SE SO, NON SBAGLIO... PERCORSI DI EDUCAZIONE FINANZIARIA IN PRIMA PERSONA
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La nostra Banca nel territorio dove opera è, per i propri soci e clienti, ma anche per chi ha con essa un rapporto solo saltuario, un riferimento importante. Un riferimento economico, finanziario e, aspetto da non sottovalutare, educativo. Sin dalla sua origine, infatti, il Credito Cooperativo ha avuto anche una missione dichiaratamente educativa, ben esplicitata dall’articolo 2 del nostro statuto che ci impegna a promuovere “lo sviluppo della cooperazione e l’educazione al risparmio e alla finanza”. Un aspetto molto importante per il futuro di ognuno di noi è quello della pensione che però, in tanti, ignorano quasi completamente. Sono in pochi, infatti, a conoscere le modifiche del sistema pensionistico nazionale avvenute negli ultimi anni. Cambiamenti radicali che riguardano, specialmente, chi è entrato nel mondo del lavoro dopo il 31 dicembre 1995. Questa brochure, sotto forma di domande e risposte, permetterà al lettore di acquisire concetti base legati al sistema pensionistico ed in particolare a quello “complementare”, così da pianificare i lunghi anni senza lavoro in modo che siano un’opportunità e non una minaccia. Il Presidente
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In questa breve guida faremo riferimento alla pensione connessa alla cosiddetta “quiescenza”, cioè quella erogata alla fine della propria attività lavorativa per raggiunti limiti di età e/o contribuzione. Anche se ancora giovani la pensione è un aspetto della propria esistenza da non sottovalutare. Occuparsi della propria pensione significa, infatti, difendere la propria dignità di vita e pianificare i lunghi anni senza lavoro in maniera tale da poterli trascorrere quanto più serenamente.
a pensione obbligatoria deriva dal pagamento di contributi obbligatori per legge e costituisce il cosiddetto “primo pilastro” della previdenza. Ai lavoratori, mensilmente, viene trattenuta dallo stipendio una somma di denaro (nella busta paga sono i cosiddetti “contributi previdenziali”) alla quale si aggiungono i contributi versati dal proprio datore di lavoro. L’ammontare complessivo di questi contributi viene raccolto da soggetti pubblici specializzati definiti enti previdenziali (i principali sono l’Inps per i dipendenti privati e l’Inpdap per i dipendenti pubblici). Saranno poi questi enti ad erogare la pensione obbligatoria a quei lavoratori che abbiano raggiunto determinati requisiti anagrafici e contributivi.
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econdo il dizionario per pensione si intende una “somma di denaro corrisposta periodicamente da enti pubblici o privati a chi, per raggiunti limiti d’età o per altro motivo previsto dalla legge, abbia cessato la propria attività lavorativa”. Vi sono, infatti, vari tipi di pensione: di vecchiaia (erogata ai lavoratori che hanno raggiunto l’età stabilita dalla legge), di anzianità (erogata dopo un certo numero di anni di lavoro), di invalidità (a chi, per ragioni di salute, non può procurarsi un reddito), sociale (agli anziani che non hanno alcun reddito o ne percepiscono uno inferiore al minimo previsto), di reversibilità (riconosciuta al coniuge o ai figli minorenni alla morte del titolare).
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I lavoratori (dipendenti, iscritti alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e iscritti ai Fondi pensione integrativi) già assicurati alla data del 31.12.1995, hanno diritto alla pensione di vecchiaia se possono far valere almeno: * 60 anni di età per le donne e 65 anni di età per gli uomini; * 20 anni di contributi (1.040 contributi settimanali).
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I lavoratori (dipendenti, iscritti alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e iscritti ai Fondi pensione integrativi ed i lavoratori parasubordinati), assicurati successivamente al 31.12.1995, hanno diritto alla pensione di vecchiaia se possono far valere almeno: * 60 anni di età per le donne e 65 anni di età per gli uomini; * 5 anni di contribuzione effettiva (260 settimane).
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siste una lunga serie di regole – le ultime entrate in vigore nel gennaio 2010 – che sancisce quando il lavoratore potrà andare in pensione. In generale è possibile fare riferimento alle seguenti tabelle ma, spesso, sono previste delle deroghe. È quindi opportuno rivolgersi ad un esperto (uffici Inps, sindacati, consulenti del lavoro,…) per avere maggiori informazioni.
