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and Heritage, in C. Bianchetti, E. Cogato Lanza, A. Kerçuku, A. Sampieri, A. Voghera, Territories in Crisis, Berlino, Jovis 2015, pp 17 On this topic, cf. Pierre nora (edited by), Science et conscience du patrimoine, Gallimard, Paris 1997. 18 During the launch of the Heritage Year in 1979, the minister of culture and communication stated: «The notion of heritage is broader than it once was. Heritage is not only the coldness of the stones and of the glass that separates us from the objects displayed in a museum. It is also the village wash house, the small rural church, the local dialect or the charm of family photos, the craftsmanship and techniques... the language, the written and oral traditions, the most modest buildings.» An expansion reiterated in 1980 by the then President of the Republic, Valéry Giscard d’Estaing: «as for cultural heritage, it is not made up of stones alone: it includes everything that human endeavour has bequeathed to us.» Cit. in PhiliPPe Poirrier, Le

verdi con la grande Citroniera. Certo, il Primo Architetto di Vittorio Amedeo II determina e gestisce la grande scala territoriale, e nel caso di Stupinigi il progetto del giardino di Michel Benard – giunto appositamente da Parigi nel 1739 con l’incarico di Direttore dei giardini – si colloca all’interno di un quadro già definito. Al di là di questo, però, il progetto di giardini nel periodo 1739-1773 vede in prima linea Benard, e l’apporto degli architetti è legato alle effettive opere architettoniche. Le lettere tra Torino, ambasciatori e agenti in questo caso illuminano anche sulla formazione del figlio, Michele Andrea, che non darà, purtroppo, esito al proseguimento della “dinastia”. Dalla corrispondenza con Roma si apprende che il giovane è inviato nella città papale per formarsi nel disegno, con la protezione del Cardinal Albani e sotto la guida di un buon architetto, forse Marchionni. Il 30 aprile del 1766 il cavalier Raiberti lo presenta al cardinale come «figlio del direttore de’ Giardini Reali, già da lei particolarmente conosciuto, che si rende costì, col gradimento di S.M. per applicarsi al disegno ed abilitarsi nella professione del Padre».18 La formazione romana di Michele Andrea non durerà moltissimo, se già nel maggio del 1768 si tratta del suo ritorno a Torino. Non però da Roma, ma da Parigi, forse luogo più naturale per apprendere l’arte del padre, da dove l’ambasciatore Ferrero della Marmora elogia l’applicazione del giovane: «J’exécuterai avec plaisir les ordres que le Roi me donne au sujet du fils de M.r Benard, et principalement dans l’article par le quel vous me dites de lui fournir le nécessaire pour son retour, et pour se procurer des livres et Plans qu’il croira lui être utiles».19 Parigi resta un faro: nel 1772 Michele Andrea è di nuovo nella capitale francese, con testarda iniziativa, praticamente in miseria perché il padre non lo sostiene. Finalmente rientra a Torino, e nel 1774 verrà nominato Disegnatore dei Reali Giardini. Del padre, morto nel 1773, però, non ricoprirà la carica, né restano tracce di una sua carriera successiva.

