Matteo Cecconi Diego Collini
Ridwân moschea e centro culturale islamico a Firenze
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE
contatti Matteo Cecconi Diego Collini
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matteocecconi85@gmail.com diego_collini85@yahoo.it
Università degli studi di Firenze Facoltà di Architettura Corso di Laurea Magistrale in Architettura quinquennale _classe 4/S
A.A. 2011_2012 Febbraio_2013
Ridwân Relatore
Prof. Arch. Fabrizio F.V. Arrrigoni Correlatore
Arch. Milena Blagojevic Laureandi
Matteo Cecconi_Diego Collini
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A Nerina e Umberto. A Liliana e Pietro. In memoria.
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“Prima costruii sulla sabbia poi costruii sulla roccia. Quando la roccia crollò non costruì più niente. In seguito costruii più volte. Su sabbia e roccia, come veniva, ma avevo imparato” Bertolt Brecht, L’Uomo che impara
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SOMMARIO
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Intervista all’Imam di Firenze Izzedin Elzir
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Piazze e monumeti di Firenze
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Luoghi di culto islamico
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Giardini islamico e fiorentino
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Analisi del luogo
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Stato di fatto
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Nuovo parco dell’Argingrosso
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Inserimento urbano
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Centro culturale islamico
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Materiali e tecniche costruttive
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Nuova Moschea per Firenze
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Minareto
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Bibliografia
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I NTERVISTA all’Imam di Firenze Izzedin Elzir
D: Come introduzione a questa intervista vorremmo chiedere ad Izzedin Elzir, Imam di Firenze, di ricordare con noi il percorso che, da Hebron in Palestina, lo ha condotto a guidare la comunità islamica di Firenze.
R: In realtà sono venuto in Italia per studiare come stilista di moda e mi sono trovato per caso a costruire, con altri “fratelli” musulmani, la prima comunità islamica di Firenze; eravamo un piccolo gruppo di studenti e lavoratori ma piano piano, grazie alla continua immigrazione, la comunità si è ingrandita. Inizialmente in tutta la Toscana non c’era neanche un luogo di preghiera, o Moschea, chiamiamolo come vogliamo, ma oggi, a distanza di vent’anni, ne abbiamo più di cinquanta, di cui tre a Firenze. La nostra comunità ha un’organizzazione basata sulla partecipazione, perciò ogni tre anni vengono eletti il presidente della comunità ed un Imam; in questo caso i “fratelli” mi hanno scelto come presidente e mi hanno chiesto anche di ricoprire il ruolo di Imam. Casualmente da un anno e mezzo sono anche presidente dell’unione delle comunità islamiche in Italia. Tutto questo è stato reso possibile grazie al lavoro del dialogo interreligioso ed il dialogo con la società civile nella nostra realtà fiorentina.
D: Com’è cambiato, secondo lei, negli ultimi vent’anni il contesto migratorio in Italia?
R: E’ cambiato tanto. Qui, fino al 1993-1994, si veniva principalmente per studiare; poi, con il passare del tempo, la maggior parte degli immigrati ha cominciato a giungere in Italia soltanto per trovare un’opportunità di lavoro. Da allora l’immigrazione è cambiata, così quelli che venivano per studiare oggi non vengono quasi più, perché purtroppo non abbiamo una
legge nazionale che permetta, a chi vuol venire a studiare lavorando, di farlo tranquillamente senza essere costretto a doversi barcamenare tra i tanti permessi richiesti; perciò gli studenti che venivano qui preferiscono ora andare in Germania, in America o in Francia. Inoltre non conviene venire a studiare in Italia anche perché il sistema universitario, con tutto rispetto, sta andando indietro invece che andare in avanti. Perciò dato che, è difficile ottenere il visto, il sistema di studio è complicatissimo, la possibilità di trovare un lavoro ancora peggio, allora uno preferisce andare in Germania dove puoi avere, il visto in una settimana, la possibilità di studiare e lavorare e, dopo che hai finito, hai anche la possibilità di trovare un lavoro.
D: Parlando della comunità islamica Toscana non sempre si ha la giusta percezione dei numeri nel territorio. Quanti sono i musulmani nella Regione e quanti a Firenze? e quanti sono i fedeli che prendono parte alla vita religiosa?
R: Credo, facendo affidamento sulle statistiche, e certamente non ne abbiamo di precise, che più o meno l’immigrazione in Toscana copra il 9% di quella totale italiana. Quasi il 40% di questa immigrazione è un’”immigrazione musulmana”. Noi sappiamo che in Toscana abbiamo quasi più di 300.000 nuovi cittadini di cui quasi 140.000 sono musulmani. A livello di Firenze e della sua provincia siamo sui 30.000 fedeli. Per quanto riguarda la partecipazione alla vita religiosa, non è così facile che tutti possano essere presenti in Moschea; ovviamente posso parlare soltanto della realtà fiorentina, o meglio, del comune di Firenze senza tener conto della provincia. Per esempio, quando facciamo la preghiera di fine Ramadan o la Preghiera del Sacrificio contiamo dalle 5000 alle 7000 presenze. Ma questi sono
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soltanto quelli che hanno la possibilità di partecipare a questa preghiera perché, come sappiamo, tra i fedeli ci sono anche dei lavoratori che non possono lasciare così facilmente il loro impiego per venire a pregare. Per la Preghiera del Venerdì invece, solo in questa Moschea, una delle tre esistenti quindi, abbiamo due turni di preghiera ed ogni turno ospita circa 500 fedeli; perciò il venerdì, solo qui, vengono a pregare più di 1000 fedeli e tengo a sottolineare nuovamente che sono quelli che possono venire perché molti sono impossibilitati da motivi di studio, lavoro ed altro.
D: Com’è oggi la situazione nelle moschee fiorentine? e quanti luoghi di preghiera si contano?
R: Ad oggi ne possiamo contare tre, questa in Borgo Allegri, un’altra a Sorgane ed un’ultima al Poderaccio. A livello di capienza, a Sorgane, il venerdì si trovano a pregare circa 400-500 fedeli, al Poderaccio, sui 100 fedeli; ovviamente questi numeri riguardano solo la Preghiera del Venerdì, ovviamente negli altri giorni non vengono raggiunte queste cifre. Questa Moschea, che come ho detto non può ospitare più di 500 fedeli alla volta, ha un’aula di preghiera con una superficie di 400 mq. In realtà noi chiediamo una Moschea che possa contenere almeno 1000 fedeli, cioè quelli che vengono a pregare il venerdì; ovviamente non abbiamo la pretesa di un edificio che abbia una capienza per 5000 o 7000 persone ma almeno per 1000.
D: In questi anni di numerosi incontri ed interviste si è parlato del vostro costante lavoro per mettere in opera una nuova moschea per la città di Firenze. Quali considerazioni hanno guidato la scelta in direzione di un’unica grande Moschea piuttosto che su realtà più contenute inserite sul
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territorio?
R: Noi non abbiamo mai detto “un’unica Moschea”, abbiamo piuttosto detto “vogliamo portare questi luoghi di preghiera, queste Moschee, da posti non così degni, non così belli a posti degni e belli”; perciò non abbiamo parlato di una “mega-Moschea”, abbiamo parlato di un dato di fatto; se qui ho 1000 fedeli che stanno pregando oggi, allora ho bisogno di un posto che possa contenere 1000 fedeli. Se poi ad esempio nella realtà di Sorgane, il venerdì, a pregare sono in 500, allora anche lì abbiamo bisogno di un edificio che ne possa contenere altrettanti. Però il nostro obiettivo prevede di riuscire a costruire una Moschea per 1000 fedeli che possa essere utile non solo alla comunità islamica ma anche alla nostra realtà fiorentina perché la Moschea in verità è sia un luogo di preghiera che un centro sociale islamico.
D: Non la Moschea di Firenze ma una Moschee per Firenze. In quale modo il nuovo complesso si aprirà alla città?
R: E’ quello che realmente stiamo facendo già in questa Moschea, nonostante non sia così adatta. Vogliamo una Moschea per Firenze, una Moschea che dialoga; oltretutto vogliamo che il nuovo complesso venga progettato, diciamo, in armonia con la nostra realtà dell’architettura. In secondo luogo vogliamo ricercare una realtà di dialogo tra le parti, una realtà di confronto culturale; qui viene, non vorrei dire ogni giorno ma quasi, una scuola a visitare la Moschea; questa è una grande apertura, possiamo proporre tantissime iniziative: presentare libri, avere dibattiti culturali, artistici e possiamo organizzare una libreria per esempio, che permetta agli studenti di conoscerci in maniera diretta, possiamo organiz-
zare degli incontri per far conoscere la cultura islamica, perché sappiamo che purtroppo abbiamo tanti pregiudizi l’uno nei confronti dell’altro. La Moschea è contemporaneamente un luogo vero di preghiera, nel senso stretto, e di preghiera nel senso più largo, quello dell’apertura a tutti quanti. ¬¬ D: Dal minareto al Mirhab, immaginando la nuova Moschea per Firenze, quali sono gli elementi simbolico-architettonici cari alla comunità?
R: Il minareto non è un elemento fisso della Moschea. Ho visto nella vostra ricerca che avete analizzato la prima Moschea dell’Islam, quella de La Mecca; inizialmente questo luogo di preghiera non aveva nessun minareto, quelli che vediamo oggi sono stati aggiunti successivamente. Anche se per chi non è musulmano il minareto è divenuto un simbolo, e nell’Islam non esistono simboli, credo che averne uno non sia una cosa negativa, a patto che possa convivere in armonia con la nostra realtà fiorentina. Noi stiamo lavorando in questa direzione attraverso il dialogo ed abbiamo prodotto un opuscolo per questo percorso partecipativo. Nel mondo islamico da una realtà all’altra sono diversi anche i minareti; se guardiamo un minareto della Moschea dell’Andalusia vediamo che è molto simile a quelli che si trovano in Marocco ma molto diverso da quelli iraniani, persiani o da quelli turchi o da quelli indiani, palestinesi o egiziani; perché l’Islam, come dottrina, come pensiero, non va a distruggere ciò che è esistente ma assorbe la cultura del posto e aggiunge qualcosa in più. Questa è la cultura islamica.
D: ”Cupola come elemento obbligante e non obbligatorio” è la grande lezione dell’architetto islamico Sinan che utilizzava questo elemento
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architettonico come espediente strutturale per coprire le grandi luci delle sale di preghiera. Come si pone la comunità islamica nel 2012 su questo tema?
R: Credo che questa lezione del passato sia valida ancora oggi. Ripeto, l’Islam non ha dei simboli, il musulmano adora soltanto l’Unico Dio, non abbiamo dei simboli da adorare. Il nostro obiettivo, visto che sono anche responsabile nazionale, è di comunicare e di integrare un’architettura italiana con un “ritocco” islamico; non vogliamo una copia, perché la nostra Moschea fiorentina, italiana, deve avere una linea diversa dalla linea che ha una Moschea in Palestina o in Marocco o in Turchia; può avere degli elementi che la uniscano a queste, ma deve fondersi anche con la nostra realtà fiorentina. Credo che l’esempio della Moschea di Roma sia un esempio molto interessante che ha saputo sposare l’architettura islamica e l’architettura italiana non solo nel design ma anche nel materiale usato. Nell’architettura islamica tutto quello che è presente è strettamente funzionale, l’unica cosa importante è la direzione verso La Mecca, tutto il resto è variabile.
D: Di quali ritualità si compone la liturgia islamica, sin dall’ingresso del fedele in Moschea?
R: Sarebbe preferibile, prima di venire in Moschea, che ognuno avesse fatto a casa propria la sua wudù, la sua purificazione, ma nel nostro caso ciò non è possibile in quanto molti fedeli vengono dal lavoro; allora la prima operazione da eseguire è trovare un posto, un bagno, dove poter fare la purificazione. Poi, come secondo passo, il fedele entra dentro la sala e rivolge una preghiera, un saluto, alla Moschea, e fatto questo può andare a leggere il corano o un libro
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finché non arriva il momento della preghiera rituale, durante la quale verrà guidato dall’Imam. Può dopo andare via o rimanere a leggere il corano o dei libri e se c’è un luogo di ristoro può prendere un tè; a Parigi per esempio c’è un ristorante. Ecco, non è solo un luogo di preghiera ma un luogo di incontro. Abbiamo cinque preghiere al giorno durante le quali viene sempre recitato il corano. In quella del mattino l’Imam recita ad alta voce il Corano per farlo sentire a tutti i fedeli, in quella verso mezzogiorno così come nella terza, invece, ognuno prega in silenzio; nella quarta, quella del tramonto, e nella quinta è di nuovo l’Imam a recitare agli altri le Sure. Invece durante la Preghiera del Venerdì, come accade la Domenica in chiesa, oltre alla preghiera viene fatto un discorso che normalmente deve toccare un argomento di attualità, religioso, culturale, sociale, politico…questo dipende dall’Imam.
ad accogliere questo numero di fedeli. Per il momento abbiamo sempre chiesto di poter pregare all’interno di un padiglione poiché nella nostra realtà non puoi mai sapere quali sono le condizioni atmosferiche; normalmente, nel senso religioso, sarebbe meglio farla in un posto a cielo aperto, in particolar modo la Preghiera di fine Ramadan o quella della Festa del Sacrificio.
