anidride carbonica. Studiando l’aspetto chimico dell’impasto appare evidente che occorre lasciar fare il proprio corso alla lievitazione: più tempo passa e più batteri si eliminano, perché dopo aver mangiato gli zuccheri essi muoiono. Se non si lasciano passare almeno 24 ore (ma l’ideale è intorno alle 72 ore), la pizza mangiata continuerà a lievitare nella pancia, lasciando una sensazione di gonfiore: delle nostre pizze invece se ne possono mangiare anche un paio senza provare nulla di simile! Inoltre, l’anidride carbonica rilasciata rende l’impasto gonfio, permettendo alla cottura di essere notevolmente più uniforme e veloce.»
Diamo un’occhiata al vostro forno a legna… presenta qualcosa di particolare giusto? «Già, la pietra del forno è rotante, e come puoi vedere ha un meccanismo che solleva la piastra. Questo permette alla pietra di essere sempre calda e la rotazione permette una cottura perfetta su tutta la superficie della pizza. In questo modo poi la farina non brucia e rimane sulla piastra, evitando di lasciare quei residui amari e dannosi per la salute.» Se aggiungiamo che Il Portico propone anche una linea di pizze senza glutine, cotte rigorosamente in un forno a parte, non vi resta che venire qui in via Fontanella del Suffragio per provare di persona queste delizie fatte… a regola d’arte!
Che vantaggi offre, in termini di qualità, un impasto a lunga lievitazione? «Rispetto ad una lievitazione breve la pizza risulta più leggera da digerire. DuDECARTA DICEMBRE 2014
Via Fontanella del Suffraggio, 10 - Viterbo Tel. 0761 321143
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Quaranta anni di Cooperativa Zootecnica Viterbese La filiera chiusa, corta, locale.
Via Carlo Cattaneo, 26/a - Viterbo Via del Santuario, 10 - La Quercia VT
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u nel 1974 che alcuni allevatori decisero di unire le forze. Lo scopo fondante era quello di creare una filiera zootecnica chiusa, attraverso la quale valorizzare i propri prodotti. Fu da questo primo incontro che nacque la Zootecnica Viterbese Società Cooperativa che oramai da 40 anni porta sulla tavola dei viterbesi l’eccellenza locale in materia di carne. Oggi i risultati di questi anni di lavoro sono rappresentati da numeri importanti, oltre 170 aziende coinvolte, 39 addetti, 16 milioni di euro di fatturato e l’indubbio merito di essere il comparto agricolo allevatoriale più importante della provincia di Viterbo. Una delle caratteristiche più importanti della Zootecnica Viterbese è quella di essere a filiera chiusa e corta. Per filiera, secondo il termine coniato dall’agronomo Louis Malassis, si intendono tutte le tecnologie, le risorse, le organizzazioni e le attività che si susseguono per passare dalla creazione alla commercializzazione di un prodotto. Quando questa filiera è chiusa e corta vuol dire che tutti questi processi avvengono in un unico ambito, in questo caso quello della Cooperativa Zootecnica. Il vantaggio è quello di poter controllare l’intero processo produtVI
tivo e di poter quindi, oltre che ridurre i costi, anche fornire al consumatore delle garanzie in più.
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a filiera della Zootecnica Viterbese vede i suoi processi iniziare dalla mangimistica, prodotta partendo da leguminose e cereali forniti dalle produzioni degli stessi soci e poi trattati presso lo stabilimento comune di micronizzazione sito a Monterazzano. Ancora prima di essere scaricati, i cereali vengono controllati per verificare la presenza di aflatossine e, solo una volta superato questo primo test, vengono destinati all’alimentazione degli animali. Il trattamento di micronizzazione è importante in quanto, attraverso una cottura rapida ed uniforme, scompone gli amidi in zuccheri e rende il mangime più digeribile per gli animali. La qualità dei mangimi è nota, tanto che sono disponibili anche per la vendita ad altri allevatori non facenti parte della cooperativa. Oltre ai mangimi complementari vengono prodotti anche farine di mais, orzo, favino, farina di estrazione di soia, polpe di barbabietola e cotone ad uso zootecnico. Il bestiame, allevato presso le migliori realtà zootecniche della zona, nutrito con il mangime sopra descritto, viene ritirato dal personale della cooperativa e dopo la regolare visita veterinaria della A.S.L. viene macellato presso il mattatoio comunale di ViDECARTA DICEMBRE 2014
terbo. Da lì il percorso sarà breve per arrivare sui banchi della rete di vendita di proprietà della cooperativa stessa. Oltre alla carne la Zootecnica Viterbese produce anche circa 2.600.000 litri di latte ovino e 13.000.000 di latte bovino. La commercializzazione avviene attraverso la distribuzione di Centrale del Latte di Roma SpA, della quale è parte dell’azionariato tramite Finlatte SpA e attraverso i prodotti di caseifici locali.