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I lavoratori autonomi devono essere in possesso di un requisito anagrafico pari ad almeno: * 60 anni di età e raggiungere quota 96, nel periodo dall’1.7.2009 al 31.12.2010; * 61 anni di età e raggiungere quota 97, nel periodo dall’1.1.2011 al 31.12.2012; * 62 anni di età e raggiungere quota 98, a partire dall’1.1.2013.
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Spetta ai lavoratori dipendenti, autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri), iscritti ai Fondi pensione sostitutivi ed integrativi dell’assicurazione generale obbligatoria. Fino al 30 giugno 2009 veniva concessa con almeno 35 anni di contributi e nel rispetto di alcuni requisiti anagrafici. Dal 1° luglio 2009 è stato introdotto il cosiddetto “sistema delle quote” che prevede il diritto alla pensione solo al raggiungimento di una quota data dalla somma tra l’età anagrafica minima richiesta e almeno 35 anni di anzianità contributiva.
In particolare per ottenere la pensione i lavoratori dipendenti e iscritti ai Fondi pensione sostitutivi ed integrativi devono essere in possesso di un requisito anagrafico pari ad almeno: * 59 anni di età e raggiungere quota 95, nel periodo dall’1.7.2009 al 31.12.2010; * 60 anni di età e raggiungere quota 96, nel periodo dall’1.1.2011 al 31.12.2012; * 61 anni di età e raggiungere quota 97, a partire dall’1.1.2013.
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l calcolo della pensione può essere effettuato in base a tre sistemi: retributivo, contributivo e misto.
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Come è facilmente intuibile, l’importo della pensione varierà notevolmente in base al sistema adottato, andando a sfavorire soprattutto i più giovani. Mentre con il retributivo il pensionato percepirà un reddito mensile che corrisponderà 8
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Il sistema misto è riservato a quei lavoratori che, pur essendo già assicurati al 31 dicembre 1995, non erano in grado di far valere 18 anni contributivi. In questo caso la pensione sarà determinata prendendo come base di calcolo in parte il sistema retributivo e in parte il sistema contributivo.
quasi totalmente all’ultimo stipendio, con quello contributivo la pensione sarà molto più ridotta, con rischi di decurtazioni fino all’80%. Il rapporto tra l’importo della prima pensione dopo la cessazione dell’attività lavorativa e l’importo dell’ultima retribuzione pagata al lavoratore si chiama “tasso di sostituzione”. Se tale rapporto è molto basso, difficilmente il pensionato potrà mantenere lo stesso tenore di vita.
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Il sistema contributivo, previsto per i lavoratori assicurati dopo il 31 dicembre 1995, prende come base di calcolo l’ammontare complessivo dei versamenti effettuati nell’arco dell’intera vita lavorativa.
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Il retributivo è riservato a quei lavoratori che, alla data del 31 dicembre 1995, erano in grado far valere almeno 18 anni di contributi. In questo caso come base di calcolo viene presa l’entità degli ultimi stipendi percepiti.
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Decorrenza della pensione: gennaio 2052 Età pensionamento: 61 anni e 10 mesi Anzianità contributiva complessiva: 41 anni e 1 mese Tipo di calcolo: contributivo Pensione netta di anzianità massima: 15.789 euro Reddito netto ante pensione: 25.301 euro Differenza: 9.512 euro Tasso di sostituzione: 62,4%
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l’importo del reddito da lavoro dell’anno in corso è al netto di tasse e contributi; l’importo della pensione attesa è al netto di tasse e contributi; i risultati sono depurati dall’inflazione. Pertanto le stime sono direttamente commisurabili al potere d’acquisto corrente del denaro; l’inflazione attesa per gli anni a venire è pari al 2%; la crescita reale annua del prodotto interno lordo è pari all’1,5%; i requisiti di età ed i coefficienti di conversione per il calcolo contributivo scontano le riduzioni attese negli anni a venire per via dell’allungamento della speranza di vita.
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Inquadramento: impiegato o operaio di azienda privata
PREMESSE DI CALCOLO
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Previsione di carriera: media (inflazione + 2%)
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Reddito annuo netto: 13.000 euro
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Data di nascita: marzo 1990
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RISULTATI ATTESI (valori su base annua)
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Anzianità di accredito: 0 anni 0 mesi
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ESEMPIO A Mario, ventenne, operaio in un’azienda metalmeccanica guadagna circa 1.000 euro netti al mese; preoccupato per il suo futuro decide di stimare quanto riuscirà ad avere di pensione.
