NUMERO 1 • 2014
FEDERLUS
PERIODICO DELLA FEDERAZIONE DELLE BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO DEL LAZIO UMBRIA SARDEGNA
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www.federlus.it
LE nELLa prospEttiva EuropEa
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Design della comunicazione:
Fotografia: Fattori - Paolucci
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EDITORIALE DEL PRESIDENTE LA FEDERAZIONE COME NUOVO CENTRO PROPULSIVO
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APPUNTI DEL DIRETTORE I CONTI CON L’EUROPA
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PRIMO PIANO IL NUOVO STATUTO DELLA FEDERAZIONE
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PUNTO CONGIUNTURALE L’EURO È SALVO, MA GLI EUROSCETTICI AVANZANO
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VERSO L’ASSEMBLEA PAOLO MIELI, LA STORIA CONTROCORRENTE
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Intervista a Paolo Mieli IL PASSATO COME CHIAVE PER LEGGERE IL PRESENTE 12
L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA DEI CONTROLLI INTERNI. IL COORDINAMENTO DELLE FUNZIONI DI CONTROLLO E LA GESTIONE INTEGRATA DEI RISCHI
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LAVORI IN CORSO
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AGGREGAZIONI IN CORSO
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ATTUALITÀ LE “ECONOMIE REGIONALI” SOTTO LA LENTE DI BANKITALIA
DAI CLIENTI ESTERNI 14
UNA BELLA SFIDA. LA GESTIONE DEL RISCHIO INFORMATICO
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TESORI DEL TERRITORIO FIUGGI E LE SUE ACQUE, UNA STORIA ANTICA
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Alfredo Ballini RIPARTIRE DALL’ACQUA
A ROMA IL COMITATO ESECUTIVO DELL’ASSOCIAZIONE EUROPEA DELLE BANCHE COOPERATIVE 44
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“CI SIAMO!” I RISULTATI DEL CONCORSO A PREMI
Guido Zaffi Borgetti PRONTI PER AGGANCIARE LA RIPRESA
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DAL MOVIMENTO
DALLA FEDERAZIONE IMPARARE GIOCANDO. FUNZIONA ANCHE PER L’APPRENDIMENTO DEGLI ADULTI?
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L’OFFERTA FORMATIVA 2014
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DALLE BCC BCC DEL TUSCOLO IL CONTRATTO DI RETE PER SOSTENERE L’ECONOMIA LOCALE ED AFFRONTARE IL MERCATO GLOBALE 46
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NUOVE FILIALI/1 CRA AGRO PONTINO LA FILIALE 10 E LODE
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FEDERLUS A SUPPORTO DELLE BCC NELL’IMPLEMENTAZIONE DEL RISK APPETITE FRAMEWORK (RAF)
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NUOVE FILIALI/2 BCC DEL CIRCEO NUOVO SPORTELLO A TERRACINA
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BASILEA 3, LE PRIME APPLICAZIONI
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NUOVI ORIZZONTI
NOVITÀ NORMATIVE IN MATERIA DI GOVERNO SOCIETARIO: LA FEDERAZIONE A SUPPORTO DEGLI ORGANI SOCIALI
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IL PROGETTO DI SUPPORTO AI COLLEGI SINDACALI DELLE BCC
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Direttore Responsabile: Maurizio Aletti
NOVITÀ SU ORIZZONTI TV
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RECENSIONI I CONTI CON LA STORIA
Immagini: Archivio Edicom, Archivio Federlus, Fabrizio Burelli, Simone Pagano, Microimages Fotolia Redazione: Alessandro Ceccarelli, Brunella Venier
Hanno collaborato a questo numero: Martina Bonaldo, Loretana Cacciotti, Giorgio Caporale, Alessandro Giannese, Francesco Manganaro, Gaetano Orticelli, Gianluca Ricco, Greta Salve, Pasquale Suriano, Stefano Tezzon, Sergio Troiani, Rocco Viola
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Editore: EDICOM srl, iscritta al R.O.C. n. 8961 Finito di stampare: luglio 2014 Tiratura: 2.000 copie
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Design della comunicazione:
Fotografia: Fattori - Paolucci
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EDITORIALE
La Federazione come nuovo centro propulsivo di Francesco Liberati
La riforma del ruolo delle Federazioni locali attraverso il varo del nuovo Statuto tipo rappresenta un passaggio decisivo per il credito cooperativo e, non a caso, la nostra Federazione ha partecipato attivamente al lavoro nazionale che ha condotto al nuovo impianto delle norme fondanti che regolano la vita delle Federazioni stesse e, quindi, dell’intero sistema. È nelle fasi di grandi trasformazioni che bisogna adeguare strutture giuridiche e sistemi organizzativi alle mutate esigenze e, come ben sappiamo, le nostre banche si trovano oggi di fronte a sfide inedite che richiedono un supporto evoluto e ancora più qualificato da parte delle Federazioni locali. Del resto le Federazioni locali nacquero alle fine degli anni ’60 come risposta associativa a uno scenario che voleva le casse rurali spazzate via come cenerentole di un sistema bancario fatto di imprese pubbliche o private di molto più grandi dimensioni. In quel contesto, il coordinamento regionale fu molto importante dando punti di riferimento, servizi e tutele alle microscopiche e disorganizzate Casse dell’epoca. Oggi lo scenario è molto diverso da allora, ma non sono minori le difficoltà e la Federazione locale può essere il nuovo elemento propulsore di una maggior forza d’insieme, dando valore alle esperienze acquisite e accrescendo le proprie competenze al servizio delle BCC per una risposta di livello europeo a una sfida che in altri Paesi è stata già colta e vinta da tempo. Con il nuovo Statuto viene accresciuto, e di molto, il ruolo delle Federazioni locali, non solo sul piano funzionale ma anche come elemento di garanzia reciproca tra tutte le BCC associate. In tal senso, una Federazione forte, riconosciuta e organizzata è elemento di tutela effettiva per tutti portatori di interesse, minimizzando gli oneri diretti e indiretti e massimizzando i vantaggi della “forza dell’unione”. Un principio quest’ultimo che è stato il cardine della politica associativa Federlus degli ultimi dieci anni. Passando agli aspetti chiave del nuovo Statuto – che l’Assemblea straordinaria della nostra Federazione è chiamata ad approvare in sede straordinaria il prossimo 18 luglio – si parte da quello che è il momento basilare sancito all’art. 2 con il collocamento centrale nei principi ispiratori e nello scopo sociale della promozione della “sana e prudente gestione delle banche associate”. E lo fa dando a questo fine strumenti concreti, con la definizione puntuale delle attività che la Federazione può svolgere con le BCC socie e con terzi, nonché per prevenire le crisi in raccordo con l’attività dei Fondi di Garanzia. La Federazione, in particolare, potrà definire standard di internal audit omogenei per le BCC, avere un canale diretto con gli organi amministrativi e di controllo, avere ancora maggiori informazioni tecnico-gestionali e interloquire con le Autorità di Vigilanza e, dulcis in fundo, non manca il mutualismo di sistema attraverso un fondo di solidarietà per supportare le consorelle in difficoltà con l’opzione di modulare temporaneamente i contributi. Sono certo che la nostra Federazione saprà valorizzare al meglio gli strumenti che il nuovo Statuto le mette a disposizione, nell’interesse delle associate tutte.
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APPUNTI DEL DIRETTORE
I conti con l’Europa Non ci deve mancare il coraggio di farli, perché se li sappiamo fare bene potrebbero tornare a nostro vantaggio. L’Europa per noi deve essere un’opportunità di Paolo Giuseppe Grignaschi
“A pochi giorni dall’annuncio da parte di Mario Draghi delle misure straordinarie decise dal consiglio direttivo della BCE, si rafforza il focus sul rilancio economico dell’economia continentale e sul ruolo critico che il credito bancario tende di nuovo ad assumere. Annuncio che segue di pochi giorni la pubblicazione del rapporto di Confindustria sullo stato del sistema produttivo italiano: nel periodo 2000-2013, a fronte di una crescita della manifattura mondiale vicina al 40%, in Italia si è assistito a un crollo del comparto del 25% e un generale arretramento degli altri settori, ad eccezione di quello alimentare. Il messaggio non necessità di particolari riflessioni: la discontinuità che viviamo è strutturale, le origini precedono di molto le instabilità finanziarie del 2008. Se il ruolo della banca quale agente economico è convogliare il risparmio raccolto tra le famiglie (unità in surplus) verso i migliori progetti imprenditoriali (unità in deficit), comportando per questa via una riallocazione delle risorse dai settori con minori prospettive di profittabilità a quelli con migliori possibilità di sviluppo nel lungo periodo, possiamo affermare che questo modello di finanziamento dell’economia non sta perfettamente funzionando. O meglio, il sistema finanziario è riuscito a sostenere un comparto produttivo in crescita, ma fondando sulla capitalizzazione dei frutti di un precedente modello industriale. Risulta invece in difficoltà nel sostenere l’evoluzione delle imprese verso una vera innovazione che consenta alle eccellenze locali di affrontare le sfide dell’information technology, dell’economia della condivisione, della conoscenza diffusa. Le spinte alla standardizzazione dei modelli e all’industrializzazione dei processi presumibilmente indotte dall’Unione Bancaria, per giunta, potrebbero accrescere tali inadeguatezze e non rispondere appieno a un’esigenza di forti capacità selettive, di consapevole assunzione di rischi e di visione strategica nella valutazione dei migliori progetti innovativi. Queste contraddizioni in Italia assumono connotati ancora più rilevanti. Nel 90% dei casi le nostre aziende hanno a capo una persona fisica e oltre l’80% delle nostre imprese sono guidate da un membro della famiglia che le controlla. Se da un lato c’è la necessità di selezionare le start-up innovative e supportare le realtà imprenditoriali attuali attraverso un maggiore e più mirato ricorso ai mercati dei capitali, d’altro canto c’è bisogno di modelli di intermediazione creditizia in grado di capitalizzare l’informazione
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locale riguardante la storia delle persone, le strutture di filiera, la congiuntura locale. Visto che la T con cui Draghi ha caratterizzato il rilancio di nuove operazioni LTRO, nella nuova formula Targeting Long Term Refinancing Operation (TLTRO) rafforza l’obiettivo primario e contingente della BCE (la trasmissione della politica monetaria all’economia reale per il mezzo del canale bancario), l’efficacia di questo tipo di interventi non può evidentemente essere avulsa dalla considerazione dei diversi modelli di business con cui i singoli intermediari si interfacciano sul territorio con il tessuto produttivo locale e, in ultima analisi, trasmettono gli impulsi di politica monetaria allocando le risorse raccolte. Una banca con una mission e una struttura votate al localismo è auspicabile, per le ragioni esposte, che diventi europea. Fatto salvo il riconoscimento in sede europea delle sue peculiarità e dell’utilità economica sottesa al suo operare. Il modello della banca locale, osservato nei casi in cui, anche nel periodo più buio della crisi, buona governance e sana e prudente gestione sono rimasti i principi guida, può contribuire a offrire opportunità ai micro-contesti e fungere da cinghia di trasmissione tra la finanza europea e i mercati di sbocco delle imprese. A patto che venga inserito in un sistema finanziario europeo più articolato, fondato sul pluralismo degli operatori”.
Mario Draghi
Quanto sopra è il testo di un mio articolo pubblicato lo scorso 27 giugno su Milano Finanza con il titolo “Una banca locale (ma diventata europea) sarà la cinghia di trasmissione delle imprese”. Parlando inter nos, la banca locale cui faccio riferimento è la BCC, nella convinzione che un’Europa che punti sullo sviluppo non possa fare a meno di Istituzioni Finanziarie estremamente vicine a soggetti caratterizzanti il sistema socio-economico continentale, che sono le famiglie e le PMI. Una convinzione che ho maturato ulteriormente nei numerosi incontri che ho avuto recentemente con personalità del mondo politico, accademico e professionale e del giornalismo; incontri quasi tutti fedelmente riprodotti e disponibili sul canale You Tube della Federazione e su Orizzonti TV, incontri principalmente finalizzati alla preparazione del video che verrà presentato nel corso dell’evento “I conti con l’Europa – Le BCC nella prospettiva europea” che precederà l’annuale assemblea della Federazione prevista la mattina del 18 luglio p.v. a Fiuggi nello splendido Salone delle Feste del Grand Hotel Palazzo della Fonte. Sarà quella l’occasione, dopo l’interessante excursus storico in cui ci condurrà Paolo Mieli con la sua Lectio Magistralis, per ribadire tutti insieme la volontà della nostra Federazione di costruire un nuovo Sistema del Credito Cooperativo che sappia raccogliere le sfide dell’Europa trasformandole in una nuova opportunità di crescita e di sviluppo per i nostri territori.
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PRIMO PIANO
Il nuovo Statuto della Federazione Il 27 maggio 2014, il Consiglio di Amministrazione della Federazione delle BCC del Lazio, Umbria, Sardegna ha esaminato il testo definitivo dello Statuto da sottoporre all’approvazione dell’Assemblea Straordinaria dei Soci convocata per il 18 luglio. Lo stesso Consiglio, già nella seduta del 10 dicembre dello scorso anno, sulla base dello Statutotipo approvato dal Consiglio Nazionale della Federazione Italiana, aveva dato mandato a un’apposita Commissione Tecnica di redigere il testo del nuovo Statuto della Federazione, scelto tra le varie opzioni possibili 6
La Commissione incaricata si è più volte riunita per analizzare il documento proposto da Federcasse e, nel rispetto delle linee guida fornite dal Consiglio di Amministrazione, ha portato a termine il lavoro elaborando un testo definitivo che è stato poi sottoposto all’esame del medesimo Consiglio di Amministrazione. Le ragioni dell’intervento sullo Statuto-tipo delle Federazioni Locali traggono origine, in primo luogo, dai lavori avviati nel corso del XIV Congresso Nazionale del Credito Cooperativo e da altre esigenze nel frattempo evidenziate all’interno del “Sistema” delle BCC. Tra queste ultime, in particolare, è emersa la necessità di aggiornare lo Statuto-tipo delle Federazioni Locali all’attuale contesto del Credito Cooperativo, di migliorare la funzionalità di talune previsioni, con un’attenzione specifica alla prevenzione delle situazioni di difficoltà delle banche, nonché di tener conto delle novità normative sopravvenute e delle modifiche apportate allo Statuto-tipo delle BCC nel 2009 e nel 2011. Gli obiettivi che si sono intesi perseguire con le modifiche proposte all’articolato possono essere riassunti, in sintesi, nei seguenti punti: 1. una migliore e più completa definizione degli scopi, del ruolo e delle funzioni della Federazione, in coerenza con i valori sottesi al modello associativo della Cooperazione di Credito (articolo 2); 2. la conferma del principio di territorialità nell’adesione delle banche; 3. una più aggiornata rappresentazione dell’oggetto sociale, e una definizione puntuale delle attività che la Federazione può svolgere. Per quanto attiene agli scopi, al ruolo e alle funzioni, innanzitutto si ribadisce, nel nuovo testo statutario, che l’attività della Federazione si ispira ai principi della mutualità e della solidarietà, da sempre alla base della tradizione del Credito Cooperativo. Poi, si afferma che, al fine di promuovere la sana e prudente gestione delle Banche di Credito Cooperativo socie, la Federazione opera per sostenere il loro sviluppo e rafforzarne la stabilità, anche favorendo coerenti relazioni fra le stesse e valorizzandone l’agire nell’interesse dei soci, dei loro clienti e delle comunità di riferimento. Inoltre, nell’ambito della propria attività, la Federazione sostiene il consolidamento del rapporto che le Banche di Credito Cooperativo intrattengono con le comunità locali di cui sono espressione; incoraggia lo sviluppo delle Associate mediante l’esercizio di attività di interesse comune, di rappresentanza, di controllo dei rischi, di formazione continua dei componenti dei loro organi sociali, della dirigenza e degli altri collaboratori, di assistenza ed erogazione dei servizi; promuove la sana e
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associata, occorre, affinché ciò possa essere possibile, il preventivo consenso delle Federazioni locali interessate e di Federcasse (art. 15, lett c). Nell’espletamento del suo ruolo istituzionale, lo Statuto prevede che la Federazione svolga una funzione di rappresentanza per le Banche socie al fine di stipulare accordi o convenzioni con enti pubblici e privati di qualunque natura; tuteli i loro interessi sindacali; le assista nei rapporti con le Autorità di vigilanza; eserciti un’attività di promozione. In merito alle attività diverse da quelle istituzionali prevalgono come importanza la compliance, l’asAl fine di sistenza, la consulenza e la formazione, nonché promuovere la sana l’internal audit e l’attività di verifica e revisione e prudente gestione svolta, quest’ultima, anche come articolazione terdelle BCC socie, ritoriale dei Fondi di Garanzia del Credito Coopela Federazione opera rativo. per sostenere In particolare, l’attività di internal audit deve essere il loro sviluppo prudente gestione come obiettivo e erogata nel rispetto della vigente normativa in mae rafforzarne linea di indirizzo per l’autonomia teria, previo l’ottenimento della “quality assula stabilità, anche responsabile di ogni singola BCC, rance”, secondo gli standard internazionali previsti favorendo coerenti operando, a tal fine, anche quale arper lo svolgimento di tale servizio, le linee guida, relazioni ticolazione territoriale e tramite orgli standard metodologici e gli strumenti tecnici di fra le stesse dinario dei Fondi di Garanzia del sistema indicati dalla Federazione Nazionale di cae valorizzandone Credito Cooperativo, in base alle ditegoria. Inoltre, è previsto che le BCC che esternal’agire nell’interesse scipline ad essi applicabili. lizzano l’attività di internal audit debbono utilizzare dei soci, dei loro Il principio della territorialità prei servizi offerti in proprio o attraverso società parclienti e delle vede che ogni Federazione possa astecipate dalla Federazione di appartenenza. comunità sociare solo BCC che abbiano la Oltre a quanto sopra rappresentato, la Federlus, nel di riferimento propria sede legale nel territorio di riformulare il proprio Statuto, in ossequio alla precompetenza di quella specifica Fevisione contenuta nell’art. 28 dello Statuto-tipo, ha derazione (ovviamente, per la Feinserito anche la possibilità di nominare, nel proprio derlus i territori comprendono il Lazio, l’Umbria e la Organo Amministrativo, oltre ai Presidenti delle BCC Sardegna). Tale “principio” presenta una sola eccezione, associate, anche i loro VicePresidenti previa designazione vale a dire il trasferimento della sede legale in una reda parte del Consiglio di Amministrazione delle medegione di competenza di un’altra Federazione, accompasime BCC. gnato da una effettiva prevalente operatività, nella regione In ultimo, va sottolineata la previsione, contenuta nell’art. della nuova sede, in termini di soci, di succursali e di 17, che stabilisce che in caso di fusione tra banche socie masse amministrate (art. 12, comma 3). Viene inoltre aderenti e anche in caso di fusione tra banche apparteeliminata la possibilità di ammettere – anche col connenti a Federazioni diverse a cui consegua la perdita senso degli altri soggetti interessati – una BCC fuori dal della qualità di socio della Società di una di esse, in territorio “naturale” di insediamento. considerazione degli investimenti effettuati e della proPer ciò che riguarda l’oggetto sociale e una definizione grammazione compiuta dalla Società, la banca che risulta puntuale delle attività che la Federazione può svolgere, dalla fusione o quella incorporante è tenuta al pagamento il nuovo Statuto distingue in maniera netta e inequivodi una somma corrispondente ai contributi dovuti alla cabile le attività istituzionali riservate in via esclusiva ai Società per i tre successivi esercizi. soli soci (artt. 6 e 7) da tutte le altre attività (diverse da C’è da rilevare, infine, che come ulteriore evoluzione quelle istituzionali) che possono essere rese anche nei del lavoro svolto a livello Nazionale, si procederà a rieconfronti di terzi (artt. 8, 9 e 10); inoltre, qualora una laborare un nuovo Statuto delle BCC e, necessariamente, BCC volesse avvalersi di attività (diverse da quelle istiverrà adeguato anche lo Statuto di Federazione Italiana. tuzionali) prestate da una Federazione a cui non risulta Sergio Troiani