D: Con il sorgere della luna nuova del mese di Shawwal ha termine il mese di Ramadan e con esso finisce l’astinenza ed inizia ‘Id al-Fitr, la festa della rottura. Di quali spazi necessita la comunità islamica fiorentina per questo importante momento religioso?
R: Di grandi spazi. Infatti noi non chiediamo cose impossibili, non vogliamo una Moschea così grande da poterci festeggiare la fine del Ramadan, perché come ho detto, ad oggi, partecipano dai 5000 ai 7000 fedeli e possiamo facilmente immaginare che se chiedessimo una Moschea per 7000 fedeli allora potremmo parlare veramente di una “mega-Moschea”. Per questo motivo da diversi anni andiamo a pregare alla Fortezza sapendo che per due giornate all’anno ne abbiamo bisogno sia per il Ramadan che per la festa del Sacrificio; in questo caso cerchiamo uno spazio più grande che possa essere adatto
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S AN M ARCO
A NALISI
TIPOLOGICA
piazze e monumenti di Firenze
La volontà di considerare Firenze come una trama urbana costituita da matrici primigenie, messe a far parte di un unico sistema urbano da un tessuto sostanzialmente caratterizzato da abitazioni che nello scorrere dei secoli ha ricoperto il ruolo di elemento cauterizzante, ci ha indotto a studiare la città attraverso il trinomio Quinta urbana-Piazza-Monumento. Tutta l’analisi è stata incentrata rispettivamente sulle quattro aree di San Marco, San Frediano in Cestello, Santa Croce e San Lorenzo; nonostante le caratteristiche spaziali e morfologiche differernti la valutazione di questi elementi ha fornito risultati per certi aspetti eterogenei per altri similari. Nella prima fase di questo studio sono state rispettivamente prese in considerazione le quattro piazze ad una scala di 1:4000 in modo tale da poterle collocare all’interno di un quadro urbano che gli fa da perimetro di delimitazione. La sequenza ravvicinata di ortofoto cerca di simulare una reale continuità urbana tra le quattro zone che, essendo poste a diretto contatto, permettono di confrontare nello specifico le piazze ed i monumenti, evidenziati da un diverso cromatismo. Questa fase successiva porta in evidenza porzioni di tessuto urbano prese in considerazione per l’analisi della spazialità delle piazze e del rapporto tra queste ed i monumenti che su di esse si affacciano. Ogni area è stata restituita attraverso una rielaborazione digitale in tre dimensioni dalla quale si percepiscono, ancor più chiaramente rispetto all’ortofoto, le caratteristiche spaziali e morfologiche delle piazze e dell’abitato ad esse limitrofo. Due sono stati i criteri generali che hanno guidato questo primo grado di approfondimento: la scelta degli isolati strettamente adiacenti
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vista assonometrica dell’area di San Marco sezione territoriale piazza-monumento
nella pagina seguente: analisi spaziale di piazza San Marco densitĂ di volume percepita di piazza San Marco
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nella pagina precedente: analisi planimetrica con rapporto percentuale tra pieni e vuoti di San Marco
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C ESTELLO
al vuoto della piazza ed alla volumetria del monumento che su di essa si affaccia; la diversificazione cromatica tra i complessi religiosi ed il costruito circostante. Questo passaggio fondamentale è servito a dare l’avvio alla vera e propria analisi. La terza fase di analisi si presenta in realtà come tre passaggi consecutivi dello stesso ragionamento, passaggi che portano ognuno ad uno stadio di approfondimento ulteriore rispetto a quello precedente. Riprendendo le fila dello studio effettuato sui pezzi di città, questo procedimento analitico scende ad una scala inferiore concentrando l’attenzione sugli elementi che delimitano la piazza. Gli edifici facenti parte del costruito limitrofo al vuoto della piazza perdono le loro masse per divenire facciate, o meglio quinte urbane, mentre il monumento rimane intatto a sancire il suo ruolo predominante e la funzione che esercita sul luogo su cui si affaccia. Due linee di sezione azzurre attraversano le piazze trasversalmente per poi alzarsi verticalmente fino al raggiungimento dell’altezza media delle quinte urbane che circondano la piazza. Successivamente è stato calcolato un rapporto tra l’altezza media delle quinte e la larghezza della piazza nelle due direzioni principali; si entra a questo punto nel secondo passaggio della terza fase di analisi. I rapporti altezza/larghezza calcolati sono stati proporzionalmente addizionati facendone una media il cui valore adimensionale, oppurtunamente inserito in una scala di valori, è andato a costituire l’altezza di quella che è stata definita densità di volume della piazza, ovvero il volume del vuoto della piazza rispetto al costruito circostante. Da questo risultato è facile vedere ad esempio quale differenza intercorra tra la bassa densità di San Frediano, la cui piazza è per un lato priva di edificato, e la grande densità invece di San Lorenzo, caratterizzato da un costruito alto e denso. Graficamente questo concetto è stato reso attraverso la sovrapposizione alle planimetrie delle piazze di cubi di altezza variabile (a seconda
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vista assonometrica dell’area di San Frediano in Cestello sezione territoriale piazza-monumento
nella pagina seguente: analisi spaziale di piazza San Frediano in Cestello densitĂ di volume percepita di piazza San Frediano in Cestello
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densitĂ di volume percepita delle corti di San Frediano in Cestello
nella pagina precedente: analisi planimetrica con rapporto percentuale tra pieni e vuoti di San Frediano in Cestello
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S ANTA C ROCE
della densità) la cui trasparenza è volta a sottolineare la funzione per cui sono stati pensati. Ultimo grado di approfondimento di questa fase sono le quattro sezioni territoriali che rappresentano la summa dei due ragionamenti. Unendo alzato degli edifici e piano di sezione delle piazze in un profilo cittadino che vuole sembrare continuo si percepiscono inequivocabilmente le differenze morfologico-spaziali tra le quattro aree in funzione del trinomio Quinta urbana-Piazza-Monumento. Con l’analisi planimetrica dell’edificio religioso si è entrati nello specifico dello studio sul monumento, elemento di spicco della piazza. Non si perde quindi il rapporto con lo spazio esterno ma la scala di analisi scende ancora fino a raggiungere l’1:1000. I ragionamenti effettuati per l’aspetto urbano di questa analisi vengono in un certo senso applicati al particolare dell’edificio. Lavorando sulla planimetria è stata sottolineata da una campitura grigia la differenziazione tra gli spazi aperti esterni, quali giardini, porticati e soprattutto corti, e quelli chiusi interni. Una volta effettuata questa distinzione sono state misurate le superfici di tali spazi per poi procedere al calcolo della percentuale delle aree piene rispetto a quelle vuote. La precedente densità di volume diviene qui densità di superficie e ancora una volta, prendendo gli edifici con i valori percentuali più differenti si nota bene come il convento di San Lorenzo sia caratterizzato da un edificato più denso rispetto a quello del monastero di San Frediano dove pieni e vuoti sono pressochè identici. A complemento del ragionamento precedente sono state calcolate anche le densità di volume delle corti in modo tale da poter stabilire una corrispondenza tra pianta ed alzato. Proprio come è stato eseguito sulle piazze, anche per le corti si è operato un calcolo sulle due sezioni e quindi sui rapporti che intercorrono tra altezza e larghezza. I risultati ottenuti sono stati poi schematizzati graficamente per mezzo di cubi trasparenti dai
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vista assonometrica dell’area di Santa Croce sezione territoriale piazza-monumento
nella pagina seguente: analisi spaziale di piazza Santa Croce densitĂ di volume percepita di piazza Santa Croce
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densitĂ di volume percepita delle corti di Santa Croce
nella pagina precedente: analisi planimetrica con rapporto percentuale tra pieni e vuoti di Santa Croce
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profili azzurri che, sovrapposti alle piante degli edifici religiosi che si prestano a rafforzare ancor piÚ questo contrasto, mostrano con immediatezza la densità dell’edificato rispetto alla volumetria vuota degli spazi aperti significativi. Questo tipo di schematizzazione non solo permette di percepire immediatamente quali siano le caratteristiche che contarddistinguono le corti ed i chiostri di ogni singolo complesso religioso ma riesce anche a mettere in rapporto i quattro edifci esaltando le diffrenze che intercorrono tra le varie spazialità aperte interne. Si nota ancora una volta come i due esempi estremi siano il convento di San Lorenzo ed il monastero di San Frediano.
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vista assonometrica dell’area di San Lorenzo sezione territoriale piazza-monumento
nella pagina seguente: analisi spaziale di piazza San Lorenzo densitĂ di volume percepita di piazza San Lorenzo
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densitĂ di volume percepita delle corti di San Lorenzo
nella pagina precedente: analisi planimetrica con rapporto percentuale tra pieni e vuoti di San Lorenzo
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ka’ba_622 casa del profeta mühammad_670 moschea di küfa_715
al-aqmar_1347 moschea di amir aqsünqür_1438 moschea üç serefe-
grande moschea di damasco_784 moschea di cordoba_861 moschea
li_1568 moschea selimiye_1578 moschea kiliç ali pasa_1617 moschea
abü dülaf_879 moschea ibn tülün_972 moschea al-azhar_1000 mo-
sultanahmet_1830 moschea di muhammad ‘ali_1986 moschea shah
schea al-hakim_1125 moschea
faisal
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C ORDOBA_ G RANDE M OSCHEA
A NALISI
TIPOLOGICA
luoghi di culto islamico
‘Abd Allâh ibn Yazâd, dopo aver conosciuto un nipote di una delle vedove di Maometto Umm Sàlama, raccontò che nel 626, durante un’assenza di Maometto, impegnato in una spedizione a Duma, ella aveva costruito una nuova ala del suo appartamento, con un muro di mattoni cotti. Al suo ritorno Maometto l’aveva rimproverata, dicendo: “Oh, Umm Sàlama! La cosa più vana che divora la ricchezza di un credente, è costruire”. Così continuarono a pensarla gli Arabi per tutto il periodo dei Califfi Ortodossi. Sebbene si fosse costruito pochissimo nelle prime generazioni islamiche successive ai quattro Califfi, le fonti letterarie provano con certezza che alcune tradizioni ebbero la loro origine a Medina, e in seguito nei nuovi insediamenti, o amsâr, da cui l’architettura islamica derivò alcune delle sue forme più caratteristiche e più costanti. Incipit, guida e aiuto nel lavoro di analisi di un tipo architettonico apparentemente omogeneo ma in realtà complesso e sfaccettato è stata una scrupolosa catalogazione delle maggiori moschee, masjid, costruite nell’area di influenza islamica nel corso dei secoli. Successivamente inserite, nella medesima scala, all’interno di una linea temporale che ha inizio con la Kaaba, Ka’ba, comunemente chiamata “ La casa di Dio”. Consecutio logica di questo abaco tipologico è l’approfondimento di alcune fabricae scelte per il loro pregio architettonico e per le differenze concettuali che sono alla base della loro progettazione. Primo fra i quattro esempi è la Grande moschea di Cordoba, una delle principali espressioni dell’arte ommayyade in Europa. All’interno della trama urbana la fabrica si presenta stretta su tutti i lati dall’antica città romana rimaneggiata più volte nelle sue direttrici; la Mezquita venne fondata nel 784 da ‘Abd al-Rahmân I, e comprendeva un cortile quadrato, sahan, circondato da un muro di cinta sul quale si apriva
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vista assonometrica della grande Moschea di Cordoba
nella pagina precedente: analisi planimetrica con rapporto percentuale tra pieni e vuoti della Grande Moschea di Cordoba
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I STANBUL_ M OSCHEA S ULTANAHMET
