Decarta 8/9

Page 1

M E N S I L E D I D I V U L G A Z I O N E C U LT U R A L E

-

W W W. D E C A R TA . I T

Tra disinteresse e incuria, il lago di Bolsena a rischio

Simone Avincola, musica ribelle

Siete pronti per i baffi?

Mauro Cratassa Il campione vitorchianese di handbike guarda a Rio 2016

8/9

2014 FEB / MAR


UNA RISORSA PER LA COMUNITÀ La Fondazione Carivit persegue esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico del Territorio, operando nel rispetto del principio di Sussidiarietà. Promuove iniziative di coesione, avanzamento sociale e solidarietà. Valorizza il patrimonio culturale dell’artigianato artistico e tradizionale.

Finanzia l’idea di lavoro di chi ha difficoltà di accesso al credito bancario attraverso il Microcredito Sociale.

www.fondazionecarivit.it


editoriale

Seguiteci ;-)

E DECARTA Scripta volant Mensile di divulgazione culturale Numero 8/9 – Feb / Mar 2014 Distribuzione gratuita Direttore responsabile Maria Ida Augeri Direttore editoriale Manuel Gabrielli Redazione Martina Giannini, Gabriele Ludovici, Claudia Paccosi, Martina Perelli

ra il 27 giugno 2013 quando uscì il primo numero di questa rivista, di esperienza ne è stata fatta e al momento la volontà è quella di mantenerci in evoluzione. Scoprirete delle novità già a partire dal prossimo numero e l’invito a contattarci per collaborare è sempre valido. Per quanto siamo una iniziativa che crede ancora nel valore della carta, siamo allo stesso tempo una rivista moderna che punta anche a espandersi sul web. Siamo però soprattutto una realtà appena nata e abbiamo bisogno della vostra partecipazione. Per questo motivo vi chiediamo di seguire il link sottostante e di mettere un “mi piace” alla nostra pagina di Facebook, un piccolo gesto, fondamentale per accrescere la nostra visibilità anche sul web e che vi permetterà di seguire i nostri progressi anche in quest’altro ambito. Lavalliere Società Cooperativa

Redazione web e photo editor Sabrina Manfredi Design Massimo Giacci Editore Lavalliere Società Cooperativa Via della Palazzina, 81/a - 01100 VITERBO Tel. 0761 326407 Partita Iva 02115210565 info@lavalliere.it Iscrizione al ROC Numero 23546 del 24/05/2013 Stampa Union Printing SpA Pubblicità 348 5629248 - 340 7795232 Foto di copertina Simona Rovelli I contributi, redazionali o fotografici, salvo diversi accordi scritti, devono intendersi a titolo gratuito.

www.facebook.com/decartamag Chiuso in tipografia il 21/02/2014 www.decarta.it

DECARTA FEB / MAR 2014

3


8/9

2014

© Massimo Giacci | sguar(di)versi

FEB / MAR

Per completezza di informazione riportiamo le seguenti rettifiche in merito all’articolo Un progetto giovane e già grande pubblicato sul n. 6/7 (pp. 24-25): il roster di MVM Concerti include anche i Regola d’arte; le serate inserite nel programma di Caffeina, la cui direzione artistica è stata curata dalla Backstage Academy, hanno visto la collaborazione anche di Immaginaction; le serate dei Diaframma e di Giorgio Canali sono state esclusivamente organizzate da Culture Club Underground; la serata dei Phinx è stata realizzata principalmente da Backstage Academy mentre gli eventi del Rock this party in collaborazione con Backstage Academy, Allimprovviso ed Immaginaction. La serata con gli Underground Youth ha visto la collaborazione di Allimprovviso mentre infine le serate de Io non sono Bogte e Management del dolore post operatorio sono state realizzate in collaborazione con ClubYour Hands ed Officina Belushi.

ippocampo 5

ambiente

nota bene 13

incontri

Tra disinteresse e incuria, il lago di Bolsena a rischio

Simone Avincola: “io dico basta”

Manuel Gabrielli

Gabriele Ludovici 17

tendenze 8

Sempre più in alto…? Lorenzo Rutili

icons

Siete pronti per i baffi? Martina Perelli

carta stampata 20

acido lattico 10

inside

caos letterario

Storie di una libreria disordinata / 5 Claudia Paccosi

incontri

Mauro Cratassa Gabriele Ludovici

università 22

incontri

Aperitivi linguistici: si degustano e fanno bene Gabriele Ludovici

DECARTA FEB / MAR 2014


ippocampo

ambiente

Tra disinteresse e incuria, il lago di Bolsena a rischio È necessario passare dalle parole ai fatti. Manuel Gabrielli | manuel.gabrielli@decarta.it - Foto di Manuel Gabrielli

L

’argomento di questo numero vuole essere un richiamo all’attenzione più che alla memoria; infatti dovendo parlare del lago di Bolsena non possiamo definirlo un luogo dimenticato, purtroppo però alcuni avvenimenti riguardanti soprattutto gli ultimi 3 anni non sono noti a tutti. Non è semplice allarmismo quando si afferma che il lago di Bolsena è in pericolo, purtroppo si tratta di una realtà facilmente constatabile. Il disinteresse verso questi temi non è giustificabile in quanto stiamo parlando di un punto nevralgico per il turismo locale, di una zona dalla notevole

biodiversità e proprio per questo riconosciuta come Sito di importanza comunitaria e Zona di protezione speciale (SIC/ZPS) e di un patrimonio naturale che dopo migliaia di anni rischia di vedere la sua importante relazione con l’uomo danneggiata dal mancato dialogo tra le istituzioni. L’attività intorno e all’interno del bacino lacustre è ben diversa rispetto a quella degli inizi del secolo scorso. La popolazione negli anni è aumentata considerevolmente e la maggior quantità di liquami unita all’invenzione dei detersivi

moderni ha progressivamente originato un rischio di inquinamento prima assente. Per gestire al meglio questo e altri problemi fu costituito verso la fine degli anni ’80 il Consorzio del Bacino del Lago di Bolsena (Co.Ba.L.B) che riunisce 9 comuni del bacino del lago, più la provincia di Viterbo. Allo scopo di sopperire alle nuove esigenze venne progettato un collettore fognario che potesse raccogliere le acque nere provenienti dai vari comuni per poi pomparle verso dei depuratori. I bilanci dei comuni non avrebbero mai permesso la costruzione di una simile infrastruttura, fu quindi grazie al

LAVALLIERE Editoria e Servizi editoriali

Sostieni la nostra rivista sottoscrivendo un abbonamento. Riceverai ogni mese la copia di “DECARTA” direttamente a casa tua. Compila questo modulo e invialo a: Lavalliere Società cooperativa - Via della Palazzina, 81/a - 01100 Viterbo oppure mandaci una email con le stesse informazioni a: info@lavalliere.it Il/la sottoscritto/a sottoscrive un abbonamento annuale (11 numeri) per l’anno 2014 (barrare la casella che interessa): abbonamento ordinario € 20 abbonamento sostenitore € 50 abbonamento benemerito € 100 La rivista dovrà essere inviata al seguente in indirizzo: Nome e Cognome Via/piazza Cap Città Codice Fiscale

n.