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Decorrenza della pensione: gennaio 2034 Età pensionamento: 64 anni e 1 mese Anzianità contributiva complessiva: 38 anni e 4 mesi Tipo di calcolo: misto Pensione netta di anzianità massima: 24.073 euro Reddito netto ante pensione: 37.622 euro Differenza: 13.548 euro Tasso di sostituzione: 64,0%
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PREMESSE DI CALCOLO
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l’importo del reddito da lavoro dell’anno in corso è al netto di tasse e contributi; l’importo della pensione attesa è al netto di tasse e contributi; i risultati sono depurati dall’inflazione. Pertanto le stime sono direttamente commisurabili al potere d’acquisto corrente del denaro; l’inflazione attesa per gli anni a venire è pari al 2%; la crescita reale annua del prodotto interno lordo è pari all’1,5%; i requisiti di età ed i coefficienti di conversione per il calcolo contributivo scontano le riduzioni attese negli anni a venire per via dell’allungamento della speranza di vita.
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Inquadramento: impiegato o operaio di azienda privata
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Previsione di carriera: media (inflazione + 2%)
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Reddito annuo netto: 26.000 euro
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Data di nascita: marzo 1970
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RISULTATI ATTESI (valori su base annua)
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DATI PERSONALI
Anzianità di accredito: 15 anni 0 mesi
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ESEMPIO B Silvano, quarantenne, impiegato in un’azienda privata, preoccupato da quello che sente sul suo futuro e sulla sua pensione, pensando anche al piccolo Mirko, nato l’anno scorso, decide di farsi stimare la pensione di anzianità.
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I Fondi pensione costituiscono il “secondo pilastro” della previdenza e sono degli strumenti tecnici individuati dal legislatore per realizzare una previdenza aggiuntiva. Tramite un Fondo pensione il lavoratore investe volontariamente dei risparmi durante la vita lavorativa con l’obiettivo, quindi, di avere un’ulteriore prestazione pensionistica rispetto a quella erogata dal proprio Ente previdenziale obbligatorio. Le risorse raccolte dai Fondi pensione vengono investite nei mercati finanziari al fine di produrre un rendimento che va ad aggiungersi alla somma versata dal lavoratore. L’ammontare delle prestazioni previdenziali complementari dipenderà dai contributi versati, dal tempo di permanenza nel Fondo e dal rendimento ottenuto in tale periodo. I Fondi pensione si distinguono in: * “aperti”, istituiti da banche, assicurazioni, Società di gestione del risparmio (Sgr) e Società di intermediazione mobiliare (Sim) ai quali possono aderire tutti; * “chiusi”, riservati solo ai lavoratori che appartengono ad un determinato gruppo (dipendenti di un’azienda, lavoratori di una certa categoria, di un comparto o di un rag-
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Tutte le forme pensionistiche complementari sono regolate dalle stesse norme (comprese quelle fiscali) e sono sottoposte al controllo della Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione.
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elle pagine precedenti abbiamo visto la cosiddetta pensione obbligatoria. Esistono però delle forme pensionistiche complementari (che costituiscono il secondo e il terzo pilastro della previdenza) ideate per integrare la pensione obbligatoria nel caso questa risultasse troppo bassa. La scelta di aderire ad una forma pensionistica complementare è libera e volontaria. I contributi versati alla previdenza complementare vengono investiti sui mercati finanziari da soggetti specializzati, mentre le condizioni per avere diritto a questa pensione sono fissate dalla legge e sono le stesse previste per la pensione obbligatoria. La pensione complementare sarà calcolata sulla base di tutti i contributi versati e dei rendimenti finanziari eventualmente ottenuti prima di ritirarsi dall’attività lavorativa. Le forme pensionistiche complementari si distinguono in: * Fondi pensione (secondo pilastro); * Piani pensionistici individuali - Pip (terzo pilastro).
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Silvano, preso atto con preoccupazione della sua condizione al momento della pensione, spinto anche dal pensiero che il piccolo Mirko in quel periodo entrerà nel mondo del lavoro, decide di sottoscrivere un Piano previdenziale con un Fondo pensione aperto. Silvano sa che è in grado di risparmiare 100 euro al mese (sa anche che potrà detrarli in fase di dichiarazione dei redditi), e a que-
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zato da una maggiore rischiosità) e il 50% in comparto di tipo bilanciato (caratterizzato da una minore rischiosità). Facendo così Mario andrebbe ad incrementare la sua pensione di circa 4.500 euro, coprendo quasi la metà del suo gap previdenziale.
