CIRCOLO DI PSICOBIOFISICA AMICI DI MARCO TODESCHINI presenta:
" " DI BELLA – TODESCHINI
GLI ESPERIMENTI DEL PROF. ALFIO DI BELLA CONFERMANO LA VALIDITÀ ED IL FUNZIONAMENTO DEL DISPOSITIVO SEMOVENTE A MASSE ROTANTI
a cura di Fiorenzo Zampieri Circolo di Psicobiofisica “Amici di Marco Todeschini”
PREMESSA Con questo documento vogliamo ritornare a parlare del cosiddetto “motore a forze centrifughe” o inerziale di Marco Todeschini. L’occasione ci è data dal “ritrovamento” di una relazione dal titolo “Sugli effetti propulsivi di una massa rotante”, trattata dal prof. Alfio Di Bella, nell’ambito del 7° Simposio di Idrodinamica Navale svoltosi a Roma nell’agosto del 1968. In quella relazione il Di Bella illustra con dovizia di particolari e formulazioni fisico-matematiche i molteplici esperimenti effettuati nel 1967 con i mezzi, le attrezzature e la collaborazione del personale dell’Università di Architettura Navale di Genova al fine di testare il dispositivo a masse rotanti di sua invenzione. Esaminando il documento risalta però immediatamente l’evidenza della perfetta similitudine dell’apparato del Di Bella con quello del Todeschini, il che giustifica la ben nota rivendicazione fatta da quest’ultimo, attraverso i quotidiani e riviste dell’epoca, sulla priorità di tale ritrovato in quanto da lui già realizzato e brevettato nei primi anni ’30 del 1900. Al di là di tale questione, nondimeno, resta il fatto, assai interessante, che la illustrazione data dal Di Bella del suo apparecchio dà modo di esaminare con rigore scientifico, oltre che nella teoria, anche nell’applicazione pratica, il funzionamento di un tale congegno. Allo scopo di essere il più esaustivi possibili nell’esporre l’argomento proponiamo una sorta di “dossier” contenente tutto il materiale a nostra disposizione per mettere in condizione il lettore di giudicare appieno la questione. Alleghiamo perciò la seguente documentazione: - Relazione dal titolo: “Effetti propulsivi di una massa rotante” in lingua italiana (traduzione) ed originale in inglese - Articoli tratti da quotidiani e riviste nei quali si parla dei brevetti Di Bella e Todeschini - Copia dei brevetti originali del Di Bella (U.S.A. - Inglese - Francese - Tedesco) Per quanto riguarda il brevetto Todeschini, inutile riproporlo in quanto già oltremodo conosciuto dai nostri lettori, oltreché facilmente recuperabile nell’ambito dei documenti contenuti nel presente sito internet. Nell’occasione invitiamo i nostri Amici, a consultare anche il Blog presente nel seguente link:
http://perpetualmotion21.blogspot.com/2014/07/the-todeschinidi-bella-device-part-i.html dove si esaminano appunto il brevetto Di Bella assieme a quello di Todeschini.
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EFFETTI PROPULSIVI DI UNA MASSA ROTANTE Prof. Alfio Di Bella Istituto di Architettura Navale dell'Università di Genova , Italia ABSTRACT Questo documento è dedicato allo studio di particolari moti rotatori di masse nello spazio. Si è dimostrato sperimentalmente che entro certi limiti, piccoli movimenti di un veicolo, nella direzione desiderata, possono essere ottenuti ponendo in esso una massa mantenuta in costante rotazione da un motore. Nella presente relazione sono descritti i dispositivi che sono stati utilizzati, oltre che illustrarne, mediante una sintesi completa, i risultati che sono stati ottenuti. Viene anche sottolineato quali probabilmente saranno, una volta superate alcune difficoltà , le piÚ importanti applicazioni di questi dispositivi, e cioè: su alcuni tipi di navi, per poterle muovere in avanti o indietro, oppure lateralmente o eseguire altre evoluzioni, a bassa velocità ; nelle automobili, per consentire loro dei moti laterali utili per il parcheggio, o movimenti in avanti e indietro, o dei cambi di direzione del moto. DESCRIZIONE DEI DISPOSITIVI TESTATI Nel gennaio 1962 abbiamo proposto di avviare uno studio sul movimento rotatorio di una massa nello spazio, per vedere se le azioni dinamiche prodotte da essa potevano dare modo di ottenere possibili applicazioni nel campo della propulsione. Si è deciso di cominciare considerando il moto rotatorio di una massa attorno ad un punto.
Il dispositivo indicato in fig. 1 apparve immediatamente utile per il nostro studio. Esso esegue il moto di un punto su un emisfero. Con semplici meccanismi, era possibile ottenere un braccio đ??´đ?‘ƒ = đ?‘…, ruotante attorno ad un punto đ?‘‚ , avente l'estremitĂ đ??´ coincidente con đ?‘‚ , e l'estremitĂ đ?‘ƒ libera di muoversi sull’emisfero. Una massa đ?‘š è concentrata in đ?‘ƒ. Si ritiene interessante ricordare che la traiettoria descritta da đ?‘ƒ appartiene alla famiglia delle hypopedes , studiate in astronomia da Eudosso , un contemporaneo di Platone. PiĂš precisamente, la traiettoria rappresenta la finestra di Viviani, allievo di Galilei, che ha posto il problema di rintracciare quattro finestre di area massima su un emisfero. (La soluzione del problema, proposta da Gauss, richiede che ogni finestra
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abbia come contorno la traiettoria descritta da đ?‘ƒ , che è anche l'intersezione di un emisfero con un cilindro di sezione circolare, avente il raggio della sfera come suo diametro). Il dispositivo è stato testato ampiamente sul terreno e sulla superficie dell'acqua con risultati nel complesso soddisfacenti.
Continuando il nostro studio, abbiamo pensato di inserire tra đ??´ e đ?‘‚ un braccio đ?‘&#x; = đ?‘‚đ??´ . CosĂŹ abbiamo ottenuto il dispositivo indicato in fig. 2 che rappresenta una massa che ruota attorno ad un asse, con quest'ultimo in rotazione attorno ad un altro asse. La massa si muove su una sfera di raggio đ?‘…1 = ( đ?‘…2 + đ?‘&#x; 2 )1â „2 . Il dispositivo, che può essere considerato la base del presente documento, è formato come segue. Su una base (1) posta su un piano orizzontale, viene posizionato un motore (2) che, per mezzo di una trasmissione (3), muove l'albero orizzontale (4) che è sostenuto da due supporti (5) e (6) fissati alla base. L'albero ha un collare (7) entro il quale può ruotare un braccio đ?‘‚đ??´0 = đ?‘&#x;, che è saldato in đ??´0 a 90 ° ad un altro braccio đ??´0 đ?‘ƒ0 = đ?‘… , alla cui estremitĂ đ?‘ƒ0 è concentrata una massa đ?‘š . Ci sono anche due ruote coniche dentate di uguale diametro (non indicate in figura), una a formare una connessione đ?‘‚đ??´0 e l'altra collegata a uno dei supporti. CosĂŹ, quando il motore, e quindi l'albero, sono in rotazione, il collare costringe il braccio đ?‘‚đ??´0 a ruotare attorno all'albero (4), mentre le due ruote dentate li fanno ruotare su se stessi. Pertanto, đ?‘š ruota attorno đ?‘‚đ??´0 che, a sua volta, ruota intorno all'albero (4). Se il peso di tutti i componenti rotanti sono trascurabili rispetto al peso (đ?‘ƒ) della massa (đ?‘š) e se i due bracci sono di uguale lunghezza (đ?‘… = đ?‘&#x;), tutto questo dimostra sperimentalmente il seguente fatto peculiare: quando đ?‘š raggiunge il punto đ?‘ƒ1 il dispositivo si comporta come se fosse colpito da un forza esterna passando per đ?‘ƒ1 . La forza viene trasmessa alla base (1) per mezzo dei bracci, l'albero, e i supporti; la base è cosĂŹ costretta a subire un piccolo spostamento sul piano di appoggio nella direzione indicata dalla freccia. La stessa cosa non si ripete per đ?‘ƒ0 , simmetrico a đ?‘ƒ1 nĂŠ per gli altri punti. Da ciò il dispositivo, ad ogni giro dell'albero (4), acquisisce un piccolo spostamento in una sola direzione. E se l'albero ruota con continuitĂ , il dispositivo completa una successione di piccoli strappi, e quindi, un movimento in avanti sul piano di appoggio.
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Pertanto, il moto rotatorio della massa determina un movimento in avanti del dispositivo sul piano di appoggio. L'esperimento dimostra anche che lo spostamento si verifica quando la velocitĂ angolare (đ?œ”) dell'albero motore (4) viene adattata alle dimensioni del dispositivo. Infatti, se đ?œ” è relativamente piccola, la spinta provocata dalla massa non è sufficiente a superare la resistenza di attrito da contatto della base (1) con il piano di appoggio, e il dispositivo rimane immobile; se, invece, đ?œ” è relativamente alta, il dispositivo sottoposto a forti vibrazioni, saltella sul piano di appoggio in modo disordinato. L'esperimento dimostra, infine, che l'effetto propulsivo del massa rotante può anche essere ottenuto senza far fare un giro completo di 360 ° alla rotazione dell'albero. Infatti, se si lascia đ?‘ƒ1 e viene fatto ruotare l'albero di alcuni gradi, prima in un senso e poi nell'altro, ogni volta che đ?‘š attraversa đ?‘ƒ1 si osserva la formazione di una forza che sposta il dispositivo sul piano di appoggio sempre nella stessa direzione. Il moto della massa può essere correlato al sistema di assi ortogonali 0, x, y, e z fissato con il dispositivo e avente l'origine nel punto di intersezione dell'asse dell'albero (4) con il braccio lungo đ?‘&#x;; x parallelo alla base (1) del dispositivo; y coincidente con l'asse dell'albero (4); e z perpendicolare alla base. Se il punto đ?‘ƒ0 appartenente al piano x y è assunto come origine del movimento, allora anche il punto đ?‘ƒ1 si trova sul piano x y, ma ruotato di 180 ° rispetto a đ?‘ƒ0 ; per esempio, da đ?‘ƒ0 passa a đ?‘ƒ1 , costringendo l'albero (4) a ruotare di 180 °.
Il dispositivo realizza, come giĂ detto, un effetto propulsivo per ogni giro dell'albero (4). Se, tuttavia, (Fig. 3) si aggiunge un braccio đ?‘&#x; ′ uguale a đ?‘&#x; , saldiamo a đ??´0 ′un braccio đ?‘…′ pari a braccio đ?‘… , e poniamo in đ?‘ƒ0 ′ una massa đ?‘šâ€˛ uguale alla massa đ?‘š posto in đ?‘ƒ0 , si ottiene come risultato un dispositivo con due masse, che, in un giro dell'albero, genera due effetti propulsivi. Infatti, assumiamo il punto đ?‘ƒ0 come origine del moto. Per una rotazione di 180 °, la massa da đ?‘ƒ0 passa per đ?‘ƒ1 generando lĂŹ l’effetto propulsivo. Nello stesso istante, la massa đ?‘šâ€˛ è in đ?‘ƒ1 ′ e dopo una rotazione di 180 ° passa in đ?‘ƒ0 ′ generando lĂŹ il suo effetto propulsivo.
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La disposizione del dispositivo con tre ruote dentate (una fissa e due mobili) e due masse rotanti, indicati in fig. 4, consente due effetti propulsivi da eseguire per ogni giro dell'albero motore: uno è generato da đ?‘š quando è al đ?‘ƒ1 e l'altro è generato da đ?‘šâ€˛ quando, dopo una rotazione dell'albero motore di 180 °, è allo punto đ?‘ƒ1 .
Se, invece, le due masse rotanti sono disposti come indicato in fig. 5, allora il dispositivo, per ogni giro dell'albero motore, genera nello stesso istante due effetti propulsivi, simmetrici rispetto all'asse y : uno è generato da đ?‘š nel momento in cui essa è a đ?‘ƒ1 e l'altro è generato da đ?‘šâ€˛ che allo stesso momento è in đ?‘ƒ1 ′ . Questa descrizione mostra come è stato efficacemente osservato il moto dei dispositivi, e può essere verificata disponendo gli stessi su un piano orizzontale e mettendoli in moto.
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EQUAZIONI DEL MOTO DELLA MASSA CON I DISPOSITIVI FISSATI AL PIANO DI APPOGGIO Sembra piuttosto difficile poter scrivere le equazioni generali del moto dei dispositivi testati; in primo luogo, perchĂŠ la causa del movimento in avanti in una direzione desiderata, invece di un movimento di va e vieni, non è molto chiaro; in secondo luogo, perchĂŠ il moto dei dispositivi è accompagnato da forti vibrazioni, a seconda del numero e del peso delle masse in rotazione, la velocitĂ rotatoria dell'albero motore, le reazioni del supporto, ecc . Di conseguenza, non possiamo fare nulla, ma limitarci al caso in cui le basi dei dispositivi non sono liberi di muoversi sul piano di appoggio, ma sono fissati rigidamente a questo piano. Allo stesso modo, per semplicitĂ , dobbiamo supporre che la massa è concentrata in un solo punto, che i bracci di lunghezza đ?‘… e đ?‘&#x; e le ruote dentate hanno un peso trascurabile rispetto al peso della massa đ?‘š , e, infine, che le resistenze passive siano nulle. Con queste semplificazioni, possiamo scrivere le equazioni per il moto della massa ed ottenere risultati utili.
Cominciamo con il caso del dispositivo di base indicato in fig. 6, che, come è giĂ stato menzionato, esegue un movimento rotatorio di una massa attorno ad un asse, con quest'ultimo a sua volta rotante intorno a un altro asse. Chiamiamo il moto della massa al sistema di assi 0 , x , y e z come precedentemente indicato. Supponiamo đ?‘ƒ0 il punto origine del moto sul piano x y corrispondente all'angolo di rotazione đ?œƒ = 0 . Al tempo đ?‘Ą i due bracci sono trasformati da đ?œƒ ; quindi, da 0đ??´0 đ?‘ƒ0 si passa in 0đ??´đ?‘ƒ . Se đ?‘ƒâ€˛ è la proiezione di đ?‘ƒ sul piano z 0 x, abbiamo đ??´đ?‘ƒâ€˛ = đ??´đ?‘ƒ đ?‘ đ?‘–đ?‘› đ?œƒ = đ?‘… đ?‘ đ?‘–đ?‘› đ?œƒ . Le coordinate di đ?‘ƒ sono dunque: x = AC − AB = AP′ sin 0 − r cos 0 = R sin2 0 − cos 0 y = −R cos 0
(1)
z = DC + CP′ = OA sin 0 + AP′ cos 0 = (R cos 0 + r) sin 0
6
Queste espressioni rappresentano una traiettoria le cui proiezioni sui tre piani di coordinate hanno le forme indicate in fig. 7.
In đ?‘ƒ1 abbiamo un checkÂŹpoint. Se la velocitĂ angolare e l'accelerazione sono indicati con đ?œƒ = đ?œ” e đ?œƒ = đ?œ€ , le componenti della velocitĂ e l'accelerazione assumono la forma: đ?‘Łđ?‘Ľ = (đ?‘… sin 2đ?œƒ + đ?‘&#x; sin đ?œƒ)đ?œ” đ?‘Łđ?‘Ś = đ?‘… sin đ?œƒđ?œ”
(2)
đ?‘Łđ?‘§ = (đ?‘… cos 2đ?œƒ + đ?‘&#x; cos đ?œƒ)đ?œ” . đ?‘Žđ?‘Ľ = (2đ?‘… cos 2đ?œƒ + đ?‘&#x; cos đ?œƒ)đ?œ”2 + (đ?‘… sin 2đ?œƒ + đ?‘&#x; sin đ?œƒ)đ?œ– đ?‘Žđ?‘Ś = đ?‘… cos đ?œƒđ?œ”2 + đ?‘… sin đ?œƒđ?œ–
(3)
đ?‘Žđ?‘§ = − (2đ?‘… sin 2đ?œƒ +đ?‘&#x; sin đ?œƒ)đ?œ”2 + (đ?‘… cos 2đ?œƒ +đ?‘&#x; cos đ?œƒ)đ?œ– .
La velocitĂ della massa diventa: đ?’— = (đ?’—đ?&#x;?đ?’™ + đ?’—đ?&#x;?đ?’š + đ?’—đ?&#x;?đ?’› )
đ?&#x;?â „đ?&#x;?
đ?&#x;?â „đ?&#x;?
= [đ?‘šđ?&#x;? (đ?&#x;? + đ??Źđ??˘đ??§đ?&#x;? đ?œ˝) + đ?’“đ?&#x;? + đ?&#x;?đ?‘šđ?’“ đ??œđ??¨đ??Ź đ?œ˝]
đ??Ž.
