Decarta 19

Page 1

GR U AT

MENSILE DI INFORMAZIONE NON CONVENZIONALE - WWW.DECARTA.IT

IT O

Il rumoroso silenzio del castello di Roccalvecce

Otello Litardi Una grinta profonda come il mare

I nuovi progetti di Pino Scotto tra musica e solidarietĂ

19

2015 FEBBRAIO MARZO



editoriale

Persi nella terra di mezzo

D

DECARTA Scripta volant Mensile di informazione non convenzionale Numero 19 – Febbraio/Marzo 2015 Distribuzione gratuita Direttore responsabile Maria Ida Augeri Direttore editoriale Manuel Gabrielli Redazione Gabriele Ludovici, Claudia Paccosi, Martina Perelli, Elisa Spinelli Redazione web e photo editor Sabrina Manfredi Design Massimo Giacci Editore Lavalliere Società Cooperativa Via della Palazzina, 81/a - 01100 VITERBO Tel. 0761 326407 Partita Iva 02115210565 info@lavalliere.it Iscrizione al ROC Numero 23546 del 24/05/2013 Stampa Union Printing SpA Pubblicità 0761 326407 - 340 7795232 Immagine di copertina Otello Litardi

I contributi, redazionali o fotografici, salvo diversi accordi scritti, devono intendersi a titolo gratuito. Chiuso in tipografia il 04/03/2015 www.decarta.it

a qualche anno esiste in Italia una realtà che si chiama Osservatorio Europeo sulla Sicurezza. I promotori dell’iniziativa sono Unipolis (la fondazione del gruppo Unipol), Demos & Pi (istituto di ricerca fondato dal sociologo Ilvo Diamanti) e Osservatorio di Pavia (realtà che si occupa di media research). Periodicamente vengono rilasciati dei rapporti sulla sicurezza e sull’insicurezza sociale, ovvero dei confronti tra ciò che viene percepito dai cittadini, ciò che accade realmente e ciò che viene diffuso dai mezzi di informazione. A febbraio di quest’anno è uscito l’ottavo rapporto, chiamato Nella “terra di mezzo” fra terrore globale e paure quotidiane, un titolo ispirato sia dalla famosa terra di Tolkien che dalla recente indagine “Mafia Capitale”. L’introduzione di Ilvo Diamanti è illuminante perché, riassumendo i risultati dello studio, è come se desse risposta al perché da qualche tempo a questa parte in prima serata dobbiamo subire un’interminabile sequela di disgrazie nostrane, dall’omicidio all’incidente stradale, con farcitura di termini e titoli a effetto. […] i media sembrano aver rinunciato a spettacolarizzare “le grandi paure” […] Non a caso in Italia, quanto più ci si avvicina al livello locale tanto più la paura esterna, quella del terrorismo e delle guerre, lascia spazio ad altri problemi […] la distanza fra realtà e rappresentazione criminale continua ad essere enorme. In Italia però. Molto meno altrove. Perché la “passione criminale” resta uno specifico italiano. Infatti, ciò che emerge dallo studio è che i casi criminali hanno mantenuto un buon livello di ascolti, questo nonostante rappresentino una tendenza dell’informazione italiana da oramai parecchi anni. Sono poi cresciute parecchio le notizie “ibride”, di contorno e si è rinunciato a costruire l’immagine del nemico, dell’invasore. Uno dei paragrafi dell’introduzione scritta da Ilvo Diamanti, finisce con: d’altronde, perché insistere su fiction ansiogene che il pubblico non premia più con gli ascolti, perché è già angosciato di suo? Oppure reagisce, in modo un po’ annoiato, cambiando canale, come di fronte a un racconto ripetitivo? La maggior parte dei mezzi di informazione, oggi, non sceglie la notizia in base alla qualità e all’utilità, quanto al potenziale di ascolto e quindi di monetizzazione dello stesso. Per qualche motivo di attrazione umana verso la morte ultimamente è un dilagare di becera cronaca nera, soprattutto sui social network. Infatti una carenza che posso trovare nello studio citato qua sopra, è la mancanza di un’analisi anche dei contenuti pubblicati su Facebook e Twitter, spazi dove sempre più gente sceglie di informarsi e dove anche le grandi testate hanno un corrispettivo social. Oltre che cronaca nera ovviamente gli esperti di comunicazione premono anche su sesso, paura, invidia e qualsiasi altro sentimento o pulsione che l’essere umano per sua natura prova più o meno consapevolmente. È in questa logica di facile guadagno che l’informazione sta fallendo, ritrovandosi, in parte costretta, in parte connivente, a pubblicare immondizia di facile consumo, scarso valore ma altissima monetizzazione. Questo succede nonostante i fondi all’editoria, che dovrebbero servire proprio a evitare questo vincolo tra qualità dell’ informazione e bilancio societario. Manuel Gabrielli Presidente Lavalliere Società Cooperativa

DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015

3


ippocampo 5

19

nota bene

ritorno

12

Ritorno a Roccalvecce 2015 FEBBRAIO MARZO

Pino Scotto. Ancora più fuoco

Manuel Gabrielli 6

incontri

Gabriele Ludovici

incontri

Chiara Frontini e la causa degli ex comuni

acido lattico

Manuel Gabrielli

14

7

storia

Otello Litardi. Una grinta profonda come il mare

Una rocca ambita Manuel Gabrielli 8

incontri

Gabriele Ludovici

spazi da vedere

Il rumoroso silenzio del castello di Roccalvecce

carta stampata

Claudia Paccosi

16

pillole di lettura

a cura di Claudia Paccosi

tamtam 10

incontri

“Il carcere di Mammagialla è come una sfera di cristallo” Elisa Spinelli

Seguici anche su

decartamag

LAVALLIERE Editoria e Servizi editoriali

Sostieni la nostra rivista sottoscrivendo un abbonamento. Riceverai ogni mese la copia di “DECARTA” direttamente a casa tua. Compila questo modulo e invialo a: Lavalliere Società cooperativa - Via della Palazzina, 81/a - 01100 Viterbo oppure mandaci una email con le stesse informazioni a: info@lavalliere.it Il/la sottoscritto/a sottoscrive un abbonamento annuale (11 numeri) per l’anno 2015 (barrare la casella che interessa): abbonamento ordinario € 20 abbonamento sostenitore € 50 abbonamento benemerito € 100 La rivista dovrà essere inviata al seguente in indirizzo: Nome e Cognome Via/piazza Cap Città Codice Fiscale

n.

Allega (barrare la casella che interessa): assegno bancario intestato a Lavalliere Società cooperativa copia bonifico intestato a Lavalliere Società cooperativa IBAN IT22 E030 6914 5001 0000 0003 853 4

DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015


ippocampo

ritorno

Ritorno a Roccalvecce Perché sognare una scelta controcorrente (?). Manuel Gabrielli | manuel.gabrielli@decarta.it

rrivare a Roccalvecce non è difficile, sono appena 22 i chilometri che separano questa piccola frazione dal capoluogo. Pochi sono anche i suoi abitanti secondo il censo, ovvero 211, di cui molti probabilmente sono residenti solo legalmente. Se qualcuno, partendo da Viterbo, volesse raggiungere Roccalvecce, basterebbe prendere viale Francesco Baracca e percorrerlo fino a quando, senza cambi di direzione, sarà il suo nome a cambiare. Quindi si ritroverebbe sulla Strada Provinciale 5, meglio nota come Teverina e dopo poco passerebbe davanti a Celleno, comune italiano di 1.549 abitanti. Se il nostro qualcuno proseguisse dritto sulla stessa strada, arriverebbe prima a Civitella d’Agliano, poi a Castiglione in Teverina e, continuando ancora, in Umbria, nel Ternano. A noi però interessa una piccola deviazione sulla destra, strada Roccalvecce. Quest’ultima è lunga circa 1 chilometro e mezzo e non ci vogliono più di 3 minuti per arrivare nella piazza principale del paese. Se il nostro ipotetico viaggiatore decidesse di percorrerla, compierebbe a sua insaputa una specie di balzo in un’altra dimensione o perlomeno questo è ciò che penso io. A Roccalvecce il viaggiatore viene accolto, quando ci sono, da pochi passanti e nel giro di pochi secondi passa di fronte ai punti principali del posto: un piccolo alimentare, il bar (aperto solo in base alle necessità) e l’ufficio postale, aperto solo un giorno alla settimana. Come l’ufficio postale anche il medico è disponibile pochi giorni alla settimana e come il medico anche il parroco è un “ambulante”. Considerate queste poche cose si potrebbero pensare due cose di Roccalvecce: o è un idillio o è un posto da cui fuggire. Se doveste chiederlo a me, non è nessuna delle due cose, perché nella realtà, paradossalmente, è entrambe le cose, ovvero un idillio da cui attualmente, se si ha meno di 70 anni, sarebbe meglio fuggire. Non fraintendetemi, l’agricoltura accompagna l’uomo da tempi antichissimi, ma lo stesso uomo era accompagnato anche da tutto un villaggio che nasceva e moriva con lui. Oggi per Roccalvecce non so quanto possa valere questo discorso, in quanto di abitanti ne sono rimasti pochi, coerenti con questa logica di vita e morte.

A

DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015

Pure l’amministrazione comunale sembra essersi dimenticata di questo pezzo di mondo, infatti, tra le pietre, le erbacce crescono rigogliose, qualche incaricato del Comune periodicamente passa del diserbante, che però non fa altro che seccare le piante ottenendo come risultato finale solo un cambiamento cromatico, forse in peggio. Vecchia immondizia alberga in vecchi spazi vuoti oramai in disuso e l’ornato è una norma praticamente impossibile da far rispettare anche nel capoluogo, figuriamoci in una frazione. Effettivamente l’ornato è l’ultima delle preoccupazioni, perché a meno che non si faccia parte del gruppo di invitati di un eventuale matrimonio al castello, non ci sono tanti altri motivi per i quali qualcuno dovrebbe visitare Roccalvecce. Non ci sono negozi tipici o ristoranti particolari o spazi aperti da visitare e di conseguenza non ci sono nemmeno forestieri che potrebbero apprezzare un centro storico ben curato nella sua estetica. Che l’incanto di questo posto si stia spegnendo con i suoi ultimi abitanti ce lo ricorda la scuola elementare, oramai chiusa, che si trova nella piazza principale. In questo posto il ricambio generazionale ha smesso di verificarsi oramai troppi anni fa e nel giro di una decade, se non dovesse cambiare niente, Roccalvecce potrebbe diventare un paese fantasma.

D

opo aver passato una mattina a visitare il castello e in seguito anche il piccolo borgo e dopo aver realizzato che sono sufficienti 22 chilometri per andare lontano da casa, sono andato via con qualche domanda. Quanto è giusto pensare di incentivare un ripopolamento e quindi infierire con la morte naturale di un posto del genere? Quanto è stata giusta la scelta di abbandonare la terra, di fuggire, per i giovani di questo e di tanti altri piccoli borghi? Quanto sarebbe giusto trovare il modo di tornare ad abitare luoghi del genere? Quanto è logico che da un momento all’altro non sia più il ragazzo di provincia a fuggire verso Roma, oggi nuova casa di tanti profughi provinciali, ma invece il ragazzo di Roma a scegliere la provincia e magari un paese? E badate, scegliere, quindi una scelta, di qualità, non una fuga.

5


ippocampo

incontri

Chiara Frontini e la causa degli ex comuni Manuel Gabrielli | manuel.gabrielli@decarta.it

I

l 23 marzo 2010 il decreto legge n. 2, del gennaio dello stesso anno, veniva convertito nella legge 26 marzo 2010 n. 42, determinando la soppressione dei consigli di circoscrizione per i Comuni con meno di 250.000 abitanti. Di tutti i programmi presentati durante le scorse elezioni amministrative, quello del movimento civico Viterbo 2020 è stato uno dei pochi, se non l’unico, ad aver dedicato molto spazio alla causa degli “ex comuni”. Abbiamo quindi deciso di incontrare Chiara Frontini per qualche domanda sulla situazione attuale di questi luoghi. Come è nato il tuo interesse per le frazioni del capoluogo Viterbese? Per prima cosa non chiamiamole frazioni ma ex comuni. Hanno il mio interesse perché sono territori che sono stati abbandonati per tanto tempo. Fin dalla campagna elettorale abbiamo portato

avanti la voce di questi ex comuni con una lista civica composta da candidati provenienti da queste realtà. Secondo te, la legge 42/2010 rappresenta un effettivo taglio agli sprechi o una decisione presa senza considerare il caso specifico? Penso che gli sprechi siano da altre parti, ad esempio nelle Regioni e non nella rappresentanza dei cittadini. Teniamo conto poi che molti di questi territori si trovano ad oltre 20 chilometri dal capoluogo e che prima il Senato dovrebbe iniziare a tagliarsi le segreterie, le auto blu e le spese veramente superflue. Quali mancanze pensi che abbiano avuto le ultime amministrazioni nei confronti delle neo-frazioni del capoluogo? Poca attenzione in generale a tutti gli aspetti della vita quotidiana, manuten-

zione delle strade, sfalcio dell’erba, per arrivare alle attività culturali e turistiche. Soprattutto turistiche parlando di Roccalvecce, un borgo di potenziale attrattiva e di rara bellezza che andrebbe diversamente sfruttato per la crescita di tutto il territorio. Quali potrebbero essere le soluzioni per far uscire dall’abbandono questi luoghi? Noi abbiamo proposto durante tutta l’estate del 2014 una consultazione tra gli abitanti e gli esercenti dei centri storici, quindi oltre che Viterbo anche Bagnaia, Roccalvecce e San Martino, per la creazione di un centro commerciale naturale integrato e quindi una promozione turistica integrata che valorizzi le bellezze dei nostri borghi, da Villa Lante al Castello di Roccalvecce, passando per l’abbazia di San Martino.