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NON SOLO CARNE Questo importante cuore allevatoriale è di fondamentale importanza anche per la distribuzione dei prodotti di altre aziende facenti parte della cooperativa ma vocate ad altro tipo di produzioni. Nei punti vendita della Zootecnica Viterbese sono infatti presenti i prodotti di eccellenze locali come olio, vino, passate di pomodoro, confetture ed ortaggi freschi.
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Un matrimonio in campagna Style Me Pretty premia la professionalità italiana. Foto di Isabelle Hesselberg
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rande successo per la collaborazione per metà viterbese e per metà internazionale: Laura Lieto, wedding planner e organizzatrice di eventi, curatrice del blog Ricevere con Stile, è la regista di questo meraviglioso shooting fotografico! La grande professionalità delle artigiane della Tuscia, delle colleghe romane, della stylist e della fotografa svedese sono state premiate da uno dei più imponenti blog internazionali sul wedding! Style Me Pretty ha infatti regalato un redazionale unico per l’equipe di cui sopra, tutto girato nell’agriturismo I giardini di Ararat, cornice da sogno per ambientare questa piccola favola. Piccola favola che potrà ripetersi ogni volta che due giovani sposini varcheranno la soglia de I giardini di Ararat.
Photography: Isabelle Hesselberg / 2 Brides Photograpy Event Design: Ricevere con Stile Floral Design: Officina dei Fiori Invitations: Calligraphando Desserts and Cake: Le Cose Buone Film Lab: Carmencita Film Lab Ribbons: Silk and Willow Tulle Skirt: Vlab Store Vintage Rental: Chiara Antiques Wedding Venue: I giardini di Ararat
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LE COSE BUONE (Via della Marrocca, 66 - 0761 092214)
Le Cose Buone
La scelta del nome di questa pasticceria dolce e salata non è casuale; gli ingredienti esclusivi che potete trovare in tutti i loro prodotti sono la cura per la scelta delle materie prime, l’attenzione per packaging e grafica, e soprattutto la grande competenza. La perfetta simbiosi tra i titolari della pasticceria permette di ottenere risultati deliziosi: dall’attenta selezione delle materie prime rigorosamente a km 0, curata personalmente da Giovanbattista, alle creazioni di Renée, che ha studiato agraria e conosce i segreti degli ingredienti, fino alla sapienza della regina del laboratorio, sua mamma Anna. I sapori locali che caratterizzano i prodotti de Le Cose Buone sono ottenuti senza alcun additivo, colorante o conservante. Da Le Cose Buone troverete il meglio, la varietà non manca. Tutto viene preparato con amore e rispetto per la salute (ed il palato) del cliente, con un occhio di riguardo verso le intolleranze alimentari. Provate in prima persona e… scoprite la differenza!