in tutto il suo splendore la sala di preghiera, di forma rettangolare, composta da undici navate, ciascuna avente dodici arcate, disposte di fronte al cortile. Le navate erano separate da eleganti colonne di marmo di diversa provenienza, nel rispetto della progettazione tradizionale basata sulla ripetizione di un elemento modulare. Sul lato opposto alla sala di preghiera, si trova il minareto. Successivamente furono costruite delle vasche per le abluzioni rituali. La moschea venne ripetutamente ampliata nel 848, nel 961 e nel 987, fino ad assumere le sembianze attuali. La parete del mihrâb, fenomeno raro, non è rivolta verso la Mecca ma semplicemente verso sud. La seconda moschea analizzata presenta una distanza cronologica e geografica considerevole rispetto alla Mezquita, in quanto costruita nel 1617 sotto gli ottomani nella capitale dell’impero, Istanbul. L’architetto della Sultanahmet Camii, il grande Sinan, dotò la moschea di ben sei minareti, tale particolarità architettonica è dovuta ad un fraintendimento: l’espressione delle manie di grandezza del sultano Ahmed I, non trovò soluzione migliore per cercare di distinguerla dotandola di minareti d’oro; l’archietto fraintese però le parole del sultano, capendo “alti” (sei) anzichè “altin” (oro). Il genio progettuale che sta alla base delle oltre cento moschee lasciate da Sinan si concretizza sulle infinite variazioni di un unico tipo architettonico, l’organismo centrico, ossessionato com’era dalla vastità ed unità spaziale raggiungibile con un simile dispositivo. La copertura a cupola viene vista dall’architetto come elemento obbligante e non obbligatorio, in quanto, all’epoca, unica tecnologia adatta a coprire tali luci. All’interno della Cittadella del Cairo, fatta costruire nel 1830 da Muhammad Ali Pasha in seguito alla morte del primogenito, troviamo la terza moschea analizzata, similare per stile e per gli ampi spazi circostanti alla moschea precedente. Come i suoi predecessori, Muhammad Ali scelse di edificare la moschea di Stato in pieno stile ottomano; venne in questo modo realizzato un ampio piazzale quadrato, cinquanta metri di lato, e una moschea a pianta centrale. I materiali utilizzati furono per lo più calcarei , tranne che per le pareti del cortile rivestite interamente di alabastro. Lo stile bizantino, i minareti e le
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vista assonometrica della Moschea Sultanahmet
nella pagina precedente: analisi planimetrica con rapporto percentuale tra pieni e vuoti della Moschea Sultanahmet
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I L C AIRO_ M OSCHEA M UHAMMAD A LI P ASHA
mezze cupole furono una dichiarazione di sfida de facto all’indipendenza egiziana. Ultimo fra gli esempi ma primo per dimensioni è la Moschea Faisal ad Islamabad, realizzata nel 1986 dall’architetto turco Vedat Dalokay, vincitore dell’Aga Khan Architectural Award con questo progetto. La moschea presenta una pianta centrale coperta da otto falde triangolari ed è capace di ospitare fino a diecimila fedeli. Dallo studio dei modelli tridimensionali e delle planimetrie, attraverso una differenziazione tra pieni e vuoti, si evince che nonostante le differenze cronologiche, geografiche e proporzionali esistenti tra le moschee, esse presentano comuni elementi caratterizzanti, che vanno a definire le spazialità e la forte identità dei monumenti. In ultima analisi, scendendo ulteriormente di scala, è stato affrontato lo studio dei quattro elementi caratterizzanti gli edifici religiosi islamici. L’ordine di visualizzazione è stato concepito come un iter spirituale prima della preghiera. Il minar, minareto, è l’elemento di spicco dello skyline cittadino islamico. La consueta forma a torre è legata alla sua funzione specifica; da qui il muezzin, cinque volte al giorno, chiama alla preghiera i devoti di Allâh. Il minareto serve a far arrivare il più lontano possibile il segnale che scandisce l’orario di preghiera. Il secondo elemento, il sahan, ovvero il cortile d’ingresso alla moschea, si presenta come il filtro tra la città e l’edificio religioso, o meglio tra l’aspetto profano e quello sacro della vita del fedele; esso separa, isolandolo attraverso mura generalmente porticate, la moschea da tutto l’intorno rendendola l’elemento di spicco talvolta nella fitta maglia del costruito cittadino talvolta nell’aperta vastità della natura. Prima di accedere alla sala di preghiera è obbligatorio il rito di purificazione del fedele il quale si lava mani e piedi presso il sadirvan, ovvero la fontana delle abluzioni, anticamente costruita all’interno del sahan. Ultimo elemento, ma non per importanza, la parete della qibla, parete davanti alla quale i fedeli pregano in quanto orientata verso La Mecca. La direzione della preghiera è definita dalla presenza del mihrâb, la nicchia scavata nel muro all’interno della quale viene posta una lanterna a simboleggiare la presenza divina. Accanto al mirhâb viene solitamente col-
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vista assonometrica della Moschea Muhammad Ali
nella pagina precedente: analisi planimetrica con rapporto percentuale tra pieni e vuoti della Moschea Muhammad Ali
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I SLAMABAD_ M OSCHEA F AISAL
locato il minbar, cioè la scala dalla quale l’imam parla ai fedeli durante la preghiera. Argomento di grande rilievo nella cultura araba è lo studio delle geometrie. Queste si applicano in tutte le fasi progettueli, dalla pianta alle decorazioni, utilizzando figure geometriche elementari, composte, fino ad arrivare a composizioni fitomorfiche.
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vista assonometrica della Moschea Faisal
nella pagina precedente: analisi planimetrica con rapporto percentuale tra pieni e vuoti della Moschea Faisal
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minareto_moschea yeni
sahan_moschea badshahi
fontana delle abluzioni_moschea di cordoba
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gelosia_moschea sidi saiyed_ahmedabad
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Nella cultura preislamica la natura era ritenuta locus horridus poichè rappresentava il deserto, l’assenza della vita e quindi anche assenza di acqua e vegetazione. Solo dopo la stesura del Corano viene maturata l’attuale visione paradisiaca ed edonistica della natura, tutta ornata di fiori, piante, frutti ed irrigata da canali d’acqua cristallina.
olea europea, 51 pirus communis, 52 prunus amygdalus, 53 prunus avium, 54 prunus domestica, 55 prunus persica, 56 punica granatum.
indice botanico del mondo islamico Viene qui riportata la denominazione delle specie vegetali: Piante rampicanti_01 Parthenocissus quinquaefolia, ipomea learii, jasminum officinalis. Piante grasse_02 Aloe saponaria, cereus flageliformis, crassula tetragona, opuntia ficus indica. Palme_03 Phoenix dactylifera.Arbusti sempreverdi_04 Buxus sempervirens, lavandula latifolia, myrtus communis. Rosai_05 Rosa canina. Arbusti a foglie caduche_06 Chimonanthus fragrans, viburnum lontana. Alberi sempreverdi_07 Eucalyptus globulus, 08 acacia dealbata, 09 eucalyptus camaldulensis, 10 laurus nobilis, 11 magnolia grandiflora, 12 photinia serrulata, 13 quercus ilex. Conifere_14 Abies alba, 15 abies pinsapo, 16 cedrus atlantica, 17 cedrus deodara, 18 cedrus libani, 19 cupressus sempervirens, 20 pinus halepensis, 21 pinus pinea, 22 sequoia sempervirens. Alberi a foglie caduche_23 Acer negundo, 24 aesculus hipocastanum, 25 ailantus altissima, 26 celtis australis, 27 fraxinus excelsior, 28 morus alba, 29 platanus orientalis, 30 populus alba, 31 populus canadiensis, 32 populus nigra, 33 populus tremula, 34 salix alba, 35 salix babylonica, 36 tilia platiphylios, 37 ulmus carpinifolia, 38 ulmus glabra. Alberi da frutto_ 39 Armeniaca vulgaris, 40 chaelomales lagenaria, 41 citrus aurantium, 42 citrus limonia, 43 citrus paradisi, 44 corylus avellana, 45 diospyros kaki, 46 ficus carica, 47 juglans regia, 48 malus communis, 49 morus nigra, 50
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A NALISI
TIPOLOGICA
giardino islamico e fiorentino
Entrando nello specifico dell’analisi della conformazione planimetrica del giardino islamico ne sono state prese in considerazione le quattro tipologie fondamentali: cahâr-bâg, buhayra, bâgh, riyâd. Costruito all’interno del complesso dei giardini di Isfahân verso la metà del XVI secolo, il cahârbâg di Hezar Jârib è stato collocato su di un naturale pendio composto da dodici terrazze; di forma perfettamente quadrata si sviluppa su una superficie di circa 140 ettari racchiusa tra mura e contenente padiglioni, aiuole fiorite, viali alberati, canali e bacini d’acqua. Tutto il giardino è rigorasamente tracciato su una matrice quadrata suddivisa dai percorsi d’acqua che formano sedici settori. Sia i padiglioni che le vasche d’acqua segnano i punti principali del giardino e sono collocati alle intersezioni degli assi della griglia compositiva. Situati nella regione indiana del Rajasthan e costruiti tra il 1725 ed il 1775, i giardini di Dig sono un esempio di buhayra, ovvero di giardino caratterizzato dalla presenza di un grande bacino artificiale utilizzato per l’irrigazione dei frutteti in esso presenti. Questi giardini, sorti all’interno di un quadrato delimitato per due lati da un complesso palaziale e per gli altri due da laghi artificiali, sono attraversati trasversalmente da canali d’acqua che li quadripartiscono per poi confluire in una vasca ottagonale centrale. Ogni ripartizione è a sua volta suddivisa da quattro strisce di verde incanalato che terminano in piattaforme poste simmetricamente rispetto alla matrice principale. Altri giardini di dimensioni più modeste vanno a colmare i vuoti lasciati dall’inserimento dei palazzi circostanti. Il bâg di Shâhzadeh, costruito nei pressi della città di Mahan nel 1890, in un’area completamente desertica, compare come un piccolo “paradiso” protetto da alte mura. Il giardino si sviluppa su un’area rettangolare di circa 4,4 ettari in lieve pendenza. Il terreno in declivio è stato utilizzato per la realizzazione di un grande canale centrale dotato di numerose vasche poste in successione
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e corrispondenti ai terrazzamenti. Alle estremità sono situati i bacini di rifornimento e di raccolta. Al giardino si accede da un padiglione aperto in asse con il corso d’acqua fiancheggiato da cipressi ed aiuole fiorite. Il Patio de los Leones, chiaro esempio di riyâd islamico, prende il nome dalla fonte di dodici leoni posta al suo centro. Il patio si presenta come un grande spazio quadripartito suddiviso da quattro canali che nascono al centro di piccole pile circolari e confluiscono in una vasca dodecagonale una volta utilizzata per le abluzioni. Analogamente alla classificazione proposta per il giardino islamico, sono state studiate le quattro tipolgie di giardino fiorentino: parco, giardino, hortus conclusus, chiostro. Il Parco delle Cascine è il più grande parco pubblico di Firenze, circa 160 ettari; ha la forma di una striscia pianeggiante di terreno lunga circa 3,5 chilometri e larga non più di 640 metri, che costeggia la riva destra dell’Arno, dal centro storico, fino alla confluenza del fiume con il torrente Mugnone. La costruzione del parco delle Cascine ebbe inizio nel 1563 come tenuta agricola di proprietà di Alessandro e Cosimo I de’ Medici. Alla fine del ‘700 per opera di Giuseppe Manetti, il parco venne arricchito di importanti costruzioni come la Palazzina Reale, l’abbeveratoio del Quercione e la piramide con funzione di deposito del ghiaccio. Nella parte ovest del Parco c’è un anfiteatro mentre sul lato più a est, verso la piazza Vittorio Veneto, si trovano anche gli impianti nautici delle Pavoniere. Il disegno del parco è incentrato sulla suddivisione geometrica delle zone destinate alla piantumazione intensiva e quelle adibite a prato. Il giardino dell’Orticultura nasce nel 1859 per volontà dell’Accademia dei Georgofili, constatato il diffondersi della pratica per l’arte del giardinaggio. Il lotto di terra su cui si estende è separato dalla linea ferroviaria e questa divisione ha prodotto l’immagine di due giardini separati; quello superiore, pittoresco, denominato giardino del Parnaso e la zona inferiore, disegnata come una mistura tra stile italiano e stile pittoresco all’inglese, che ospita, nei due settori ben distinti, rispettivamente una loggia simil-rinascimentale ed un tepidario in ghisa e vetro. Risalente alla prima metà del ‘700, il giardino dell’attuale Museo Archeologico ricalca la tipologia dell’hortus
conclusus, ovvero un giardino racchiuso da mura che si isola rispetto all’esterno, un luogo votato all’introspezione ed alla quiete. Le geometrie con cui sono sate suddivise le aiuole tengono conto della tradizione italiana; un asse centrale che si interrompe in una vasca d’acqua divide simmetricamente il verde in due parti che vanno poi a frammentarsi attraverso l’azione di assi minori trasversali e circonferenze. Progettato in concomitanza con la chiesa di Santo Spirito, il Chiostro dei Morti presenta la consueta suddivisione secondo due direttrici principali ortogonali tra di loro. A caratterizzare l’intersezione dei due assi è stata costruita una vasca d’acqua ottagonale inscritta in una circonfrenza che va a smussare le quattro aiuole verdi.
