S. Pasqua 2014
Suore Dimesse Figlie di Maria Immacolata
UMILTÀ L’umile si sente forte solo della sua preghiera di fronte a Dio, che riconosce per sommo e unico bene. Come dice il Salmo 108 “Con Dio noi faremo cose grandi”. E il salmo 119: “Bene per me se sono stato umiliato, perché impari i tuoi decreti”. L’umile vive davanti a Dio, in rendimento di grazie. Di fronte a se stesso non cade nella sfiducia, ma sa apprezzare i doni ricevuti, ne benedice Dio e li mette a servizio degli altri. Di fronte agli altri si pone all’ultimo posto senza pose, senza attirare l’attenzione: si mette al posto della verità. Sa dialogare, si pone con fiducia, si lascia contestare. Il vero umile sa amare coloro che gli sono contro, che lo tradiscono. Sa accettare la sconfitta dagli altri. L’umile cerca l’unità della vita; cerca la verità guardando dentro di sé obiettivamente, totalmente; ama la sua comunità, la sua fraternità. Pone al centro della sua comunità il Cristo.
22-28 giugno in Villa Assunta: Campo ragazze (5a primaria-1a-2a media) 15 maggio in Casa Madre Padova: Veglia vocazionale, ore 20.30 6-12 luglio in Villa Assunta: Campo adolescenti e giovani (3a media – 5a Superiore)
Una sorella
SOMMARIO Le parole di Papa Francesco L’augurio della Madre Le virtù del Fondatore Frugando negli archivi Memoria del Padre Pagani Santi insieme Verso il Capitolo Generale Dall’Italia Dall’Africa Dall’India Dal Brasile Spazio giovani Nella luce del Risorto 2
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A un anno dall’elezione: 13 marzo 2013 BENEDETTO XVI La coscienza è lo spazio interiore dell’ascolto della verità, del bene, dell’ascolto di Dio; è il luogo interiore della mia relazione con Lui, che parla al mio cuore e mi aiuta a discernere, a comprendere la strada che devo percorrere, e una volta presa la decisione, ad andare avanti, a rimanere fedele… Il Papa Benedetto XVI ci ha dato questo grande esempio quando il Signore gli ha fatto capire, nella preghiera, quale era il passo che doveva compiere. Ha seguito, con grande senso di discernimento e coraggio, la sua coscienza, cioè la volontà di Dio che parlava al suo cuore. (30 giugno 2013)
MISERICORDIA Non dimentichiamo questa parola: Dio mai si stanca di perdonarci, mai! “Eh, padre, qual è il problema?”. Eh, il problema è che noi ci stanchiamo, noi non vogliamo, ci stanchiamo di chiedere perdono. Lui mai si stanca di perdonare, ma noi, a volte, ci stanchiamo di chiedere perdono. Non ci stanchiamo mai, non ci stanchiamo mai! Lui è il Padre amoroso che sempre perdona, che ha quel cuore di misericordia per tutti noi. E anche noi impariamo ad essere misericordiosi con tutti. (17 marzo 2013)
TENEREZZA Quando ci accostiamo con tenerezza a coloro che sono bisognosi di cure, portiamo la speranza e il sorriso di Dio nelle contraddizioni del mondo. Quando la dedizione generosa verso gli altri diventa lo stile delle nostre azioni, facciamo spazio al Cuore di Cristo e ne siamo riscaldati, offrendo così il nostro contributo all’avvento del Regno di Dio. (Messaggio per la XXII giornata del malato)
CHIACCHIERE Sono convinto che se ognuno di noi facesse il proposito di evitare le chiacchiere, alla fine diventerebbe santo! … Gesù propone a chi lo segue la perfezione dell’amore: un amore la cui unica misura è di non avere misura, di andare oltre ogni calcolo. L’amore al prossimo è un atteggiamento talmente fondamentale che Gesù arriva ad affermare che il nostro rapporto con Dio non può essere sincero se non vogliamo fare pace con il prossimo.
PERMESSO, SCUSA, GRAZIE Se noi possiamo capire che tutto è dono di Dio, quanta felicità nel nostro cuore! Tutto è suo dono. Lui è la nostra forza! Dire grazie è così facile, eppure così difficile! Quante volte ci diciamo grazie in famiglia? È una delle parole chiave della convivenza. “Permesso”, “scusa”, “grazie”: se in una famiglia si dicono queste tre parole, la famiglia va avanti… Quante volte diciamo “grazie” in famiglia? Quante volte diciamo grazie a chi ci aiuta, ci è vicino, ci accompagna nella vita? Spesso diamo tutto per scontato! E questo avviene anche con Dio. (13 ottobre 2013)
(16 febbraio 2014)
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SERVIZIO È l’esempio del Signore: Lui è il più importante e lava i piedi, perché fra noi quello che è il più alto deve essere al servizio degli altri. E questo è un simbolo, è un segno, no? Lavare i piedi è: “io sono al tuo servizio”. E anche noi, fra noi, non è che dobbiamo lavare i piedi tutti i giorni l’uno all’altro, ma che cosa significa questo? Che dobbiamo aiutarci, l’un l’altro. A volte mi sono arrabbiato con uno, con un’altra … ma… lascia perdere, lascia perdere, e se ti chiede un favore, fallo. Aiutarci l’un l’altro: questo Gesù ci insegna e questo è quello che io faccio, e lo faccio di cuore, perché è mio dovere. Come prete e come vescovo devo essere al vostro servizio. (28 marzo 2013)
PERIFERIE Questa è anche la mia, la tua, la nostra strada: seguire Gesù non solo con la commozione del cuore; ... vuol dire imparare a uscire da noi stessi per andare incontro agli altri, verso le periferie dell’esistenza, muoverci noi per primi verso i nostri fratelli e le nostre sorelle, soprattutto quelli più lontani, quelli che sono dimenticati, quelli che hanno più bisogno di comprensione, di consolazione, di aiuto. C’è tanto bisogno di portare la presenza viva di Gesù misericordioso e ricco di amore! … Seguire, accompagnare Cristo, rimanere con Lui esige un “uscire”. Uscire da se stessi, da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario, dalla tentazione di chiudersi nei propri schemi che finiscono per chiudere l’orizzonte dell’azione creativa di Dio. (27 marzo 2013)
SUORE Pensiamo un po’ cosa succederebbe se non ci fossero le suore negli ospedali, le suore nelle missioni, le suore nelle scuole. Ma pensate una Chiesa senza le suore! Non si può pensare: esse sono questo dono, questo lievito che porta avanti il Popolo di Dio. Sono grandi queste donne che consacrano la loro vita a Dio, che portano avanti il messaggio di Gesù. La Chiesa e il mondo hanno bisogno di questa testimonianza dell’amore e della misericordia di Dio. I
consacrati, i religiosi, le religiose sono la testimonianza che Dio è buono e misericordioso. ... Occorre pregare perché tanti giovani rispondano “sì” al Signore che li chiama a consacrarsi totalmente a Lui per un servizio disinteressato ai fratelli. (2 febbraio 2014)
PACE La pace è il frutto della vittoria dell’amore di Dio sul male, è il frutto del perdono. La vera pace, quella profonda, viene dal fare esperienza della misericordia di Dio. (7 aprile 2013) 4
USCIRE Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. Ripeto qui per tutta la Chiesa ciò che molte volte ho detto ai sacerdoti e laici di Buenos Aires: preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. (Evangelii Gaudium)
GIOIA È la gioia che si vive tra le piccole cose della vita quotidiana, come risposta all’invito affettuoso di Dio nostro Padre: «Figlio, per quanto ti è possibile, tràttati bene… Non privarti di un giorno felice» (Sir 14,11.14). Quanta tenerezza paterna si intuisce dietro queste parole! (Evangelii Gaudium)
VOCAZIONI Dobbiamo pregare perché il cuore dei giovani possa svuotarsi di altri interessi, di altri amori. Perché il loro cuore divenga libero. Ecco la vera, grande preghiera per le vocazioni: “Signore, mandaci suore, mandaci preti; difendili dall’idolatria della vanità, dall’idolatria della superbia, dall’idolatria del potere, dall’idolatria del denaro”. Dunque la nostra preghiera è per preparare questi cuori (3 marzo 2014) per poter seguire da vicino Gesù.
MISSIONE Oggi, in questo “andate” di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo chiamati a questa nuova “uscita” missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo. (Evangelii Gaudium)
“Maria, tu che ricevesti la gioiosa consolazione della Risurrezione, ottienici ora un nuovo ardore di risorti per portare a tutti il Vangelo della Vita che vince la morte; il dono della bellezza che non si spegne mai.” Papa Francesco Evangelii Gaudium
luce di questa Pasqua possiamo N ella tutte riconoscere il Suo sguardo di tenerezza e di amore.