1 Tutela dei giardini storici. Bilanci e prospettive, a cura di Vincenzo Cazzato, Roma, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, 1989, p. 107. 2 Archivio di Stato di Torino, Corte, Materie politiche per rapporto all’estero, Lettere Ministri (d’ora in avanti LM), Francia. Per orientarsi sul fondo è sempre utile niCoMede bianChi, Le materie politiche relative all’estero degli archivi di Stato piemontesi, Bologna-Modena, Zanichelli 1876, pp. 545-588. 3 Sul tema vedi Cristina stanGo, Acquisizioni e informazioni culturali nella corrispondenza diplomatica del primo Settecento, in Filippo Juvarra a Torino. Nuovi progetti per la città, a cura di A. Griseri e G. Romano, Torino, Cassa di Risparmio di Torino 1989, pp. 351-358. 4 roberto Carità, Il giardino reale di Torino opera sconosciuta del Le Nôtre, «Bollettino d’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione», n. 11, 1954, pp. 148-165. 5 Si vedano i primi risultati in roberto Caterino, Paolo CornaGlia, André Le Nôtre nel ducato di Savoia: giardini e diplomazia, in Viaggio nei giardini d’Europa. Da Le Nôtre a Henry James, catalogo della mostra (Venaria Reale, 5 luglio-20 ottobre 2019) a cura di V. Cazzato e P. Cornaglia, Venaria Reale, Edizioni La Venaria Reale 2019, pp. 80-84. 6 LM, Francia, m. 99, nn. 87, 140, 156. 7 Ivi, m. 125, nn. 13, 17-20, 22. 8 Ivi, m. 127, nn. 16, 19, 46, 47. 9 Ivi, m. 134, n. 142. 10 Ivi, m. 133, n. 98. Questa parte si deve a P. Cornaglia, la precedente a R. Caterino. 11 Charles auGustin d ’aViler, Cours d’Architecture, Paris, Chez Nicolas Langlois 1691, p. 190. 12 JaCques François blondel, Cours d’Architecture […] Tome quatrième, Paris, Chez la Veuve Desaint 1773, livre II, première partie, p. 3. 13 LM, Francia, m. 127, n. 73. 14 Ivi, m. 127, n. 74. 15 Paolo CornaGlia, José luis sanCho, La diffusione del giardino francese in Europa tra Sei e Settecento, in Viaggio nei giardini d’Europa, cit., pp. 50-63; Paolo CornaGlia, Il giardino francese alla corte di Torino. Da André Le Nôtre a Michel Benard, 1650-1773, Firenze, Leo S. Olschki editore, 2021. 16 LM, Francia, m. 134, n. 170. 17 Paolo CornaGlia, Juvarra e l’architettura dei giardini. Il padiglione del labirinto a Venaria Reale, in Filippo Juvarra 1678-1736, architetto dei Savoia, architetto in Europa, a cura di P. Cornaglia, A. Merlotti, C. Roggero, I, Roma, Campisano Editore 2014, pp. 103-118. 18 LM, Roma, m. 257, n. 63. 19 LM, Francia, m. 209, n. 166.

Chiara Circo

I giardini di Villa Reimann a Siracusa. Un contributo di conoscenza per la conservazione del parco urbano storico

Chiara Circo | chiaracirco@unict.it Struttura Didattica Speciale di Architettura di Siracusa, Università di Catania

Abstract Villa Reimann rises along the southern edge of the Akradina cliff, near the Neapolis, one of the most extensive and important archaeological areas of Siracusa. For its extension and the variety of the elements included in it, Villa Reimann represents an extremely significant ensemble for the ancient and modern history of the city. However, it is afflicted by a continuous state of maintenance debt and underuse, despite being the only urban public park. The paper briefly reconstructs the history of Villa Reimann and shows the results of a study that has contributed to increasing the knowledge of the site with the aim of its conservation. Therefore, a reflection on the difficult coexistence of the park with the massive urban expansion and the new challenges for the planning of the city is proposed, towards increasing urban quality through the conservation, enhancement, and strengthening of this precious natural system.

Parole chiave Rilievo diretto, analisi storica, verde pubblico, pianificazione urbana.

Introduzione Il complesso di Villa Reimann sorge lungo il ciglio meridionale della balza Akradina a ridosso della Latomia del Carratore, nei pressi della Neapolis, una delle aree archeologiche più estese e importanti della città di Siracusa, di cui costituisce una naturale prosecuzione (Fig. 1).1 Nella sua estensione di 16.000 metri quadri di superficie dall’orografia complessa, Villa Reimann accoglie tre giardini a carattere differente – produttivo, contemplativo e archeologico – con più di 150 specie vegetali2 e una varietà di elementi tale da costituire un insieme estremamente significativo per la storia antica e moderna della città. La memoria ricostruisce brevemente la storia del giardino e presenta i risultati di uno studio, condotto attraverso fonti dirette e indirette, che ha contribuito ad ampliare la conoscenza del sito e delle sue criticità nell’ottica della sua conservazione. In conclusione, si propone una riflessione sulla difficile convivenza del parco con la massiccia espansione urbana e sulle nuove sfide per la pianificazione della città, anche a seguito dell’istituzione del Parco Archeologico,3 nell’ottica della conservazione, valorizzazione e potenziamento del verde pubblico.