Allega (barrare la casella che interessa): assegno bancario intestato a Lavalliere Società cooperativa copia bonifico intestato a Lavalliere Società cooperativa IBAN IT22 E030 6914 5001 0000 0003 853

DECARTA FEB / MAR 2014

5


ambiente

Fondo investimenti e occupazione (FIO) che a cavallo tra gli anni ’80 ed i primi ’90 venne realizzata una prima parte del progetto. Il collettore, in seguito mai completato è quindi composto da due rami: il primo, lungo 31,7 chilometri, raccoglie i liquami di Marta, Gradoli, Montefiascone, Bolsena, San Lorenzo Nuovo e Grotte di Castro. Il secondo, lungo 3,25 chilometri, raccoglie solo i liquami di Capodimonte per farli confluire nel ramo principale. Le stazioni di pompaggio sono 20, responsabili di incanalare le acque presso i depuratori di Valentano e Marta.

D

a alcuni anni uno dei più grossi rischi di inquinamento è causato dalla mancanza di manutenzione di questo collettore fognario circumlacuale e dalla mancanza di adeguamenti che sarebbero stati necessari durante gli anni. Oggi alcune delle pompe sono fuori servizio, sono presenti varie falle e a distanza di anni vengono ancora incanalate senza distinzione acque nere ed acque bianche causando durante i periodi di precipitazioni intense un sovraccarico del già malridotto sistema. Il problema poi non è circoscritto al lago in quanto anche i due depuratori di Marta e Valentano sono spesso fuori servizio ed è l’emissario Marta a pagarne le conseguenze. Il disservizio va avanti da numerosi anni e l’impianto viene gestito nelle sue 6

possibili e precarie funzionalità da pochi volenterosi e mal pagati operatori. Della gestione di questo impianto continua infatti ad occuparsene la società consortile Co.Ba.L.B. spa, alla quale da anni vengono concessi finanziamenti a singhiozzo utili solo per inteventi d’emergenza in vista della bella stagione. Il cul de sac si è originato nel momento della mancata entrata di Co.Ba.L.B. spa in Talete spa, società responsabile del servizio idrico integrato della provincia di Viterbo. Fu infatti proprio in previsione di questa futura fusione che vennero interrotti i finanziamenti diretti alla società consortile che si è trovata in poco tempo sommersa dai debiti. In aggiunta i fondi previsti per il risanamento sono rimasti bloccati dalla dimissioni

La sbroscia bolsenese

Famoso per le sue acque limpide il lago di Bolsena era chiamato dai pescatori del passato “il lago che si beve”, non è un caso che il piatto tipico di quelle persone fosse la sbroscia, una zuppa preparata con ciò che c’era a disposizione: pesce, patate, pane raffermo, pomodorini, aglio, cipolla, mentuccia e immancabilmente… l’acqua del lago.

I numeri del lago di Bolsena • Il lago di Bolsena è un bacino di origine vulcanica originatosi più di 300.000 anni fa in seguito al collasso di un complesso di vulcani appartenenti alla catena dei monti Volsini • Ha una profondità media di 81 m con un massimo di 151 m tra le due isole • La sua superficie di 113,5 km² lo rende il quinto lago d’Italia per estensione ed il primo d’Europa tra i laghi di origine vulcanica • È compreso nella sua totalità nei confini della provincia di Viterbo • È posto a 305 metri sopra il livello del mare • Sono necessari 100 anni perché avvenga un ricambio totale dell’acqua

DECARTA FEB / MAR 2014


Visita il blog dell’Osservatorio ambientale del lago di Bolsena

della giunta Polverini e ad oggi quasi a niente sono valse le numerose richieste avanzate alla Regione Lazio e all’Unione europea per tentare di cambiare la situazione.

A

© Sabrina Manfredi | sguar(di)versi

ltro problema che affligge il lago è il livello dell’acqua, anche in questo caso sono anni che si assiste ad escursioni stagionali fuori controllo. Il problema in questo caso è riscontrabile nella gestione delle paratie presenti sul fiume Marta, uniche strutture che azionate con la previsione dei livelli futuri possono dare una regolarità ai cambiamenti di altezza delle acque. Purtroppo anche queste paratie hanno vissuto una storia non esente da problemi. Fino al 2010 l’azionamento era di responsabilità del Genio civile, a seguito di alcuni pro-

blemi fu assegnato all’Agenzia regionale per la difesa del suolo (ARDIS) tramite un provvedimento d’urgenza. Nonostante il cambio di gestione durante ogni inverno i litorali vengono devastati da un livello delle acque troppo alto, oppure capita che si verifichi durante il periodo estivo il problema opposto, ovvero un livello troppo basso con conseguente disagio per l’ecosistema lacustre. Come singoli cittadini possiamo poco, ma non sarà certamente l’indifferenza a smuovere questa situazione di stallo. Purtroppo la lista delle problematiche è ancora più lunga di quanto detto fino ad adesso e per questo motivo vi invito a tenervi informati sul blog dell’Osservatorio ambientale del lago di Bolsena seguendo il link presente su questa pagina.

DECARTA FEB / MAR 2014

7


tendenze

icons

Siete pronti per i baffi? Una “nuova” tendenza maschile. Martina Perelli | martina.perelli@decarta.it

C

’è una tendenza che ultimamente impazza e che farà tremare le signorine fan delle faccette pulite: si tratta del pelo. Parlo del pelo nel senso biologico della cosa, di quell’appendice filiforme che si sviluppa sul corpo umano. Non solo umano a dire il vero. Ecco, il pelo, quel particolare che ci rende tanto simili a tutti i mammiferi conosciuti, torna a ricoprire volti spesso privati di quella evidente mascolinità. Ammetto che la mia presentazione possa inorridire, d’altronde a chi piace sentir parlare di peli e follicoli. Ecco, vi tranquillizzo e vi dico fin da ora che è solo di peli facciali che si parla. Peli prettamente maschili. Peli che riguardano l’aspetto più modaiolo e meno orripi-

8

lante, in fin dei conti. Peli che sovrastano il labbro superiore e che sempre più vedo portare spavaldamente dai giovincelli della città. I meno giovincelli non credo abbiano notato questo cambiamento, li hanno sempre portati nei modi più svariati affidandosi al proprio gusto personale. Chi magari ispirandosi ai baffoni dell’anziano padre, chi a qualche fascinoso attore americano di quelli ‘che invecchiano bene, che migliorano con gli anni’. Al contrario, sono abbastanza certa di poter affermare che quelli della mia generazione, i ventenni di oggi, fin a poco tempo fa non sapevano neanche come si portasse un baffo. E tantomeno avrebbero pensato di sfoggiarlo con tanta fierezza. Prestando poca attenzione all’aspetto più antropologico della cosa, evitando di richiamare riti d’iniziazione e passaggio, il baffo di oggi si limita a rappresentare una tendenza. Fa glamour. Le facce sbarbate dei miei amici si sono trasformate in breve tempo. Dapprima in sordina, questi simpatici seduttori contemporanei quasi si vergognavano a mostrare i folti mustacchi. Immagino che il ricordo di quando spuntò loro il primo baffetto adolescenziale, fonte d’imbarazzo per generazioni e generazioni di adolescenti, fosse ancora troppo vicino. Eccoli lì, qualche anno prima a eliminare il fastidioso inconveniente con la lametta di papà e ora, qualche anno dopo, a ‘lisciarsi il pelo’ nel senso più letterale dell’espressione. In cuor mio cerco di capirli, è la moda. E poi un baffo, quando dona, ha il suo perché. Magari una piccola panoramica su cosa il baffo sia e cosa abbia rap-

presentato nella storia potrebbe aiutarci a guardarli con meno sospetto. Potrebbe addirittura convincerci di avere accanto un uomo dotato di un certo estro o di star conversando con un artista, uno che si distingue.