Buona Pasqua! Fraternamente
Madre Giampaola 5
Una virtù oggi particolarmente in crisi
U
Padre fosse così forte e costante nell’impartire le sue massime e dirigere le anime, quando si trattava di se stesso, non si fidava mai del proprio parere e della propria prudenza.
na virtù oggi particolarmente in crisi è la costanzaperseveranza-fedeltà. Padre A. Pagani ha riservato a questa virtù riflessioni di alta spiritualità e di profonda umanità, che rivelano la sua grande conoscenza della persona sempre minacciata dal male del mondo. Nessun cammino di vita di sequela sarà vero e fruttuoso se non è sostenuto da un impegno costante, perseverante e fedele. 1 - A pag. 68 di " “Una vita di conformazione al Signore Crocifisso"si dice: Il Padre Antonio dimostrò in tutte le sue imprese per la gloria di Dio la più costante longanimità specialmente nel fondare le sue Compagnie, per le quali ebbe a patire ogni sorta di tribolazioni da parte degli uomini e da parte del demonio. Il Pagani, grande maestro di spirito, era solito dire ai suoi discepoli che non bastava difendersi dal demonio, ma che bisognava anzi offenderlo; non aspettare la sfida, ma darla soffrendo con coraggio. Molte anime, sotto la sua direzione, con gran contrarietà dell’avversario progredivano nella virtù. -Aspetta un poco e vedrai; quando crederai di aver mietuto il grano, altro non troverai che paglia. Io metterò in essi tale sfiducia, negligenza, disprezzo dei tuoi insegnamenti che essi non si appoggeranno più sulla tua dottrina.Queste minacce non diminuirono il coraggio del buon Padre che, confidando in ogni suo impegno e sacrificio nell’aiuto di Dio, continuava a dedicarsi con tanto maggior impegno alle anime, che avevano bisogno dei suo aiuto. In ogni sua attività prendeva forza dall’orazione: chiedeva al
Signore lume e soccorso. S’impegnava con tale costanza che per quante avversità e insidie incontrasse, egli non desisteva, tanto da stancare gli stessi avversari. La sua costanza però non diventava mai ostinazione, perché aveva ben imparato per studio e per esperienza che il Signore ha i suoi mezzi e tempi, perciò, se gli pareva che venisse meno la particolare assistenza divina, non si lamentava né diminuiva nella speranza e nella fiducia. Come s’impegnava nelle opere grandi, altrettanto faceva in quelle minime, ripetendo spesso ai suoi discepoli, che anche con le piccole cose ben condotte, molto grande è il frutto che si raccoglie per l’anima e il premio che Dio dona; che la trascuratezza nelle piccole cose abitua l’anima a essere poi pigra e negligente in quelle di maggior importanza. Tuttavia, quantunque il buon 6
Dagli Ordini cap. 62 - Della stabilità e perseveranza dei presenti Ordini L’astuto e antico serpente, sperimentato nel male, cerca con inganni e insidie, con diversi mezzi anche spirituali e colorati di bontà, di far deviare le anime dall’impegno intrapreso nella via della virtù. Attraverso l'instabilità e la mutabilità del cammino, fa in modo che esse non possano perseverare, né arrivare alla meta loro assegnata e al fine desiderato, cioè il fine a cui queste anime erano chiamate da Dio, per suo dono. Il demonio, infatti, odia sommamente la perseveranza in ogni opera buona, ama e provoca il cambiamento e la varietà, sapendo, secondo la parola del Salvatore (cfr. Mt 10 e 24), che solo perseverando nel bene si acquista la corona e il premio della gloria immortale e della felicità. Non devono le Sorelle di questa Compagnia mai allontanarsi, né lasciarsi portar fuori dalla strada dei loro Esercizi interiori ed esteriori. Infatti, a volte, senza la conoscenza e l’esercizio interiore, a poco a poco, si cambia in abitudine e tiepidezza, e talora in sola vanità e ipocrisia. Sicché non devono mai allontanarsi dagli insegnamenti ricevuti, né tralasciare la cura e la custodia interiore, né deviare dalla vera strada delle virtù cristiane e dell’imitazione della vita di Gesù Cristo, povero, umiliato e crocifisso. Infatti, se si comportassero diversamente, a poco a poco si tro-
di don Mario Guariento (appunti da un ritiro spirituale) verebbero nella tiepidezza e nella confusione. 2 - Perseveranza, costanza e fedeltà sono tre componenti del medesimo atto del comportamento: scelta, decisione, azione. La persona riconosce ciò che è degno di essere desiderato e compiuto, esprime un giudizio di apprezzamento e a questo sceglie di rimanere fedele, con un vincolo che duri attraverso il tempo e le mutazioni. La fedeltà è la sintesi delle due dimensioni, non come attuazione di una decisione volontaristica, ma come amorosa conferma generata dalla consapevolezza di un bene. Ad esempio, chi ha imparato ad amare posponendo il proprio io, non per umiliarlo né per sacrificarlo, ma per farlo guarire dalla tentazione narcisistica, dunque per liberarlo alla gioia della vita comune - è costante e perseverante nella condivisione anche in passaggi difficili. È disposto a vivere l’autentica compassione, la misericordia, la fiducia, la gioia, l’umiltà di chiedere ospitalità al mistero di valore che l’altro incarna senza dare per scontata e disprezzabile la sua identità. Nessuna delle forze sorgive e rigeneratrici della relazione amorosa con il Signore e della pratica della virtù o dell’impegno di perfezione è intaccata dal fluire del tempo, quando il nostro spirito è abitato e abilitato alla fedeltà e alla costanza. Poco o niente costruiscono le azioni o le scelte estemporanee, fatte sull’onda delle pulsioni immediate. Realizziamo la nostra personalità e la nostra perfezione evangelica attraverso una costante modalità d’essere. L’apertura del “persempre” alla costanza e alla perseveranza proprie dell’amore mostra che la forza di un amore divenuto puro, nonostante le contraddizioni e i fallimenti, è tale da
rendere pieno il presente. Se la fedeltà è virtù essenziale a ogni relazione interpersonale, la perseveranza è la virtù specifica del tempo. I valori, che tutti proclamiamo grandi e assoluti, esistono e prendono forma solo grazie alla costante perseveranza nel cercarli, amarli e viverli. Non esiste valore né virtù senza perseveranza e fedeltà! Oggi, nel nostro tempo frantumato e senza vincoli, queste realtà sono una sfida per l’uomo e, in particolare, per il religioso. La fede non si può limitare a una stagione o a un’ora della vita, ma deve plasmare con costanza e perseveranza l’arco dell’intera esistenza. In questa impresa il cristiano sa che la sua fedeltàcostanza è sostenuta dalla fedeltà di Dio, che nella storia di salvezza è diventata perdono, assunzione della situazione di peccato, di miseria e di morte dell’uomo nell’incarnazione e nell’evento pasquale. La fedeltà di Dio verso l’uomo è diventata responsabilità illimitata nei confronti dell’uomo stesso. I valori della fedeltà e della perseveranza pongono all’uomo la questione ancor più radicale della responsabilità. La fedeltà è sempre fedeltà-costanza a un «tu», a una persona amata o a una causa amata come un «tu»: non ogni fedeltà è pertanto autentica! Anche il rancore, a suo modo, è una forma di fedeltà, ma nello spazio dell’odio. La fedeltà di cui parliamo avviene nell’amore, si accompagna alla gratitudine, comporta la capacità di resistere nelle contraddizioni. Le infedeltà, gli abbandoni, le rotture di impegni assunti, situazioni tutte che spesso incontriamo nel nostro quotidiano, rientrano frequentemente in questa grande malattia che si chiama non-costanza, nonperseveranza, occasionalità. Questo genera stanchezza, tiepidezza
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e mediocrità. È limitante ridurre il problema della fedeltà e della perseveranza alla sola dimensione di una legge da osservare. In gioco vi è sempre il mistero di una persona, non semplicemente un gesto di infedeltà o di inadempienza. Il gesto di rottura va assunto come rivelatore della situazione del cuore. In profondità, l’infedeltà e l’incostanza non sono estranee alla nostra tiepidezza di cuore. Il religioso fedele e costante è colui che ricorda l’agire del Signore; la memoria sempre rinnovata della fedeltà divina può suscitare e sostenere la fedeltà del credente. La prima area nella quale noi viviamo la nostra costante relazione d’amore è quella con Dio. La seconda area della costanza e della fedeltà è quella verso i propri valori, la propria coscienza e la propria vocazione, il proprio progetto di vita. Saremo costanti, se amiamo, anche nel costruire e vivere la fraternità. In questo cammino di costante impegno nella vita dello Spirito abbiamo bisogno di alcune linee di orientamento e di impegno, che divengono forze per riuscire a dare corpo al nostro progetto di santità: •Rafforzare la volontà •Maturare alte motivazioni •Lasciarsi amare e amare intensamente •Contemplare la fedeltà del Signore verso di noi. Gesù è figura della fedeltà di Dio. Egli ha condiviso tutto dell’uomo: la sofferenza, la morte, persino la “prova”, cioè le molte cose dell’esistenza umana che trasformano la presenza di Dio in una prova, oscurandone il volto. Proprio condividendo tutto dell’uomo, in un atteggiamento di radicale fedeltà all’uomo, il Figlio ha vissuto la sua fedeltà «nelle cose che riguardano Dio».
Ha vissuto la fedeltà verticale verso il Padre e la fedeltà discendente o orizzontale verso gli uomini. «Misericordioso e fedele» è il Signore. La fedeltà umana trova dunque la sua ultima radice nella fedeltà dell’amore divino. La costanza fedele e perseverante dona all’uomo la capacità di sfidare il tempo ed è sorretta, nel difficile compito di affrontare la complessità dell’esistenza quotidiana, dalla certezza dell’appoggio incondizionato di Dio che, vincendo ogni limite, garantisce la possibilità di superare la caducità del presente. La vera fedeltà non è ripetitiva, ma creativa. L’uomo è chiamato a realizzare se stesso in un continuo processo di maturazione personale, aprendosi verso gli altri e verso il mondo. Egli è insieme essere e divenire; anzi è essere che diviene, che si sviluppa e cresce. Porta dentro di sé il bisogno di totalità e di eternità; ma è, nello stesso tempo, segnato dalla caducità e dal limite, soggetto a un incessante mutamento. La fedeltà è esigenza di aderire incondizionatamente a se stessi per potersi realizzare, rispondendo alla propria vocazione. In questo senso ogni forma di fedeltà è anzitutto fedeltà a se stessi, mentre nel suo concreto esplicarsi è soggetta alla legge del movimento, che è la legge della vita. La vera fedeltà è capace di rinnovare ogni giorno la propria scelta, di aderirvi in modo sempre nuovo, rispondendo alle esigenze della propria crescita personale e a quelle delle situazioni mutevoli. La persona è un essere di rela-
zione e in relazione; la fedeltà come scelta fondamentale si sviluppa in un confronto con l’alterità: la fedeltà a se stesso non è adesione a un progetto del tutto autoreferenziale, ma implica necessariamente il coinvolgimento degli altri e delle cose. Gli stessi ideali (o valori), cui si dice di voler rimanere fedeli, altro non sono che la via per la corretta promozione delle relazioni interpersonali e per la liberazione del mondo. Diversi sono i livelli sui quali la fedeltà deve attuarsi; tuttavia il livello più alto e la forma più compiuta hanno luogo nell’incontro tra persone, la cui autenticità è commisurata all’amore che sono in grado di esprimere. La spinta alla totale donazione di sé si accompagna al persistere della pulsione egocentrica; dunque è necessario un processo di costante superamento di sé. L’incontro d’amore avviene tra persone che evolvono e mutano e devono perciò modificare il senso e le modalità del loro rapporto per poterlo conservare e sviluppare. La fedeltà non può essere una forma di sterile comportamento istituzionale, dietro il quale ci si trincera per conservarlo. La vera fedeltà è dinamica, si evolve secondo i ritmi di crescita delle persone e dei loro rapporti. In questo modo stabilisce una vera continuità con il passato e con le decisioni precedentemente assunte: una continuità con ciò che deve essere assolutamente conservato, e può esserlo solo nella misura in cui viene reinterpretato e riattualizzato, rispondendo alle domande del momento presente.