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PUNTO CONGIUNTURALE
I risultati delle elezioni continentali
L’
è salvo,
ma gli euroscettici avanzano L’Italia, ai proclami di guerra e alle incertezze di un dopo voto tutto da decrittare, ha dato fiducia all’assetto governativo di Palazzo Chigi. Nel resto del Continente, casi simbolo a parte, ciò che preoccupa sono le sacche euroscettiche ed estremiste, sia pure minoritarie, che possono rappresentare focolai dall’esito assai incerto di Rocco Viola
La bandiera dell’euro potrà sventolare ancora sul pennone più alto del Vecchio Continente. Perché le ultime elezioni hanno tenuto in piedi l’impianto architettonico della moneta unica, evitando un cedimento strutturale, un collasso, le cui conseguenze avrebbero potuto minare l’intero sistema comunitario. Il risultato del voto, però, non sembra essere figlio tanto di un nuovo modello (che però lo assorbe e subisce) quanto di endemiche situazioni interne che messe insieme, talvolta apparentemente senza troppa logica e coerenza, compongono una cartografia composita dell’Europa che sarà, spesso in un mix di
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paure, timori e incognite. Il conto in superficie delle urne (anche se occorre analizzare il substrato in profondità) ci dice che a perdere sono stati gli euroscettici (lontani dai numeri di una maggioranza al Parlamento Europeo), indeboliti dalla rottura di quello che potrebbe essere un robusto fronte comune. E la colla utilizzata nelle ultime settimane (vedi il ritorno di fiamma fra Beppe Grillo e Nigel Farage) sembra più di forma che di sostanza, condita da una timbrica tesa ad affermare concetti alternativi giusto per far sentire una voce fuori dal coro, meglio se marcatamente populista. E dunque, il voto. A cominciare da quello italiano il cui esito è stato determinato dall’impatto che Matteo Renzi, ha saputo imprimere sulla macchina del Paese, raccogliendo quell’energia che lo ha portato a vincere la partita dapprima in casa (spazzando le turbolenze interne del suo gruppo) e poi in un’Italia che – ai proclami di guerra e alle incertezze di un dopo voto tutto da decrittare – ha dato fiducia all’assetto governativo di Palazzo Chigi. I sussulti dei mercati, ad accompagnare l’evoluzione dei sondaggi nella manciata dei giorni precedenti al voto (la vittoria di Grillo secondo gli strategists – non solo dell’Eurozona – avrebbe portato un carico di ulteriori 200 punti sullo spread) hanno fatto il resto. Se l’Italia ha premiato l’operato di Renzi, la Francia ha bocciato quello di Hollande, che ci ha messo del suo nel far naufragare i sogni del progetto elettorale di due anni fa (di un’Europa basata su sui principi di giustizia sociale) dietro pruriginose passeggiate in scooter e assimilato dalla piazza sempre più a quel sistema che aveva promesso di rottamare. Il Paese che due anni fa lo aveva eletto a piene mani, relega il Partito Socialista ad un poverissimo terzo posto (15%), affidando la propria fiducia all’estrema destra di Marine Le Pen. Le Europee hanno riservato la stessa sorte ai conservatori di Cameron, il
cui partito è stato superato, stavolta sì, da L’Europa è chiamata a riformarsi e lo dovrà L’Europa è chiamata un euroscettico per missione, Nigel Farage; fare in uno scenario di pura emergenza, in a riformarsi al pari della Danimarca, culla della socialun contesto connotato da una forte polae lo dovrà fare democrazia, dove il Danish People Party (un rizzazione. Insomma, dovrà intervenire in in uno scenario mix di xenofobia ed euroscetticismo allo maniera decisa per recuperare quel terreno di pura emergenza, stato puro) è diventato il primo partito. di competitività smarrito con una crisi che connotato da una Casi simbolo a parte, ciò che preoccupa in continua ancora ad aleggiare sui nostri cieli. forte polarizzazione. avvio della nuova legislatura sono le sacche, Ecco, in un momento come questo il mesInsomma, sia pure minoritarie, che possono rappresensaggio più chiaro e meno controverso dovrà intervenire tare focolai dall’esito assai incerto. Dalla sigiunge proprio da quell’Italia troppo spesso in maniera decisa nistra radicale di Tsipras che dalla Grecia additata a Cenerentola dell’impianto Ue. per recuperare vuol rinegoziare trattati e modalità per eviQuell’impianto che non è più chiamato a competitività tare un calvario-bis, fino agli indignados confrontarsi fra linee differenti di pensiero spagnoli di Podemos!, agli estremisti della – socialisti e popolari, destra e sinistra – destra ungherese del partito Jobbik, ai neoma fra chi vuole l’Europa (e come la vuole) nazisti tedeschi di Udo Voigt, senza dimenticare l’asprae chi invece non la vuole per niente. Questa struttura, mente critico nei confronti del sistema comunitario, oggi, è chiamata ad autorigenerarsi. In altre parole, è l’olandese Geert Wilders: sono tutte forze che oltre a giunto il momento in cui l’Europa deve, ineludibilmente, posizionarsi fra i primi gruppi nei rispettivi paesi hanno fare i conti con se stessa prima di decidere se abdicare trovato alloggio a Bruxelles. da quel ruolo sovrano che le è stato assegnato.
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VERSO L’ASSEMBLEA
Paolo Mieli,
la storia controcorrente Profilo del noto giornalista ed esperto di storia che interverrà all’Assemblea Federlus del 18 luglio parlando del suo libro più recente, I conti con la storia, occasione per allargare lo sguardo alla situazione attuale dell’Europa. Una realtà con la quale, anche in questo caso, è necessario più che mai fare i conti “La storia si scrive sempre due volte”, ha scritto Paolo Mieli in uno dei capitoli iniziali di Storia e politica. Risorgimento, fascismo e comunismo, libro uscito nel 2001. La prima volta è quella in cui i vincitori si impegnano a tramandare la loro versione dei fatti. La seconda volta tocca invece allo storico interrogarsi sugli aspetti oscuri e contradditori delle vicende, ricercare documenti che mettano in dubbio le versioni precedenti, liberarsi, quando è necessario, della vulgata tradizionale. C’è, in questa dichiarazione, una sorta di manifesto d’intenti che dà il senso all’attività ultra quarantennale di Paolo Mieli, giornalista italiano tra i più noti ed esperto di storia. Mieli nasce a Milano il 25 febbraio 1949 in una famiglia di origini ebraiche, e a diciotto anni è già a “L’Espresso”, testata per la quale lavorerà per circa un ventennio. Studia storia moderna eleggendo a suoi maestri il liberale Rosario Romeo (grande studioso del Risorgimento) e Renzo De Felice (notissimo storico italiano del Fascismo). Nella sua formazione di appassionato conoscitore di cose storiche è fondamentale il rapporto con Livio Zanetti, suo direttore all’Espresso. Nel 1985 scrive per “la Repub-
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blica”, dove rimane per un anno e mezzo, fino al suo approdo a “La Stampa”, di cui assume la direzione nel 1990. Nel 1992 assume la direzione del “Corriere della Sera”, dove mette in atto un’opera di ammodernamento alleggerendo sia la foliazione che i contenuti. Con il cambiamento portato da Mieli il quotidiano milanese consolida la sua autorevolezza. In particolare durante gli anni di Tangentopoli il quotidiano tenta di porsi in maniera equidistante sia dai poteri pubblici che da quelli privati. Lascia la direzione del “Corriere della Sera” nel 1997, sostituito da Ferruccio De Bortoli. Mieli rimane peraltro con l’editore Rcs, ricoprendo la carica di direttore editoriale del gruppo. Dopo la scomparsa di Indro Montanelli, è lui ad occuparsi della rubrica quotidiana “Lettere al Corriere”, dove il giornalista dialoga con i lettori su temi di ambito soprattutto storico. Nel 2003 i presidenti di Camera e Senato indicano in Paolo Mieli il nuovo presidente designato della RAI. La sua nomina tuttavia dura soltanto pochi giorni per volere dello stesso Mieli. Torna alla direzione del “Corriere” nel 2004, sostituendo l’uscente Stefano Folli. Il Cda di Rcs MediaGroup decide di sostituire nuovamente il direttore nel 2009 richiamando Ferruccio De Bortoli. Mieli assume come nuovo
Nessuna ricerca – dice Mieli – può mettere a repentaglio il nostro vivere civile e le basi della nostra democrazia: “Si aprano tutti i libri, si discutano con garbo le tesi più diverse dalle nostre. Si rifugga dall’uso improprio e calunnioso dell’aggettivo revisionista. Si renda comunque omaggio a chi ha impegnato del tempo per pensare, elaborare, scrivere. E tutti avremo una vita migliore”
incarico quello di presidente di Rcs Libri, partecipando contemporaneamente ad alcune note trasmissioni televisive di divulgazione storica come Correva l’anno. La revisione per Mieli è il sale della storiografia: di più, il suo motore interno. Senza revisione, senza un continuo riesame critico delle interpretazioni acquisite e delle prove che le hanno sostenute, semplicemente non si dà storiografia. È essenziale quindi lo sforzo di comprendere le ragioni degli altri senza smarrire la fiducia nelle proprie, preservando le condizioni di una dialettica civile e costruttiva e sfuggendo alla faziosità. Nessuna ricerca – dice Mieli – può mettere a repentaglio il nostro vivere civile e le basi della nostra democrazia: “Si aprano tutti i libri, si discutano con garbo le tesi più diverse dalle nostre. Si rifugga […] dall’uso improprio e calunnioso dell’aggettivo revisionista. Si renda comunque omaggio a chi ha impegnato del tempo per pensare, elaborare, scrivere. E tutti avremo una vita migliore”. Molti i libri in cui Mieli ha applicato la lezione storiografica di marca liberale ereditata da De Felice e Romeo. In Le storie, la storia. Gli eventi nascosti nelle pieghe del passato va alla ricerca dei significati nascosti fra le pieghe degli eventi storici, scrutando i risvolti minori delle grandi vicende e sforzandosi di capovolgere il punto di vista tradizionale sui momenti chiave del nostro passato. Un viaggio attraverso le vicende del passato cruciali per la storia futura, dai fasti intellettuali del mondo biblico e dell’antica Grecia alle problematiche
stringenti del nostro tempo. Un modo rigoroso di guardare al passato per capire il presente. In Storia e politica Mieli parte dalle ambiguità che ancora avvolgono la vulgata tradizionale della storiografia del Novecento ed esamina i nervi scoperti di un secolo complesso e ricco di contraddizioni, mettendo in guardia dalla tentazione di forzare l’analisi dei fatti per far quadrare i conti sull’oggi. Dalla Prima Guerra Mondiale al Fascismo, dalla Resistenza agli anni della contestazione, l’autore dà spazio a eventi e figure spesso lasciati ai margini della memoria ufficiale: sfilano così tra gli altri in queste pagine l’attentatore anarchico che nel 1926 cercò di uccidere con una bomba Mussolini, i giovanissimi che, pur sapendo di stare dalla parte dei vinti, si arruolarono nell’esercito di Salò, i comunisti italiani che finirono nei gulag di Stalin. Mieli affronta le zone d’ombra delle versioni imposte dai vincitori e mostra perché solo una discussione onesta e imparziale può far nascere una coscienza pubblica capace di cementare lo spirito civico del nostro Paese. Nel suo libro più recente, I conti con la storia, uscito lo scorso anno, Mieli affronta il tema della memoria e della sua contraddittorietà. Mieli è consapevole che storia e memoria sono due binari paralleli destinati a correre insieme senza però incontrarsi mai. Resiste quindi alla retorica imperante della memoria condivisa e si schiera a favore dell’utilità di un benefico oblio valorizzando la “messa a distanza” critica del passato, mettendone in luce la complessità. L’oblio non è qualcosa di spregevole, insomma, ma parte integrante della memoria, capacità di selezionare i ricordi eliminando le tossine. Anche quella che stiamo vivendo è una fase importante, con un ciclo che si è chiuso e uno che si sta aprendo: fare i conti con la storia è quindi più che mai necessario per affrontare consapevolmente una crisi dai risvolti cruciali, quella che sta vivendo l’Europa.
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VERSO L’ASSEMBLEA
Intervista a Paolo Mieli
Il passato come chiave per leggere il presente
“La storia non è una cosa che esiste a sé, ma è scritta dagli esseri umani, che sono condizionati dalle vicende a cui partecipano nel presente”
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La storia è un centro di interesse per lei in quanto giornalista o pensa oggi di occuparsene con una diversa finalità? È un modo il mio di parlare del presente, allontanandosene. Invece di tenere lo sguardo fisso sempre sui protagonisti e i fatti dell’oggi, cercare analogie da approfondire sul passato, anche sul passato molto remoto. Nell’introduzione del suo ultimo libro I conti con la storia, lei spiega molto bene come il lato politicamente scorretto delle cose rimanga spesso sotto traccia. Le vicende storiche a volte vengono usate per rafforzare le proprie tesi, per legittimarsi o delegittimare i propri avversari. La storia non è una cosa che esiste a sé, ma è scritta dagli esseri umani, che sono condizionati dalle vicende a cui partecipano nel presente. È sempre stato osservato, fin dai tempi di Erodoto, che la storia è fatta da persone che tendono a leggere i fatti del passato per spiegare quello che stanno facendo in quel momento. Se ci mettessimo a discutere degli ultimi vent’anni della storia d’Italia, a seconda delle idee che abbiamo in questo momento, tenderemmo a farci tornare i conti. Nel mio libro non pretendo di avere l’ultima parola sui fatti di cui mi occupo, anzi esattamente il contrario, sono convinto che non esiste mai una verità definitiva. Qual è il rapporto tra lo storico e la memoria? Lo storico deve fare tutto con la memoria, ma capendo che essa è strettamente intrecciata con l’oblio. Nei miti da Platone ad Omero, l’oblio è parte integrante della memoria. È la capacità di selezionare i ricordi in modo da eliminare le tossine e lasciare ciò che ci serve per sopravvivere. Il passato va ricordato tutto, ma per vivere dobbiamo selezionare la nostra memoria. Lei ha dichiarato che il suo metodo storiografico le è servito molto anche per il giornalismo: quali sono stati i suo maestri? I miei maestri, sono stati due grandi storici, entrambi scomparsi: Renzo De Felice e Rosario Romeo. Due storici diversi fra loro. Romeo è stato un grande studioso del Risorgimento e di Cavour a cui ha dedicato un’ampia
biografia. De Felice, dopo aver fatto studi in gioventù sull’Illuminismo e sui giacobini italiani nello scorcio tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, ha studiato molto il fascismo e ha dedicato a Mussolini la sua importante e monumentale biografia. Questi sono stati i miei maestri non solo per la scelta degli argomenti, ma anche per il metodo di ricerca che mi hanno insegnato. Il metodo è molto semplice: si tratta di prendere la versione ufficiale dei fatti e di andare a vederne quanto meno i risvolti, i conti che non tornano e poi, porsi delle
domande. Se le cose non fossero andate davvero così? Se quelli che vengono considerati i “buoni”, fossero un po’ meno buoni di quanto ci appaiono? E i cattivi fossero stati meno cattivi di quanto ci è stato fatto credere? Queste domande fondamentali sul capovolgimento hanno ispirato sempre i miei interessi e hanno portato a risultati molto curiosi nel rifare la storia. L’Europa e l’Italia li hanno fatti i conti con la storia? In parte sì, soprattutto negli ultimi anni, ma molti conti vanno ancora fatti, non riusciremo ad affrontare il futuro senza capire alcuni aspetti del passato, recente ma anche remoto. Da quando lei ha iniziato a fare il giornalista rispetto ad oggi, cosa è cambiato nel modo di fare giornalismo? Io ho cominciato a fare il giornalista quando ancora esistevano le macchine da
“Io ho cominciato a fare il giornalista quando ancora esistevano le macchine da scrivere e la comunicazione era molto faticosa, ma in realtà nel fondo non è cambiato nulla: la missione dell’informazione è di controllare i poteri costituiti, in caso entrare in conflitto con essi e reggere duro quando questi conflitti si sviluppano”
scrivere e la comunicazione era molto faticosa, ma in realtà nel fondo non è cambiato nulla: la missione dell’informazione è di controllare i poteri costituiti, in caso entrare in conflitto con essi e reggere duro quando questi conflitti si sviluppano, e questo era così prima che io nascessi, quando ho cominciato a fare il giornalista ed anche adesso. Secondo lei scomparirà la carta stampata? No. Penso che la rivoluzione tecnologica sia un po’ come quella che all’inizio del 1900 caratterizzò la nascita del cinema. Fino al quel momento per 2500 anni l’unica forma di rappresentazione artistica era stato il teatro, dall’Atene di Euripide fino ad Osborne tutto passava nel teatro. Poi nacque il cinema, poi la televisione. È ovvio che oggi il grosso dello spettacolo si percepisce con altri mezzi, ma il teatro rimane per un pubblico sofisticato e così sarà per i giornali. Nel suo libro c’è un capitolo dedicato al banchiere Arturo Osio. Dopo la grande crisi degli anni Trenta venne realizzata una profonda ristrutturazione del sistema finanziario, con l’assorbimento di parecchie realtà minori nelle imprese più importanti. Un po’ quello che accade oggi con l’unione bancaria europea. Lei cosa ne pensa? Credo che l’unione bancaria sia uno dei progetti più importanti dell’UE. È un modo per rispondere alla crisi del debito bancario perché non influisca su quello sovrano e viceversa. È un passo verso una area integrata dal punto di vista economico. Greta Salve
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ATTUALITÀ
Le “Economie regionali” sotto la lente di Bankitalia La Federlus interviene alla presentazione del rapporto in Umbria. Le BCC della nostra Federazione in controtendenza, con un incremento degli impieghi dell’1,4% Come di consueto, nel mese di giugno la Banca d’Italia ha diffuso i rapporti annuali rientranti nella serie “Economie regionali”. I rapporti contengono studi sulle condizioni cicliche e sulla struttura economica e finanziaria delle economie locali. Raccolgono inoltre informazioni statistiche avvalendosi anche della collaborazione di operatori economici, intermediari finanziari, istituzioni pubbliche, associazioni di categoria e altri organismi. Con riferimento al 2013, per le regioni di nostra competenza, emerge un quadro di perdurante difficoltà economica. L’arretramento del prodotto interno lordo regionale si conferma in tutte e tre le regioni, ma con particolare accento in Sardegna in cui il decremento è risultato pari al 2,5% (nel Lazio -1,5% e in Umbria -1,9%). Relativamente alle dinamiche creditizie, anche nel 2013, a fronte di una generalizzata diminuzione dei finanziamenti erogati osservabile presso le tre regioni, le BCC della nostra Federazione hanno in controtendenza incrementato i volumi di impiego dell’1,4%. L’incremento dell’incidenza degli attivi creditizi rispetto ai complessivi sistemi bancari regionali è stato sottolineato dalla stessa Banca d’Italia la quale ha rilevato – per esempio con riferimento alla regione Lazio – il ruolo crescente delle banche locali nel finanziamento dell’economia.