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planimetria e vista dello cahâr-bâgh di hezar jârib_isfahân
planimetria e vista del buhayra di dig_dig
planimetria e visa del bâgh di shâhzadeh_mahan
planimetria e vista del riyâd patio de los leones_alhambra_granada
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planimetria e vista del parco delle cascine
planimetia e vista del giardino dell’orticultura
planimetria e vista del giardino del museo archeologico
planimetria e vista del chiostro dei morti di santo spirito
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inquadramento dell’area di progetto
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carta tematica della pericolositĂ idraulica 01_01 molto elevata 01_02 elevata 01_03 media 01_04 bassa
0
01
01_01
01_02 01_04 01_03
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1500 m
A NALISI
DEL
L UOGO
Islam nel contesto migratorio
L’islam in Italia è oggi la seconda principale religione dopo il Cattolicesimo. Il numero dei musulmani, per lo più sunniti, ha raggiunto il ragguardevole numero di 1.200.000 ed è uniformemente distribuito sul territorio nazionale salvo rari casi in cui ragioni culturali e geografiche non permettono l’integrazione. Nella storia, eccezion fatta per la conquista siciliana nel IX secolo, in Italia la presenza islamica è stata quasi inesistente fino agli anni ‘60, periodo in cui iniziarono ad arrivare in Italia i primi studenti da Siria, Giordania e Palestina, per poi andare ad incrementare costantemente il numero a partire dagli anni ‘70 con l’arrivo degli immigrati musulmani dal Nord Africa, principalmente dal Marocco. Oggi la comunità islamica, in continua crescita, raccoglie diverse etnie e differenti nazionalità, principalmente provenienti da Marocco, Tunisia, Egitto, Senegal, Bangladesh e Pakistan. Attualmente nella regione Toscana i musulmani residenti contano 140.000 individui, per la maggior parte distribuiti nelle quattro provincie di Firenze, Pisa, Prato e Siena. Nella sola area orbitante intorno al capolougo toscano, più di 30.000 fedeli vanno a costituire la comunità islamica di Firenze, oggi guidata dall’imam Izzedin Elzir. Nel territorio regionale sono attivi otto centri islamici, principalmente ubicati in luoghi di fortuna; la prima apertura delle istituzioni territoriali nei confronti dei luoghi di culto islamico ha avuto luogo nel comune di Colle Val d’Elsa, in provincia di Siena, dove sono state avviate le procedure per l’edificazione di una nuova moschea. La sala di preghiera fiorentina, situata in Borgo Allegri 64/66r, non si differenzia dalle altre per adeguattezza e dignità degli spazi, incapace di accogliere i 1000 fedeli della jumu’ah, la preghiera del venerdì, e tantomeno i 7000 che si radunano ogni anno alla Fortezza da Basso per la celebrazione della fine del Ramadan, Id al-fitr.
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carta tematica dei parchi e del verde urbano 02_01 esistenti 02_02 di progetto
0
02
02_01
02_02
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1500 m
area dell’Argingrosso La vasta area di progetto, 86 ettari, viene inserita dalla municipalità fiorentina all’interno dell’U.T.O.E. n°8. La centralità del Parco delle Cascine e dell’Arno rispetto al sistema insediativo di San Jacopino e dell’Isolotto ha determinato la scelta di costruire un’unica grande area che proprio attorno a questi due elementi dovrà trovare la sua futura caratterizzazione. Oggi il sub-sistema corrispondente all’U.T.O.E sopra menzionata, nella sponda nord, oltre al Parco storico delle Cascine, comprende l’ippodromo, la Scuola di Guerra Aerea, la Scuola di Agraria e l’area dell’ex scalo merci di Porta al Prato; nella sponda sud si presenta invece la grande area adibita a cassa di espansione del fiume, delimitata dall’Argingrosso. Questa parte di città, pur essendo fortemente strutturata presenta grandi potenzialità di rigenerazione da ricercare in un miglior sistema infrastrutturale (Parco della Musica), ma l’elemento maggiormente qualificante per la città intera sarà costituito dal recupero dell’area golenale dell’Argingrosso e la sua relazione con il Parco delle Cascine. Da queste considerazioni prende spunto il nuovo piano strutturale del comune di Firenze che prevede lo svilupparsi della zona come area di parco fino a costituire la più ampia e qualificata attrezzatura verde della città. La missione è motivata dalla dimensione che si può ottenere sommando le dimensioni dei due parchi ripari. Il nuovo intervento del parco dell’Argingrosso sarà finalizzato alla realizzazione dei seguenti obiettivi strategici: _realizzazione della cassa di espansione del fiume in accordo con il piano di bacino dell’Arno; _realizzazione di un nuovo parco metropolitano da relazionare con il parco delle Cascine; _realizzazione di un sistema di attrezzature pubbliche e di pubblico interesse aventi valore urbano e locale. I vincoli insistenti sull’area di progetto sono per lo più riferiti al primo punto sopra riportato, in quanto deputata ad accogliere, in caso di forti esondazioni 4 milioni di metri cubi di acqua. Dallo studio della carta inerente la pericolosità idraulica si nota che le aree più a rischio non sono quelle riparie bensì quelle interne al lotto. Dal Piano Stralcio Rischio Idraulico D.P.C.M. 05-11-1999, norma 2-3; P.A.A., D.P.C.M. 06-05-2005, articolo 7 lettera m, artico-
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carta tematica della mobilitĂ 03_01 linee del servizio ferroviario metropolitano 03_02 linea della tramvia 03_03 strada statale 03_04 starde di circonvallazione esterna_anello viario 03_05 strade di circonvallazione interna_viali 03_06 strade di penetrazione
0
03
1500 m
03_01
03_04
03_06 03_03
03_02 03_05
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lo 6 lettera k inoltre si considera come minima distanza edificabile dall’argine del fiume 10 metri , e come quota minima di costruzione, 2 metri sopra il battente del fiume. Nel quadro che si delinea dalla tavola n°9 del piano strutturale, riguardante la mobilità esistente e di progetto, per la nostra area, si trova il forte incremento del sistema ciclabile per altro già presente, con la volontà di costruire un nuovo attraversamento sull’Arno, non carrabile, atto ad unire i due parchi urbani. Parte della futura linea 2 della tramvia, sarà interamente dedicata alla connessione della città con i due parchi, facilitandone la fruizione da parte dei cittadini. L’assorbimento dei vincoli e delle direttive presenti indica chiaramente l’iter progettuale da seguire: messa in sicurezza del nuovo centro culturale islamico, riconversione e connessione tra le Cascine e il nuovo parco dell’Argingrosso contemporaneamente parco del Centro Culturale Islamico. Racchiusa dalle sponde artificiali dell’Argingrosso, che la isolano dal tessuto cittadino retrostante, e dal percorso dell’Arno che la cinge sui dui lati rimanenti, l’area di progetto viene raggiunta procedendo lungo via dell’Isolotto, unica strada carrabile di ingresso alla zona. All’imbocco dell’area, su una lunghezza di pochi metri si eleva un dosso che raggiunge l’altezza dell’argine di sicurezza costruito in caso di esondazione del fiume; una volta superato questo dislivello la strada comincia a scendere dolcemente seguendo la lieve pendenza dell’argine del fiume fino a quando si interrompe bruscamente di fronte al passaggio dell’attraversamento sopraelevato del Ponte all’Indiano, il solo gesto forte che caratterizza la zona con il suo taglio trasversale che raggiunge, oltrepassa ed unisce le due sponde dell’Arno. Da qui si può soltanto procedere seguendo un percorso pedonale fino a raggiungere la punta del versante opposto all’ingresso, che rispetto a quest’ultimo vanta un dislivello di circa tre metri, salto di quota necessario a soddisfare la funzione di incanalamento delle acque durante le piene del fiume. A questa pendenza si somma anche quella trasversale che scende dal battente dell’Arno verso l’Argingrosso e che tocca nel punto di massima depressione, quello caratterizzato dalla presenza di un piccolo specchio d’acqua, una profondità di una decina di metri
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quadro sinottico 01 parchi e verde urbano 01_01 esistenti 01_02 di progetto
02 mobilitĂ 02_01 linee del servizio ferroviario metropolitano 02_02 linea della tramvia 02_02e esistente 02_02p di progetto 02_03 strada statale 02_04 starde di circonvallazione esterna_anello viario 02_05 strade di circonvallazione interna_viali 02_06 strade di penetrazione 02_07 piste ciclabili 02_07e esistenti 02_07p di progetto
0
500 m
01_01
b’
a 01_02
02_04
a’ b
02_07e
02_06
02_03
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rispetto al piano dell’argine preso in sezione (sez. aa’). Salvo rare eccezioni costituite da qualche casolare, una modesta fabbrica di inerti ed un piccolo spazio di verde attrezzato, l’area attualmente si presenta scarsamente qualificata sia sotto l’aspetto di parco sia sotto quello delle funzioni. Da qui prende vita l’idea di una riqualificazione che riguardi la progettazione di un parco fluviale su tutta l’estensione del lotto, di percorsi ciclabili e pedonali e soprattutto di un centro culturale islamico per la comunità fiorentina.
02_02p
02_01 02_05
02_02e 02_07p
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sezioni ambientali sezione trasversale_aa’ sezione longitudinale_bb’ Viste dell’area di progetto
aa’
bb’
0
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60 m
83
0 84
386 m
stato di fatto dell’area di progetto 85
0 86
386 m
nuovo parco dell’argingrosso 87
schemi del parco fiume arno e acque di progetto cassa di espansione nuovo argine cascine
fiume arno accessi principali vie carrabili percorsi ciclo-pedonali
fiume arno lungofiume verde attrezzato zona boschiva parco lineare argingrosso
sezioni ambientali e viste
parco lineare
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lungofiume
belvedere
N UOVO P ARCO
DELL’
A RGINGROSSO
Partendo dall’ortofotografia del parco dell’Argingrosso, con al suo interno il nuovo centro islamico per Firenze, si può procedere a ritroso sino agli spolveri e ai modelli di cartone che ne hanno deciso e caratterizzato l’essere. I primi segni, obbligati, definiscono i limiti della cassa di espansione del fiume, ricalcando gli esistenti su via dell’Argingrosso e cingendo il nuovo insediamento così da proteggerlo dalle acque di una possibile esondazione dell’Arno. L’assorbimento delle direttive comunali porta, al ri-disegno dei percorsi ciclabili e pedonali, non solo nella parte del lungo fiume, ma in tutto il nuovo parco e alle relative connessioni con il quartiere dell’isolotto attraverso scale e rampe per superare i dislivelli dovuti alla cassa di espansione. La necessità di collegamento tra i due parchi ripari, e le indicazioni del piano strutturale fissano la costruzione di una nuova passerella pedonale a prosecuzione di Via del Pegaso situata nel cuore del parco delle Cascine, e costeggiante la Scuola di Guerra Aerea. Il nuovo attraversamento si rivela subito per la sua importanza e segna il nuovo asse che collegando il parco delle Cascine all’isolotto attraversa nel suo centro il nuovo progetto. La necessità di connessione alla città del centro culturale islamico trova la sua naturale soluzione nel nuovo tracciato di via dell’Isolotto, spostato rispetto al precedente nella zona centrale dell’area di progetto, così da trasformare il lungofiume in una passeggiata panoramica pedonale e ciclabile, e connettendo l’intero sistema parco con la sua naturale prosecuzione oltre il fiume Vingone come da piani sovracomunali.¬¬ La presenza, nel centro del lotto, della via carrabile e delle conseguenti pertinenze pedonali e ciclabili ne delineano la nuova morfologia e due diverse grammatiche formali. L’intera zona a sud è trattata a carattere boschivo, suddivisa in vari settori delineati dalla prosecuzione delle principali vie del quartiere sottostante (Via di Santa Maria a Cintoia, Via Gubbio, Via Pio Fedi…) connesse al parco attraverso sistemi di scalinate e rampe. Questa griglia principale presenta poi un’ulteriore suddivisione interna così da permettere il go-
dimento di tutte le essenze piantate e la libera fruizione da parte dei cittadini. La zona a nord della nuova via dell’Isolotto, si presenta con un carattere completamente diverso, qui ampi spazi verdi prendono il posto delle masse alberate, e accompagnano lo sguardo fino ai filari alberati del lungofiume, il proseguimento delle principali vie pedonali definisce settori caratterizzati da diverse piantumazioni floreali e diverse attrezzature per lo svago e per lo sport. In questa fascia delimitata a sud dalla nuova via dell’Isolotto e a nord dal fiume Arno si distribuiscono quasi interamente tutti gli interventi del progetto, dalla grande piazza del minareto a est, passando per il centro culturale islamico, al belvedere nel punto più a ovest del parco. Particolare attenzione è stata prestata alle soluzioni da adottare nelle aree adiacenti al grande viadotto dell’Indiano, intervenendo con una massiccia riqualificazione della vegetazione e dei collegamenti nella parte a carattere boschivo, preferendo lasciare, verso il fiume, dove il viadotto raggiunge altezze considerevoli, l’area completamente libera da filari alberati, intervenendo altresì su percorsi e verde attrezzato rendendo fruibile un settore ritenuto sino ad oggi di risulta. Nel nuovo parco dell’Argingrosso, la progettazione del verde definisce quattro grandi aree, distinte nettamente l’una dall’altra. Affacciata sull’Arno, a stretto contatto con il parco delle Cascine si trova l’area del lungofiume, pensata come prosecuzione della passeggiata esistente oggi bruscamente interrotta dopo poche centinaia di metri. L’intervento mantiene la quota definita dall’argine (42 mt slm) nel centro dell’Isolotto sino alla fine del giardino segreto del nuovo centro culturale islamico, per poi scendere dolcemente con tutto il parco, fino a raggiungere, nel punto più a ovest dove il Vingone si getta nell’Arno, la quota di 38 mt slm, il punto più basso dell’intera area. Dal suo innesto all’isolotto fino al belvedere un doppio filare di tigli intervallati da zone di sosta caratterizza la passeggiata in tutta la sua lunghezza. Avvicinandoci alla nuova passerella pedonale il lungofiume si distribuisce su più livelli dando la possibilità di scendere sino alla quota dell’Arno attraverso tre grandi terrazzamenti. I primi due, difficilmente raggiungibili dalle acque, contengono zone di sosta e ampie vasche di verde dove si trovano filari di Ulivi e
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essenze parco
Eucalyptus camaldulensis, L’eucalipto rosso è un albero del genere Eucalyptus originario dell’Australia che al giorno d’oggi si può trovare in molte zone del mondo dal clima temperato. In Italia è presente dal 1803. L’eucalipto rosso raggiunge l’altezza di 20 m.