Fig. 1 Aerofotogrammetria della città di Siracusa con localizzazione di Villa Reimann. Si nota come il parco si inserisce nel sistema di preesistenze archeologiche lungo la balza rocciosa, la cui traccia è stata quasi cancellata dall’urbanizzazione dei quartieri Neapolis e Akradina. Elaborazione dell’autrice.

Da casa di campagna a parco urbano pubblico La storia di Villa Reimann si inserisce in una complessa vicenda evolutiva della città di Siracusa che, dopo l’Unità d’Italia, si espande oltre le mura di Ortigia cominciando ad occupare le campagne dei quartieri Neapolis e Akradina con residenze extra urbane. Nel 1881 è costruita Casa Fegotto nel feudo omonimo che comprende agrumeti e altri terreni in parte adibiti a pascolo. Nel 1934 Christiane Reimann, nobildonna danese, acquista più di due ettari del feudo con la residenza, dove si stabilisce a partire dal 1938. La nuova proprietaria ammoderna la casa4 e valorizza i terreni impiantando essenze esotiche nell’area a sud che degrada verso la Neapolis e decorando i viali dell’agrumeto esistente. Il giardino esotico è concepito come luogo di svago e contemplazione, peculiarità evidenziata da elementi come il “belvedere”, una architettura elicoidale in muratura che accoglie una collezione di succulente, conclusa da un gazebo ligneo da cui si osservava il «verde dei giardini e degli orti, il cerchio ceruleo del porto […] e lontano l’azzurro mare Ionio» (Fig. 2).5 I sentieri definiscono aiole con specie di piante provenienti dai vari orti botanici della Sicilia, e confluiscono in spazi di sosta arredati con sedute e tavoli in pietra calcarea; un’altra piccola architettura è il pozzo, dove si raccoglie l’acqua dell’antico acquedotto Galermi.6 L’agrumeto diventa il Giardino delle Esperidi con una grande varietà di frutti tipici della Sicilia, tra cui il “femminello” siracusano (oggi limone di Siracusa, IGP). L’ingresso da via Necropoli Grotticelle e tutto il percorso che conduce alla villa è decorato con erme in pietra calcarea, che celebrano personaggi della mitologia greca. A partire dal secondo dopoguerra, Siracusa è interessata da una espansione edilizia massiccia e incontrollata legata anche alla richiesta crescente di alloggi dovuta alla costruzione della zona indu-

Fig. 2 Scorcio del Giardino esotico. Sullo sfondo il gazebo ligneo del belvedere. Foto dell’autrice.

Fig. 3 Scorcio della necropoli rupestre rinvenuta negli anni Cinquanta. Foto dell’autrice.

Fig. 4 Campo e controcampo del sentiero che separa in due parti il Giardino delle Esperidi. In alto la prospettiva sulla residenza avvolta nel verde; in basso lo sfondo delle palazzine costruite a ridosso del parco lungo il confine nord. striale di Priolo. Il paesaggio rurale, originariamente definito dal confine naturale della balza Akradina e delle sue latomie, è letteralmente saccheggiato e irrimediabilmente modificato. In questo contesto, il giardino della villa si espande includendo altri due terreni a est separati da una parete rocciosa di 8 metri solcata da grotte fino ad allora utilizzate per il ricovero di animali.7 Qui la Reimann, con scavi autofinanziati, rinviene una necropoli rupestre, strappandola a una potenziale obliterazione (Fig. 3). Negli anni Sessanta, l’estensione del giardino si riduce a poco più di 1,5 ettari in seguito alla vendita di terreni ritenuti edificabili. La campagna lascia così il posto alle anonime palazzine di cooperativa che definiscono l’attuale confine nord della villa (Fig. 4) – a ridosso dell’ingresso delle carrozze – che perde la sua posizione baricentrica. Nel 1979, Christiane Reimann muore donando la villa e il suo terreno al Comune di Siracusa con la clausola di utilizzarla come «sede perenne di attività educative e formative, manifestazioni culturali […] per contribuire al progresso civile della città»8. Tuttavia, il valore di tale lascito non è subito riconosciuto, e solo nei primi anni 2000 si avviano alcune attività di studio del parco anche in vista di un suo restauro, che comprenderà la definizione di una cartellonistica informativa delle varie essenze. Fatta eccezione per questi studi, il sito rimane inspiegabilmente misconosciuto e, peraltro, privo di un vincolo specifico di tutela, che arriverà solo nel 2018.9