3 - Libertà e tempo al servizio della fedeltà L’estrema relatività, che caratterizza l’odierno modo di sentire e di vivere, rende difficile la percezione del valore della fedeltà. Fedeltà significa infatti assunzione di responsabilità a lunga scadenza, significa scelta che è nel contempo limitazione della propria libertà, significa essere immersi nel tempo e nella storia con una tensione verso l’eternità, la trascendenza, l’assoluto. Libertà e tempo sembrano escludere la possibilità della fedeltà. Tra libertà e fedeltà sembra sussistere un irriducibile contrasto: libertà è creazione, novità; fedeltà è invece continuità. Le logiche che presiedono ai due valori appaiono non solo diverse, ma radicalmente alternative. A uno sguardo più approfondito, però, il conflitto appare meno stridente: la libertà non è infatti priva di condizionamenti, riducendosi alla semplice possibilità di scegliere. La libertà è scelta, progetto, capacità di orientare globalmente la vita verso un fine. Ci si realizza solo scegliendo ciò che è in sintonia con la propria vocazione, aderendo a un progetto di vita che va costantemente perseguito. Allora la fedeltà non si oppone alla libertà, ma è la condizione necessaria per il suo pieno sviluppo. Ogni persona si realizza pienamente vivendo con costanza e fedeltà i valori che definiscono la propria identità.
ra semplice e profonda nutrivano i nostri giorni e ci facevano sentire molto bene. In questo contesto, assieme a un Direttore, molto buono, ma anziano, il grande animatore di noi tutti era un nostro insegnante, don Mario Guariento... Quanto leggevamo nelle piccole biografie di don Bosco, noi lo vedevamo in maniera viva nella figura di questo salesiano. Lui, per noi, era tutto. lui per noi era don Bosco. Da lui mi sono sentito attratto come una calamita verso la vita salesiana. Dentro di me c’era un desiderio grande: “Voglio essere come lui, voglio essere come don Bosco”.
Da “IL BOLLETTINO SALESIANO” (intervista a don Adriano Bregolin Vicario del Rettor Maggiore salesiano) Com’è nata la sua vocazione? La mia vocazione ha origini molto semplici. Grazie alle Figlie di Maria Ausiliatrice sono stato indirizzato a un aspirantato salesiano. Una piccola casa nel veronese in un paese di nome Bevilacqua! Non c’erano molti allievi, ma lo spirito di famiglia era vissuto in una forma intensa ed entusiasmante. Un clima di grande gioia, uno studio seguito con serietà e una preghie8
Memorie delle prime Fondatrici delle Dimesse Raccolta di alcune notizie più significative che si è potuto sapere riguardo alla vita di M. Deianira Valmarana: nascita, educazione e principi di vita spirituale. Manoscritto di Terenzia Ghellini Vicenza, 4 settembre 1789 A cura di sr. Sara Gori e sr. Rosalia Miazzo Capitolo 7° della SUA DEVOZIONE Se per il mantenimento della vita corporale sono necessari cibi convenienti seguendo la misura e il tempo, così per mantenere la vita spirituale ci è necessario il conveniente cibo, altrimenti mancherebbe all’anima la vita della grazia. Essendo dunque necessario l’uso dei Sacramenti con buona disposizione, M. Deianira li frequentava con devozione singolare e ne ricevette il frutto inestimabile di varie virtù. Era molto delicata di coscienza e riteneva ogni minimo difetto, come non piccola offesa che si fa alla Divina Maestà; con gran sentimento, perciò, si addolorava ed esaminava con molta diligenza ogni sua minima orazione nel desiderio di offrire l’anima totalmente purificata al suo Creatore. Nelle sue confessioni era alquanto lunga e frequentava il sacramento della Penitenza con particolare devozione. Si cibava spesso del SS. Sacramento, conforme all’uso della Compagnia, esortando anche le altre a farlo. Non lasciava mai l’orazione comune, se non impedita da qualche urgente necessità a causa del governo della Compagnia. Particolarmente la sera voleva essere con le altre ai santi esercizi comuni, perché la mattina non poteva, per le sue indisposizioni, perciò quando riusciva a interrompere le sue occupazioni, si prostrava in orazione o nella propria stanza, o nell’Oratorio dei Santi esercizi della Casa di san Rocco. Il suo posto abituale era nell’angolo dalla parte della scala dietro l’ufficio. Stava con tanta devozione che
infondeva coraggio anche alle altre che si trovassero aride e senza devozione: stava con le mani in croce sopra il petto come si vede nel suo ritratto. Portava grandissima devozione alla SS. Vergine, Signora e Protettrice nostra. Per l’ufficio di Superiora era spesso interrotta, con sua mortificazione, dagli esercizi spirituali; tuttavia nei giorni dedicati alla SS. Vergine o al sabato faceva ogni sforzo per togliersi da tutti gli impegni per esser presente con le altre all’ufficio e a cantar le litanie che non lasciava mai se non per causa di male o altra importante necessità. Con particolare affetto, sollecita a non lasciare le lodi della Beata Vergine, posponendo ogni altro impegno o comodità, si recava ad ascoltare le prediche nei giorni a Lei consacrati nonostante non potesse essere così sollecita per la debolezza sua naturale. Non fu vana in M. Deianira la sua devozione, anzi il Signore le fece conoscere quanto possa una vera confidenza accompagnata da devoto e sincero affetto di cuore verso la Maestà Divina. Quando si trovò in gravi difficoltà, M. Deianira fu soccorsa quasi miracolosamente, come si può vedere nei due episodi seguenti. Si trovava a Venezia in Casa Domenicana, per le sue già citate 9
infermità, presso la M. R. madre Caterina Contarini religiosa del Terz’Ordine di san Domenico insieme a M. Lucrezia, sorella della medesima. Un giorno M. Deianira doveva recarsi a Murano per visitare alcune sorelle inferme della Compagnia. Si misero in viaggio anche se c’era un po’ cattivo tempo, infatti il nocchiere diceva che si poteva andare senza pericolo. Quando furono lontani dal Lido, aumentò la bufera ed erano in grande pericolo di naufragare. Allora M. Deianira, vedendosi nell’imminente pericolo, piena di santa fiducia, buttò nell’acqua un’immagine del P. Pagani, che per devozione portava addosso; immediatamente cessò la burrasca e così felicemente giunsero al termine del loro viaggio. Tale fatto fu stimato miracoloso e in questo avvenimento M. Deianira comprese quanto sia valida una perfetta confidenza in Dio. Un’altra volta si trovava a Murano il giorno della commemorazione dei fedeli defunti, per i quali con devozione pregava la Divina Maestà; camminando in fretta per sbrigare un certo affare, cadde giù per una scala, con grande pericolo di vita e credeva di morire, ma alla fine della scala si sentì quasi sostenere da due mani in modo che con gran meraviglia sua e degli altri restò incolume senza alcuna ferita. Lei attribuì questa grazia alle preghiere che lei sempre faceva per le anime benedette dei defunti, con la certezza di essere soccorsa nelle necessità. In riconoscenza ordinò che ogni anno in quel giorno tutte le sorelle recitassero il Vespro dei defunti.