Quercus ilex L., il Leccio, detto anche elce, è una pianta appartenente alla famiglia delle Fagaceae, diffusa nei paesi del bacino del
Betula, Betulla, è un genere di piante della famiglia delle Betulaceae. Il genere comprende oltre 40 specie originarie dell’emisfero nordico. Si tratta di alberi e arbusti a fogliame deciduo che possono raggiungere i 15–30 m di altezza.
Fagus, Faggio, è un genere di piante angiosperme dicotiledoni appartenente alla famiglia delle Fagaceae che comprende specie arboree e arbustive originarie dell’Europa, America, Giappone e Cina, con altezza dai 15–20 m fino ai 30–35 m.
è un albero dal portamento maestoso ed elegante. Raggiunge dai 25 ai 40 m.
Tilia, Tiglio, è un genere di piante della famiglia delle Tiliaceae originario dell’emisfero boreale. Il tiglio europeo o tiglio comune si presenta come un albero di 23–40 m
Altezza variabile dai 3 ai 7 m.
Il Ficus pumila, Fico rampicante è un piccolo arbusto rampicante, sempreverde, originario dell’Asia tropicale. Utilizza le radici aeree per attaccarsi al supporto, ah rami increspati lunghi oltre i 60-80 cm sottili e ramificati.
Lavandula, Lavanda, è un genere di piante appartenenti alla famiglia della Lamiaceae che comprende circa 40 specie, tra cui la comune lavanda. Arbusti alti dai 60 agli 80 cm.
essenze parco lineare
90
maggio
100%
ottobre
Olea europaea, L’olivo o ulivoè una pianta da frutto. Originario del Vicino Oriente, è utilizzato fin dall’antichità per l’alimentazione.
40%
luglio
essenze lungofiume
Tilia, Tiglio, è un genere di piante della famiglia delle Tiliaceae originario dell’emisfero boreale. Il tiglio europeo o tiglio comune si presenta come un albero di 23–40 m
60%
agosto
Fagacee. È la quercia più diffusa in Europa, e il suo areale è alquanto vasto. La farnia
70%
aprile
Quercus robur, La Farnia è un albero a foglie decidue appartenente alla famiglia delle
giugno
lmus laevis, l’olmo bianco o olmo ciliato, è un grande albero proprio delle pianure d’Europa. olmo bianco o ciliato è un albero alto fino a 30 metri, a foglia caduca.
settembre
metri di altezza.
30%
Acer Lobelii, L’acero lobato o acero napoletano è un acero raro, endemico dell’Italia centro-meridionale. È usato occasionalmente come pianta ornamentale. Altezza variabile dai 5 ai 15 m.
Hypericum perforatum. L’iperico, o erba di san Giovanni o scacciadiavoli, è una pianta officinale del genere Hypericum con proprietà antidepressive e antivirali. Aiuole alte dai 30 agli 60 cm.
Magnolia, è un genere di piante della famiglia delle Magnoliaceae. Comprende oltre 80 specie arboree e arbustive a lento accrescimento, ma che in alcune specie come la Magnolia campbellii e la Magnolia officinalis possono superare i 20 m di altezza, originarie del Nord e Centro America, dell’Asia e dell’Himalaya.
Rosmarinus Officinalis, è un arbusto appartenente alla famiglia delle Lamiaceae. Originario dell’Europa, Asia e Africa, è ora spontaneo nell’area mediterranea nelle zone litoranee, garighe, macchia mediterranea, dirupi sassosi e assolati dell’entroterra, può raggiungere altezza variabile dai 50 ai 300 cm.
novembre
come ornamentale nei viali o come pianta isolata. Crea una zona d’ombra molto grande e fitta. L’Ippocastano può arrivare a 25-30
dicembre
Aesculus Hippocastanum, L’ippocastano o castagno d’India è un albero molto usato
Mediterraneo. Il leccio è generalmente un albero sempreverde con fusto raramente dritto, di altezza fino a 20-25 metri.
febbraio
Cedrus libani, Cedro del Libano, è una specie di cedro. Fa parte della famiglia delle Pinacee. Migliaia di anni fa questo albero ricopriva i pendii montuosi di tutto il Vicino Oriente. . Nelle zone d’origine arriva a 30m, eccezionalmente a 50m.
marzo
Acer Negundo, Acero Americano, albero originario dell’area orientale del Nordamerica. Questo acero cresce molto rapidamente, per raggiungere a maturità un portamento arbustivo o arboreo, con altezza massima molto variabile, compresa fra 5 e 20 metri.
gennaio
percentuale di chiomatura
60%
40%
altri alberi da frutto, e cespugli di lavanda. L’ultimo terrazzamento più vicino al fiume, è caratterizzato da una lunga vasca di verde nel parapetto colorato da edera e altre essenze floreali. La zona a verde attrezzato si sviluppa da est con la grande piazza del minareto, seguita poi da un prato in leggera pendenza che raggiunge la quibla della moschea e quindi il complesso degli edifici, per poi proseguire nei diversi settori definiti dalle vie pedonali principali contenenti aree di verde attrezzato per il tempo libero e per lo sport. Anche qui i tigli definiscono i percorsi e all’interno dei grandi prati querce, ippocastani, faggi e lecci definiscono puntualmente gli spazi. La zona a carattere boschivo, stretta fra la nuova via dell’isolotto l’Argingrosso presenta, per quanto riguarda le essenze, molte similitudini con il parco delle Cascine. Qui trovano posto specie arboree sempreverdi come l’Acero Americano, il Cedro del Libano, l’Eucalipto Rosso e il Leccio. Inoltre la Betulla, l’ippocastano, La Farnia, il Faggio, il Tiglio ecc. compongono le varietà a foglie decidue. Nella fase progettuale particolare attenzione è stata posta sulle percentuali tra queste due famiglie arboree così da avere rapporti ottimali sia per quanto riguarda le variazioni cromatiche sia per la percentuale di chiomatura. A sud, il parco lineare, ha come caratteristica principale quella di essere filtro fra il quartiere dell’Isolotto e il parco. Il nuovo disegno dell’argine di contenimento dell’area golenale caratterizza i due diversi versanti. Nel lato della città filari di aceri separano la via carrabile dalle pertinenze pedonali e ciclabili e una ripida scarpata fiorita, in corrispondenza delle vie principali, ospita scalinate e comode rampe che permettono il superamento del dislivello costituito dall’argine. Una volta raggiunta la fine delle scale, un passaggio a 42 mt slm permette di percorrere tutto il parco lineare a una quota elevata oppure distribuisce verso l’altro versante dell’argine, differente dal primo, in quanto diluisce in molti metri il salto di quota, ospitando all’interno una via pedonale con delle ampie aree di sosta, delle scarpate piantate a Rosmarino ed Iperico e dei filari di magniolie che mediano l’accesso al parco. Il belvedere, infine, conclude il lungofiume e lo raccorda con il parco e la zona a verde attrezzato. Qui un’ampio spazio pavimentato è stato progettato per
accogliere attività sportive e culturali così da incentivare l’utilizzo di tutta l’area di progetto da parte della cittadinanza. La riconnessione del nuovo sistema dei parchi fiorentini con la città e le vie extraurbane ritenute strategiche per un ulteriore sviluppo futuro ipotizzato da molti anni nei diversi piani insistenti sull’area di progetto caratterizza l’intervento non solo come un esercizio architettonico a se stante, ma come un tentativo di risposta concreta alle domande delle municipalità degli ultimi decenni.
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vista della qibla 92
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I NSERIMENTO U RBANO
All’estremità del lungarno dei pioppi, inserita tra il nuovo argine attrezzato e i primi palazzi affacciati su via dell’isolotto, si può trovare la piazza del minareto, un’ampia area pavimentata di forma triangolare dominata dall’imponente figura dell’alta torre e ravvivata, sotto il nuovo argine, da spazi commerciali dedicati al quartiere e al nuovo parco. La sua posizione strategica, determina il limite fra la città e l’area di progetto, diventando un importante snodo logistico per i mezzi pubblici. La grande piazza, volutamente liberata da costruzioni, nell’arco dell’anno può ospitare mercati, manifestazioni, eventi culturali ed allestimenti. Inoltre l’inserimento di piccole strutture a carattere temporaneo permette l’affitto di biciclette e altre attrezzature. Posizione, vocazione e caratteristiche fanno di questo luogo la nuova porta del parco, da dove si può decidere se, tramite le scale, scegliere di salire al lungo fiume, se iniziare la passeggiata che porta alla moschea e quindi al complesso del centro culturale islamico o se costeggiare via dell’ Argingrosso, superare la nuova via dell’Isolotto, e percorrere il parco lineare fino ad incontrare e superare l’altro asse del progetto. La nuova connessione fra i due parchi, indicata dalla municipalità fiorentina nel piano strutturale, blocca l’altro punto di contatto fra progetto e città. Un lungo asse mette in comunicazione diretta il parco delle Cascine e il quartiere dell’isolotto. Qui, il complesso si ancora al tessuto urbano con un edificio simile per tipologia e funzioni alle preesistenze. Spazi commerciali al piano terra e residenze ai livelli superiori cercano di coinvolgere il quartiere nella nuova piazza prevista dal progetto senza per questo modificarne in modo rilevante la vocazione. La pavimentazione esterna supera i limiti naturali dei marciapiedi e invade la carreggiata di via dell’Argingrosso per connettersi al parco lineare e alla via inclinata tra il sistema dei tre edifici per uffici e commerciale, uniti da una loggia e del mercato coperto. La via inclinata definisce un sistema di piazze a differenti quote, dove gli esercizi commerciali accompagnano alla piazza principale del progetto, vero cardine del complesso
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islamico. Il dislivello di quattro metri del nuovo argine, obbligato, vista la necessità di mettere in sicurezza il progetto e la città, é utilizzato oltre che per la morbida salita pedonale, anche per i locali di servizio sia degli spazi commerciali che del mercato, questi ultimi raggiungibili anche dal parcheggio sotterraneo così da permettere il carico-scarico merci. La nuova moschea, capace di mille fedeli e orientata verso la Mecca, si distacca dalla rigorosa disposizione planimetrica del complesso, e si frappone tra la piazza e il grande prato, quest’ultimo accompagnato a nord da una passeggiata e su un altro livello dal lungofiume, a sud invece da un bosco di tigli. I due ingressi alla moschea caratterizzano la piazza distinguendola nettamente dalle altre, nel lato est una serie di aperture su quasi tutta la lunghezza della facciata introduce direttamente alla sala di preghiera trasformando lo spazio esterno in un vero e proprio sahan capace, nei giorni del ramadan di accogliere la comunità islamica in uno spazio unitario. L’ingresso a sud, pensato come principale, nei giorni di normale utilizzo della moschea, mette in relazione il complesso con il parco, la passeggiata che arriva dalla piazza del minareto e i fedeli che utilizzano i mezzi pubblici. L’intera area della piazza principale accoglie sotto di essa un ampio parcheggio sotterraneo capace di 250 posti auto. Le due uscite si trovano rispettivamente all’angolo dell’auditorio sulla strada e sul lato corto del mercato verso la moschea così da servire le due parti principali del progetto. Sul lato ovest, uniti da una loggia, che prosegue oltre la strada il linguaggio della precedente, si affacciano il lato dell’auditorium, e il centro espositivo con il suo ingresso, andando così a chiudere i due lati e lasciando libero l’asse che dal nuovo ponte delle Cascine attraversa il progetto e scende verso il via dell’Argingrosso. Sempre nel lato ovest della piazza principale, in asse con i grandi portali di piombo della moschea e una volta lasciata alle spalle la loggia, una larga via distribuisce agli edifici del centro culturale vero e proprio. Sulla sinistra l’auditorio, con i volumi sporgenti delle due diverse sale, disposte intorno al foyer al quale si accede attraverso un ingresso ombreggiato, e sulla destra la lunga massa del centro espositivo alleggerita nella parte bassa dal ritmo del vetro e del legno che illumina le
sale interne. Proseguendo verso ovest sotto l’ombra puntuale degli oleandri s’incontra sulla destra la madrasa, simile nelle dimensioni perimetrali all’impronta dell’auditorio ma composta nelle sue parti intorno ad una corte verde, dove i bambini possono giocare in piena sicurezza. Una loggia, media il passaggio dalla corte alla pubblica via e disegna un passaggio coperto unente i due vertici della pianta a c dell’edificio. Separata mediante un piccolo giardino alberato dal centro espositivo, sempre affacciata sull’Arno si trova la biblioteca, simile per tipologia al centro espositivo e caratterizzata sulla via interna da una piega della muratura che invita all’ingresso arretrato. La massa muta sulla corte è compensata verso il fiume da grandi aperture che illuminano le sale interne e aprono l’edificio al panorama circostante. Ultimo volume del complesso, separato dalla madrasa da una via proveniente dal parco che si conclude naturalmente con l’ingresso della biblioteca e sporgente nel sistema di vasche del giardino segreto si trova l’hammam; edificio composto intorno alla sua corte d’acqua che accompagna sulla via interna, la discesa verso il giardino segreto. Il prospetto a ovest presenta un grande e profondo taglio nel quale l’acqua di una vasca si getta nel giardino e da origine al sistema delle vasche. Cinto da mura, incastonato nel terreno, il giardino segreto è la naturale mediazione tra progetto e parco, al suo interno una netta divisione distingue due settori che dopo una passeggiata di oltre 250 metri terminano con una grande loggia contemplativa. La prosecuzione della fascia degli edifici a sud si trasforma nel sistema di vasche, dove l’acqua scorre dall’una all’altra grazie a dei piccoli dislivelli, riposando poi nella più vasta. Qui una forte alberatura conclude il sistema e media il linguaggio dei due settori. In asse con la via interna il settore verso l’Arno si presenta dominato da un doppio filare di cipressi che guidano l’occhio per tutta la lunghezza del giardino e ospitano alla base un susseguirsi di aree verdi utili alla piantumazione di essenze floreali. In aggetto nel terreno, rispetto alle chiare linee del giardino, ad una quota rialzata si trovano gli alberi da frutto, chiaro richiamo del giardino islamico, qui oltre venti diverse specie arricchiscono la varietà cromatica e sensoriale del percorso.