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Mario, verificato il suo gap previdenziale, decide di sottoscrivere un Fondo pensione aperto. Inizialmente Mario si propone di versare solo la quota Tfr, con l’obiettivo di incrementare i suoi versamenti non appena possibile. Data la sua giovane età, insieme ad un suo atteggiamento piuttosto prudente, decide di investire il 50% in un comparto di 16 tipo azionario (caratteriz-
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gruppamento territoriale). Vi rientrano i cosiddetti “negoziali”, cioè i Fondi costituiti sulla base di un accordo tra datore di lavoro e sindacati o associazioni di categoria (contratti collettivi nazionali, accordi o regolamenti aziendali, accordi fra lavoratori autonomi o liberi professionisti). In questi casi, oltre al contributo a carico del lavoratore, vi è anche un contributo del datore del lavoro e, in base alla data di prima occupazione, di tutto o una parte del Trattamento di fine rapporto (Tfr).
I Piani pensionistici individuali-Pip costituiscono il “terzo pilastro”. Sono anch’essi degli strumenti previdenziali che consentono, al pari dei Fondi pensione, di erogare prestazioni integrative di natura pensionistica rispetto a quelle del sistema pubblico. I Pip si realizzano mediante polizze assicurative (contratti di assicurazione sulla vita a scopo previdenziale) e, a differenza dei Fondi, l’adesione è esclusivamente individuale. Questo implica la possibilità di sospendere, e poi eventualmente riprendere, il versamento dei premi prestabiliti senza che il contratto si interrompa o venga penalizzato. Possono aderire ai Pip anche quei soggetti che non abbiano posizioni previdenziali aperte con il sistema pubblico (casalinghe, studenti,…).
sto aggiunge il suo Tfr. Inoltre l’azienda per la quale lavora versa, secondo un accordo collettivo, il 2% dello stipendio lordo. Silvano decide di orientarsi verso un approccio prudenziale (50% in un comparto bilanciato, 50% in un comparto obbligazionario). Silvano andrebbe così ad incrementare la sua pensione di circa 7.000 euro, coprendo oltre il 50% del suo 17 gap previdenziale.
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A questo punto occorrerà un’analisi delle entrate e delle uscite in modo da quantificarne l’eventuale divario. Sarà importante confrontare le spese (i consumi più le imposte) con le entrate attese (pensione erogata dall’Inps o dalla propria cassa di previdenza, rendita derivante da un Fondo pensione o da polizze assicurative, altri redditi finanziari), distinguendo tra consumi indispensabili e non. Le uscite legate ai bisogni (e quindi indispensabili) dovranno trovare una contropartita con quelle entrate pensionistiche “vitalizie” sulle quali, cioè, possiamo fare affidamento anche se dovessimo vivere 100 anni e più. Rientrano in questi redditi vitalizi le pensioni pubbliche e le prestazioni da Fondo pensione-assicurazione che garantiscono una rendita per l’intero arco della vita. Dalla parte dei desideri avremo come contropartite delle forme (immobiliari o mobiliari) che non possono garantire per sempre la qualità e la quantità del reddito, per rischi connessi al mercato, locativi, finanziari,…
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Il primo passo è quello di definire degli obiettivi, ossia quale stile di vita vorrò avere quando andrò in pensione. La qualificazione di tali obiettivi dipende da quando andrò in pensione e da quanto denaro vorrò avere a disposizione. Il primo aspetto lo possiamo definire non solo come “quando potrò” (vincolato dalle norme di legge), ma anche come “quando vorrò” (non tutti, infatti, desiderano andare in pensione appena possibile). Definito il tempo di inizio della pensione, bisognerà anche stimarne la durata e, quindi, di quanto denaro necessiteremo. Come noto la vita media si è notevolmente allungata, un fattore da considerare nel valutare le differenti “necessità”. Per semplificare, avremo delle spese che faranno parte della voce “bisogni” e altre della voce “desideri”. Rientrano fra i “bisogni” quei consumi indispensabili che saranno effettuati per tutto l’arco della nostra vita indipendentemente dalla longevità (alimentazione, abbigliamento, bollette, spese sanitarie,…). Rientrano nella voce “desideri” quei consumi non indispensabili (viaggi, cene in ristoranti di lusso, gadget elettronici di ultima generazione,…) che possiamo anche cessare di acquistare con l’avanzare dell’età.