C

he siate o meno dei detrattori del baffo, penso che come ogni cosa anche questa vada guardata dalla giusta prospettiva e analizzata come ogni altro processo umano perché di questo si tratta, di costume e tradizione. Costumi poco importanti per chi come noi, laici e poco attenti, oggi ne fa una questione di moda, ma che hanno un loro significato profondo spostandoci appena un po’ più in là. Nel mondo islamico, ad esempio, possedere un certo tipo di acconciatura della barba e dei baffi sta indicare in modo immediato l’appartenenza stessa a quella realtà. Il bravo musulmano sa che non dovrebbe recidere qualcosa che cresce sul suo corpo perché donata da Allah. E allora tagliare barba e baffi assume dei connotati nuovi e diversi. Così come li assume in certi ordini religiosi anche cristiani, in particolari ordinamenti e corpi militari. Anche i baffi insomma sono storia. E nella storia per noi è facile ricorDECARTA FEB / MAR 2014


portante apparire maschio, lavoratore, il più macho possibile. E nulla fa più uomo di un paio di baffi ispidi.

N

dare “quelli famosi”. Di baffi celebri possiamo annoverarne quanti ne volete, anche di ridicoli. Per quanto il suo nome richiami una figura a dir poco autoritaria, tra le più terribili nella storia dell’ultimo secolo, non si può dire che i baffi di Adolf Hitler rispecchiassero la sua durezza. Sono piccoli e buffi, eppure anche quelli hanno fatto la storia, sono diventati la storia e mai potrei immaginare un personaggio di tale portata senza il suo baffo. È un esempio calzante questo, ma non l’unico: sono molti i personaggi ormai indissolubilmente legati a questo tratto somatico che appare preponderante e pienamente inserito nell’immaginario collettivo. Un esempio fra tutti quello di Salvador Dalì. Levo il baffo e lascio Dalì: Dalì sembra sparire. Levo Dalì e lascio il baffo: inconsciamente la mia mente va al grande artista. Non posso immaginare quei baffi lunghi e sottili e non pensare a lui. C’è poi chi al baffo ha dato un senso in più: Freddie Mercury apre gli anni Ottanta con un cambio di look che fa parlare e discutere. I capelli si accorciano e i baffi diventano folti secondo la moda Castro Clone adottata allora da molti componenti della comunità gay. Secondo i dettami di questa moda è imDECARTA FEB / MAR 2014

on so se lo scopo delle nuove generazioni sia proprio questo, manifestare una straripante virilità, ma quando penso al binomio baffo/macho mi spunta un sorriso e non posso non pensare a quanto sia facile scadere nell’esagerazione. Mi viene in mente il wrestler Hulk Hogan, coi suoi chili e chili di muscoli rappresenta probabilmente quanto di più caricaturale io abbia mai visto. Porta dei baffi massicci e paglierini e non ha lo sguardo del macho. Ho sempre pensato che fossero tinti, chissà. Che vogliate sembrare dei veri uomini o il più alternativi possibile una cosa è certa, ce n’è per tutti i gusti: dai baffi a manubrio dal tocco ottocentesco al baffone deciso alla Nietzsche passando per quelli più naturali che ormai troviamo spesso sui bei faccini dei ragazzi. Un avvertimento: attenti a non esagerare. Qualcuno con la storia dei baffi ci ha preso un po’ la mano e in Germania ha istituito una gara mondiale al riguardo, qualcun altro ha costituito un’associazione a tutela del baffo, l’American Mustache Institute. A questo punto, se proprio volete andare un po’ oltre, vi consiglio un’iniziativa simpatica che persegue nobili fini: Movember. L’evento, il cui nome nasce dalla crasi delle parole moustache e november, è gestito dalla November Foundation e si svolge ogni anno proprio nel mese di novembre. I partecipanti sono invitati a farsi crescere i baffi per i trenta giorni che compongono il mese e, al contempo, a fare opera di sensibilizzazione sui problemi legati al carcinoma della prostata e altre patologie. Chissà che dai baffi non nasca qualcosa di buono! Iniziate ad informarvi, in fondo a novembre mancano solo otto mesi. 9


acido lattico

incontri

Mauro Cratassa Il campione vitorchianese di handbike guarda a Rio 2016. Gabriele Ludovici | gabriele.ludovici@decarta.it

L

a XIV edizione dei Giochi paralimpici svoltasi a Londra nel 2012 ha visto la partecipazione di 164 paesi e ben 4.294 atleti, confermando il grande risalto che ottiene la maggiore manifestazione legata alle attività sportive per atleti disabili. La prima edizione dei Giochi paralimpici estivi risale al 1960 – parallelamente alle Olimpiadi di Roma – ed è stata organizzata riprendendo il percorso iniziato dai Giochi di Stoke Mandeville, nati dopo la Seconda guerra mondiale su iniziativa del medico britannico Ludwig Guttmann. Tra i protagonisti dell’edizione del 2012 era presente anche il campione di handbike Mauro Cratassa, nato nel 1964 ed originario di Vitorchiano. Prima di parlare della sua importante carriera, spieghiamo in cosa consiste la sua disciplina: la handbike è una speciale bicicletta pensata per atleti con disabilità o malformazioni agli arti inferiori. Formata da tre ruote, si muove grazie all’uso delle braccia applicate su delle manovelle ed i primi prototipi risalgono all’inizio del Ventesimo secolo. In seguito ne sono 10

nate diverse versioni, legate ai livelli di disabilità dei ciclisti, fino a formare un corollario di attività paraciclistiche che seguono gli stessi dettami dell’Unione Ciclistica Internazionale. Tra gli atleti più popolari del mondo dell’handbike ricordiamo Alex Zanardi, l’ex pilota di Formula 1 che a Londra 2012 è riuscito a portare a casa due medaglie d’oro nelle attività paraciclistiche. Contatto Mauro Cratassa in un periodo di intensi allenamenti, visto che la nuova stagione è alle porte. La sua carriera in questo sport nasce tra il 2004 ed il 2005: «Ho iniziato a praticare in quel periodo solo per qualche passeggiata il sabato e la domenica, poi sono arrivate le prime gare, le prime maratonine e le prime vittorie. Vedevo che andavo benino e questo mi ha spinto a fare allenamenti ancora più intensi, buttandomici dentro con tutta la passione possibile. Inizialmente sono stato spinto dal mio amico Vittorio Prosperucci, un ex ciclista che dopo un incidente è stato il primo nella Tuscia a cimentarsi nella handibike». Passare da un livello amatoriale ad

uno professionistico è sempre un salto importante, ricco di incognite e che spesso funge da crocevia tra il decidere se fare sul serio o lasciare che resti una semplice attività di svago, ma Cratassa lo sport lo ha sempre vissuto: «All’inizio le prime gare le ho affrontate con passione e grinta rispetto a coloro che avevano già una certa esperienza, mettendoci grande entusiasmo. Prima dell’incidente avvenuto nel 1989 ero già un amante dello sport, frequentavo la palestra e facevo sollevamento pesi; in seguito mi sono cimentato nello sci alpino e nel nuoto, ma a livello professionistico ora mi dedico solo alla handbike».

C

hiedo a Mauro quanto possa essere importante, nell’ambito del recupero di una persona che ha avuto un’esperienza come la sua, approcciarsi ad un’attività sportiva: «Lo sport, oltre che fare bene fisicamente, aiuta anche a livello mentale. Ti rende tutta la giornata impegnata, come testimonia la mia esperienza, visto che non ho un attimo di respiro se contiamo anche la fisioterapia oltre agli DECARTA FEB / MAR 2014


allenamenti. Mi alleno tutti i giorni eccetto un giorno di riposo a settimana, svolgendo ogni volta un tipo di esercizio diverso. Ad esempio alterno dei percorsi misti con il fondo e la pianura. Gli allenamenti li organizzo da solo, ogni atleta deve avere il proprio programma compatibile con le proprie esigenze ed essere in grado di percepire le proprie condizioni fisiche».