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sezione lungofiume
sezione trasversale 01
planivolumetrico
0 96
136 m
sezione trasversale 02
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vista dell’ingresso dall’Isolotto
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C ENTRO C ULTURALE I SLAMICO
Raccolti intorno alla nuova piazza su via dell’Argingrosso gli edifici per negozi e uffici, i mercati e le residenze, concludono il nuovo asse ortogonale all’Arno inserendosi nel tessuto urbano. Al piano terra, l’edificio delle residenze, allineato come gli esistenti, sula via carrabile, accoglie agli estremi est e ovest rispettivamente l’ingresso alle residenze con l’alloggio del custode e la scala di emergenza. Centrati fra questi, si trovano fondi commerciali aperti verso l’area di progetto con delle vetrate continue arretrate rispetto al filo della facciata così da formare uno spazio di accesso coperto ai negozi. Ai piani superiori si dispongono gli alloggi su tre livelli, distinti in base ai piani fra alloggi per studenti e residenze minime per famiglie. Dalla scala principale si accede agli appartamenti mediante un ampio corridoio che percorre l’edificio in lunghezza su tutti i livelli e si apre a nord con una vetrata continua verso il nuovo parco dell’Argingrosso. Gli aggetti e le rientranze definiti dalla geometria degli alloggi sul corridoio ospitano gli ingressi ai vani e delle sedute per meglio godere del panorama. Il lato sud, verso il quartiere dell’isolotto è caratterizzato da dei profondi terrazzi sui quali si aprono le zone giorno delle residenze. Superata la strada, un alto colonnato protegge la scala e l’ascensore che dal livello del parco lineare porta al terrapieno a più quattro metri dove poggiano i mercati. Lungo edificio che accompagna alla nuova via dell’isolotto, contenente spazi commerciali permanenti disposti in box metallici aggettanti verso est in un ampio doppio volume su tutta la lunghezza che da la possibilità di contenere banchi smontabili o elementi temporanei. Sopra i box, una grande terrazza per più della metà interna accoglie sedute per bar e ristoranti e piccoli banchi di ambulanti, con la possibilità nella bella stagione dell’utilizzo di terrazze esterne. All’estremità dei mercati verso la moschea trova posto un’uscita del parcheggio sotterraneo e dei servizi igienici, mentre al secondo livello magazzini e locali di servizio. Il lato sulla via interna è caratterizzato da una lunga pannellatura di legno apribile secondo
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necessita sulla via commerciale interna al primo livello e da pannelli fissi intervallati da finestre al secondo livello così da garantire, durante il giorno la corretta illuminazione e areazione degli ambienti. Direttamente raggiungibili dal parcheggio interrato sono i locali di pertinenza dei box commerciali utilizzabili come celle, depositi di materiali e merci. Di faccia ai mercati, i tre edifici connessi dalla loggia accompagnano la salita graduale fino alla piazza della moschea e accolgono al loro interno spazi commerciali e uffici. Il primo, alla quota del quartiere, su quattro livelli, contiene una grande libreria. Qui doppi volumi, ballatoi, e ampie vetrate rendono interessante la volumetria interna. Il loggiato, pensato esile ed elegante, avvicinandosi al termine dell’edificio acquista massa e determina un gioco di incastri fra i volumi. Gli spazi coperti che vengono a determinarsi fra i tre edifici hanno la duplice funzione di collegare a quote diverse la via inclinata al parco e di proteggere gli ingressi indipendenti degli uffici dei piani superiori. Grandi vetrate a tutta altezza accomunano i volumi al di sotto della loggia e rendono visibili ai piani terra, a seconda dei livelli, spazi commerciali e di ristorazione, mentre ai piani superiori, i corridoi e le sale d’aspetto degli uffici. Superata via dell’isolotto la nuova piazza dominata dalla moschea ad est prosegue dilatandola la via inclinata fra mercati ed edifici loggiati. L’auditorio ha il compito di cucire i due sistemi e di accogliere sulla piazza un loggiato, prosecuzione naturale del precedente, che filtra la via verso il giardino segreto dalla piazza. L’uscita del parcheggio sotterraneo e una lunga panca contemplativa caratterizzano la muta facciata verso la moschea. All’edificio si accede mediante un ingresso arretrato posto sulla via interna, il foyer su due livelli ospita una caffetteria e dei punti panoramici di sosta distribuendo alle due sale e ai servizi. Affacciato sull’Arno, il centro espositivo termina il loggiato allungandosi di qualche metro verso la moschea. L’ingresso arretrato qui si trova direttamente sulla piazza della moschea, una grande fontana arricchita con sedute per le abluzioni rituali caratterizza la parte bassa del prospetto. Oltre la vasca ,si trova l’ultima uscita del parcheggio sotterraneo, nascosta nella massa d’angolo dell’edificio. La pianta ad “L” viene distribuita dal foyer d’ingres-
so serrato, al piano terra fra la sala per le collezioni temporanee, la caffetteria, il bookshop i servizi e i collegamenti principali e secondari. Al piano superiore, attorno a un’area di sosta illuminata da una grande vetrata aperta sulla moschea, si trovano la sala islamica, una piccola sala proiezioni e la mostra permanete su due livelli. il prospetto a ovest, separato dall’edificio della biblioteca da un giardino, nasconde dietro una cortina di setti , come nelle residenze, i collegamenti verticali e le scale di emergenza. Le due sale, verso nord, prendono luce da tutto il prospetto sul lungofiume, completamente vetrato. Il piano terra leggermente arretrato presenta una cortina di vetri fissi affiancati senza montanti, mentre il piano della sala permanente, in aggetto, è caratterizzato dal ritmo costante dei pilastri separano le vetrate. Separata dalla passeggiata del lungofiume da un piccolo giardino, la caffetteria ha la possibilità di essere utilizzata indipendentemente dal centro espositivo. Il lato rivolto alla corte interna, si presenta alleggerito al piano terra da dei settori cadenzati di legno e vetro utili a illuminare il doppio volume, dove affacciano le sale della collezione permanente e a dialogare con la grande massa cieca della parte alta del prospetto. Simile per aspetto e dimensioni, e allineata con il lato lungo del centro espositivo, la biblioteca presenta le stesse connotazioni formali dell’edificio in precedenza descritto. L’ingresso, posto al centro, in asse con il percorso che arriva dal nuovo parco, presenta una lunga parete inclinata d’invito dalla corte e separa nettamente le funzioni interne. Su due livelli, le sale di lettura occupano interamente il settore destro dell’edificio, differenziandosi man mano che ci si scosta dall’ingresso fino a diventare dei piccoli box in legno e vetro completamente aperti sull’Arno. Le pareti cieche sono qui utilizzate come librerie e postazioni computer e al centro delle sale scaffali disposti in serie contengono volumi consultabili. Nella sala al primo piano parte delle librerie sono state sostituite da un doppio volume. Al piano terra del settore sinistro della biblioteca, una volta lasciato alle spalle il foyer d’ingresso con le postazioni degli operatori, si trovano i collegamenti verticali, i servizio igienici e delle sale relax completate da una caffetteria aperta sul parco. Al primo piano si trovano
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modello assonometrico
piani tipo e funzioni hammam biblioteca madrasa centro espositivo auditorium moschea mercato uffici libreria residenze
sistema del verde, percorsi e funzioni
parcheggio interrato deposito spazio espositivo lavacri sacri moschea commerciale libreria mercato residenze vasca hammam
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invece delle sale lettura illuminate da grandi porte finestre aperte su una terrazza panoramica e un pozzo librario, dove poter consultare libri di pregio. Sul lato opposto della corte interna, a cavallo tra centro espositivo e biblioteca si trova la madrasa. Simile per impronta all’edificio degli auditori ma scavato all’interno da una corte verde dalla quale tutto l’edificio prende luce. All’ingresso, posto nella corte, si accede mediante una loggia che a nord filtra il passaggio dalla pubblica via. Le aule disposte nel lato lungo della “C” su due livelli si aprono con porte finestre verso la corte interna, utile quindi nella bella stagione come spazio di gioco e di lezione. Le scale, poste sulla parete a sud e illuminate da vetrate puntuali, disegnano un doppio volume nel corridoio delle aule e, viste le dimensioni e la funzione, una scala di emergenza è stata posta a conclusione, nell’angolo nordest, della loggia. Al piano terra, intorno all’ingresso principale si dispongono la reception, l’ufficio della dirigenza e una sala polivalente per piccoli eventi della comunità. Al piano superiore, illuminati dall’alto si trovano invece ampie camere per il gioco e le attività di gruppo. L’altra ala, più ampia, accoglie i servizi igienici, un refettorio e l’aula magna della scuola, mentre il piano superiore qui è quasi interamente occupato, fatto salvo per dei servizi igienici, da una grande biblioteca islamica e della cultura araba. Ultimo edificio della corte, allungato nel giardino segreto, l’hammam conclude la fascia composta da auditorio e madrasa. Anche in questo volume una corte interna caratterizza la disposizione delle funzioni e come per i precedenti, anche qui vengono mantenute simili le dimensioni planimetriche e le altezze. L’ingresso posto sulla via che arriva dal nuovo parco dell’Argingrosso e separa l’hammam dalla madrasa si apre su una hall dove si può scegliere il servizio desiderato e dove c’è la possibilità di acquistare dei prodotti. Una volta cambiati si accede al percorso benessere, dove si incontrano subito le stanze del tepidarium, del calidarium e del frigidarium. Poi una zona relax, con sedute e lettini, si trova davanti ad una grande vetrata aperta sul giardino segreto. Qui una vasca esterna a bordo sfioro si getta nelle acque del giardino con un salto di quattro metri. Proseguendo nel percorso prima di salire al
livello superiore si può scegliere di bagnarsi nella vasca esterna della corte e di ristorarsi nelle sale relax. Al piano superiore si accede attraverso una scala stesa su una parete cieca della corte interna. Tre vasche tiepide e profumate preparano i visitatori alle sale massaggi e alle docce profumate a diverse temperature. Nel settore sopra l’ingresso si trovano invece un magazzino e gli spogliatoi per gli operatori, raggiungibile da una scala privata. Dalla via interna un’apertura nella facciata dell’hammam conduce all’ascensore che permette alle persone diversamente abili la fruizione del giardino segreto. L’intero complesso, inserito nel nuovo parco dell’Argingrosso, si collega al parco delle Cascine tramite una nuova passerella pedonale voluta dalla municipalità fiorentina ed inserita nell’ultimo piano strutturale. Un arco ribassato dalle pareti inclinate poggianti sul primo terrazzamento, e la linea della pavimentazione sono le cifre formali del nuovo ponte. I parapetti sono formati da sottili listelli in legno annegati nel cemento della struttura sottostante e contengono, fra l’uno e l’altro dei faretti a terra così da caratterizzarlo anche di notte.