Conoscere per conservare Nel 2015 grazie alla collaborazione tra Amministrazione comunale, Università di Catania e associazioni culturali10, nuovi tasselli sono stati aggiunti alla conoscenza di Villa Reimann. Il lavoro che sinteticamente si presenta11 ha compreso l’analisi della cartografia disponibile e il rilievo diretto finalizzato a una verifica della consistenza attuale del parco, sia in termini di specie vegetali che di elementi architettonici e alla successiva valutazione dello stato di conservazione. La topografia esistente12 è stata riportata in scala 1:100 suddivisa in un reticolo con maglia rettangolare per agevolare il lavoro di verifica sul campo. Quest’ultima è consistita nel modificare ciò che

Fig. 5 Planimetria generale del parco con identificazione della flora e stralcio della legenda; in basso sezione sulla necropoli rupestre. Elaborazione dell’autrice nell’ambito del corso di Restauro 2015-2016 (prof. A. Bonifacio; tutor C. Circo).

non appariva aderente alla realtà, nell’aggiungere ciò che mancava e nell’annotare i materiali che caratterizzavano le piccole architetture, i muretti, i percorsi.13 Il risultato sono una planimetria generale e una serie di sezioni in scala 1:100 che restituiscono la complessa orografia del sito, e alcuni disegni di dettaglio di tutti gli elementi costituenti. La consistenza floristica è stata rilevata e aggiornata a partire dallo studio già disponibile14 e collocata nel rilievo planimetrico. Le specie botaniche sono identificate da cerchi di varie intensità di verde in relazione all’altezza della pianta e da un numero riferito alla specie;15 con colori diversi in legenda si individuano quelle non più presenti o nuove (Fig. 5). Le sepolture della necropoli sono state rilevate ex novo perché mai oggetto di studio fino a quel momento.16 Il complesso comprende cinque sepolture ipogee – collocate a varie quote in diverse zone del sito e in un caso anche collegate con la residenza – e sepolture rupestri ricavate lungo la balza calcarea di confine tra il pianoro della villa e l’area orientale confinante con la Latomia del Carratore. Le sepolture sono accomunate dalla tipologia ad arcosolio con nicchie scavate nella roccia, in alcuni casi provviste di una serie di spazi per la sepoltura a terra.17 Questa necropoli per numero e varietà tipologica rappresenta ancora oggi un importante frammento dell’area archeologica del quartiere Neapolis e completa il quadro d’insieme delle aree sepolcrali diffuse a Siracusa. Il lavoro si configura, dunque, come un importante tassello di conoscenza del sistema del verde e degli elementi che esso custodisce e si offre come un’utile documentazione di base per procedere

Fig. 6 Antica cava nella balza Akradina al confine nordest della villa, sormontata da palazzine moderne. Foto dell’autrice.

con la redazione di un piano di manutenzione sistematica ovvero di un progetto di restauro che si renderà necessario qualora l’opera di manutenzione continui a mancare.

