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Alfonso Femia
UN TRIANGOLO DA RENDERE VIRTUOSO
ALFONSO FEMIA
La città spesso dimentichiamo che prima di ogni cosa è sintesi di un “territorio”, ovvero un rapporto costante con un territorio che plasma, modifica, rispetta, incide, scava, stratifica, dimentica, abbandona, attraversa, valorizza, nobilita, rende storia ma a volte violenta. L’uomo incontra e sceglie il suo territorio, agisce per atti fondativi con esso, prendendo a prestito i valori evidenti e quelli nascosti, e li trasforma in azioni economiche, sociali, politiche, culturali, alcune volte visionarie. Il territorio si misura con il tempo, con i diversi tempi con cui l’uomo interviene su di esso, definendone in maniera severa le azioni, rendendole vane e inutili se sbagliate o superficiali, o peggio irresponsabili. Il territorio viene attraversato da linee che l’uomo chiama infrastrutture ma che spesso non riescono a raggiungere neanche quello scopo per cui sono pensate, ovvero rendere possibili sviluppi urbanistici equilibrati per il futuro di una comunità. Al contempo separano, creando limiti fisici invalicabili, o difficilmente superabili, e comunque cambiano le gerarchie e i ruoli tra le parti che compongono la città e il suo territorio. Cosi una infrastruttura nata per un obiettivo, ha perso subito il suo ruolo e il suo nome, “Declassata”, ne ha subito definito compiti e limiti, ricerca di ruolo e complessità, attesa e doveri. Oggi in attesa.
LA DECLASSATA Il paesaggio come luogo di metamorfosi
Si incontra la Ex Banci, ovvero la sua ciminiera, attraversando la declassata ovvero Viale Leonardo da Vinci. Si scopre la Ex Banci attraversando un danteum denso di alberi che è diventato magia di luce e massa densa capace di rendere monumentale quel luogo, misterioso, soglia tra mondi diversi. Si conosce la Ex Banci percorrendola lungo i bordi dei suoi edifici, adagiati al suolo come tende di accampamento di altri tempi con le sue vetrate inclinate. Il declino e la decadenza gli conferiscono uno stato sospeso, tra il “bosco” che la protegge, e la sequenza di prospettive tra i pieni e i vuoti.
Corpi svuotati ma ancora presenti e generosi nel loro rapporto tra interno e esterno, tra percezione e racconto. In che rapporto entrare con una presistenza apparentemente fragile, abbandonata e sola. Luogo di memoria…non troppo lontana. Luogo di desiderio… possibile e contemporaneo.
PERCEPIRE, PENSARE…UN LUOGO La declassata ovvero il viale di Leonardo da Vinci
Le città nascono come luoghi baricentrici tra vie di commercio e di attraversamento. Le linee che le raggiungono sono i primi elementi di una geografia che disegna i luoghi, la terra. Nella stratificazione temporale dei segni dell’umanità, le strade hanno conquistato e offerto possibilità di mettere in connessione città e persone e allo stesso tempo spesso hanno cominciato a sfuggire alla regola di minimo sforzo e di buon senso che ha sempre privilegiato l’impegno di di segnare il territorio. Ma questi segni vivono momenti di nascita importante e momenti in cui vengono abbandonati per ricercare successivamente nuove identità o per crearne loro spontaneamente una. Con la Declassata ci troviamo, come già il nome lo descrive, di fronte ad un caso esemplare di incisione territoriale nata per connettere velocemente parti di un territorio, e una volta perso quel ruolo se ne crea uno pressoché spontaneo ma di valore più circorscritto, mettere a sistema tre città, Pistoia Prato e Firenze, ma senza superare la medesima logica di elemento che separa piuttosto che unire le differenti parti del territorio che attraversa. Oggi la domanda da porsi è con quale natura e ruolo, responsabile e visionario allo stesso tempo, questa occasione potrà rispondere ad una idea di Prato del futuro.