(4)
Per đ?‘š = đ?’“ e đ?œ˝ = đ??… , cioè, in đ?‘ˇđ?&#x;? , abbiamo đ?’— = đ?&#x;Ž . Nello studio della dinamica del punto, viene spesso usato il principio di conservazione dell'energia. Se supponiamo che nel sistema che stiamo considerando l'energia rimane costante, possiamo derivare un'espressione che può darci un'indicazione circa il modo di variare đ?œ” e đ?œ€ al variare della đ?œ” angolare. Per questa espressione possiamo scrivere: 1
1
đ??¸ = 2 đ?‘šđ?‘Ł 2 + 2 đ??˝đ?œ”2 + đ?œŒđ?‘§ = đ?‘?đ?‘œđ?‘›đ?‘ đ?‘Ą. .
(5)
7
1
1
Dove đ?‘šđ?‘Ł 2 è l'energia cinetica della massa đ?‘š , đ??˝đ?œ”2 è l'energia cinetica delle restanti masse che 2 2 ruotano intorno all'asse y e rispetto al quale il momento di inerzia đ??˝ è uguale e đ?œŒđ?‘§ è l'energia del moto verticale del peso đ?œŒ . Le equazioni (5), (4), e la terza equazione di Eqs. (1) danno: 1
1
đ??¸ = 2 đ?‘š[đ?‘…2 (1 + sin2 đ?œƒ) + đ?‘&#x; 2 + 2đ?‘…đ?‘&#x; cos đ?œƒ]đ?œ”2 + 2 đ??˝đ?œ”2 + đ?œŒ(đ?‘… cos đ?œƒ + đ?‘&#x;) sin đ?œƒ . Se poniamo â„Ž = đ??˝/ đ?‘šđ?‘…2 , otteniamo đ?œ” = {1 2
đ??¸âˆ’đ?‘ƒ(đ?‘… cos đ?œƒ+đ?‘&#x;) sin đ?œƒ đ?‘š[đ?‘… 2(1+sin2 đ?œƒ)+đ?‘&#x;2 +2đ?‘…đ?‘&#x; cos đ?œƒ+â„Žđ?‘… 2]
1â „2
}
(6)
Differenziando Eq. (5) rispetto al tempo đ?‘Ą , đ?‘œđ?‘Ąđ?‘Ąđ?‘’đ?‘›đ?‘–đ?‘Žđ?‘šđ?‘œ đ?œ€ . Per determinare il valore di đ??¸ necessario per il calcolo di đ?œ” si può ricorrere al valore medio del numero di giri Ă‘ . Infatti, per đ?‘‘ đ?œƒ = đ?œ”đ?‘‘đ?‘Ą , usando l'Eq. (6), si ottiene il periodo:
�=
đ?‘‡ âˆŤ0 đ?‘‘đ?‘Ą
=
đ?œ‹ đ?‘‘đ?œƒ âˆŤ0 đ?œ”
1
=
2 2 2 2 2đ?œ‹ đ?‘š[đ?‘… (1+sin đ?œƒ)+đ?‘&#x; +2đ?‘…đ?‘&#x; cos đ?œ”+â„Žđ?‘… ] } âˆŤ0 {2 đ??¸âˆ’đ?‘ƒ(đ?‘… cos đ?œƒ+đ?‘&#x;) sin đ?œƒ
1â „2
(7)
Per ricavare đ??¸ da questa espressione, possiamo procedere graficamente, scegliendo i valori arbitrari đ??¸1 , đ??¸2 , đ??¸3 ,. . . , calcolando l'integrale e determinando i valori corrispondenti đ?‘‡1 , đ?‘‡2 , đ?‘‡3 ,. . . . Entrando nei grafici aventi đ??¸ come funzione di đ?‘‡ con il valore di 1/Ă‘ , possiamo ottenere il valore di đ??¸. Applicando la procedura utilizzata per il dispositivo indicato in fig, 3 ad altri dispositivi, possono essere ottenute le espressioni corrispondenti. Ăˆ particolarmente utile per quanto si dirĂ , considerare il dispositivo indicato in fig. 5. Le coordinate di punti đ?‘ƒ1 e đ?‘ƒ2 in cui sono concentrate le masse, sono:
đ?‘Ľ1 = đ?‘…sin2 đ?œƒ − đ?‘&#x; cos đ?œƒ
đ?‘Ľ2 = −đ?‘…sin2 đ?œƒ + đ?‘&#x; cos đ?œƒ
đ?‘Ś1 = −đ?‘… cos đ?œƒ
đ?‘Ś2 = −đ?‘… cos đ?œƒ
đ?‘§1 = (đ?‘… cos đ?œƒ + đ?‘&#x;) sin đ?œƒ
đ?‘§2 = −(đ?‘… cos đ?œƒ + đ?‘&#x;) sin đ?œƒ .
Con đ?‘… = đ?‘&#x; e ponendo đ?‘š1 = đ?‘š2 = đ?‘€ / 2 l e coordinate del centro di gravitĂ đ??ş delle due masse risultano:
đ?‘Ľđ??ş = 0 ,
đ?‘Śđ??ş = −đ?‘… cos đ?œƒ ,
đ?‘§đ??ş = 0 .
Ciò significa che, in sostituzione delle due masse simmetriche in ogni momento rispetto all'asse y , una singola massa � può essere adottata se si muove con un tempestivo movimento di va e vieni lungo l'asse y . Le quantità di moto e loro derivati sono:
đ?‘„đ?‘Ľ = 0
�′� = 0
đ?‘„đ?‘Ś = đ?‘€đ?‘… sin đ?œƒ
đ?‘„′đ?‘Ś = đ?‘€đ?‘…(cos đ?œƒđ?œ”2 + sin đ?œƒđ?œ–)
8
�� = 0
�′� = 0
L'energia del sistema è: 1
1
1
đ??¸ = 2 đ?‘š1 đ?‘Ł12 + 2 đ?‘š2 đ?‘Ł22 + 2 đ??˝đ?œ”2 = đ?‘?đ?‘œđ?‘›đ?‘ đ?‘Ą. Continuando questi calcoli, utilizzando â„Ž = đ??˝/ đ?‘šđ?‘…2 , otteniamo
đ??¸ = đ?‘€đ?‘…2 [sin2 đ?œƒ + 2(1 + cos đ?œƒ) + â„Ž]đ?œ”2
(8)
e quindi,
đ?œ” = 1â „đ?‘…(đ??¸ â „đ?‘€)1â „2 [sin2 đ?œƒ + 2(1 + cos đ?œƒ ) + â„Ž]−1â „2 = đ?‘‘đ?œƒ â „đ?‘‘đ?‘Ą
(9)
Da questa espressione, ne consegue: �
đ?‘€ 1â „2
đ?‘‡ = âˆŤ0 đ?‘‘đ?‘Ą = đ?‘… ( đ??¸ )
2đ?‘Ł
1
âˆŤ0 [sin2 đ?œƒ + 2(1 + cos đ?œƒ) + â„Ž]1â „2 đ?‘‘đ?œ” = Ă‘ .
(10)
Con questa espressione si può ottenere đ??¸ . Sostituendo nell'eq. (9), e si ottiene, e quindi derivando dall'eq. (8), abbiamo: sin đ?œƒ(1−cos đ?œƒ)đ??¸2
đ?œ– = [sin2 đ?œƒ+2(1+cos đ?œƒ)+â„Ž]2 L'espressione di đ?‘„đ?‘Ś diventa quindi: 1+(2+â„Ž) cos đ?œƒ+cos2 đ?œƒ
đ?‘„′đ?‘Ś = đ?‘€đ?‘…đ??¸ 2 [sin2 đ?œƒ+2(1+cos đ?œƒ)+â„Ž]2 .
(11)
Se tracciamo �′� contro � , si ottiene un grafico del tipo indicato in fig. 8.
9
RISULTATI DELLE PROVE I dispositivi descritti sono stati sottoposti ad una lunga serie di test per stabilire quali risultati concreti si potrebbero ottenere per scopi propulsivi da una massa in rotazione nello spazio. Abbiamo studiato soprattutto il dispositivo con due masse indicate in fig. 3. Le prove sono state eseguite su terra, in acqua e in aria, senza risparmio di tempo. Possiamo ora riportare i risultati più importanti di questi test. Test su terra Queste prove sono state eseguite sul pavimento, su tavoli orizzontali, e su piani inclinati. La Figura 9 mostra un dispositivo con due masse poste alle estremità anteriori delle due serie di pali longitudinali, uno dei quali è fissato a due poli trasversali che poggiano sul pavimento per mezzo di quattro talloni. Il dispositivo pesa 30 kg; le due masse sono costituiti da due pezzi di piombo di 200 grammi ognuno di peso, e sono azionati da un motore elettrico.
Nella Fig. 10 sono riportati i risultati delle prove; in ascissa abbiamo la velocità con cui il dispositivo si muove sul pavimento, e in ordinata la potenza del motore lorda assorbita dall'apparato. Dato che era un piccolo motore e dato che non abbiamo avuto a nostra disposizione ogni metro di coppia qualificata per calibrare questi motori, non possiamo effettivamente dire la potenza netta assorbita dal dispositivo. Se, nel caso che stiamo considerando, si assume che l'efficienza è 0,25 per il motore e la trasmissione, possiamo dedurre che alla velocità massima di 0,41 m / sec la potenza netta misurata sull'albero motore è di 50 watt.
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Con un dispositivo avente due masse dello stesso tipo, ma con un peso di 450 grammi e con due pezzi di piombo da 20 grammi ciascuno, abbiamo ottenuto i risultati mostrati in fig. 11. Se assumiamo l'efficienza del micromotore elettrico e la trasmissione pari al 0.20 alla velocità massima di 0,61 m / sec, la potenza assorbita misurata sull'albero motore è 4,6 watt. Il dispositivo avanza verso destra o verso sinistra, a seconda del modo in cui le masse rotanti sono orientate.
La figura 12 mostra un dispositivo posto su quattro appoggi di legno ricoperti di gomma morbida. Pesa 1.275 grammi e si arrampica su una lastra di vetro, inclinata di 59 ° sul piano orizzontale.
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La Figura 13 mostra una delle varie curve ottenute per misurare l'efficienza di un dispositivo che sale una tavola inclinata di un angolo đ?›˝ su un piano orizzontale. Sono stati assunti differenti valori di đ?›˝ , e per ogni valore, sono stati misurati l'altezza della salita (â„Ž) e il tempo di salita (đ?‘Ą) del dispositivo. Moltiplicando il peso đ?‘? del dispositivo per â„Ž / đ?‘Ą abbiamo ottenuto la potenza resa dal dispositivo. Si può dedurre dalla figura che il dispositivo rende la piĂš grande potenza quando si arrampica su un tavolo inclinato di un angolo β data da đ?‘Ąđ?‘”đ?›˝ = 0,41 .
La Figura 14 mostra un dispositivo posto sulla parte posteriore di un telaio di legno di 2 metri di lunghezza ed 1 metro di larghezza con quattro ruote di automobile. Il dispositivo, con due masse di 3 kg ciascuno,
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messe in moto da una batteria di un'automobile di 12 volt, gira il telaio intorno agli assi verticali. La parte anteriore del telaio rimane sostanzialmente nella stessa posizione, mentre la parte posteriore si muove lateralmente verso destra o verso sinistra, a seconda del senso di rotazione delle due masse.
La Figura 15 mostra una automobile Fiat 1100. Sul retro, nella parte inferiore del mezzo, è posto un dispositivo con due masse, rivolto verso la superficie stradale. Il peso di ciascuna massa è di 6 kg, e il motore del dispositivo, messo in moto dalla batteria dell'automobile, assorbe una potenza di 220 watt. Il fenomeno descritto nel caso precedente si ripete. E cioè, la parte posteriore della macchina si muove lateralmente verso destra o verso sinistra, secondo la direzione di rotazione delle masse. In circa 40 secondi, la parte posteriore della vettura si sposta lateralmente di circa 2 metri. Ciò significa che se la macchina si avvicina per parcheggiare vicino ad un marciapiede e il suo piano longitudinale forma un angolo di 30 ° con la pavimentazione stessa, un dispositivo con due masse è in grado di spostare tutta la macchina in breve tempo. Cambiando il senso di rotazione delle due masse, la macchina viene riportata nella posizione di partenza. Un'indicazione dell'efficienza del dispositivo può essere ottenuto nel modo seguente. Supponiamo un'automobile di 800 kg di peso, che distribuisce 500 kg sulle ruote anteriori e 300 kg sulle ruote posteriori. Se si assume un coefficiente di attrito tra ruote e pavimentazione pari a 0,60, la forza necessaria per spostare la parte posteriore della macchina lateralmente è pari a 300 x 0,6 = 180 kg. Dal momento che lo spostamento laterale di 2 metri avviene in circa 40 secondi, la potenza utile è 180x 2/40 x 75 = 0,12 CV. Il rapporto tra le potenze è 0,80. Test sulla superficie dell'acqua Abbiamo dedicato molto tempo per i test sulla superficie dell'acqua. Abbiamo testato modelli di navi mercantili e militari, pontoni, catamarani, e contenitori di legno e di plastica. Riportare qui alcuni dei risultati.
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La figura 16 mostra un dispositivo con hyppopedes posti sulla parte anteriore di un modello di nave lunga 1,60 metri e pesante 15 kg. Il modello avanza a bassa velocitĂ sulla superficie dell'acqua, con un moto rettilineo.
La Figura 17 mostra una imbarcazione a fondo piatto e lati verticali. La sua lunghezza đ??ż è di 4 metri, la larghezza đ?‘™ è di 0,74 metri, e il dislocamento đ?‘‘ è 77 kg. Ha un dispositivo a doppia massa con ciascuna massa con un peso đ?‘?1 di 4,900 kg. Bracci đ?‘… = đ?‘&#x; di lunghezza 0,16 metri. La relazione del peso delle due masse per lo spostamento è 2đ?‘?1 / đ?‘‘ = 2 x 4,90 / 77 = 0,127. La relazione tra il doppio della lunghezza dei bracci e la lunghezza dello scafo è 2đ?‘&#x; / đ??ż = 2 x 0,16 / 4 = 0,08. L’imbarcazione si muove ad una velocitĂ di 0,36 m / sec. Un'altra imbarcazione simile alla precedente, di 1,60 metri di lunghezza, e con 2đ?‘?1 / đ?‘‘ = 2 x 0.300 / 4,20 = 0,142 e 2đ?‘&#x; / đ??ż = 2 x 0,04 / 1,60 = 0,05, ha una velocitĂ đ?‘Ł di 0,22 m / sec. PoichĂŠ la scala dei modelli è đ?œ† = 4,00 / 1,60 = 2,5, i risultati delle prove indicano che il funzionamento dei dispositivi può essere regolata in modo tale da soddisfare la relazione đ?‘‰ = đ?‘Ł (đ?œ†)1â „2 .
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Con un altro scafo con un fondo piatto e lati verticali, e con 2đ?‘?1 / đ?‘‘ = 2 x 0,30 / 24,90 = 0,02 e 2đ?‘&#x; / đ??ż = 2 x 0,10 / 4 = 0,05 , abbiamo ottenuto la velocitĂ di 0.085 m / sec. Se a questo scafo venisse estesa, in modo proporzionale, una lunghezza di 160 metri, sarebbe in grado di raggiungere una velocitĂ đ?‘‰ = đ?‘Ł (đ?œ†)1â „2 = 0,085 / 0,514 x (160/4)1â „2 = 1.04 nodi. Il dispositivo occuperebbe 5/100 x 160 = 8 metri della lunghezza dello scafo, e 2% dello spostamento. L’imbarcazione di fig. 17, d'altra parte, se allungata a 160 metri sarebbe in grado di raggiungere una velocitĂ đ?‘‰ = 0,36 / 0.514 (40)1â „2 = 4,45 nodi. Il dispositivo occuperebbe 8/100 x 160 = 12,8 metri della lunghezza dello scafo, ma 12,7% dello spostamento.
La Figura 18 mostra lo scafo indicato in fig. 17 testato nel porto di Genova. L'onda prodotta dagli spostamenti laterali dello scafo è ben visibile.
La Figura 19 mostra uno scafo molto leggero, lunga 1,40 metri, con un fondo piatto, azionato da un dispositivo con due masse. Lo scafo può avanzare in qualsiasi direzione. Compie una rotazione di 360° in 30 secondi.
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In fig. 20 è Indicato un modello con 2đ?‘?1 / đ?‘‘ = 0,062 e 2đ?‘&#x; / đ??ż = 0.039 In una superficie d'acqua di 10,5 metri quadrati, si gira in breve tempo.
La figura 21 mostra un lungo dispositivo con đ?‘… = đ?‘&#x; = 0,80 metri. SarĂ testato in mare non appena sarĂ trovata una piccola nave adatta. In questo modo speriamo di vedere cosa si può ottenere su una nave in navigazione normale in mare aperto.
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Va sottolineato che pochissima forza è necessaria per spostare un galleggiante su una superficie assolutamente calma dell'acqua. Ad esempio, il modello indicato in fig. 20, che pesa 24 kg può essere spostato applicando su di esso una forza di 1 grammo. PoichÊ, come si è visto, il dispositivo testato ha la capacità di muovere un galleggiante, ne consegue che il dispositivo genera un effetto propulsivo anche quando la resistenza è molto bassa.