Ricostruire relazioni perdute Oltre a mettere in evidenza le carenze manutentive in cui ancora oggi versano i giardini, lo studio di Villa Reimann ha permesso di constatare la rottura radicale del legame con il contesto, dovuta soprattutto alla scarsa accessibilità del parco. La relazione giardino-contesto è un aspetto affrontato dalle Carte dei giardini, e su cui vale la pena soffermarsi. All’art. 14 la carta ICOMOS-IFLA afferma che i giardini devono essere conservati in un «intorno ambientale appropriato» ma non dice nulla su come questo intorno – se già compromesso – potrebbe essere riqualificato. Nella Carta Italiana il punto si riferisce esclusivamente ai giardini extraurbani ed evidenzia che la conservazione riguarda sia il giardino che le infrastrutture di contesto. Anche in questo caso, si dà per assodato che esista ancora un contesto da conservare, mentre non è mai affrontato il problema del come perseguire l’azione di conservazione di un giardino tagliato fuori dai circuiti della vita quotidiana, come è villa Reimann. I tre ingressi alla villa prospettano su due strade – Via Necropoli Grotticelle a ovest e Viale Teracati ad est – molto trafficate, prive di marciapiedi di sezione adeguata e di stalli per il parcheggio. Questa condizione è stata una delle cause principali della attuale marginalizzazione della villa, che soffre di un perenne stato di debito manutentivo e di sottoutilizzo, nonostante il continuo lavoro delle associazioni culturali. Villa Reimann è uno di quei siti che a Siracusa soffre per il fallimento della pianificazione urbana che, malgrado gli sforzi profusi dagli inizi degli anni Cinquanta, non è stata in grado di controllare le trasformazioni del paesaggio, avvenute tutte a vantaggio di una urbanizzazione sfrenata, lasciando sulla carta le idee di tutela e protezione del paesaggio (Figg. 6, 7, 8).18 Villa Reimann è oggi un “ritaglio” di verde che non è stato possibile invadere perché di proprietà pubblica e, finalmente, vincolato.

Ma questo non è sufficiente. Azioni coraggiose da parte dell’Amministrazione sono necessarie per avviare una radicale riconfigurazione delle aree contermini al complesso. Esse dovrebbero costituire una fascia di rispetto attraverso la quale ristabilire la relazione con la Neapolis, favorendo, ad esempio, una mobilità leggera. L’azione conservativa, in quest’ottica, è dunque trasformativa e si rivolge al contesto del giardino da tutelare, che a tutti gli effetti è considerato parte integrante della città.

Fig. 7 Scorcio dell’area nordest della Neapolis (c.d. Tomba di Archimede) vista da Villa Reimann. Foto dell’autrice.

Fig. 8 Palazzine su viale Teracati da villa Reimann. Foto dell’autrice.

1 FranCesCo saVerio CaVallari, CristoForo CaVallari, adolFo holM, Topografia archeologica di Siracusa, «Lo Statuto», Palermo 1883. 2antonino attardo, enzo Farinella, I giardini di Villa Reimann, Siracusa, Zangara 1996. 3 Decreto dell’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana del 11/4/2019, Istituzione del Parco archeologico di Siracusa, Eloro e Villa del Tellaro, ricadente nel territorio dei comuni di Siracusa, Noto, Avola, Palazzolo Acreide e Buscemi. 4 I lavori sono realizzati in due cantieri tra il 1934 e il 1937 e comprendono: la costruzione di una soprelevazione, il rifacimento di alcune volte di controsoffitto, il rifacimento di solai. Vittorio Fiore, luCia triGilia, La dimora e la città tra ‘800 e ‘900. Villa Reimann: storia e recupero, Siracusa, Lettera Ventidue 2017, pp. 88-110. 5 Descrizione della stessa Reimann del panorama negli anni Quaranta (V. Fiore, l. triGilia, op. cit., p. 16). 6 Il Galermi (480 a.C.) capta le acque dell’Anapo a circa 30 km da Siracusa e attraversa il parco per circa 400 m. 7 Vedi Documento 9 in V. Fiore, l. triGilia, op. cit., p. 68. 8 Testamento di C. E. Reimann, in Archivio Reimann. 9 Vincolo ex art. 12, D. Lgs. 42/2004 del 3/8/2018. 10 Si ricorda in particolare “Save Villa Reimann” per il supporto nella raccolta della documentazione di base. 11 Il lavoro è stato condotto nell’ambito del corso di Restauro dell’a.a. 2015-2016 (prof. A. Bonifacio, tutor: C. Circo), Struttura Didattica Speciale di Architettura di Siracusa, Università di Catania. Nello stesso anno, la SDS ha dedicato anche altri corsi allo studio di Villa Reimann, coordinati da C. F. Carocci, V. Fiore e L. Trigilia. 12 Rilievo quotato e restituzione grafica in scala 1:250 dell’arch. S. Branciamore su incarico dell’Istituto di Studi Siracusani, s.d. 13 Un lavoro a parte è stato svolto per gli edifici di cui è stato redatto un rilievo in scala 1:50. 14 a. Attardo, Restauro del Parco storico di Villa Reimann Siracusa, tav. 3 - Rilievo della consistenza floristica, committente: Comune di Siracusa, 2001. 15 MassiMo de ViCo Fallani, La rappresentazione delle piante legnose nei progetti di manutenzione e restauro dei giardini e parchi di interesse storicoartistico. Ricerca di un sistema rappresentativo da assumere come strumento di lavoro condiviso, in «Bollettino d’Arte», XIII, 2012, pp. 59-80. 16 Chiara CirCo, andrea draGo, Enhancement of Cultural Heritage through the Inclusion in Tourist Trails. Reflections on the Case-Study of the Complex of Villa Reimann in Siracusa, HERITAGE 2020 - Proceedings of the 7th International Conference on Heritage and Sustainable Development, Barcelos, Green Lines Institute for Sustainable Development 2020, Barcelos 2020, pp. 659-668. 17 GiusePPe salonia, Le Latomie di Siracusa, Siracusa, Arti Grafiche 1981. 18 VinCenzo CabianCa, Documenti su vent’anni di utopia urbanistica a Siracusa. Tra Neoilluminismo e Neoromanticismo, Roma, La casa del Nespolo 2013.