La Pietra dell’Anello Dire che Roccalvecce è un borgo lasciato totalmente a se stesso non è giusto. Nonostante le disattenzioni dell’amministrazione e la cessata attività della Pro Loco locale, un gruppo di persone ha deciso di impegnarsi autonomamente nella promozione del paese, è nata quindi, circa due anni fa, l’associazione “Pietra dell’Anello” della quale è oggi presidente Adriano Rossi. Questo nome particolare è tratto da una caratteristica paesaggistica di Roccalvecce, uno sperone di tufo ben visibile in mezzo alla campagna. L’associazione, che ha iniziato la sua attività con 5 persone, ora conta di circa 20 elementi, e a dispetto dei piccoli numeri è già riuscita a organizzare numerose iniziative. Per citarne qualcuna: il festival musicale “Rockalvecce” che si tiene agli inizi di settembre in piazza Umberto I, la ripresa delle tradizioni con l’organizzazione della festa patronale dedicata alla Madonna del Nespolo, oppure anche attività al di fuori del borgo, con alcune giornate del tatuaggio previste a Celleno. In particolare nei prossimi 4 mesi è prevista, con esibizione nel piano nobile del castello, l’organizzazione di un concerto ogni mese ed è di questi giorni la promozione del concorso fotografico “Roccalvecce e Sviluppo”, organizzato in collaborazione con Associazione Eureka.

6

DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015


ippocampo

storia

Una rocca ambita Manuel Gabrielli | manuel.gabrielli@decarta.it

C

arlo Magno morì nel suo palazzo di Aquisgrana il 28 gennaio dell’anno 814, alla non troppo veneranda età di 71 anni e con lui se ne andava anche il titolo di primo sovrano del Sacro Romano Impero. A lui successe il quarto figlio, Ludovico I detto “Il Pio”, che fu l’ultimo a mantenere integro l’enorme impero, in seguito diviso in tre parti con il trattato di Verdun. Con la morte di Carlo Magno, e con la successiva scissione dell’impero, si fa coincidere la vera nascita del feudalesimo, una maniera nella quale piccoli e grandi nobili si andarono a spartire quel potere oramai non più centralizzato come un tempo. È quindi a partire da questo momento che ci fu un proliferare di castelli in tutta Europa. Il termine castello deriva dal latino castrum (accampamento, in italiano) cosa che fa intendere come queste strutture fortificate siano state costruite sopra a qualcosa di già esistente. Il castello di Roccalvecce non esula da questo modo di operare, infatti sappiamo che le terre su cui è nato erano già state popolate dagli Etruschi prima e dai Romani poi. Secondo alcuni storici, il nome Roccalvecce deriva da “Rocca del Veccio”, dove “Il Veccio” è identificabile con un condottiero che costruì una torre di avvistamento posizionandola strategica-

DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015

mente al confine tra Stato della Chiesa e Repubblica di Siena. Un’altra teoria data la nascita del nome intorno al 1400, quando questa prima fortificazione entrò di fatto a far parte dei possedimenti di San Pietro e quando ipoteticamente alcune guardie svizzere furono messe a vigilare nei pressi della già citata rocca, facendola diventare una “Rocca Elvetica”. È infatti del 1506 il primo accordo tra il Papato e dei mercenari svizzeri, dal quale nacque l’ancora oggi esistente Guardia Svizzera Pontificia. A rafforzare l’ipotesi troviamo anche una lapide del 1753, posta all’interno della chiesa del palazzo, dove viene riportato il nome Ioanni Georgeo Costaguto marchese di Roccae Alvetiae e Sipicciano.

comprò per la sua famiglia l’ultimo sesto del castello ancora appartenente alla famiglia Chigi, situazione che è rimasta praticamente immutata fino ad oggi. Nel 1800 circa, Pietro Afan de Rivera, discendente di Pedro Afan de Ribera già viceré di Napoli e padre di un Santo, sposò Donna Maria Costaguti, la quale essendo l’ultima discendente della famiglia vide il suo cognome accorparsi a quello del consorte. Nacquero così gli Afan de Rivera Costaguti. Non è un caso quindi che l’attuale titolare e gestore della struttura alberghiera che sorge all’interno del castello, nonché nostra guida per una mattina, con richiamo al poc’anzi citato antenato, si chiami proprio Giovangiorgio Afan de Rivera Costaguti.

I

Se dovessi trovare un effettivo vantaggio nell’appartenenza ad una famiglia di nobile discendenza, lo troverei nella storia documentata dei propri predecessori e nella grande fortuna che hanno i discendenti nel poterla ricostruire agevolmente. Questa ultima riflessione la vorrei concludere con una frase che, per quanto sia spesso pronunciata senza citarne la fonte, sembrerebbe tratta dal Talmud, uno dei testi sacri dell’ebraismo: “Se vuoi sapere dove vai, devi sapere da dove vieni”.

l castello doveva avere sicuramente una sua importanza e ce lo dimostra l’elenco delle numerose famiglie nobili che se ne contesero il possesso. Il primo fu Ponzio, condottiero per conto della famiglia Monaldeschi di Bagnoregio a cui poi seguirono i Gatti, dei quali lo stemma è ancora ben visibile in una pietra incastonata nel muro dell’attuale armeria. A spartirsi varie frazioni del castello furono a seguire i Colonna, i Chigi, i Baglioni e, dal 1642, i Costaguti. Poi nel 1685 Giovanni Giorgio Costaguti

7


ippocampo

spazi da vedere

Il rumoroso silenzio del castello di Roccalvecce Ascoltando un luogo perduto. Claudia Paccosi | claudia.paccosi@decarta.it

È

una limpida mattinata invernale, di quelle in cui il vento libera il cielo dalle nubi e tutto assume un aspetto più estivo, saresti pronto a togliere la sciarpa, ad aprire la giacca e stenderti su quei verdi prati che vedi dal finestrino della macchina, a sdraiarti tra l’erba fresca, un po’ umida e pungente, per aprire le braccia e tentare di guardare il sole finché è possibile. In realtà però è febbraio e la temperatura artificiale all’interno della macchina non rispecchia il freddo pulito dell’esterno. La strada per raggiungere Roccalvecce e il suo castello è tortuosa e ovattata, si incontrano poche altre macchine e il mondo sembra trasformarsi in curve sinuose attraverso campi ricoperti di brina, come una dolce e lenta ballata di due innamorati che sembra non finire mai. Giunta nel paese e davanti al grande castello mi sento sola, in un’altra dimensione. Ho definitivamente abbandonato il mio mondo, il mondo di tutti, il mondo reale, per trasferirmi nel paesaggio di un romanzo, nella piazza di una strana storia, scritta nel buio di un bar, la sera, osservando da una piccola finestra sporca la via innevata all’esterno. Mi accorgo subito di essere in un posto insolito, strano e immerso in una profonda e incancellabile solitudine. Mi accorgo che nel paese, sbagliando più volte strada, ho incontrato solo tre persone che, schive e indaffarate, non mi hanno rivolto il loro sguardo. Sono venuta in questo piccolo paese dimenticato, distante trenta chilometri circa dalla nostra realtà, per incontrare un ragazzo, che con le mani affogate con 8

rabbia nelle tasche e le spalle rialzate a proteggere il collo per il freddo mi fa un cenno, invitandomi ad entrare nel palazzo. Il palazzo, visto dall’esterno, è grande e maestoso, molte finestre e un portone magnifico, da vera reggia; io però non entro da lì, entro da una piccola e trascurabile porticina laterale per scoprire il regno del passato che, assopito, continua a vivere così vicino al nostro sempre, alla somma dei nostri piccoli e inutili momenti quotidiani. All’interno è un palazzo nobiliare dove il tempo sembra non essere mai passato, anche se è così evidente che il suo vero momento sia ormai andato. Attraverso con la mia guida sale arredate con lo stile di molti anni fa: specchi dorati, divani soffici e damascati, un camino di marmo bianco, soffitti in legno a cassettoni. Le massicce porte in legno si aprono su stanze preparate per accogliere nuovi ospiti: ci sono fiori nei vasi, nuovi asciugamani appesi su una sedia e lenzuola accuratamente tese e ripiegate. Il grande castello è oggi un albergo, uno di quei luoghi impersonali e momentanei dove la gente passa qualche notte, amori transitori si scambiano effusioni irraccontabili, famiglie chiassose distendono i nervi e chiamano il servizio in camera. L’albergo, ovunque esso sia e di qualsiasi colore abbia la carta da parati, che

sia sontuoso o mediocre, dalle lenzuola scivolose e lucide di seta o odorose e ruvide di ciniglia, è un luogo fuori dal tempo e dallo spazio, un luogo transitorio e momentaneo, dove ciò che accade non accade, dove indispensabili ricordi diventano sfuggevoli memorie, offuscate, oniriche e impossibili. Il castello di Roccalvecce è voluto diventare questo, oggi è questo: un luogo non luogo, un tempo non tempo, dove bere caffè a letto, asciugarsi il viso in un asciugamano bianchissimo e sussurrare segrete parole a chi per poco o per tanto è accanto a noi. Eppure questo castello mi dà altre sensazioni, mi stordisce con altre immagini, mi confonde. Esco da lì e non so cosa dire, come raccontare il sapore del posto, la vera anima che nasconde. Dentro ci sono elementi del passato che, forse un po’ infastiditi, giacciono vicino DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015


sguardo, timida e ancora un po’ emozionata.

L

al futuro, un bellissimo fortepiano dipinto del 1700 – i cui listelli furono assemblati quando i re vagavano per le corti d’Europa ordinando prelibatezze per loro e affamando il popolo, quando l’Italia non era ancora Italia e le sue terre colorate e complicate erano divise fra feudi e regni – vecchie foto in bianco e nero, dove una famiglia si riunisce sul letto della madre per accogliere un nuovo nato, porgendolo verso la fotocamera, mentre l’affaticata donna nasconde lo DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015

a sensazione che mi lascia Roccalvecce e il suo castello è come il silenzio in cui è avvolto, un magico silenzio grazie al quale riesco a sentire degli spari, forse di una battuta di caccia nelle vallate che circondano il paese e il cinguettare degli uccelli. Sono rumori che mi stupiscono, mi sorprendono. Mi fermo ad ascoltarli, per quanto siano così usuali e normali, oggi li trovo particolari e straordinari. Quelle piccole meraviglie, quei suoni impossibili da sentire nella mia vita quotidiana sono qui protagonisti. Sento solo loro e solo loro sono personaggi di questo paesaggio dipinto, dove colline e alberi si incrociano come le pennellate rabbiose di un pittore, dove i mattoni delle case abbandonate del paese cadono rotolando sullo stretto vicolo ormai ricoperto di erba bruciata, senza tonfi, senza

clamore, senza che nessuno si accorga che un’altra piccola parte dell’universo di Roccalvecce ha abbandonato la sua battaglia, sconfitto dall’assediante silenzio che permette solo alla natura e agli spari di farsi sentire. Ecco, ora sento anche il rumore di un tosaerba, monotono e fastidioso, lontano eppure percettibile, anche lui è riuscito a farsi protagonista nel silenzio di Roccalvecce, anche questo inutile e piccolo rumore si è fatto strada nel mio orecchio, fino a raggiungere la mia mente per rimanervi impresso, indelebile. I luoghi mi hanno sempre dato a primo impatto una forte emozione, li ho amati, li ho disprezzati, ne ho avuto nostalgia e paura, ma mai mi hanno lasciata con un silenzio mentale così rumoroso. Mai, come a Roccalvecce, passeggiando solitaria fra le sue vie deserte, come nel suo castello, aprendo le imposte di una finestra verso l'ampia piazza principale, ho sentito un tale frastuono, perso in un lunghissimo ed eterno silenzio. 9


tamtam

incontri

“Il carcere di Mammagialla è come una sfera di cristallo” Intervista doppia al direttore della casa circondariale, Teresa Mascolo, e alla responsabile dell’area educativa, Natalina Fanti. Elisa Spinelli | elisa.spinelli@decarta.it