Q

uando inizia a fare sul serio, l’ingresso di Cratassa nel mondo della handbike è sicuramente di impatto. Nel 2009 conquista le prime vittorie nel Campionato italiano a squadre nelle gare svoltesi a Desenzano del Garda e Pescatina. In seguito, nel 2010 ottiene altri tre primi posti a Reggio Emilia, Fossano e Viterbo ed infine, lo stesso anno, vince i Campionati italiani assoluti di handbike su strada con la maglia della A.S.D. Vitersport Libertas, a San Polo di Piave: «Indossare la maglia tricolore è stata una bella emozione, così come lo sono stati i festeggiamenti a Vitorchiano. I miei concittadini ci tengono, mi sono sempre vicini. Ad esempio nell’ottobre 2013 è stata organizzata una manifestazione di handbike, in collaborazione con il mio team, il Comitato Italiano Paralimpico e

la Pro loco. Per me si è trattato di un piacere e di un onore». Questa gara regionale, per la cronaca, ha visto proprio la vittoria di Mauro. Oltre ai successi a livello nazionale per Mauro sono arrivati anche riconoscimenti importanti nelle gare internazionali: nel giugno del 2010 partecipa per la prima volta ai Mondiali con la maglia della Nazionale, conquistando l’ottavo posto in Spagna, a Segovia. Poi riesce anche a centrare il bronzo nella categoria H4 nei Campionati mondiali svoltisi a Roskilde – in Danimarca – nel settembre del 2011. Nel luglio dello scorso anno ha invece trionfato nella crono durante i Campionati europei disputatisi a Fossano, prendendosi anche il bronzo nella gara in linea: «Salire sul podio ad un Mondiale però è stato il massimo. Le vittorie nelle gare italiane sono grandi emozioni, la maglia rosa fa sempre piacere, ma le gare internazionali hanno un altro valore. Peccato essere arrivato ai Giochi paralimpici di Londra 2012 con una lesione alla spalla, precisamente al tendine sovraspinoso, e che non abbia po-

tuto dimostrare la mia forza. Mi ero allenato per arrivare nelle migliori condizioni fisiche possibili, ma bisogna pur fare i conti con gli infortuni».

I

n conclusione, parliamo dei prossimi obiettivi di Cratassa. Conclusasi la stagione agonistica del 2013, nel mirino c’è ovviamente il Giro d’Italia di Marzo, la cui prima gara sarà abbinata alla Maratona di Roma, ed i Campionati mondiali che si svolgeranno a settembre: «Mi sto allenando duramente, da due mesi ho iniziato anche a praticare canottaggio presso la società del Circolo Canottieri Aniene di Roma. Si tratta di un allenamento che mi è molto utile e rappresenta un buon test, un’attività in più che mi permette di sperare di poter partecipare ai Giochi paralimpici di Rio de Janeiro previsti per il 2016». La sua speranza è anche la nostra speranza, per dare la possibilità ad un campione di poter riprovare l’esperienza olimpica in condizioni atletiche migliori rispetto a quattro anni prima.

due righe book bar tutte le sere aperitivo con buffet

viterbo - via del macel maggiore 1/3 - 328 1905657

DECARTA FEB / MAR 2014

11



nota bene

incontri

Simone Avincola: “io dico basta” Il cantautore romano racconta la sua voglia di fare musica fuori dal coro. Gabriele Ludovici | gabriele.ludovici@decarta.it - Foto di Simona Rovelli

P

er la nostra rubrica “Nota Bene” questo mese ci spostiamo a Roma, precisamente a Trastevere. Negli anni ’60 in questo quartiere nacque il Folkstudio, un luogo che per quasi quarant’anni ha rappresentato sia il trampolino di lancio che il ritrovo di numerosissimi artisti: Guccini, De Gregori, Gaetano, De Angelis e Rosso sono stati solo alcuni dei grandi nomi che si sono esibiti in questo locale, che ha dato spazio ad una nidiata di eccellenti cantautori. Simone Avincola, classe ’87, è un cantautore romano che ripercorre molti aspetti che hanno accomunato questi artisti: la voglia di fare musica di qualità, in modo spontaneo e genuino, puntando sempre a trasmettere un messaggio al pubblico. Oltre a dedicarsi alla musica ha anche realizzato un documentario su Stefano Rosso, del quale parleremo più avanti. Mi incontro con Simone al Bar San Calisto, altro luogo trasteverino molto popolare. Seduti su uno dei tavolini esterni, dove sono state girate alcune inDECARTA FEB / MAR 2014

terviste del documentario citato poc’anzi, gli chiedo come si è avvicinato alla musica: «Nasco come chitarrista ed ho studiato per dieci anni alla Scuola di Musica di Testaccio. In seguito, quasi di nascosto!, ho iniziato a scrivere delle canzoni in camera mia ed un giorno alcuni miei amici, mentre ci trovavamo a suonare insieme, mi chiesero di sentire qualcosa di mio. Le canzoni piacquero e da lì partì l’idea di formare un trio, i Saltimbanchi, assieme ad Edoardo Petretti (tastierista e fisarmonicista) e Matteo Alparone (bassista). Concretizzare il tutto in una band è stato importante così come, da un anno a questa parte, passare dall’acustico all’elettrico». Il primo progetto a cui danno vita i tre amici – Il Giullare e altre storie – viene pubblicato nel 2009. Si tratta di un disco autoprodotto che ottiene subito l’attenzione degli addetti ai lavori ed ha una genesi particolare: «Avevo un testo incompleto intitolato “Il Giullare”: una volta ritrovato e concluso, mi è venuta l’idea di fare un disco concept con tanti personaggi dalle storie concatenate, in cui

confrontare la società attuale con quella medievale. Alla fine non ho trovato nessuna differenza, ma solo similitudini! Devo dire che non mi aspettavo un tale successo, non è facile ottenere tante recensioni positive se parti da zero». Delle tracce di questo lavoro mi è rimasta molto impressa Il condannato, in cui Simone racconta le sensazioni di un condannato a morte che inizia a contare le ore che lo separano dall'incontro con il boia. Uno dei primi brani a dargli visibilità è Io dico basta: questo brano, uno sfogo contro la prepotenza della classe politica, viene pubblicato sul blog di Beppe Grillo: «I miei brani nascono in modo molto spontaneo, magari rimango mesi e mesi senza scrivere niente anche perché non mi piace mettermi a comporre a tavolino. Poi ho paura di rimanere fermo per settimane, una volta scritto qualcosa che non mi piace!». Io dico basta infatti è stato un vero e proprio raptus creativo, tanto che gli è venuta in mente mentre guidava ed è stata scritta direttamente in macchina. Sia chiaro, prima ha fermato il veicolo! 13


incontri

Ritornando sui buoni risultati ottenuti ai sui esordi, Avincola riflette sulle difficoltà di emergere in una scena musicale che appare chiusa tra un pubblico poco recettivo ed un’industria che sembra intenzionata a non premiare l’originalità: «La colpa è di entrambi. Il popolo è come una spugna che assorbe tutto quello che gli proponi e se la proposta si limita solo ad un certo tipo di musica – come quella che si ascolta nei talent show – il sottosuolo rischia di rimanere una realtà sconosciuta. La gente così non ha possibilità di scelta: c’è un unico format dove la musica appare perfetta ed il look è aggressivo, svantaggiando chi si presenta in modo diverso. Eppure vorrei partecipare ad un talent show, con la condizione che sia in diretta, per poter dire tutto quello che penso… ma a questo livello non ti ci fanno arrivare! Ci possono pure stare programmi come X-Factor ed Amici, ma non essendoci alternative si uccidono i musicisti che seguono altri percorsi dando spazio solo agli imbonitori ed alla tecnica vocale. L’arte però non è solo questo, a me piace sentire anche qualcosa di imperfetto purché abbia un messaggio… basti pensare proprio ai giullari, che rischiavano grosso pur di mettere in piazza i problemi della società». Speriamo di non doverci arrendere di fronte alla sterilizzazione di tutti i con14

tenuti artistici sacrificati nel nome del dio audience.