Test in immersione Questi test sono stati effettuati ponendo un dispositivo con due di massa su uno scafo immerso completamente, lungo 3,10 metri e largo 0,48 metri, con 2đ?‘?1 / đ?‘‘ = 2 x 4,90 / 470 = 0,208 e 2đ?‘&#x; / đ??ż = 0,18 / 3,10 = 0.116 . La velocitĂ risultante era molto bassa, ma era sufficiente a dimostrare che il dispositivo funziona anche quando è collocato su uno scafo completamente immerso. Tuttavia, a causa delle eccessive dimensioni del dispositivo, il suo peso, e la sua velocitĂ molto bassa, non si hanno applicazioni pratiche per la navigazione in immersione. Dobbiamo però aggiungere che le prove di immersione sono piuttosto difficili e che abbiamo dedicato loro molto poco tempo. Per lo studio della navigazione in immersione dobbiamo tornare in un altro momento.
Prove in aria Le prove sono state effettuate collocando un piccolo dispositivo con doppia massa su due palloncini riempiti di idrogeno, inserito in un telaio di legno molto leggero. I test sono stati eseguiti in una stanza chiusa con l'aria assolutamente immobile. Posto il dispositivo (Fig. 4) ad una estremità dei due palloncini con l'asse y orizzontale, ha fatto sÏ che i palloncini girassero attorno all’asse verticale. Con il dispositivo ruotato di 180 ° attorno all'asse y , i palloncini ruotano nella direzione opposto. Il dispositivo ha la capacità di impartire ai palloncini un movimento in avanti, ma ad una velocità molto bassa. Anche questi test erano molto difficile. Abbiamo dovuto evitare la formazione di correnti d'aria, eliminare le vibrazioni delle due palloncini, ridurre al minimo l'effetto propulsivo dell'apparato che suscita nell'aria, e limitare il peso dell'apparecchio per quanto possibile. I risultati di tali esami non permettono di prevedere applicazioni pratiche immediate dei dispositivi per la navigazione aerea, dal momento che anche in questo caso abbiamo dedicato alle prove un tempo piuttosto.
Prove in aria rarefatta Questi test sono stati effettuati con lo scopo di osservare l'influenza dell’aria sul funzionamento del dispositivo. Abbiamo realizzato un contenitore ermetico, di forma cubica, del quale ogni lato misura 60 cm. Con una pompa è stato creato in esso il vuoto, che è stata misurato per mezzo di una colonna di mercurio. Una asta verticale con una punta metallica era fissata sul fondo del contenitore. Attorno ad essa può ruotare un'asta orizzontale, portando un dispositivo ad una estremitĂ e collegamenti elettrici all'altra. Il baricentro đ??ş del complesso dispositivo-asta orizzontale-asta verticale, cade sulla verticale đ?‘¤ passando attraverso la punta (Fig. 22).
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Il risultato del test è stato che il dispositivo non è risultato influenzato dalla assenza di aria. Infatti, il dispositivo, a paritĂ di potenza del motore, ha ruotato sull’asta orizzontale con lo stesso numero di giri (i 24 precedenti) a pressione atmosferica, anche in un vuoto al 98,4%. Al posto del dispositivo abbiamo posto una piccola elica con dimensioni uguali a quelli del dispositivo. Abbiamo scoperto con ciò che l'elica, con la stessa potenza del motore utilizzato per il dispositivo, fa sĂŹ che l’asta ruota a 74 giri al minuto in presenza di pressione atmosferica; ma che nel vuoto sopra indicato, l'elica acquisisce un numero molto elevato di giri senza generare spinta, e l’asta avanza ancora. Il dispositivo fa ruotare l’asta, anche se il centro di gravitĂ đ??ş non cade sul đ?‘¤ verticale. Infatti, se đ?‘Œđ??ş è la distanza di đ??ş da đ?‘¤ , l’asta per đ?‘Œđ??ş = 0, 0 − 1, 6 − 3 e 2 cm completa rispettivamente 31, 31, e 26 giri al minuto. Il numero massimo di giri raggiunto dall’asta sono stati 61 rpm. PoichĂŠ la distanza del dispositivo dall'asse di rotazione era di 0,25 metri, ne consegue che la velocitĂ massima raggiunta dal dispositivo è stata 1,6 m / sec.
Test con il dispositivo sospeso da un filo
La figura 23 mostra l’asta đ?‘Ą orizzontale con un dispositivo đ??´1 e le pile (đ??´2 ) . Un recipiente đ?‘… avente sezione circolare contiene acqua in cui è posto un galleggiante đ??ş , anch’esso a sezione circolare. Un filo sottile đ?‘“ sospende l’asta al galleggiante. Azionando il motore del dispositivo, l’asta comincia a ruotare, e per mezzo del filo, impone anche al galleggiante di ruotare. In tal modo sia l’asta che il galleggiante girano lentamente nella stessa direzione con continuitĂ .
Prove di movimento su ghiaccio secco o su lastra di ardesia orizzontale Come è noto, secondo i principi della meccanica, un corpo non sottoposto ad alcuna forza o rimane fermo o si muove ad una velocità uniforme. In pratica accade che un corpo messo in moto da una spinta iniziale, rallenta gradualmente a causa dell'attrito, e si ferma. Tuttavia, se l'attrito è molto piccolo, il corpo è in grado di mantenere una velocità costante per un tempo abbastanza lungo.
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Al fine di creare in laboratorio un movimento con attrito molto basso, siamo ricorsi a dei piccoli pezzi di ghiaccio secco lisci su una lastra orizzontale che è stata altrettanto accuratamente levigata. L'attrito che ne derivava era, in effetti, molto basso. Infatti, un pezzo di ghiaccio secco spinto da un soffio leggero dell'aria, può eseguire la lunghezza della lastra praticamente con una velocità uniforme. Il vetro è meno adatto dell ardesia, perché il ghiaccio che si scioglie a poco a poco si attacca al vetro molto facilmente. Il coefficiente di attrito per il ghiaccio secco in movimento su una lavagna levigato, negli esperimenti da noi espressamente effettuati, è pari a circa 0.001. Come si ricorderà, il coefficiente di attrito per l'acciaio sul ghiaccio, come indicato dai manuali, è 0,01. Un dispositivo con due masse, con un peso complessivo di 140 grammi, è stato sperimentato, collocato su di un telaio in legno chiaro, su quattro piccoli pezzi di ghiaccio secco collocati su una lastra accuratamente liscia lunga 3,20 metri e larga 0.50 metri. Sono state effettuate numerose prove in maniera sistematica con il dispositivo che percorre la lastra in tutte le direzioni. Le prove sono state ripetute anche con un altro dispositivo dal peso di 120 grammi. Il risultato finale di questi test è stato che il dispositivo così conformato, a seconda del modo in cui il dispositivo è stato orientato sulla lastra: (a) avanza sulla lastra con moto rettilineo e uniforme, (b) si gira a destra, (c) si gira a sinistra, (d) lanciato a bassa velocità dalla estremità A a B all'altra estremità della lastra, ad un certo punto si ferma e torna indietro. Come è risultato evidente, una resistenza di attrito che è dell'ordine di millesimi di grammi non ostacola il funzionamento dell'apparato. Va notato che in quest'ultimo caso, sia l'azione dinamica delle masse rotanti che montate sul telaio che la resistenza di attrito, sono diretti nella stessa direzione: da B verso A.
Grafico dello spostamento in avanti del dispositivo Un grande foglio di carta è stato disposto sul pavimento, e su di esso è stato fatto avanzare il dispositivo (Fig. 9), portando un pennarello per scrivere sulla carta. Il pennarello era più o meno in corrispondenza della verticale passante attraverso il baricentro del dispositivo. Il dispositivo è stato testato sia con una massa che con due masse, a diverso numero di giri. La traiettoria descritta dal pennarello, nei vari casi, è mostrata in fig. 24 Abbiamo:
(1) (2) (3) (4)
one arm and one arm and one arm and one arm and
N = 150 N = 200 N « 224 N = 318
(5) (6) (7) (8)
two arms and N = two arms and N = two arms and n = two arms and N =
132 170 210 250
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E chiaramente da notare che per ogni giro dell'albero motore, abbiamo un movimento in avanti (đ?‘ 1 ) e un movimento all'indietro (đ?‘ 1′ ) del dispositivo. Il secondo è molto piĂš piccolo del primo, per esempio, si ha: (đ?‘ 1′ ) /đ?‘ 1 = 0,10 per N = 200 e un dispositivo con un braccio (đ?‘ 1′ ) /đ?‘ 1 = 0,25 per N = 224 e un dispositivo con un braccio (đ?‘ 1′ ) /đ?‘ 1 = 0,27 per N = 250 e un dispositivo con due bracci Grafico utilizzando un Oscillografo Al fine di completare la serie di esperimenti, si è ritenuto opportuno avere un grafico della variazione di N e della potenza del motore durante una rotazione dell'albero motore di 360 °. Sono stati utilizzati Oscillografi Siemens e complessivamente sono stati effettuati otto grafici di tensione, corrente e N con dispositivi ad una massa o due masse. La Figura 25 mostra uno di questi grafici. Ăˆ stata effettuata sul dispositivo indicato in fig. 9, fissato al pavimento, e caratterizzato da una singola massa rotante.
20
Nella ascissa abbiamo l'angolo di rotazione đ?œƒ dell'albero motore e in ordinata N , il voltaggio V e la corrente I , misurata sui morsetti del motore. Per passare dalla potenza đ?‘‰đ??ź in ingresso a quella misurata sull'albero dell'eq. (4), è stato necessario rimuovere da l đ?‘‰đ??ź della potenza assorbita da tutte le resistenze passive e moltiplicare la potenza che rimane per il rendimento del motore. La potenza assorbita dalla resistenza passiva era 9 watt. Per đ?œƒ = 0 e per đ?œƒ = 2đ?œ‹ abbiamo đ?‘‰ = 26 v , đ??ź = 0,46 amp, e đ?‘‰đ??ź = 11.96 w . La potenza corrispondente sul dispositivo è di 2.96 w. Nei punti đ?œƒ = 0 e đ?œƒ = 2đ?œ‹ abbiamo đ?‘ = 1.42 / đ?‘ đ?‘’đ?‘? e al massimo 2,22 / đ?‘ đ?‘’đ?‘? . Il valore medio misurato da un tachimetro durante la prova è stato di Ă‘ = 95 / đ?‘šđ?‘–đ?‘› = 1.58 / đ?‘ đ?‘’đ?‘? . Il periodo corrispondente đ?‘‡ = 0,6316 / đ?‘ đ?‘’đ?‘? . Con questo valore di đ?‘‡ , Eq. (7) si ha đ??¸ = 0,1828 đ??žđ?‘”đ?‘š . Avendo nel dispositivo đ?‘… = 0.20 đ?‘š , đ?‘&#x; = 0,15 đ?‘š , đ?‘? = 0,200 đ?‘˜đ?‘” , ed â„Ž = 2.15 , è stato possibile calcolare con Eq. (6) la velocitĂ angolare đ?œ” .
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Nella Fig. 26 i valori di đ?œ” ottenuti durante la prova sono indicate con (+) e quelli calcolati con l'eq. (6) sono indicati con (o). Volevamo vedere il contributo dato dal đ?‘?đ?‘§ e 1â „2 đ??˝đ?œ”2 per i valori di đ??¸ e di đ?œ” . In Eq. (6) , ponendo đ?‘?đ?‘§ = 0 si produce una curva indicata con (•) , e ponendo â„Ž = 0 la curva indicata con (Δ) . I valori di đ??¸ sono 0,1666 kgm nel primo caso, e 0,0927 kgm nel secondo. Per đ?‘… = đ?‘&#x; , â„Ž = 0 , đ?œ” = 180 ° , dalla Eq. (6) si ottiene đ?œ” = ∞ .
Considerazioni sui dispositivi testati Il primo dispositivo che ha prodotto il massimo interesse è quello indicato in fig. 5. Infatti, è perfettamente bilanciato, si muove in avanti sul pavimento, e si arrampica un piano inclinato. Un piccolo dispositivo di questo tipo, tenuto in mano, dĂ prova evidente della possibilitĂ che ha per generare una spinta propulsiva notevole per ogni giro dell'albero motore. Tuttavia, questo dispositivo non funziona in acqua o nell'aria, nĂŠ quando è sospeso da un filo, e neanche su piccoli blocchi di ghiaccio secco che sono liberi di muoversi su una lastra orizzontale. Quando il dispositivo è posizionato su un modello di una nave, ad esempio, fa sĂŹ che il modello vada avanti e indietro, mentre il centro di gravitĂ del modello rimane nella stessa posizione. Il dispositivo, quindi, funziona solo se esiste un opportuno valore di resistenza di attrito; se questa resistenza è troppo bassa o inesistente, il dispositivo non funziona. Per dare una spiegazione di questo, è necessario prendere in considerazione solo la derivata della quantitĂ di moto (Fig. 8). PoichĂŠ l'area di questo schema è zero, ne consegue che, se non c'è attrito, il dispositivo va avanti e indietro; se c'è attrito, lineare o non, il dispositivo acquisisce un movimento in avanti. Infatti, se la resistenza di attrito è rappresentato da linee + đ?‘…đ?‘Ž , e −đ?‘…đ?‘Ž come indicato in fig. 8, allora il dispositivo avanza ma non va indietro. Questo perchĂŠ il diagramma della forza che spinge il dispositivo indietro è sempre inferiore alla resistenza di attrito, mentre nel frattempo il punto del diagramma della forza che spinge in avanti il dispositivo è superiore alla resistenza di attrito. Il dispositivo, in corrispondenza di questo punto, subisce uno scatto in avanti. Se invece la resistenza di attrito è molto basso, le due linee + đ?‘…đ?‘Ž , e −đ?‘…đ?‘Ž che lo rappresentano sono molto vicino all'asse đ?‘Ą , in modo che le due aree del diagramma rimangono sostanzialmente uguali tra loro, e il dispositivo non avanza. Il dispositivo cosĂŹ definito rimane, sia nel suo funzionamento che nelle sue applicazioni pratiche limitate. Questa conclusione non può essere estesa ai dispositivi indicati nelle Figg. 2 e 3. Essi, infatti, funzionano anche con un attrito molto basso, come si può vedere nelle prove in acqua e ghiaccio secco. D'altra parte, se si analizza la traiettoria o il movimento in avanti del dispositivo (Fig. 27) dedotta dalla fig. 24,
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è chiaramente indicato che quando la massa raggiunge il punto đ?‘ƒ1 e rimane lĂŹ immobile, il dispositivo si sposta di + đ?‘†1 ; quando la massa è nei rimanenti punti della traiettoria, il dispositivo va avanti e indietro; quando la massa torna a đ?‘ƒ1 c'è di nuovo lo spostamento + đ?‘†1 ; e cosĂŹ si muove in avanti. La traiettoria del moto del dispositivo si compone quindi di due parti: una chiusa, in cui il dispositivo completa un movimento di avanti e indietro, e l'altra aperta, dando prova del movimento in avanti del dispositivo. Sembra molto difficile dare una spiegazione a questo movimento in avanti. Da un lato, abbiamo prova definitiva che il dispositivo avanza, anche in presenza di una quantitĂ estremamente piccola di attrito; dall'altro, abbiamo il teorema del moto del centro di gravitĂ , che esclude la possibilitĂ del dispositivo di avanzamento, a meno che vi sia una resistenza di attrito. Nessuna forza "interna" e nessun meccanismo "interno", semplice o complesso, possono influenzare il movimento del centro di gravitĂ . La spiegazione del movimento in avanti alla fine sarĂ trovato. Ciò che è necessario è un esame approfondito del funzionamento del dispositivo, sia dal il punto di vista teorico che sperimentale. Per quanto riguarda il punto di vista teorico, sarĂ necessario essere in grado di formare le equazioni generali per il movimento del dispositivo, per ritrovare la traiettoria indicata in fig. 27, e per dimostrare che lo spostamento + đ?‘†1 cessa di esistere se viene effettuata una mancanza di resistenza di attrito a causa del contatto del dispositivo con la superficie del supporto. Per quanto riguarda il punto di vista sperimentale, si tratta di trovare un test di laboratorio in cui la resistenza di attrito sia abbastanza piccola per rimuovere la possibilitĂ che il dispositivo possa spostarsi. Per ora, abbiamo stabilito il fatto che un veicolo, per mezzo di un meccanismo "interno", può muoversi in presenza di un attrito minimo.