L

a casa circondariale di Viterbo “Mammagialla” è aperta e funzionante dal febbraio 1992, e si trova nella zona nord della città. A livello nazionale la situazione delle carceri non è delle migliori: a gennaio 2013, infatti, l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea per aver violato la Convenzione sui diritti dell’uomo in materia di sovraffollamento delle carceri; inoltre, secondo le statistiche del 2013, nei 206 istituti di pena italiani vivevano più di 65.000 detenuti, ma la capienza regolamentare sarebbe di 47.040. Abbiamo intervistato due persone importanti nella gestione amministrativa e rieducativa dell’istituto penitenziario viterbese: la dott.ssa Teresa Mascolo, direttore da 3 anni della casa circondariale di Viterbo, e la dott.ssa Natalina Fanti, responsabile dell’area educativa dell’istituto. Dott.ssa Mascolo, cosa significa per l’Italia la condanna della Corte Europea per la violazione dei diritti umani in ambito detentivo? E com’è la situazione della capienza a Mammagialla? «Come donne e uomini di legge, e come operatori penitenziari non possiamo che prendere atto di quello che ha deciso l’organismo internazionale della Corte Europea. Il provvedimento stabilisce degli standard al di sotto dei quali, i vari Paesi non possono scendere. Sono indicazioni fondamentali per gli operatori, ma non si tratta soltanto di assicurare 3 metri quadri nella stanza detentiva, infatti “vivibilità” significa tutta una serie di fattori che incidono sul rendere decoroso l’ambiente in cui eseguire la misura di pena, 10

prevede una serie di sospensioni delle regole trattamentali sulla base di quello che è il provvedimento a firma del Ministro di grazia e giustizia. Per quanto riguarda i circuiti Mammagialla ha, attualmente, quello di media sicurezza, nel quale ci sono anche i detenuti “protetti”, cioè i cosiddetti sex offenders, persone che si sono rese responsabili di reati di riprovazione sociale. Questi detenuti non possono vivere negli altri reparti per motivi di incolumità, anche se fanno parte comunque del circuito di media sicurezza.» e sono elementi su cui poniamo molta attenzione. Per quanto riguarda la capienza di Mammagialla, a dicembre 2014 i detenuti sono 421, rispetto a una capienza regolamentare di 432; quindi, l’istituto non si trova in una situazione di sovraffolamento. Di questi 421 presenti, 50 sono detenuti a 41 bis, e momentaneamente abbiamo delle sezioni chiuse – perché sono stati trasferiti 150 detenuti di alta sicurezza – di cui stiamo ristrutturando gli ambienti.» Com’è organizzato il carcere di Mammagialla? «Ci sono una serie di regimi e di circuiti. Il carcere di Viterbo fino a qualche mese fa era organizzato in: detenuti di massima sicurezza (41 bis), detenuti di alta sicurezza e di media sicurezza. In questo periodo, invece, l’istituto penitenziario ospita detenuti di media e massima sicurezza. Il “41 bis” è un vero e proprio regime: i detenuti vengono ubicati in un secondo istituto separato da quello centrale, che

Dott.ssa Fanti, in quanto responsabile dell’area educativa, che tipo di attività organizza? «La realtà della casa circondariale di Viterbo è composita: ci sono detenuti del regime giudiziario e del penale. Questo tipo di organizzazione ci pone di fronte a delle scelte. Infatti, le attività che si preparano non possono essere replicate in entrambi gli ambiti detentivi, poiché sono detenuti che hanno interessi diversi. Ad esempio, è chiaro che un detenuto con una pena più breve sarà meno interessato ad alcune attività, rispetto a un detenuto che sa che resterà in carcere per 10/15 anni. Inoltre, l’educazione che proponiamo al reparto dei “detenuti protetti” è diversa da quella degli altri, poiché riguarda soprattutto attività che permettono, a chi ha commesso certi reati, di fare una riflessione su sé stessi. L’educazione di base riguarda la formazione scolastica: la scuola dell’obbligo con il conseguimento della licenza media, il corso di alfabetizzazione per i detenuti stranieri e corsi d’informatica e inglese. DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015


Inoltre, dal 2011 nel carcere di Viterbo c’è la possibilità di svolgere il trienno in ragioneria con specializzazione in informatica.» Il lavoro è fondamentale nella vita di una persona. Che tipo di attività lavorative possono svolgere i detenuti di Mammagialla? «Maggiormente si tratta di attività di lavoro nelle cucine dell’istituto, di pulizia degli ambienti, di attività di barbiere e di distribuzione del vitto; questi lavori si organizzano attraverso delle graduatorie e si basano sulla turnazione. La casa circondariale di Viterbo dispone anche di due laboratori, uno di sartoria e l’altro di falegnameria, in entrambi si producono manufatti per l’amministrazione e sono impegnati un certo numero di detenuti. Anche per questo tipo di attività lavorative predisponiamo delle graduatorie e un periodo di prova, in seguito, i più meritevoli, dopo aver frequentato il corso sulla sicurezza, sono ammessi alle attività di sartoria o falegnameria. L’offerta formativa è ricca. Uno dei corsi di lunga tradizione è quello di teatro, che negli ultimi anni si è notevolmente indirizzato verso un “teatro d’introspezione”, cioè nel far creare ai detenuti stessi dei testi che riguardino la loro esperienza. Quando possibile, cerchiamo di aprire un contatto con la realtà fuori dal carcere: recentemente abbiamo invitato scolaresche che hanno potuto scambiare dibattiti molto interessanti con i detenuti, e per alcuni spettacoli teatrali abbiamo ospitato anche un pubblico esterno.» Che tipo di corsi professionali sono maggiormente richiesti e seguiti dai detenuti? E quali sono i nuovi progetti su cui state lavorando?

DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015

«Per i detenuti è fondamentale lavorare e avere una formazione professionale che si possa spendere in maniera pratica; sono stati organizzati da corsi di pasticceria a corsi di idraulica, da corsi di potatura delle piante a corsi di produzione grafica. Sono circa 14 anni, ad esempio, che a Mammagialla si fa apicultura; e proprio le attività agricole sono un ambito che vorremmo ampliare, considerando che il carcere è dotato di un orto, di 200 piante di ulivo e una serra. I nostri obiettivi formativi sono ambiziosi: stiamo lavorando a quello che definiamo “Progetto Accoglienza”, che prevedrà il Caffè Ristretto, un bar che accoglierà principalmente i familiari dei detenuti che vengono a colloquio e un punto vendita di prodotti agricoli. Questo importante progetto lo stiamo realizzando grazie alla filantropia della Fondazione ARCA. Inoltre, accanto al Caffè Ristretto sarà costruito anche un autolavaggio, dove lavoreranno i detenuti in semi libertà. Un’altra collaborazione fondamentale è quella con l’Università della Tuscia: recentemente è partito il progetto per l’orto botanico, dove lavorano due detenuti di Mammagialla. Infine, l’ultima novità che abbiamo introdotto nell’ambito formativo è un corso per addestramento di cani.» Dott.ssa Mascolo quali sono i suoi obiettivi come amministrazione? «Ci poniamo obiettivi ambiziosi, e quindi, molto ancora deve essere fatto. Il nostro sforzo maggiore va nell’impegnare quanti più detenuti possibili nei laboratori di lavorazione, ma chiaramente dobbiamo anche ragionare in base ai fondi di cui disponiamo. Siamo stretti in

una crisi che coinvolge non solo il carcere di Viterbo, ma anche altri istituti; ma è doveroso dire che abbiamo un importante sostegno da parte di associazioni di volontariato - GAVAC, ARCI e di diverse persone che entrano nell’istituto come assistenti volontari.» Spesso le carceri passano alla cronaca dei media nazionali e locali solo per notizie negative, ma ci sono anche tante buone novità di cui la collettività dovrebbe essere a conoscenza per avere un’idea più lineare del carcere. Che cosa pensa a proposito? «La stampa locale fa passare alla ribalta la casa circondariale di Mammagialla spesso con notizie negative, ma, come tutti gli istituti penitenziari, anche quello di Mammagialla può essere caratterizzato da eventi positivi e negativi. Ad esempio, vorrei porre l’accento sull’assenza mediatica durante gli eventi di Caffeina 2014 che si sono svolti in carcere, circostanza che, a mio parere, sarebbe stata interessante documentare. Come direttore dell’istituto penitenziario sto cercando di applicare un’idea molto interessante: parlare del carcere come fosse una sfera di cristallo, cosicché si possa vedere dall’esterno quello che succede dentro, e, allo stesso tempo, anche ciò che è nella sfera può vedere ciò che accade al di fuori. Uno degli obiettivi che cerco di perseguire con impegno è di creare un processo di scambio tra il carcere e l’esterno. Il carcere fa parte della realtà cittadina e del nostro Paese. È un mondo nel mondo. È solo conoscendo quel mondo nei suoi molteplici aspetti, che si possono comprendere e descrivere le dinamiche interne.»

11


nota bene

incontri

Ancora più fuoco I nuovi progetti di Pino Scotto tra musica e solidarietà. Gabriele Ludovici | gabriele.ludovici@decarta.it

zoni che tutti conosciamo, riproposte in una chiave di lettura innovativa. Parliamo della sua realizzazione – e di molto altro – proprio con il rocker campano: ringraziamo Federica della Backstage Academy per averci fornito il contatto.

S

enti “rockstar” e le prime cose che ti vengono in mente spesso si ricollegano all’affascinante immaginario proposto dai media. La realtà però può essere diversa, capita che dietro al concetto di artista-rock-che-infiamma-le-platee si celi un percorso molto difficile, portato avanti tra mille gioie e sacrifici e tenuto insieme soprattutto dalla grande passione per la musica. Pino Scotto, classe 1949, è una rockstar alternativa a tutti gli effetti: ribelle al punto da rinnegare le amenità dello showbusiness, ma impegnata nel sociale e nel denunciare le contraddizioni della nostra società. Niente peli sulla lingua: Pino Scotto dice sempre quello che pensa, soprattutto col mezzo che trova più congeniale, televisione e radio incluse. Artisticamente parlando, Scotto ha conquistato grandi consensi nelle band in cui ha militato – Vanadium e Fire Trails – e ha saputo rinnovarsi nelle vesti di solista, confrontandosi con realtà più recenti e trasversali rispetto alle sue radici. Il suo ultimo lavoro Vuoti di memoria, pubblicato dalla Valery Records, include dieci cover e due inediti in cui collaborano nomi importanti come Blaze Bayley, Nathaniel Peterson, Fabio Treves, Maurizio Solieri, Ricky Portera, Mario Riso oltre ad altre sorprese di cui parleremo in seguito. Non amo dare le stelline al merito: vi dico solo che Vuoti di memoria va ascoltato tutto d’un fiato per apprezzare al meglio i contrasti e le affinità tra brani che spaziano da Muddy Waters ad Adriano Celentano. Un disco che ha rivitalizzato delle can12

Allora Pino, com’è nata l’idea di pubblicare un disco composto prevalentemente da cover? «L’idea è venuta mentre ero a Roma, durante il tour di Codici Kappaò: faccio un disco ogni due anni, cui seguono centinaia di date… fortunatamente a 65 anni la voce regge ancora, nonostante abbia fatto di tutto per distruggerla! Cerco sempre di portarmi avanti col lavoro e di buttare giù qualcosa, ma in quel periodo ero un po’ in crisi. Devo dire che negli ultimi anni questo rock riciclato che gira, non solo in Italia, mi sta deprimendo: sento solo brutte copie di fotocopie! Mentre mi trovavo in albergo mi capitò di vedere in televisione un documentario sul fascismo, in cui si parlava del brano di Renato Rascel intitolato È arrivata la bufera: esso aveva l’intento di prendere in giro il regime e sdrammatizzare i venti di guerra che spiravano in Europa. In quel momento ho visto la luce, un po’ come Jack dei Blues Brothers, ed ho pensato di fare una cover con pezzi veramente importanti… non come quelli di altri artisti che non si espongono mai! Io ad esempio sono un po’ di anni che appoggio Grillo, lo conosco e per me è l’unica alternativa che abbiamo. Comunque, la prima scaletta dei brani scelti comprendeva una montagna di roba, ma due cd erano troppi per un album di cover, così in Vuoti di memoria ho deciso di includere cinque cover italiane, cinque in inglese e due inediti. Sul web è già disponibile il video di Povera Patria di Franco Battiato: anche se non ha potuto partecipare alla sua realizzazione, mi ha detto che gli è piaciuto tantissimo! Nel disco ci sono grandi collaborazioni: Blaze Alley, ex cantante degli Iron Maiden, è presente nel brano Stone Dead Forever dei Motörhead, ed i figli di Ivan Graziani, Filippo e Tommaso, sono nel pezzo Il chitarrista. Inoltre Drupi ha accettato di collaborare per la cover di È arrivata la bufera: insomma, dopo anni in cui ho fatto parte di una band è bello poter invitare ospiti, ti permette di insegnare e di imparare. In Vuoti di memoria c’è anche Jailhouse Rock, perché con Elvis Presley ho un debito. La sua musica mi ha aperto un mondo: da ragazzo a Monte da Procida ascoltavamo giusto Celentano e Pavone, poi un nostro amico più grande tornò da un DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015


periodo di lavoro sulle navi con il disco che conteneva questo pezzo di Elvis. Da lì è nata la passione per gli Stones, per i Beatles e per il blues.» Sappiamo che sei coinvolto in un progetto umanitario molto importante assieme alla dott.ssa Caterina Vetro. «Guarda, in altri progetti di questo tipo purtroppo ho visto tanta di quella merda… un’autentica massa di infami che specula sulla pelle della povera gente. Qui invece si tratta di qualcosa di serio: grazie alla dott.ssa Vetro e suo marito è stato possibile costruire delle case ecologiche per ospitare i bambini orfani di Belize City, che purtroppo sono nel mirino del turismo sessuale dei pedofili. Inoltre, il progetto Rainbow Cambodia ha permesso di realizzare una fabbrica di sapone in cui lavorano delle donne, che in questo modo vengono allontanate dalla prostituzione. Ora il progetto Rainbow Guatemala ha portato alla costruzione di una clinica che si occupa dei bambini di Coban: essi lavorano nelle discariche e finiscono per infettarsi di malattie come l’epatite. Pensa che sosteniamo un’infermiera fissa che guadagna 1.500 euro l’anno… 1.500 euro l’anno! C’è gente che quella cifra lì la spende in una serata! Sono riuscito a coinvolgere in concerti di beneficienza artisti come Caparezza, i Club Dogo, i 99 Posse e i Sud Sound System, che i soldi li donano davvero. Altri invece sono ipocriti, magari mi contattano per organizzare la “serata rock ’n’ roll”, promettono e poi… spariscono!». (Sul sito Rainbowprojects.it troverete ulteriori informazioni su queste iniziative, ndr) DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015