U

n momento importante della carriera di Simone è l’incontro con Edoardo De Angelis, popolare cantautore romano, dal quale nasce un’amicizia divenuta presto una collaborazioe professionale: «Ho conosciuto Edoardo proprio qua dietro, a piazza di Santa Maria in Trastevere, dopo aver vinto la prima edizione del Premio Stefano Rosso. Dopo l’esibizione ci scambiammo i numeri e ci incontrammo in seguito durante i rispettivi concerti; inizialmente mi ha aiutato ad inserirmi in qualche serata. Lui è anche il produttore artistico del mio ultimo disco». Il disco in questione, uscito quest’anno per l’etichetta Helikonia, si intitola Così canterò tra vent’anni; sul web si

può trovare il video della canzone che dà il nome all’album, un pezzo ironico in cui il cantautore immagina se stesso in un remoto futuro ancora alle prese con le proprie velleità artistiche, circondato dai dubbi delle persone. Inoltre, nel video la voce del “figlio” di Simone è di Roberto “Freak” Antoni, storico leader degli Skiantos purtroppo venuto a mancare poco tempo fa: «Ci siamo conosciuti a Roma e dopo aver sentito la canzone è impazzito, iniziando ad immaginare i personaggi del video, come ad esempio una futura moglie che mi intima di trovarmi un lavoro! Poco dopo il suo ritorno a Bologna l’ho contattato e gli ho chiesto se era pronto per registrare: sono andato su ed ho raccolto la registrazione con tre ore di delirio in cui ha interpretato varie parti, tra cui ho scelto quelle da inserire. Freak è stato uno dei personaggi più influenti degli anni ’70 ed aver potuto fare un pezzo con la sua partecipazione per me significa tantissimo». Oltre a Petretti ed Alparone, in questo lavoro c’è anche la partecipazione del batterista e percussionista Luca D’Epiro oltre a numerose altre collaborazioni. Pur essendo giovane Avincola si è già tolto alcune soddisfazioni, come ottenere un riscontro molto positivo dopo la sua partecipazione al Folkest – il più importante festival folk europeo – nel luglio dello scorso anno: «Si è trattato del primo DECARTA FEB / MAR 2014


piace parlare dei quartieri popolari di Roma e dare il mio piccolissimo contributo per far sì che rimangano vivi. Io abito a Garbatella ma sto sempre qua a Trastevere: essendo “malato” di Stefano Rosso mi piace percorrere via della Scala ed ho obbligato i miei amici musicisti a venire qui!».

T

concerto con la nuova formazione della band, e devo dire che ci hanno trattati benissimo. Inizialmente ero un po’ teso perché sul palco mi piace scherzare ed esternare la mia romanità, e non sapevo come l’avrebbero presa lì a Spilimbergo che si trova quasi al confine… invece ho trovato un pubblico che si incontra raramente, ovvero che ti ascolta». In tema di romanità, gli chiedo di parlarmi del suo rapporto con la città: «Mi

DECARTA FEB / MAR 2014

rastevere e via della Scala si collegano facilmente a Stefano Rosso, un cantautore geniale oltre che un chitarrista fenomenale: tanto per intenderci, nel 1983 pubblicò un disco interamente strumentale (La chitarra fingerpicking di Stefano Rosso) accompagnato da un manuale di tecnica scritto da lui. Con uno stile che miscelava con originalità la canzone popolare romanesca con il country ed il folk americano, Rosso – scomparso nel 2008 – avrebbe meritato senz’altro maggiori riconoscimenti. Viene ricordato spesso per la celebre Una storia disonesta, da tanti erroneamente interpretata come un inno alla legalizzazione mentre il testo mira a prendere in giro la grande ipocrisia che pervade la classe politica. Il documentario di Simone, realizzato l’anno scorso ed intitolato Stefano Rosso - L’ultimo romano, non è il classico Bignami della carriera di un artista ma una raccolta di testimonianze delle persone che hanno vissuto con lui tante belle esperienze, incentrate spesso sulla figura del Folkstudio: «Avendo vinto il premio a lui intitolato ho avuto la possibilità di conoscere i suoi familiari ed amici, decidendo poi di girare questo documentario fatto principalmente col cuore ed autoprodotto con la collaborazione di Matteo Alparone. Non mi aspettavo che se ne parlasse così tanto ed ottenesse anche un paio di premi, oltre alla proie-

Guarda il docu-film che Simone Avincola ha dedicato a Stefano Rosso

zione nel Cinema America. Putroppo Rosso ha pagato il fatto di non essere un cantautore schierato in un periodo in cui lo erano tutti, un po’ come Rino Gaetano che però è stato rivalutato in quanto molto orecchiabile. Stefano Rosso invece non era commerciale, semmai un po’ nostalgico». Nel futuro di Avincola c’è ovviamente la promozione del suo ultimo disco oltre alla ricerca di nuove date live dove poter sperimentare qualcosa di nuovo rispetto alle esibizioni in acustico: a breve sono in programma quattro serate a Roma, all’Ombre Rosse (6 marzo), all’Enoteca Letteraria (8 marzo), al Fanfulla (29 marzo) ed al Salotto Caronte (6 aprile). Il 19 giugno si esibirà invece presso l’Associazione La Farfalla di Ostia Antica. Inoltre, il nuovo lavoro è già in cantiere e sarà un disco contente materiale del tutto inedito. Dopo questa chiacchierata saluto il gentile Simone, con la speranza che sempre più artisti decidano di abbracciare il cantautorato; c’è sempre più bisogno di musica fuori dal coro, ribelle senza eccessi e soprattutto vera, che sappia raccontare storie attingendo dall’illimitato mosaico dell’immaginazione e dell’esperienza umana.

15


VITERBO - Via della Palazzina, 81/a - Tel: 0761 290809 - 348 5629248


nota bene

inside

Sempre più in alto…? Gli obiettivi e le speranze del nostro corrispondente dall’Inghilterra. Lorenzo Rutili