CONCLUSIONI Durante i test che sono stati fatti, i migliori risultati sono stati ottenuti con il dispositivo indicato in fig. 3; cosĂŹ, abbiamo intenzione di fare riferimento a questo dispositivo nelle nostre considerazioni di sintesi finale. 1. Il dispositivo, come si è detto, non genera una spinta continua, come avviene ad esempio nel caso di un propulsore, ma produce due effetti propulsivi per ogni giro dell'albero motore. Nell'intervallo tra un effetto propulsivo e l'altro, il dispositivo subisce la reazione del veicolo che riceve la spinta. Ne consegue che il funzionamento del dispositivo dipende dal tipo di veicolo, e dalla luogo e dal modo in cui viene posizionato sul veicolo. 2. Il numero di giri del motore non può essere aumentata notevolmente, perchĂŠ oltre un certo valore il dispositivo inizia a saltare sul piano di appoggio, e la potenza assorbita è quindi dispersa in vibrazioni. 3. Fino ad oggi, non è stato possibile combinare piĂš di due masse rotanti in modo da poter avere piĂš di due effetti propulsivi per ogni giro dell'albero motore. Anche dopo aver riconosciuto la grande importanza che avrebbe per la risoluzione di questo problema, siamo stati in grado di dedicare solo un tempo piuttosto limitato ad esso. 4. Il dispositivo genera vibrazioni che possono essere tollerabili sulle navi e galleggianti in genere, ma piuttosto sgradevoli in veicoli terrestri. Ăˆ necessario prevedere una disposizione dei meccanismi in grado di assorbire le vibrazioni. Nel caso di automobili, se il dispositivo è collegato all'asse delle ruote posteriori, è necessario prevedere una disposizione di ammortizzatori che permetta di passare le vibrazioni dall'asse delle ruote al telaio.
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5. Il peso e le dimensioni del dispositivo possono costituire un grave ostacolo per l'uso sulle navi. Esso dipende dalla velocità che deve raggiungere. Se ci si limita alla velocità minima necessaria per spostare una nave in porto, con un mare calmo e senza vento, il peso e le dimensioni del dispositivo possono essere tollerabili. Indicazioni numeriche relative a questo problema potranno essere ottenuti solo dopo aver test effettuati su alcune navi. 6. Non abbiamo effettuato alcun test di dispositivi immessi su scafi in movimento per vedere se un dispositivo produce un movimento in avanti anche quando lo scafo ha l'elica in azione, o se produce il suo moto di rotazione, anche quando lo scafo ha l'elica da sola o l'elica e il timone in azione. Queste sono prove che sarebbero di grande interesse per l'applicazione pratica del dispositivo. Se l'esito dei test fossero soddisfacenti, l'uso del dispositivo potrebbe diventare utile anche solo per il contributo reso a sostegno del timone. Queste prove devono essere eseguite, naturalmente, su una nave in condizioni di navigazione normali. 7. Non è stato possibile per noi condurre ricerche su traiettorie differenti da quelli indicati in precedenza; per esempio, traiettorie che siano meno complicate e più efficienti. Avendo visto sin da subito che, anche con determinati limiti, esisteva la possibilità di spostamento di un veicolo in una direzione desiderata, facendo ruotare una massa all'interno di esso, noi ci siamo dedicati esclusivamente alla realizzazione di una vasta serie di test allo scopo di dare una prova definitiva dell'esistenza di questa possibilità. Noi siamo della convinzione che ciò che è di interesse è principalmente la costruzione di prove per un dato fenomeno. Se risulta utile per applicazioni pratiche, le modifiche necessarie si trovano sempre al fine di eseguire il fenomeno nel miglior modo possibile. Infine, vorremmo precisare che il presente lavoro è originale e che i dispositivi in esso descritti sono brevettati.
DISCUSSIONE Prof, M. Poreh Technion-Israel Institute of Technology Hafia, Israele
L'effetto di propulsione di alcuni movimenti instabili di una massa all'interno di un sistema chiuso con confini rigidi sembra, a prima vista, sorprendente e contraria a leggi fisiche. Il fenomeno non è nuovo, però. Il "Mexican jumping bean" è solo un esempio di un movimento causato da una accelerazione polarizzata. L'attrito è il fattore dominante in tutti gli esperimenti del Prof. Di Bella. In alcuni di essi, il coefficiente di attrito è molto piccolo, ma lo è anche la potenza necessaria per mantenere il moto.
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RISPOSTA A DISCUSSIONE Prof. Alfio Di Bella Vorrei ringraziare il Prof. Poreh per il suo contributo alla discussione e di scrivere qui alcune mie considerazioni. Per dimostrare che i risultati delle prove dei miei dispositivi sono in accordo con i principi della meccanica non è necessario tracciare un'analogia con gli insetti larvali; basta ricordare questi principi. Il capitolo riguardante il moto di qualsiasi sistema materiale è trattato in maniera classica nella Meccanica Razionale che afferma: " Il baricentro del sistema si muove come un punto materiale che ha per massa quella totale del sistema, e che risulta essere soggetto a delle forze uguali e parallele alle forze esterne”. Possiamo vedere quindi che qualsiasi condizione di forza è accettabile, purché sia "esterna". I risultati delle prove dei miei dispositivi sono stati ottenuti in presenza di forze esterne. Infatti: - Nei test su ghiaccio secco, la resistenza di attrito è il fattore dominante; è molto piccola (praticamente trascurabile), ma non strettamente pari a zero. - Nei test in acqua la pressione dell'acqua che agisce contro lo scafo è il fattore dominante. - Nei test in aria la pressione contro il palloncino su cui è collocato il dispositivo è il fattore dominante. Per queste ragioni il funzionamento dei dispositivi segue i principi meccanici classici, e il fattore dominante nei miei esperimenti non è il coefficiente di attrito da solo. Tuttavia, sarebbe interessante conoscere i valori minimi delle forze esterne necessarie per impedire al dispositivo di funzionare. Teoricamente questo potrebbe essere fatto scrivendo le equazioni del moto del dispositivo; e in modo pratico, effettuando test in presenza di forze esterne che diminuiscono gradualmente fino a zero. Per quanto riguarda la potenza assorbita dal dispositivo, non è stato possibile individuare sperimentalmente se la potenza diminuisce con le forze esterne. Il dispositivo da 140 grammi funziona con la stessa piccola batteria sia in ghiaccio secco che su un tavolo di legno. Dobbiamo ricordare, tuttavia, che il dispositivo è soggetto a vibrazioni e urti sulla struttura di supporto. Al momento, è difficile dire quanta potenza è assorbita e distribuita dal dispositivo.
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DATA 17/05/1954
ARTICOLO GIORNALE DE POPOLO di Bergamo 17 maggio 1954
Interessante esperimento di un ingegnere di Albino Come annunciato, si sono oggi dato convegno ad Albino numerosi studiosi del circolo psicobiofisico milanese "Il Crogiuolo" che, accompagnati dal concittadino ing. Todeschini, hanno voluto assistere al funzionamento di un apparecchio ideato dallo stesso e costruito dal tecnico albunese signor Fagioli. Si tratta, per sommi capi, di uno speciale meccanismo che riproduce i movimenti dei neutroni attorno al nucleo centrale di un atomo, ottenendo, artificialmente, come risultato la forza di gravità. Infatti una piccola stadera posta sotto l'apparecchio accusa il peso prodotto dall'insieme di diversi movimenti. L'esperimento ha suscitato vivo interesse e molta curiosità per i risultati veramente importanti ottenuti in sede sperimentale e la cosa avrà certamente seguito negli ambienti tecnici nazionale ed esteri, data la presenza di alcuni ingegneri stranieri. Il gruppo di circa quaranta persone, provenienti da Bergamo e da Milano, è stato ricevuto nella sala consigliare del Comune dal vicesindaco signor Cuminetti, dal Signor Calura e dall'assessore signor Cedro. A nome del sindaco, il signor Cuminetti ha rivolto ai presenti parole di benvenuto. E' stato poi offerto un cocktail al quale hanno partecipato anche le signore dei convenuti, la moglie dell'ing. Todeschini con la figlia Antonella, infaticabile segretaria del padre. Il luogo dell'esperimento era situato qualche chilometro fuori dal paese, in una casetta in mezzo ai campi dove in una piccola officina d'artigiano è stato messo a punto un meccanismo che rivoluzionerà diverse teorie e potrà avere applicazioni impensate.
17/05/1954
L’ECO DI BERGAMO di Bergamo 17 maggio 1954
La Teoria delle Apparenze sottoposta a una prova con un modello atomico L’interessante esperimento eseguito di fronte ad un gruppo di scienziati convenuti ad Albino dopo una visita alla città Invitati dal Movimento Pontificio «S. Marco» sono convenuti a Bergamo nella festività di ieri studiosi del circolo scientifico «Il Crogiuolo» di Milano. I graditi ospiti accolti al loro arrivo dal Presidente del Movimento bergamasco psicobiofisico, l’ing. Todeschini e dal comm. Albergoni che gentilmente ha offerto loro un rinfresco, si sono portati in Città Alta dove lo scultore Ajolfi, all’uopo delegato dall’Ente Turismo, ha loro ampliamente illustrato le bellezze del centro artistico di Piazza Vecchia. Successivamente il gruppo si è spostato in Colle Aperto ed è stato accolto nella sede del Ducato di Piazza Pontida. Simpaticissimo è riuscito il signorile ricevimento nella caratteristica taverna, dove il Serenissimo Duca, comm. Lodovico Quadri, contornato dalla sua corte, ha porto il benvenuto con la sua nota bonaria cordialità. L’avv. Riva poi ha rivolto ai
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DATA
ARTICOLO milanesi con la sua arguta e brillante esposizione parole miranti a valorizzare al massimo i motivi superiori nella ricerca scientifica. Nel pomeriggio gli studiosi si recavano ad Albino, dove il Sindaco li accoglieva con squisita ospitalità e venivano accompagnati presso il laboratorio tecnico del sig. Fasoli, per assistere all’esperimento dell’ing. Todeschini. L’ingegner Todeschini infatti aveva costruito un apparecchio per dimostrare con una prova sperimentale la genesi della famosa forza di gravità secondo la sua ben nota Teoria delle Apparenze. Nella concezione Todeschiniana del mondo fisico le masse rotorivoluenti sia nel mondo macroscopico che in quello microscopico, essendo immerse in un etere fluido, producono le forze e le spinte che a noi appaiono. Così l’ingegner Todeschini oltre ad aver dimostrato con tutti i procedimenti matematici come la concezione spazio dinamica dell’universo dia tutti i risultati rilevati sperimentalmente, ha anche costruito apparecchi che, dandoci il modello atomico della materia ci dimostrano più evidenti i risultati. L’apparecchio presentato ieri al gruppo di studiosi convenuti ad Albino consisteva appunto in un modello atomico e le masse che rotorivoluivano a velocità fortissima spinte da motorini elettrici ad elevatissimo numero di giri, davano spinte rilevabili con misurazioni, dimostrando così la concezione spazio dinamica dell’Universo. L’esperimento riuscitissimo ha lasciato entusiasti gli studiosi convenuti i quali si sono ripromessi di ritornare sull’argomento nei prossimi convegni.
23/05/1954
LA DOMENICA DEL POPOLO di Bergamo 23 maggio 1954 GUIDATA DALL’ING. TODESCHINI
Importante riunione ad Albino del circolo scientifico “Il Crogiuolo„ Presso l’eremo del nostro Pietro Fasoli, il noto dilettante- studioso di meccanica, sono convenuti domenica una quarantina di scienziati di fisica appartenenti al Circolo scientifico «Il Crogiuolo» di Milano e a quello biofisico di Bergamo. Erano guidati dal noto ing. Marco Todeschini. Scopo: con un apparecchio – modello atomico – disegnato dall’ing. Todeschini e costruito da nostro buon Fasoli si è potuto esperimentare la genesi della famosa forza di gravità secondo la ben nota teoria delle Apparenze dell’ingegnere stesso. L’apparecchio presentato al gruppo di studiosi convenuti nella minuscola officina del Fasoli, posta a destra di chi sale la provinciale dopo l’abitato di Comenduno, consisteva appunto in un modello atomico e le masse che rorivoluivono a velocità fortissima spinte da motorini elettrici ad elevatissimo numero di giri, davano le spinte rilevabili con misurazione, dimostrando così la concezione spazio dinamica dell’universo. L’esperimento riuscitissimo ha lasciato entusiasti gli studiosi convenuti i quali pensano che l’applicazione della nuova invenzione rivoluzionerà molte teorie con impensate applicazioni.
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DATA
ARTICOLO In precedenza la comitiva di scienziati era stata ricevuta in Municipio dove l’assessore delegato sig. Battista Cuminetti, in assenza del Sindaco, aveva porto il saluto e l’augurio di Albino.