Tornando a parlare di musica, sei sempre stato molto critico verso i cosiddetti talent show. Volevo chiederti un’opinione sulla situazione della musica italiana in questo momento. «Io sono co-editore della mia etichetta e negli ultimi anni ho ascoltato almeno una ventina di band così brave da far spavento, eppure non riescono a suonare nemmeno gratis. Se avessi i soldi creerei una mia etichetta ed una televisione: chi ha i mezzi non lo fa, ha paura che poi qualcuno sia talmente bravo da sfilargli la poltrona da sotto il sedere! Nei reality purtroppo costringono i ragazzi a firmare accordi che gli impongono di non fiatare. Passati i sei mesi da rockstar, vanno tutti in analisi! Purtroppo se le cose vanno avanti così ci ritroveremo dei nuovi Led Zeppelin o De André che nessuno produce per mancanza di mezzi: nei talent show quelli bravi non li prendono perché lì fanno un vero e proprio karaoke… ecco, nel karaoke siamo i più bravi del mondo!» Allora che consigli ti senti di dare ai giovani che si approcciano all’ambiente musicale? «Fate come Pino Scotto: trovatevi un lavoro e suonate per divertirvi! Ho lavorato per 35 anni in fabbrica ed ho avuto allo stesso tempo grandi occasioni, ma non ho mai voluto piegarmi a chi mi chiedeva di strisciare… tanto che mi cacciarono dal Festivalbar! I ragazzi devono capire che, specialmente oggi, la musica gli dà l’opportunità di essere liberi di fare quello che gli pare. Divertitevi e fate qualcosa di importante, e quando farete l’analisi della vostra vita potrete dire di non aver vissuto da coglioni!». Come dargli torto? 13


acido lattico

incontri

Una grinta profonda come il mare La fantastica storia di Otello Litardi. Gabriele Ludovici | gabriele.ludovici@decarta.it - Foto di Otello Litardi

I

nostri lettori sanno che ci piace parlare di sport in maniera non convenzionale, mirando soprattutto a sottolineare aspetti che vanno aldilà della semplice competizione agonistica. Anche perché in molti casi lo sport permette di conquistare la vittoria più importante: superare i propri limiti e vivere grandi esperienze di vita. La storia di Otello Litardi ci porta a parlare di immersioni subacquee partendo da molto lontano, dalle vicissitudini di un bambino affetto da una patologia che avrebbe potuto condizionargli parecchio la vita, ma è anche la storia di una città che ha vinto la propria scommessa puntando sulla solidarietà. Otello, partiamo dalle origini: com’è stato il decorso della malattia che ha condizionato la prima parte della tua esistenza? «Era la fine del 1973 e frequentavo la prima elementare quando iniziai a sentire un dolore alla gamba sinistra: la diagnosi fu osteomielite, e dopo tre interventi chirurgici nel giro di un anno si prospettava l’ipotesi di un’amputazione che non avrebbe comunque garantito la mia sopravvivenza. Tra il 1974 e il 1975 la popolazione viterbese si mobilitò per una raccolta fondi, e grazie al loro contributo potei andare a Washington per due mesi di cure. La gamba sinistra era fortunatamente guarita, ma successivi esami rilevarono la presenza di macchie sulla tibia destra. L’arto era affetto dal terribile sarcoma di Ewing, patologia spesso con esito fatale e che rese neces14

sarie drastiche terapie che in seguito impedirono il corretto sviluppo della gamba. Essa era corta e fragile e a causa delle fratture nel corso degli anni seguenti e dei gessi che ho dovuto indossare non potevo vivere come gli altri ragazzi… figuriamoci avere una fidanzata! Nel marzo del 1987, appena ventenne, a seguito di nuovi dolori che percepivo e che sicuramente mi avrebbero costretto ad ulteriori sofferenze, chiesi ai medici se era possibile farmi amputare la gamba. Le radiografie mostravano la mancanza di una parte della tibia destra, ed ormai il mio sviluppo osseo era completo. Loro condividevano il mio pensiero, e dopo averci riflettuto un paio di giorni mi convinsi che sarebbe stata la scelta migliore: così il primo aprile del 1987 per me fu una vera e propria rinascita. Dopo l’intervento chiesi a mio padre che mi comprasse subito delle scarpe da ginnastica e dei pantaloni normali, che fino a quel momento non avevo mai avuto modo di indossare! Finalmente ero libero e nel giro di pochi anni potei anche avvicinarmi di nuovo alla mia grande passione, ovvero l’acqua.» Quando è nata la tua passione per l’acqua e le attività subacquee? E, soprattutto, come si è evoluta quando hai

iniziato a portare la protesi dopo la “rinascita”? «Ho sempre amato l’acqua, fin da quando i miei cognati da bambino mi portavano a pescare. L’acqua è il mio elemento, lì mi sento libero e tutto è più facile: è come se vedessi una luce impossibile da percepire sulla terra. Chi ama l’acqua non ne può fare a meno, ne percepisce la mancanza: in fondo il nostro corpo è composto per il 70% da questo elemento! Nel 1993, sei anni dopo l’amputazione, iniziai a praticare subacquea grazie alla cocciutaggine di un istruttore che volle darmi questa possibilità nonostante le perplessità dei suoi colleghi. Ottenni il brevetto di primo livello nel 1994 e quello di istruttore nel 1998, aprendo in seguito il Blue & Blue Diver Club nel 2002 insieme a Silvia, la donna che poi sarebbe diventata mia moglie. Ad oggi ho effettuato oltre 2.200 immersioni e rilasciato circa 850 brevetti di ogni livello: il nostro centro di formazione subacquea è composto, oltre che da me, da numerose guide subacquee di cinque diverse agenzie didattiche e organizza corsi subacquei e viaggi in tutto il mondo. Secondo il mio parere il posto più bello per immergersi è l’Oceano Indiano: offre una grande varietà di panorami, siDECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015


Per maggiori informazioni sulle attività del Blue & Blue Diver Club Viterbo potete consultare il sito bluediveclub.it, mentre in merito al progetto umanitario vi segnaliamo il sito della Onlus 12scatti.org

tuazioni e di biodiversità uniche sul nostro pianeta. Ma se hai la passione per la subacquea qualsiasi mare ti piacerà, se non si ama quest’attività sopraggiungerebbe presto la noia! Oltre ai week-end in barca e alla formazione ci piace organizzare anche eventi sociali per divulgare la passione per l’acqua, ai quali partecipano anche importanti nomi legati a questo sport». A Viterbo la tua storia si è trasformata in un bel progetto legato allo sport: qual è il messaggio che vuoi trasmettere a coloro che ne entrano a contatto? «Sai, fino a che alle persone non capita qualcosa che mette a repentaglio la loro sopravvivenza non sono in grado di apprezzare ciò che hanno. Vogliono tutti di più, ma il messaggio che voglio trasmettere è questo: apprezzate ciò che avete, vivete il presente e tutto quello che vi capita durante la giornata e ricordate che c’è sempre chi sta peggio di voi. Io, ad esempio, non farei mai a cambio con la disabilità di qualcuno che ha perso un braccio, secondo me sarei molto più limitato. A volte al club capitano persone che si lamentano della propria anzianità o della mancanza di abilità nel nuoto… ma se ce l’ho fatta io significa che è soprattutto una questione di testa! La testa DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015

è quella che ti permette di non chiederti “perché proprio a me?” e di superare ogni ostacolo».

M

auro, un iscritto al club presente al momento dell’intervista, mi conferma che la figura di Otello influenza molto le attività del club: «È il collante che ci aggrega e bisogna dire che non si ha percezione della sua disabilità fino al momento in cui non vedi la protesi! Anzi, a volte ci si scherza su: quando nelle attrezzature notiamo che c’è una pinna spaiata, gliene attribuiamo subito la proprietà!». Questo testimonia anche la grande amicizia che lega gli iscritti al Blue & Blue Diver Club. Sappiamo anche che tu e altri iscritti al club partecipate ad un’importante iniziativa umanitaria. Di cosa si tratta? «L’associazione Onlus “12 Scatti” promuove dal 2006 il progetto BELOW - 12 Scatti per l’Africa. Attraverso la vendita di un calendario, nel quale sono presenti dodici foto che raffigurano la vita sottomarina, è possibile contribuire alla costruzione di pozzi di acqua potabile in Burkina Faso: per realizzarne uno occorrono 7.600 euro, e per dieci anni un villaggio di oltre cento abitanti avrà accesso all’acqua. Il nostro obiettivo è quello di raccogliere i fondi entro il 2015 suffi-

cienti per costruire un “nostro” pozzo, e per questo ci siamo impegnati nel progetto “Blue & Below” mediante il quale ognuno di noi può attivarsi per la beneficienza. Mi piace l’idea di poter donare, dopo aver ricevuto… e pensando all’Africa, ricordare che ciò che noi diamo per scontato altrove non c’è» Infine, con il 2015 ricorrono esattamente 40 anni dalla sottoscrizione del 1975 e Otello vuole cogliere questa occasione per ringraziare ancora una volta tutti coloro che gli sono stati vicini. La mobilitazione fu grande e fu così possibile sostenere le ingenti spese del ricovero, della riabilitazione e delle successive cure. Il bambino che compariva nelle foto delle pagine di cronaca viterbesi degli anni ’70 è ora un uomo maturo e consapevole, determinato quanto leggero nell’affrontare una realtà che lo vede protagonista nel mondo che ama di più.

Inquadra il QR-code per vedere il servizio di Tg2 Storie dedicato a Otello Litardi

15


carta stampata pillole di lettura Claudia Paccosi | claudia.paccosi@decarta.it

Carrère: L’Avversario

Murakami: L’incolore Tazaki

“A posteriori mi rendo conto di averlo preso subito per il verso giusto scegliendo quella gravità compassata e compassionevole, vedendo in lui non un uomo che ha fatto qualcosa di terribile, ma un uomo al quale è accaduto qualcosa di terribile, vittima sventurata di forze demoniache.”

“Nella testa rivedeva, e la rivedeva in modo sorprendentemente vivido, Shiro che suonava quel brano. Pochi bellissimi secondi che invertivano il corso naturale del tempo, come un fiume impetuoso che risale la corrente.”

Il 9 gennaio del 1993 Jean-Claude Romand ha assassinato sua moglie, i figli e i genitori. Carrère, straordinario autore francese contemporaneo da poco ripubblicato da Adelphi, analizza la storia realmente accaduta nel suo romanzoverità. Con una tecnica che ricorda A sangue freddo di Truman Capote (altro romanzo-verità dalla tessitura magistrale), Carrère entra nella psiche dell'assassino con profondità, svelando un’umanità impressionante che già dalla frase sopracitata si può intuire. Romand si rivela non essere affatto stato il medico che ha sempre raccontato alla sua famiglia e al mondo a cui apparteneva, non era niente di tutto questo, non era anzi proprio nient’altro. La mattina usciva con la sua costosa macchina, che un prestigioso lavoro gli aveva permesso di comprare e viaggiava verso un elegante ufficio che però non avrebbe mai abitato. Semplicemente di fronte alla moderna entrata del palazzo proseguiva, posando uno sguardo sul suo quotidiano luogo di menzogna, verso i luoghi desolati e silenziosi, come la sua macchina o un bosco, dove passava il tempo, leggeva, aspettava la fine della giornata e ragionava su come trovare altri soldi. Crudo, atroce e freddo, ma interessante tentativo di comprendere cosa in un’esperienza umana tanto estrema turbi lo scrittore e tutti noi.