S. Pancrazio, 4 gennaio 2014— Omelia di mons. F. Gasparini perfezione. Anzitutto bisogna che chi desidera progredire cerchi, per quanto può con la grazia divina, di stare unito in se stesso, di vivere nella pace dell’anima, liberandosi da tutte le cose che possono turbarla. A ciò si giunge facilmente se, con la grazia di Dio e con 1’uso dei sacramenti, si cercherà di evitare anche le mancanze più lievi. È necessario conservarsi liberi da qualsiasi affetto disordinato delle creature e da ogni amore terreno per poter elevare la mente a Dio, accogliere con fiducia le divine ispirazioni ed essere dediti al solo e sommo Tesoro, principio e fine di ogni essere e di ogni felicità.” Padre Antonio, che rifletteva nella sua vita questa luce solare del Signore, si è impegnato costantemente a convertire le persone, a riportarle alla luce del Signore e in questo ci è di straordinario esempio. Aiutare le persone a rimanere fedeli alla scelta di fede e alla luce di Cristo è una priorità di un consacrato e di una consacrata, anche se talvolta questo può causare qualche sofferenza. Giovanni il Battista fa capire ai suoi discepoli qual è la strada giusta da percorrere: seguire l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo! L’impegno di padre Pagani per la conversione delle persone lo portò perfino a subire accuse e calunnie, ma egli rispondeva con chiarezza, ricordando che l’opera per convertire la gente è fondamentale: “Quanto è avvenuto di buono in questa città (Vicenza), dopo che ci sono entrato, non è opera mia: è opera di Dio. Egli saprà conservare quanto avrà fatto, se tali saranno i disegni di sua Misericordia: e dove mancherà il mio fiato e la mia voce, aprirà lo Spirito Santo bocche della mia più de-
TOGLIERE IL PECCATO DALLA NOSTRA VITA
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an Giovanni nella sua prima lettera ci invita a essere vigilanti, a non farci ingannare da nessuno, perché il nostro obiettivo, l’orizzonte della nostra vita deve essere sempre Gesù Cristo e con Lui e in Lui, il bene, la verità, la giustizia. La Parola di Dio ci illumina e ci sprona a essere figli della Luce. “Venne la luce vera, ma i suoi non l’hanno accolta” ci ricorda nel prologo san Giovanni. L’invito è a non farci ingannare dallo spirito del male, che fa vedere addirittura le tenebre come fossero luce, facendo distogliere il nostro cuore, la nostra vita e il nostro impegno dall’avere lo sguardo fisso sul Signore Gesù, autore e perfezionatore di ogni bene. Gesù si è offerto come luce del mondo, luce per la nostra anima, ma tante volte noi ci sottraiamo a questa luce, pensando che possiamo agire da soli, senza nessun riferimento al Signore. Giovanni ci mette in guardia e ci ricorda che “Chiunque è stato generato da Dio non commette peccato, perché un germe divino rimane in lui e non può peccare, perché è stato generato da Dio. In questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo”. Siamo invitate quindi a mettere tutto il nostro impegno per non peccare, per non distogliere i nostri occhi dalla luce del Signore Gesù, per rimanere in grazia di Dio. Nella “Tromba della Militia Christiana”, parlando del cammino di perfezione, p. A. Pagani mette al primo punto proprio quello di liberarsi dal peccato: “C’è un altro modo eccellente per arrivare alla
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sù, abitare ogni giorno con lui. È la scelta del cuore di avere un unico amore, straordinario e inimitabile per la nostra vita. Padre Pagani scriveva a Deianira Valmarana: “Mantenete l’animo umile, spoglio di se stesso e continuamente donato e consacrato al puro beneplacito di Gesù. Tendete alla confidenza piena e perfetta nel suo immenso amore, e con pace e fiducia mettete la vostra mente e il vostro cuore nel suo cuore, e non allontanatevi mai di là. Purificate ogni colpa e imperfezione con il fuoco del suo amore, con la conformità alla sua vita e con il desiderio del suo patire in voi stesse. E alle Dimesse nel Natale 1579 scriveva ancora: “Gesù Bambino: pregatelo, accarezzatelo, stringetelo, tenetelo, non lasciatelo partire dai vostri cuori, dal vostro pensiero, dalla vostra conversazione, perché è tutto vostro: ha dato la sua vita per la vostra e ha stimato di più il vostro bene che il suo male.” Nella Tromba della Militia Christiana padre Antonio formulava questo atteggiamento di dimorare in Gesù con “un cuore indiviso”, scrivendo: “Quindi se tu desideri conseguire la vera perfezione delle divine virtù, liberati senza alcun timore, di dentro e di fuori, da tutte le cose temporali; donati spesso e conservati sincera, fedele e sola per quel solo unico Bene che ti ha già eletto per sé e che anche da te è stato eletto. Fa’ tutto ciò per essere vera sposa di colui che è Signore dell’universo. Perciò, amando e aspettando il tuo solo sposo, che è l’autore di ogni creatura, attendi a questa sola cosa, affinché egli possa sempre trovare il tuo cuore totalmente libero e desideroso della sua venuta.” Per aiutare l’atteggiamento di dimorare in Gesù, suggeriva ai fedeli alcune preghiere: «Io propongo oggi che ho da te la vita, Signore mio fedelissimo, di ricordarmi molte volte di te, mio sommo e unico bene, che mi ami e mi custodisci». «Dolce mio Gesù e unica vita mia, ricevi l’anima e lo spirito mio in te, in modo che sia uno stesso spirito. Attira e trasforma in Te tutto il mio cuore. Io in Te e Tu in me, fa’ che siamo uno». (Specchio dei fedeli, I,20). Scriveva ancora che non si deve mettere limite al cammino spirituale e che non è presuntuoso il desiderio della perfezione cristiana: «Non c’è presunzione, anzitutto perché, mentre si desidera tale perfezione, si vuole anche obbedire e conformarsi alla volontà di Dio, il quale a tale perfezione molte volte ci ha chiamato, così nell’antico come nel nuovo Testamento (Es 22; Lv11.19; Mt5; Fil3; 1Cor1-12; 2Cor13; Ef6; Eb4). Inoltre, mentre si desidera tale perfezione, si desidera con essa anche la perfezione dell’umiltà e della carità, che sono le principali virtù, le quali non fanno insuperbire gli uomini, per voler essere superiori agli altri, ma al contrario fanno loro de-
gne: scioglierà lingue della mia più felici e la sua Sapienza confonderà l’arte dei suoi nemici. Basta raccomandare a Lui la mia causa, senza far altra opposizione ai malevoli i quali, mentre sembra che m’offendano, mi fanno un grande onore, mettendomi nel numero dei seguaci di Gesù; che a similitudine di lui patirono umilmente, pazientemente e con allegrezza. Se tanto Iddio permette di me e mi vuol dare questa Croce, bisogna prenderla sulle spalle, e portarla, con rassegnazione dietro a Cristo, immaginando d’andare al Calvario a morire con lui fra gli obbrobri”. Padre Antonio ci ricorda che dobbiamo sempre riconoscerci peccatori e invocare la misericordia di Dio: ecco che cosa significa essere vigilanti, attenti a non lasciarci travolgere o confondere dal peccato. Negli ultimi momenti della sua vita padre Pagani confessandosi dal padre Filippo da Schio gli disse con voce bassa, che appena si udiva: “De commissis, de omissis, de occultis dico mea culpa. Peccavi: Domine miserere mei”. (Chiedo perdono dei peccati commessi, delle omissioni e di quelli nascosti. Ho peccato, Signore, abbi pietà di me!) E dopo l’assoluzione per tre volte disse: “Gesù mio, Gesù mio, Gesù mio”. Straordinario sentimento di un uomo che viveva per il Signore, divenuto vita della sua stessa vita. Se Giovanni indicava ai suoi discepoli chi era l’Agnello di Dio, allo stesso modo padre Pagani esortava i suoi fedeli a fissare lo sguardo su Gesù Maestro con queste parole: «Gesù sia sempre il tuo consigliere, il tuo maestro, la tua regola. Medita spesso nel tuo cuore la sua vita e il suo insegnamento, cerca di imitarlo con tutte le tue forze. Orienta tutta la tua esistenza secondo il suo esempio in modo che Gesù sia la tua vita, la tua conversazione, la tua scienza, la tua guida, il tuo desiderio, la tua gioia, ogni tua attesa in questa e nell’altra vita». (Specchio dei fedeli, IV,51)
DIMORARE CON GESÙ abbì - che, tradotto, significa maestro -, «R dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio Dimorare con Gesù, stare con lui, andare con lui, vedere quello che fa e opera nella nostra vita. È fondamentale questo “dimorare con Gesù”, restare con lui, in silenzio, nella pace della preghiera, quando il cuore è in tumulto e quando la gioia prorompe da tutti i pori. Dimorare con lui quando le scelte della vita diventano importanti (e quante volte ci sono queste scelte nella vita!), e quei momenti segnano la nostra vita, li ricordiamo con attenzione e con precisione … sono quelle “quattro” del pomeriggio della nostra vita che non dimentichiamo. Dimorare con Gesù, stare con Ge11
da padre Antonio cambiarono radicalmente la loro vita e aderirono totalmente a Cristo, fuggendo addirittura il mondo e i luoghi precedentemente frequentati, per restare in quella Compagnia della Santa Croce che ora sembra trovare una continuità meravigliosa nella Fraternità Laicale. Quante persone il nostro venerabile Padre ha condotto a Gesù, come Andrea nel Vangelo. Dietro la sua regola anche voi vi siete incamminate su questa strada per incontrare il Salvatore della nostra vita. L’atteggiamento con il quale dobbiamo accostare gli altri, per condurli a Cristo, ci è ancora ricordato da padre Antonio: “Il cristiano, che vuole vivere e crescere nella grazia, sia anzitutto modesto nel parlare; non umili mai, né accusi gli altri, ma li scusi e abbassi e accusi se stesso, tenendo sempre presente l’onore di Dio e l’utilità del prossimo. Quindi s’impegni a giudicare ciascuno secondo la carità, non secondo l’apparenza o il giudizio mondano. Interpreti ogni cosa nel modo migliore; di fronte al male, anche se lo vede chiaramente, abbia compassione verso chi lo commette, scusandolo con carità e pregando Dio che lo faccia diventare occasione di bene; procuri, se può, di correggere nel modo giusto.” (Tromba della Militia Christiana). Portiamo gli altri a Cristo, perché è Gesù il centro della nostra vita; abbiamo una spiritualità fortemente cristocentrica, così possiamo indirizzare esattamente all’Agnello di Dio, a quel Gesù cui abbiamo donato la nostra vita e i nostri giorni. Concludo con una citazione del padre che prendo dal suo Alfabeto della perfezione cristiana: “Eleggi per tuo grande tesoro l’esempio della vita e della morte di Cristo, la sua vera povertà di spirito, l’umiltà, la pazienza, la semplicità…Su tale esempio esamina e regola sempre ogni tua azione, così non ti turberai facilmente, né mormorerai. Perché è grande dono di Dio essere povero di tutte le cose di questo mondo per Cristo.”