30/04/1967
CORRIERE DELLA SERA di Milano 30 aprile 1967 PRESENTATO AD UN GRUPPO DI GIORNALISTI
Nuovo sistema propulsivo inventato da un Professore a Genova Con esso di potranno far muovere le navi anche di lato - Previsto un'utile applicazione anche per parcheggiare le automobili - L'inventore è il professor Di Bella, titolare della cattedra di architettura navale Una tavoletta di legno munita di uno speciale apparecchietto mosso da un motorino elettrico a pila, ma assolutamente privo di ruote o di ventose, si arrampica abbastanza disinvoltamente lungo una lastra di vetro inclinata a sessanta gradi. Un barcone lungo otto metri, dotato dello stesso apparecchio (più grande naturalmente), ma privo di elica trasporta undici persone a mezzo nodo di velocità. Vuoto, raggiunge tre quarti di nodo. Una vecchia "1100", col medesimo apparecchio applicato sotto il bagagliaio ed azionato dalla batteria del motore, si sposta lateralmente. Sono queste le prime applicazioni sperimentali di un nuovo sistema propulsivo che è stato presentato stamane ad alcuni giornalisti dal suo ideatore, il professor Alfio Di Bella, titolare della cattedra di architettura navale dell'università di Genova, il quale, in cinque anni di ricerche è riuscito a sfruttare gli effetti propulsivi dì una massa rotante, con un sistema veramente semplice. Cerchiamo, per quanto possibile, di capire come funziona. Un'automobile cammina perché le ruote, azionate dal motore, fanno attrito sul selciato; una nave procede perché l'elica spinge indietro una certa massa d'acqua; un' aereo è spinto in avanti perché le eliche o il getto di un reattore spingono indietro una certa massa d'aria. L'elica, come diceva Leonardo, ruotata "prestamente si fa femmina nell'aria". L'apparecchio del professor Di Bella - che è già stato brevettato in Italia e in Francia, ed è allo studio in varie università italiane - prescinde, invece, dall'attrito delle ruote sull'asfalto o dalla massa di fluidi (acqua o aria) spinti da eliche o "jets". L'apparecchio del professor Di Bella - come ha rilevato io stesso studioso - sembra pertanto rivoluzionare alcune leggi della meccanica come ad esempio il "teorema del moto del baricentro''. Secondo questo teorema un corpo non può muoversi se non spinto da una forza esterna, "In realtà - ha osservato invece il professor Di Bella - il mio apparecchio funziona applicando rigorosamente i principi della meccanica". Esso si compone di un albero poggiante su due supporti, fatto girare da un motore che aziona un sistema di ingranaggi del tutto simile a quello del differenziale di una automobile. Al posto dei semiassi, per restare nel paragone, ci sono delle braccia che portano all'estremità delle piccole masse di piombo. Facendo ruotare il sistema, si ottiene una discreta forza centrifuga, "vi è un istante della rotazione - spiega il professor Dì Bella - nei quale le masse si fermano e, in quel momento,
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ARTICOLO restituiscono una parte dell'energia assorbita che va a scaricarsi sui supporti del sistema. Orientando opportunamente le masse, si può ottenere una spinta in una certa direzione predeterminabile". Nelle vasche dell'istituto di architettura navale si possono vedere numerosi modelli di navi, prive dì elica e di timone, che possono compiere qualsiasi evoluzione, in avanti, indietro, virate a dritta o a sinistra o quegli spostamenti laterali che finora le navi hanno sempre dovuto compiere con l'aiuto di rimorchiatori o con gli argani di bordo dopo aver assicurato delle cime alla banchina. La prima idea del suo sistema propulsivo venne al professor Di Bella cinque anni fa, partendo dal principio che le forze centrifughe possono assumere valori grandissimi anche con piccole masse e si propose di sfruttarlo. Lo aiutarono alcune considerazioni apparentemente banali: stando seduti su una sedia, coi piedi sollevati dal pavimento, dando un colpo di reni, sì può ottenere che essa si sposti. Se una vettura è su un lieve pendio, basta un leggero movimento del guidatore perché essa vinca gli attriti e si muova. Questa spinta può essere fornita in misura considerevole dalle braccia rotanti con il sistema che si è detto. Su questi studi il professor Di Bella ha ora preparato una memoria che sarà fra breve pubblicato da una rivista scientifica. Le principali applicazioni del nuovo sistema, secondo l'ideatore, si potrebbero avere in campo navale, non tanto per la normale propulsione della nave, quanto per le manovre, con la sostituzione parziale o anche totale del timone. Oppure per natanti, come le chiatte, che operano a basse velocità nei porti e sono soggetti a continue e complesse evoluzioni. In campo terrestre, almeno finora, è pensabile una utilizzazione sulle automobili per i parcheggi. Per ora l'obbiettivo più vicino del professor Di Bella è quello dì ottenere una vecchia nave sulla quale poter compiere esperimenti e per studiare ed eliminare in pratica certi difetti secondari e cioè le forti vibrazioni che il sistema produce. Gianni Migliorino
16/05/1967
IL CORRIERE DELLA SERA di Milano 16 maggio 1967
Singolari esperimenti nella vasca navale dell'università di Genova Navi più agili nei porti con la propulsione a masse rotanti. L'invenzione del professor Alfio Di Bella - Tra breve le prove nel mare della Liguria Il mondo scientifico che si occupa dei fenomeni della meccanica, soprattutto in rapporto alla propulsione dei veicoli, è a rumore in questi giorni per la singolare invenzione di un professore di Genova, il quale ha ideato e costruito uno straordinario dispositivo che consente spinte di notevoli entità, prescindendo completamente da tutti i sistemi finora in uso e che noi siamo abituati a vedere sulle nostre auto, sulle navi, sugli aerei. L'apparecchio del professor Alfio Di Bella - questo il nome dell'inventore, titolare della cattedra di architettura navale (teoria della nave) dell'ateneo genovese - si basa sulla rotazione intorno a due assi perpendicolari l'uno all'altro di una massa sbilanciata. La massa rotante, per le note leggi della meccanica, è così sottoposta
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ARTICOLO alla forza centrifuga, che è tanto più grande, quanto più elevata è la velocità di rotazione. Il movimento è realizzato in modo tale che ad un certo punto e in un certo istante la velocità periferica della massa diventa nulla. In quello stesso momento buona parte dell'energia accumulata dalla massa per effetto della rotazione viene restituita al sistema sotto forma di azione dinamica: in altre parole si ha una vera e propria spinta. "Tutto - mi dice il professor Di Bella cominciò cinque anni fa. Stavo studiando un modello di 'hover-craft' (il veicolo che, come è noto, si sposta in terra e sull'acqua librato sopra un cuscino d'aria) e riflettevo sull'enorme quantità di energia che noi siamo costretti a erogare per ottenere che un veicolo si sposti, qualunque esso sia. Mi domandavo se c'era la possibilità di trovare un qualunque altro sistema propulsivo, un sistema che ad esempio sfruttasse l'azione dinamica di grande valore che si ottiene per mezzo della forza centrifuga quando una massa, anche piccola, viene fatta ruotare velocemente. Non so quanti prima di me abbiano avuto questa stessa idea, ma certo il problema deve essere apparso insolubile così come lo sembrò a me per molto tempo. Pensavo a questa cosa giorno e notte, finché una domenica mattina, mentre mi facevo la barba, ebbi la soluzione. Avrei fatto ruotare la massa in modo da farle descrivere nello spazio una traiettoria simile alla curva che I matematici conoscono come l'ipopeda di Eudosso. Mi misi al lavoro. Feci qualche calcolo, gettai uno schizzo sulla carta e costruii un primo rudimentale apparecchio. Il risultato fu un pò deludente; lo strumento dava vibrazioni di grande intensità, ma spinte dinamiche in senso traslatorio non ne vedevo. Quel primo dispositivo però mi dette anche la prova che la mia idea non era sbagliata. Perfezionai lo strumento e finalmente ottenni il risultato sperato. La massa in rotazione descrive ora una traiettoria simile ad un otto iscritto in una semisfera." Questo lo scarno racconto del professor Di Bella, un uomo giovane e gioviale che dimostra almeno dieci anni di meno dei cinquantanove che ha. Laureatosi in ingegneria navale meccanica ne divenne libero docente nel '42 e dopo aver operato a La Spezia nella marina militare come addetto al Centro Studi e ricerche dell'Ansaldo, diventò assistente e incaricato. Ebbe la cattedra nel 1949. L'Università di Genova è una delle più antiche e gloriose scuole del mondo per le costruzioni navali. Di Bella vi ha dedicato la vita. Per l'amore dei suoi studi non si è nemmeno sposato. A lui si deve fra l'altro la creazione di quella vasca navale unica al mondo per la prova dei modelli di navi in acqua corrente o agitata da moto ondoso, che ora ho davanti. Praticamente l'apparecchio di Di Bella è formato da un albero munito di un sistema di ingranaggi assai simile ad un mezzo differenziale di automobile con la particolarità che al posto dei semiassi si trovano due asticelle all'estremità delle quali sono solidamente fissate le masse di rotazione (due pezzi di piombo). Il tutto azionato da un motorino elettrico. In un istante della loro traiettoria (il segreto sta appunto nella particolare curva che descrivono) le due masse si trovano a turno ad avere una velocità periferica nulla. E' allora che forniscono al sistema la spinta, scaricando l'energia accumulata precedentemente per effetto della rotazione. Ne risulta un movimento traslatorio a piccoli scatti che possono essere avvicinati nel tempo l'uno all'altro, aia aumentando il numero di giri, sia con altri accorgimenti in modo da evitare al massimo le vibrazioni che ne derivano. Ora lo studioso, dopo aver brevettato la sua invenzione in Italia, in Germania, in Francia ed in altre nazioni (un brevetto è in corso negli Stati Uniti) ha ottenuto la
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ARTICOLO possibilità di compiere prove non più sui modellini della sua vasca (fra l'altro egli ha montato un apparecchio su una vecchia millecento che si sposta curiosamente di lato come spinta da una mano invisibile, insperato aiuto, ad esempio, per i parcheggi difficili), ma su battelli veri, nelle acque della Liguria. Per quanto riguarda le esperienze fatte ecco i risultati più significativi: una barca di quattro metri e di 50 chilogrammi si sposta alla velocità di mezzo nodo con una massa rotante di un chilo, azionata da un motorino da 25 watt, un valore di potenza simile a quello di una lampada da tavolo; un modello di nave lungo un metro e sessanta con masse da 10 mgrammi e un motorino da 12 watt ruota di 360 gradi in un senso o nell'altro in 25 secondi; un barcone di otto metri e di mezza tonnellata viene spinto alla velocità di tre quarti di nodo con masse rotanti di appena nove chilogrammi. In similitudine una nave di mille tonnellate e di cento metri di lunghezza potrà muoversi alla velocità di due nodi e mezzo. Vi sono poi decine di altri modelli che funzionano su terreno pianeggiante, su piani inclinati o in aria. Ecco perché già si può pensare alle applicazioni per manovre nei porti senza bisogno dei rimorchiatori: ecco perché tecnologici d'industria ed armatori si stanno interessando alla scoperta di Di Bella. Sul piano scientifico il funzionamento del nuovo apparecchio si può spiegare con le leggi della meccanica classica che legano lo spostamento del baricentro di un corpo all'attrito del mezzo (terreno, acqua, aria) nel quale esso si trova. Se l'attrito venisse a mancare il baricentro del veicolo dovrebbe rimanere fermo. Se per caso, tanto per intendersi, il dispositivo di Di Bella potesse funzionare in un sistema isolato, esempio in un veicolo spaziale, allora ne risulterebbe che le leggi della meccanica non sarebbero più valide a spiegare il fenomeno. Ma di questa eventualità e di questi argomenti il professor Di Bella non ritiene che sia ora il caso di parlare. Quello che ora gli interessa è di perfezionare sempre più il suo dispositivo e di vederlo applicato utilmente il più presto possibile. Fra l'altro c'è da dire che l'apparecchio Di Bella non ha nulla da spartire con le cosiddette "macchine vibranti" (se pensi alla sveglia che balla sul comò o alla lavatrice sbilanciata) tantoché, ad esempio, ai natanti, il professor Di Bella è già riuscito ad eliminare quasi completamente le vibrazioni. Difficoltà ne ha avute? "Immense" - mi risponde il professor Di Bella - ma non serve parlarne. (Ci fu chi lo accusò perfino di avere inventato il moto perpetuo. Qualunque studioso al suo posto - prosegue - le avrebbe avute ugualmente. Ora però, che i più increduli fra i miei colleghi si ricredono basta che osservino il mio apparecchio in funzione": gli effetti repulsivi di una massa rotante (come egli ha intitolato una memoria scientifica a proposito) sono una realtà. Giancarlo Masiero
28/05/1967
GIORNALE DI BERGAMO 28 maggio 1967 Lo scienziato bergamasco l'ha brevettato e costruito fin dal 1928
MARCO TODESCHINI RIVENDICA L'INVENZIONE DEL MOTORE A FORZA PROPULSIVA CENTRIFUGA Si tratta di un apparecchio - sostiene il Todeschini - identico a quello ideato e costruito dal professor Alfio Di Bella, titolare della cattedra di architettura
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ARTICOLO dell'Università di Genova, che costituisce "un nuovo sistema propulsivo a masse rotanti" applicato su modellini di navi Con una sua lettera al nostro Giornale lo scienziato bergamasco, prof. Marco Todeschini, rivendica a sé l'invenzione del motore a forza propulsiva centrifuga da lui brevettato e costruito sin dal 1928, perfezionato in seguito e nuovamente brevettato nel 1937. La rivendicazione è fatta dal Todeschini, con garbo ma con tutta decisione, e soprattutto con larga documentazione, dopo che i giornali hanno dato con rilievo notizia recentemente di un "nuovo" apparecchio ideato e costruito a Genova. Ecco il testo della lettera: Signor Direttore, In due articoli apparsi sul Corriere della Sera, rispettivamente il 30 aprile u.s. ed il 16 corrente, è stato riferito che il prof. Alfio Di Bella, titolare della cattedra di architettura navale all'università di Genova, ha ideato e costruito un nuovo sistema propulsivo a masse rotanti che applicato su vari modellini di navi le fa agevolmente spostare sulla superficie dell'acqua contenuta nella vasca idrica sperimentale di quell'ateneo. Nei citati articoli viene spiegato che l'apparecchio è costituito da un sistema di tre ingranaggi conici, simile ad un differenziale per automobili, con la diversità che sui due semiassi laterali, al posto delle ruote, sono calettate due asticelle che portano all'estremità due masse le quali seguendo il moto di rotazione e rivoluzione dei satelliti sviluppano la forza centrifuga di propulsione che si vuole sfruttare. Il tutto è azionato da un motore elettrico. Ora, per ragioni di giustizia e verità storica, faccio presente che un apparecchio identico a quello sopra descritto è stato da me ideato e brevettato sino dal 1928. Anzi le modifiche ed i perfezionamenti introdotti in seguito resero indispensabile chiedere un secondo brevetto che fu rilasciato dal Ministero competente col numero 312496 in data 17 novembre 1933, con il titolo significativo di "Motore a forza propulsiva centrifuga, ecc." Nel 1937 poi, la descrizione ed i disegni del trovato vennero anche stampati sull'apposito opuscolo posto in vendita al pubblico a cura dell'Ufficio Ministeriale della Proprietà Intellettuale, come prescritto dalla legge per assicurare la massima divulgazione dell'invenzione. Alla costruzione e sperimentazione dei vari modelli del motore in parole, collaborarono con me, nei successivi decorsi anni, le seguenti persone: il tecnico Italo Magotti, il Comm. Berio Giovanni, l'Ing. Guglielmo Carducci, il dott. Luigi Serra, il tecnico Pietro Fasoli e l'ing. Luciano Oberto, i quali possono testimoniare della mia priorità anche nella realizzazione pratica del trovato. A tale proposito pongo in evidenza che il 16 maggio 1954 venne anche effettuata, con esito positivo, una serie di esperimenti col motore in parola nell'officina Fasoli di Albino, alla presenza di 50 scienziati provenienti da varie città italiane e dal circolo "Il Crogiolo" di Milano, i quali vennero poi ricevuti solennemente in Municipio dalle Autorità Civiche. Di questo avvenimento hanno riferito nei giorni successivi "Il Giornale del Popolo", "L'Eco di Bergamo" e "La Domenica del Popolo", i cui articoli costituiscono notizia di cronaca documentativa e sperimentale, nonché della pubblicità che hanno
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ARTICOLO avuto, sia il principio scientifico su cui venne basato l'apparecchio, sia la sua costituzione che il suo funzionamento. Per chiarire questi tre elementi è bene ricordare che il noto teorema del moto del baricentro, ci assicura che un sistema nel vuoto non può spostarsi con forze generate nel suo interno. Si sposta invece se è munito di eliche che ruotando si avvitano e trovano presa in un mezzo fluido ambiente, come ad esempio gli aeroplani e le navi. Poiché il nostro apparecchio si sposta anche in ambiente privo di aria, come risulta dagli esperimenti da me effettuati, esso ci dimostra che lo spazio in qualsiasi punto non è mai vuoto, perché si comporta come un fluido che reagendo sulle masse rotanti dell'apparecchio lo sottopone a forza centrifuga. La natura sinora misteriosa di tale forza resta così svelata. Com'è noto essa è equivalente al prodotto della massa del corpo ruotante per la sua accelerazione. Ma accelerazione rispetto a cosa? Poiché nelle mie pubblicazioni ho dimostrato che una massa non può manifestare forze ed entrare in accelerazione se non è urtata da altre masse solide, liquide, gassose o sciolte allo stato di spazio fluido, posso chiarire che la forza centrifuga di un corpo che rivoluisce attorno ad un centro è dovuta alla sua accelerazione centripeta rispetto allo spazio fluido immobile in cui è immerso, è cioè dovuta alla reazione che tale mezzo fluido universale, oppone alla accelerazione radiale del corpo. Tra la massa di tale corpo che rivoluisce a velocità costante e lo spazio fluido ambiente immobile, vi è infatti una accelerazione relativa diretta verso il centro del moto, ergo di atomi disposti ai nodi del reticolo di Bragg che costituiscono il corpo, urtando contro lo spazio fluido immobile con tale accelerazione centripeta, trovano da parte di questo una reazione la quale è proprio la forza centrifuga, la cui genesi resta così chiaramente svelata. Anche con una serie di prove sulla trasmissione della luce ho potuto dimostrare che lo spazio si comporta come un fluido avente una densità dieci elevato venti volte minore dell'acqua, che i suoi vortici sferici costituiscono I sistemi atomici ed astronomici della materia con i loro campi di forze attrattive e che le sue oscillazioni costituiscono, a seconda della loro frequenza di vibrazione, le differenti qualità di energia ondulatoria. In base a tali dimostrazioni sperimentali ho potuto anzi unificare i diversi campi della fisica in quello della spaziodinamica, dimostrando che tutti i fenomeni naturali hanno per realtà oggettiva solo particolari movimenti di spazio, retti da una sola equazione matematica. Ho potuto spiegare poi come questi movimenti, allorché si infrangono contro gli organi di senso del corpo umano, provocano in questo delle correnti elettriche, le quali trasmesse dalle linee nervose al cervello, suscitano nella nostra psiche, ed esclusivamente in essa, le sensazioni di luce, calore, elettricità, suono, odore, sapore, ecc. Mi è stato così possibile svelare la meravigliosa tecnologia elettronica di tutti gli organi di senso, di moto e di regolazione del sistema nervoso periferico e centrale, il che mi ha consentito di determinare le azioni e reazioni che si esplicano tra la materia del mondo fisico oggettivo, il nostro corpo e la psiche. Questo complesso di dimostrazioni teoriche e sperimentali scoprono le modalità con le quali si svolgono e sono collegate tra di loro i fenomeni fisici, biologici e psichici, determinandone le precise relazioni matematiche reciproche e di insieme, coordinandoli tutti in una scienza cosmica unitaria madre di tutte le altre, che appunto perciò venne da me denominata: "Psicobiofisica". Questa è convalidata sia dal fatto che dall'unica equazione della spaziodinamica su cui si basa, si ricavano tutte le leggi che riguardano le varie scienze, sia dalle
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numerose applicazioni pratiche che sono state dedotte dai suoi principi basilari, tra le quali va annoverata l'invenzione qui in argomento del motore a forza propulsiva centrifuga. Il valore di questo trovato, trascende perciò l'utilità che può avere il suo impiego pratico od il suo rendimento economico, poiché esso ci assicura l'esistenza di un fluido universale substrato di ogni materia ed energia che, come ho dimostrato nelle mie pubblicazioni, ci permette di giungere alla Psicobiofisica, l'unica scienza cosmica unitaria che comprende in sé e spiega i fenomeni fisici, biologici e psichici, sintetizzandone le leggi in una sola equazione matematica in armonia con la cinematica classica. L'elaborazione di tale scienza mi è costata 40 anni di studi, ricerche ed esperimenti e la mia priorità in tutti i nuovi traguardi raggiunti, compresa l'invenzione del motore a forza propulsiva centrifuga, oltre che delle privative industriali sopra elencate, è resa incontestabile anche dalla seguente documentazione: -dalla pubblicazione di 5 volumi intitolati rispettivamente: "La teoria delle apparenze", "La Psicobiofisica", "Qual'è la chiave dell'universo", " L'unificazione della materia e dei suoi campi di forze", " Esperimenti decisivi per la fisica moderna", un complesso di 2000 pagine pubblicato a cura del Centro Int. di Psicobiofisica, via Frà Damiano, 20, Bergamo, e protette da copyright internazionale rilasciato in data 1949. -Da circa 10.000 articoli apparsi in varie lingue e nazioni su giornali, riviste, atti accademici e libri che hanno riferito sulla mia teoria e le sue applicazioni. -Dalla testimonianza di migliaia di allievi che hanno assistito alle mie lezioni e di migliaia di uditori che hanno ascoltato le conferenze da me svolte presso università ed accademie italiane ed estere; dai milioni di lettori delle mie opere e degli articoli scritti su di esse. -Dalle centinaia di comunicazioni e memorie da me presentate od esposte personalmente nei Congressi Scientifici internazionali di Fisica o Medicina. -Dalle motivazioni con le quali mi furono attribuite sia le nomine a Membro di varie Accademie Scientifiche italiane ed estere, sia diverse onorificenze. Non sappiamo se il prof. Di Bella abbia raccolta l'idea dell'invenzione in argomento da uno dei numerosi precedenti sopracitati, oppure se l'abbia trovata da se. Comunque sia, Egli apporta ora la sua autorevole conferma di scienziato all'esito dei miei esperimenti ed alla certezza che la fluidodinamica costituisce veramente quella scienza cosmica unitaria che era nell'aspirazione umana da secoli, il che spero, servirà a richiamare una più vasta e meditata attenzione sulle pubblicazioni sopra citate che la espongono, onde i lettori interessati possano trarne tutte le invenzioni nuove e gli ulteriori sviluppi teorici che essa consente, per un più rapido progresso del sapere umano. Marco Todeschini
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IL MATTINO di Napoli 29 maggio 1967
Fu brevettato nel 1928 un sistema propulsivo identico a quello del Prof. Di Bella
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ARTICOLO In merito a quanto reso noto in questi giorni su una invenzione del prof. A. Di Bella dell'Università di Genova di un nuovo sistema propulsivo a masse rotanti che, applicato a vari modellini di navi prive di elica, le fa agevolmente spostare sull'acqua contenuta nella vasca sperimentale di quell’ateneo, lo scienziato prof. Dottore, ing. Marco Todeschini ha fatto presente che un apparecchio identico a quello sopra descritto è stato da lui ideato e brevettato fin dal 1928. Le modifiche ed i perfezionamenti introdotti in seguito resero indispensabile chiedere un secondo brevetto che gli fu rilasciato dal Ministero competente col numero 312406 in data 17-11-1933 con il titolo significativo di «motore a forza propulsiva centrifuga». Nel 1937 poi, la descrizione e i disegni dell'invenzione vennero anche stampati su u n 'apposito opuscolo e posti in vendita al pubblico a cura dell'ufficio ministeriale della proprietà intellettuale, come prescritto dalla legge per assicurare la massima divulgazione dell'invenzione. Todeschini, nel mostrare ai giornalisti i brevetti citati e gli articoli dei quotidiani che riferirono a suo tempo sul motore e gli esperimenti con esso compiuti, ha dichiarato: «Il nuovo principio fisico - matematico sul quale ai basa l’apparecchio è quello stesso che sta a fondamento della scienza cosmica unitaria da me elaborata ed esposta nelle mie pubblicazioni edite a cura del Centro internazionale di Psicobiofisica di Bergamo dal 1949 in poi. Essa, in un recente congresso scientifico, è stata giudicata l’unica scienza unitaria che comprende in sé e spiega i fenomeni fisici, biologici e psichici, sintetizzandone tutte le leggi in una sola equazione matematica in armonia con la cinematica classica». Poi ha aggiunto: «Non so se il Prof. Di Bella abbia raccolto l’idea dell’invenzione da uno dei numerosi precedenti sopra citati, oppure se l’abbia trovata da sé. Comunque sia, egli apporta ora la sua autorevole conferma di scienziato all’esito dei miei esperimenti e la certezza che la fluidodinamica costituisce veramente quella scienza comica unitaria che era nell’aspirazione umana da secoli».