Q

uest’anno, una volta per tutte, ho deciso che voglio rimettermi a fuoco e fare sul serio per arrivare ai miei obiettivi. No, non voglio smetterla con la musica e dedicarmi alla fotografia. Ho solo avuto un piccolo momento di illuminazione, ma di quelli determinanti, e a farmi capire le cose è stata una montagna. Nel ponte di capodanno, ho passato sei giorni in vacanza in Cumbria, nel nord d’Inghilterra, assieme al cantante del mio gruppo Nathan, alla sua consorte e ad altri amici. Proprio l’ultimo giorno del 2013 sono uscito con altri tre a fare una camminata su per uno dei monti cumbriani. Non era un monte altissimo, saranno stati 600 metri, ma era la prima volta che facevo una cosa del genere, per di più senza attrezzature. A qualche metro dalla cima, la suDECARTA FEB / MAR 2014

perficie, ancora bagnata dalla pioggia, si faceva sempre più ripida e scivolosa e da novellino non me la sentivo di proseguire. Ho quindi detto ai miei tre amici di proseguire, che sarei rimasto ad aspettarli lì. Così sono rimasto lì seduto a guardarmi intorno: sembrava la Valle Incantata, era anche uscito un po’ di sole che illuminava quelle grandi pennellate di verde tratteggiate da secolari muri di pietre e intervallate da laghi. E pensavo a quella montagna come una metafora della mia vita fino ad allora, 31 dicembre 2013. Ho fatto molto in questi miei primi 26 anni di vita, mi sono fatto strada lungo un percorso che, per me come per chiunque lo intraprenda, è facile da attraversare tanto quanto scalare una montagna. Difatti ho trovato anche tanti mo-

menti brutti, difficili, in cui ho rischiato di scivolare, ma mi sono fatto forza e sono riuscito a superarli. Tuttavia, a un certo punto mi sono adagiato. Nel 2014, mi sono detto, devo darmi da fare e rimettermi in cammino, perché a quello che voglio davvero, a quella vetta che guardavo di sotto in su, ancora non ci sono arrivato. Ho rischiato di perdere di vista i miei veri obiettivi: ho passato gli ultimi mesi dividendomi quasi solo esclusivamente tra il supermercato e i Nevertones, con cui ho fatto svariate serate e sessioni di registrazione per incidere il nostro album, ma non era abbastanza. La vera vita del musicista professionista è fatta di poliedricità, sia come generi che come formazioni. Ho deciso così di riprendere in mano la situazione e spingere in quel senso. Ora che ho un lavoro che mi per17


inside mette di tirare avanti, seppur risicatamente, ho ritenuto opportuno spendere due lirette per attivare un profilo completo sui due maggiori siti web di annunci musicali: StarNow e MusicJobs. Sono due siti molto simili tra loro come modalità d’uso, basta pagare una cifra piuttosto accessibile per poter avere un profilo su cui inserire curriculum, foto, video e audio, più tutti gli elementi importanti che servono a trovare i contatti che si desiderano. Già sono spuntate possibilità interessanti, ma per ora no comment, dico solo che sta funzionando alla grande. Tornando invece ai miei contatti nel Berkshire, vi parlerò di alcune persone che mi hanno aiutato molto ad andare avanti e ancora lo fanno.

U

n martedì sera che mi trovavo al Jagz di Ascot per l’open-mic acustico settimanale, capita un simpatico personaggio, stazza importante, chitarra semiacustica a tracolla e voce calda, che esegue Purple Rain di Prince. Sentii l’urgenza di salire al microfono e fare un duetto. Sembrava come se avessimo suonato insieme per anni, ci intendemmo subito e chiacchierammo un po’ subito dopo: si chiama Jason, ma tutti lo chiamano Mace. Pur essendo più un chitarrista ritmico, è appassionato dello strumento quanto me, e in più ha una personalità molto easy-going. Quella sera, prima di salutarci, mi invitò ad altri open-mic a Bracknell, i duetti aumentarono, fin quando Mace, sempre più colpito dal mio modo di suonare e dalla mia flessibilità, ebbe l’idea di

fare delle serate vere e proprie in duo. Così, da allora, ci capita spesso di suonare nei pub della zona, o in qualche festa privata, guadagnando ogni volta tra le 50 e le 100 sterline. Suonammo anche ad un funerale! Ebbene sì, in Gran Bretagna i funerali sono seguiti da un banchetto nel quale può esserci anche musica dal vivo, e noi riuscimmo non solo a fare una cosa del genere, ma anche a far ballare la gente in una pur così triste occasione. Lo considero un privilegio. Attraverso Mace, ho conosciuto altri musicisti, tra i quali un bravissimo cantante di nome Chris Wilson. Con lui feci un paio di serate in acustico in un pub locale, dopodiché, a fine 2013, Chris mi invitò a sostituire per un paio di serate il chitarrista della sua band, The Point. Si tratta di un gruppo che fa principalmente feste private, compleanni, matrimoni eccetera. La prima festa di matrimonio a cui suonammo era in un raffinato salone d’hotel, la seconda in uno scaciato centro sociale.

E

ntrambe le volte mi divertii come un matto, la seconda poi, c’era una bionda che, vittima del vino rosso, in piena Get Lucky iniziò a strusciarsi su di me provocatoriamente, mentre io sentivo “una forza dentro che neanch’io so come”. Era sulla quarantina passata, portata un gran bene, ma un po’ off-limits per me… ma fa sempre piacere avere una groupie (sé, magara). Adesso faccio parte dei The Point in pianta stabile e mi sono così inserito nel circuito delle feste private, che mi fruttano una media di 100 sterline a botta. C’è un’altra persona a me cara cono18

sciuta al Jagz: il gestore del locale, Graham Steel, organizzatore di molteplici eventi musicali nel Berkshire e, secondo alcune fonti, possibile inventore dell’open-mic nei primi anni ottanta. Lo conosco da tre anni e mi ha offerto molte occasioni per esibirmi, tra cui il Guitar Festival che si tiene in primavera nel complesso di South Hill Park a Bracknell. Pochi giorni fa, Graham mi ha chiamato per suonare nuovamente al Jagz, dove è stata inaugurata una serie di concerti acustici ogni domenica, sul palco grande del locale. Ovviamente ho accettato, ho mandato via Facebook inviti vari e arrivato il giorno fatidico tutto sembra filare liscio come l’olio. Arrivo al locale, trovando il fonico pronto a fare il set-up dell’impianto, salgo sul palco a sistemare tutto il mio armamentario di pedali e cavi, volume ok, esce dalle casse e anche dalle spie, a posto… aspettiamo che sia ora di iniziare. Arriva l’ora dell’apertura e alla porta d’ingresso vedo uno stormo di ragazzine minorenni con indosso cose non definibili come minigonne, ma piuttosto come cinte molto grandi. Il mio sogno di essere diventato il nuovo idolo delle teenaDECARTA FEB / MAR 2014


bassare il volume, poco dopo anche Graham stesso ci prova, ma è inutile. Purtroppo la discoteca ha la meglio su di me anche in termini di pubblico, ma chi se ne frega. Mi va di suonare e sono qui per questo, la serata la faccio lo stesso, e ci dò che ci dò che ci dò.

H gers si schianta rovinosamente al suolo: le ragazze in questione non sono lì per me, ma per la discoteca under 18 che l’altra metà della direzione ha deciso di far partire in concomitanza con la mia serata. Discoteca che, ahimé, è situata proprio sotto ai miei piedi, e la cui cassa in quattro arriva bella e rimbombante, precisa precisa fino alla sala live dove stavo per suonare. La ragazza che in quel momento fa le veci di Graham, che sarebbe arrivato a minuti, scende a chiedere se si può ab-

DECARTA FEB / MAR 2014

o suonato per un pubblico di cinque persone: due amici, il fonico, la moglie del fonico e Graham che a metà serata doveva andar via per un impegno altrove. Ma mi sono divertito un sacco, mentre il tunz-tunz di sotto proseguiva indefesso, ma l’ho ignorato per tutta la sera; per tutti i presenti era come se non esistesse. Graham oltre a ringraziarmi si è scusato per il rumore, buttandola anche in scherzo l’ha definita una “serata mash-up”, e mi ha offerto di fare il bis il 2 di marzo. E aggiungo un particolare da non sottovalutare: mi hanno pagato. Ho avuto occasione in Italia di suonare per sale quasi vuote, ma non mi è capitato praticamente mai di ricevere dalla direzione del locale un trattamento simile. Ciò mi dimostra non solo come

le cose funzionino diversamente in questo senso, ma mi fa apprezzare sempre più la stima che persone come Graham, Chris, Mace, hanno verso chi ha bisogno di “uscire” con la sua musica e i suoi talenti. In ogni modo, l’organizzatore dà a noi musicisti la possibilità di suonare, ma sta anche a noi diffondere la notizia e portare un pubblico più grande possibile. Avendo finora usato solo una parte minima di Facebook e del suo potenziale, tento adesso la carta di una pagina separata da dedicare unicamente alla condivisione di eventi e altre notizie musicali. Pubblicando un evento con congruo anticipo e aggiornando la pagina con frequenza, condividendovi anche gli eventi dalla pagina dei Nevertones, e ricondividendo il tutto sul mio profilo, le mie attivita possono essere “spalmate” da più parti possibile creando un battage pubblicitario che può sortire gli effetti sperati. Una lezioncina in più, vediamo come va… per questo mese è tutto, il 2 marzo ’sto locale lo riempiamo per bene e ci si diverte il doppio. Alla prossima!