siderare di essere sempre umili, umiliati e inferiori a tutti, e servi volontari di tutti gli altri (Mt20; Mc9,10; Lc14). Chi cerca questa perfezione fa di tutto per imitare la vita del Salvatore nostro Gesù Cristo crocifisso e dei suoi cari amici, i Santi, che furono sempre umili e mansueti (Gen18; 1Cor15; 1Tm1). Infine, chi si propone un serio cammino spirituale non si ripromette di farlo fidandosi delle proprie forze, ma confida nell’aiuto di Gesù Cristo, che a questo lo chiama e lo esorta (Cor1; Ef3; Fil3) e che rinnova la forza di chi spera in Lui. (Tesoro dell’Umana Salvezza p. 169-171)
RENDERE TESTIMONIANZA A DIO
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rendo l’ultima sottolineatura dall’atteggiamento di Andrea, fratello di Simon Pietro: “Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù.” L’unione profonda con Gesù, dimorare in Lui, non può essere solo un tesoro personale. Questa ricchezza dobbiamo comunicarla e farla gustare a tutti. È la missione che invita anche noi ad andare tra le persone e dire “Abbiamo trovato il Salvatore, l’Amico della nostra vita, la Speranza della vita eterna”. Così diventa indispensabile mettersi nell’apostolato e “condurre le persone a Gesù”, esattamente come Andrea ha fatto con Pietro. Penso così alle prime Dimesse che conducevano una vita comunitaria fraterna, radicata nella preghiera e nell’unione con Gesù Crocifisso; ma nello stesso tempo insegnavano il catechismo nelle parrocchie, visitavano le inferme negli ospedali, accoglievano giovani donne nella propria casa per incontri di formazione e di preghiera; uscivano anche dalla loro città per portare ovunque la Verità e l’Amore di Dio, secondo le indicazioni del Concilio di Trento e il motto “fare il bene”. Oltre a questo, ricevevano fanciulle d’onesto stato per educarle e alcune di esse si fermavano poi tra loro. Penso a quanti uomini, molti nobili, che accostati
Mani aperte … Eppure c’è ancora tanto bene intorno a noi! Ma non lo vediamo, perché storditi più dalla confusione di tante voci che annunciano sventure, che ammirati dal silenzio di chi mette in atto il tuo comandamento d’amore. Sono mani giunte che innalzano preghiere per chi non sa pregare; sono mani che sostengono chi è caduto;
sono mani aperte all’accoglienza di chi è rifiutato dalla società; sono mani che asciugano lacrime di disperazione; sono mani che curano ferite procurate dall’odio e dall’indifferenza; sono mani che accarezzano volti di bambini soli… In queste mani, o Signore, c’è il tuo AMORE offerto all’umanità ferita. Sorelle di Trieste, marzo 2014
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Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II 27 aprile 2014
Che grazia grande é questa di restare sempre al servizio di Dio dopo tanti e tanti anni, e di sentirmi sempre pronto a partire! Che bellezza e che gioia quando verrà la chiamata! Tornare a Lui e goderne per sempre Giovanni XXIII la compagnia.
Rinnovo davanti a Cristo l'offerta della mia disponibilità a servire la Chiesa quanto a lungo Egli vorrà. Lascio a Lui la decisione su come e quando vorrà sollevarmi da questo servizio. … Ora lasciatemi tornare alla casa Giovanni Paolo II del Padre!
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requentavo la scuola media quando morì il Papa Buono; di lui allora sapevo poco, ma alcune cose le ricordo bene. Con grande coraggio, perché ormai era anziano, aveva dato inizio a un fatto straordinario: il Concilio. Umile e semplice, di origini “nostrane”, era pieno di amore e di tenerezza verso la gente, specie verso i piccoli:- Date un bacio ai vostri bambini, dite che è il bacio del Papa. Credo sia questa grande umanità che lo avvicina all’altro indimenticabile pontefice, Giovanni Paolo II, eletto circa vent’anni dopo. Non erano i loro profondi discorsi teologici ad attirare credenti e non credenti, ma la bontà, l’amore, l’attenzione nei riguardi di ogni persona, la capacità di favorire pace, relazioni e rapporti di unità con tutti. Entrambi hanno saputo tradurre la loro profonda esperienza di Dio e il loro servizio alla Verità e alla Chiesa in un modo così nuovo e originale, così evangelico da lasciare stupito il mondo. Dopo secoli di storia, il Papa si ergeva ancora come un faro di luce libero e luminoso per indicare in modo chiaro, semplice e inconfondibile le vie del Signore. Ancora adolescente, mentre nutrivo la mia spiritualità leggendo e meditando “Il giornale dell’anima” di Papa Giovanni XXIII, sentivo una forte simpatia per questo “piccolo-grande uomo”, innamorato di Gesù e fedele alla volontà di Dio. Quando poi Giovanni Paolo II “l’uomo venuto da
lontano” si è presentato a tutti noi con la sua disarmante spontaneità: “Se sbaglio, mi corrigerete”, non ho più smesso di ringraziare Dio di avercelo donato. Le vicende del suo lungo pontificato confermano il bene che egli ha fatto anche a tutta l’umanità con: i suoi viaggi in molte parti del mondo, le sue parole di speranza e di incrollabile fiducia nella vita, il gesto di perdono verso il suo aggressore, il coraggio di affrontare con dignità la malattia e il decadimento fisico… Io credo che soprattutto i giovani abbiano visto in lui la roccia solida che la Chiesa di Pietro rappresenta. Quali “sentinelle del mattino”, lo seguivano a ogni Giornata della Gioventù, assimilando il suo esempio e i suoi insegnamenti, imparando che è bello vivere con Dio e per Dio e che insieme a Lui acquistano senso e valore la vita, le gioie e i dolori di ogni esistenza. Sono riconoscente al Signore di vivere in questo particolare momento storico della Chiesa, e anche emozionata al pensiero che il 27 aprile prossimo siano canonizzati due santi che anch’io ho conosciuto da vivi. È eccezionale e meraviglioso vedere come la Chiesa, anche nella persona di Papa Francesco, ci richiama la presenza viva di Gesù: Dio è con noi, ci abbraccia con la sua misericordia, ci guida non tanto con i miracoli dei suoi santi, bensì con il bene che questi “amici di Dio” sanno diffondere nel cuore dei credenti, nel mondo, in ogni uomo. Sr. Eliana 13
“Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi”
UNITE IN CRISTO
(Gv 13,15)
G ESÙ PER SERVIRE DONANDOCI AI FRATELLI
VERSO IL 10° CAPITOLO GENERALE (Villa Assunta, 11-- 19 agosto 2014) S P U N T I D I RI FL E S S I O N E (DON MARIO GUARIENTO)
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’Esortazione apostolica “Vita consecrata” affida ai Capitoli generali, oltre al compito di eleggere i superiori e le superiore, anche quello, non meno delicato, di discernere alla luce dello Spirito le modalità adeguate per custodire e rendere attuale il proprio Carisma e il proprio patrimonio spirituale. Si tratta di un compito di grande responsabilità, soprattutto se vissuto in un contesto di amorosa ricerca di attualizzare nell’oggi la ricchezza della spiritualità esigente, ma anche molto affascinante, del ven. P. Pagani. Non è facile esercitare questa custodia e attualizzazione del carisma se tutte le sorelle non si impegnano ad accogliere con responsabilità e generosa partecipazione gli orientamenti del Capitolo. È facile la tentazione di partire dall’alto, fermarsi a costruire documenti che poi non fermentano la quotidianità della vita vis-
suta nel Signore e per il Signore, nella radicalità evangelica.
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i deve partire dal basso, dove sta la persona con le sue attese, con il suo sincero e generoso impegno d’una vita vissuta secondo lo spirito di P. Pagani. La persona con i suoi no e i suoi sì ha la capacità di annullare tutto o di fare dei documenti un’esperienza di vita affascinante, evangelica e fedele. In questo Capitolo non sono coinvolte solo le capitolari, ma tutte si devono sentire partecipi, vive, attente e aperte all’accoglienza di quanto lo Spirito genererà anche in mezzo alle impurità delle intenzioni. Il Capitolo non deve lasciarsi distrarre dalla molteplicità delle attese e dei progetti. Se avesse la preoccupazione di essere più efficace nell’apostolato e di avere più vocazioni, più presenza di comunità, credo che si disperde-
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rebbe in finalità marginali.
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l vostro Istituto ha un patrimonio invidiabile, immenso, ricco di contenuti per una vita spirituale, contemplativa e mistica. Avete una vita liturgica molto curata. Avete le Regole, che sono un patrimonio preziosissimo di grande stimolo per vivere la vostra vita consacrata. Avete la ”Fraternità” viva, ricca di prospettive e con un buono spirito: un tesoro per la sua capacità di generare vite nuove tra gente semplice. Questo, sorelle care, dovete apprezzarlo, amarlo, essere convinte della bellezza e della preziosità di questo tesoro.
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el vostro Capitolo è contemplata anche l’elezione della Madre: vuol dire che dovete pensare quale sorella, alla luce delle attese della Chiesa e per rendere ancora più vivo e vissuto il carisma, vi aiuterà a realizzare maggiormente la salvezza, ossia
una vita consacrata da figlie di P. Pagani. Non saranno i documenti, né la Madre eletta, ma sarà quanto l’Istituto, le singole sorelle saranno capaci di attuare nella loro vita quotidiana, quanto sapranno realizzare, anche con sacrificio, nell’oggi della vita secondo l’insegnamento di P. Pagani.
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ertanto nel Capitolo, momento molto importante e abitato dallo Spirito, la Congregazione si gioca e si impegna per coniugare tutto ciò con due grandi realtà: il mondo e la Chiesa. Il Capitolo dovrà discernere quali strutture sono necessarie per realizzare una vita consacrata autentica, come la vuole la spiritualità di P. Pagani, come la vogliono i testi costituzionali, la vita liturgica, la fraternità, la presenza nella Chiesa di questo vostro Carisma.
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ue fattori sono molto importanti: la comunità e la persona. La comunità è compo-
1615 1615--2015: 400 anni di presenza delle Suore Dimesse a Padova
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sta dalle persone: il Capitolo deve interpellare, interpretare e coinvolgere ogni persona. È importante prepararsi al Capitolo con un cuore deciso: “Noi come comunità, come sorelle, ovunque ci troveremo, vivremo quanto il Capitolo ci indicherà come via alla nostra santificazione e ci offrirà come mezzo per vivere il Carisma.” Due dovranno essere gli ambiti del vostro generoso impegno: 1. La vita spirituale 2. La formazione.
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a comunità sarà chiamata a convertirsi alla vita spirituale secondo il Carisma, cioè alla carità, alla comunione con Cristo, alla Verità, a vivere cioè quella dimensione di salvezza che vuol dire comunione d’amore con il Signore. Già oggi bisogna cominciare a pensare: “Io potrò rendere nullo o efficace il Capitolo, io potrò aiutare la comunità a rendere il Capitolo uno strumento di grazia, di santi-
ficazione”. Il Capitolo dovrà avere il coraggio di dirvi con autorevolezza che cosa dovete fare per incarnare il carisma, per vivere l’identità di consacrate. Dovrà indicare le vie per attuare le attese, le speranze di P. Pagani, ma anche di Dio e della Chiesa.