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D’altro canto, l’incremento del credito anomalo – è stato sottolineato – non risparmia neanche le BCC, le quali si trovano a dover gestire a livello locale i livelli di rischiosità, mantenendo fede alla propria missione di supporto al tessuto produttivo locale. Rispetto a questi temi, in Umbria, la nostra Federazione è stata invitata ad intervenire, attraverso il Direttore Generale Paolo Grignaschi, nell’ambito del dibattito che ha seguito la presentazione dello studio, moderato dal Prof. Luca Ferrucci, Professore di Economia all’Università di Perugia. Al dibattito ha preso parte anche Catiuscia Marini, Presidente della Regione Umbria. “I risultati delle BCC – ha evidenziato il Direttore Grignaschi – sono la dimostrazione di come banche locali ben gestite e assistite dalla rete di Categoria siano in
grado di svolgere appieno il ruolo di sostegno di un’economia caratterizzata in prevalenza da piccole e medie imprese�. Proprio il rapporto tra Banche e Imprese è stato il tema centrale del dibattito, con gli interventi di importanti imprenditori attivi in Regione. Un confronto diretto, in cui entrambe la parti in causa rivendicano le proprie istanze contingenti. Ma concordano su un assunto di fondo: l’esigenza del cambiamento riguarda tutti. Istituzioni comprese. Alessandro Ceccarelli
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TESORI DEL TERRITORIO
Fiuggi
e le sue acque, una storia antica Vanta una delle più importanti stazioni termali d’Europa e un nucleo di insediamento che trova le sue origini nel V secolo prima di Cristo. Alla scoperta di Fiuggi, la città laziale con il maggior numero di posti letto in esercizi alberghieri e extra-alberghieri dopo Roma Fiuggi si trova in una sorta di conca all’interno dei Monti Ernici, nell’area conosciuta come Alta Ciociaria, ed è composta di due diversi centri abitati. Il primo, noto turisticamente come Fiuggi Fonte, è decisamente moderno e vanta una delle più importanti stazioni termali d’Europa. Il nucleo d’insediamento più antico, invece è quello che viene tradizionalmente chiamato Fiuggi Città, ma la denominazione è recente: si chiamò, infatti, Anticoli di Campagna fino al 1911, quando il Comune decise di cambiare toponimo: “Frugi” fin dall’antichità stava ad indicare la località ove sgorga l’acqua, località ricca di fiorente vegetazione di castagni nel cui sottobosco crescono rigogliose felci che nel gergo e nella nomenclatura dialettale vengono denominate “feuci” o “frugi”. Già nel V a.C. secolo era abitato dagli Ernici, la popola-
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zione preromana stanziata in quest’area del Lazio in un piccolo agglomerato chiamato Felcia, che sorgeva su un rilievo roccioso alto circa ottocento metri. Gli Ernici, dopo varie alleanze e scontri con Roma furono definitivamente assoggettati all’Urbe da Appio Claudio e da C. Plauzio (367 a.C.). Alcuni studiosi ritengono che nella zona sia esistito, in epoca repubblicana, un insediamento di una certa consistenza avente lo stato giuridico di colonia romana. Di questo periodo romano si hanno però scarsissime notizie. Le origini della cittadina sono certamente medioevali. Anticamente l’agglomerato
Già nel V a.C. secolo era abitato dagli Ernici, la popolazione preromana stanziata in quest’area del Lazio in un piccolo agglomerato chiamato Felcia, che sorgeva su un rilievo roccioso alto circa ottocento metri. Gli Ernici, dopo varie alleanze e scontri con Roma furono definitivamente assoggettati all’Urbe da Appio Claudio e da C. Plauzio (367 a.C.)
era probabilmente situato nella campagna, ma per potersi difendere in maniera più efficace dalle invasioni saracene gli abitanti si trasferirono nella vicina collina, dove sorge attualmente il centro storico. Anticoli fu posto entro lo stato dei papi, direttamente soggetto ai pontefici romani. Nel XVI secolo la famiglia dei Colonna, dopo varie vicissitudini, entrò in possesso del territorio di Anticoli e lo mantenne fino al 1816. L’antico borgo conserva pressoché intatte le sue strutturazioni medioevali, con qualche torre delle mura di difesa che sboccia ancora qua e là tra le case. Le arterie principali che si dipartono parallelamente dalla piazza
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TESORI DEL TERRITORIO
ECONOMIA E TURISMO Fiuggi è una delle più conosciute stazioni termali d’Europa, dotata di una notevole attrezzatura alberghiera. Dopo Roma, infatti, è la città del Lazio che ha il maggior numero di posti letto (circa 15mila) in esercizi alberghieri e extra-alberghieri. Assai vasta e diversificata è la rete commerciale con quasi 300 esercizi che comprendono boutiques, negozi artigianali, supermercati. Nei primi decenni del Novecento la città fu al culmine della sua popolarità, ed anche presidenti del Consiglio come Giovanni Giolitti amavano trascorrervi brevi soggiorni. Poi ha mantenuto la sua posizione grazie ad un’ampia capacità ricettiva che ha fatto decollare negli anni il cosiddetto turismo congressuale, con manifestazioni di rilievo, di caratura nazionale e internazionale, spesso ospitate nel Palaterme, che spicca tra le strutture culturali assieme al Teatro della Fonte e al Teatro comunale. Vi si possono fare diverse attività sportive: il Fiuggi Golf Club, ad esempio, è il più antico percorso di golf comunale dell’Europa continentale, essendo stato fondato nel 1928. Nel 1998, poi, è stato aperto un Centro Sportivo Comunale di circa 17 ettari comprendente due campi di calcio, campi sportivi per calcetto, struttura coperta polivalente, Club-House, servizi ausiliari, impianti per l’atletica, pista ciclo pedonale per allenamenti di circa 2 km, piscina olimpionica con tribune. Anche lo sci è un’opzione praticabile. Si può infatti facilmente salire a Campocatino, che si trova a 1.800 metri e perciò è innevato da dicembre ad aprile. Presenti 5 sciovie e 10 piste di discesa che si estendono per circa 10 chilometri. Non lontano, inoltre, Campo Staffi, una delle più moderne stazioni sciistiche della regione con una pista di discesa e due anelli per lo sci di fondo.
Ripartire dall’acqua
Alfredo Ballini Presidente BCC Fiuggi
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Fiuggi, a seguito del continuo espandersi della fama delle qualità curative delle sue acque, ha accresciuto la propria potenzialità economica fino a diventare una delle località turistico-termali più famose al mondo. Qual è stato nei decenni il ruolo della BCC nella costruzione di questo importante percorso? La città di Fiuggi è conosciuta in tutto il mondo per la sua acqua, e seppur con alterne vicende commerciali, il brand resiste ed è indissolubilmente legato al territorio. Con orgoglio la nostra Banca ha sempre sostenuto le iniziative imprenditoriali e sociali meritevoli di aiuto, attraverso non solo le formule tradizionali di erogazione del credito, ma anche con investimenti sistematici di valorizzazione del patrimonio ricettivo e culturale del comprensorio. Inoltre, la quasi totalità degli investimenti de-
stinati al miglioramento ed allo sviluppo delle attività commerciali ed alberghiere ha visto negli anni la partnership della BCC di Fiuggi. Il 2013 è stato un anno molto difficile per l’economia italiana. E purtroppo anche il 2014 non è un anno facile, nonostante qualche timido segnale di ripresa. Qual è la situazione nel territorio di Fiuggi? La recessione economica nazionale sta segnando duramente la Ciociaria, che soffre particolarmente la crisi del settore edilizio e del trasporto merci su gomma. Per quanto riguarda Fiuggi, poi, si evidenzia un perdurante calo delle presenze turistiche ed un rallentamento delle presenze congressuali. Di contro, si registra con favore la buona ripresa della commercializzazione dell’acqua di Fiuggi sia sul mercato dome-
Trento e Trieste si collegano tra loro con vicoli scoscesi, stretti, fatti di archi, di scalinate ed anguste piazzette. Ai lati dei vicoli le case si innalzano l’una a fianco dell’altra in continua successione. Sembra che il grande storico Ferdinand Gregorovius allorché visitò Anticoli di Campagna così ebbe ad esprimersi: “…Se non fosse per la
mancanza d’un Eva che ti offre la mela, qui diresti di trovarti nel Paradiso Terrestre”. Con l’inclusione del Lazio nel Regno d’Italia nel 1870 come provincia di Roma, Anticoli divenne parte, insieme a Trevi nel Lazio, Vico nel Lazio, Torre Cajetani, Trivigliano e Filettino del mandamento di Guarcino, uno dei
Stazione di Fiuggi, 1979
stico sia su quello internazionale e la determinazione assunta dall’amministrazione comunale di edificare una struttura lamellare per congressi e convention. Noi combattiamo la crisi anche attraverso formule di assistenza e beneficenza diretta per alleviare il disagio economico e morale dei più deboli. In che modo la BCC di Fiuggi continua a stare al fianco delle imprese che operano nella città e nel circondario che, nonostante il periodo critico, danno opportunità di lavoro e sostegno a migliaia di famiglie? A differenza delle banche di livello nazionale, che si sono nel tempo disimpegnate dall’assistenza creditizia al territorio ridimensionando filiali e personale, la nostra Banca ha sempre dato seguito positivo alle
richieste di credito meritevoli di sostegno, accompagnando nuovi e storici clienti anche nei momenti di maggiore difficoltà. Come è possibile, a suo avviso, superare le difficoltà che sta attraversando l’azienda termale che gestisce le fonti dell’acqua di Fiuggi e rilanciarne ulteriormente l’attività? Quello delle Terme è un argomento delicato e nessun piano futuro può essere affrontato senza rendere merito agli imprenditori che personalmente si sono impegnati per gestire gli stabilimenti in questo periodo di recessione. Auspichiamo che un rinnovato patto tra pubblico e privato possa convogliare le risorse necessarie ad un rilancio dell’azienda termale che sfrutti a pieno le potenzialità del marchio Fiuggi.
La quasi totalità degli investimenti destinati al miglioramento ed allo sviluppo delle attività commerciali ed alberghiere ha visto negli anni la partnership della BCC di Fiuggi
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TESORI DEL TERRITORIO
12 del circondario di Frosinone. Questo ordinamento amministrativo durò fino al 1927, quando fu istituita la provincia di Frosinone. Nel 1911 iniziò una vera e propria valorizzazione delle proprietà curative delle acque, con l’inaugurazione della Fonte Bonifacio VIII. Ed è nello stesso anno, come accennato, che il nome di Anticoli di Campagna venne cambiato in Fiuggi con Regio decreto del 9 agosto. In quell’agosto 1911, proprio a Fiuggi venne firmata la dichiarazione di guerra all’impero ottomano – per l’acquisizione della Libia – ad opera del Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti, che stava passando un periodo di vacanza nella città laziale. Nel 1913 venne aperto il Grande Albergo Palazzo della Fonte, uno dei più prestigiosi d’Europa, che l’anno successivo avrebbe accolto la famiglia reale, e da Fiuggi il re firmò la dichiarazione di neutralità nel conflitto appena scoppiato. La cittadina, insomma, era divenuta luogo di villeggiatura per molti notabili dell’epoca, sviluppandosi rapidamente. Dopo la seconda guerra mondiale la ripresa dell’economia termale fu lenta, condizionando lo sviluppo di Fiuggi. Fu poi a partire dagli anni ’60 che la cittadina ernica cominciò a registrare un netto miglioramento.
Pronti per agganciare la ripresa
Guido Zaffi Borgetti Direttore BCC Fiuggi
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La BCC di Fiuggi ha chiuso l’esercizio 2013 con un incremento della raccolta diretta e una sostanziale stabilità degli impieghi netti. È l’ulteriore conferma che famiglie e imprese mostrano un atteggiamento di cautela. Che si prevede per il 2014 a Fiuggi? Sì, i dati sulla raccolta hanno consentito alla Banca di ottimizzare il rapporto impieghi/depositi secondo principi di equilibrio validi per il momento di recessione attraversato. La fiducia accordataci dai nostri soci e clienti è il bene più prezioso dell’Istituto e la cautela con la quale svolgiamo l’esercizio del credito ripaga di tale fiducia. Con l’anno in corso prevediamo una moderata crescita degli investimenti, pronti a sfruttare l’auspicata ripresa. La Banca ha una buona copertura delle sofferenze e un rapporto prudente di impieghi rispetto alla raccolta. Come stanno andando i primi mesi dell’anno rispetto al credito ad andamento anomalo?
Purtroppo i dati sul deterioramento del credito registrano livelli di incremento pari a quelli degli esercizi precedenti, e non può essere altrimenti stanti i morsi della crisi che ancora colpiscono i settori alberghiero e commerciale, unitamente al crollo di tutte le attività legate all’edilizia ed al settore immobiliare in genere. La Banca, anche grazie agli interventi di politica monetaria della BCE, è riuscita a diluire l’impatto negativo delle sofferenze grazie ad una prudente politica di accantonamenti svolta negli anni. Con l’entrata in vigore della nuova normativa sui controlli interni, sui sistemi informatici e la continuità operativa vi sono nuovi importanti adempimenti per le nostre banche. Come si sta muovendo la BCC di Fiuggi e qual è il ruolo di Federlus? L’adeguamento all’entrata in vigore delle numerose e diverse disposizioni normative nelle aree di cui alla domanda, sarebbe estremamente difficoltosa senza l’ausilio
LE TERME Le proprietà benefiche dell’acqua di Fiuggi hanno un’origine molto antica. In epoca preistorica la conca di Fiuggi era un lago che, con la sedimentazione lacustre e i fenomeni vulcanici, si è nel tempo riempito di uno strato di limo, argilla, tufi e ceneri. Oggi l’acqua filtra attraverso la coltre vulcanica, si arricchisce di sostanze attive ed emerge in numerose sorgenti: il segreto delle proprietà dell’acqua di Fiuggi sta quindi nella sua composizione. L’uso di quest’acqua a fini curativi è pressoché proverbiale. Possiede infatti effetti diuretici e può stimolare la funzionalità globale del rene, favorendone le capacità depurative. Può vantare inoltre la capacità di “sciogliere” ed espellere i calcoli renali e di prevenirne la formazione. È particolarmente indicata nella preparazione degli interventi per la calcolosi urinaria e nel trattamento post-operatorio. L’acqua di Fiuggi imbottigliata è reperibile nei supermercati, nei negozi di generi alimentari e nelle farmacie in tutta Italia (e sta ampliando progressivamente la sua presenza in diversi Paesi stranieri come Stati Uniti, Canada, Russia, Gran Bretagna e Australia). Il modo più efficace per ottenere i salutari benefici dell’acqua è, però, quello di berla alla fonte (quella di Bonifacio VIII e quella Anticolana). Ci sono molti motivi per cui la cura dovrebbe essere effettuata alle Terme, primo fra tutti lo stile di vita che gli ospiti di Fiuggi amano adottare. Il riposo, la vita regolare, le passeggiate, il regime alimentare sono aspetti importanti che svolgono un’azione di benessere generale, che si sommano alle proprietà specifiche dell’acqua. La fonte Bonifacio VIII fu costruita all’inizio del ‘900, in elegante stile liberty di cui rimane, oggi, soltanto il suggestivo portale d’ingresso. Negli anni ‘60, infatti, la struttura interna fu completamente ristrutturata su progetto dell’architetto Moretti e si estende in un gioco di spazi aperti e chiusi, di arditi elementi architettonici di cemento e di lussureggiante vegetazione. La Fonte Anticolana, denominata anche “fonte nuova” perché inaugurata negli anni Venti, è maggiormente frequentata durante il pomeriggio. Situata in una posizione incantevole, offre agli ospiti qualche fontanella in meno, ma offre splendide passeggiate nei giardini e nei viali alberati del grande parco attrezzato.
della nostra Federazione. Solo sfruttando la professionalità e la disponibilità del nostro sistema federativo la Banca può intraprendere un percorso di conformità altrimenti arduo. È interesse e desiderio della Banca interagire sempre più con la Federlus per dotare la struttura di sistemi operativi, gestionali e di controllo, conformi ad ogni normativa. Una parola sulla concorrenza bancaria nella piazza di Fiuggi e dintorni. Che fanno gli altri operatori e vi sono nuovi spazi per il Credito Cooperativo? Come può supportare le BCC il sistema associativo in tema di promozione del marchio? Il sistema bancario italiano sta ridisegnando e ridimensionando la geografia degli sportelli sul territorio nazionale e Fiuggi sembra essere oggetto di tale riduzione. La nostra Banca, invece, presidia con successo il territorio di azione grazie anche alle risposte che riesce a dare mettendo a frutto le sinergie con la Federazione e con ICCREA. Vestiamo i panni di piccola Banca locale offrendo però consulenza, servizi e prodotti del nostro sistema associativo che si caratterizzano per eccellente qualità.
Il sistema bancario italiano sta ridimensionando la geografia degli sportelli, e anche Fiuggi sembra essere oggetto di tale riduzione. La nostra Banca, invece, presidia con successo il territorio di riferimento grazie anche alle risposte che riesce a dare mettendo a frutto le sinergie con la Federazione e con il Gruppo Iccrea
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DALLA FEDERAZIONE
Formazione Dipendenti
Imparare giocando. Funziona anche per l’apprendimento degli adulti?
Martina Bonaldo
Alcune tesi fondamentali sulle modalità di apprendimento vedono la conoscenza come “prodotto creato”, costruito in modo attivo dall’individuo in particolare attraverso la collaborazione sociale e la comunicazione. Da qui si sono sviluppati approcci metodologici nei quali il confronto è la strada unica per giungere alla creazione di nuove conoscenze, basate, quindi, non solo sull’esperienza individuale, ma anche e soprattutto sulla negoziazione e la condivisione con altri membri del gruppo in apprendimento.