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CARLINO SERA di Bologna 29 maggio 1967
Rivendica paternità del motore centrifugo Il sistema propulsivo a masse rotanti, illustrato recentemente da un professore di Genova, fu brevettato nel 1928 e nel 1933 Il professor Di Bella dell'università di Genova ha annunciato e illustrato, qualche tempo fa un nuovo sistema propulsivo a masse rotanti che, applicato a vari modellini di navi prive di elica le fa agevolmente spostare sull'acqua (la dimostrazione è stata fatta nella vasca sperimentale dell'ateneo ligure). Ora a Bergamo lo scienziato, professor, ingegner, Marco Todeschini ha fatto presente che u n apparecchio identico fu da lui ideato e brevettato nel 1928. Le modifiche e i perfezionamenti introdotti in seguito, resero indispensabile chiedere un secondo brevetto che gli fu rilasciato dal ministero competente col numero 312.496 il 17 novembre 1933 con il titolo di « motore a forza propulsiva centrifuga ». Nel 1937 la descrizione e i disegni dell'invenzione vennero anche stampati su un opuscolo e messi in vendita al pubblico a cura dell'ufficio ministeriale della proprietà intellettuale, come prescritto dalla legge, per assi curare la massima divulgazione dell'invenzione.
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ARTICOLO Todeschini, nel mostrare ai giornalisti i brevetti citati e gli articoli dei quotidiani che parlarono del motore e degli esperimenti ha dichiarato: « Il nuovo principio fisico-matematico sul quale si basa l'apparecchio è quello stesso che sta a fondamento della scienza cosmica unitaria da me elaborata ed esposta nelle mie pubblicazioni edite a cura del centro internazionale di psicobiofisica di Bergamo dal 1949 in poi. Essa in un recente congresso scientifico è stata giudicata l'unica scienza unitaria che comprende in sè e spiega i fenomeni fisici, biologici e psichici, sintetizzandone tutte le leggi in una sola equazione matematica in armonia con la cinematica classica ». Poi ha aggiunto: « Non so se il professor Di Bella abbia raccolta l'idea dell'invenzione da uno dei numerosi precedenti sopra citati, oppure se l'abbia trovata da sè. Comunque sia, egli apporta ora la sua autorevole conferma di scienziato all'esito dei miei esperimenti e la certezza che la fluidodinamica costituisce veramente quella scienza cosmica unitaria che era nell'aspirazione umana da secoli». L'apparecchio inventato dal professor Di Bella è costituito da un sistema di tre ingranaggi conici simile a un differenziale per automobili, con la diversità che sui semiassi laterali al posto delle ruote sono calettate due assicelle recanti all'estremità due masse le quali, seguendo il moto di rotazione e rivoluzione proprio dei satelliti, sviluppano la forza centrifuga propulsiva che si vuole sfruttare. Il tutto è azionato da un motorino elettrico.
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NAZIONE SERA di Firenze 29 maggio 1967 UNO SCIENZIATO BERGAMASCO
Rivendica la paternità del motore centrifugo Il sistema propulsivo a masse rotanti, illustrato recentemente da un professore di Genova, fu brevettato nel 1928 e nel 1933 Il professor Di Bella dell'università di Genova ha annunciato e illustrato, qualche tempo fa un nuovo sistema propulsivo a masse rotanti che, applicato a vari modellini di navi prive di elica le fa agevolmente spostare sull'acqua (la dimostrazione è stata fatta nella vasca sperimentale dell'ateneo ligure). Ora a Bergamo lo scienziato, professor, ingegner, Marco Todeschini ha fatto presente che u n apparecchio identico fu da lui ideato e brevettato nel 1928. Le modifiche e i perfezionamenti introdotti in seguito, resero indispensabile chiedere un secondo brevetto che gli fu rilasciato dal ministero competente col numero 312.496 il 17 novembre 1933 con il titolo di « motore a forza propulsiva centrifuga ». Nel 1937 la descrizione e i disegni dell'invenzione vennero anche stampati su un opuscolo e messi in vendita al pubblico a cura dell'ufficio ministeriale della proprietà intellettuale, come prescritto dalla legge, per assi curare la massima divulgazione dell'invenzione. Todeschini, nel mostrare ai giornalisti i brevetti citati e gli articoli dei quotidiani che parlarono del motore e degli esperimenti ha dichiarato: « Il nuovo principio fisico-matematico sul quale si basa l'apparecchio è quello stesso che sta a fondamento della scienza cosmica unitaria da me elaborata ed esposta nelle mie pubblicazioni edite a cura del centro internazionale di psicobiofisica di Bergamo
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ARTICOLO dal 1949 in poi. Essa in un recente congresso scientifico è stata giudicata l'unica scienza unitaria che comprende in sè e spiega i fenomeni fisici, biologici e psichici, sintetizzandone tutte le leggi in una sola equazione matematica in armonia con la cinematica classica ». Poi ha aggiunto: « Non so se il professor Di Bella abbia raccolta l'idea dell'invenzione da uno dei numerosi precedenti sopra citati, oppure se l'abbia trovata da sè. Comunque sia, egli apporta ora la sua autorevole conferma di scienziato all'esito dei miei esperimenti e la certezza che la fluidodinamica costituisce veramente quella scienza cosmica unitaria che era nell'aspirazione umana da secoli». L'apparecchio inventato dal professor Di Bella è costituito da un sistema di tre ingranaggi conici simile a un differenziale per automobili, con la diversità che sui semiassi laterali al posto delle ruote sono calettate due assicelle recanti all'estremità due masse le quali, seguendo il moto di rotazione e rivoluzione proprio dei satelliti, sviluppano la forza centrifuga propulsiva che si vuole sfruttare. Il tutto è azionato da un motorino elettrico.
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VOCE ADRIATICA di Ancona 01 giugno 1967 LETTERE AL DIRETTORE
”Scoperte nuove, invenzioni antiche„ L’ing. Marco Todeschini di Bergamo, rivendica la priorità negli studi e nei risultati conseguiti sul motore a forza propulsiva centrifuga ora costruito dal prof. Alfio di Bella. Illustrissimo Signor Direttore, in due articoli apparsi sul «Corriere della Sera», rispettivamente il 30 aprile u.s. ed il 16 corrente, e in altri giornali fra cui il suo, è stato riferito che il prof. Alfio Di Bella, titolare della cattedra d'architettura navale all'Università di Genova, ha ideato e costruito un nuovo sistema propulsivo a masse rotanti che, applicato su vari modellini di navi, le fa agevolmente spostare sulla superficie dell'acqua contenuta nella vasca idrica sperimentale di quest'ateneo. Nei citati articoli viene spiegato che l'apparecchio è costituito da un sistema di tre ingranaggi conici, simile ad un differenziale per automobili, con la diversità che sui due semiassi laterali, al posto delle ruote, sono calettate due asticelle che portano all'estremità due masse le quali, seguendo il moto di rotazione e rivoluzione dei satelliti, sviluppano la forza centrifuga di propulsione che si vuole sfruttare, il tutto è azionato da un motore elettrico. Ora, per ragioni di giustizia e verità storica, faccio presente che un apparecchio identico a quello sopra descritto è stato da me ideato e brevettato sino dal 1928. Anzi le modifiche ed i perfezionamenti introdotti in seguito resero indispensabile chiedere un secondo brevetto che fu rilasciato dal Ministero competente col n. 312496 in data 17-11-933, con il titolo significativo di: « Motore a forza propulsiva centrifuga, ecc. ». Nel 1937 poi, la descrizione ed i disegni dei trovato vennero anche stampati sull'apposito opuscolo posto in vendita al pubblico a cura dell’ufficio Ministeriale della Proprietà Intellettuale, come prescritto dalla legge per assicurare la massima divulgazione dell'invenzione. Alla costruzione e sperimentazione dei vari modelli del motore in parola collaborarono con me nei successivi decorsi anni le seguenti
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ARTICOLO persone: il tenente Paolo Magotti, il comm. Giovanni Berlo, il dott. Cesare Paolucci, l’ing. Guglielmo Carducci, il dott. Luigi Serra, il tecnico Pietro Fasoli, e l'ing. Luciano Oberto, i quali possono testimoniare della mia priorità anche nella realizzazione pratica del trovato. A tale proposito pongo in evidenza che il 16-5-1954 venne anche effettuata, con esito positivo, una serie di esperimenti col motore in parola nell'officina Fasoli di Albino, alla presenza di 50 scienziati provenienti da varie città italiane e dal Circolo «Il Crogiolo» di Milano, i quali vennero poi ricevuti solennemente in Municipio dalle autorità civiche. Di questo avvenimento hanno riferito nei giorni successivi « L'eco di Bergamo », « Il Giornale del Popolo » e « La Domenica del Popolo », i cui articoli costituiscono notizia di cronaca documentativa della mia priorità inventiva e sperimentale, nonché della pubblicità che hanno avuto, sia il principio scientifico su cui venne basato l'apparecchio, sia la sua costituzione che il suo funzionamento. Per chiarire questi tre elementi è bene ricordare che il noto teorema del moto del baricentro, ci assicura che un sistema nel vuoto non può spostarsi con forze generate nel suo interno. Si sposta invece se è munito di eliche che, ruotando, si avvitano e trovano presa in un mezzo fluido ambiente, come ad esempio gli aereoplani e le navi. Poiché il nostro apparecchio si sposta anche in ambiente privo di aria, come risulta dagli esperimenti da me effettuati, esso ci dimostra che lo spazio in qualsiasi punto dell'Universo non è mai vuoto, perché si comporta come un fluido che, reagendo sulle masse rotanti dell'apparecchio, le sottopone e forza centrifuga. La natura sinora misteriosa di tale forza resta così svelata. Com'è noto essa è equivalente al prodotto della massa dei corpo ruotante per la sua accelerazione. Ma accelerazione rispetto a che cosa? Poiché nelle mie pubblicazioni ho dimostrato che una massa non può manifestare, forze ed entrare in accelerazione se non è urtata da altre masse solide, liquide, gassose o sciolte allo stato di spazio fluido, posso chiarire che la forza centrifuga di un corpo che rivoluisce attorno ad un centro è dovuta alla sua accelerazione centripeta rispetto allo spazio fluido immobile in cui è immerso, è cioè dovuta alla reazione che tale mezzo fluido universale oppone alla accelerazione radiale del corpo. Tra la massa di tale corpo che rivoluisce a velocità costante e lo spazio fluido ambiente immobile, vi è infatti un'accelerazione relativa diretta verso il centro del moto, ergo gli atomi disposti ai nodi del reticolo di Bragg che costituiscono il corpo, urtando contro lo spazio fluido immobile con tale accelerazione centripeta, trovano da parte di questo una reazione la quale è proprio la forza centrifuga, la cui genesi resta così chiaramente svelata. Anche con una serie di prove sulla trasmissione della luce ho potuto dimostrare che lo spazio si comporta come un fluido avente una densità dieci elevato venti volte minore dell'acqua, che i suoi vortici sferici costituiscono i sistemi atomici ed astronomici della materia con i loro campi di forze attrattive e che le sue oscillazioni costituiscono, a seconda della loro frequenza di vibrazione, le differenti qualità di energia ondulatoria. In base a tali dimostrazioni sperimentali ho potuto anzi unificare i diversi campi della fisica in quello detta Spaziodinamica, dimostrando che tutti i fenomeni naturali hanno per realtà oggettiva solo particolari movimenti di spazio, retti da una sola equazione matematica. Ho potuto spiegare poi come questi movimenti, allorché si infrangono contro gli organi di senso del corpo umano, provocano in
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ARTICOLO questi delle correnti elettriche, le quali trasmesse dalle linee nervose al cervello, suscitano nella nostra psiche, ed esclusivamente in essa, le sensazioni di luce, calore, elettricità. suono, odore, sapore, ecc.. Mi è stato così possibile svelare la meravigliosa tecnologia elettronica di tutti gli organi di senso, di moto e di regolazione del sistema nervoso periferico e centrale, il che mi ha consentito di determinare le azioni e reazioni che si esplicano tra la materia del mondo fisico oggettivo, il nostro corpo e la psiche. Questo complesso di dimostrazioni teoriche e sperimentali scoprono le modalità con le quali si svolgono e sono collegate tra di loro i fenomeni fisici, biologici e psichici, determinandone le precise relazioni matematiche reciproche e di insieme, coordinandoli tutti in una scienza cosmica unitaria madre di tutte le altre, che appunto perciò venne da me denominata: « Psicobiofìsica ». L'elaborazione di tale scienza mi è costata 40 anni di studi, ricerche ed esperimenti e la mia priorità in tutti i nuovi traguardi raggiunti, compresa l'invenzione del motore a forza propulsiva centrifuga, oltre che dalle privative industriali sopra elencate, è resa incontestabile anche dalla seguente documentazione: . 1) Dalla pubblicazione di 5 volumi intitolati rispettivamente: « La teoria delle apparenze » - « La Psicobiofìsica » - « Qual è la chiave dell'Universo » - « L'unificazione della materia e dei suoi campi di forze » - « Esperimenti decisivi per la fisica moderna ». Un complesso di 2000 pagine pubblicato a cura del Centro Internazionale di Psicobiofisica, via Frà Damiano 20, Bergamo, e protette da copyright internazionali rilasciato in data 1949. 2) Da circa 10.000 articoli apparsi in varie lingue e nazioni su giornali, riviste, atti accademici e libri che hanno riferito sulla mia teoria e le sue applicazioni. 3) Dalla testimonianza di migliaia di allievi che hanno assistito alle mie lezioni e di migliaia di uditori che hanno ascoltato le conferenze da me svolte presso università ed accademie italiane ed estere; dai milioni di lettori delle mie opere e degli articoli scritti su di esse. 4) Dalle centinaia di comunicazioni e memorie da me presentate od esposte personalmente nei Congressi Scientifici internazionali di Fisica e Medicina. 5) Dalle motivazioni con le quali mi furono attribuite sia le nomine a Membro di varie Accademie Scientifiche italiane ed estere, sia diverse onorificenze. Non sappiamo se il prof. Di Bella abbia raccolto l'idea dell'invenzione in argomento da uno dei numerosi precedenti sopra citati, oppure se l'abbia trovato da sé. Comunque sia, egli apporta ora la sua autorevole conferma di scienziato all'esito dei miei esperimenti ed alla certezza che la fluidodinamica costituisce veramente quella scienza cosmica unitaria che era nell'aspirazione umana da secoli, il che spero, servirà a richiamare una più vasta e meditata attenzione sulle pubblicazioni sopra citate che la espongono, Con distinti saluti. Dott. Ing. Marco Todeschini, Bergamo, 30 maggio 1967
15/06/1967
IL PROGRESSO ITALO-AMERICANO di New Kork 15 giugno 1967 Lo scienziato italiano l’ha brevettato e costruito fin dal 1928
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ARTICOLO
MARCO TODESCHINI RIVENDICA L’INVENZIONE DEL MOTORE A FORZA PROPULSIVA CENTRIFUGA Si tratta di un apparecchio – sostiene e documenta il Todeschini – identico a quello ideato e costruito dal professore Alfio di Bella, titolare della cattedra di architettura dell’Università di Genova, che costituisce «un nuovo sistema propulsivo a masse rotanti» applicato su modellini di navi Con una sua lettera al nostro Giornale lo scienziato bergamasco, prof. Marco Todeschini, rivendica a sè l'invenzione del motore a forza propulsiva centrifuga da lui brevettato e costruito sin dal 1928, perfezionato in seguito e nuovamente brevettato nel 1937. La rivendicazione è fatta dal Todeschini, con garbo ma con tutta decisione, e soprattutto con larga documentazione, dopo che i giornali hanno dato con rilievo notizia recentemente di un « nuovo » apparecchio ideato e costruito a Genova. Ecco il testo della lettera: Signor Direttore, In due articoli apparsi sul Corriere della Sera, rispettivamente il 30 aprile u.s. ed il 16 corrente, è stato riferito che il prof. Alfio Di Bella, titolare della cattedra di architettura navale all'università di Genova, ha ideato e costruito un nuovo sistema propulsivo a masse rotanti che applicato su vari modellini di navi le fa agevolmente spostare sulla superficie dell'acqua contenuta nella vasca idrica sperimentale di quell'ateneo. Nei citati articoli viene spiegato che l'apparecchio è costituito da un sistema di tre ingranaggi conici, simile ad un differenziale per automobili, con la diversità che sui due semiassi laterali, al posto delle ruote, sono calettate due asticelle che portano all'estremità due masse le quali seguendo il moto di rotazione e rivoluzione dei satelliti sviluppano la forza centrifuga di propulsione che si vuole sfruttare. Il tutto è azionato da un motore elettrico. Ora, per ragioni di giustizia e verità storica, faccio presente che un apparecchio identico a quello sopra descritto è stato da me ideato e brevettato sino dal 1928. Anzi le modifiche ed i perfezionamenti introdotti in seguito resero indispensabile chiedere un secondo brevetto che fu rilasciato dal Ministero competente col numero 312496 in data 17 novembre 1933, con il titolo significativo di "Motore a forza propulsiva centrifuga, ecc." Nel 1937 poi, la descrizione ed i disegni del trovato vennero anche stampati sull'apposito opuscolo posto in vendita al pubblico a cura dell'Ufficio Ministeriale della Proprietà Intellettuale, come prescritto dalla legge per assicurare la massima divulgazione dell'invenzione. Alla costruzione e sperimentazione dei vari modelli del motore in parole, collaborarono con me, nei successivi decorsi anni, le seguenti persone: il tecnico Italo Magotti, il Comm. Berio Giovanni, l'Ing. Guglielmo Carducci, il dott. Luigi Serra, il tecnico Pietro Fasoli e l'ing. Luciano Oberto, i quali possono testimoniare della mia priorità anche nella realizzazione pratica del trovato. A tale proposito pongo in evidenza che il 16 maggio 1954 venne anche effettuata, con esito positivo, una serie di esperimenti col motore in parola nell'officina Fasoli di Albino, alla presenza di 50 scienziati provenienti da varie città italiane e dal circolo "Il Crogiolo" di Milano, i quali vennero poi ricevuti solennemente in Municipio dalle Autorità Civiche.