Via della Marrocca, 66
CAFFETTERIA CAPOCCETTI (Via Marconi, 53/55 - 0761 347169) Benvenuti alla Caffetteria Capoccetti, siamo in un luogo denso di storie e ricordi, che dal 1930 porta la stessa insegna, sinonimo di qualità e di grande rispetto per una lunga tradizione familiare che in tanti anni lavora per migliorarsi. Quel profumo di caffè che una volta inondava via Marconi e che ha accompagnato tante persone nei loro gesti più quotidiani può ora essere rievocato in tazzina, degustandolo nel nostro caldo ambiente. Vi aspettiamo a colazione per darvi il nostro migliore buongiorno e in qualsiasi altro momento della giornata per offrirvi una pausa piacevole e un prezioso momento di relax. Caffetteria Capoccetti Via Marconi, 53/55
PASTICCERIA GARIBALDI (Via Garibaldi, 24 - 0761 306992) Con l'inverno arriva anche il periodo natalizio e oltre ai prodotti tipici da pasticceria si ripresentano anche le specialità stagionali. Dentro la vetrina della Pasticceria Garibaldi troverete torroni di vario genere, numerose creazioni di cioccolato come presepi, stelle comete, abeti e babbi natali, oppure pandori, panettoni e l'immancabile pan giallo viterbese, un dolce tipicamente invernale realizzato con un impasto di farina e uovo con noci, nocciole, mandorle, pinoli, cioccolato, miele, scorzette di arancia e cedro, uva passa e cacao. Pasticceria Garibaldi Via Garibaldi, 24
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MAGO SCIAMANO PAPA LEGBA (Via Marini, 2 - 0761 347550 - 339 3003957)
Mago Sciamano Papa Legba Via Marini, 2
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Sciamanesimo, in antropologia culturale, è un termine che indica l’insieme delle credenze ed il modo di vivere e di vedere il mondo, di società animiste non alfabetizzate, imperniato intorno ad una particolare figura di guaritore-saggio ed alla sua attività magico-religiosa: lo sciamano. Lo sciamanesimo si riferisce a una vasta gamma di credenze e pratiche tradizionali che comprende la capacità di diagnosticare e curare malattie, nonché tutti i possibili problemi della comunità e del singolo, dal come procurarsi il cibo al come sbarazzarsi dei nemici. Ciò attraverso l’asserita capacità dello sciamano di “viaggiare” in stato di trance nel mondo degli spiriti e di utilizzare i loro poteri. È questa la principare caratteristica dello sciamano che lo contraddistingue da altre forme di guaritore.Secondo svariati dizionari etimologici, la parola sciamano (per la prima volta attestata nel 1698) sarebbe entrata nell’italiano dall’inglese shaman, questo (attraverso lingue slave e germaniche) dal tunguso sanab, a sua volta dal pali samana, derivano dal sanscrito sramana che significa “monaco”. Da notare la radice indoeuropea sa– legata al verbo “sapere”. Il maestro è aiutato dalla sua allieva oxum Maria Luisa che è una entità spirituale, cartomante e sensitiva.
intrattenimento
BLITZ (Via della Sapienza, 1 - 0761 309133) Il Blitz Caffè con i suoi 13 anni di attività ininterrotta, di cui 8 con la corrente gestione, è definibile un’istituzione tra i locali cittadini. Aperto fin dalle 7 di mattina offre colazioni, pranzi e dalle 19 in poi un ricco aperitivo/buffet. Il suo bancone a 360° è inoltre luogo affermato della movida viterbese e punto di riferimento per ciò che riguarda la preparazione di cocktail. Il mercoledì sera ed il fine settimana sono dedicati alla musica con numerose esibizioni live. Vengono poi ospitate periodicamente mostre fotografiche e pittoriche in continuo cambiamento.
Blitz Caffè Via della Sapienza, 1
Mercoledì 3: Screams in the Backyard (hard rock - blues) Giovedì 6: festa in maschera con i Roll Over (rhythm & rock ’n’ roll band) Mercoledì 10: Gangbang (musica demenziale) Venerdì 12: T.H.E. Rome Blues Authority (blues) Mercoledì 17: OiGO (cantautorato alternativo - folk) Venerdì 19: Gli sciroccati (rock italiano) Per date successive e cambiamenti: www.facebook.com/blitzarte.eventi
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Daniele Cordisco il nuovo talento del jazz italiano Arriva il suo primo lavoro discografico dal titolo “This Could Be The Start”.
Nel suo stile ci ritrovi un senso del blues e del groove che solo chi nasce oltreoceano e con la pelle di un certo colore può avere. osì Dario Deidda, jazzista, tra i migliori bassisti elettrici al mondo, vecchia conoscenza del JazzUp Festival, parla di Daniele Cordisco, chitarrista jazz che nonostante i suoi soli ventisei anni, vanta già un curriculum da affermato professionista, e che ora presenta il suo primo lavoro discografico dal titolo: This Could Be The Start, per l’etichetta discografica Nuccia.