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Lo studio di casi, il problem-solving, così come tecniche tipiche del mondo del gioco quali la simulazione, danno vita a un percorso suddiviso per fasi: 1. formulare ipotesi 2. comprovarle 3. sintetizzarle in modo negoziato, per giungere ad una possibile soluzione. Un tale approccio offre spunti di riflessione e opportunità di ragionamento critico, mette di fronte alla necessità di trovare strategie per la soluzione di problemi reali, rendendo il contesto in cui si sviluppa l’apprendimento più vivo e con-
creto. Il modello di apprendimento che ne deriva non si basa quindi, sulle proposte pre-strutturate da parte del docente, ma la conoscenza è frutto di processi creativi che conducono alla elaborazione da parte dell’individuo o del gruppo. Da queste considerazioni si è partiti inserendo all’interno dell’offerta formativa di Federazione 2014 il Business Game – Gestione di una filiale. Il Business Game è infatti un Edugame, un “gioco per la formazione” che riproducendo in modo metaforico situazioni e logiche d’impresa rappresenta una linea didattica attiva, coinvolgente e vivace.
Nel corso, attraverso un gioco interattivo web-based, i partecipanti collegati in videoconferenza e divisi in squadre in relazione della filiale di appartenenza, hanno avuto il compito di prendere decisioni manageriali riguardanti la gestione strategica e operativa di una filiale, in un arco temporale simulato di due anni. Come all’interno di una reale filiale, al fine di conseguire i risultati attesi, ogni gruppo ha interagito con il modello ed ha preso decisioni relative alle condizioni da applicare, alle azioni commerciali per sviluppare il mercato e alla gestione del personale. Al contempo il gioco ha per-
l’esperienza in un debriefing, collegando quanto appreso alla realtà lavorativa della filiale. Il lavoro di squadra, la competizione e i momenti di razionalizzazione hanno facilitato e reso costanti, lo scambio dell’esperienza, la generazione di un clima di partecipazione, il confronto, l’apprendimento e il senso di appartenenza. Alla prima edizione del game, tenutasi il 12 e 13 Il Business Game giugno scorsi, hanno è un Edugame, partecipato otto risorse un “gioco per la per cinque BCC. Di seformazione” che guito qualche commento riproducendo a caldo dei partecipanti: in modo metaforico “L’esperienza è stata insituazioni e logiche nanzitutto affascinante, d’impresa perché una simulazione rappresenta della realtà è tale a una linea didattica qualsiasi livello; inoltre attiva, coinvolgente l’ho trovata entusiae vivace smante perché elaborata talmente bene che per poche ore mi ha fatto sentire un dipendente in grado di poter partecipare alle decisioni politiche della mia azienda”. “Il punto di forza dell’esperienza è stato senz’altro il software creato per la simulazione, davvero innovativo per un Credito Cooperativo”. “Il corso mi ha aiutato a comprenmesso loro di sviluppare le capacità dere meglio le difficoltà che può di visione d’insieme, pensiero loavere una dirigenza ad indirizzare gico, anticipazione degli scenari, le scelte strategiche ed a segmentare spirito di gruppo e proattività. la clientela”. “Grazie mille per la Il game è stato suddiviso in varie piacevole esperienza e speriamo di fasi (simulazioni trimestrali), in cui vederci presto con un nuovo esperile squadre hanno giocato in compemento!” tizione tra loro. Una volta prese le decisioni sulle diverse leve a dispoRisultato raggiunto – Game over. sizione, ogni gruppo ha lanciato la Play again! simulazione e il modello ha risposto alle varie ipotesi rappresentando i trend delle variabili obiettivo. Al termine del primo anno (quarto trimestre), del secondo e dell’ultimo anno di simulazione il docente e i partecipanti hanno commentano
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DALLA FEDERAZIONE
Formazione Amministratori, Sindaci e Membri dell’O.d.v.
L’offerta formativa 2014
Brunella Venier
Nel mese marzo è ripartita la formazione dedicata ai componenti degli organi di amministrazione delle nostre BCC con l’obiettivo di contribuire alla formazione di professionalità adeguate all’interno degli Organi Aziendali. La formazione amministratori 2014 si inserisce in un contesto di riferimento caratterizzato da importanti cambiamenti per la figura dell’esponente aziendale, il cui ruolo deve progressivamente e necessariamente adattarsi ai repentini mutamenti dell’operatività e del business della Banca e alle frequenti evoluzioni della normativa esterna di riferimento. Riguardo a tale aspetto di prioritaria importanza sono gli interventi della Banca d’Italia in materia di sistema dei controlli interni e governo societario delle Banche che spingono
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nella direzione di una maggiore specializzazione dei componenti degli organi aziendali: “l’autorevolezza e la professionalità di questi soggetti – prevede la Banca d’Italia – devono essere adeguate a quei compiti, sempre più determinanti per la sana e prudente gestione della banca”. In particolare, l’Organo di Vigilanza spinge affinché il livello di professionalità e competenza degli esponenti aziendali sia elevato ed all’interno degli organi aziendali siano presenti soggetti che rispondano ai seguenti requisiti: • pienamente consapevoli dei poteri e degli obblighi inerenti alle proprie funzioni; • dotati di professionalità adeguate al ruolo da ricoprire; in particolare, conoscenza: • del business bancario; • delle dinamiche del sistema economico-finanziario; • della regolamentazione bancaria e finanziaria; • e, soprattutto, delle metodologie di gestione e controllo dei rischi; • con competenze diffuse tra tutti i componenti; • che dedichino tempo e risorse adeguate alla complessità del loro incarico; • che indirizzano la loro azione al perseguimento dell’interesse complessivo della banca. Appare pertanto fondamentale ed utile che le Banche adottino un piano di formazione adeguato ad assicurare che il bagaglio di competenze tecniche dei membri degli organi di amministrazione e controllo, fondamentale per svolgere con consapevolezza il proprio ruolo, sia preservato nel tempo. L’offerta formativa del 2014 contiene pertanto specifici corsi dedicati al più ampio sistema normativo riguardante gli aspetti rilevanti dell’organizzazione e del governo societario, quali in particolare il si-
stema dei controlli interni, la gestione dei rischi, le operazioni con parti correlate e più in generale i conflitti di interesse, il contrasto al riciclaggio nonché gli obblighi di disclosure verso gli investitori e il mercato. I corsi a catalogo sono 31 ad esclusione delle attività seminariali e convegnistiche che tradizionalmente la Federazione organizza durante l’anno. Nello specifico i destinatari dei corsi programmati sono gli Amministratori, i Neo Amministratori (ossia gli Amministratori al primo mandato che in tale triennio, dovrebbero conseguire un numero maggiore di crediti formativi), i Sindaci e i Membri dell’Organismo di Vigilanza 231/01. Quest’anno non è stata fatta una netta distinzione fra corsi Amministratori e Neo Amministratori in quanto la maggior parte degli eventi sono dedicati ad entrambi, (è comunque previsto un corso sul progetto Coopernico, specifico per gli Amministratori al primo mandato). La formazione loro dedicata è volta a renderli consapevoli del loro ruolo nella banca, delle loro responsabilità e allo stesso momento vuole fornire un aggiornamento sugli obblighi normativi, operativi vigenti. Ai Sindaci delle BCC in considerazione della loro funzione di controllo e supporto al CdA, si vuole fornire un aggiornamento normativo e sul sistema dei controlli nelle banche. Infine per i Membri dell’Organismo di Vigilanza 231/011 la formazione offerta è focalizzata sugli adempimenti previsti dalla normativa specifica, sulle materie oggetto delle loro verifiche ed è volta a facilitare 1 In base all’accordo quadro sottoscritto con
la Federazione i Membri dell’OdV 231/01 devono conseguire tre crediti per ciascun anno di mandato certificati dalla Federazione.
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lo svolgimento dell’attività di vigilanza attraverso la rappresentazione dei principali strumenti di controllo. Quest’anno gli eventi formativi sono stati suddivisi in quattro aree tematiche: ➜ Governance governo societario e la coerenza statutaria ➜ Gestione e controllo dei rischi ➜ Strategia e organizzazione ➜ Conformità normativa/operativa Come di consueto la docenza è stata affidata a professionalità di comprovata esperienza e conoscenza delle materie trattate, delle normative sia europee che nazionali, della Banca d’Italia e delle altre Autorità di Vigilanza, provenienti sia dal mondo accademico che da quello della consulenza aziendale, nonché da profondi conoscitori della cooperazione
di credito e delle sue peculiarità. Quest’anno inoltre ci fa piacere sottolineare anche l’impegno diretto nelle docenze di quadri dirigenti della Federazione. In termini di modalità di fruizione delle attività, come per gli anni passati, è data la possibilità di partecipare a tutto il percorso formativo, oppure seguire la singola giornata oggetto di interesse da parte di uno o più soggetti interessati. Altra novità per quest’anno, che ha già riscosso un enorme consenso, è rappresentata dalla possibilità per tutte le Associate, grazie anche all’apposito progetto della federazione, di fruire dei corsi con la modalità della videoconferenza. A quasi tutti i corsi, così come sono stati predisposti dai docenti e per le materie trattate, si può partecipare tramite la videoconferenza tuttavia, tale modalità dovrebbe affiancarsi a quella tradizionale che continua ad essere, soprattutto per alcune tematiche, quella più efficace. Nel cata-
logo formativo, per ciascun corso è presente un semaforo, che con i suoi colori tipici sta proprio ad indicare i corsi fruibili in videoconferenza, quelli per cui non è possibile una partecipazione con tale mezzo e quelli per cui si consiglia una partecipazione fisica in quanto sarebbe auspicabile un confronto fra i partecipanti e un intervento attivo dei discenti. Infine, anche per quest’anno la formazione tecnica erogata dalla Federazione, verrà riconosciuta valevole ai fini della formazione obbligatoria prevista dall’Ordine dei Dottori Commercialisti. Nel mese di giugno è terminato il primo semestre formativo dedicato ai componenti degli organi di amministrazione. La formazione riprenderà a settembre: auspichiamo la consueta partecipazione!
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DALLA FEDERAZIONE
Area Consulenza di Business e Sviluppo Organizzativo
Federlus a supporto delle BCC
nell’implementazione del Risk Appetite Framework (RAF)
Giorgio Caporale
La crisi finanziaria degli ultimi anni e gli indirizzi degli Organi di Vigilanza hanno fatto capire come sia sempre più importante per le istituzioni finanziarie, di qualsiasi dimensione e presenza geografica, porre al centro della definizione della strategia di crescita il rischio, ed in particolare una scelta consapevole in termini di propensione al rischio per garantire la stabilità nel lungo termine. 26
In tale ambito è stato introdotto nell’ordinamento di vigilanza italiano il concetto di Risk Appetite Framework (RAF), vale a dire il sistema di indirizzo, gestione e controllo strategico del rischio nel settore bancario contenuto nella Circolare n. 263 del 27 dicembre 2006 – 15° aggiornamento del 2 luglio 2013. Le nuove disposizioni riguardanti il RAF rappresentano una novità che ha come principale obiettivo la crescita della consapevolezza ed il coinvolgimento degli organi decisionali nella definizione degli obiettivi di rischio e nel loro monitoraggio, nonché nella capacità di assicurare una visione integrata dei rischi. In tale contesto vengono inoltre rafforzati i poteri della funzione di risk management che, oltre a collaborare alla definizione e all’attuazione del RAF, ne verifica l’adeguatezza e fornisce pareri preventivi sulla coerenza delle operazioni di maggiore rilievo con il RAF stesso. Secondo quanto disposto dalla normativa, il “Risk Appetite Framework” – “RAF” è il sistema degli obiettivi di rischio, ossia rappresenta il quadro di riferimento che definisce – in coerenza con il massimo rischio assumibile, il business model ed il piano strategico – la propensione al rischio, le soglie di tolleranza, i limiti di rischio, le politiche di governo dei rischi, i processi di riferimento necessari per definirli e attuarli. Il RAF costituisce quindi uno strumento in grado di rafforzare la capacità di governare e gestire i rischi aziendali, supportare il processo strategico, agevolare lo sviluppo e la diffusione di una cultura del rischio integrata e sviluppare un sistema di monitoraggio e di comunicazione del profilo di rischio assunto rapido ed efficace. È uno strumento che collega i sistemi di governo, gestione e controllo dell’intermediario, lega i rischi alla strate-
gia aziendale (traduce la mission e la strategia in variabili quali – quantitative), correla gli obiettivi di rischio all’operatività aziendale (traduce gli obiettivi di rischio in vincoli e riferimenti gestionali) e definisce come riportare il rischio effettivamente assunto (risk profile) nell’ambito degli obiettivi e/o delle soglie di tolleranza e/o dei limiti in caso di sforamento (azioni gestionali). In sintesi, il RAF non solo consente di aumentare la consapevolezza sui rischi, ma permette agli stessi Organi Aziendali di definire il livello di rischio entro il quale dovrà essere sviluppato il business aziendale. In altri termini, il RAF è sovraordinato rispetto, tra le altre, alla pianificazione strategica, alla declinazione degli obiettivi strategici e dei limiti operativi per singola linea di business, alla comunicazione da effettuare agli stakeholders ed alla politica di remunerazione. Come ribadito anche dal Financial Stability Board (luglio 2013), il RAF non include i processi per stabilire la strategia, sviluppare il piano strategico e i modelli/sistemi per misurare i rischi ma definisce esplicitamente i confini all’interno dei quali l’intermediario dovrà operare nel perseguimento della sua strategia di business. Nello specifico, un efficace RAF dovrebbe: • essere funzionale alla soddisfazione dei bisogni dei diversi portatori di interesse e alla comunicazione nei loro confronti; • assicurare un corretto allineamento dei driver e dell’operatività della Banca per il raggiungimento degli obiettivi strategici prefissati; • supportare il processo decisionale strategico e di allocazione del capitale; • essere funzionale alla definizione di un sistema di limiti operativi di rischio di credito, di mercato, di
ICAAP
Organizzazione e Processo dei controlli
Processo Strategico
RAF
Governance
Politiche di remunerazione
In definitiva, si nota quindi come il RAF abbia molteplici connessioni con gli altri processi aziendali. A questo proposito le disposizioni richiedono infatti che le banche assicurino una stretta coerenza e un puntuale raccordo tra: il modello di business, il piano strategico, il RAF (ed i parametri utilizzati per definirlo), il processo ICAAP, il budget, l’organizzazione aziendale e il sistema dei controlli interni. La declinazione operativa dei principi organizzativi e metodologici del processo RAF prevede la trasposizione, attraverso la definizione di un documento formale, della propensione al rischio nel RAS (Risk
Appetite Statement). È necessario infatti sintetizzare il profilo di rischio complessivo e l’esposizione ai principali rischi che la Banca è disposta ad accettare per raggiungere gli obiettivi di piano strategico, con il quale deve essere integrato, anche includendo le principali dimensioni quantitative. Il RAS compendia e completa il governo e il controllo dei rischi, fornendo una visione olistica del risk appetite al quale la Banca intende esporsi nell’orizzonte previsionale, ma non sostituisce la disciplina dei processi di gestione delle singole tipologie di rischio. Dovrebbe essere direttamente collegato alla strategia aziendale, concentrarsi sui rischi della Banca sia in situazioni di mercato “normali” che di stress, fissare in modo chiaro gli obiettivi di rischio e stabilire limiti e indicazioni qualitative per i rischi difficilmente misurabili. Oltre a determinare il livello di propensione al rischio, il RAS riporta i limiti operativi e gli indicatori di rischio con i quali disciplinare l’assunzione e il controllo dei rischi da parte delle aree/unità di business assegnatarie.
Gli elementi chiave del RAS dovrebbero: • essere collegati alle strategie aziendali di breve e di medio – lungo termine, ai piani patrimoniali e finanziari; • stabilire l’ammontare di rischio che la Banca è disposta ad accettare nel perseguimento dei suoi obiettivi strategici; • includere misure quantitative che possano essere tradotte in termini di limiti di rischio e possano permettere di misurare il risk profile della Banca a confronto con il risk appetite e la risk capacity; • introdurre indicazioni qualitative per i rischi che non sono facili da misurare e stabilire un set di parametri tali da consentire il monitoraggio dei rischi stessi; • garantire che la strategia e i limiti di rischio di ogni area/unità di business siano allineati con la dichiarazione di risk appetite della Banca nel suo complesso; • essere “lungimiranti” e sottoposti a scenari e prove di stress al fine di assicurare che la Banca capisca quali eventi potrebbero spingerla al di fuori del suo risk appetite e/o risk capacity.
Schema esemplificativo dei contenuti del RAS
ASPETTI DEFINITORI E DI INQUADRAMENTO GENERALE STRUTTURA DEL DOCUMENTO
liquidità, di concentrazione e altri; • facilitare l’incorporazione del concetto di propensione al rischio (risk appetite) all’interno della cultura del rischio della Banca; • aiutare a guidare la declinazione degli obiettivi strategici delle diverse aree di business durante il processo decisionale e di budget; • consentire al Risk Appetite Statement (RAS) di essere utilizzato come uno strumento per favorire dibattiti riguardanti il rischio della Banca e come base sulla quale il Consiglio di Amministrazione, il Risk Management e l’Internal Audit possano effettivamente discutere e mettere alla prova le decisioni sulla gestione.
VISIONE STRATEGICA RISCHIO/RENDIMENTO
ENUNCIAZIONE DI OBIETTIVI E MODALITA’ DI ATTUAZIONE
1 Premessa 2 Cultura e visione dei rischi 3 Mappatura
4 Analisi interna e analisi esterna 5 Politiche di rischio 5.1 Il posizionamento della banca e le direttrici strategiche 5.2 Individuazione delle priorità strategiche
6 Obiettivi di rischio 6.1 Indicatori di risk appetite 6.2 Soglie intermedie 6.3 Rischi non misurabili 7 Limiti operativi e indicatori di rischio
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DALLA FEDERAZIONE
1. Definizione dei profili metodologici e strumentali
Definizione criteri per l’individuazione dei rischi e attribuzione del grado di rilevanza; definizione metriche che consentono di valutare la propensione al rischio; definizione approcci per la realizzazione di analisi what if; selezione dei parametri obiettivo e definizione delle modalità di calibrazione degli obiettivi di rischio e, ove rilevante, delle soglie di tolleranza e delle sogli intermedie; selezione dei limiti operativi e degli indicatori di rischio.
Dato che il Risk Appetite Framework rappresenta una delle aree prioritarie di attenzione nel processo di adeguamento alle nuove disposizioni in tema di «Sistema di Controlli Interni, Sistema Informativo e Continuità Operativa», Federlus ha inteso avviare un’attività progettuale volta a dare sostegno alle BCC associate nella concreta implementazione del RAF in termini sia di definizione della propensione al rischio sia di monitoraggio semestrale della stessa. Tale attività di supporto si realizzerà attraverso la seguente articolazione progettuale, che si innesterà nel più ampio progetto di rivisitazione ed
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2. Definizione e formalizzazione della propensione al rischio
Predisposizione RAS da sottoporre al CdA che terrà conto: dei rischi ai quali la banca intende esporsi e il relativo grado di rilevanza (mappatura rischi); dell’illustrazione delle politiche adottate per i singoli rischi rilevanti; della definizione degli obiettivi di rischio, delle soglie di tolleranza, dei limiti operativi e degli indicatori di rischio dell’inclusione di indicazioni di natura qualitativa per i rischi difficilmente quantificabili.
evoluzione del modello organizzativo delle BCC in tema di Risk Management: 1. definizione dei profili metodologici e strumentali per l’implementazione del RAF; 2. definizione e formalizzazione della propensione al rischio; 3. monitoraggio semestrale della propensione al rischio ed eventuale aggiornamento.