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l Capitolo è un vero evento di salvezza! È lo Spirito Santo: fermento di vita, memoriale che ci ricorda quello che dobbiamo essere, che dobbiamo incarnare alla luce di Cristo Crocifisso, cioè la via della Carità vissuta, della Verità nella Carità, la via per vivere l’amore, la misericordia, l’umiltà paziente, la donazione fino al silenzioso sacrificio del nostro io. Il Capitolo indicherà strade strette, ma luminose e mete affascinanti. Disponetevi a spostare idee e progetti personali per costruire la comunità, perché davanti al mondo questa vita consacrata sia credibile e testimoniante.
UN ANNO per rendere grazie
on è facile comprendere il valore del tempo che passa: sembra sottrarci la possibilità di concludere quanto avevamo progettato, sembra caricarci di fatica per tutto quello che è ancora da svolgere. La memoria di chi ha condiviso questa nostra esperienza umana, di chi ha condensato esistenza e sapienza e umilmente l’ha lasciata in eredità ci aiuta a recuperare il senso del cammino compiuto. Il 25 maggio 2015 la fondazione della Casa di Padova compirà 400 anni: la chiamiamo Casa Madre, come a dire che qui per la maggior parte di noi sono state poste le radici, è stato possibile attingere ai capisaldi della vita religiosa: preghiera, fraternità, servizio. La vita ha portato, poi, parecchie Sorelle a testimoniare la propria scelta del Signore come il tutto dell’esistenza più o meno lonta-
no, ma il legame è rimasto forte, proprio perché non era attaccato a una costruzione, bensì all’essere Comunità. È di questo che vogliamo far memoria con le iniziative che saranno proposte a partire da quella data. Ci farebbe piacere recuperare il valore storico della nostra presenza nel territorio cittadino, ma anche quello educativo che il nostro servizio ha potuto offrire a chi ha frequentato il Collegio Dimesse. Vorremmo sicuramente approfondire la conoscenza di Madre Maria Alberghetti, ma con lei alimentare la nostra gratitudine per tutte le Sorelle che ci hanno precedute: e in questo modo riconoscere che il Carisma di padre Antonio Pagani, per dono del Signore, ha rivitalizzato continuamente la nostra vita e quella di chi ha condiviso il nostro cammino. È nostro desiderio anche indi15
viduare una scelta di carità che rimanga come dono della nostra presenza e del nostro servizio. Le iniziative concrete sono ancora in cantiere, ma Madre Giampaola e il Consiglio hanno incaricato a tal fine una piccola Commissione che poi si allargherà coinvolgendo Sorelle e altre persone, a seconda dell’ambito previsto. La Commissione è formata da sr. Donata Corrà, sr. Marilena Bazza, sr. Cristiana Balbo e la sottoscritta; ma fin da ora siamo tutte disponibili ad accogliere idee e suggerimenti – nonché collaborazione – perché i festeggiamenti ci facciano crescere nella fraternità, nella consapevolezza del dono ricevuto e nella gioia. Sr. Lorella
l Cardinale PIETRO PAROLIN, nato a Schiavon (Vicenza), ordinato sacerdote nel 1980, ha servito a lungo la Chiesa come diplomatico della Santa Sede: dall’86 in Nigeria e Messico, poi presso la sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, dove dal 2002 è stato sottosegretario, prima di essere nominato nel 2009 nunzio in Venezuela. Da lì papa France-
sco lo ha richiamato in Vaticano per nominarlo Segretario di Stato. Noi sorelle della comunità di “Casa Mater Ecclesiae” di Molvena abbiamo con lui una lunga amicizia, nata da quando, anni fa, è stata ospite tra noi una sua carissima zia e successivamente, per qualche periodo di riposo, la sua mamma. Con lei tuttora con-
tinua il nostro rapporto affettuoso e premuroso data la sua longeva età. Più volte sr. Rosa con altre sorelle si sono recate in Vaticano invitate da mons. Pietro Parolin. Per la sua elezione a Cardinale di Santa Romana Chiesa ci è stata graditissima sorpresa l’invito di partecipazione. In rappresentanza di tutte noi sono partite sr. Rosalia e sr. Ippolita, insieme alla numerosa comitiva di Schiavon, per essere presenti alla solenne creazione dei nuovi Cardinali, il pomeriggio del 22 febbraio c.a. nella Basilica di san Pietro gremita di familiari, amici e fedeli. Successivamente lo hanno salutato personalmente durante il breve rinfresco offerto in un aula del Palazzo Apostolico alla fine della cerimonia, rinsaldando così i sentimenti di filiale devozione. Sorelle di Molvena
Di don Gabriele Pipinato Mi sembra di avere vissuto più cambiamenti in questo ultimo anno della mia vita che in tutti quelli precedenti. Quello che faccio adesso è per me talmente nuovo e i miei primi passi sono così incerti, che finirò per moltiplicare le brutte figure. Tuttavia mi godo questa inadeguatezza che mi costringe a chiedere aiuto e contare sulla collaborazione di tanti nuovi amici che hanno compassione di me... “È bene per voi che io me ne vada”. Disse Gesù ai suoi amici dopo tre anni che era con loro; io non sono riuscito a dirlo ai miei amici nemmeno dopo venti anni che ero in Kenya. Eppure, per quanto possa sembrare crudele, è bene andarsene: ne sono convinto. È stato un bene lasciare le persone che ho tanto amato al Saint Martin: quel distacco così difficile creerà spazi nuovi per crescere e perfino l’opportunità di rinascere per tutti. Anche per me. All’inizio del suo Vangelo, Gesù dice che “bisogna rinascere”. Per quanto mi riguarda, quello che mi manca non è il desiderio di rinascere, ma la pazienza che domanda. La pazienza di ricominciare, di ritornare bambini e di chiedere tante volte il “perché” di ogni cosa. Chissà quanta pazienza avrà dovuto portare anche Gesù per lasciare casa sua, venire ad abitare questa nostra terra e imparare
“La gioia è un segno che il Vangelo è stato annunciato e sta dando frutto. Ma ha sempre la dinamica dell’esodo e del dono, dell’uscire da sé, del camminare e del seminare sempre di nuovo, sempre oltre. Il Signore dice: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!» (Mc 1,38). Quando la semente è stata seminata in un luogo, non si trattiene più là per spiegare meglio o per fare segni ulteriori, bensì lo Spirito lo conduce a partire verso altri villaggi.” (Evangelii Gaudium) n questa ottica si pone il programma del VeI scovo di Padova Antonio Mattiazzo, che sta richiamando a Padova i sacerdoti Fidei Donum che hanno lavorato nella diocesi di Nyahururu (Kenya), dopo aver constatato che la comunità cristiana locale è matura per proseguire in autonomia. Così abbiamo salutato con gioia due missionari appena tornati, don Gabriele Pipinato e don Raffaele Coccato. Stralciamo parte del loro messaggio natalizio.
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a “farsi uomo”. Da bambino si era perduto nel tempio, trattenuto dal ricordo di suo Padre e dalla nostalgia di casa: “devo occuparmi delle cose di mio Padre.” Una nostalgia la sua, che non era malinconia e rimpianto, ma tornare alla sorgente per attingere forza. In questi mesi, molti hanno chiesto anche a me se ho nostalgia del Kenya e della gente che ho amato per vent’anni. Sì, certo che ne ho, ma confesso che mi piacerebbe vivere questa nostalgia come una sorgente a cui attingere forza, piuttosto che un rifugio per la mia tristezza. Vorrei riandare alla mia sorgente solo per attingere riconoscenza per quanto ho vissuto e gratitudine per chi ho incontrato, per poi tornare rigenerato alla mia vita di ogni giorno. lo me lo immagino il piccolo Gesù che lascia il tempio rigenerato dalla sua nostalgia. Me lo immagino che se ne torna a casa dicendo tra sé: “Se mio Padre ha così tanto amato il mondo da mandare suo figlio, anch’io amerò così tanto questa terra da trasformarla in una terra santa.” Prego il bambino Gesù di essere anch’io rigenerato dalla mia nostalgia, per imparare ad amare questa terra dove cammino ogni giorno, amarla così tanto da riuscire a trasformarla per me in una terra santa. Per questo, da quando sono tornato, il Salmo 16 è diventato la mia preghiera: “Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi, la mia eredità è magnifica.” Per ora, questa è una preghiera che ho imparato a memoria solo con la mente. Per farla imparare anche al mio cuore ho bisogno di maestri esperti che mi possano guidare a questa verità. Si tratta di maestri che non si trovano tra i grandi, ma solo tra i piccoli. Di verità che non si trovano nelle tante pagine di grossi volumi ma che si possono rintracciare nelle poche righe scritte da mia nipote nel suo ultimo tema, dove parla di Anna, la sua nuova sorellina: “Io sono aperta a tutti gli ami-
ci: maschi o femmine, disabili o no, per me è uguale e se devo dirla tutta, trovo le persone con problemi ancora più speciali di quelle sane. Ad esempio adesso mia mamma è incinta, la bambina è femmina, ma è anche down: noi l’accoglieremo a braccia aperte, e questo problema non altererà il nostro affetto, anzi lo aumenterà. L’affetto aumenterà e questo è tutto.” Questo è il Natale. Non una stalla, ma un luogo delizioso per la tenerezza di una mamma che accoglie il suo bambino. Non una disabilità, ma l’eredità magnifica di Anna già accolta a braccia aperte dalle sue sorelle. Non una terra senza problemi, ma una terra santa dove ogni problema non altererà il nostro affetto, anzi lo aumenterà.