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planimetria piani terra
b00_Biblioteca c00_Centro Espositivo h00_Hammam s00_Madrasa a00_Auditorium j00_Jami’ n00_Negozi m00_Mercati r00_Residenze
E
0 104
75 m
D
+35m
+38m
b00
c00
j00
+42m E
h00
s00
a00
n00
n00
n00
m00
n00
n00
+38m r00
D
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planimetria piani tipo
b00_Biblioteca c00_Centro Espositivo h00_Hammam s00_Madrasa a00_Auditorium j00_Jami’ n00_Negozi u00_Uffici m00_Mercati r00_Residenze
F
0 106
75 m
G
+35m +38m
b00
c00
j00
+42m
h00
s00
a00
F
u00
m00 u00
n00
+38m r00
G
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sezione D-D
sezione E-E
sezione F-F
sezione G-G
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vista della piazza-corte 110
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assonometria corte
a_centro espositivo
a
b_auditorium
b
c_biblioteca d_madrasa e_hammam
d
e
c
assonometria ingresso dall’Isolotto
f
f_residenze h
g_mercato h_libreria i_commerciale/uffici
i
g i
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M ATERIALI VE
E
T ECNICHE C OSTRUTTI-
Il complesso è realizzato con tecniche e materiali derivate dalla tradizione costruttiva toscana. Questo approccio, oltre a tessere una trama appropriata alle funzioni ospitate e al contesto, garantisce una sperimentata durata e affidabilità, con l’intento, allo stesso tempo, di contenere i costi. Il laterizio sarà la materia più diffusa, impiegato con mattoni pieni a impasto che varia dal color grigio-paglia al rosso brunito a ricordo delle tinte parietali fiorentine; analogo colore della malta sarà ottenuto mescolando polvere dello spesso mattone nell’amalgama al fine di ottenere una maggiore continuità materica nell’apparecchiatura degli alzati. La scelta del laterizio come materiale comune a tutti gli edifici del complesso prende le sue ragioni poco oltre il fiume Arno, dove la Scuola di Guerra Aerea dell’architetto R. Fagnoni, direttamente connessa dalla nuova passerella pedonale al progetto, convive in armonia con il contesto verde del parco delle Cascine. La Fortezza da Basso, costruita sotto la guida di Antonio da San Gallo il Giovane tra il 1534 e il 1537 e i successivi interventi limitrofi, fino al progetto dell’ingresso alla stazione Santa Maria Novella dal piazzale Montelungo di Gae Aulenti hanno indirizzato definitivamente l’idea iniziale. A divisione fra il basamento e i piani alti, corre su tutti gli edifici un sottile cordolo di cemento armato ribadito con dimensioni diverse, nel coronamento di alcuni edifici. Il trattamento delle pietre naturali sarà nella generalità dei casi di leggera levigatura quando non lasciate al taglio di cava. Gli infissi saranno realizzati in metallo patinato. Le tre volte della Moschea e il Minareto presenteranno una comune finitura esterna ottenuta con un intonaco di cemento compresso a base di terra cruda dalle tinte similari a quelle dei laterizi.
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centro espositivo
01
01_sezione 02_studio materico del prospetto
biblioteca
03
03_sezione 04_studio materico del prospetto
libreria
05
05_sezione 06_studio materico del prospetto
0 114
11,7 m
02
04
06
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vista del sahan 116
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N UOVA M OSCHEA
PER
F IRENZE
Unico edificio di culto all’interno del complesso, la moschea si trova a svolgere un ruolo di cerniera e di legante tra l’area commerciale e quella a vocazione culturale. Posizionato sulla sommità del lungo giardino che costeggia l’argine dell’Arno in modo da richiamare quella monumentalità propria delle grandi moschee iraniane e indiane , l’edificio religioso campeggia sulla piazza principale che lo avvolge assecondandone la tipica rotazione necessaria per orientare la moschea in direzione de La Mecca. L’area antistante la moschea svolge la duplice funzione di piazza-sahan, cercando di integrare la tradizione italiana della piazza su cui si affacciano la chiesa e gli edifici pubblici o privati, con la tradizione islamica che prevede uno spazio di filtro all’edificio religioso in grado di separare la dimensione “profana” da quella sacra. La volontà di progettare uno spazio totalmente in realzione con le funzioni che vi si affacciano vuole richiamare quell’idea di integrazione e di interazione che un edificio religioso dovrebbe avere in un contesto come quello fiorentino. Lo studio preliminare che sta alla base della progettazione della nuova moschea di Firenze fa riferimento a quella che può essere definita come “la tradizione islamica mediterranea” ovvero quella tradizione che guarda agli edifici, religiosi e non, di tutta l’area nordafricana, spagnola e all’architettura bizantina nella Sicilia normanna. Da qui nasce il concetto di serialità e la decisione consequenziale di una copertura a tre volte con una finitura esterna e interna in terra compressa poggiate su un basamento in mattoni color “leonato sudicio” in modo da richiamare le cromie fiorentine della pietra forte e più in generale quelle dei borghi toscani. Questa plasticità scultorea conferita alla copertura dona alla moschea il suo carattere di edificio particolare che lo fa risaltare su tutti gli altri e mette in luce l’eccezionalità della sua vocazione funzionale. All’edificio religioso si accompagna come parte integrante dello stesso anche l’area di preghiera all’aperto situata nel giardino retrostante su cui si affaccia la qibla; questo
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ulteriore spazio di preghiera marca la diffrenza esistente tra quella che viene definita masjid, ovvero un luogo in cui il fedele può assolvere convenientemente la sua quotidiana preghiera canonica islamica, e la jâmi’ cioè la moscheacattedrale dove si raduna un ampio numero di fedeli per compiere la salât di mezzodì del venerdì. Alla moschea si accede attraverso due iwan, ovvero un ingresso laterale scavato nella materia per accentuarne il ruolo di entrata principale, in modo da stabilire una gerarchia con l’altro prospiciente la piazza, ed uno che viene utilizzato soltanto occasionalmente per accogliere un elevato numero di fedeli. Quest’ultimo, che copre in lunghezza quasi l’intera facciata, si apre direttamente sulla sala attraverso una doppia cortina di porte (quella più esterna in bronzo lavorata con l’incisione della shahada e quella interna di vetro) all’interno della quale sono state predisposte delle scarpiere incassate nei setti murari per permettere anche ai fedeli che restano a pregare nel sahan di poter riporre ordinatamente le proprie scarpe. L’ingresso principale conduce invece in un foyer illuminato da una corte d’acqua con le ninfee. Una pavimentazione in cemento lucidato, pareti di intonaco grigio e legno di quercia sono i materiali che caratterizzano questo ambiente cercando di mantenere il più essenziale possibile quelle zone che sono al di fuori dell’aula di preghiera. L’interno di questo ambiente ospita, oltre all’ufficio dell’imam, un desk con la rispettiva sala d’attesa in modo tale che la moschea possa funzionare anche come supporto per i bisognosi ed i nuovi immigrati ai quali servono informazioni o più semplicemente come centro aggregazionale nei momenti di non-preghiera. A ribadire questa naturale vocazione di luogo di ristoro o meditazione è il corridoio che costeggia le vetrate della corte. Dal momento che potenzialmente molti fedeli potrebbero attraversare questo canale per andare al piano superiore, il corridoio è stato pensato come uno spazio flessibile dove poter leggere il corano, o altro, su leggii e sedute rimuovibili. La libreria-parete che copre tutta la lunghezza del corridoio serve ad accogliere non solo le fonti di lettura ma anche i leggii ed i cuscini su cui sedersi. Il corridoio, oltre a condurre al matroneo e alla lobby del piano superiore, porta ad una piccola
sala di preghiera fredda, una koubba, derivata anch’essa dalla tradizione nordafricana e pensata come un luogo di meditazione e pace in cui natura e spiritualità possano fondersi. Dal foyer si accede attraverso cinque porte in legno alla sala di preghiera, un’aula che può ospitare comodamente fino a 765 fedeli. La geometria e le proporzioni della pianta dello spazio di preghiera sono stati determinati facendo ricorso al triangolo egiziano, espediente utilizzato anche da Sinan per il dimensionamento delle sue moschee, ovvero di un triangolo le cui proporzioni sono 5:4:3. Il modulo ricavato da questa proporzione ha poi determinato anche l’altezza delle volte andandosi a sommare per due volte all’imposta di 4,6 metri, altezza ricorrente in tutti gli edifici del complesso. L’aula di preghiera è stata progettata come la somma di due spazialità ben distinte ma complementari; la parte bassa, pensata come uno spazio unitario, restituisce al fedele la dimensione umana. Tale spazio è rivestito su due lati da boiseries in legno di quercia che si elevano fino alla quota dell’imposta delle volte. In prossimità delle aperture le pannellature subiscono un arretramento per differenziare gli ingressi dal semplice rivestimento. Sulla parete opposta, in corrispondenza all’ingresso dal foyer, trova posto un ulteriore apertura; questo passaggio è stato pensato come ingresso ai matronei che si trovano al piano primo e, poichè lo spazio di preghiera dedicato alle donne può contenere fino a un massimo di 126 fedeli, anche il numero di aperture è stato ridotto, passando da cinque a due, recuperando però la simmetria planimetrica attraverso la predisposizione di una libreria che copre la restante distanza dal setto murario. Si viene così a formare in questa zona di passaggio una lounge permanente con affacci vetrati sulle Cascine e sull’Arno. Un’ulteriore lounge con affacci vetrati e una terrazza sulla corte delle ninfee è stata progettata al piano dei matronei al di sopra del foyer d’ingresso. Anche la parete della qibla riflette la bipartizione dell’alzato della sala di preghiera. Separata dai tappeti da una fascia di lastre di marmo che vanno a sparire, insieme alla parete stessa, nel taglio verticale operato sulla boiserie, la qibla
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modello assonometrico
piano primo
piano terra
piano interrato
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si presenta come l’elemento prezioso dell’aula di preghiera. Sovrappostosto ad un rivestimento di maioliche esagonali azzurre ma da esso separato, un disegno a foglie d’olivo stilizzate va a comporre il pattern di lamelle metalliche che caratterizza tutta la lunghezza della parete interrompendosi solamente in prossimità della nicchia del mihrâb. Quest’ultimo è l’elemento indispensabile per poter svolgere il rituale della preghiera, indica infatti l’esatta direzione de La Mecca orientando le prosternazioni dei fedeli. Il mihrâb è composto da pannelli in legno, lo stesso delle boiseries, ed è diviso frontalmente in due porzioni di cui una lavorata con un intaglio a foglie d’olivo e l’altra con un’incisione che riporta i 99 più bei nomi di Allah presenti nel Corano. Questa soluzione decorativo-simbolica è stata derivata da una tradizione marocchina secondo la quale l’olivo avrebbe su ognuna delle sue foglie un nome di Allah o qualche altra parola sacra. Nella parte superiore del mihrâb è presente una nicchia che ospita una lampada in terracotta. Anche questo oggetto è presente nel Corano e nella tradizione islamica. La lampada simboleggia la luce divina e non è un caso che sia allocata nell’unico elemento all’interno della sala di preghiera che indica la direzione del primo tempio fatto discendere da Allah direttamente dal Paradiso, la Kaaba. Alla destra del mihrâb campeggia un altro elemento sempre presente nelle moschee fin dalla casa del profeta Maometto, il minbar. Questo oggetto, anch’esso in quercia con una struttura interna in acciaio, trova spazio nella sala di preghiera per uno scopo esclusivamente funzionale, permettere al khatib di pronunciare ai fedeli il sermone della preghiera di mezzodì del venerdì. Tale predica puo avere un carattere religioso, morale, politico o sociale; questo suo carattere di insegnamento, di elevazione intellettuale o spirituale ha condizionato la scelta progettuale di staccare il minbar dalla pavimentazione per la dimensione di un’alzata in modo da conferire all’oggetto stesso la sua elevata vocazione funzionale. La grande stesa dei tappeti completa la parte bassa dell’aula di preghiera. La disposizione ritmica e modulare ricalca la tipica disposizione degli interni delle moschee. Il disegno del singolo tappeto è invece una citazione derivata
e rivisitata della pavimentazione della moschea del complesso del Taj Mahal ad Agra, in India; un disegno composto da tre varietà di marmi che fanno da cornice ad un tappeto interno color marrone bruciato. La parte alta della sala di preghiera, quella caratterizzata dalle volte, rappresenta invece la dimensione divina che sottomette quella umana richiamando costantemente il significato primigenio della parola muslim, ossia “sottomesso (a Dio)”. Le volte si presentano come elementi architettonici crudi ed essenziali, la loro superficie scabra in terra compressa fa vibrare la luce che entra dalle gelosie esagonali lavorate sulle pareti di chiusura, una luce che risulta sempre filtrata e nel caso della qibla anche da una doppia cortina muraria a causa della sua esposizione ad estsud-est. Il disegno esagonale delle forature trascende l’usuale richiamo alla tipica geometria islamica per recuperare il significato simbolico di proiezione bidimensionale di un cubo in assonometria. Il cubo è infatti considerato dalla tradizione islamica come l’elemento base che, sormontato da una cupola, possa rappresentare una moschea. All’interno delle volte campeggiano tre grandi lampadari a sospensione indispensabili per l’illuminazione notturna della sala e quindi per il normale svolgimento della preghiera. Scendendo al piano interrato dalla scala che si incontra al piano terra nel foyer si entra nella zona adibita alle abluzioni rituali prima della preghiera. Varcata la soglia dopo le scale si ha l’accesso in una zona relax dove si può attendere il prorpio turno per le abluzioni, in caso di sovraffollamento, leggendo un libro preso dalle due librerie in quercia o semplicemente restando seduti nei salotti. Anche qui, come nel foyer, la pavimentazione è di cemento lucidato, le pareti intonacate e l’arredo in legno. Dalla lounge si procede verso i bagni delle abluzioni attraverso un corridoio che si apre nelle nicchie delle scarpiere. In questi spazi il fedele deve riporre le proprie scarpe e gli indumenti invernali e prendere l’asciugamano per poter svolgere le purificazioni rituali. Prima di entrare nel vero e proprio bagno delle
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legende
funzioni piano primo matroneo laboratorio di restauro lobby terrazzo
funzioni piano terra sala di preghiera koubba portali lobby ufficio
funzioni piano terra vasca esterna lavacri scarpiere lobby servizi
ingressi ingressi grandi occasioni ingresso feriale
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abluzioni il fedele si trova in un disimpegno che, oltre a distribuire ai servizi igenici e alla lavanderia, dove poi riporrà l’asciugamano utilizzato, ha lo scopo di filtrare e smaltire l’affluenza dalle scarpiere. I bagni delle abluzioni sono divisi a seconda del sesso del fedele; i primi sono degli uomini, gli altri delle donne le quali una volta eseguite le pratiche purificatorie possono salire al matroneo direttamente dalla scala che si trova alla fine del corridoio esterno. L’interno dei bagni si presenta come un ambiente vuoto, principalmente libero da arredi; questa spazialità essenziale è condizionata dall’utilizzo che ne viene fatto in quanto la circolazione di un gran numero di fedeli deve risultare il più agevole possibile, senza impedimenti. Rivestite per quasi tre lati da boiseries in legno che integrano anche le porte di ingresso, le due sale si aprono con una vetrata su una corte d’acqua esterna con la quale mantengono un forte rapporto di continuità sia visivamente sia attraverso l’inclusione di una striscia d’acqua all’interno in cui sono affogate le cannelle per l’abluzione dei piedi. Il rapporto con l’acqua è infatti ribadito più volte anche nelle Sure del Corano dove riccorono frequentemente descrizioni di ruscelli di acqua cristallina presenti nel Paradiso. Diciotto sedute in cemento liscio accompagnano il fedele per tutta la lunghezza del bagno appoggiate su una pavimentazione composta dallo stesso materiale ma trattata in modo da risultare antiscivolo. La differenziazione delle due aree pavimentate, una di cemento l’altra in legno, ribadisce la medesima differenziazione di abluzione rituale che il fedele deve compiere prima della preghiera. In corrispondenza del parquet, all’interno di due nicchie illuminate dall’alto, sono disposte dodici cannelle, sei per lato, le cui acque vengono raccolte da lavabi in travertino appoggiati su un basamento ligneo che corre per tutta la lunghezza del bagno. Queste cannelle vengono utilizzate per lavare mani e avambracci. Due lampade a sospensione, della stessa linea di quelle presenti nella sala di preghiera per sottolineare il legame delle due zone della moschea, contribuiscono ad illuminare i bagni
assieme al soffitto di intonaco che riflette i riverberi dell’acqua e ai riververberi stessi.