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Musicista per vocazione (il padre Nicola è anch’egli jazzista), nato nel 1988 a Campobasso, impegnato spesso con l’Orchestra Italiana e gli Swing Maniacs, le formazioni fondate dal grande Renzo Arbore, collabora ora con tanti altri artisti della scena internazionale. Ha ricevuto una serie innumerevole di riconoscimenti e premi, tra i quali il prestigioso Primo Classificato al Premio Internazionale Massimo Urbani 2013, l’importante riconoscimento che ha lanciato alcuni dei nostri più importanti musicisti jazz come: Rosario Giuliani, Gianluca Petrella, Francesco Cafiso e altri. Nell’occasione la giuria era presieduta da Fabrizio Bosso, che parla così del giovane jazzista italiano: «Daniele è un musicista dotato di grande swing e inoltre, ed è la caratteristica che apprezzo maggiormente, la sua disponibilità e educazione come persona si riflette in modo evidente nel suo far musica, sempre misurato, senza mai fare una nota che non sia necessaria. Per me questo denota una
grande maturità.» Il JazzUp ha più volte collaborato con il Premio Urbani ed è testimone della bontà della manifestazione che si svolge ogni anno a Camerino, fa particolarmente piacere costatare che anche in questo caso la kermesse ha svolto una funzione di fucina di eccellenza. Siamo di fronte quindi a un vero talento musicale, un modo del tutto personale di suonare la chitarra, molto pulito, che dimostra maturità, sicurezza e senso dello swing. Raggiunto telefonicamente Cordisco ci parla del suo lavoro appena concluso: «È un album, dove suonato musicisti del calibro dei fratelli Deidda, Fabrizio Bosso, Pietro Lussu, Antonio Caps, Dario Rosciglione e Giovanni Campanella, con brani di inediti e standard jazz americani. Dentro ci sono blues, jazz, ma anche bossa nova e molta musica americana degli anni ’60. Inoltre, i brani originali sono stati tutti composti da me in collaborazione con Giuseppe Vadalà, che di questo lavoro è anche produttore e arrangiatore.»
This Could Be The Start è effettivamente un gran bell’album tutto da scoprire. Tra i brani originali, la solare Winton Samba, che richiama le atmosfere della bossa nova degli anni ’50; una composizione scanzonata e leggera, come spesso capita di trovare in questo genere. Autumn Sunset, una ballad di stile romantico-malinconico ispirato a Henry Mancini. Blues for Ray un pezzo dedicato a Ray Brown, pietra miliare del bebop, ricordato per la sua grande potenza di suono al fianco di Charlie Parker e Oscar Peterson e Woo Chen, un pezzo con una forte componente ritmica, dove le sonorità dell’organo e della chitarra catturano l’ascolto. Siamo certi sia appena iniziata la lunga carriera artistica di questo giovane chitarrista che, al pari di grandi nomi del passato, ha colto da subito l’attenzione degli addetti ai lavori. Così come sappiamo che anche il pubblico dei “jazzappisti”, avrà modo di conoscerlo meglio e di apprezzarne le doti, magari a Viterbo durante la prossima edizione del Festival.
Playing with Daniele Cordisco was a pleasure, he reminds me of the great guitarists of the past but with his own take on music… One which is steeped in the tradition of swing! (Gregory Hutchinson)
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E la musica si fonde con la Natura JazzUp incontra Gianni Naso.
iamo andati a trovare un grande amico del JazzUp, un personaggio che da qualche anno si è stabilito nella Tuscia, parliamo di Gianni Naso, DJ di fama, musicista, attore di teatro e direttore artistico, ora imprenditore agricolo nella splendida location del suo agriturismo L’Accordo a Vetralla. Ci accoglie in una sala, dove tutto parla di musica e di spettacolo: un pianoforte, chitarre, sassofoni alle pareti, addirittura una batteria posta ad arte, in mezzo a luci colorate e ai tavoli dove sono serviti piatti tipici dal buon sapore di una volta.