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ARTICOLO Di questo avvenimento hanno riferito nei giorni successivi "Il Giornale del Popolo", "L'Eco di Bergamo" e "La Domenica del Popolo", i cui articoli costituiscono notizia di cronaca documentativa e sperimentale, nonché della pubblicità che hanno avuto, sia il principio scientifico su cui venne basato l'apparecchio, sia la sua costituzione che il suo funzionamento. Per chiarire questi tre elementi è bene ricordare che il noto teorema del moto del baricentro, ci assicura che un sistema nel vuoto non può spostarsi con forze generate nel suo interno. Si sposta invece se è munito di eliche che ruotando si avvitano e trovano presa in un mezzo fluido ambiente, come ad esempio gli aeroplani e le navi. Poiché il nostro apparecchio si sposta anche in ambiente privo di aria, come risulta dagli esperimenti da me effettuati, esso ci dimostra che lo spazio in qualsiasi punto non è mai vuoto, perché si comporta come un fluido che reagendo sulle masse rotanti dell'apparecchio lo sottopone a forza centrifuga. La natura sinora misteriosa di tale forza resta così svelata. Com'è noto essa è equivalente al prodotto della massa del corpo ruotante per la sua accelerazione. Ma accelerazione rispetto a cosa? Poiché nelle mie pubblicazioni ho dimostrato che una massa non può manifestare forze ed entrare in accelerazione se non è urtata da altre masse solide, liquide, gassose o sciolte allo stato di spazio fluido, posso chiarire che la forza centrifuga di un corpo che rivoluisce attorno ad un centro è dovuta alla sua accelerazione centripeta rispetto allo spazio fluido immobile in cui è immerso, è cioè dovuta alla reazione che tale mezzo fluido universale, oppone alla accelerazione radiale del corpo. Tra la massa di tale corpo che rivoluisce a velocità costante e lo spazio fluido ambiente immobile, vi è infatti una accelerazione relativa diretta verso il centro del moto, ergo di atomi disposti ai nodi del reticolo di Bragg che costituiscono il corpo, urtando contro lo spazio fluido immobile con tale accelerazione centripeta, trovano da parte di questo una reazione la quale è proprio la forza centrifuga, la cui genesi resta così chiaramente svelata. Anche con una serie di prove sulla trasmissione della luce ho potuto dimostrare che lo spazio si comporta come un fluido avente una densità dieci elevato venti volte minore dell'acqua, che i suoi vortici sferici costituiscono I sistemi atomici ed astronomici della materia con i loro campi di forze attrattive e che le sue oscillazioni costituiscono, a seconda della loro frequenza di vibrazione, le differenti qualità di energia ondulatoria. In base a tali dimostrazioni sperimentali ho potuto anzi unificare i diversi campi della fisica in quello della spaziodinamica, dimostrando che tutti i fenomeni naturali hanno per realtà oggettiva solo particolari movimenti di spazio, retti da una sola equazione matematica. Ho potuto spiegare poi come questi movimenti, allorché si infrangono contro gli organi di senso del corpo umano, provocano in questo delle correnti elettriche, le quali trasmesse dalle linee nervose al cervello, suscitano nella nostra psiche, ed esclusivamente in essa, le sensazioni di luce, calore, elettricità, suono, odore, sapore, ecc. Mi è stato così possibile svelare la meravigliosa tecnologia elettronica di tutti gli organi di senso, di moto e di regolazione del sistema nervoso periferico e centrale, il che mi ha consentito di determinare le azioni e reazioni che si esplicano tra la materia del mondo fisico oggettivo, il nostro corpo e la psiche. Questo complesso di dimostrazioni teoriche e sperimentali scoprono le modalità con le quali si svolgono e sono collegate tra di loro i fenomeni fisici, biologici e psichici, determinandone le precise relazioni matematiche reciproche e di
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ARTICOLO insieme, coordinandoli tutti in una scienza cosmica unitaria madre di tutte le altre, che appunto perciò venne da me denominata: "Psicobiofisica". Questa è convalidata sia dal fatto che dall'unica equazione della spaziodinamica su cui si basa, si ricavano tutte le leggi che riguardano le varie scienze, sia dalle numerose applicazioni pratiche che sono state dedotte dai suoi principi basilari, tra le quali va annoverata l'invenzione qui in argomento del motore a forza propulsiva centrifuga. Il valore di questo trovato, trascende perciò l'utilità che può avere il suo impiego pratico od il suo rendimento economico, poiché esso ci assicura l'esistenza di un fluido universale substrato di ogni materia ed energia che, come ho dimostrato nelle mie pubblicazioni, ci permette di giungere alla Psicobiofisica, l'unica scienza cosmica unitaria che comprende in sé e spiega i fenomeni fisici, biologici e psichici, sintetizzandone le leggi in una sola equazione matematica in armonia con la cinematica classica. L'elaborazione di tale scienza mi è costata 40 anni di studi, ricerche ed esperimenti e la mia priorità in tutti i nuovi traguardi raggiunti, compresa l'invenzione del motore a forza propulsiva centrifuga, oltre che delle privative industriali sopra elencate, è resa incontestabile anche dalla seguente documentazione: 1) dalla pubblicazione di 5 volumi intitolati rispettivamente: "La teoria delle apparenze", "La Psicobiofisica", "Qual'è la chiave dell'universo", " L'unificazione della materia e dei suoi campi di forze", " Esperimenti decisivi per la fisica moderna", un complesso di 2000 pagine pubblicato a cura del Centro Int. di Psicobiofisica, via Frà Damiano, 20, Bergamo, e protette da copyright internazionale rilasciato in data 1949. 2) Da circa 10.000 articoli apparsi in varie lingue e nazioni su giornali, riviste, atti accademici e libri che hanno riferito sulla mia teoria e le sue applicazioni. 3) Dalla testimonianza di migliaia di allievi che hanno assistito alle mie lezioni e di migliaia di uditori che hanno ascoltato le conferenze da me svolte presso università ed accademie italiane ed estere; dai milioni di lettori delle mie opere e degli articoli scritti su di esse. 4) Dalle centinaia di comunicazioni e memorie da me presentate od esposte personalmente nei Congressi Scientifici internazionali di Fisica o Medicina. 5) Dalle motivazioni con le quali mi furono attribuite sia le nomine a Membro di varie Accademie Scientifiche italiane ed estere, sia diverse onorificenze. Non sappiamo se il prof. Di Bella abbia raccolta l'idea dell'invenzione in argomento da uno dei numerosi precedenti sopracitati, oppure se l'abbia trovata da se. Comunque sia, Egli apporta ora la sua autorevole conferma di scienziato all'esito dei miei esperimenti ed alla certezza che la fluidodinamica costituisce veramente quella scienza cosmica unitaria che era nell'aspirazione umana da secoli, il che spero, servirà a richiamare una più vasta e meditata attenzione sulle pubblicazioni sopra citate che la espongono, onde i lettori interessati possano trarne tutte le invenzioni nuove e gli ulteriori sviluppi teorici che essa consente, per un più rapido progresso del sapere umano. Marco Todeschini
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DATA 16/6/1967
ARTICOLO ESPRESSO SERA di Catania 16 giugno 1967 L’UNIVERSO E’ RETTO DALLE LEGGI DELLA FLUIDODINAMICA
Il motore ad acqua fu ideato nel 1928 da un bergamasco Il Prof. Todeschini ha dichiarato ai giornalisti che le recenti prove effettuate a Genova dallo scienziato Prof. Di Bella non sarebbero altro che la conferma della validità dei suoi quarantennali esperimenti – Il brevetto citato a sostegno della tesi porta il n. 312496 del 17 novembre 1933 In questi giorni la stampa ha riferito che il prof. Di Bella dell’università di Genova, ha recentemente costruito un nuovo sistema propulsivo a forza centrifuga generata da masse rotanti, che applicato a vari modellini di navi prive di elica, le fa agevolmente spostare sull’acqua di una vasca sperimentale. L’apparecchio è costituito da un sistema di 2 ingranaggi troco-conici, simile ad un differenziale per automobili, con la diversità che sui semiassi laterali, al posto delle ruote della vettura, sono calettate due asticelle che portano alle estremità due masse, le quali, seguendo il moto di rotazione e di rivoluzione del satellite, sviluppano la forza centrifuga che si vuole sfruttare. Il tutto è azionato da un motorino elettrico. Ora a Bergamo lo scienziato italiano, prof. Dott. Ing. Marco Todeschini ha fatto presente che un apparecchio identico a quello sopra descritto è stato da lui ideato e brevettato fin dal 1928. Anzi le modifiche ed i perfezionamenti introdotti in seguito resero indispensabile chiedere un secondo brevetto che gli fu rilasciato dal Ministero competente col numero 312406 in data 17-11-1933 con il titolo significativo di «Motore a forza propulsiva centrifuga». Nel 1937 poi, la descrizione e i disegni del trovato vennero anche stampati sull’apposito opuscolo e posti in vendita al pubblico a cura dell'ufficio ministeriale della proprietà intellettuale, come prescritto dalla legge per assicurare la massima divulgazione dell'invenzione. Todeschini, nel mostrare ai giornalisti i brevetti citati e gli articoli dei quotidiani che riferirono a suo tempo sul motore e gli esperimenti con esso compiuti, ha dichiarato: «Il nuovo principio della fluidodinamica dello spazio sul quale ai basa l’apparecchio è quello stesso che sta a fondamento della scienza cosmica unitaria da me elaborata ed esposta nelle mie pubblicazioni edite a cura del Centro di Psicobiofisica (via frà Damiano, 20-Bergamo) dal 1949 in poi. Essa, in un recente congresso scientifico, è stata giudicata l’unica scienza unitaria che comprende in sé e spiega i fenomeni fisici, biologici e psichici, sintetizzandone tutte le leggi in una sola equazione matematica in armonia con la cinematica classica». Poi ha aggiunto: «Non so se il Prof. Di Bella abbia raccolto l’idea dell’invenzione da uno dei numerosi precedenti sopra citati, oppure se l’abbia trovata da sé. Comunque sia, egli apporta ora la sua autorevole conferma di scienziato all’esito dei miei esperimenti e la certezza che la fluidodinamica costituisce veramente quella scienza comica unitaria che era nell’aspirazione umana da secoli».