Murakami descrive l’amore come nessun altro, credo. E altrettanto riesce a fare con il dolore. Questi due sentimenti che continuamente si intrecciano sconvolgendo l'anima umana, sono l’alito che fa scorrere le nostre giornate in maniera inusuale, diversa, vissuta. Nel suo ultimo romanzo tradotto in Italia Murakami parla di un ragazzo, come spesso nei suoi romanzi, e del suo distacco dai suoi cinque amici dell'adolescenza. Ad un tratto tutto finisce, nessuno parla più con lui e la sua vita è destinata a cambiare, senza ragione e per forza. Quante volte la nostra vita cambia, d’un tratto, all’improvviso, senza che noi ne siamo realmente timonieri, virando verso altri mari, dopo che per mesi abbiamo mantenuto la rotta, attendendo quella terra, che quasi siamo riusciti a scorgere, ma a cui ora dobbiamo voltare le spalle. Murakami è un poeta che scrive in prosa e scrive dei sentimenti dell’animo che più aggrovigliano le viscere e offuscano gli occhi: l’amore e il dolore. E le ragioni dei sentimenti sono qui, come nella vita, misteriose e inspiegabili. Osservando il suo stile, irreali, impossibili nella nostra vita di normali cittadini della realtà. Eppure cosa c’è di reale nel dolore, cosa c’è di reale nell’amore? Forse queste esperienze quotidiane vivono proprio quegli universi assurdi che Murakami descrive e che a noi appaiono così lontani.

Emmanuel Carrère

Murakami Haruki

L’Avversario

L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio

Tit. originale: L’Adversaire Traduzione di Eliana Vicari Fabris Adelphi, 2013 - pp. 169 - € 17,00 ISBN 987-8845927867

Tit. originale: Shikisai o motanai Tazaki Tsukuru to, kare no jurnei no toshi Traduzione di Antonietta Pastore Einaudi, 2014 - pp. 260 - € 20,00 ISBN 978-8806219772

Figuracce “La vita, in fondo, non è che uno slalom tra figure di merda.” Figuracce è una raccolta di racconti ideata da Einaudi, edita lo scorso anno, dove si fronteggiano in prove di scrittura spesso molto diverse dal loro genere Ammaniti, De Silva, Giordano, Pascale, Piccolo, Raimo, Stancanelli e Trevi. Insomma un concentrato di contemporanei venditori di bestseller, tra cui alcuni abili nel genere “figure di merda” e altri più timidi che finiscono per risultare tutto fuorché spiritosi. L’idea di partenza sembra divertente: un gruppo di scrittori durante una cena estiva racconta le sue peggiori figuracce e così nasce l’idea di Ammaniti di raccoglierle in un bel volume costoso Einaudi Stile libero. Difficile pensare che questa romantica storia editoriale ispirata sia vera, più facile invece pensare che si tratti di un prodotto commerciale che Einaudi ha più o meno imposto ai suoi principali autori di lancio della collana più scanzonata e commerciale che possiede (primo fra tutti Ammaniti, che non pubblica un romanzo da un po’). Nonostante questa disincantata premessa l’insieme di racconti è interessante, più che altro per conoscere gli scrittori italiani di oggi, che cercano di contendersi la vittoria per il più simpatico. Giordano è forse il più improbabile, non riesce davvero a ridere di sé, Ammaniti invece sguazza in questo genere grottesco, dove le tristi sventure diventano, narrate a posteriori, grasse risate. Ma, a questo punto, non era forse meglio che scrivesse lui tutte le pagine?

16

AA.VV. Figuracce A cura di Niccolò Ammaniti Einaudi, 2014 - pp. 260 - € 17,50 ISBN 978-8806220518

DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015


informazione pubblicitaria

A Viterbo arriva Dal 21 marzo, strada Tuscanese km 3,200 Sabrina Ricci - Ufficio stampa Green City

opo la scommessa dello scorso anno della manifestazione Green City tenutasi a Prato Giardino e della mostra agli Almadiani “Sogna Verde” (con artisti di fama nazionale ed internazionale), è nato e sta crescendo a Viterbo un nuovo e importante progetto dal nome Made in Green factory dove ecologia, natura, alimentazione biologica, arte, cultura e tutto ciò che ruota intorno alla Green Economy si incontrano per svilupparsi e radicarsi nel territorio.

D

La sede è una grande struttura sita in via Tuscanese, con al suo interno uno spazio polivalente suddiviso in un due aree: una espositiva ed una dedicata all’intrattenimento dei visitatori. L’intento di Made in Green factory in stretta sinergia con Green City Production 2015, è quello di creare una nuova e moderna realtà legata alla Green Economy e all’ecologia, che dia prestigio e valorizzi la città di Viterbo e tutta la Tuscia, attraverso scambi e

collaborazioni con aziende legate non solo al nostro territorio ma di tutta Italia. L’idea di una “Factory” nasce infatti, dall’intento di mettere insieme associazioni culturali, realtà musicali, artisti, artigiani, piccole e grandi imprese che puntano sempre più nel biologico e nelle fonti energetiche alternative, vedendo in questo il futuro dell’economia e la crescita del territorio, così da creare una “city factory” dove è bello incontrarsi anche per assistere a spettacoli, dibattiti e musica dal vivo, laboratori, work shop, stage, produzioni e tanto altro. L’inaugurazione di Made in Green factory, legata alla nuova edizione di Green City 2015, si terrà in strada Tuscanese sabato 21 marzo 2015 dalle ore 17 in poi, con live music, spettacoli, presentazioni di aziende e apericena. Vi invitiamo a contattarci per collaborare con noi, per esporre e lanciare i vostri prodotti e creare così una nuova rete di collaborazione forte e importante tra imprenditori che vogliono puntare sul “Made in Green”.


presenta le sue aziende

HERBALIFE è leader mondiale per quanto riguarda l’integrazione alimentare sia interna che esterna, con prodotti di altissima qualità certificata e approvata da 92 paesi nel mondo. Nel suo organico è presente anche il premio Nobel Luis Ignaro, che ha vinto il premio grazie all’integratore Niteworks che riduce le insorgenze di complicazioni cardiache durate il periodo notturno.

PIEMES srl si occupa di efficienza energetica con progettazione e posa in opera di impianti di efficienza energetica che vanno dall’illuminazione a led, di cui siamo anche produttori, fino ad arrivare ad impianti di riscaldamento e climatizzazione, fotovoltaici, cogeneratori, anch’essi di nostra produzione, geotermia e anche sistemi di igienizzazione ad ozono.

LAGITECH progetta, realizza e cura la manutenzione di impianti tecnologici e per l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili quali i sistemi fotovoltaici, solari termici, geotermici, eolici e da biomasse legnose (legno pellet). Realizza anche sistemi di climatizzazione evoluti, sistemi ed impianti per il trattamento e la depurazione dell’acqua.

AURO da azienda pioniere è oggi leader nel mercato delle vernici e finiture naturali, mercato peraltro in continua e dinamica crescita. AURO, sin dal 1983, produce vernici, oli, cere, colle e prodotti per la pulizia e manutenzione con i più elevati standard biologici ed ecologici possibili. Questo rende AURO un’azienda all'avanguardia nell’introduzione dei concetti di ecologia e sostenibilità nell'industria chimica. La nostra filosofia aziendale si basa sull’utilizzo di materie prime sostenibili, biologiche e minerali.


presenta le sue aziende

Il gruppo LEGNOBLOC produce blocchi sull’esperienza Durisol, che da oltre 80 anni in Austria e da più di 60 anni nel mondo è il primo produttore mondiale di blocchi in legno cemento. Durisol Italia produce solai e blocchi per pareti denominate IMPATTO ZERO, composte da blocchi in legno-cemento (cippato di abete ricavato esclusivamente da segherie, mineralizzato, impastato con cemento) e canne utilizzate come isolanti.

La pietra… su misura è al servizio del cliente per scegliere il miglior prodotto per soddisfare le vostra esigenza, consigliandovi il miglior articolo in rapporto “qualità prezzo”. In collaborazione con cave di Ardesia, Arenaria, Basalto, Granito, Marmo, Pietra Calcarea, Porfido, Quarzite, Serpentino e Trachite Italiane e Estere proponiamo prodotti selezionati per realizzare: pavimenti e rivestimenti ecologici interni ed esterni, pareti ventilate, ciottoli, graniglie, accessori, decori, scale, balconi, coprimuri, soglie, piastre per cucinare, termoarredo in pietra, ed altre articoli realizzati su misura. Agente Mauro Lanari - Cell. 348 39 73 426 - Mail: lanarimauro@virgilio.it

L’azienda nasce nel 2000, con uno staff composto da ingegneri e tecnici di primo ordine. Il core business è nell’area degli impianti di climatizzazione estiva ed invernale, trattamento dell’aria e impianti elettrici sia nel terziario che nel campo domestico. Attenti a proporre impianti energeticamente efficienti, i nostri interessi sono rivolti al green building, alle energie alternative e a proporre nuovi prodotti ad alta efficienza.

In un mercato dominato dalla lavorazione seriale e industriale del legno in cui si è perso il valore dell’unicità, il nostro obiettivo, da più di trent’anni, non è mai cambiato: realizzare arredamenti per la casa in legno unici, originali e di qualità certificata. Siamo un’azienda a conduzione familiare specializzata nella realizzazione di: cucine, pareti, intagli artistici, porte, finestre, scalinate e arredamento di design su misura. Tutti i nostri prodotti sono garantiti dalle mani esperte dei nostri falegnami. Inoltre, offriamo ai nostri clienti la possibilità di pagamenti personalizzati e finanziamenti a tasso zero. www.lafontedellegno.it


presenta le sue aziende

IDROFULAX è azienda leader nella zona di Viterbo per la progettazione, realizzazione e installazione di piscine. La ditta si occupa di costruire piscine pubbliche, semi-pubbliche e private, di qualsiasi forma, dimensione e materiale (cemento armato, prefabbricate, in muratura, a pannelli). I tecnici dell’impresa effettuano anche il servizio di manutenzione e sostituzione pezzi danneggiati, fidelizzando la clientela, grazie alla loro competenza e cordialità. L’azienda si occupa, inoltre, della progettazione e installazione di impianti per il trattamento e la depurazione delle acque bianche e nere e di impianti di irrigazioneper giardini e terrazzi sul territorio di Viterbo e provincia e su richiesta in tutta Italia.

GREEN DESIGN è l’unione di due grandi passioni quella di Maurizio per il verde e gli spazi aperti e quella di Isabella per i fiori e i loro complementi. Maurizio si occupa della progettazione e della realizzazione del vostro giardino, rispettando le vostre esigenze, ricercando sempre nuovi materiali che lo caratterizzino dalle pietre per rivestimenti alle soluzioni sempre più attente al rispetto della natura, si occupa personalmente, prima progettando e poi realizzando insieme al resto del team opere in muratura,impianti e arredi privilegiando il carattere e la naturalezza del luogo.

Il design della pietra si trasforma per creare nuovi spazi da vivere. Creazioni di prodotti di design artigianale in serie o su misura. Oltre alle lavorazioni classiche dell’artigianato lapideo, diamo colore e pregio alla pietra lavica e al Peperino viterbese con la tecnica della smaltatura ceramica,fornendo un materiale di elevato pregio e personalizzabile in forme e colori per Arredo cucine, Arredo bagno, Arredo giardino e complementi d’arredo. MADEINLAVA sviluppa progetti, con lo studio di forme di design per l’arredo di interni, esterni e per l’edilizia con architetto interno. Visita il sito e contattaci per un progetto e un preventivo: www.madeinlava.com

Made in Green factory • Viterbo • Strada Tuscanese km 3,200 Info: 348 3973426


A

P O R TATA

DI

MANO

-

W W W. D E C A R TA . I T

FR

VITERBO

EE

A Viterbo, quest’anno, la Primavera inizia a…

dal 21 marzo, strada Tuscanese km 3,200



upside down

incontri

Rick, l’arte di stupire Intervista al talentuoso illusionista viterbese. Gabriele Ludovici

Viterbo: 339 4564065 Roma: 338 8783665

L

’arte della magia è da sempre una delle più apprezzate: è difficile non restare affascinati, stupiti ed impressionati dall’abilità degli illusionisti. In pochi però provano a mettersi nei panni del mago: come ci si avvicina ad una passione di questo tipo? Quali sono i sogni e le aspettative di coloro che, per mestiere, propongono una vera e propria “fuga dalla realtà”? Ne parliamo con Rick, giovane prestigiatore e mentalista viterbese che sta cercando di ritagliarsi il suo spazio attraverso delle simpatiche iniziative, di cui parleremo in seguito, ma anche grazie ad un talento maturato nel giro di pochi anni. Lo incontriamo nello studio dei ragazzi di Video Solution poco prima di girare un video promozionale nel quale mostra il proprio talento nei giochi con le carte: assieme a loro Rick sta realizzando dei filmati girati direttamente per le strade di Viterbo, nei quali ferma le persone per proporgli delle piccole e stupefacenti esibizioni.