3. Monitoraggio semestrale della propensione al rischio ed eventuale aggiornamento
Utilizzo degli strumenti per il monitoraggio della propensione al rischio; predisposizione reportistica; predisposizione documento da sottoporre alle competenti Funzioni aziendali e agli Organi aziendali in merito agli esiti del monitoraggio; aggiornamento, ove opportuno, della propensione al rischio attraverso la ridefinizione degli obiettivi di rischio e, ove previsto, delle soglie di tolleranza.
Il RAF costituisce uno strumento in grado di rafforzare la capacità di governare e gestire i rischi aziendali, supportare il processo strategico, agevolare lo sviluppo e la diffusione di una cultura del rischio integrata e sviluppare un sistema di monitoraggio e di comunicazione del profilo di rischio assunto rapido ed efficace
Direzione Attività e Servizi Istituzionali
Basilea 3, le prime applicazioni
Sergio Troiani
Il settore Bancario è sempre più interessato da continui mutamenti normativi che talvolta esigono profondi interventi di adeguamento sui vari livelli strategico, gestionale e operativo delle Banche. Fra questi, sicuramente, la normativa Basilea 3, entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2014 pur con tutta una serie di regimi transitori e discrezionalità nazionali che, se da un lato puntano a moderare gli impatti portati dalle novità introdotte, dall’altro rendono ancor più complessa una normativa già di non facile lettura e interpretazione. Sull’argomento, i principali atti di emanazione comunitaria sono rappresentati: • dal Regolamento (UE) 26.6.2013 n. 575 (“Capital Requirements Re-
gulation” - CRR); • dalla Direttiva (UE) 26.6.2013 n. 36 (“Capital Requirements Directive” - CRD IV); • da talune disposizioni di carattere tecnico-applicativo dell’EBA (“European Banking Authority”), che prendono la forma di altrettanti regolamenti delegati emanati dalla Commissione Europea (“Regulatory Technical Standard” e “Implementing Technical Standard” ITS). Conseguentemente, la Banca d’Italia ha emanato la circolare n. 285 del 17 dicembre 2013 “Disposizioni di vigilanza per le banche” (giunta, nel frattempo, al 5° aggiornamento), che sostituisce (per le materie dalla stessa trattate) le circolari n. 263/2006 e 229/1999 e nella quale sono state esercitate le opzioni nazionali previste dal CRR e sono state recepite le disposizioni tecniche secondarie della CRD IV. L’insieme della normativa citata, europea e italiana, detta le norme in materia di fondi propri, requisiti patrimoniali sui rischi (1° pilastro), grandi esposizioni, rischio di liquidità, leva finanziaria (“leverage ratio”), informativa al pubblico (3° pilastro), autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi, cooperazione fra autorità di vigilanza, processo di controllo prudenziale (2° pilastro), riserve di capitale (“buffer” di capitale), sanzioni amministrative, governo societario e remunerazioni. Fra le numerose novità introdotte, alcune hanno riguardato le associate già nei primi mesi del 2014, sia in occasione della predisposizione del rendiconto ICAAP relativo al 2013, sia in sede di quantificazione e segnalazione del patrimonio e dei requisiti patrimoniali al 31 marzo 2014. Innanzitutto, la struttura e il contenuto del Patrimonio di Vigi-
lanza, che ha peraltro assunto la denominazione di Fondi Propri. Questi sono composti dalla somma di ”Capitale di classe 1”(CET1) e “Capitale di classe 2” (T2), con il primo che è a sua volta composto da “Capitale primario di classe 1” e “Capitale aggiuntivo di classe 1”; ognuno di questi aggregati accoglie componenti patrimoniali di qualità via via decrescente, corrette da numerosi filtri e detrazioni, spesso legati all’attuazione dei già citati regimi transitori previsti dalla normativa. Da rilevare peraltro che, ai fini della disciplina delle Grandi esposizioni (nuova denominazione dei “Grandi rischi”) e di quella sulle partecipazioni in imprese non finanziarie, si fa riferimento ad un concetto patrimoniale diverso, ovvero quello del Capitale ammissibile nel quale il “capitale di classe 2” non può eccedere il limite di un terzo del “capitale di classe 1” (anche se nel periodo transitorio il suddetto limite si ragguaglia al 100% per il 2014, al 75% per il 2015, al 50% per il 2016). Ancora, la normativa innova in ordine ai requisiti patrimoniali minimi da rispettare che sono: • il coefficiente di capitale primario di classe 1 pari al 4,5%; • il coefficiente di capitale di classe 1 pari al 6% (5,5% nel 2014); • il coefficiente di capitale totale pari all’8%. I suddetti coefficienti patrimoniali sono calcolati rapportando, rispettivamente, il capitale primario di classe 1, il capitale di classe 1 e i fondi propri totali alle complessive esposizioni di rischio pari all’importo dei requisiti patrimoniali totali sui rischi di 1° pilastro moltiplicato per 12,5. A ciò si aggiunge l’obbligo di detenere Capitale primario di classe 1 sufficiente a coprire, oltre al requi-
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DALLA FEDERAZIONE
sito del 4,5%, anche una Riserva di conservazione del capitale pari al 2,5% delle complessive esposizioni ai rischi, pena l’imposizione di limiti nella distribuzione di dividendi e nel pagamento di remunerazioni variabili, nonché l’obbligo di predisporre e attuare un piano di conservazione del capitale diretto alla tempestiva ricostituzione di adeguati livelli patrimoniali. Tra le principali novità che riguardano, invece, la quantificazione dei fondi propri, è opportuno evidenziare: • la computabilità nel CET1 degli utili di periodo o di fine esercizio è consentita soltanto laddove gli utili siano stati approvati dal Consiglio di Amministrazione e controllati dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti della banca e che dagli stessi utili siano stati detratti tutti gli oneri ed i dividendi prevedibili; • le attività fiscali differite sono distinte tra quelle che non si basano sulla redditività futura e quelle che invece si basano sulla redditività futura. Le prime non vengono dedotte dal patrimonio ma concorrono a formare le attività di rischio ponderate. Le seconde, invece, divengono un elemento negativo del Capitale primario di classe 1; • l’eccedenza degli investimenti non significativi in strumenti di CET1 o T2 emessi da altri soggetti del settore finanziario rispetto al 10% del Capitale primario di classe 1 al lordo delle detrazioni deve essere portata in diminuzione dei Fondi propri distribuendola in maniera proporzionale tra le diverse componenti. Sul fronte della quantificazione del rischio di credito, invece, vale la pena ricordare: • il fattore di sostegno dello 0,7619 da applicare al requisito patrimoniale sulle esposizioni verso im-
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prese che siano PMI (con fatturato annuo massimo di 50 milioni di euro), purché le esposizioni per cassa (escluse quelle garantite da immobili residenziali) non superino 1,5 milioni di euro; • tra le esposizioni al dettaglio rientrano le PMI con fatturato annuo massimo di 50 milioni di euro (tale limite era in precedenza di 5 milioni); • nell’ambito dell’individuazione delle posizioni in stato di “default” l’approccio “per singola transazione” resta applicabile alle sole esposizioni che derivano dal portafoglio delle esposizioni al dettaglio. Come si è detto, con queste e con altre novità della medesima normativa le BCC associate si sono dovute confrontare già in sede di predisposizione del resoconto ICAAP relativo al 2013 laddove, dovendo valutare l’adeguatezza patrimoniale prospettica alla fine del 2014, non potevano non ignorare almeno i principali effetti del mutato quadro normativo in materia. A tal fine, la Direzione Attività e Servizi Istituzionali, facendo sem-
pre riferimento alla progettualità di categoria messa in piedi sull’argomento dalla Federazione nazionale e in collaborazione con l’Area Consulenza di Business e Sviluppo Organizzativo della Federazione, ha curato nei primi mesi del 2014 l’approfondimento delle tematiche toccate da Basilea 3 e ha assistito le BCC associate nella predisposizione del resoconto ICAAP, fornendo le informazioni necessarie, gli aggiornamenti degli strumenti esistenti, il rilascio di altri di nuova formulazione e coadiuvando altresì le BCC nella stima del patrimonio e dell’assorbimento patrimoniale al 31 dicembre 2014, secondo le nuove disposizioni normative. Ciò ha permesso alle BCC associate di sviluppare una prima concreta conoscenza della nuova normativa di vigilanza, ancorché il percorso intrapreso stia tuttora proseguendo, sia al fine di meglio approfondire le tematiche già approcciate, sia al fine di completare l’esame degli altri perimetri toccati quale, ad esempio, quello relativo alla gestione del rischio di liquidità.
Direzione Controlli
Novità normative in materia di Governo Societario:
la Federazione a supporto degli Organi Sociali
Francesco Manganaro
Nel corso del precedente numero della nostra rivista si era data informativa circa i principali e più innovativi contenuti nella proposta di revisione delle “disposizioni di vigilanza in materia di organizzazione e governo societario delle banche”, che la Banca d’Italia aveva diffuso ai destinatari nel mese di dicembre 2013 attraverso un documento di consultazione. I contenuti di tale nuova normativa sono stati, come si ricorderà, oggetto di uno specifico seminario informativo rivolto ad amministratori e sindaci
delle nostre Banche, al quale hanno partecipato circa duecento esponenti aziendali. Come noto, in data 6 maggio 2014, la Banca d’Italia ha emanato in via definitiva le nuove Disposizioni di Vigilanza in materia, pubblicando il 1° aggiornamento della Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013, all’interno della quale è stato inserito, nel Capitolo 1 “Governo Societario”, il Titolo IV “Governo societario, controlli interni, gestione dei rischi”. Tali disposizioni sono state emanate unitamente a: • una Relazione sull’analisi d’impatto su aspetti quali la numerosità degli organi sociali, l’autovalutazione degli organi e il ruolo del Presidente dell’organo con funzione di supervisione strategica; • un Documento di resoconto della consultazione che contiene le motivazioni e i commenti sulle osservazioni pervenute nella fase di consultazione. La nuova normativa conferma in buona sostanza quanto contenuto nel documento in consultazione salvo introdurre alcuni elementi di novità. In sintesi, i principali elementi che caratterizzano le nuove disposizioni sono: 1. l’introduzione di specifici criteri per la classificazione delle banche nelle seguenti tre categorie: a. banche di maggiori dimensioni o complessità operativa: ossia le banche sottoposte alla vigilanza della Banca centrale europea compiti e le banche quotate; b. banche intermedie: le banche con un attivo compreso tra i 3,5 miliardi di euro ed i 30 miliardi di euro; c. banche di minori dimensioni o complessità operativa: le banche con un attivo pari o inferiore a 3,5 miliardi di euro; 2. riguardo all’applicazione del
principio di proporzionalità, si è chiarito che la soglia dimensionale indicata non introduce un criterio rigido per la classificazione delle banche, ma rappresenta l’elemento prioritario al quale far riferimento. Resta ferma la possibilità – quando questo fattore non sia sufficientemente significativo – di far ricorso ad altri indicatori pure elencati nelle disposizioni quale, nel nostro caso, l’appartenenza ad un network operativo, che prevede l’utilizzo di servizi e infrastrutture offerte da organismi di categoria che consente in via generale la possibilità di configurare condizioni di limitata complessità operativa/organizzativa; 3. è stata confermata l’indicazione di un numero massimo dei membri dei Consigli di Amministrazione (derogabile in casi eccezionali debitamente motivati); esso è stato elevato a 15 nelle banche di maggiori dimensioni o complessità operativa, rispetto ai 13 originariamente presenti nel documento di consultazione; le altre banche devono attestarsi su numeri inferiori, avuto particolare riguardo che per le BCC al 31.12.2013 la numerosità media dei componenti dei consigli di amministrazione si attestava poco sopra le 9 unità, sostanzialmente in linea con la media del sistema bancario nel suo complesso; 4. è confermato il divieto per il Presidente del CdA di essere membro del Comitato Esecutivo mentre è ammessa la possibilità che lo stesso assuma, su proposta vincolante degli organi esecutivi e in casi di urgenza, decisioni di competenza dell’organo presieduto; 5. è stata introdotta una nuova puntuale disciplina transitoria, che consente una applicazione non
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DALLA FEDERAZIONE
immediata del provvedimento; in particolare: a. le modifiche statutarie necessarie devono essere apportate al più tardi in occasione dell’Assemblea dei Soci chiamata ad approvare il bilancio 2014; b. qualora sia necessaria l’approvazione di atti conseguenti a tali modifiche statutarie, il termine per l’adeguamento è prorogato di un ulteriore mese a decorrere dalla data di approvazione assembleare; c. riguardo ai seguenti adempimenti, le banche si adeguano entro il 30 giugno 2017: i. limiti quantitativi alla composizione degli organi collegiali; ii. numero minimo dei componenti che devono possedere i requisiti di indipendenza; iii. composizione dei comitati endo-consiliari (la cui istituzione permane facoltativa per le banche di minore dimensione e complessità operativa); iv. divieto per il presidente di essere membro del comitato esecutivo. La Banca d’Italia, ritiene tuttavia opportuno che, in occasione di eventuali modifiche nella composizione degli organi che si verifichino prima dei termini ultimi per l’adeguamento alle disposizioni, le banche tengano comunque conto delle nuove regole e operino in modo tale da assicurare un percorso di adeguamento coerente per tutto il periodo transitorio. In ragione delle disposizione transitoria ora menzionata e della rilevanza che assume lo statuto delle BCC nell’ambito del governo societario, può desumersi che alcune disposizioni dovranno essere recepite all’interno dello Statuto Tipo, il cui lavoro di revisione è stato riavviato a livello di Federcasse da parte di un Gruppo di Lavoro appositamente costituito di cui fa
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parte il Direttore Grignaschi. La Federazione si è ovviamente già attivata al fine di individuare le modalità più efficaci di supporto alle Associate nel processo di adeguamento alla nuova disciplina. Rileva al riguardo il progetto di supporto rivolto ai Collegi Sindacali – organo aziendale di cui è stato ribadito il complessivo ruolo di “regista del sistema dei controlli interni” – per il quale si rimanda allo specifico articolo di approfondimento. È, inoltre, allo studio uno specifico progetto a supporto dei Consigli di Amministrazione finalizzato alla revisione dei regolamenti di funzionamenti dell’organo e del regolamento dei flussi informativi nonché allo svolgimento dell’“autovalutazione” richiesta dalla normativa. Con riguardo a quest’ultimo aspetto, infatti, la normativa di Vigilanza ha confermato che il processo di autovalutazione del Consiglio di Amministrazione sia formalizzato, si svolga con periodicità almeno annuale e riguardi tutti gli aspetti di composizione e funzionamento dell’organo nonché il contributo che i singoli consiglieri apportano ai lavori dell’organo stesso. Sarà nostra cura, al riguardo, sviluppare specifiche metodologie e strumenti di lavoro finalizzati a mettere in condizione i CdA delle Associate di adempiere pienamente all’obbligo normativo, tenendo in debita considerazione l’applicazione del principio di proporzionalità e le peculiarità del modello societario previsto per le Banche di Credito Cooperativo.
Direzione Controlli/ Servizio Conformità Normativa
Il Progetto di supporto ai Collegi Sindacali delle BCC
Alessandro Giannese
Il quadro normativo in continua evoluzione e, in particolare, le “Nuove disposizioni di Vigilanza prudenziale per le Banche”, nonché le recenti disposizioni in tema di “governo societario”, comportano un’attenzione crescente in merito al ruolo del Collegio Sindacale delle Banche, che assume un ruolo centrale con riferimento ai compiti di vigilanza sulla completezza, adeguatezza, funzionalità e affidabilità del sistema dei controlli interni. In tale contesto, i Collegi Sindacali sono chiamati a una sempre maggior specializzazione nei compiti loro assegnati al fine di perseguire una crescita sostenibile delle Banche e una corretta gestione dei ri-
schi creditizi e finanziari. In considerazione dell’esigenza di un rafforzamento continuo del sistema dei controlli nelle Banche, la Federazione ha attivato un progetto finalizzato a fornire ai Collegi Sindacali delle BCC strumenti che lo mettano nelle condizioni di assumere, come richiesto dalla normativa di riferimento, il ruolo di “regista dei controlli” delle Banche, di assumere cioè un ruolo “attivo” nell’adempimento degli obblighi di vigilanza che gli sono propri, nonché di svolgere con “efficacia ed incisività” le proprie attività. In particolare, il progetto prevede lo svolgimento di una serie di attività articolate su tre distinti moduli progettuali:
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MODALITÀ DI SELEZIONE DEL COLLEGIO SINDACALE
tutti gli ambiti di operatività oggetto di presidio; • linee guida strutturate per la definizione della programmazione annuale e la predisposizione dei verbali in relazione agli esiti delle attività svolte; • strumenti per il monitoraggio delle azioni correttive avviate dalla Banca a fronte delle criticità rilevate a vari livelli dalle funzioni di controllo e dall’Autorità di Vigilanza (cruscotto dei controlli). Tali strumenti saranno gestiti a livello informatico tramite un apposito applicativo che renderemo disponibile all’interno della intranet di Federazione. È importante specificare, inoltre, che il Progetto prevede sì la messa
✓ LINEE GUIDA PER LA SELEZIONE DEI COMPONENTI ✓ ISTITUZIONE DELL’ALBO DEI PROFESSIONISTI
✓ MANUALE DEL COLLEGIO SINDACALE 2
ATTIVITÀ DI SUPPORTO
✓ STANDARD DOCUMENTALI (PIANO DELLE ATTIVITÀ, STANDARD DI VERBALI DELLE RIUNIONI, RELAZIONE ANNUALE) ✓ CRUSCOTTO DI MONITORAGGIO DEL S.C.I.
✓ REGOLAMENTO PER L’AUTOVALUTAZIONE 3
AUTO VALUTAZIONE
✓ QUESTIONARIO E RELAZIONE PER L’AUTOVALUTAZIONE
In sostanza, le attività previste consentiranno ai collegi Sindacali di disporre di: • linee guida volte ad assicurare un’adeguata composizione dell’organo; • programmi di lavoro aggiornati per
a disposizione di strumenti, ma soprattutto di professionalità, atteso che è prevista l’erogazione di giornate uomo in loco presso le Banche finalizzate in particolar modo all’aggiornamento del cruscotto dei controlli.