Roberta Maria Dal Mas, Maria Grazia Turco Il ruolo del verde nelle aree archeologiche a Roma, dall’Ottocento alla Carta di Firenze

Roberta Maria Dal Mas | robertamaria.dalmas@uniroma1.it Maria Grazia Turco | mariagrazia.turco@uniroma1.it Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura, Sapienza Università di Roma

Roberta Maria Dal Mas, Maria Grazia Turco

Abstract The contribution explores a highly topical issue in Rome since the nineteenth century: the inclusion of greenery in the city in relation to monuments and archaeological areas. The issue is addressed in a cultural and legislative process that begins with the annexation of the Papal State to the Napoleon’s Empire (1809-10). Since Italy’s unification, the debate focuses on the relation between the ruins and the plants within the historical fabric. Viviani’s Plan of 1883 contains indications for the reconfiguration of the green areas of Rome. In the twentieth century, due to the Master Plan of 1931 and the development of regulatory instruments, the major representatives of Italian culture, urban planning and politics were being involved in studies and proposals for the central archaeological area. Starting from the analysis of these experiences, the essay aims to highlight the link between classical evidence, the design and protection of gardens in the redesign of Rome’s city center, with reference to the 1981 Carta italiana di Firenze.

Parole chiave Aree archeologiche, Roma, giardini storici, Carta del restauro dei giardini storici, Carta italiana di Firenze.

Le anticipazioni: verde e archeologia Fare un bilancio a quarant’anni dalla Carta del restauro dei giardini storici o Carta italiana di Firenze del 1981, significa riflettere sul passato e, dal periodo post-unitario, sull’influenza di alcune soluzioni progettuali nelle successive scelte per la conservazione dei giardini storici. A Roma, durante la dominazione francese e le campagne di scavo del 1810-35, la Commission des monuments et batimants civils redige diversi progetti per la realizzazione di parchi pubblici nel Foro Romano1, in cui le antiche vestigia, protette da parapetti, sono collegate da viali alberati. Nella Pianta del Foro Romano, e progetto per l’ultimazione delli scavi e strade prossime al Tempio di Antonino e Faustina di G. Valadier (1812-14), un ampio percorso con olmi delimita l’area tra l’Arco di Settimio Severo e di Tito, il Tabularium, i Templi della Concordia, di Giove Statore, di Vesta, di Antonino e Faustina e la chiesa di S. Maria Antiqua.2 L’idea di mettere in connessione i monumenti tramite elementi arborei secondo uno schema geometrico è riproposta nel Jardin du Capitole di L. Berthault (1813).3