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Gianni quali sono stati i momenti più espressivi della tua lunga carriera? Ci sarebbe da scrivere otto pagine. Tutto iniziò con Alberico Crocetta, l’inventore del Piper, un locale indimenticabile, un’icona di una generazione intera e un vero e proprio fenomeno di costume. Un talent che lanciò nomi del calibro di Patty Pravo, Mal dei Primitives, Mia Martini e tanti altri. Io venivo dal cabaret e mi coinvolse in questa sua attività artistica e dal 1969 al 1970 lavorai nel suo locale di Roma e nell’omonimo di Viareggio. Il tuo cammino artistico ha avuto un costante percorso di ascesa… Sì una svolta importante fu nel 1979 quando mi chiamò Gianni Ravera, il patron del Festival di San Remo, che mi propose di curare la direzione artistica della manifestazione. Decisi così di dare un segno di cambiamento rispetto al passato, anche per rilanciare la risonanza della kermesse sanremese in quel tempo appannata, con una svolta radicale. Feci esibire i concorrenti senza la tradizionale orchestra, ma con l’utilizzo di basi musicali. Era l’edizione del 1980 e chiamai a presentare Claudio Cecchetto e Roberto Benigni. Fu un festival che fece parlare molto.
Quali sono i personaggi che ancora oggi ricordi maggiormente? Beh non posso non citare la grande professionalità di Renzo Arbore, o l’eleganza di Julio Iglesias, la stravaganza di David Bowie, le provocazioni di Grace Jones che tutti chiamavamo “la pantera nera”, l’imprevedibilità di Loredana Bertè, con la quale ebbi diverse incomprensioni, la creatività di Renato Zero o la bellezza di Sterling Saint Jacques.
anch’io nella splendida natura di questo posto.
Tu sei stato uno dei più acclamati DJ italiani, oggi com’è cambiato il modo di fare discografia in Italia? Prima gli artisti e le case discografiche, una volta chiuso il missaggio dell’album, facevano riferimento ad un mercato attento alla promozione radiofonica di settore. Si proiettava il disco nei circuiti dei locali e delle discoteche fino ad arrivare e quelli televisivi. Ora tutto è stato stravolto, con l’avvento dei talent show e con l’uso esasperato dell’elettronica, è ora il web, il mondo dove girano gli interessi del pubblico e quindi delle major multinazionali che detengono gran parte del mercato musicale.
Sappiamo che a volte ti esibisci privatamente per i tuoi amici questo vuol dire che il leone ha nostalgia di cavalcare la scena o che è possibile un tuo ritorno in grande stile? Si è vero, mi diverto con i tanti amici musicisti, artisti che vengono a trovarmi durante l’anno. La voglia del palcoscenico è sempre molto forte, ma ho ormai una certa….e sinceramente preferisco vedere l’applauso nel sorriso dei miei clienti dopo il loro soggiorno qui all’Accordo, quando soddisfatti se ne tornano alle loro consuete attività.
Dalla musica alla natura, com’è stata possibile questa trasformazione da artista a imprenditore agricolo? In realtà io amo la natura e la mia famiglia ha sempre avuto questa vocazione agricola, già i miei nonni coltivavano dei terreni, ora anch’io mi sono appassionato e seguo personalmente questa nuova attività che mi procura altrettante soddisfazioni. Sei a Vetralla e l’Agriturismo L’Accordo, che segui ormai da tanti anni insieme alla tua famiglia, è una delle più belle strutture che la Tuscia possa vantare. Sì, il caso ha voluto che incontrassi Sandrino Aquilani, attuale sindaco di Vetralla, per collaborare con la sua etichetta discografica, e ora mi ritrovo immerso
Quali sono i prodotti fiori all’occhiello della tua azienda agrituristica? Noi produciamo olio extravergine di oliva e vino, tutto prodotto biologicamente, e li confezioniamo esclusivamente per la nostra clientela, in modo che si possa gustare tutta la bontà dei sapori e dei profumi di questa terra.
Agriturismo L’Accordo Località Poggio Montano 01019 - Vetralla (VT) (+39) 0761 460097 www.agriturismolaccordo.it
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artigianato
Viaggio al centro della ciminiera L’antico lavoro dello spazzacamino. G.L.