19


carta stampata caos letterario

Storie di una libreria disordinata / 5 “Tenera è la notte” di Francis Scott Fitzgerald: storia di ricchezza, fascino, amore e tradimento fra la Costa Azzurra e la Parigi degli anni Venti. Claudia Paccosi | claudia.paccosi@decarta.it

È

arrivata. Più piccola di me, ma slanciata, laccata e lucida. Posta proprio sopra i cassetti, ai piedi del letto, con sei ripiani, poco profondi, più o meno quanto un romanzo, bassi quasi a voler soffocare i suoi ospiti: una nuova libreria. Nella stanza è arrivata questa nuova ospite, è una moderna libreria Ikea, una billy forse, di legno chiaro, lucido e liscio, dove la polvere non si annida come nei miei buchi e nel mio ruvido legno di pino, ma scivola via, come pattinatori sul ghiaccio, al primo colpo di panno. È piccola rispetto a me, ma presente, lì, all’angolo opposto, vanitosa e supponente con i suoi ripiani bassi, da romanzo e la sua giovane vita. La nuova libreria che è arrivata prepotente accanto a me sta accogliendo i nuovi ospiti in arrivo, ingiustamente io invece, antica e ormai saggia libreria disordinata devo sostenere i libri vecchi, quelli letti anni fa, dalle pagine ormai ingiallite e dai bordi consumati, tutti stretti e ammucchiati in un mosaico multicolore, per quanto caotico, affascinante. Nella nuova “signorina”, così ho deciso di chiamarla, si sono accatastati gli ultimi arrivati: qualche libro di Stephen King, pesante e dall’urlo facile, vocabolari, libri di fotografie, romanzetti mai letti e che attendono una fantomatica lettura, cofanetti di serie televisive e soprammobili dal gusto dubbio e dall’utilità pressoché nulla. Tra questi nuovi ospiti però alcuni hanno suscitato il mio interesse; uno in particolare, che è sembrato arrivare con odore di mare, grida di gioia, un cappellino bianco con un grazioso nastro celeste e qualche strass violaceo, caduto

chissà da quale abito. È Tenera è la notte di Francis Scott Fitzgerald, un libro elegante, moderno, ma antico, un classico, ma poco conosciuto, insomma un libro curioso e importante. Ha avuto spazio fra Espiazione di McEwan e un sottile racconto di Carrisi imponendo subito la sua presenza bordeaux sull’occhio dei passanti. Infatti l’angolo a vista del libro, quello che si vede in una libreria, sottile, di solito con sopra impressi titolo e autore, è di grande effetto. Caratteri bianchi su bordeaux Oscar Mondadori, con un enorme FITZGERALD ad attirare l’attenzione. Ho

altri ospiti con la stessa mise nella mia libreria, proprio sulla spalla sinistra, ma nessuno ha quel carattere cubitale, si sono infatti decisi a rimodernare l’edizione dandogli più luce. Tenera è la notte ha infatti subito affascinato tutti i maschietti del palazzo di legno, dentro ha una storia d’amore, sentimento, passione e tradimenti, risuona di musica jazz e risplende di lustrini, macchine dai pezzi cromati e preziosi diamanti. Tenera è la notte è un romanzo che Fitzgerald scrisse nel 1934, dopo Il grande Gatsby, Belli e dannati e Al di qua del paradiso. È la sua opera in assoluto

Zelda Sayre e Francis Scott Fitzgerald

20

DECARTA FEB / MAR 2014


più ambiziosa e a cui ha dedicato più tempo, impiegò nove anni per scriverla e continuò a modificarla anche dopo la sua pubblicazione. Narra la storia di Dick Diver, psichiatra americano sposato alla ricca, bellissima e problematica Nicole e di Rosemary, giovane ragazza che comincia a scoprire il mondo, tra spiagge, nuotate e cinema. I due si incontrano sulla Costa Azzurra, in un meraviglioso e lussuoso hotel, proprio secondo lo stile di Fitzgerald e degli anni Venti, fra macchine rombanti, squillante musica jazz, corti abiti brillanti e intrecci passionali fra ricche famiglie in vacanza.

F

itzgerald, come in ogni suo romanzo, descrive la vita che trascorre nell’ozio e nello sfarzo dei ricchi imprenditori americani durante il primo dopoguerra. In un susseguirsi di feste, gite, visite e gin a colazione dove la vita di ognuno viene nascosta da una maschera di bellezza e divertimento. Infatti la vita di Dick e Nicole, la coppia felicemente sposata, perfetta e sorridente, è la maschera di un disagio, di una malattia. Nicole era una paziente di Dick, che è stata salvata da una terribile depressione per essere trasferita tra cuscini e merletti accanto ad un fascinoso medico che gode del suo patrimonio. Nicole è bella, affascinante, una donna dall’oratoria ammirabile e dai vestiti sempre perfetti, a volte risulta però assente, triste, malinconica e malata. Fitzgerald gettò in questo romanzo tutte le angosce e i silenzi trattenuti durante la malattia mentale dell’amatissima moglie Zelda. L’amore di Dick per Nicole è come quello di Fitzgerald per Zelda: in-

DECARTA FEB / MAR 2014

condizionato. Un amore tanto forte da spegnere la felicità di un uomo che non può abbandonare la donna della sua vita, per quanto questa lo faccia soffrire. La solida relazione dei due coniugi nel romanzo vacilla però, la malattia e un’estate in Costa Azzurra muteranno inevitabilmente l’idillio. Rosemary infatti, giovane e fresca ragazza senza pensieri, distrarrà Dick con le sue nuotate fino al ponte galleggiante, le sue risate ingenue e la sua schiena bagnata sdraiata sulla calda sabbia della riviera francese. I tradimenti e la passione non potranno rimanere nascosti per sempre dietro l’opaco velo della ricca società americana, sempre perfetta, abbottonata e pettinata, ma scardineranno dall’interno nel corso di cinque anni la relazione fra Dick e Nicole. Dividersi sarà però estremamente difficile, la loro relazione rimarrà salda e robusta, indissolubile fino alla fine del romanzo, seppur fragile e ormai pronta a sbriciolarsi sotto la forte stretta della vita. Il dolore e l’amore attraverseranno città europee, viaggi, spiagge assolate, feste lussuose e vedranno persone a cui mostreranno il migliore dei loro sorrisi. Amanti incontrati sulle rive del mare o in caffè parigini, Rosemary per Dick e Tommy per Nicole, non potranno distogliere facilmente i due dalla loro relazione radicata nel passato, troppo forte per essere distrutta da qualcun altro, troppo dura e provata dal dolore passato, dalla malattia psichica, dalla clinica e dalla rinascita, per sgretolarsi sotto problemi futili e poco importanti come un tradimento. “A volte è più difficile privarsi di un dolore che di un piacere”.