Il verde nelle aree archeologiche a Roma dal Novecento alla Carta di Firenze Nella città consolidata, la questione del verde è oggetto d’attenzione dopo l’Unità d’Italia e le indagini archeologiche del 1875-1902 per la conservazione e valorizzazione dei ruderi riportati alla luce.4 Il PRG di A. Viviani, del 1883, già prevede l’inserimento di giardini all’inglese all’interno del tessuto storico nelle fasi di trasformazione della Capitale (Fig. 1 a-b). In quest’ambito culturale si sviluppano il dibattito sulla ‘flora dei monumenti’ di G. Boni (1895-96), il tema della Passeggiata archeologica tra Palatino e Appia Antica (1909-25), le proposte per il giardino di piazza Mazzini (1927, R. de Vico) e quello di Traiano su colle Oppio (1928-36, R. De Vico e A. Muñoz), il parco Savelli sull’Aventino (1932, R. de Vico) e quello Cestio dell’omonima Piramide (1939-40, R. de Vico).5 La Commissione nominata nel 1919 dal Ministero della Pubblica Istruzione, inoltre, stila il progetto allegato alla Relazione sulla sistemazione edilizia del Colle Capitolino e delle sue adiacenze, presentato da G. Giovannoni.6 Nella planimetria, che rappresenta l’assetto urbano del Campidoglio, è evidente la funzione strategica del verde per risolvere gli snodi viari più problematici dopo gli sterri. Gli spazi attorno al Monumento a Vittorio Emanuele II (1885-1911) sono definiti da quinte arborate con giardini all’italiana, ninfei e statue; in corrispondenza dello sbocco di via Cavour su via Alessandrina, l’accesso al Foro Romano è segnato da una piazza con alberi (Fig. 2 a-b). In questi anni, infatti, si risveglia l’interesse per il giardino formale rispetto a quello romantico, anche grazie all’Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura e all’opera della socia M. Ponti Pasolini che stampa, nel 1915, Il giardino italiano (Fig. 3 a-b).7 Segue nel 1924 il testo di Luigi Dami8 e nel 1931 l’allestimento della mostra sul Giardino Italiano a Firenze,9 che, come scrive U. Ojetti: «intende rimettere in onore un’arte singolarmente nostra che dopo aver conquistato il mondo sembrò offuscata da altre mode o nascosta sotto nomi stranieri».10 In concomitanza all’esposizione fiorentina, la rivista «Architettura ed Arti Decorative», diretta da M. Piacentini, pubblica un bando, destinato ad architetti e studenti delle Regie Scuole di Architettura, per il progetto di un «giardino pubblico di carattere moderno e tipicamente italiano»,11 che richiede specifiche competenze progettuali per la collocazione del verde nella città storica. La tematica della vegetazione urbana trova il suo riferimento internazionale nella Conferenza di Atene del 1931 dove, su sollecitazione di G. Giovannoni (Fig. 4), A. Lenzi, direttore dell’Ufficio Belle Arti di Firenze, pone l’accento sul significato del verde come componente estetica a completamento di monumenti e aree archeologiche nel tessuto edilizio esistente. Non a caso, quindi, il 25 gennaio 1932 è approvata la Variante del Piano Particolareggiato di esecuzione della zona interessante la

Fig. 1 a-b Inventario dei monumenti di Roma. Parte I: a) frontespizio; b) Panorama degli Horti Farnesiani prima degli scavi, disegno di G. B. Giovenale (CSSAr, Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura, b., Inventario dei monumenti di Roma. Parte I, fasc. 38, Roma s. e 1908-1912).

Fig. 2 a Roma, Rione Campitelli, Studio per l’isolamento del Campidoglio e il Foro, s. a., G. Giovannoni e altri attr. (1919-1925) (CSSAr, G. Giovannoni, c. 5, 170, 1919-25).

nuova strada da via Cavour al Colosseo di Roma, in cui i nuovi margini di via dei Fori Imperiali tra via Cavour e il Colosseo, che delimitano gli scavi, sono previsti a «parco pubblico» e «privato» (Fig. 5).12 Ma già nel resoconto dattiloscritto Conferenza di Atene del 1931, Giovannoni, citando le leggi 688/1912 e 788/1922 a integrazione della 364/1909,13 che estendono la tutela alle bellezze naturali,14 considera tra «gli aggruppamenti caratteristici che rientrano nel tema del paesaggio», le ville ed i giardini, cioè le «opere in cui l’Arte ha assunto per mezzo gli alberi, i fiori, le acque, anziché i mattoni, le pietre, e gli altri elementi costruttivi e decorativi».15 L’architettura dei giardini, anche con l’esperienza dell’E42 (1937-40), riacquista rilevanza dopo le vicende belliche con il convegno del 1959 sulla Tutela e valorizzazione delle ville e dei giardini italiani, della sezione lombarda di Italia Nostra, in un rinnovato interesse per la conservazione e la valorizzazione di questo prezioso patrimonio.