CARATTERE DEI LUOGHI
Movimenti, lenti, adagi rapidi. I luoghi, le strade occorre percorrerli più volte in diversi momenti e con diverse modalità, lente e rapide, calme e frenetiche, dense o solitarie. Occorre entrarci in contatto e vedere se mantengono la medesima identità quando li percorriamo la prima volta, una seconda volta, una terza …, più volte.
Appartenenza vs Identità Una periferica … una tangenziale … una autostrada, una sequenza di svincoli e rotatorie. Un salire e scendere. Paesaggi frammentati, identità differenti, senso di appartenenza svuotato da luoghi dove ritrovarsi, vivere, incontrarsi, entrare, fermarsi. (s)Vincoli che diventano opportunità. Esiste la declassata, struttura e destruttura … può costruire un paesaggio mutando la sua identità ricercando una sua appartenenza al territorio … ora urbano, ora infrastrutturale, ora agricolo. Tre anime un luogo. La necessità di cucire, connettere, essere trasversale e permeabile, aggregare e crescere.
Percezione vs cognizione Avere consapevolezza del ruolo strategico della Declassata è il primo atto progettuale. Elaborarne le informazioni che dall’ambiente circostante ad essa ne possano definire l’identità futura o meglio il suo ruolo strategico è il secondo atto progettuale. Attraverso pertanto un processo cognitivo si vuole sviluppare un percorso “educativo” capace di leggere le aree e il territorio, le dinamiche sociali, le potenzialità, i possibili ruoli dei vuoti e dei pieni abbandonati, per tracciare una visione, un disegno strategico, radicale e reale, visionario e pragmatico. La cognizione si accompagna pertanto dalla percezione, che ritrova segni. Legge presenze, accusa mancanze, individua sogni possibili e sogni desiderati. La percezione si nutre dei diversi sguardi, del dialogo con gli altri, divenendo strumento di progetto, divenendo conoscenza, pensiero. Percepiamo una linea che deve appartenere ai diversi brani di territorio che incontra. E allora scopriamo che questa linea indifferente al suo interno incontra tre caratteri dei luoghi, 1. Urbano (dal Pecci a via del Purgatorio) dove l’ex Area Benci diventa il cuore strategico, il polmone necessario, l’arteria vitale, il corpo necessario. 2. Infrastrutturale (da via del Purgatorio a viale Allende), gli edifici cambiano di scala e sono a servizio del territorio (commerciale, sportivo, formazione…). 3. Rurale, il territorio riprende il suo disegno agricolo e ci accompagna verso Pistoia.
L’EX AREA BANCI L’attesa di un futuro
L’architettura contemporanea interviene negli ultimi decenni nella città spesso sovrapponendosi con forme e linguaggi che tendano a costruire frammenti, episodi e non parti di città. Occorre non precostituire spazi, architetture, luoghi ma “costruire” una idea che possa divenire progetto, che possa essere desiderata. Il tempo è la materia più difficile e importante con cui si deve misurare l’uomo. I mondi che l’uomo costruisce attraverso il tempo sono narrazioni continue che lasciano brani fondativi, ne perdono altri alcune volte importanti. Per l’area ex-Banci non occorre proporre una architettura che sia conclusa ed esclusiva, ma inclusiva e adattabile nel tempo. Occorre immaginare un modulor, una idea fondativa che costruisca nel tempo il volume fondativo e che si basi come una musica su ritmi, trame, sequenze, note, e points d’appels, un testo armonico, un tempo “musicale” dove nel tempo si possa comporre/costruire teoricamente, concettualmente e fattivamente il suo divenire luogo di futuro della città di Prato e del suo territorio. L’Ex-Banci deve assumersi la responsabilità di riequilibrare, armonizzare, riconnettere, ridare centralità ai luoghi, creare un luogo di destinazione in connessioni con gli altri luoghi della città. L’ex-Banci, un luogo di destinazione nel futuro di Prato.