In merito a quest’ultimo strumento, riteniamo che sia di fondamentale importanza, atteso che rappresenta un elemento importante al fine di garantire il coordinamento delle Funzioni di controllo richiesto dalle Disposizioni di vigilanza prudenziale per le Banche in materia di sistema dei controlli interni. Per la realizzazione dei tre moduli progettuali sopra rappresentati sono stati costituiti due gruppi di lavoro interdisciplinari, supportati da primarie società di consulenza al fine di garantire l’allineamento con le best practices di sistema: uno finalizzato alla predisposizione dei supporti documentali, l’altro volto all’implementazione informatica del cruscotto dei controlli. Una assoluta novità del progetto è rappresentata dal fatto che stiamo portando avanti le attività in partnership con altre due Federazioni, quella Veneta e quella Campana. I contenuti del Progetto sono stati presentati ai membri dei Collegi nel corso di un apposito incontro che si è tenuto lo scorso 30 maggio e che, a testimonianza della rilevanza e dell’interesse della tematica, ha visto una vasta e soprattutto attiva partecipazione; rilevanza e interesse che risultano anche dall’adesione della quasi totalità delle Associate al Progetto. Dal punto di vista organizzativo, al fine di svolgere le attività, sarà istituita una specifica unità organizzativa all’interno del Servizio Conformità Normativa della Direzione Controlli. Prevediamo di rilasciare i primi documenti e di avviare l’assistenza della Federazione presso le Banche nell’ultimo trimestre dell’esercizio 2014; al riguardo, sarà previsto un ulteriore incontro nell’ambito del quale saranno rilasciati i principali documenti elaborati a beneficio dei Collegi Sindacali.
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DALLA FEDERAZIONE
Direzione Controlli/ Servizio Internal Audit
L’evoluzione del Sistema dei Controlli Interni.
Il coordinamento delle funzioni di controllo e la gestione integrata dei rischi
Pasquale Suriano
Completo, adeguato, funzionale e affidabile: è il Sistema dei Controlli che Banca d’Italia chiede alla Banche già da tempo. Ora ne ha tracciato esplicitamente i connotati nell’ambito del recente aggiornamento della Circolare n. 263, alzando l’asticella e accrescendo il ruolo delle funzioni aziendali di controllo. La relazione – Gap Analysis – inviata all’Organo di Vigilanza alla fine di gennaio di quest’anno, in cui si ri-
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portava l’analisi della propria situazione aziendale rispetto alle nuove disposizioni di vigilanza, ha fatto scattare una nuova importante fase evolutiva del Sistema dei Controlli Interni. Questo pone le banche italiane di fronte a impegnative sfide di revisione degli assetti di gestione dei rischi, ricercando l’efficienza e l’efficacia dei controlli funzionale al raggiungimento degli obiettivi strategici. Solo una reale comprensione dei rischi aziendali e la gestione integrata degli stessi, in funzione della propria propensione al rischio, possono permettere il raggiungimento degli obiettivi di business che ci si è posti. Partendo da questo presupposto, l’aggiornamento normativo attribuisce molta enfasi al ruolo del Consiglio di Amministrazione nella definizione del modello di business e del Risk Appetite Framework (RAF). Su questo tema il Risk Manager, oltre a collaborare alla definizione del RAF, fornisce pareri preventivi sulla coerenza delle operazioni di maggior rilievo con il RAF stesso mentre all’Internal Audit viene chiesto di valutare l’efficacia del processo di definizione del RAF, la coerenza interna dello schema complessivo, la conformità dell’operatività aziendale al RAF oltre a fornire assurance in ordine al processo di emissione dei pareri preventivi sulla coerenza con il RAF delle ope-
razioni di maggior rilievo. Il rischio di non conformità, presente nella mappa dei rischi aziendali, è divenuto nel tempo più pressante a tutti i livelli della struttura aziendale; ciò ha condotto la Vigilanza ad un ampliamento del perimetro della Funzione di Conformità estendendolo a tutte le normative applicabili, introducendo al contempo la declinazione organizzativa di presidi specifici per materie che richiedono conoscenze specialistiche. Più funzioni aziendali di controllo e diversi ruoli fanno emergere la necessità di una proficua interazione nell’esercizio dei propri compiti affinché il sistema dei controlli interni funzioni correttamente ed in maniera efficiente; è necessario quindi il coordinamento delle funzioni aziendali di controllo. Il coordinamento deve evitare ridondanze o lacune di controllo, salvaguardando le autonomie operative e l’indipendenza di giudizio. Il tema del coordinamento è già un tema noto alle nostre Banche e alla nostra Federazione. Infatti, l’esternalizzazione delle funzioni Internal Audit, Compliance e Antiriciclaggio alla stessa Federazione nonché l’adozione del Regolamento sul Sistema dei Controlli Interni – che ha definito delle regole di coordinamento – hanno agevolato un confronto continuo finalizzato, tra l’altro, all’ottimiz-
Le variabili caratterizzanti la gestione integrata del rischio Processi
Rischi
Tassomania dei processi aziendali rappresentativi della reale operatività della Banca
Metriche di valutazione e reporting
Tassonomia dei rischi aziendali e metodologia di valutazione/misurazione condivisa dalle funzioni di controllo, mappatura dei rischi insiti nei processi aziendali, condivisione dei risultati del risk assessment
Controlli
Standard condivisi per la valutazione, misurazione e la rappresentazione degli esiti delle attività di controllo che consenta ai vertici aziendali di disporre di informazioni integrate sul complessivo SCI
Mappatura dei controlli a presidio e mitigazione dei rischi e condivisione dei risultati delle attività di assessment
Patrimonio informativo condiviso
zazione delle risorse a disposizione. Inoltre, il coordinamento deve perseguire anche un altro obiettivo: assicurare agli organi aziendali un quadro completo delle variabili, agevolando così la comprensione dei rischi necessaria per l’assunzione di scelte consapevoli. Per raggiungere questo traguardo la nuova sfida sarà quella di adottare un modello integrato di gestione dei rischi, che, sfruttando un patrimonio informativo comune, consenta lo sviluppo di logiche integrate di valutazione e rappresentazione dei risultati. Il modello integrato, partendo dalla mappatura dei processi aziendali consente, secondo un approccio risk based, l’identificazione dei principali rischi elementari connessi all’operatività della Banca e, quindi, la rilevazione dei necessari presidi tecnici e organizzativi atti a mitigarli. Tali rischi elementari dovranno confluire nella tassonomia dei rischi individuata nell’ambito del RAF, permettendo così di avere una mappa dei rischi comune a tutte le funzioni e che costituisca non solo il riferimento dell’impostazione e conduzione delle attività di verifica ma anche la base per il reporting verso gli Organi Aziendali. La Federazione è impegnata in prima linea a sostenere le proprie Associate nell’adeguamento richiesto dalle nuove disposizioni di vigilanza, anche attraverso lo studio di ulteriori collaborazioni e supporto alle attività di Risk Management. L’obiettivo è supportare il complesso compito del Consiglio di Amministrazione nella definizione ed esercizio di un adeguato sistema di controllo interno e di gestione dei rischi che, muovendosi all’interno dei limiti operativi stabiliti dalla propria propensione al rischio definita nel RAF, consenta il conseguimento degli obietti strategici.
Le Conferenze dei Direttori
Lavori in corso Alessandro Ceccarelli
Concluso il primo semestre, sono molti i temi già posti all’ordine del giorno delle tre Conferenze dei Direttori realizzate nel corso del 2014. In particolare, a partire da inizio 2014, i Direttori Generali delle BCC Federlus si sono incontrati nel consueto appuntamento della Conferenza dei Direttori nelle date del 14 febbraio, del 16 aprile e dell’11 giugno. Nella prima riunione del 14 febbraio, a seguito delle consuete comunicazioni della Federazione e del Gruppo Bancario Iccrea, i lavori si sono incentrati su un’approfondita analisi delle importanti novità normative in corso di introduzione a livello internazionale: da un lato riguardanti le nuove Disposizioni di Vigilanza in materia di Organizzazione e Governo Societario - con una discussione rispetto agli aggiornamenti riguardanti il documento posto in consultazione dalla Banca d’Italia - e dall’altro, sul tema dell’Unione Bancaria. Un importante momento di analisi ha riguardato il nuovo Statuto della Federazione in corso di predisposizione in vista dell’Assemblea Sociale 2014, in cui verrà sottoposto ad approvazione.
La riunione del 16 aprile si è aperta con un saluto di benvenuto al neo Direttore Generale della BCC “S. Barnaba” di Marino, Fabio Fabiani, che succede a Marco Maggi in congedo pensionistico. A seguire, ampio spazio è stato dato alla discussione del tema legato ai Fondi di Garanzia, anche alla luce delle evoluzioni in corso in Europa. La consueta analisi andamentale delle BCC, in questa occasione, si è incentrata sulle possibili leve strategiche e gestionali attivabili al fine di migliorare singoli ambiti dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico, alla luce dei risultati conseguiti al 31 dicembre 2013. Lo scorso 11 giugno, la riunione ha seguito di pochi giorni l’annuncio delle misure straordinarie da parte della Banca Centrale Europea a supporto del credito all’economia reale. Per tale ragione, si è svolto un focus particolare sui riflessi che le misure annunciate potranno avere sulla situazione tecnica delle BCC e sugli ambiti di sviluppo gestionale su cui le BCC dovranno impegnarsi in ambito Finanza. L’incontro ha visto la partecipazione del Dott. D’Alessandro del Servizio Tesoreria di Iccrea Banca che si è soffermato sulle caratteristiche tecniche delle misure annunciate dalla BCE. Nel prosieguo, è intervenuto il Dott. L. Frigiolini - A.D. di Unicasim sul tema delle cambiali finanziarie e dei Mini Bond a supporto delle esigenze finanziarie delle imprese rispetto agli scenari economici e finanziari che si vanno profilando.
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DALLA FEDERAZIONE
Aggregazioni in corso CRA dell’Agro Pontino/ BCC del Garigliano Lo scorso 18 aprile il Presidente della Cassa Rurale ed Artigiana dell’Agro Pontino, Maurizio Manfrin, e il Presidente della Banca di Credito Cooperativo del Garigliano, Michele Fasulo, accompagnati dai rispettivi Presidenti dei Collegi Sindacali e Direttori, nella sede della Federazione e alla presenza del Presidente della Federazione Francesco Liberati e del Direttore Paolo Giuseppe Grignaschi, hanno firmato una lettera di intenti per definire e formalizzare la volontà di procedere all’ipotesi di fusione per incorporazione della BCC del Garigliano in quella dell’Agro Pontino. L’iniziativa è partita dalla BCC incorporanda, la quale ha individuato la Banca dell’Agro Pontino quale unico interlocutore “naturale” con il quale procedere a un’aggregazione. Come tutte le operazioni di questa entità, la Federazione è stata immediatamente informata e si è fatta parte attiva per gestire l’operazione, avviando immediati contatti con la Banca d’Italia. Lo scopo della lettera di intenti è stato quello di definire gli accordi tra le parti prima ancora di procedere all’approvazione formale del Progetto di fusione. Gli elementi essenziali della fusione risiedono nella governance e nel rapporto di cambio delle azioni. Per quanto attiene al primo aspetto, è stata prevista una specifica composizione del consiglio di amministrazione dell’incorporante tale da assicurare, per un congruo periodo transitorio, un’adeguata rappresen-
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tanza a ognuna delle due società partecipanti all’operazione. Il rapporto di cambio, in linea con quanto avviene per le fusioni tra Banche di Credito Cooperativo, è stato stabilito alla pari. Ciò consentirà ai soci delle due BCC di ritrovare nella “nuova” struttura societaria la medesima preesistente posizione economica delle azioni da loro possedute, che permane quindi immutata per valore effettivo. Altri aspetti di rilievo riguardano la previsione di una sede distaccata nel comune di Santi Cosma e Damiano; il riconoscimento, al personale della “Garigliano”, delle retribuzioni percepite; la previsione di costituzione di un comitato soci, quale organo consultivo del Consiglio di Amministrazione con lo scopo di valutare le eventuali necessità del territorio di riferimento, pro-
muovere il coinvolgimento dei soci nella vita della Cooperativa, diffondere i principi della cooperazione, nonché migliorare e consolidare il rapporto tra la Banca e i propri soci sul territorio di riferimento. L’operazione, allo stato attuale, è stata formalmente deliberata dai rispettivi Consigli di Amministrazione, stabilendo, quale decorrenza degli effetti giuridici, la data del 1° gennaio 2015. La Banca d’Italia ha già ricevuto la domanda di autorizzazione sia per la fusione che per le conseguenti modifiche statutarie. Al ricevimento del consenso si procederà alla convocazione delle Assemblee dei soci che saranno chiamate ad approvare il Progetto di fusione. Si prevede di stipulare l’atto conclusivo entro la fine del corrente anno.
BCC di Roma/ BCC della Tuscia Anche in questa circostanza, l’iniziativa nasce dalla BCC di dimensioni più contenute, avendo la Banca di Credito Cooperativo della Tuscia inviato apposita richiesta alla Banca di Credito Cooperativo di Roma. Quest’ultima, ha accettato la proposta e ha formalizzato con una delibera del proprio Consiglio di Amministrazione il Progetto di fusione e i documenti di rito necessari a inoltrare alla Banca d’Italia la richiesta di autorizzazione. Il medesimo atto for-
male di approvazione del Progetto di fusione è stato eseguito dalla BCC della Tuscia, assistita in tutto dalla Federlus. L’operazione in questione non prevede modifiche agli assetti della governance, ma conferma l’impostazione delle fusioni tra BCC sul rapporto di cambio che è stato stabilito, anche in questo caso, alla pari. Cosicché i soci dell’incorporata non vedranno modificarsi i valori nominali delle azioni da loro possedute, quando queste verranno “concambiate” con quelle della BCC di Roma. Il personale tutto passerà alle
dipendenze della BCC incorporante e verrà costituito un Comitato locale avente funzione preventiva e consultiva nella definizione del programma di interventi per le attività poste in essere per lo sviluppo e la crescita della comunità locale. Si prevede di convocare le rispettive assemblee appena ricevuta l’autorizzazione dell’Organo di Vigilanza, in modo tale da completare l’operazione entro fine anno e far sì che gli effetti giuridici possano decorrere dal 1° gennaio 2014. Sergio Troiani
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DAI CLIENTI ESTERNI
Una bella sfida La gestione del rischio informatico Le nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche impongono agli operatori di mercato una sfida di ampia complessità nell’impostazione del sistema di controllo interno e nel processo di risk management. All’interno del nuovo framework per la gestione dei rischi deve infatti trovare spazio anche la gestione del rischio IT: una sfida tanto affascinante quanto complessa Stefano Tezzon Responsabile servizio organizzazione
e sistemi informativi dell’Istituto per il Credito Sportivo ICS è l’unica banca pubblica a servizio del Paese per il sostegno allo sport e alla cultura. Siamo leader nel finanziamento all’impiantistica sportiva grazie alla tradizione e all’esperienza consolidata in oltre cinquant’anni di attività. Lavoriamo da sempre al fianco degli enti pubblici e dei soggetti privati per aiutarli a realizzare grandi e piccoli progetti di sviluppo con la concessione di mutui che possono godere di tassi particolarmente agevolati usufruendo del contributo statale grazie ad un fondo speciale a gestione separata istituito presso il nostro Istituto.
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Che il sistema dei controlli per le aziende operanti nel settore del credito e dell’intermediazione finanziaria fosse una cosa complessa non è una novità. Certo è che le nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche1 lanciano una nuova sfida agli operatori di mercato sempre più alle prese tra vincoli di budget e vincoli di compliance. Sì, perché mentre gli investimenti in termini di compliance non sembrano destinati a diminuire, le ristrettezze economiche legate invece a logiche di spending review e tenuta dei margini sicuramente non allentano la loro morsa. 1 Rif. ultimo aggiornamento alla circolare 263 della Banca d’Italia in materia di nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche (15° aggiornamento del 2 luglio 2013).