Allora Rick, come ti sei avvicinato al mondo della magia? «A dire il vero un pochino tardi, circa tre anni fa. In quel periodo lavoravo come barista in un campeggio, nel quale si esibiva un mio amico mago. Mi incuriosii parecchio e mi avvicinai per scoprire i suoi trucchi: mai mi sarei immaginato che in seguito avrei proposto gli stessi giochi ai miei amici, ma ben presto nacque la passione. Acquistai nel suo negozio le prime scatole magiche e poi lui stesso, vedendo la mia grande curiosità, mi invitò più volte da lui per darmi dei consigli importanti. Iniziò così il mio periodo di studio: comprai libri e dopo tanta applicazione sono riuscito a prendermi le prime soddisfazioni. Mi sono concentrato sulla cartomagia ed il close-up, ovvero i numeri di magia eseguiti con l’ausilio di piccoli oggetti comuni come elastici, monete o spugne. Col tempo ho acquisito abilità e voglia di “rompere le scatole” alla gente per generare in loro DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015

stupore, rendendomi conto che avrei potuto intraprendere una carriera professionale: così sono arrivate le mie prime esibizioni nelle feste di compleanno e nei pub, magie di scena che mi hanno permesso di fare una bella gavetta. Se dovessi citare i miei maghi preferiti direi senz’altro David Copperfield, ma sono incantato anche da Silvan ogni volta che lo sento parlare!» Il progetto Rick Magic Emotions ti sta portando a contatto diretto con i cittadini, ed il primo video pubblicato sul web ci ha molto divertiti! Cosa c’è alla base di quest’idea e quali sono i tuoi obiettivi per il futuro? «Il mio desiderio è sviluppare uno stile personale, una sorta di messaggio da diffondere. Tramite internet si sono diffusi parecchi video che insegnano i trucchi del mestiere, ma non sono sufficienti… ci vuole ben altro per andare oltre la semplice esibizione. Un gioco può essere semplice o complicato, ma l’importante è riuscire a trasmettere emozioni: pensa ad esempio ai passanti che ho fermato per le vie di Viterbo! Magari si è trattato di persone che stavano andando a lavoro con mille pensieri per la testa, ma un perfetto sconosciuto come me ha permesso loro di entrare in un’altra dimensione per un paio di minuti. Il gioco è un mezzo che ti permette di far sognare le persone e allontanarle della situazione in cui si trovano. Adesso per me si è accesa la stellina della magia e nel futuro voglio renderlo il mio lavoro stabile, andando aldilà della semplice passione… sempre con l’obiettivo di cambiare la giornata delle persone!» Non ci resta dunque che aspettare i prossimi video – dei quali potreste essere tranquillamente protagonisti anche voi! – augurando a Rick di ripercorrere le orme dei grandi prestigiatori. Da quel che ho potuto vedere durante l’intervista il ragazzo ha classe da vendere! III


cura del corpo

informazione pubblicitaria

upside down

SHAO YANG (Via delle Piagge, 1/1a - 0761 305401)

Shao Yang Via delle Piagge, 1/1a

La celiachia è una malattia autoimmune: nei soggetti geneticamente predisposti si verifica una reazione alla proteina del glutine, che comporta l’infiammazione e il troncamento dei villi intestinali. Bisogna però distinguere tra celiachia e Gluten Sensitivity: quest’ultima non comporta l’atrofia dei villi e la risposta autoimmune dell’organismo, bensì altri sintomi come gonfiori, sonnolenza, disturbi allo stomaco, cefalea e persino depressione. Secondo le stime un italiano su quattro è sensibile al glutine: spesso i sintomi vengono confusi con la stanchezza o lo stress. Non sono ancora stati individuati biomarcatori sierologici specifici per individuare la sensibilità, ma è possibile eseguire un test clinico condotto in cieco. Esso prevede l’assunzione, in tempi diversi, di glutine e di un placebo (senza che il paziente sappia quale prodotto stia prendendo): la raccolta e l’analisi dei dati inerenti lo stato di salute del soggetto permettono di individuare il disturbo. Questo metodo è stato messo a punto da un team di Medici Specialisti e Gastroenterologi della Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policnico di Milano. Presso l’emporio naturale Shao Yang potete trovare il kit che vi permetterà di effettuare il test a casa ed ottenere la diagnosi da parte di un medico specialista.

3 WELLNESS (Via Venezia Giulia, 21/a - 0761 220317) 3Wellness è un negozio di riferimento per la vendita di integratori alimentari. I marchi principali trattati sono numerosi: le italiane Volchem, Powerhouse, Why, Enervit, Enerzona, oppure le inglesi Sci-MX, Amix, la polacca FA Nutrition o la canadese Jamieson. Le offerte speciali sono numerose e sempre riportate anche sulla pagina di Facebook. Al momento è in promozione il pacchetto massa (1kg di proteine 100% Isoprotech, B.C.A.A. aminoacidi da 200 tablets, creatina 200 compresse da 1 gr.) a € 56 anziché 112!

3 Wellness Via Venezia Giulia, 21/a

BLACK SUN SOLARIUM (Via Cardarelli, 65 - cell. e whatsapp 349 1234016) Per il vostro benessere e la vostra bellezza, Black Sun offre molteplici servizi in grado di soddisfare tutte le esigenze. Partiamo dal solarium: esso viene eseguito con l’ausilio di lampade ad alta pressione esafacciale per abbronzature parziali, e con doccia e lettino per quelle integrali. Inoltre Black Sun è un punto autorizzato Australian Gold, azienda leader nel settore dei prodotti per abbronzatura. L’area estetica è di prima qualità: include massaggi rilassanti decontratturanti, ayurvedici, anticellulite, drenanti, circolatori e trattamenti di radiofrequenza e pressoterapia. I prodotti utilizzati sono quelli della linea Olos, completamente naturali, con i quali vengono praticati specifici trattamenti viso e corpo. È possibile effettuare depilazioni con cera classica o con metodi moderni come l’elettro-depilazione ad ago e la luce pulsata. Per le unghie si effettua sia la classica manicure oppure trattamenti semipermanenti, nonché la ricostruzione in gel. Da non perdere, il percorso benessere dedicato alle coppie, che prevede massaggi e sauna.

Black Sun Solarium Via Cardarelli, 65

IV

Lo staff, composto da Carla e due giovani ed esperte collaboratrici, è sempre pronto ad accogliervi con delle interessanti offerte, questo mese una particolare attenzione alla donna. Per altre info rimandiamo alla pagina: www.facebook.com/blacksun.viterbo Il centro è aperto con orario continuato (9-20) dal lunedì al sabato.

DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015


acquisti

www.decarta.it/upsidedown

Vit.Auto Via Monte Rosa, 2/E - Vitorchiano VT

OTTICA MILIONI (Via Marconi, 23 - 0761 340673) Il glaucoma è una patologia insidiosa che costituisce la più diffusa causa di cecità al mondo. Tra i vari studi ve n’è uno che ha accertato una correlazione tra la pressione oculare e l’assunzione delle bevande contenenti caffeina. Alcuni soggetti sottoposti ad esami hanno evidenziato un aumento della pressione oculare dopo un’ora dall’assunzione di caffè, ma anche lo stile di vita e la correlazione tra massa corporea, il fumo di sigaretta e l’assunzione di alcolici sono fattori che influiscono negativamente su di essa. Come controllare la pressione oculare? Da oggi è più facile. Presso il Nostro punto vendita è possibile misurare il valore pressorio mediante il tonometro a soffio, strumento che non comporta alcun contatto con la superficie corneale. Si tratta quindi di un test non invasivo e soprattutto gratuito: la prevenzione è sempre una buona abitudine e permette, nell’eventualità, di intervenire con efficacia.

Ottica Milioni Via Marconi, 23

OFFICINA DEI FIORI (Via San Bonaventura, 56 - 0761 309848)

TEL. 0761309848 CELL. 3339687508

Officina Dei Fiori Via San Bonaventura, 56

DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015

Come si può percepire già dal nome, l’Officina dei Fiori è un luogo speciale nel quale le bellezze offerte dalla natura vengono elaborate da un punto di vista unico. Offre una vasta gamma di prodotti provenienti da numerosi paesi e una lavorazione di qualità inconfondibile ed emozionante. La formazione di Federica Salomoni conta diversi anni di pratica: la passione l’ha portata a viaggiare a lungo nella penisola, lavorando in molte attività differenti fino all’incontro con un fiorista svizzero che ha rivoluzionato il suo concetto di composizione floreale. All’Officina dei Fiori non troverete nulla di preconfezionato: il risultato del lavoro, che sia diretto agli sposi e non, sarà elaborato su misura, con un occhio di riguardo ai modelli offerti dalla natura stessa. Il packaging sarà essenziale, realizzato il più possibile con materiali neutri e naturali, e corredato da un’oggettistica di design nordeuropeo, stile che esalta la migliore cultura del fiore. Un incontro con gli sposi e con i clienti in generale sarà il passo fondamentale che permetterà a Federica di avere i mezzi necessari per apportare il proprio tocco artistico alla stupenda storia da raccontare tramite fiori e piante.

V

informazione pubblicitaria

upside down


jazzup

hashtag

Esce a marzo “Blazar” del Fabio Giachino Trio … un gran bel disco!

’avventura è cominciata nel 2011, quando Fabio Giachino, da molti oggi considerato uno dei nuovi talenti del jazz nostrano, vince il Premio Internazionale Massimo Urbani, il Premio Nazionale Chicco Bettinardi ed il Red Award Revelation of the Year al JazzUp Festival di Viterbo. Da lì in poco tempo il giovane musicista di Alba, classe ’86, si è conquistato la fama di eccellente pianista e ottimo compositore. Per l’hashtag di questo mese abbiamo incontrato Giachino a qualche giorno dal lancio di Blazar, il suo nuovo lavoro discografico.

L

“Pochi mesi dopo aver inciso il mio primo lavoro” ci racconta Fabio al telefono dopo un turno di registrazione “realizzato da leader – Introducing Myself, in trio insieme a Davide Liberti e Ruben Bellavia e con la collaborazione di Rosario Giuliani – ho capito che la strada sarebbe stata molto faticosa ma al tempo stesso entusiasmante”. Chiediamo allora al giovane jazzista, di raccontarci quello che è accaduto nei periodi successivi a questo inizio carriera così folgorante: “Abbiamo suonato e girato tutta Italia, ricevuto altri premi (1° premio Barga Jazz 2012 in trio, 1° premio Fara Music Festival 2012 sia come gruppo che come solista) fino ad arrivare a pubblicare il secondo lavoro Jumble UP (Abeat records) sempre in trio, che, oltre ad averlo presentato nei principali club e festival italiani, ci ha portati anche al Petrof Jazz festival 2014 di Praga ed all’Europafest di Bucharest dove abbiamo ricevuto come riconoscimento il premio speciale come miglior band!”. Bene, siamo ai giorni nostri e ora vuoi parlarci del nuovo lavoro che presenti con i due musicisti storici che da sempre collaborano con te?

VI

Ho conosciuto Giachino qualche anno fa suonando come ospite del quartetto Jazz Accident e, fin da subito, ho capito che stava nascendo un grande talento. Credo che i progressi che ha fatto in questi ultimi anni siano veramente notevoli, lo dimostra questo riuscitissimo lavoro Blazar, un disco che strizza l'occhio al jazz newyorkese, ma senza tralasciare la vena melodico mediterranea che contraddistingue i jazzisti italiani in tutto il mondo. A mio parere, un gran bel disco! (Fabrizio Bosso)

“Il 2015 ci riserva il terzo capitolo: Blazar, in uscita a marzo sempre per Abeat records. Il disco è stato registrato il 29 e 30 dicembre del 2014 all’Indie Hub di Milano dove ho avuto il piacere di suonare su uno stupendo Steinway&Sons modello Fabbrini. Credo in questo terzo album si sia delineata maggiormente la via che abbiamo intrapreso in questi anni, la coesistenza di differenti influenze stilistiche legate dall’amore comune per lo swing e il beat più incalzante ma, con una maggior ariosità all’interno delle composizioni ed un’attenzione maggiore alla melodia e alla forma… Blazar è proprio questo, in scienze viene definito come una sorgente altamente energetica e super compatta, uno dei più violenti fenomeni dell’universo… ed è così che amo vedere il mio gruppo e la

BLAZAR (abeat records) Fabio Giachino Trio Fabio Giachino: piano Ruben Bellavia: doublebass Davide Liberti: drums www.abeatrecords.com Discografia: A. Matveeva - Vocalese (2015, Puma Chan records) M. Rolff 4tet - Scream (2014, BlueArt Label) Fabio Giachino Trio - Jumble UP (2014, Abeat Records) Fabio Giachino Trio feat. Rosario Giuliani - Introducing Myself (2012, Musicamdo) Jazz Accident - Playmobil (2011, Abeat) Animalunga - Market Polka (2011, Zone di Musica) Jazz Accident (2010, Emmeciessemusic) Avec4 (2008, Videoradio)

nostra musica: energica, violenta, ma anche dolce e delicata… e che magari faccia anche ballare, come il jazz faceva agli inizi del ’900!”. Ringraziamo Fabio per la sua disponibilità e ci congediamo da lui con la consapevolezza di aver incontrato un perfetto manifesto della scena musicale contemporanea, il leader di un gruppo affiatato e ben collocato tra le dinamiche jazzistiche italiane. L’invito di partecipare alla nuova edizione del JazzUp è stato naturalmente lanciato e raccolto, ed è già più di una speranza per il pubblico di Viterbo, che non aspetta altro di poter rivedere ed incitare sul palco questo giovane talento italiano del jazz. …AD MAIORA Fabio!

DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015


hashtag

Marc Cary European Tour a Viterbo Una serata d’eccezione all’Hotel Salus Terme. Foto di Rebecca Meek

“The main thing is the intention behind what you say musically; [that’s] the beauty. If you’re thinking something and you hit that note, the resonance of what you’re thinking actually goes through that note. It’s like a telephone frequency carrying your voice – literally. That’s the power.” (Marc Cary) arc Cary è una figura che si distingue prepotentemente nel panorama jazz attuale, perché il suo stile è frutto di una storia artistica e personale che pochi musicisti possono vantare. Nato a New York City nel ’67, Marc Cary è cresciuto a Washington fra le turbolenze degli anni ’70 e ’80. La sua vita è sempre stata pervasa dalla musica, perché la sua era una famiglia di musicisti, le cui origini derivavano da una combinazione incredibile di etnie: sangue africano mescolato con sangue indiano, irlandese e capoverdiano. Nella sua prima band di quartiere (a 12 anni) ha suonato la batteria, di seguito è passato alla tromba. Faceva parte di un programma di riabilitazione sociale per ragazzi difficili quando fece un provino, ottenendo l’ammissione alla prestigiosa Duke Ellington School of the Arts, il terreno fertile professionale per artisti del calibro di Dave Chappelle, Wallace Roney, Denyce Graves e Meshell Ndegeocello. Con essi Cary si è trovato a suonare nell’orchestra della scuola, ed è qui che ha sviluppato il suo amore per il Fender Rhodes. A 21 anni si trasferisce nuovamente nella Grande Mela dove la sua carriera da pianista ha inizio al fianco di Betty Carter e Abbey Lincoln. Ha coltivato il suo stile condividendo il palco con artisti come Dizzy Gillespie, Arthur Taylor, Carlos Garnett, Jackie McLean, Wynton Marsalis e Carmen McCrae. La sua capacità di creare un feeling particolare con cantanti band leader, lo ha reso l’accompagnatore preferito anche di cantanti più moderne come Meshell Ndegeocello, Erykah Badu, Lauryn Hill e Ani Di Franco.

M

La versatilità, la ricerca e l’esplorazione gli hanno permesso di confrontarsi con diverse realtà stilistiche, facendosi contaminare da esse. Ma, in ogni interpre-

DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015

“La cosa principale è l’intenzione alla base di quello che dici musicalmente; [quella è] la bellezza. Se stai pensando a qualcosa e suoni una nota, la risonanza di quello che pensi passa di fatto attraverso quella nota; è come una frequenza telefonica che trasporta la tua voce – letteralmente. Quello è il potere.” (Marc Cary)

tazione, la sua forza espressiva e il suo stile personale vengono fuori in maniera evidente. Il debutto discografico come leader risale al 1995 e da allora ha realizzato una dozzina di album di musica sotto la sua direzione. Nell’ultimo anno ha fatto parlare molto di sé con gli album Four Directions e For the Love of Abbey, osannati dalla critica americana e europea. Nel 2014 ha ricevuto il Rising Star Keyboardist per i Downbeat’s 62nd Annual Critic’s Poll. A vent’anni dal suo primo lavoro discografico, Cary affronta nuovamente uno dei concetti più avventurosi della sua carriera con l’uscita di Rhodes Ahead Vol. 2, il 17 marzo 2015, per Motema Music (http://motema.com/releases/rhodes-ahead-vol-2/). Il nuovo album è la continuazione, per molto tempo attesa, del Rhodes Ahead Vol. 1, del 1999, un disco nel quale Cary aveva inserito elementi di drum

’n’ bass, funk elettronica e R&B, house, afro-cubana, etnica, e “go-go”, la musica della sua adolescenza a Washington DC, un mix esotico che attraversava ponti ritmici tra le generazioni, come il suo idolo Miles Davis aveva fatto quando aveva incontrato il pubblico del Rock Fillmore tre decenni prima. Rhodes Ahead Vol. 2 spinge questa stessa visione di Cary avanti fino ad oggi, in un’ambientazione più urbano-centrica e digitale, anche se nei brani Essaouira Walks e Spices and Mystics, di ispirazione marocchina, affiorano le influenze della musica tradizionale africana. Entrando più nel particolare, l’enfasi descritta nel viaggio musicale di Marc Cary con il suo Focus Trio è chiaramente spirituale: «Il mio essere in grado di comunicare con la gente sul palco proviene da una mia pratica, una sorta di meditazione, una meditazione cosciente.»

Venerdì 20 marzo 2015 - ore 21,30 - Hotel Salus Terme di Viterbo

Marc Cary European Tour 2015 - Focus Trio “Rhodes Ahead Vol. 2” (2015) Marc Cary: acustic piano, Fender Rhodes e synth Rashaan Carter: acustic and elettric bass Sameer Gupta: drums e tabla Info: 324 8637263 (tutti giorni dalle 14.30 alle 19.30) tusciaforchildren@gmail.com - info @jazzupchannel.it

VII


upside down

incontri

“La lottatrice di sumo”, il nuovo romanzo di Giorgio Nisini L’aldilà può comunicare con il presente attraverso un quadro? Claudia Paccosi | claudia.paccosi@decarta.it

iorgio Nisini, scrittore viterbese di La demolizione del mammut (2008) e La città di Adamo (2011), torna a incontrare Decarta per raccontare il suo nuovo romanzo edito da Fazi: La lottatrice di sumo. Un fisico che si incontra con l’aldilà, con un amore legato al passato e ormai da tempo scomparso e con un misterioso quadro dal soggetto inusuale.

G

Il tuo nuovo libro, uscito il 31 gennaio, è La lottatrice di sumo. Un fisico che mette in dubbio le proprie certezze, un quadro misterioso e una donna che riaffiora dal passato. Cosa racconta la storia del tuo ultimo romanzo? «Il libro parla di un quadro, come dice il titolo, che Margherita, un’affascinante ed enigmatica ragazza, regala al suo fidanzato Giovanni pochi giorni prima di morire. Trascorrono molti anni e Giovanni, che nel frattempo è diventato un importante scienziato, inizia a pensare che in quel quadro ci sia un messaggio proveniente dall’aldilà, da Margherita. Questa è in estrema sintesi la trama. Al centro del mio romanzo volevo VIII

però mettere il tema della comunicazione con l’aldilà, volevo raccontare una comunicazione impossibile tra un ragazzo e una ragazza che si sono molto amati.» L’arte è protagonista del tuo romanzo, tema spesso trattato dagli scrittori contemporanei (solo per citare, Il cardellino di Donna Tartt). Cosa quest’arte rappresenta per la scrittura? Quanto un mondo visivamente e concretamente rappresentato tramite la materia, riesce a trasmettere più della parola? «L’arte pittorica, in particolare, mi dà la sensazione di un’arte che ha qualcosa di antico. Oggi l’arte moderna entra in contrasto con la velocità del nostro tempo, utilizzando ancora i colori ad olio e i pennelli, entra in contrasto con la perfezione delle immagini visive del nostro tempo. Nonostante la patina di antichità l’arte pittorica è un’arte molto moderna, perché racconta la contemporaneità con strumenti antichi: questo contrasto mi affascina molto.» Il protagonista e la trama stessa del

romanzo guardano continuamente al passato. Citando F. S. Fitzgerald “così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato”. Quale importanza ha il passato nel romanzo? Si può replicare e far tornare o è solo memoria che con la mente tentiamo inutilmente di far rivivere? «In questo romanzo una donna del passato interferisce nel presente del protagonista, i piani temporali saltano, si somma a un tempo cronologico un tempo psichico e interiore. Per un periodo sono stato affascinato dalle riflessioni filosofiche sul tempo di Henri Bergson, che parlava della differenza fra il tempo della fisica quantificabile e il tempo della nostra interiorità, che chiamava della durata, dove non tutto è uguale a sé stesso e un’ora può essere lunga o corta, mutabile a seconda di come la percepiamo. Il tempo mi sembra qualcosa che sfugge e non può che attrarmi. Proust pensava che quando si rievoca con la memoria il passato, quel momento si possa rivivere. Secondo me no, non è rivivibile, sebbene il passato sia un concetto non definibile perché si intreccia con il nostro presente. Certo è che il passato come lo intendiamo nella maniera più semplice e intuitiva non si può rivivere poiché noi cambiamo in continuazione, siamo sempre perennemente diversi.» La lottatrice di sumo indaga il tema dell’aldilà con forte incertezza, quale idea hai della vita oltre la morte e come mai hai voluto concentrare il tuo ultimo romanzo su questo? «La mia idea è quella del protagonista in fondo: di grande dubbio. Non so darmi una risposta, non credo né che non ci sia, né che ci sia. Mi chiedo però: ma dove DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015


vanno a finire tutte le parole che ci diciamo con una persona che amiamo, tutte le sensazioni, le emozioni e i ricordi? Si cancellano? Finiscono? O restano da qualche parte? Il tema più specifico di questo libro è infatti la comunicazione. È possibile una conversazione tra vita e morte o è solo un’illusione?» Nella scorsa intervista, pubblicata nel mese di ottobre, mi avevi detto che La lottatrice di sumo avrebbe chiuso un’ideale “trilogia dell’incertezza”. Ho trovato però questa volta un personaggio molto più sicuro che indaga i suoi dubbi e trova completamento alle sue domande. Il romanzo va verso questa direzione? «Chiude la trilogia, il personaggio approda a una maggiore consapevolezza delle cose. Il termine trilogia può però trarre in inganno: non sono tre romanzi legati, sono tre romanzi che in diverso modo raccontano il tema del dubbio, del contrasto fra ragione e irrazionale, in questo caso scienza e occulto. La tua sensazione è giusta, chiudo la trilogia dell’incertezza con un personaggio che approda a consapevolezza maggiore.» Oltre ai luoghi vicini alla nostra Viterbo, come Tarquinia, Orvieto e la Val Nerina, descrivi nel romanzo l’università La Sapienza di Roma così: “uno spazio architettonico progettato per dare ordine a qualcosa di caotico, era come una gabbia di marmo dentro cui pulsavano in maniera anarchica sentimenti di ogni tipo: amori, odi, passioni politiche, ambizioni”. Di nuovo l’architettura è personaggio della tua scrittura. Quanto i tuoi luoghi e tragitti quotidiani sono entrati in questo libro? «Molto. Quando ho cominciato a scrivere mi sono chiesto dove ambientare i miei romanzi. Ho pensato a tanti possibili luoghi e mi sono reso conto che i miei paesaggi, quelli che conoscevo meglio, erano stati poco raccontati. L’Alto Lazio e l’Umbria erano poco presenti nella storia della narrativa italiana. Li ho scelti per la loro verginità letteraria e per la loro vicinanza con me stesso. Viterbo compare a volte in Vitaliano Brancati o in Mario Luzi, ma è comunque un luogo DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015

poco esplorato rispetto ad altri. Io vivo sempre i luoghi che descrivo nei romanzi, anche se sono presenti luoghi immaginari come Contromondo, che però si incasellano in paesaggi reali.» Cito dal testo: “Non era un sentimento negativo, ma neanche propriamente positivo: il fascino non è di per sé rasserenante, anzi, pone di fronte a qualcosa che disturba, che fa saltare dai binari delle sicurezze consolidate.” L’ho trovata una descrizione del fascino molto inusuale, potresti spiegarmela? «Quando sono affascinato da una persona e quando questo fascino si trasforma in attrazione entra in gioco un elemento disturbante. Si rompe un equilibrio, il sentimento ci pone in uno spazio eccitante, ma pericoloso. Siamo più vulnerabili, si innesca una dipendenza, si innesca qualcosa che ci distrae e lascia in squilibrio. Si tratta di un elemento non rasserenante.» Cito ancora, alcune sensazioni possono evocarle bene solo le tue parole: “È curioso come nei ricordi alcuni particolari restino per lungo tempo in ombra, e poi invece, per ragioni difficili da comprendere, tornino all’improvviso in primo piano.” È così che i tuoi ricordi riaffiorano e contribuiscono a tessere le trame dei tuoi libri? «Noi incaselliamo i nostri ricordi secondo immagini statiche, a volte però può introdursi in essi un elemento che ce le fa vedere in maniera diversa. Ho un immagine degli anni delle elementari basata su pochi ricordi. Pochi anni fa ho incontrato una compagna delle elementari che non vedevo da allora e lei mi ha raccontato particolari che avevo completamente rimosso. Ha aggiunto un altro tassello ai miei

ricordi e mi ha dato una prospettiva diversa. A volte elementi nuovi, derivanti dai racconti di una persona, da una foto o una lettera possono rimodulare la visione del passato. Questo è senz’altro uno spunto narrativo.» Il rapporto fra il protagonista e la figlia, fra il pittore e Olga è leitmotiv della narrazione. Potresti parlarmi del particolare, a volte conflittuale, rapporto che lega un padre alla figlia che, crescendo, sembra sfuggirgli fra le mani? «Anche qui è il tema della comunicazione tra padri e figlie, comunicazione che a tratti sembra interrompersi, poi invece riprende. Probabilmente in questa storia ho proiettato il rapporto con mia figlia piccola. Ho cominciato davvero a percepire che lei era mia figlia quando abbiamo iniziato a comunicare e interagire, è una comunicazione che diventa ogni giorno sempre più raffinata.» Infine, quale destino auguri al tuo nuovo romanzo? Dove speri approderà e chi sogni che legga le tue parole? «Il destino di un libro è quello di essere letto da più persone possibili. Se un libro fosse chiuso in una biblioteca e nessuno lo leggesse non esisterebbe. Penso che La lottatrice di sumo sia una storia che racconti temi che possono toccare le sensibilità di molte persone. Il libro si rivolge a chiunque, è un messaggio in una bottiglia che va per conto suo. Quello che più mi interessa è raccontare una storia, che può essere letta e interpretata dal lettore come meglio crede.»