Francis Scott Fitzgerald Tenera è la notte Tit. orig. Tender is the Night Traduzione di Fernanda Pivano Oscar Mondadori - Classici Moderni, 2011 pp. 427 - euro 10,00 ISBN 978-8804609353

21


università

incontri

Aperitivi linguistici: si degustano e fanno bene La ricetta di Eutopia. Gabriele Ludovici | gabriele.ludovici@decarta.it

S

tudiare all’estero è da sempre una delle esperienze migliori che possa provare un giovane universitario. La possibilità di apprendere nuove conoscenze unita all’occasione di trovarsi in un luogo di lingua e cultura differenti apre molte prospettive, lasciando comunque un ricordo importante e formativo. Tuttavia, almeno per i primi tempi, possono nascere piccole o grandi difficoltà legate all’integrazione e per questo gli studenti stessi hanno capito la necessità di organizzarsi in associazioni che, tenendosi in contatto tra loro a livello internazionale, possano fornire agli studenti i migliori strumenti per godersi l’esperienza “fuori casa” nel modo più soddisfacente possibile. Adoro intervistare le persone nel chiostro della facoltà di Lettere dell’Università della Tuscia, ogni volta rimango colpito dal contrasto tra il portone in pieno stile burocratese ed il luogo quasi “monasterico” che mi accoglie subito dopo. Rimango anche colpito dall’acqua della fontana che si solleva per il vento, ma questo è un altro discorso. Incontro qui Mafalda Morganti, Silvia Carrer e Samanta Pettinelli, rispettivamente presidente, vice-presidente e membro del consiglio direttivo dell’associazione Eutopia. Un’associazione con una storia molto dinamica, come mi spiegano subito: «Nessuna di noi tre ha fatto parte del nucleo iniziale del progetto, partito nell’ottobre del 2008 al momento della formazione dello statuto. L’intento iniziale consisteva nel riunire otto giovani di Viterbo e dintorni attorno alle dinamiche dell’ufficio Eurodesk, smantellato e 22

riaperto da poco ad Agraria, per fornire la città di una realtà no-profit di promozione sociale». Fino a quel momento Eutopia aveva avuto degli obiettivi vaghi ma a partire dal 2010, complici nuove conoscenze di persone interessate tra cui loro tre, l’associazione ha trovato forza lavoro, input ed ha intrapreso nuove attività: «La partnership con Eurodesk ci ha permesso di ideare progetti legati a Viterbo ed all’estero. La svolta è avvenuta in seguito quando l’allora presidente Lorenzo Grande vinse una borsa di studio per Cambridge. Era lui a tenere le redini, e dopo la sua partenza c’è stato un movimento di persone che si sono rimboccate le maniche per tenere in piedi l’associazione. La cosa bella è l’opportunità, una volta dato il proprio contributo ad Eutopia, di cercare nuove esperienze lasciando spazio a nuovi partecipanti. In fondo Eutopia rispecchia chi ne fa parte e cambia in base alle persone,

sensibile a nuove dinamiche; un mezzo per dare e per ricevere».

I

l mio primo contatto con Eutopia l’ho avuto parlando tempo fa con Samanta della loro iniziativa legata agli Aperitivi Linguistici: «L’idea è nata dopo il team building di ottobre 2013. Volevamo fare qualcosa di più concreto per la realtà locale, visto che fino ad ora eravamo più conosciuti all’estero. Ci siamo resi conto che ciò che sapevamo fare meglio era lavorare per l’integrazione e per il dialogo interculturale; l’Aperitivo Linguistico – che si svolge presso il Bar Carrer (via San Leonardo, 1) con cadenza bisettimanale, di giovedì dalle 19 alle 21 – permette ai giovani di Viterbo e provincia, anche coloro che non parlano bene l’inglese, di avere un contatto con ragazzi di altre nazioni. Tramite l’Erasmus ed il Servizio volontario europeo la città si è riempita di giovani stranieri, anche provenienti dal Sud AmeDECARTA FEB / MAR 2014


rica, e questo scambio è utile anche per loro». Mettersi nei panni degli studenti che arrivano dall’estero è alla base dell’iniziativa: chi ha realizzato un’esperienza simile sa quali possono essere i servizi e le attività utili. Il primo aperitivo è andato bene: «C’è stato un buon riscontro sia di partecipazione che di interesse e sono arrivati commenti positivi come quello di Toon, uno studente belga contento di aver potuto fare nuove amicizie. L’intento non è solo legato all’apprendimento della lingua, ma anche di far conoscere le persone per aiutarle nell’integrazione. Inviteremo anche dei ragazzi madrelingua e lasceremo che siano i partecipanti stessi all’aperitivo a decidere in quale idioma portare avanti la serata. Ora sondiamo gli interessi per capire come catturare ancora di più l’attenzione. Abbiamo ricevuto stimoli importanti per continuare».

O

ltre agli Aperitivi Linguistici, Eutopia sta portando avanti un progetto ambizioso legato alle mappe USE-IT, importante anche nell’ottica della collocazione della realtà viterbese nello scacchiere delle città universitarie

DECARTA FEB / MAR 2014

europee: «Il progetto USE-IT è nato a Copenhagen negli anni ’90 come sportello turistico rivolto ai giovani viaggiatori. La filosofia di fondo è che nel mondo del turismo manca un approccio diretto per i giovani, che spesso hanno esigenze differenti rispetto agli altri viaggiatori. L’idea di creare delle mappe apposite è nata nel 2007, ovvero un network che permetta ai giovani viaggiatori di attingere dall’esperienza degli abitanti di una città, come chiedere ad un amico dove si mangia il kebab più buono dalle sue parti… ovviamente il tutto no-profit, le mappe non sono sponsorizzate. Si tratta invece di una guida informale e fruibile allo scopo di facilitare il soggiorno di una persona all’estero. Abbiamo fatto domanda per creare la mappa USE-IT di Viterbo e, finanziamenti permettendo, in sei mesi la realizzeremo. L’esperienza degli aperitivi ci aiuterà a conoscere la situazione degli studenti stranieri che abitano qui: come hanno reperito informazioni, di cosa hanno bisogno… il tutto cooperando con la comunità locale, che ci dirà cosa consigliare ad un non autoctono che soggiorna qui».

L

’associazione inoltre rimane attiva nell’ambito delle collaborazioni con altre realtà europee: «In questi anni abbiamo collaborato con associazioni che promuovono programmi focalizzati sul favorire la mobilità giovanile, progetti informali realizzati dagli studenti per gli studenti. Principalmente si è trattato di attività di breve durata, una settimana o dieci giorni, come incontrare la delegazione di un paese per affrontare un tema comune, come il dibattito su media e televisione organizzato a Montefiascone e che ha visto la partecipazione di delegazioni provenienti da Repubblica Ceca, Spagna, Svezia ed Ungheria. Siamo attivi in collaborazioni con diverse associazioni europee ungheresi, ceche, lituane, polacche e di altri paesi. Facciamo tanto come ente di invio per realizzare scambi con altri giovani, mandando delegazioni di ragazzi della zona all’estero». Vi invitiamo a collegarvi alla pagina Facebook di Eutopia (www.facebook.com/ eutopia.online) per essere aggiornati sulle iniziative dell’associazione; il riferimento per il progetto delle mappe USEIT è invece www.use-it.travel.

23



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.