È così che i manager delle aziende del credito (ma ovviamente non solo loro di questi tempi) si vedono costretti a camminare su una linea molto sottile e a inventarsi sovente dei veri e propri miracoli gestionali. Ma andiamo con ordine. Anzitutto analizziamo sinteticamente cosa accadrà nei prossimi mesi all’interno degli istituti di credito. Con le nuove disposizioni di vigilanza prudenziale, le banche dovranno rivedere il loro sistema di controllo interno e il loro processo di gestione dei rischi. Non che queste cose non fossero già impiantate in tali realtà ma, armonizzandosi alle regole di livello comunitario, le nuove disposizioni di vigilanza prudenziale entrano ancor più nel vivo in merito agli assetti organizzativi e metodologici delle aziende bancarie. Pur non volendo essere questa la
Scadenza
Attività e adeguamenti richiesti rispetto alle nuove disposizioni di vigilanza prudenziale (15° aggiornamento della circolare Bankit 263 - capitoli 7, 8 e 9)
Autovalutazione della propria situazione aziendale rispetto alle previsioni 31 dicembre 2013 della nuova normativa (gap analysis con indicazione delle misure da adottare e relativa scansione temporale)
1 luglio 2014
Allineamento alle disposizioni generali del capitolo 7 – sistema di controllo interno Allineamento alle disposizioni del capitolo 9 – continuità operativa
1 febbraio 2015
Allineamento alle disposizioni contenute nel capitolo 8 (il sistema informativo + raccomandazioni della BCE in materia di sicurezza dei pagamenti in internet)
1 luglio 2015
Allineamento alle disposizioni contenute nel capitolo 7, sezione III - linee di riporto dei responsabili delle funzioni di controllo Allineamento alle disposizioni contenute nel capitolo 7, sezione IV e V adeguamento dei contratti di esternalizzazione in essere alla data di entrata in vigore delle disposizioni alla prima scadenza contrattuale o comunque entro 3 anni
1 luglio 2016 Allineamento alle disposizioni contenute nel capitolo 8, sezione VI – adeguamento dei contratti di esternalizzazione del sistema informativo in essere alla data di entrata in vigore delle disposizioni alla prima scadenza contrattuale o comunque entro 3 anni
• il governo e l’organizzazione dell’ICT; • la continuità operativa; • il rischio informatico; • i controlli a livello di gruppo. Per ognuno dei punti sopra indicati le banche sono al lavoro per rivedere i propri assetti organizzativi e i gap esistenti e per fornire indicazioni alla Banca d’Italia in merito ai remediaStrategici e Direzionali Albero dei processi
sede per affrontare le complesse novità introdotte con le nuove regole è sufficiente fornire una elencazione di quelli che sono i principali aspetti toccati da tale normativa: • una nuova definizione di sistema di controllo interno; • il ruolo degli organi di governo societario e il complesso sistema di flussi informativi tra questi e le strutture aziendali (soprattutto con le funzioni di controllo); • le responsabilità, il perimetro d’azione e le interfunzionalità tra le funzioni aziendali di controllo (compliance, risk management, internal audit); • il disegno del processo di gestione integrata dei rischi e, all’interno di tale processo, la definizione di un risk appetite framework (R.A.F.); • i principi da osservare nei processi di esternalizzazione;
tion plan che intendono portare avanti al fine di adeguarsi alle nuove disposizioni secondo la tabella di marcia indicata dalla stessa Vigilanza. La sfida nell’adeguamento ai nuovi requisiti sta nella complessità e nella trasversalità dei vari aspetti che sicuramente non possono essere trattati in modo settoriale ma che invece devono essere affrontati con una visione d’insieme, tale da rendere coerente e organico il nuovo sistema di controllo interno e di gestione del rischio. Certamente questo è un elemento portante che deve guidare tale revisione nell’ottica di superare i limiti dei modelli passati, dove è emersa spesso una gestione dei rischi “a silos”. Di certo non è semplice ricondurre a logiche di sistema discipline tanto complesse e su cui sono molte le figure professionali da coinvolgere (risk manager, compliance officer, esperti di business e responsabili delle linee produttive, organi di governo societario, CFO, IT manager, internal auditor, revisori legali, responsabili della pianificazione ecc. ecc.), tutti con le loro logiche e punti di vista. In questi contesti spesso quello che occorre preliminarmente affrontare è un problema di linguaggio (in termini tanto di tassonomie quanto di metriche) perché le competenze sono vastissime e il perimetro d’azione di tali progetti anche. Sforzi in questo senso se ne sono compiuti in questi ultimi anni (anche regole
Marketing e commerciali
strutture operativi
supporto
strumenti
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DAI CLIENTI ESTERNI
in imprese non operanti nel settore finanziario). Basti pensare ai progetti per la costruzione di un albero dei processi comuni a tutta l’azienda e da cui le varie strutture possono partire per sviluppare le diverse analisi. Specificatamente nel settore finanziario è interessante l’esperienza di alcuni gruppi (soprattutto esteri e ad operatività transfrontaliera) che hanno introdotto la figura del CRO (chief risk officer) quale terminale di raccordo nella gestione dei rischi da parte delle strutture di controllo di secondo livello (risk management, compliance, antiriciclaggio, capital management ecc.). Molto però in questo senso è ancora da farsi e ora le nuove regole di vigilanza prudenziale chiamano gli intermediari a concentrarsi su questi aspetti e nel mettere ordine a questo complesso, e per certi versi complicato, sistema organizzativo dove, diciamocelo pure, sono chiari i principi a cui ispirarsi, lo sono molto meno i metodi per attuarli. Su questo fronte il lavoro e lo scambio di conoscenze in sede associativa rappresentano un indiscutibile valore aggiunto. Nell’ambito di queste novità regolamentari un ruolo fondamentale è quello del c.d. Risk Appetite Framework (R.A.F.) che, come indicato all’interno della normativa, è il quadro di riferimento che definisce – in coerenza con il massimo rischio assumibile, il business model e il piano strategico – la propensione al rischio, le soglie di tolleranza, i limiti di rischio, le politiche di governo dei rischi, i processi di riferimento necessari per definirli e attuarli. La definizione da sola è sufficiente a far intuire quali e quanti risvolti organizzativi ci siano dietro un simile “quadro di riferimento”; quadro che al suo interno contiene tantissimi elementi quali: • organi e strutture organizzative; • processi;
• metodi; • strumenti; • flussi informativi e reportistica; • cultura del rischi e del controllo; • competenze e formazione; • pianificazione. È evidente che dipingere tale quadro richiede un gran pittore (cioè un gran project manager), che da bravo artista è bene che trovi la giusta ispirazione per realizzare l’opera e che, al contempo, possa contare costantemente sull’appoggio del proprio mecenate; Ci vuole insomma, come sempre in questi casi, un gran committment, costante nel tempo (non solo nei kick off, ma durante tutta la vita progettuale). Dinnanzi ad una simile sfida non guasta chiarire alcuni aspetti, fondamentali per il successo progettuale: 1) esiste il principio di proporzionalità; principio da tener in un angolo e pronto ad essere sbandierato ogni qual volta la situazione sembra poter precipitare a causa di “eccessi metodologici”. Su questo fronte è molto utile il confronto con gli altri operatori e avere a disposizione quante più analisi di benchmark (forza con le survey). Infatti l’osservanza di tale principio necessità di un continuo esercizio di contestualizzazione della realtà operativa e dei rischi ad essa associati. A volte metodologie troppo spinte sulla valutazione dei rischi, per le quali si potrebbe aver investito anche molto, rischiano di risultare sovradi-
mensionate rispetto alle reali necessità o di disperdersi a causa di difetti comunicativi. Al contempo metodologie di analisi troppo “grezze” rispetto al business in termini di dimensioni e complessità possono non far percepire con esattezza il reale valore dei rischi assunti. Quindi è d’obbligo... contestualizzarsi; 2) non bisogna quantificare tutto. Esistono rischi, e la stessa regolamentazione c’è lo ricorda, che non hanno bisogno di essere calcolati per essere adeguatamente gestiti. Rischi strategici, rischi di non conformità, reputazionali ecc. hanno bisogno di essere monitorati e pesati, ma senza ricorrere a metodologie puramente quantitative. Una buona valutazione qualitativa, basata sulla sensibilità del managemnt, sull’analisi degli accadimenti passati e sul contesto di riferimento può essere più che adeguata. Quindi non abbandoniamo strumenti come le interviste, i questionari, i workshop, l’analisi dei reclami ecc. 3) rischi e business sono sempre due facce della stessa medaglia. Insomma, ricordiamoci che il concetto base del “non c’è business senza rischio” è sempre valido. A livello introspettivo ogni imprenditore ha già il suo R.A.F. Chiamiamolo pure spirito imprenditoriale se volete, ma alla base il concetto è sempre lo stesso, business significa rischio ed evolu-
Business e risk profile d impresa rischi rischi rischi rischi
Soglie di Risk appetite
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Soglie di Risk tollerance
zione del business significa definizione di una propensione al rischio (in certi settori non intendo operare, in altri sì; certi prodotti non ho intenzione di produrli, altri sì; con certi fornitori non intendo trattare, con altri sì; faccio in casa o esternalizzo; concedo fiducia e credito oppure no). Pur nella sua complessità, la definizione di R.A.F. è estremamente chiara nel richiedere agli intermediari lo sforzo di correlare il business ai rischi. Questo attraverso un framework appunto che individui le diverse tipologie di rischio che minacciano l’azienda e che, per ognuna di esse, ne fissi il livello che la banca intende assumere per il perseguimento dei propri obiettivi (c.d. risk appetite) e la devianza massima consentita (c.d. risk tollerance). L’insieme di questi elementi determina tempo per tempo il risk profile dell’impresa. Siamo di fronte ad un potente sistema gestionale per la banca dove, almeno a livello teorico, l’assunzione del rischio (in tutte le sue smisurate accezioni) è sempre consapevole. Sì, perché in estrema sintesi quello che occorre mettere in piedi è un cruscotto che consenta al vertice aziendale di sapere con tempestività quanto la banca sta rischiando in un preciso momento e se tale assunzione di rischio rientra nelle propensioni al rischio definite a priori, alla luce ovviamente delle capacità e delle dotazioni che la banca possiede per fronteggiare il verificarsi di eventi rischiosi. Dietro tale strumentazione si celano ovviamente gli ingranaggi di una macchina complessa che, come prima evidenziato, si basano sul raccordo tra strutture, professionalità, flussi informativi e sistemi di reporting ecc. Tale sistema è poi tenuto ad un costante allineamento, cioè ad una costante riparametrizzazione, delle propensioni al rischio per una efficiente
gestione di questi; anche se questo si presenta oggi più come un’esigenza che non come opportunità vista la fame di capitale che le banche hanno (senza parlare della prossima asset qualità review che la BCE sta per far partire sui maggiori intermediari europei).
Il rischio IT all’interno del RAF Anche il rischio informatico deve trovare una propria declinazione all’interno del RAF. Del rischio informatico sappiamo che questo si definisce come il rischio di incorrere in perdite economiche, di reputazione e di quote di mercato in relazione all’utilizzo di tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni (information and communication technology – ICT). Il rischio IT è un rischio che tipicamente viene fatto rientrare sotto il cappello dei rischi operativi con conseguenti riflessi in quelli reputazionali e strategici. Questa impostazione è mantenuta (la definizione parla espressamente di perdite economiche, reputazione e quote di mercato) ma adesso all’interno del RAF occorre dare una declinazione maggiormente puntuale di tale rischio e dei suoi effetti. Il rischio IT, da bravo rischio operativo, pervade tutta la struttura della banca ed è insito nei vari processi aziendali. Sempre da bravo rischio operativo non risponde a logiche di rischio/rendimento (tipico nei rischi di mercato). Non è facilmente individuabile se non attraverso una analisi dettagliata dei processi aziendali e una mappatura dei sistemi IT (tanto delle componenti hardware che software). Insomma è un rischio di non facile gestione e che, come i rischi operativi, trova una valevole gestione nell’adeguatezza del sistema di controllo
interno o, parzialmente, in tecniche di trasferimento del rischio quali assicurazioni e/o esternalizzazioni (con tutte le riserve del caso alla luce delle rilevanti responsabilità di un intermediario anche in caso di esternalizzazione dei sistemi IT). Le considerazioni sull’individuazione e la gestione di tale rischio sono molte; preme però considerare la valenza che tale rischio assume in ottica strategica. In effetti il rischio IT è un rischio che potrebbe minacciare profondamente l’intera evoluzione del business aziendale. Qualora infatti l’intermediario non possa contare su un adeguato sistema informativo, il business ne potrebbe risentire pesantemente finanche nel costringere l’intermediario a dover abbandonare una linea operativa o non poterla sviluppare (quantunque se ne presentassero interessanti opportunità). Prima ancora che ai malfunzionamenti legati al sistema informativo, quando parliamo di rischio IT dobbiamo pensare ai risvolti strategici che questo rischio può assumere. Le nuove disposizioni normative dedicano ampio spazio alla materia ICT partendo dai principi di governo ed organizzazione del sistema informativo e delineando le responsabilità degli organi di governo in tale ambito. Con riferimento alle modalità di analisi del rischio informatico, la normativa ci riconduce ad un classico processo di control risk assessment distinto in queste macrofasi: Fase 1 - valutazione del rischio potenziale cui sono esposte le risorse informatiche esaminate; Fase 2 - analisi del sistema di controllo interno per individuazione delle misure di attenuazione del rischio potenziale; Fase 3 - determinazione del rischio residuo.
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In apparenza il processo di gestione non presenta particolari novità, che però ci sono e che rendono lo stesso piuttosto complesso. Anzitutto la fase 1 prevede un’analisi o, per meglio dire, una vera e propria mappatura delle risorse informatiche e del loro utilizzo nei processi operativi aziendali. Gli addetti ai lavori conoscono quanto sia laborioso, soprattutto nelle strutture complesse, tale tipo di rilevazione e quanto questa sia preziosa per molteplici finalità (non solo di gestione dei rischi, ma anche di pianificazione dell’evoluzione infrastrutturale della banca e di successive implementazioni). La fase 2, parimenti a quella precedente, presuppone una accurata rilevazione dei punti di controllo e dei vari presidi esistenti a livello informatico ma non solo (di fatti presidiare gli effetti strategici legati al rischio IT significa avere un raggio d’azione della propria analisi che si estende ben al di là, per esempio, delle policy di sicurezza o dei controlli di linea – che vanno bene per i rischi legati all’information security, ma che non coprono gli aspetti legati alla capacità evolutiva dei sistemi in relazione al business). È un’analisi che per esempio deve tener conto delle exit strategies che possibilmente scattano all’accadere di eventuali e pericolose discontinuità di servizio. Su quest’ultimo punto sarebbe opportuna qualche riflessione aggiuntiva nei casi di esternalizzazione dove il concetto di exit strategies appare tanto importante quanto complicato nel suo realizzo (esiste veramente una exit strategies dinnanzi ad un full outosurcing? E se sì, a quale prezzo?). La fase 3 del processo presenta poi elementi di novità su cui dovremmo sicuramente ingegnarci, per poter declinare i principi contenuti nelle norme. Sì, perché il rischio residuo, ottenuto dopo aver chiuso le 2 fasi
finanziari. Realizzare ciò che la norprecedenti, deve essere sottoposto a mativa richiede rappresenta sicuraformale accettazione da parte del mente un valore aggiunto in termini soggetto individuato come utente regestionali poiché il successo di un sponsabile2 (individuazione che proprogetto di revisione del sistema di babilmente non sarà sempre pacificontrollo interno e del ca). Qualora poi il riprocesso di gestione schio residuo ecceda la Occorre superare dei rischi passa sopratpropensione al rischio, visioni parziali, tutto per una razionastabilita a priori dall’orparlare una lingua lizzazione ed un effigano di supervisone comune, e fornire agli cientamento organizstrategica – chiamiamoorgani di governo zativo. Occorre supelo per semplicità CdA societario, ma anche rare visioni parziali, in questa sede accettanagli operativi, una parlare una lingua codo alcune forzature in visione integrata in mune, e fornire agli ortermini di modelli di merito alla gestione gani di governo sociecorporate governance – dei rischi. tario, ma anche agli devono attivarsi misure Il framework che operativi, una visione di gestione del rischio andiamo a costruire integrata in merito alla prioritariamente definite deve rappresentare gestione dei rischi. Il (quali exit strategies, uno strumento framework che andiatrasferimento del rigestionale mo a costruire deve schio mediante polizze, da utilizzare rappresentare uno struricorso a extra budget, costantemente e mento gestionale da riduzione o interruzione imprescindibilmente utilizzare costantedell’attività ecc.). mente e imprescindiIn definitiva la gestione bilmente. Ogni decidi questa terza fase del sione aziendale in tema di business processo di analisi del rischio infordeve trovare un suo riflesso in termini matico non può prescindere dall’indi evoluzione prospettica del rischio; dividuazione degli eventi dannosi (a così al contempo i piani strategici livello potenziale e residuo) e da una d’impresa devono essere sempre vadeclinazione di questi in termini di lutati in un’ottica di rischio/rendicosti, ricordandoci che il fine ultimo mento. Gli intermediari su questo di un RAF è quello di coniugare il fronte negli anni hanno investito molbusiness con i rischi e con l’adeguato (Basilea II e Basilea III) ma sicutezza patrimoniale, ma non solo, di ramente occorre perfezionare i moogni intermediario. delli creati. In questa cornice il rischio IT, e la sua gestione, deve trovare il giusto spazio; opportunità Conclusioni questa che consentirà sempre di più Dal punto di vista del sistema orgaagli IT manager di essere presenti nizzativo aziendale i prossimi mesi al tavolo della pianificazione stratesaranno intensi per gli intermediari gica non subendo ex post decisioni già assunte, con tutte le problematiche del caso. Certo è che per costruire 2 Da normativa l’utente responsabile è la fitale framework serve una equipe di gura aziendale identificata per ciascun sistema o applicazione e che ne assume forprofessionisti affiatata, una solida malmente la responsabilità, in rappresentanza cabina di regia e, come sempre in degli utenti e nei rapporti con le funzioni ogni grande sfida, il giusto riconopreposte allo sviluppo e alla gestione tecniscimento. ca.
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DAL MOVIMENTO
A Roma
il Comitato Esecutivo dell’Associazione Europea delle Banche Cooperative La riunione si è focalizzata sullo stato di avanzamento delle riforme del sistema bancario continentale in previsione dell’avvio della Unione Bancaria Si è riunito venerdì 20 giugno a Roma il Comitato Esecutivo dell’Associazione Europea delle Banche Cooperative (EACB). L’evento, secondo una consuetudine di rotazione che vede ogni sei anni tali riunioni coordinate dalle associazioni nazionali, è stato organizzato congiuntamente da Federcasse e dall’Associazione Nazionale delle Banche Popolari. La riunione si è focalizzata sullo stato di avanzamento delle riforme del sistema bancario continentale in previsione dell’avvio della Unione Bancaria. L’EACB, anche in questa occasione, non ha mancato di sottolineare come “uguale trattamento non significa uniformità di regole, ma
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un approccio che non discrimini il settore cooperativo e riconosca le sue caratteristiche distintive”. Primi risultati positivi, in questo senso, le indicazioni contenute nelle prime due Direttive sugli Schemi di Protezione dei Depositi (DGS) e sulla gestione delle crisi bancarie (BRR) pubblicate il 12 giugno scorso sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, laddove si chiede ai legislatori nazionali, nel recepire le nuove norme, di applicare il principio di proporzionalità con specifico riferimento ad alcuni profili dei sistemi bancari nazionali o segmenti di essi. A questo riguardo, esplicita sottolineatura è data al profilo della forma giuridica, della dimensione o rile-
vanza sistemica, del modello di business, della presenza di reti e sistemi mutualistici per la protezione e la garanzia a favore di soci e clienti. Partecipano all’EACB (che ha sede a Bruxelles) 29 sistemi bancari cooperativi europei (con oltre 56 milioni di soci ed 850 mila collaboratori), accomunati dall’obiettivo di rappresentare nelle sedi istituzionali l’essenza, la specificità e il ruolo della cooperazione di credito, che gioca un ruolo insostituibile all’interno del sistema economico. Alessandro Ceccarelli
La campagna di comunicazione del Credito Cooperativo “Ci siamo!” si è conclusa a maggio con la chiusura del concorso a premi. La campagna ha utilizzato TV, radio, stampa quotidiana e ha promosso una presenza
significativa e dedicata sul web e i sui social network (Facebook e Twitter). 34 sono state le storie di differenza realizzate grazie all’operato delle BCC, che ad oggi sono state pubblicate sul sito www.cisi-
amobcc.it e diffuse con campagne Google e Facebook. 153.699 sono state le visite del sito e 12.419 i likes su Facebook nella pagina dedicata alla campagna. Gli iscritti al concorso #cisiamobcc veicolato su Twitter sono stati moltissimi e circa 700 foto sono pervenute alla redazione di Federcasse: di queste 300 sono poi state pubblicate sul sito. La giuria composta da esperti in campo fotografico e da esponenti del Movimento tra cui il nostro Direttore Paolo Grignaschi, si è riunita lo scorso 13 giugno ed ha decretato il vincitore nel rispetto dei criteri definiti nel regolamento del concorso stesso: originalità dello scatto, attinenza al tema preposto, presenza di un tema descrittivo, assenza di manipolazioni e fotoritocchi. Ecco i primi tre vintori del concorso “Ci siamo! Ce l’ho fatta!” Brunella Venier
1° classificato
2° classificato
3° classificato
Ci siamo! Nel 2004 ho avuto un incidente stradale che mi ha reso tetraplegico. Non potendo più muovere le dita non potevo più suonare la tromba, ma con l’aiuto di amici informatici meccanici abbiamo costruito una tromba che posso suonare tramite un joystick della carrozzina. Questa è la foto della prima volta che suonavo dopo quasi 10 anni! By VINXDELUX
Ci Siamo! Finalmente una casa MIA per realizzare tutta la mia fantasia, creatività, sogni e me stesso By PAOLO_CHI
Hai presente quando la sabbia scotta, ma tu te ne freghi perché tanto sai che stai correndo verso il mare? Ecco.. è così che bisognerebbe vivere! By MARILY_88
“Ci siamo!”