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er introdurre la nostra rubrica sull’artigianato, torniamo a parlare degli antichi mestieri manuali. Alcuni di essi sono spariti, altri si sono trasformati pur mantenendo un’aura di antichità e fascino. Con l’arrivo dei primi freddi, i fortunati che possiedono un bel camino in soggiorno avranno già fatto provvista di legna per accendere il focolare: chi è che si occuperà di pulire le canne fumarie? Lo spazzacamino ovviamente! La nascita di questa mansione è databile tra il Seicento ed il Settecento. Inizialmente questo ruolo veniva ricoperto da bambini orfani o provenienti da famiglie poco abbienti: lo spazzacamino infatti doveva avere una corporatura piccola ed esile, in grado di infilarsi nelle condotture per effettuare la manutenzione. Una regione italiana ricca di queste figure era il Piemonte: Val Vigezzo era nota come la valle degli spazzacamini, visto che da lì molti essi partivano verso le città del Nord Europa.
Anticamente il lavoro veniva eseguito con tecniche rudimentali. Si utilizzavano delle corde da calare dal comignolo fino al focolare; all’estremità vi erano matasse di rovi o pungitopo, che grattavano via la fuliggine tirando su e giù. Attualmente la tecnologia è amica dello spazzacamino: prima del lavoro è necessaria una video ispezione del condotto, ed al posto di corde, spatole e raschietti metallici improvvisati, a loro dispozione ci sono spazzole flessibili di vario genere, a seconda delle esigenze. Inoltre non è più un mestiere solitario e quasi romantico, ma le operazioni di pulizia vengono svolte da piccole equipe.
schornsteinfeger in piena regola. Il rischio delle intossicazioni da monossido di carbonio non è uno scherzo. Nell’immaginario collettivo lo spazzacamino spesso è associato all’interpretazione di Dick Van Dyke che volteggia sui tetti di Londra cantando Cam Caminin nel film Mary Poppins: ma questo mestiere in realtà comportava grossi rischi e richiedeva uno sforzo notevole, purtroppo malpagato e relegato al sottoproletariato disposto a sporcarsi di fuliggine dalla testa ai piedi. Per fortuna, gli attuali operatori del mestiere hanno ottenuto il giusto riscatto!
Per tanti anni gli spazzacamini hanno svolto il proprio lavoro liberamente, ma ai giorni nostri una legge impone loro di assumersi delle responsabilità in caso di poca diligenza professionale: in Germania è addirittura vietato effettuare la pulizia della propria canna fumaria, ed occorre necessariamente contattare uno
Bonucci Laboratorio Orafo
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Mobili e non solo All’insegna dell’eccellenza. a Fonte del Legno è un falegnameria viterbese che vanta 30 anni di esperienza nella realizzazione di mobili su misura e fa dell’eccellenza il proprio biglietto da visita, impiegando per le proprie esclusive creazioni solo legni pregiati e materiali di prima qualità. L’offerta è vastissima e comprende qualsiasi tipo di prodotto che sia ricavabile dal legno: camere da letto, cucine, mobili da bagno, armadi, scalinate, porte, finestre, infissi e serramenti. Un profondo rispetto della tradizione artigianale, frutto di una lunga esperienza nel settore, si unisce ad una costante ricerca tecnologica per mettere a disposizione della clientela soluzioni di arredo raffinate e curate nei minimi dettagli. Il personale della struttura è altamente specializzato ed impegnato nell’eseguire un controllo costante in tutte le fasi della produzione, dalla progetta-
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zione alla fabbricazione, fino al trasporto e all’installazione. Sempre guardando all’eccellenza il ciclo produttivo si avvale dell’impiego di macchinari tecnologicamente avanzati in modo di garantire precisione e affidabilità nella creazione di manufatti di ogni tipo, dalle cucine all’arredamento da esterni. Chiunque sia interessato può richiedere un preventivo a titolo gratuito. Ricordiamo poi che tutti i mobili possono usufruire della possibilità di finanziamento, anche a tasso zero.
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Tatuaggi e non solo
Tra classico e moderno
Tante novità al Fat Cat Tattoo Studio.
L’arte orafa di Danilo Bonucci.
opo l’inaugurazione del 16 novembre il nuovo Fat Cat Tattoo Studio di Saverio è operativo ed in vista ci sono importanti collaborazioni che lo renderanno un punto di riferimento di rilievo: la filosofia è sempre quella di promuovere maggiormente la conoscenza dell’arte del tatuaggio.