Sono anche gli anni in cui si torna a ragionare sul rapporto tra vegetazione e archeologia con studi e proposte per Roma che coinvolgono esponenti della cultura, dell’urbanistica e della politica italiana: L. Benevolo, A. Cederna e I. Insolera. Dagli anni Settanta del Novecento la questione del verde si manifesta in tutto il suo valore nella prima riunione del Comitato internazionale dei giardini e dei siti antichi, nel 1971 a Fontainebleau,16 a cui segue la Carta del restauro del 1972 che, però, non fornisce indicazioni operative per il restauro.17 Nel IV Colloquio Icomos-Ifla sulla Conservazione e valorizzazione dei giardini storici (Firenze, 21 maggio 1981), è formulata la Carta dei giardini storici o Carta di Firenze, con l’obiettivo d’integrare la Carta di Venezia (1964) e di attribuire al verde storicizzato il significato memorativo che appartiene a ogni bene oggetto di tutela, con gli accorgimenti imposti dalla presenza di materiali naturali viventi. Al di là delle diverse posizioni emerse, quella francese che prospetta anche operazioni di ripristino e quella italiana più conservativa, che richiama la Carta del 1972,18 nella Carta di Firenze19 sono quasi assenti rimandi diretti al legame tra vegetazione e preesistenze archeologiche. Dopo la dichiarazione che «un giardino storico è una composizione architettonica e vegetale che dal punto di vista storico o artistico è […] un monumento» (Art. 1), è solo specificato che questo «non può essere separato dal suo intorno ambientale urbano […] o naturale» (Art. 7). Inoltre, il riferimento nel testo al «ripristino» (Artt. 9, 10, 15, 16, 17) trova l’opposizione degli italiani che si riuniscono nuovamente il 12 settembre 1981 a Firenze, dove è stilata la Carta del restauro dei giardini storici o Carta italiana di Firenze. Questo scritto, in cui il giardino è riconosciuto come «monumento» e «documento», precisa, viceversa, al punto 1, che nella definizione sono compresi «giardini di case, di pa-

Fig. 2 b Relazione sulla sistemazione edilizia del Colle Capitolino e delle sue adiacenze, «Bollettino d’Arte», XIV, 1920, pp. 49-72.

Fig. 3 a-b a) Copertina del libro sul giardino italiano della contessa Maria Pasolini Ponti; b) Pianta storica di Villa d’Este a Tivoli, da

Maria Pasolini Ponti, Il giardino italiano, Torino, Ermanno Loecher 1915, fig. 27 lazzi, di ville; parchi; orti botanici», ma anche «aree archeologiche; spazi verdi dei centri storici urbani». In particolare, nelle zone d’interesse archeologico si esorta «dove sia opportuno progettare parchi» a tenere conto «della loro delicatezza».20

Conclusioni Il ripercorrimento delle vicende progettuali, culturali e legislative sul ruolo del verde in campo archeologico a Roma nei secoli XIX e XX ha evidenziato il modificarsi nel tempo del significato di giardino, fino ad assumere quello di «documento», ratificato dalla Carta italiana di Firenze del 1981. Questa Carta, rispetto a quella internazionale, recepisce anche i dettami della circolare Flora dei monumenti del 1910, con le indicazioni di G. Boni per gli interventi archeologici, architettonici e paesaggistici21 e le sperimentazioni dell’E42 per le sistemazioni con prati, piante e ‘giardini romani’ tra i ruderi, a Ostia Antica. In Italia, la diretta conseguenza di queste elaborazioni teoriche, unitamente al dibattito sul restauro architettonico e urbano nel corso del Novecento, è la stesura, dopo il 1981, di strumenti legislativi mirati alla salvaguardia e al restauro dei beni naturali e archeologici (leggi 431/1985 e 394/1991 e Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio del 2004).22

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