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DATA 01/07/1967
ARTICOLO NATURA E SALUTE 01luglio 1967
Lo Scienziato Marco Todeschini rivendica l’invenzione delmotore a forza propulsiva centrifuga da lui brevettato e costruito dal 1928 Il trovato conferma che l’universo è retto dalle leggi della fluidodinamica Illustrissimo Signor Direttore, In due articoli apparsi sul Corriere della Sera, rispettivamente il 30 aprile u.s. ed il 16 corrente, è stato riferito che il prof. Alfio Di Bella, titolare della cattedra di architettura navale all'università di Genova, ha ideato e costruito un nuovo sistema propulsivo a masse rotanti che applicato su vari modellini di navi le fa agevolmente spostare sulla superficie dell'acqua contenuta nella vasca idrica sperimentale di quell'ateneo. Nei citati articoli viene spiegato che l'apparecchio è costituito da un sistema di tre ingranaggi conici, simile ad un differenziale per automobili, con la diversità che sui due semiassi laterali, al posto delle ruote, sono calettate due asticelle che portano all'estremità due masse le quali seguendo il moto di rotazione e rivoluzione dei satelliti sviluppano la forza centrifuga di propulsione che si vuole sfruttare. Il tutto è azionato da un motore elettrico. Ora, per ragioni di giustizia e verità storica, faccio presente che un apparecchio identico a quello sopra descritto è stato da me ideato e brevettato sino dal 1928. Anzi le modifiche ed i perfezionamenti introdotti in seguito resero indispensabile chiedere un secondo brevetto che fu rilasciato dal Ministero competente col numero 312496 in data 17 novembre 1933, con il titolo significativo di "Motore a forza propulsiva centrifuga, ecc." Nel 1937 poi, la descrizione ed i disegni del trovato vennero anche stampati sull'apposito opuscolo posto in vendita al pubblico a cura dell'Ufficio Ministeriale della Proprietà Intellettuale, come prescritto dalla legge per assicurare la massima divulgazione dell'invenzione. Alla costruzione e sperimentazione dei vari modelli del motore in parole, collaborarono con me, nei successivi decorsi anni, le seguenti persone: il tecnico Italo Magotti, il Comm. Berio Giovanni, l'Ing. Guglielmo Carducci, il dott. Luigi Serra, il tecnico Pietro Fasoli e l'ing. Luciano Oberto, i quali possono testimoniare della mia priorità anche nella realizzazione pratica del trovato. A tale proposito pongo in evidenza che il 16 maggio 1954 venne anche effettuata, con esito positivo, una serie di esperimenti col motore in parola nell'officina Fasoli di Albino, alla presenza di 50 scienziati provenienti da varie città italiane e dal circolo "Il Crogiolo" di Milano, i quali vennero poi ricevuti solennemente in Municipio dalle Autorità Civiche. Di questo avvenimento hanno riferito nei giorni successivi "Il Giornale del Popolo", "L'Eco di Bergamo" e "La Domenica del Popolo", i cui articoli costituiscono notizia di cronaca documentativa e sperimentale, nonché della pubblicità che hanno avuto, sia il principio scientifico su cui venne basato l'apparecchio, sia la sua costituzione che il suo funzionamento. Per chiarire questi tre elementi è bene ricordare che il noto teorema del moto del baricentro, ci assicura che un sistema nel vuoto non può spostarsi con forze generate nel suo interno. Si sposta invece se è munito di eliche che ruotando si
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ARTICOLO avvitano e trovano presa in un mezzo fluido ambiente, come ad esempio gli aeroplani e le navi. Poiché il nostro apparecchio si sposta anche in ambiente privo di aria, come risulta dagli esperimenti da me effettuati, esso ci dimostra che lo spazio in qualsiasi punto non è mai vuoto, perché si comporta come un fluido che reagendo sulle masse rotanti dell'apparecchio lo sottopone a forza centrifuga. La natura sinora misteriosa di tale forza resta così svelata. Com'è noto essa è equivalente al prodotto della massa del corpo ruotante per la sua accelerazione. Ma accelerazione rispetto a cosa? Poiché nelle mie pubblicazioni ho dimostrato che una massa non può manifestare forze ed entrare in accelerazione se non è urtata da altre masse solide, liquide, gassose o sciolte allo stato di spazio fluido, posso chiarire che la forza centrifuga di un corpo che rivoluisce attorno ad un centro è dovuta alla sua accelerazione centripeta rispetto allo spazio fluido immobile in cui è immerso, è cioè dovuta alla reazione che tale mezzo fluido universale, oppone alla accelerazione radiale del corpo. Tra la massa di tale corpo che rivoluisce a velocità costante e lo spazio fluido ambiente immobile, vi è infatti una accelerazione relativa diretta verso il centro del moto, ergo di atomi disposti ai nodi del reticolo di Bragg che costituiscono il corpo, urtando contro lo spazio fluido immobile con tale accelerazione centripeta, trovano da parte di questo una reazione la quale è proprio la forza centrifuga, la cui genesi resta così chiaramente svelata. Anche con una serie di prove sulla trasmissione della luce ho potuto dimostrare che lo spazio si comporta come un fluido avente una densità dieci elevato venti volte minore dell'acqua, che i suoi vortici sferici costituiscono I sistemi atomici ed astronomici della materia con i loro campi di forze attrattive e che le sue oscillazioni costituiscono, a seconda della loro frequenza di vibrazione, le differenti qualità di energia ondulatoria. In base a tali dimostrazioni sperimentali ho potuto anzi unificare i diversi campi della fisica in quello della spaziodinamica, dimostrando che tutti i fenomeni naturali hanno per realtà oggettiva solo particolari movimenti di spazio, retti da una sola equazione matematica. Ho potuto spiegare poi come questi movimenti, allorché si infrangono contro gli organi di senso del corpo umano, provocano in questo delle correnti elettriche, le quali trasmesse dalle linee nervose al cervello, suscitano nella nostra psiche, ed esclusivamente in essa, le sensazioni di luce, calore, elettricità, suono, odore, sapore, ecc. Mi è stato così possibile svelare la meravigliosa tecnologia elettronica di tutti gli organi di senso, di moto e di regolazione del sistema nervoso periferico e centrale, il che mi ha consentito di determinare le azioni e reazioni che si esplicano tra la materia del mondo fisico oggettivo, il nostro corpo e la psiche. Questo complesso di dimostrazioni teoriche e sperimentali scoprono le modalità con le quali si svolgono e sono collegate tra di loro i fenomeni fisici, biologici e psichici, determinandone le precise relazioni matematiche reciproche e di insieme, coordinandoli tutti in una scienza cosmica unitaria madre di tutte le altre, che appunto perciò venne da me denominata: "Psicobiofisica". Questa è convalidata sia dal fatto che dall'unica equazione della spaziodinamica su cui si basa, si ricavano tutte le leggi che riguardano le varie scienze, sia dalle numerose applicazioni pratiche che sono state dedotte dai suoi principi basilari, tra le quali va annoverata l'invenzione qui in argomento del motore a forza propulsiva centrifuga. Il valore di questo trovato, trascende perciò l'utilità che può avere il suo impiego pratico od il suo rendimento economico, poiché esso ci assicura l'esistenza di un
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ARTICOLO fluido universale substrato di ogni materia ed energia che, come ho dimostrato nelle mie pubblicazioni, ci permette di giungere alla Psicobiofisica, l'unica scienza cosmica unitaria che comprende in sé e spiega i fenomeni fisici, biologici e psichici, sintetizzandone le leggi in una sola equazione matematica in armonia con la cinematica classica. L'elaborazione di tale scienza mi è costata 40 anni di studi, ricerche ed esperimenti e la mia priorità in tutti i nuovi traguardi raggiunti, compresa l'invenzione del motore a forza propulsiva centrifuga, oltre che delle privative industriali sopra elencate, è resa incontestabile anche dalla seguente documentazione: 1) dalla pubblicazione di 5 volumi intitolati rispettivamente: "La teoria delle apparenze", "La Psicobiofisica", "Qual'è la chiave dell'universo", " L'unificazione della materia e dei suoi campi di forze", " Esperimenti decisivi per la fisica moderna", un complesso di 2000 pagine pubblicato a cura del Centro Int. di Psicobiofisica, via Frà Damiano, 20, Bergamo, e protette da copyright internazionale rilasciato in data 1949. 2) Da circa 10.000 articoli apparsi in varie lingue e nazioni su giornali, riviste, atti accademici e libri che hanno riferito sulla mia teoria e le sue applicazioni. 3) Dalla testimonianza di migliaia di allievi che hanno assistito alle mie lezioni e di migliaia di uditori che hanno ascoltato le conferenze da me svolte presso università ed accademie italiane ed estere; dai milioni di lettori delle mie opere e degli articoli scritti su di esse. 4) Dalle centinaia di comunicazioni e memorie da me presentate od esposte personalmente nei Congressi Scientifici internazionali di Fisica o Medicina. 5) Dalle motivazioni con le quali mi furono attribuite sia le nomine a Membro di varie Accademie Scientifiche italiane ed estere, sia diverse onorificenze. Non sappiamo se il prof. Di Bella abbia raccolta l'idea dell'invenzione in argomento da uno dei numerosi precedenti sopracitati, oppure se l'abbia trovata da se. Comunque sia, Egli apporta ora la sua autorevole conferma di scienziato all'esito dei miei esperimenti ed alla certezza che la fluidodinamica costituisce veramente quella scienza cosmica unitaria che era nell'aspirazione umana da secoli, il che spero, servirà a richiamare una più vasta e meditata attenzione sulle pubblicazioni sopra citate che la espongono, onde i lettori interessati possano trarne tutte le invenzioni nuove e gli ulteriori sviluppi teorici che essa consente, per un più rapido progresso del sapere umano. Marco Todeschini
01/07/1967
IL GIORNALE D’ITALIA di Roma 1 luglio 1967
Un brevetto del ’28 sul motore a forza centrifuga Di recente il dott. Di Bella di Genova ha sperimentato un sistema propulsivo a forza centrifuga generato da masse rotanti che, applicato a vari modellini di navi privi di elica, li fa spostare nell'acqua. L'apparecchio è costituito da un sistema di 2 ingranaggi tronconici, simile a un differenziale per automobili, con la diversità che, sull'asse del satellite, sono calettate due masse le quali, seguendo il moto di rotazione e rivoluzione del
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ARTICOLO satellite stesso, sviluppano la forza centrifuga propulsiva che si vuole sfruttare. Il tutto è azionato da un motorino elettrico. Ora a Bergamo il professor Mario Todeschini ha fatto presente che un apparecchio identico a quello sopra descritto fu da lui ideato e brevettato sin dal 1928. Anzi, le modifiche introdotte in seguito resero indispensabile chiedere un secondo brevetto che gli fu rilasciato dal competente ministero col numero 312496, in data 17 noviembre 1933 con il titolo di "Motore a forza propulsiva centrifuga". Dal '37 in poi la descrizione ed i disegni di tale invenzione vennero anche stampati in un apposito opuscoletto e posti in vendita al pubblico a cura dell'ufficio ministeriale della proprietà intellettuale, come prescritto dalla legge per assicurare la massima divulgazione all'invenzione medesima.
15/08/1967
IL PENSIERO MILITARE di Firenze 15 agosto 1967
Ufficiale scienziato che si fa onore Recentemente la stampa ha riferito che il Prof. Di Bella ha ideato e sperimentato un nuovo sistema propulsivo a forza centrifuga generata da masse rotanti, che applica a vari modellini di navi prive di elica, le fa spostare lentamente sull'acqua. L'apparecchio è costituito da un sistema di ingranaggi tronco-conici, simile ad un differenziale per automobili, con la diversità che sugli assi dei satelliti sono calettate due masse, le quali seguendo il moto di rotazione e rivoluzione dei satelliti stessi, sviluppano la forza centrifuga propulsiva che si vuole sfruttare. Il tutto è azionato da un motorino elettrico. Ora la stampa ha fatto rilevare che un apparecchio identico a quello sopra descritto risulta già ideato e brevettato sin dal 1928 dal noto scienziato Prof. Dott. Ing. Marco Todeschini. Anzi i perfezionamenti introdotti da questi in seguito, resero indispensabile chiedere un secondo brevetto, che gli fu rilasciato dal Ministero competente col n. 312496 in data 17-11-1933, sotto il titolo significativo di: « Motore a forza propulsiva centrifuga ». Nel 1937 poi la descrizione ed i disegni del trovato costituirono oggetto dell'apposito opuscolo stampato e posto in vendita al pubblico a cura dell'Ufficio della Proprietà Intellettuale, come prescritto dalla legge per assicurare la massima divulgazione dell'invenzione e della priorità spettante al suo autore. Il 16-5-1954 vennero anche effettuati ad Albino di Bergamo, numerosi esperimenti col motore in parola alla presenza dì vari scienziati ed autorità, di cui la stampa diede allora notizia. Per chiarire il principio di funzionamento dell'apparecchio è bene ricordare che il teorema del moto del baricentro, ci assicura che un sistema nel vuoto non può spostarsi con forze generate nel suo interno. Si sposta invece se è munito di eliche che ruotando si avvitano e trovano presa in un mezzo ambiente, come ad esempio gli aeroplani e le navi. Poiché nelle sue pubblicazioni Todeschini ha dimostrato che lo spazio in qualsiasi punto dell'Universo non è mai vuoto perché si comporta come un fluido, così risulta che è tale fluido che opponendosi al moto di rivoluzione delle masse dell'apparecchio, le sottopone a forza centrifuga. La natura sinora misteriosa di tale forza resta così svelata come reazione del mezzo fluido ambiente all'accelerazione di qualsiasi massa in esso immersa. Infatti la forza centrifuga è equivalente al prodotto della massa del corpo rivoluente per la
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ARTICOLO sua accelerazione. Ma accelerazione rispetto a che cosa? Poiché Todeschini ha dimostrato che una massa non può manifestare forze ed entrare in accelerazione se non è urtata da altre masse solide, liquide, gassose o sciolte allo stato di spazio fluido, è chiaro che anche la forza centrifuga di un corpo che rivoluisce intorno ad un centro è dovuta alla sua accelerazione centripeta rispetto allo spazio fluido immobile in cui è immerso e contro il quale urta. Infatti gli atomi disposti ai nodi del reticolo di Bragg che costituiscono il corpo, rivoluendo tutti assieme contro lo spazio fluido, sono soggetti ciascuno ad una reazione radiale, la cui risultante è la forza centrifuga totale del corpo stesso. Il nuovo principio della fluido dinamicità dello spazio sul quale si basa l'apparecchio, è perciò quello stesso che sta a fondamento della scienza cosmica unitaria ideata da Todeschini ed esposta nelle sue pubblicazioni. Egli infatti con una serie di prove sulla trasmissione della luce ha potuto dimostrare che lo spazio si comporta come un fluido avente una densità dieci elevato venti volte minore dell'acqua, i cui vortici sferici costituiscopo i sistemi atomici ed astronomici della materia con i loro campi di forze attrattive e le cui oscillazioni costituiscono, a seconda della loro frequenza di vibrazione, le differenti qualità di energia ondulatoria. In base a tali dimostrazioni sperimentali egli ha potuto unificare i diversi campi della fisica in quello della spaziodinamica, dimostrando che tutti i fenomeni naturali hanno per realtà oggettiva solo particolari movimenti di spazio fluido, retti da un'unica equazione matematica. Todeschini ha spiegato poi come questi movimenti, allorché si infrangono contro il corpo umano, provocano negli organi di senso delle correnti elettriche, le quali trasmesse dalle linee nervose al cervello, suscitano nella nostra psiche, ed esclusivamente in essa, le sensazioni dì luce, calore, elettricità, suono, odore, sapore, forza, ecc. Gli è stato così possibile svelare la meravigliosa tecnologia elettronica di tutti gli organi di senso, di moto e di regolazione del sistema nervoso periferico, intermedio e centrale, determinando le azioni e reazioni che si esplicano tra la materia del mondo fisico oggettivo, il corpo umano e la psiche. Gli è stato possibile, in altre parole, scoprire le modalità con le quali si svolgono e sono collegati tra di loro i fenomeni fisici, biologici e psichici, determinarne le precise relazioni matematiche reciproche e di assieme e coordinarli tutti in una scienza cosmica unitaria, denominata perciò psicobiofisica. Essa è convalidata, sia dal fatto che dall'unica equazione della fluidodinamica su cui si basa, si ricavano tutte le leggi che riguardano le varie scienze, sia dal fatto che dai suoi principi sono state dedotte centinaia di applicazioni pratiche, tra le quali va appunto annoverata l'invenzione qui in argomento del motore a forza propulsiva centrifuga. Il valore di questo trovato trascende perciò l’utilità che può avere il suo impiego pratico od il suo rendimento economico, poiché il suo funzionamento ci assicura l'esistenza di un fluido universale, substrato di ogni materia ed energia, che come ha dimostrato Todeschini nelle sue pubblicazioni, ci consente di giungere alla psicobiofisica, l'unica scienza cosmica unitaria che comprende in se e spiega i fenomeni fisici, biologici e psichici, sintetizzandone le leggi in una sola equazione matematica in armonia con la cinematica classica. L'elaborazione di tale scienza è costata al Todeschini 40 anni di studi, ricerche ed esperimenti, e la di lui priorità in tutti i traguardi raggiunti con essa, compresa
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ARTICOLO l'invenzione del motore a forza propulsiva centrifuga, oltre che dai brevetti sopra elencati, è resa incontestabile anche dalle seguenti documentazioni: 1°) Dalla pubblicazione di 5 volumi intitolati: « La teoria delle apparenze », « La Psicobiofìsica », « Qual'è la chiave dell'universo », « L'unificazione della materia e dei suoi campi di forza », « Esperimenti decisivi per la fisica moderna », un complesso di 2000 pagine pubblicato a cura del Centro Int. di Psicobiofisica di via Frà Damiano 20 in Bergamo, dal 1949 in poi. 2°) Da migliaia di articoli apparsi in varie lingue e nazioni su giornali e riviste, atti accademici e libri che hanno riferito sulla sua teoria e le sue applicazioni. 3°) Dalla testimonianza di migliaia di allievi che hanno assistito alle sue lezioni e di uditori che hanno ascoltato le conferenze da lui svolte in congressi scientifici, università, accademie italiane ed estere; dai milioni di lettori delle sue opere e degli articoli scritti su di esse. Todeschini interpellato in merito ha dichiarato: « Non so se il Prof. Di Bella abbia raccolta l'idea dell'invenzione da uno dei miei numerosi precedenti, oppure se l'abbia trovata da se. Comunque sia, egli apporta ora anche la sua autorevole conferma all'esito degli esperimenti da me effettuati ed alla certezza che la fluidodinamica costituisce vera mente quella scienza cosmica unitaria che era nell'aspirazione umana da secoli. Gen. Igino Salvetti
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