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A tale scopo i locali dello studio ospiteranno tatuatori provenienti dall’Italia e dall’estero, per dar modo a tutti di entrare in contatto con differenti stili e talenti ed ampliare così la propria cultura in materia. Inoltre all’interno del Fat Cat Tattoo Studio sarà disponibile per l’acquisto un’ampia scelta di prodotti e strumenti delle migliori marche rivolti ai tatuatori. Viale Armando Diaz, 54/d - Viterbo Tel. 328 6835651 DECARTA DICEMBRE 2014
l laboratorio nasce nel 1990 nel centro storico della città di Viterbo, dall’idea del maestro orafo Danilo Bonucci. L’indirizzo dell’attività è artigianale e i gioielli vengono realizzati avvalendosi delle tecniche classiche e moderne dell’oreficeria. Nel tempo il laboratorio si è arricchito della collaborazione di altri componenti specializzati: una designer laureata in moda e una cerista, diplomata in decorazione su ceramica. Dal connubio sono nate linee di tendenza moderna e gioielli preziosi esclusivi, che montano pietre uniche con tagli e caratteristiche particolari. Negli ultimi anni il laboratorio si avvale dell’uso della moderna progettazione e prototipazione in 3D, con l’utilizzo della quale è possibile visionare i lavori prima della realizzazione. L’impresa ha ottenuto il riconoscimento dalla Regione nel settore dell’artigianato artistico e tradizionale, con il contrassegno d’origine e qualità rilasciato dalla Camera di commercio. La firma Bonucci è depositata all’ufficio metrico di Viterbo, in modo da garantire ad ogni creazione una propria esclusività. Piazza della Rocca, 3 - Viterbo Tel. 0761 346360 XV
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Welcome to More Fire L’universo snowboard, skateboard e streetwear a 360° G.L.
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li appassionati di skateboard, snowboard e streetwear in generale possono contare su un luogo attento a tutte le loro esigenze: il negozio More Fire, oltre a vendere abbigliamento ed accessori delle migliori marche, è anche un promotore di iniziative che vanno oltre le mura del locale. Ne parliamo con Marco Bisti, fondatore e proprietario di More Fire e soprattutto grande amante della cultura che gravita attorno alla sua attività. Allora Marco, raccontaci la storia del tuo negozio. «More Fire è nato nel settembre del 2005 come skate shop, ma dal 2010 si è ampliato con la realizzazione di un’area snowboard al piano superiore. Sono appassionato di skateboard e snowboard da molti anni: in precedenza ho lavorato a lungo in un negozio del settore decidendo poi di portare la mia esperienza qui. L’entusiasmo è sempre stato tanto, perché More Fire ha portato a Viterbo marche mai viste prima: bisogna considerare che i giovani apprezzano e seguono le tendenze legate al mondo dello skate». Quali prodotti possiamo trovare da More Fire? «Anzitutto l’abbigliamento delle migliori marche legate agli sport estremi ed allo streetwear, come DC, Globe e Santa Cruz. È presente un vasto assortimento di equipaggiamenti tecnici sia per il mondo dello skateboard – tavole, attacXVI
chi, ruote e protezioni – che dello snowboard, al quale è dedicato un’area in cui sono disponibili tavole di marche come Capita, Rough e Slash oltre agli attacchi della Union ed accessori come occhiali, lacci e cappelli di lana. I fan della neve possono trovare i prodotti della Picture, un brand francese di livello mondiale che realizza abbigliamento ed accessori con materiali riciclati come l’eco-nylon. L’ambiente è importante: ad esempio More Fire è stato presente alla manifestazione Green City che si è svolta a settembre a Prato Giardino, dove abbiamo messo a disposizione una rampa per fare skate. Inoltre nel negozio è disponibile anche una linea di prodotti col nostro marchio e nel periodo di Natale i nostri clienti possono ricevere borse e gadget in regalo». Sappiamo che, puntando a promuovere una vera e propria cultura, il tuo è molto più di un negozio… «Esatto: More Fire si presta ad eventi legati alla musica hip-hop e reggae. Le etichette mi contattano ed ho ospitato artisti – tra i quali i rapper Low Low, Mostro, Jesto ed il gruppo reggae La Centrale – che hanno presentato dischi, firmato autografi e realizzato live. Scelgono me perché vedono il negozio come un punto di riferimento core, con una buona attitudine street. È importante avere un’identità propria oltre che una filosofia coerente con il prodotto che si va a vendere: il nome More Fire ad esempio richiama proprio al modo di dire utiliz-