Di don Raffaele Coccato Genealogia di Gesù (Mt 1,1-16) In questa lunga lista di nomi della genealogia di Gesù, a volte difficili da pronunciare e perfino a prima vista ‘noiosa’, troviamo ‘Dio con noi’, Dio nelle nostre storie e in tutta la nostra umanità. Per me significa vedere in questo albero della vita e delle vite che arriva fino a Gesù, una genealogia della gratitudine,
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perché al posto di quei nomi ognuno di noi potrebbe mettere il volto di tante persone care che ci hanno ‘generato’ e che ancora ci donano vita. Persone, avvenimenti ed esperienze che ci hanno fatto nascere, vivere e crescere tra gioie e sofferenze, tra dubbi e speranze, persone con le quali abbiamo condiviso e condividiamo amore e vita. Per questo vedo anche nella mia vita, in particolare oggi, una genealogia della Gratitudine, dall’inizio… fino a tutti gli anni vissuti qui in Kenya. La mia gratitudine ha il volto di ... tantissimi che posso raggiungere solo con la memoria del cuore, e in particolare quelle persone che ho incontrato in terra d’Africa dal 1990 ad oggi. Un vero grande meraviglioso albero di vita. Ogni genealogia è anche geografia, ogni vita è anche un luogo dove questa si radica, cresce, soffre e porta frutto. Si potrebbe disegnare un’intera mappa delle nostre vite, facciamolo ancora una volta insieme, guardando avanti, senza timori, soprattutto per chi tra tutti noi è nell’incertezza del lavoro, nella malattia e nell’affanno della vita, per scrivere nomi nuovi e nuovi orizzonti in questa storia di Dio con ognuno di noi.
LA VESTE “RINNOVATA” DI P. PAGANI
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el 1989 abbiamo celebrato il 4° centenario della morte del Ven. Padre Antonio Pagani. In quell’occasione la sua sacra veste, conservata fino ad allora in Casa Madre a Padova, nella cappella delle reliquie, fu portata solennemente e riposta in una nicchia, appositamente preparata, nell’atrio della chiesa, di fianco alla statua di S. Giuseppe e di fronte alle reliquie di Madre Alberghetti, presso la cappella della Madonna dell’Umiltà. Lo scorso febbraio 2014, dopo 25 anni, si è sentita la necessità di aprire la nicchia e procedere a una ricognizione e disinfestazione della medesima. Questo ha richiesto l’intervento di specialisti, sia per eliminare l’eventuale presenza di parassiti nella veste, sia di tarli nel contenitore di legno. Quindi, sia la veste che gli altri oggetti del Padre (bastone, piron e altre piccole reliquie) sono stati chiusi per un mese in una grande “bolla” di nailon riempita di un gas particolare, atto a distruggere ogni presenza dannosa. Nell’occasione abbiamo potuto vedere da vicino e venerare l’antica veste, di CASA MADRE PADOVA
cui non si sono potuti chiudere i danni prodotti nei secoli dalle tarme, ma in modo quasi invisibile, dall’interno, sono state rinforzate le parti da esse indebolite. Anche la nicchia in legno è stata rinnovata e resa più sicura, sia dal punto di vista della durata della stessa, sia per i sistemi di aerazione che dovranno garantire una maggior protezione del contenuto. Attorno alla veste la Comunità si è riunita per una intensa novena di preghiera al nostro Fondatore, in particolare per le sorelle ammalate e per le necessità dell’Istituto. Il 25 marzo, festa dell’Annunciazione del Signore, ancora portandola con una solenne processione, abbiamo riposto la Veste nella nicchia restaurata. È stato un momento molto sentito, di maggiore fiducia nell’intercessione del nostro amato Padre Fondatore. A lui continuiamo ad affidarci, in questo particolare momento, in vista anche del prossimo Capitolo Generale. Sr. Donata
ACCOGLIENZA E SOLIDARIET SOLIDARIETÀ À
importante aprirsi” conti-
missionaria e pastorale… cerchiamo, nel limite del possibile, di aprirci all’accoglienza di “vicini e di lontani” per donare loro ospitalità e formazione, così che ritornando poi nelle loro realtà continuino la missione a loro affidata. A noi la gioia della condivisione e la ricchezza dello scambio nella diversità. L’anno scorso sono state nostre ospiti due suore Francescane etiopi per un corso di aggiornamento in oculistica. Attualmente è con noi, anche lei per un aggiornamento di tecniche ottiche dal 1 febbraio fino al 30 giugno, sr. Roseline Ulenga Kavira (v. foto a sn.). Arriva da Isiro (Repubblica democratica del Congo), dove lavora nell’ospedale della diocesi Sr. Marilena di Wamba.
“È nua a ripeterci Papa Fran-
cesco, “andare alle periferie e prestare attenzione ai poveri”. Non tutti possiamo partire, ma è il nostro cuore che è chiamato a rimanere aperto alle esigenze molteplici che si manifestano nel tempo. Come Comunità di Casa Madre, impegnata nella missione educativa con la Scuola, nell’accoglienza e nell’assistenza delle sorelle anziane, nell’animazione
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Accoglienza di due Suore etiopi
Operazione “Occhi Dolci”
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BM Italia ha inaugurato nel settembre 2013 a Nazareth, (Etiopia) il “St. Anthony Kindergarden”, un asilo inclusivo per 250 bambini poveri provenienti da un campo di rifugiati. L’asilo è detto “inclusivo” perché accoglierà anche bambini con disabilità visiva, auditiva, ortopedica e psichica. Due giovani suore Francescane etiopi, sr. Sinthayu e sr. Lishan, sono state invitate a Padova per far loro apprendere le tecniche di insegnamento a bambini ipovedenti. Grazie alla collaborazione del Centro Hollman di Padova, le suore, che già avevano conseguito un diploma di studi Montessori in Etiopia, hanno completato la loro formazione nel settore della riabilitazione visiva e auditiva. Siamo grati a suor Marilena e alla Comunità delle suore Dimesse che hanno generosamente aperto le porte della loro Comunità e hanno dato ospitalità alle consorelle etiopi nei mesi del loro soggiorno. Sr. Sinthayu e Sr. Lishan sono ora responsabili dell’asilo St. Anthony, il primo di questo tipo nella Regione e serbano un ricordo riconoscente del periodo trascorso a Padova, nella Casa Madre delle Suore Dimesse.
er costruire e attrezzare l’asilo, CBM Italia si è avvalsa di contributi privati. Tra questi, merita ricordare la somma raccolta grazie all’impegno di un folto gruppo di giovani padovani in memoria di Marco, loro compagno di studio, perito a 18 anni in un incidente di moto. La famiglia di Marco aveva acconsentito all’espianto d’organi e delle cornee. In occasione della Giornata mondiale della Vista, con un passaparola su Facebook gli amici hanno organizzato una vendita di vasetti di miele. È nata così “Operazione Occhi Dolci: un impegno concreto ricordando Marco”. Il miele è prodotto dalla cooperativa “Il Graticolato” che accoglie a S. Giorgio delle Pertiche un centinaio di ragazzi disabili. Attraverso banchetti posti nei sagrati di parrocchie, scuole, luoghi pubblici, supermarket sono stati venduti quest’anno più di 4.800 vasetti di miele. Il ricavato ha permesso di aiutare tanti bambini disabili, sia in Italia che in Etiopia. Un grazie particolare alle Suore Dimesse e ai genitori del Collegio che ci hanno consentito di vendere il prodotto, partecipando così alla nostra iniziativa di solidarietà.
Dott. Mario Angi
Dott. Mario Angi
Carissima sr. Marilena e comunità, come state? Siamo arrivate bene ad Addi’s Ababa nella nostra Etiopia. Stiamo bene e ringraziamo per quello che avete fatto per noi e per la gita vissuta con voi a Roma. Siamo felici di ritrovare le nostre sorelle. Vi ricordiamo ogni giorno nelle nostre preghiere. Non dimentichiamo mai la vostra comunità e siamo riconoscenti verso la Madre Generale. Dio benedica voi tutte e le vostre attività. Arrivederci sr. Sintayehu e sr. Lishan
Volontari Caritas
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abato, 12 aprile, abbiamo ospitato in Casa Madre Padova un gruppo di volontari che stanno seguendo il corso di formazione per l’accoglienza delle persone senza dimora, nel II° incontro di Formazione con la Fiop.sd sul tema della Comunità. Il direttore della Caritas, don Luca Facco, ringrazia il nostro Istituto per l’ospitalità. Questa occasione ci rende ancor più aperte e vicine alle problematiche di tante persone bisognose e alla formazione di chi si prende cura di loro.