I risultati del concorso a premi Gli iscritti al concorso #cisiamobcc, veicolato su Twitter, sono stati moltissimi. Circa 700 le foto pervenute alla redazione di Federcasse
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DALLE BCC
BCC DEL TUSCOLO
Il Contratto di Rete per sostenere l’economia locale ed affrontare il mercato globale Il 13 giugno presso l’Auditorium della Banca si è svolto un Convegno dal titolo: “Nuove opportunità per le piccole e medie imprese: i Contratti di Rete”, tematica di attualità per chi vuol affrontare con una migliore preparazione il mercato globale. Il Convegno, organizzato insieme con la Federlus, ha avuto un ottimo riscontro ed è stato reso ancor più positivo dalla disponibilità dei relatori a coordinare delle successive tavole rotonde per sviluppare eventuali progetti finalizzati alla realizzazione di Contratti di Rete. Il Presidente della Banca, Claudio Ceccarelli, nella sua introduzione all’evento ha fatto notare come le Banche di Credito Cooperativo rappresentano uno straordinario esempio di cosa sia un sistema di imprese in rete. In tale sistema tutte le BCC, condividono, conservando la propria autonomia, valori, cultura, strategie, oltre che un sistema organizzativo ed una continuità operativa. Ciò consente loro di essere più efficienti ed efficaci sul mercato. Ceccarelli infine ha sottolineato come l’azione stessa delle singole BCC è volta a sostenere e a sviluppare le attività dei soci tra i propri soci e più in generale nelle zone di competenza, contribuendo allo sviluppo socio-economicoterritoriale nel rispetto dei principi della mutualità e della cooperazione. Sempre nell’ottica del fare rete come una delle possibili formule vincenti per superare momenti di crisi, il Presidente si è soffermato sulle recenti iniziative promosse dalla Banca svi-
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luppate grazie all’impegno dell’Associazione dei Giovani Soci (costituitasi lo scorso marzo), quali: la Rete Socio e la formula Socio Sostiene Socio. La prima è una vera e propria opportunità di visibilità per tutti i Soci ed ha l’intento di farli sentire parte attiva di una comunità. Previa sottoscrizione di apposita convenzione con la BCC, è stato realizzato un vero e proprio prontuario, ove i soci promuovono la propria attività artigianale, commerciale, professionale a favore degli altri soci concedendo loro delle agevolazioni, degli sconti, degli omaggi. Una rete che apporta un valore in più al socio della Banca ma che contemporaneamente contribuisce a dare una mano all’economia locale. Con la formula Socio Sostiene Socio, si concretizza poi il ruolo della BCC, Banca differente, la quale è disponibile a finanziare a tassi agevolati gli scambi di merci e/o servizi tra i soci della Banca. Insomma, il concentrato del discorso del Presidente è racchiuso nelle sue considerazioni finali: “in un mercato globale, il fare rete di persone, di conoscenze, di occasioni, premia oltre che stimola ancor più il fare, cooperando”. I relatori sono entrati nel dettaglio illustrando cosa si intende per Contratto di Rete e quali vantaggi ed opportunità offre. Il fenomeno della Rete ha trovato riconoscimento legislativo negli artt. 4-ter e ss. del D.l. n. 5/2009, convertito con legge n. 33/2009, che individua il Contratto di Rete come un contratto di aggregazione con cui più imprese possono
collaborare, scambiarsi informazioni, esercitare in comune una o più attività rientranti nel proprio oggetto sociale. I vantaggi sono innumerevoli: aderire ad un Contratto di Rete, per una piccola e media impresa, vuol dire mettere a disposizione delle altre imprese della Rete il proprio know-how e le proprie esperienze, acquisendo al contempo informazioni o prestazioni degli altri soggetti, in vista della realizzazione di un Programma Comune, negoziato e condiviso da tutti i soggetti della Rete e strettamente legato all’oggetto delle imprese stesse. Entrare in una Rete vuol dire crescere ed affrontare le sfide del mercato globale non da soli, ma insieme a più imprese, trasformando alcuni dei propri interlocutori da “competitors” a “collaboratori”; grazie al Contratto di Rete, le imprese possono condividere i costi comuni, mantenendo al contempo il vantaggio competitivo che maturerebbero lavorando in autonomia. Aggregandosi in rete e contribuendo alla definizione e alla realizzazione del Programma Comune
Da sinistra: Marco Manariti, Amministratore Unico Forma Mentis Innovazione e Sviluppo srl; Sandro Di Cicco, Responsabile Agevolazioni Iccrea BancaImpresa; Paolo Grignaschi, Direttore Generale della Federlus; Claudio Ceccarelli, Presidente BCC del Tuscolo-Rocca Priora; Amedeo Ianniccari, Direttore Generale BCC del Tuscolo-Rocca Priora; Luigi Rugiero, Partner Techniplant srl; Mario Giuli, Consulente di Direzione
di Rete, le piccole e medie imprese possono attivare processi di miglioramento del proprio business, legato alla partecipazione attiva e diretta alle attività dell’aggregazione. Nelle Reti efficaci, il miglioramento non può che tradursi in uno sviluppo concreto del business delle singole imprese che ne fanno parte. Infatti prerogativa delle Reti è rendere possibile innovazioni e sviluppo che da soli non sarebbe possibile raggiungere. Un esempio tipico è l’internazionalizzazione: il nanismo delle imprese spesso rende difficile e costoso affermarsi su nuovi mercati mentre una rete di imprese può avere
“la massa critica” per aggredire nuovi mercati e alimentare così i singoli business delle aziende partecipanti alla rete. Le aggregazioni di Rete sono sempre più spesso destinatari privilegiati di tutta una serie di Bandi
e Avvisi Pubblici, a livello tanto nazionale quanto locale, che finanziano progetti e attività realizzate da imprese riunite in un Contratto di Rete. L’attenzione crescente per le reti è dimostrata da un dato: le Regioni, ultimamente, hanno emanato oltre 70 bandi, per un importo di 1,28 miliardi di euro, cifre che andranno a crescere nei prossimi mesi. Il materiale del convegno è disponibile sul sito internet giovani.bancatuscolo.it. Se si desiderano avere ulteriori informazioni è possibile contattare il referente della Banca, Gianluca Ricco, allo 06 94070106. Gianluca Ricco
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DALLE BCC
NUOVE FILIALI/1
CRA AGRO PONTINO
La filiale 10 e lode 10 è il numero che caratterizza la nuova filiale della Cassa Rurale ed Artigiana dell’Agro Pontino, inaugurata il 2 marzo scorso. Situata a Terracina, in via Appia 120, rappresenta il fiore all’occhiello delle dieci filiali della Cassa. L’edificio, che rimanda al periodo della bonifica, ha una struttura movimentata, comprendendo anche una torretta sulla quale è stato collocato il simbolo del Credito Coo-
perativo, con l’intento che fosse ben visibile la presenza, anche nel Comune di Terracina, della realtà sempre più solida della Cassa Rurale. L’arredamento interno è caratterizzato da linee semplici ed essenziali, colori innovativi, trasparenze (come il modus operandi della banca). In conclusione, un design che ben si sposa con l’architettura esterna della struttura e in linea con il percorso intrapreso da qualche anno. Con l’apertura della filiale numero
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10 è stata creata una nuova figura professionale, il Direttore Zona Sud: ad oggi l’incarico è stato assunto dal collega Giuseppe Porcelli con il compito di coordinamento dell’ultima nata e della filiale di San Felice Circeo-Borgo Montenero, capitanate, rispettivamente, dai colleghi Mirko Bellini e Massimiliano Popolla. Suggestivo l’intervento del Prefetto Giuseppe Procaccini, che ha riservato alla Cassa Rurale parole di
stima e ammirazione, sottolineandone il lavoro instancabile e l’augurio di mete sempre più ambiziose, continuando a rafforzare il radicamento e la prossimità al territorio. Erano inoltre presenti il Sindaco della Città di Terracina, Nicola Procaccini, il quale ha speso parole di augurio per la nuova filiale, e il Direttore Generale della Federlus, Paolo Giuseppe Grignaschi, che, oltre a rimarcare lo sviluppo anticiclico della Cassa Rurale, l’ha descritta come un’eccellenza; “una banca attenta alle esigenze del territorio e a tutti coloro che lo vivono, in quanto, prima di tutto, è formata da persone che lavorano per le persone, attenta alle nuove esigenze dettate dai tempi. In sostanza, una banca nata dal territorio e cresciuta con esso”. Malgrado il tempo non sia stato clemente la partecipazione dei soci e dei clienti è stata assai numerosa: come ha detto anche il parroco durante la benedizione, “filiale bagnata, filiale fortunata”. Loretana Cacciotti
Nuove filiali/2
BCC DEL CIRCEO
Nuovo sportello a Terracina Lo scorso 8 marzo è stata inaugurata a Terracina, in via Olmata 72, la quarta filiale della Banca di Credito Cooperativo del Circeo. Segnale importante che dimostra ulteriore solidità, confermando sia la vocazione alla crescita che l’attenzione per il territorio ove opera. Erano presenti il vice sindaco di Terracina Granfranco Sciscione, il Direttore della Federlus Paolo Grignaschi, il Presidente e il Direttore Generale della BCC del Circeo, rispettivamente Franco Cardinali e Luigi Pacifici. L’inaugurazione è stata preceduta dai discorsi auguranti delle autorità e dalla benedizione del parroco di Terracina. Tutti gli operatori che operano nella nuova filiale sono del luogo e ben conoscono le esigenze di persone e aziende del territorio di Terracina. D’altronde le caratteristiche che contraddistinguono da sempre la Banca di Credito Cooperativo del Circeo sono alta capacità e spiccata propensione al rapporto umano. In un parola: calore. La nuova filiale di Terracina è situata nella zona nord della città, definita strategica perché si trova in un punto nevralgico. Un territorio in cui gravita l’Ospedale Fiorini, la stazione ferroviaria, numerosi supermercati e aziende: è lo snodo in
cui confluisce il traffico dell’Appia e della Pontina, ma soprattutto tanti cittadini che sono il cuore pulsante della zona. Ma ci sono tre buoni motivi per dare fiducia alla Banca di Credito Cooperativo del Circeo: la prima ragione sta nella sua solidità, certificata dalla classifica nazionale stilata ogni
anno; la seconda ragione di fiducia sta nella relazione di lungo periodo con i soci, i clienti e le comunità locali. Storicamente la BCC del Circeo ha offerto una costante liquidità al credito domestico e sostenuto lo sviluppo economico e finanziario delle aziende. La terza ragione è che la Banca, pur essendo legata al territorio ove opera, fa parte di un efficiente sistema a rete che le consente autonomia pur condividendo una serie di infrastrutture e servizi con un vantaggio in termini di costo per i clienti. La BCC del Circeo, insomma, continua a fare la propria parte fino in fondo, ad essere portatrice di fiducia. Questo è il primo collante indispensabile ai fini della ripresa. Gaetano Orticelli
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NUOVI ORIZZONTI
Novità su
Orizzonti TV di Rocco Viola
La web television di Federlus, che da marzo scorso è online con otto canali tematici per un totale preventivato di circa 150 produzioni annue, dopo l’estate entrerà a regime abbandonando la fase di start-up L’ultimo nato, in ordine di tempo, è “Tripla A”, un contenitore su agricoltura, alimentazione, ambiente, in collaborazione con BIT Spa, la società di servizi per l’investimento sul territorio del Credito Cooperativo. E proprio quest’ultimo canale è la sintesi perfetta di Orizzonti TV, la web television di Federlus, che da marzo scorso è online con ben otto canali tematici per un totale preventivato di circa 150 produzioni annue. Dicevamo di “Tripla A”. È la sintesi perché rappresenta innanzi tutto l’impronta marcatamente educational di un progetto complesso rivolto ad un pubblico eterogeneo, assolvendo così in maniera prioritaria lo spirito proprio delle BCC: quello di fornire corrette istruzioni per l’uso; e poi perché è l’emblema
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(grazie alla collaborazione con BIT Spa) del concetto di fare squadra, in un’ottica di sistema, verso tecnologie e forme di comunicazione evolute. È il primo caso in Italia di web tv strutturata e completamente dedicata all’educazione economico-finanziaria che, dopo l’estate, entrerà a regime abbandonando la fase di startup, tanto da implementare ulterior-
mente i canali con diverse e ricche novità per il palinsesto inverno2014, che andranno ad aggiungersi alla playlist esistente: “ABC dell’Economia” (le singole parole di economia e finanza, il cui significato è chiesto dapprima ai cittadini per la strada e poi spiegato in studio), “Trading Room” (la video enciclopedia del trading con Davide Biocchi), “Pillole di Finanza” (il com-
plesso mondo degli investimenti ridotto in toni molto semplici e chiari), “Un Caffè in Banca” (il tempo di un caffè per comprendere il complesso mondo bancario dalla parte dei risparmiatori), “Impresa Oggi” (i principali bandi europei, nazionali e locali per imprese e cittadini), “Credito ai Raggi X” (dalla collaborazione con CRIF nasce l’osservatorio sul mondo del credito),
“Orizzonti” (per offrire la lettura dei macro-eventi e visioni internazionali da declinare nel contesto delle BCC). “In Italia – dice il Direttore Generale di Federlus, Paolo Grignaschi, presentando il progetto – c’è sete di sapere e le Banche di Credito Cooperativo hanno nella propria mission un richiamo specifico all’educazione al risparmio. È per questo che,
come Federazione, anche attraverso le BCC, mettiamo a disposizione dei clienti e dell’intera comunità non solo locale ma globale, uno strumento di alfabetizzazione e approfondimento. È uno dei nostri contributi pratici alla crescita delle persone”. Importanti studi internazionali hanno di recente confermato che bassi livelli di alfabetizzazione finanziaria costituiscono la principale barriera all’inclusione finanziaria. Promuovere l’inclusione attraverso l’alfabetizzazione finanziaria rappresenta per le Banche di Credito Cooperativo l’obiettivo stesso del proprio agire quotidiano. Una declinazione concreta della propria mission, attraverso il canale oggi più efficace. La sfida del futuro passa, dunque, anche dai nuovi media. E le BCC si fanno trovare pronte.
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RECENSIONI
I conti con la storia Nel suo volume più recente Paolo Mieli ci guida in un percorso avvincente che spazia dalla storia antica all’età contemporanea, dall’Atene di Pericle all’Italia del ‘900, insegnandoci che a volte è saggio non riaprire ferite le passato Si pensi ad un viaggio coraggioso e appassionato nella memoria intermittente, con la convinzione che, se sapremo affrontare la storia senza preconcetti o pregiudizi, ci imbatteremo in non poche sorprese e forse saremo in grado di affrontare il presente. È in questo viaggio che ci accompagna Paolo Mieli nel suo fare i conti con la storia. Il metodo storiografico consiste nell’analizzare i fatti nei minimi particolari, così da scorgere aspetti che altrimenti non sarebbero emersi. Non bisogna limitarsi alla superficie delle cose, ma sviscerarle per avvicinarsi maggiormente ad un’ipotesi obiettiva e veritiera. Mieli esamina le versioni ufficiali dei fatti, si pone domande, va alla ricerca dei conti che non tornano. Il suo è un approccio alla storia di tipo giornalistico e revisionista. La storia va esaminata nella sua interezza, in tutte le sue versioni, quelle dei vincitori e quelle dei vinti, bisogna interrogarsi sugli aspetti oscuri e contradditori e liberarsi dalle divulgazioni tradizionali. I Conti con la Storia ha diversi fili conduttori e una delle chiavi di lettura è contenuta nel sottotitolo: “per
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capire il nostro tempo”. Rileggere la storia secondo Mieli serve per riuscire ad individuare un metodo scientifico, studiare le vicende del passato anche molto lontane da noi può servire a comprendere meglio i meccanismi della vita pubblica, della politica, dell’economia, anche nel tempo presente. Il libro raccoglie recensioni e saggi pubblicati sul Corriere della Sera, riflessioni che spaziano per tutto il corso della storia, da quella antica fino all’età contemporanea. È scandito in tre parti: la memoria divisa,
la memoria riscritta, la memoria italiana. Un percorso avvincente in cui l’autore ci guida alla scoperta di aneddoti curiosi su fatti e personaggi di epoche diverse. Si parla della moderna immoralità Pericle, delle contraddizioni di Costantino, della ferocia di Calvino contro gli eretici, di Tocqueville. Un altro filo conduttore che sembra contraddire il primo è quello che alla storia bisogna guardare staccandosi dalle passioni che l’hanno ani-
mata, anzi in certi casi può essere opportuno dimenticare. I cosiddetti patti dell’oblio. Il più noto è quello della Spagna, quando alla caduta del regime franchista gli eredi di quelle che erano state le parti che si erano affrontate nella guerra civile decisero di non riaprire le ferite che questo paese aveva subito durante la terribile guerra civile. Qual è l’equilibrio tra l’importanza del ricordare la storia per trarne degli insegnamenti e la necessità di non riaprire ferite sanguinose che possono creare delle tensioni pericolose per la convivenza? La contraddizione tra le due cose è solo apparente. In fondo cosa è l’oblio? L’oblio non è dimenticare per sempre una vicenda, l’oblio è un momento nella mitologia molto particolare in cui si purga il passato dalle passioni, lo si conosce. È la capacità di selezionare i ricordi in modo da eliminare le tossine e lasciare ciò che ci serve per sopravvivere. Un’altra questione che Paolo Mieli affronta è l’uso politico della storia: dire che le vicende storiche danno ragione e rafforzano una propria tesi, è un modo per legittimarsi e delegittimare invece i propri avversari. Il fenomeno dell’uso politico della storia è giunto al suo apice nel ’900, il secolo delle grandi ideologie, in Europa ed in particolar modo in Italia. È stato un modo di far tornare i conti e poter dire che le ragioni erano tutte da una parte e i torti dall’altra. Ecco perché la lezione è quella di sempre: fare i conti con la storia per poter guardare al futuro con gli occhi sicuri e certi di chi non vuole rimuovere il passato. Greta Salve Paolo Mieli I conti con la storia Rizzoli, 300 pagine Euro 19,50
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ent ti d i mom tuoi proget e n o Ci siam a, quando i it della v i in realtĂ . alcuno u s r q u e d v a tr ser uando e a te. q cio, o m o slan n u Ci sia reda insiem i d no c i bisog osta. a che ci h o d p oci. o quan a, di una ris m mila s a i o s t n m Ci e r c due confe lione e i di una m n u lie, o con famig e l o Ci siam rviam pre se munitĂ . m e s co Da ese, le r p m i le . la tua Anche
o. engon . t r a p ap itĂ che ci elle comun o e h c n iegan ppo d no ba o. Esisto ano lo svilu io e lo imp ove operan m t d r n Alime ono il rispa l territorio lg o % ne Racc r il 95 e ro. p o l futu a o almen n rda e gua h c e h banc Sono i. 0 ann 3 1 a D
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