zato nei testi reggae, ed io stesso ho fatto parte della band Zero Para Sound. D’altronde chi ha un negozio come il mio non è il tipo che accende la radio ed ascolta la prima cosa che passa!» Quali sono i prossimi eventi legati a More Fire? «Sto organizzando una settimana bianca a Bardonecchia, dall’1 all’8 marzo. Sono aperte le prenotazioni ed il costo di 299 euro include 6 giorni e 7 notti in un residence, oltre allo sky-pass. L’unico costo aggiuntivo è costituito dal viaggio in pullman. L’anno scorso alla settimana bianca erano presenti ben cinquanta persone, è stata una bella esperienza! In più nel corso dell’inverno organizzo dei viaggi domenicali ad Ovindoli e sul Terminillo. Mi piace molto dedicarmi a questo mondo, a 360°».
More Fire Via San Luca, 15 0761 321054
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Otto atleti viterbesi alla Maratona di New York G.L.
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a prima edizione della Maratona di New York si è svolta nel 1970. Da allora, di anno in anno la competizione ha acquisito sempre più prestigio, divenendo un affascinante punto di riferimento per tutti gli appassionati di atletica leggera. Il percorso di gara è di 42 chilometri e 197 metri e si snoda tra i cinque distretti della Grande Mela. L’edizione 2014 ha visto come di consueto la partecipazione di circa 60.000 atleti provenienti da tutto il mondo: le prime posizioni, sia sul fronte maschile che femminile, sono state conquistate da corridori kenioti, Wilson Kipsang (con un tempo di 2 ore, 10 minuti e 59 secondi) e Mary Keitany (02:25:03). Il contingente viterbese presente all’evento, composto da otto runners, si è fatto onore arrivando a tagliare il traguardo con tutti gli effettivi. Massimiliano Natalizi (03:24:49) è stato il top runner proveniente dalla Tuscia, mentre per quanto riguarda le donne c’è da segnalare l’ottima prova dell’avvocato Gioia Maria Scipio (03:44:29). La seconda atleta femminile dei Viterbo Runners, Paola Guercio, ha chiuso in 04:35:19. Ecco i tempi degli altri podisti viterbesi: Andrea Bianchini (04:19:46), Giancarlo Santia (04:26:16), Fabrizio Bagaglini (04:29.45), Armando Massarelli (04:35:19) e Bruno Buzzi (05:24:26). XVIII
Dietro al loro successo c’è un grande allenamento durato molti mesi. Per conciliare la passione per lo sport con gli impegni professionali e familiari, alcuni di loro hanno infilato le scarpe da running nelle prime ore del mattino o di sera, sfrecciando anche per le vie del centro storico. I sacrifici sono stati ripagati sulle strade newyorchesi, fieri di indossare le casacche tricolori con il loro nome stampato sopra e vivere una grande esperienza di sport a contatto con una realtà fuori dal comune, sia come organizzazione che come partecipazione.
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a oltre all’impegno quotidiano negli allenamenti, per ottenere grandi risultati occorre anche una scelta accurata dell’equipaggiamento: il negozio Zona Olimpica da anni è un punto di riferimento essenziale per tutti i podisti e camminatori della Tuscia e non solo, offrendo una vasta gamma di prodotti a loro dedicati come scarpe (da running, trail running e chiodate da atletica), abbigliamento e tutti gli accessori delle migliori marche. La selezione della scarpa viene svolta con l’assistenza di strumenti che vi permetteranno di possedere un prodotto adatto alle vostre caratteristiche plantari, in grado così di farvi rendere al meglio. Inoltre, Zona Olimpica è sempre presente nella promozione degli eventi sportivi dedicati al mondo del podismo e dell’atletica leggera. DECARTA DICEMBRE 2014