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Passo successivo sarà quello di studiare il sistema più coerente con le necessità di integrazione pensionistica selezionando soluzioni vitalizie per i “bisogni” e soluzioni di investimento per i “desideri”. Come detto, alla soddisfazione dei bisogni contribuiscono, in maniera determinante, le forme pensionistiche complementari che, grazie alla legge dei grandi numeri, offrono la certezza di una prestazione vitalizia prendendosi in carico il cosiddetto rischio demografico (o di longevità). La scelta del comparto di investimento più adeguato dovrà essere effettuata in base alle proprie disponibilità finanziarie ed in termini di rapporto tra tempo, rischio oggettivo, rendimento atteso e rischio soggettivo (vale a dire la tolleranza del risparmiatore verso le oscillazioni del proprio investimento pensionistico). Nel definire la strategia, in particolare, bisogna considerare sette fattori: * il tempo che incide in due direzioni. Da un lato, più tempo abbiamo a disposizione maggiore sarà la capitalizzazione dei versamenti effettuati. Dall’altro, più tardi si andrà in pensione, più difficile diventa prevedere le “regole” legate alla previdenza pubblica (quando e
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con quanto potrò andare in pensione); i mercati, in quanto risulterà importante tenere costantemente sotto controllo i propri investimenti legati al loro andamento; la società (o collettività) che, tramite il concetto di “mutualità”, è alla base dei calcoli pensionistici delle previdenze pubbliche e complementari, togliendo dalle spalle dei singoli il “rischio di lunga vita”; il Tfr (Trattamento di fine rapporto) dove confluiscono somme che possono essere efficacemente utilizzate per le necessità di integrazione pensionistica invece di essere accantonate per una liquidazione che, oggi, sembra sempre meno importante rispetto alle necessità di vita di un atteso lungo pensionamento; l’incremento della propria previdenza pubblica prendendo in considerazione la possibilità di riscattare la laurea o contribuzioni volontarie; la fiscalità in quanto lo Stato ha previsto forti incentivi fiscali per chi decide di aderire a forme di pensione complementari; il cittadino vale a dire “noi stessi”. La pianificazione pensionistica è un argomento che va affrontato prima possibile cercando di non rimandarlo nel tempo quando certe scelte potrebbero rivelarsi molto più costose e dolorose. 21
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el nostro Paese negli ultimi decenni si è allungata notevolmente l’età media. A fronte di un forte aumento della popolazione anziana si è però registrato un decremento delle nascite che ha comportato importanti riforme nel sistema previdenziale. In particolare, chi è entrato nel mondo del lavoro dopo il 31 dicembre 1995 o che, a quella data, aveva pochi anni di servizio, subirà forti tagli alla pensione “pubblica”. Per garantire a questi lavoratori, anche durante il periodo del pensionamento, un reddito non troppo diverso da quello goduto durante la vita lavorativa, è stato previsto un sistema pensionistico “complementare” tramite l’istituzione di Fondi pensione e Piani pensionistici individuali. Naturalmente ogni soggetto potrà avere obiettivi ed esigenze differenti. Diventa quindi fondamentale definire quale stile di vita si vorrà avere una volta andati in pensione, capire come raggiungerlo e definire eventuali strategie di integrazione pensionistiche, da monitorare periodicamente, rivolgendosi anche a consulenti specializzati.
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aturalmente è difficile decidere da soli una propria strategia pensionistica. È pertanto fondamentale affidarsi ad un operatore finanziario di assoluta fiducia che sappia aiutarci a: * quantificare gli obiettivi economici del pensionamento, sia a livello personale sia familiare; * misurare le necessità economiche future; * selezionare le modalità più efficaci ed efficienti per ottenere una stabilità economica oggi e domani. Un bravo consulente dovrà conoscere i sistemi previdenziali pubblici, i Fondi pensione, le assicurazioni sulla vita, le diverse possibilità di investimento oltre ad essere dotato di una strumentazione adeguata in grado di garantire stime attendibili. Sarà poi importante un monitoraggio continuo per compensare, di volta in volta, i cambiamenti della vita, della pensione, dei mercati, in modo da portarci, alla fine, al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
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