Giorgio Nisini venerdì 20 marzo alle 18 sarà a

TUSCIA FOR CHILDREN Hotel Salus Terme Viterbo IX



a tavola

informazione pubblicitaria

upside down

Al Vecchio Orologio Una carta dei vini di qualità, tutta locale. G. L.

Il bronzo è lo specchio del volto, il vino quello della mente. (Eschilo, 525 a.C. – 456 a.C) a vite comune o vite euroasiatica (Vitis vinifera L., 1753) è una pianta oramai diffusa in tutto il mondo, giusto il continente antartico ne è esente per ovvi motivi climatici. Un tempo non era così, infatti le prime radici mordevano solo la regione mediterranea. Non è un caso quindi se i popoli di queste terre sono da sempre molto legati al consumo del vino, che si trattasse di culti e sacralità oppure di semplice convivialità. Il termine convivialità infatti deriva da convivere, a sua volta derivante dal latino cum vivere, vivere insieme, ovvero dormire, respirare e ovviamente bere e mangiare in compagnia. Oppure pensiamo al termine simposio, che deriva dal greco syn e pìnein (bere insieme) o ancora ai baccanali, i rituali degli antichi romani volti a Bacco. Quindi non a caso andando da Viterbo verso Roma, lungo la Cassia Bis un cartello sulla destra ci indicherà la Valle del Baccano. Oggi il consumo del vino, in Italia, ha conservato una sua autentica sacralità solo nella celebrazione eucaristica, ma sarebbe sbagliato sminuirlo a semplice bene di consumo: esso assume connotati molto più importanti, anche legati alle sue caratteristiche produttive che spesso affondano le radici nella storia delle aziende vinicole.

L

Per questo motivo al Vecchio Orologio, a partire dal 2013 ed in collaborazione con Patrizio Mastrocola, l’allora fiduciario di Slow Food, troverete una selezione di vini d’eccezione. La particolarità è che provengono tutti da cantine locali: la presenza di marchi come Mottura, Trappolini, Trebotti, Le Lase, La Pazzaglia, Podere Grecchi, Fattoria Madonna delle Macchie, Paolo e Noemia d’Amico, Villa Puri, Ronci di Nepi e Cristina Menicocci è sinonimo di qualità e, cosa non da poco, promozione della Tuscia. Il cliente può scegliere tra un’ampia gamma di vini, ovvero 70 referenze di rosso, 30 di bianchi e 10 di dolci. L’Azienda Agricola Pacchiarotti Antonella è ad esempio una delle realtà

che potrete sperimentare al Vecchio Orologio: l’azienda è nata nel 1998 e le sue proprietà si trovano a Grotte di Castro, affacciate sul Lago di Bolsena e nel cuore della zona a D.O.C. Aleatico di Gradoli. La filosofia dell’azienda è fortemente legata alla storia familiare e all’innovazione di una gestione femminile in un ambito tradizionalmente maschile. La scelta del titolare del Vecchio Orologio Paolo Bianchini è dettata dalla volontà di soddisfare la curiosità dei turisti nel provare i vini locali e di stimolare i viterbesi a conoscere meglio i prodotti della propria terra. In particolare, la missione di educare i cittadini a consumare vini locali è di vitale importanza per aiutare l’economia e le aziende del territorio.

Via Orologio Vecchio, 25 - Viterbo • Tel. 335 337754 DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015

facebook: osteria.delvecchioorologio - twitter: @VecchioOrologio

XI


a tavola

informazione pubblicitaria

upside down

Torna il panino fatto col cuore La chef Laura Belli, impegnata all’interno della condotta Slow Food di Viterbo, sottolinea l’importanza di un consumo responsabile del prodotto agroalimentare a km 0, tema presente anche all’Expo 2015 di Milano e da sempre argomento fondamentale della didattica e dell’educazione alimentare dell’agriturismo I giardini di Ararat.

XII

Torna, a questo proposito, la rassegna AgriTusciaBurger: serie di serate in cui l’agriturismo I giardini di Ararat trasforma il fast food in slow food, cucinando panini a lievito madre, lievitati 24 ore, hamburger fatti col 5-4 del manzo locale, salse fatte in casa con uova bio della via Amerina e tanto altro. Il tutto condito da una calda atmosfera Sixties.

DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015


www.decarta.it/upsidedown

CAFFETTERIA CAPOCCETTI (Via Marconi, 53/55 - 0761 347169) Benvenuti alla Caffetteria Capoccetti, siamo in un luogo denso di storie e ricordi, che dal 1930 porta la stessa insegna, sinonimo di qualità e di grande rispetto per una lunga tradizione familiare che in tanti anni lavora per migliorarsi. Quel profumo di caffè che una volta inondava via Marconi e che ha accompagnato tante persone nei loro gesti più quotidiani può ora essere rievocato in tazzina, degustandolo nel nostro caldo ambiente. Vi aspettiamo a colazione per darvi il nostro migliore buongiorno e in qualsiasi altro momento della giornata per offrirvi una pausa piacevole e un prezioso momento di relax. Caffetteria Capoccetti Via Marconi, 53/55

L’ALTRO CHALET (Via della Palazzina, 1/b - 0761 345780) Da alcuni mesi L’altro Chalet, aperto nel 1984, ha cambiato ubicazione trasferendosi a via della Palazzina 1/b. Il rinnovamento dei locali è andato di pari passo con il mantenimento della qualità dei servizi offerti: bar, tabaccheria e… un gustoso ritorno! Da metà febbraio infatti L’altro Chalet ha ripristinato la gelateria artigianale, che presenta prodotti realizzati dalla famiglia che gestisce il locale e che dal 1998 propone anche questa specialità. Le materie utilizzate – nello specifico il latte e la frutta – sono rigorosamente a km 0 e quindi a basso impatto ambientale. Gli amanti del gelato possono quindi già assaggiare le specialità di cui, quando tra poco arriverà il tepore primaverile, non potranno fare a meno! Il gelato non è l’unico prodotto a km 0 che potrete trovare allo Chalet, perché anche il caffè proviene da un’azienda locale. La Fida Miscela Bar Oro che potrete gustare è infatti realizzata a Marta. Non vi resta quindi che venire a provare in prima persona: di fronte al nuovo Chalet troverete i migliori prodotti per il vostro ristoro, con la qualità e la cortesia di sempre.

L’altro Chalet Via della Palazzina, 1/b

GREEN CORNER (Via San Pellegrino, 6 - 0761 092408) La pizzeria Green Corner è situata nella centralissima via San Pellegrino, nell’omonimo quartiere e nota per essere una delle vie più antiche della città. La pizzeria offre sia posti a sedere dove mangiare sia il servizio da asporto. I prodotti offerti sono i classici pizza e calzone ma è possibile ordinare anche degli ottimi fritti, dolci e salati, preparati sul momento. Il Green Corner è anche un locale molto attento al fenomeno della movida, in quanto sito in uno dei luoghi di maggior affluenza di persone durante il fine settimana. Dal dopo cena in poi è possibile usufruire del servizio bar, quindi birra in bottiglia e alla spina, shots e cocktails.

Green Corner

Il giorno di chiusura settimanale è il lunedì, ma per il resto della settimana il forno rimane acceso fino a notte inoltrata.

Via San Pellegrino, 6

DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015

XIII

informazione pubblicitaria

a tavola


wedding

Garmi, con te nei momenti più belli Una grande scelta e tanti modi per risparmiare.

al 1975 Garmi Bomboniere rappresenta un punto di riferimento per la bomboniera a Viterbo e provincia. Nasce come ingrosso e negli anni successivi si apre anche al pubblico, offrendo oltre 6.000 articoli a prezzi davvero convenienti. Nel grande e fornitissimo show room sono in mostra tutte le ultime tendenze per il settore della Bomboniera, grazie alla presenza di marchi importanti come Hervit, Lagostina, Pintinox, Debora Carlucci, Quadrifoglio, Via Veneto, Prisao, Cuore Matto e Via Montenapoleone: nomi che garantiscono qualità e gusto per una bomboniera che sarà il ricordo di un evento importante e unico.

D

sempre maggiore sia nei matrimoni, con le confettate, sia nel nostro negozio, dove anche l’appassionato troverà le migliori marche declinate in mille varianti di gusto e colore. Con la sua voglia di offrire un servizio sempre più accurato, Garmi si spinge oltre la bomboniera, avviando una fervida collaborazione con Wedding Planner e artisti che su richiesta possono progettare e curare allestimenti personalizzati sia per riti civili che religiosi, tableau particolari, confettate e allestimenti per tutte le cerimonie. In questo modo è possibile offrire ogni volta progetti originali e una cura dei particolari

tale che ogni matrimonio diventa una storia raccontata con amore. Garmi Party invece è il settore dedicato agli accessori per i party, e include tanti coordinati di piatti e bicchieri a tema per rallegrare feste e compleanni, oltre ad un ampio assortimento di palloncini di ogni foggia e colore e il servizio di gonfiaggio ad elio. Sempre da Garmi ti aspettano spara coriandoli, petali, candeline e un nutrito assortimento di strumenti, accessori, basi di polistirolo per torte, stampini, paste modellabili coloranti, decorazioni, zuccherini, pennarelli alimentari che faranno contenti gli appassionati di dolci e i cake designer.

Professionalità e cortesia accompagnano il cliente nella scelta sia dell’oggetto che nel suo confezionamento, sempre molto accurato e originale. Da sempre attento all’evolversi del mercato e alle esigenze del pubblico, Garmi ha allestito un reparto di bomboniere fai da te, dove le clienti che amano creare possono acquistare tutti gli accessori, nastri, scatoline, tulle e fiorellini necessari per confezionare le bomboniere con le proprie mani, dando forma alle proprie, originali, idee. Un fiore all’occhiello di Garmi Bomboniere sono i confetti, che negli ultimi anni hanno riacquistato un’importanza XIV

Strada Tuscanese, Km 3,400 - Viterbo Tel. 0761 251458

DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015

informazione pubblicitaria

upside down


www.decarta.it/upsidedown

CESARINI COSTRUZIONI E RISTRUTTURAZIONI

informazione pubblicitaria

upside down

Cesarini è una impresa a conduzione familiare operante da quasi 50 anni, con passione, nel settore delle ristrutturazioni, delle costruzioni e dell’interior design. La presentazione la fanno le stesse opere realizzate in questo lasso di tempo: costruzione, ristrutturazione e manutenzione di appartamenti, ville, casali e piscine. Cesarini riesce a realizzare opere curate nei minimi particolari offrendo un servizio completo di tutto che possa restituire un prodotto chiavi in mano. Lo slogan “l’unica soluzione per la tua casa” trova infatti il suo significato nella completezza dell’offerta: le opere vengono realizzate su misura, curando ogni settore, che si tratti di impianti elettrici, termoidraulica, falegnameria o impianti a verde. Vi rimandiamo poi al sito www.cesarini.eu per ulteriori dettagli sui servizi offerti.

Cesarini costruzioni e ristrutturazioni Strada Montarone, 2

Oltre alla normale attività di costruzione e restauro la ditta Cesarini, nelle persone di Contaldo e del figlio Andrea, è un marchio noto a Viterbo in quanto è stata impegnata come ditta costruttrice della macchina di Santa Rosa per ben 15 anni.

casa

(Strada Montarone, 2 - 348 3677481)

UNDERGROUND VITERBO (Via della Palazzina, 1 - 0761 342987)

Rock in Roma (stagione 2015) già confermati Alt-j, Slipknot, Damian Marley, Chemical Brothers, Stromae, Muse, Lenny Kravitz Biglietteria Auditorium Parco della Musica Roma Campionato di calcio serie A stagione 2014-2015 Motomondiale 2015 - Mugello GP TIM di San Marino RUGBY- 6 nazioni Teatri (Sistina, Brancaccio, Auditorium Conciliazione, Mancinelli…) Underground Via della Palazzina, 1

Biglietteria per musei e mostre Expo' Milano 2015 Esposizione Universale

intrattenimento

BIGLIETTERIA EVENTI, SPORT, CONCERTI, TEATRI Rivenditori autorizzati Ticketone, Listicket, TicketItalia, PointTicket, BoxOffice Lazio

usa il QR code per accedere ai servizi online: appuntamenti ed eventi in tempo reale, mappe interattive e altre info

DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015

XV


XVI

www.decarta.it/upsidedown

Zona Olimpica

TeknoSin

Mago Sciamano Papa Legba

Via Igino Garbini, 138

Via Alessandro Volta, 35

Via Marini, 2

DECARTA FEBBRAIO-MARZO 2015

informazione pubblicitaria

upside down


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.