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ingresso sulla corte d’acqua 124
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pianta piano terra
01_ingresso feriale 02_sala d’attesa 03_ufficio dell’imam 04_area lettura 05_vasca delle ninfee
a
06_koubba 07_ingressi grandi occasioni
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08_sala di preghiera a_mihrâb b_minbar 09_lobby
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07
0 126
10 m
07
b
06
05
04
01
07 02
03
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prospetto sud-est
dettagli
01
Il tappeto che va a comporre modularmente la pavimentazione della sala di preghiera nasce come reinterpretazione della pavimentazione della moschea del complesso del Taj Mahal, in India. Le dimensioni che lo caratterizzano
01_tappeto di preghiera, 1:20
tengono conto principalmente dello spazio di preghiera del fedele e quindi del
02_leggio per il corano, 1:20
ritaglio interno in tessuto. L’area in cui il fedele può compiere le prosternazioni
03_particolare dell’intaglio del
è data da un rettangolo di tappeto in cotone color rosso-bruno di 60x115cm,
leggio, 1:6
la cui sommità termina con un gioco di volute che vanno a chiudersi a spigolo vivo. Una cornice di 3cm di travertino beige avvolge su tre lati il tappeto e termina su una goccia composta dalla stessa pietra e da ardesia. Un ulteriore gioco di riquadrature di 3cm, alternando fascie di tarvertino bianco a fascie di ardesia nera, va a completare l’intera dimensione del modulo-tappeto che raggiunge una dimensione finale di 84x163cm.
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02
03
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sala di preghiera 130
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pianta piano interrato
01_area lettura/attesa 02_corridoio distributivo 03_scarpiere 04_servizi igienici 05_lavanderia 06_bagni per le abluzioni, uomini 07_bagni per le abluzioni, donne 08_vasca d’acqua 09_ripostiglio
08
07
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02
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0 132
10 m
03
03
03
03
03
06 01
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05
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03
03
03
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sezione trasversale
0
libreria scala 1:80
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10 m
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bagni per le abluzioni 136
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01
02
03
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particolare tecnologico pagina accanto
01_copertura strato di protezione all’acqua finitura esterna in cls compresso pannello isolante lamiera grecata struttura in acciaio lamiera grecata finitura interna in cls compresso
02_solaio piano terra pavimento in marmo e tessuto letto di malta serpentine radianti per il riscldamento sottofondo per pavimento in cls soletta portante in c.a. cavedio portaimpianti controsoffitto intonacato
03_solaio piano interrato pavimento in legno di quercia letto di malta massetto in cls alleggerito soletta portante in c.a. cassaforma a perdere in plastica terreno compresso
dettaglio materico del prospetto La maglia strutturale caratterizzante le volte della moschea è costituita da travi d’acciaio curve, con sezione a doppio T, disposte ad interasse costante lungo tutta la profondità della copertura. Le travi che sorreggono le due volte esterne si appoggiano sui setti di calcestruzzo armato che racchiudono l’aula di preghiera e sulle due travi reticolari, disposte al centro della sala, su cui poggia anche la terza volta. Ciascuna trave reticolare presenta due correnti superiori composti da due profili a C accoppiati; il corrente inferiore e i diagonali sono invece realizzati con profili tubolari. Il corrente inferiore, a differenza di quelli superiori ad asse rettilineo, presenta una curvatura allo scopo di contenere l’inflessione nel piano verticale. A loro volta le travi reticolari presentano alle estremità delle piastre collegate a setti in calcestruzzo armato che trasmettono il carico alla fondazione.
0
4,2 m 139
studio geometrico
particolare della qibla
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rappresentazione planimetrica elementare
rappresentazione sapziale di una moschea
di una moschea
come un cubo con sopra una cupola
cellula base che costituisce la spazialitĂ di
evidenziazione dei contorni della cellula
una moschea
base in assonometria
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M INARETO
Procedendo dal Lungarno dei Pioppi in direnzione di Ponte all’Indiano, nel punto in cui la strada diventa Via dell’Argin Grosso, si apre una piazza campeggiata da un’alta torre, il minareto. Lo spazio pavimentato è lasciato volutamente libero per poter svolgrere la sua funzione di piazza di mercati occasionali o tematici; il vuoto che si presenta nei giorni in cui l’area non viene utilizzata è colmato dalla presenza della torre che con i suoi 42 metri sovrasta e caratterizza lo spazio sottostante. Situato all’inizio della scalinata che dalla piazza accompagna al sahan costeggiando il grande giardino terrazzato, il minareto risulta legato strettamente alla moschea come parte di un sistema a terra che li racchiude. Come da tradizione millenaria, la presenza di questo elemento è risultata un’esigenza dettata dalla necessità di richiamare alla preghiera i fedeli. La progettazione del minareto ha preso le mosse dall’etimologia del termine arabo manâr, letteralmente “faro”. Da qui nasce la decisione di aprire delle grosse vetrate sulla sommità del minareto in modo che possa funzionare come un vero e proprio faro, un esplicito segnale di richiamo nelle ore buie. La forma di parallelepipedo è stata mutuata sempre, come per la moschea, dalla tradizione islamica mediterranea. Dimensionalmente il minareto si sviluppa su una pianta di 4 x 7,5 metri elevandosi per un altezza che raggiunge i 42 metri. Tale misura è data dalla somma di quattro moduli, derivati dalla scomposizione del triangolo egiziano della sala di preghiera della moschea, addizionati al basamanto di 4 metri che corre lungo tutto l’argine interno del fiume. Lo stesso motivo a gelosie esagonali della moschea caratterizza due facciate dell’architettura; sul lato rivolto verso la piazza i fori si staccano a 5,4 metri da terra, seguendo la distribuzione della scala interna, per raggiungere il solaio direttamente sotto la vetrata. Le gelosie della faccia rivolta verso l’Isolotto recuperano invece anche tutta l’altezza delle finestrature andando
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ad occupare però soltanto un terzo della porzione muraria disponibile. L’ntera struttura è trattata con la stessa finitura di terra compressa che caratterizza le volte dell’edificio religioso andando a rimarcare ancora una volta lo stretto legame di coesistenza dei due edifici. Sulla sommità la materia viene scavata, per poi essere recuperata in copertura, per lasciare spazio alla grande vetratra angolare che guarda Firenze e le Cascine, vetrata dalla quale verrà annunciata la chiamata alla preghiera sia canoramente, attraverso il canto del muezzin, che cinque volte al giorno chiama alla preghiera i devoti di Allah, sia visivamente illuminando l’intera sommità. Una seconda superficie finestrata si apre sul retro del minareto, quello rivolto verso la moschea, per offrire uno scorcio dell’oggetto di culto. Al minareto si accede dal retro soffermandosi su un piccolo podio dato dal prolungamento del secondo gradino della scalinata che lo costeggia. Attraversando un grosso portale in bronzo che occupa tutta la parte basamentale della facciata, su cui sono incise le sette formule dell’adhân, la vista si apre sulla scala che percorre per tutta l’altezza la cavità della torre. Un delirante gioco di rampe e piani accompagna lo sguardo fino alla sommità. La scala, costituita da profili sagomati di acciao su cui sono incassate pedate fatte di griglie metallice, si appoggia a dei sostegni staccandosi da terra per la prima alzata e da una parete per l’intera profondità dell’ascensore. Questa soluzione tecnologica permette di conferire al corpo scala un carattere di etereità e di far filtrare la luce che entra dalle vetrate il più a fondo possibile. Dalle gelosie entrano tenui bave di luce che rischiarano la superficie scabra dell’interno facendola contrastare con la linearità dei profilati di acciaio. Completata l’ascesa, la sommità si presenta come un’unica spazialità dominata dalla luce che filtra da ogni lato. La stanza, rivestita di legno e vetro, offre la visione dello skyline di Firenze e di tutto il panorama dell’area fiorentina; da qui il muezzin può intonare l’adhân, la chiamata islamica alla preghiera che recita:
-Allah è il Grande -Testimonio che non c’è altro dio all’infuori di Allah -Testimonio che Maometto è il Messaggero di Allah -Affrettatevi alla preghiera -Affrettatevi al benessere -Allah è il Grande -Non c’è altro dio all’infuori di Allah
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sezione ambientale
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0
10 m
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prospetti
01_prospetto nord-est 02_prospetto sud-est 03_prospetto nord-ovest
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10 m
01
02
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01
piante
01_pianta ultimo livello 02_pianta piano tipo
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pianta piano terra
03_minareto 04_negozi
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10 m
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R INGRAZIAMENTI
Al prof. Fabrizio Arrigoni, per la sua sua infinita pazienza. A Milena e alla piccola Leda per averci accompagnato insieme fino alla fine. Ad Alessio Palandri e al prof. Alberto Bove, per i preziosi consigli. A Giulio, Leonardo e Federica, per il sostegno. A Pietro e Vanni. Diego A Federica, per il costante e inestimabile aiuto. Ad Alessandra, Carlo e Andrea. Al piccolo Riccardo. A mio padre e mia madre, il grazie più grande. A Matteo. Matteo A Pietro e Liliana che mi stanno guardando. A mio fratello Giulio, senza il quale non so come avrei potuto andare avanti. A Marco e Brunella, i miei angeli custodi…grazie davvero. Agli amici veri, quelli con la A maiuscola, che mi sono stati vicino. A tutti quelli che ci sono stati e mi hanno accompagnato per parte di questo viaggio e che ora non ci sono più…ma mi pensano sempre. A tutti quelli che ci sono stati e che ora non ci sono più…e non mi pensano più. A Diego.
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FACOLTA’ DI ARCHITETTURA