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al 27 al 30 dicembre scorso circa 80 ragazzi di Bresso della provincia di Milano sono stati ospiti, nella nostra casa, per alcuni momenti particolari delle tre giornate. Nel loro percorso spirituale, una tappa riguardava la carità di S. Antonio, perciò non poteva mancare la visita alla Basilica del Santo e la catechesi battesimale con, naturalmente, la visita al Battistero e alla cappella degli Scrovegni. A noi hanno chiesto la possibilità di poter usare spazi per ritrovi ricreativi, di riflessione e di preghiera. Erano accompagnati da un presbitero e da un diacono coadiuvati da giovani animatori. Alla fine dei tre giorni, noi suore, eravamo tutte davvero sorprese per la testimonianza che i ragazzi ci hanno dato: accoglienti fra di loro e con noi, rispettosi dell’ambiente, capaci di momenti di silenzio e di preghiera. La parola più ripetuta dai
Mi rivolgo in modo particolare alle persone ammalate e a tutti coloro che prestano loro assistenza e cura. La Chiesa riconosce in voi, cari ammalati, una speciale presenza di Cristo sofferente. (Papa Francesco)
I ragazzi di Bresso
ragazzi era GRAZIE! Ci hanno proprio edificate. È stata un’esperienza davvero significativa! Sr. Grazia Piccininni
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er la ricorrenza della Giornata del malato (11febbraio) e ascoltando le parole del Santo Padre, anche quest’anno abbiamo celebrato una solenne Eucaristia, presieduta da mons. Antonio Pedron e con l’amministrazione del Sacramento dell’Unzione ad alcune sorelle. Ci siamo trovate in sala di Comunità, con tutte le sorelle anziane e ammalate; insieme abbiamo pregato, abbiamo rice20
vuto il dono dello Spirito e abbiamo vissuto un’esperienza pasquale. Lodiamo e ringraziamo il Signore, che si fa vicino a ciascuno con il suo amore e la sua misericordia. Continuiamo ad affidare di cuore al Signore le nostre sorelle ammalate e chi si prende cura di loro e con umiltà e fede preghiamo: “Padre, sia fatta la tua volontà”. Sr. Marilena e comunità di Padova
ANDATE E ANNUNCIATE Fedele al modello del Maestro, è vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. (Evangelii Gaudium)
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ossono cambiare le situazioni, ma il nostro essere del Signore porta sempre con sé quel messaggio profondo di un Dio che ci ama, per cui si possono inventare anche strategie nuove per testimoniarlo ai fratelli. Per la prima volta, qui a Borgonuovo, in accordo con il Parroco, abbiamo festeggiato l’Immacolata in un modo nuovo! È stata l’occasione per far conoscere che noi siamo “Figlie di Maria Immacolata”. Il motivo è semplice. La Scuola è intitolata “Suore Dimesse”, quindi siamo conosciute così! Abbiamo quindi invitato le famiglie a partecipare alla S. Messa più frequentata, disponendo che ci fossero segni di animazione, preghiere e canti particolari. Alla fine ogni famiglia ha ricevuto un’immagine di Maria realizzata con i bambini della Scuola dell’Infanzia. Una modalità semplice, ma che ha destato un senso di gradimento da parte di tutta la Comunità Parrocchiale. La nostra scuola accoglie non solo i bambini del quartiere, che è molto popolato, ma anche quelli della città e della periferia, le cui famiglie cercano una Scuola Cattolica. Un’altra occasione favorevole per l’annuncio
evangelico è stata offerta ai genitori convocati domenica pomeriggio 9 marzo. In questa occasione il parroco ha sottolineato l’importanza della formazione cristiana da dare ai bambini per i quali i genitori hanno scelto il Battesimo. Alla fine abbiamo partecipato tutti alla S. Messa delle 18,30. E, come segno di cammino insieme nella gioia, una pizza ha coronato l’incontro. Qualche risonanza tra i genitori ha messo in evidenza la loro soddisfazione per aver potuto riflettere, anche confrontandosi nei gruppi e aver trovato un’occasione di stimolo per “imparare” a essere genitori cristiani. Anche il Parroco ha espresso la sua valutazione positiva, per quel pomeriggio domenicale vissuto con famiglie giovani. Ringraziamo tanto il Signore che ci dà modo di lavorare per il Suo Regno. Sorelle di Verona
Festa del papà Scuola dell’Infanzia Sant’Antonio di Bastia, per dare vita e freschezza alla Celebrazione Eucaristica di domenica 16 marzo. La liturgia del giorno celebrava il mistero della Trasfigurazione di Gesù, non facile da spiegare! Certo è che la Trasfigurazione di Gesù parla anche della “bellezza” di Dio. Partendo da qui, alcuni genitori con il parroco don Claudio e le Suore hanno pensato di captare l’attenzione dei bambini animando una simpatica storiella. Con l’aiuto di una sagoma molto grande e il racconto molto vivo di don Claudio i bambini hanno colto che la “bellezza” più grande di Dio è il dono
si mettono insieme le idee … è molto Q uando bello! È questo lo slogan che ha unito più genitori della 21
della vita e dunque… dei loro papà. Un papà dalle mani e piedi molto grandi che sa abbracciare, accarezzare e giocare; un papà con occhi attenti che si sa commuovere guardando e accompagnando i propri figli. Molto suggestivo il momento in cui la sagoma è stata posta a fianco dell’altare, e a poco a poco, mentre Don Claudio raccontava, è stata arricchita dei grandi doni di Dio, che fanno del papà il custode speciale dei propri figli. Al momento della processione offertoriale, con il pane e il vino, sono stati portati all’altare alcuni doni simbolici: un grande cesto contenente i telefoni preparati dai bambini per ricordare ai papà di far sentire “amati” i loro figli … anche, perché no? con una telefonata quando sono lontani da casa per motivi di lavoro; un pallone, perché è un regalo bello tornare
un po’ bambini… e giocare con i figli. L’ultimo dono ha emozionato i presenti. Mentre un papà saliva all’altare tenendo abbracciata la sua bambina, l’assemblea è stata invitata a prendersi per mano in segno di solidarietà, ricordando quanti hanno perso il lavoro. L’abbraccio era simbolo dell’amore, della forza di credere e di sperare insieme, soprattutto nei momenti difficili, causati dalla
mancanza di lavoro o da difficoltà familiari. La Messa, animata dai canti preparati con le mamme, si è conclusa con la tradizionale poesia e con il canto dei bambini: “Il mio papà è grande, è grande davvero quando ritorna bambino di nuovo”. La festa del papà si è poi spostata in Centro Parrocchiale dove molte famiglie hanno pranzato insieme: è stata un’occasione semplice e gioiosa per conoscersi e condividere. Un ringraziamento speciale va rivolto alle insegnanti, alle Suore, al comitato genitori, a don Claudio che hanno saputo coinvolgere le famiglie in questo bel momento di festa per tutta la comunità. Quando si uniscono le idee, si fanno cose meravigliose! Alcune mamme della Scuola dell’infanzia di Bastia
a quattro anni sr. Lorella e io D siamo presenti a San Filippo Neri, una parrocchia alla periferia di Padova, in zona Arcella, la cui popolazione ha una fisionomia multietnica. Tre anni fa la comunità è entrata in unità pastorale con altre due parrocchie: San Bellino e Santissima Trinità. Offriamo il nostro servizio nella catechesi, nell’animazione delle liturgie domenicali e in alcune attività del patronato, come i laboratori e i centri estivi. Il nostro impegno è particolarmente rivolto ai più piccoli, ai ragazzi e ai giovani sia nell’accompagnamento del loro cammino di fede sia nel loro coinvolgimento attivo nella vita della comunità. Una delle esperienze più recenti è stata la preparazione dei ragazzi al Sacramento della Confermazione (vedi gruppo nella foto). Il percorso di catechesi è stato cadenzato da alcune tappe significative: la presentazione dei cresimandi alla comunità, in cui ogni ragazzo è stato affidato alla preghiera quotidiana di un parrocchiano; la testimonianza di una suora Dimessa sr. Luciana Barbiero, missionaria in Brasi-
le, il ritiro spirituale tenutosi nella nostra Casa Madre di Padova, a cui ha preso parte anche Nicole, che ha condiviso con i ragazzi la sua riflessione sui doni dello Spirito. Abbiamo la consapevolezza che la nuova evangelizzazione richiede un’attenta lettura della realtà in cui siamo inserite e un rinnovato slancio per annunciare la Parola di Dio e accogliere ogni fratello con l’Amore con cui Cristo ama ciascuno di noi. Sr. Rossella
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vrà l’uomo”. La parola di Dio è il pane di vita, infatti sta scritto: “L’uomo vivrà di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. La spettacolarità “Gettati giù...” La risposta di Gesù è un invito a non lasciarsi andare ai facili entusiasmi! A non rendere vana la croce, ma in essa seguire Gesù. Il Signore non salva dal dolore, ma nel dolore e nella Croce. Forse non otterrò ciò che chiedo, ma avrò quello che mi serve, perché Dio è con me e vuole il mio bene. Ecco allora l’invito ad affidarsi alla preghiera per avere la forza di “sì” generosi e avere il cuore aperto alla speranza. “Tutte le cose ti darò se mi adorerai.” Dio non vuole persone sottomesse, ma figli liberi e amanti. Chi si volge agli idoli non è adatto per il regno di Dio. Immergersi nelle cose e curarsi solo delle realtà materiali è un andare verso la morte spirituale. Ci sono valori che richiedono rinunce, scelte coraggiose: è una meta alla quale volgere tutto il proprio impegno.L’avere condiviso queste nostre riflessioni ci ha spinto a prolungare la fraternità gioiosa consumando insieme una pizza e qualche dolcetto e, prima di salutarci, ci siamo recate in preghiera davanti alla statua del nostro P. A. Pagani, affidando a lui la Madre, tutte le sorelle vicine e lontane in modo particolare quelle ammalate.
Lectio divina
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l 3 marzo ci siamo riunite a Costozza per la Lectio divina. Abbiamo scelto il Vangelo della prima Domenica di Quaresima soffermando la nostra meditazione e condivisione sulle tentazioni di Gesù. Presentiamo alcune considerazioni che ci sono venute nell’animo. -Tentazione è una parola non più di moda, oggi viene usata dalla pubblicità per cose futili. Per il cristiano, invece, ha un significato importante: è fare ordine nelle proprie scelte al fine di essere veramente libero. Il pane è buono, ma “Non di solo pane vi-
Sorelle di Costozza, San Pancrazio, Ospedaletto e Vicenza
AFRICA Talitha kum children’s home
FINAL PROFESSION
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ella casa delle Suore Dimesse a Karen (Nairobi), il 26 aprile, si consacrano definitivamente al Signore quattro sorelle: Sr. EVERLYNE ATIENO ONYANGO Sr. BRIGID WAVINYA MAKUNDI Sr. MARY WAIRIMU NJUNG’E Sr. REDEMPTOR IKONGA IMBACHIRA La liturgia Eucaristica è presieduta dal vescovo James Marie Wainaina. 23
In gennaio è di nuovo il tempo di tornare a scuola. I bambini di Takitha Kum (Nyahururu) hanno ricominciato con grande entusiasmo. Quest'anno è una data molto importante per la storia della nostra casa, poiché ci sono tredici alunni che frequentano la classe ottava della Primary (In Italia III media). Auguriamo loro di prepararsi bene per gli esami finali. Nel mese di febbraio due ragazzi, che hanno concluso gli esami finali della Primary lo scorso anno, hanno iniziato le scuole secondarie superiori. (v. foto) Ringraziamo tutte le persone di buona volontà che accompagnano il cammino di questi ragazzi e ci auguriamo che si compia il progetto di Dio su di loro.
Dal 29 novembre al 18 dicembre 2013 la Madre, con don Mario Guariento e sr. Fabrizia, ha visitato la Delegazione africana. Don Mario inoltre ha tenuto un corso di Esercizi Spirituali per tutte le Suore della Delegazione.
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ono tornata dal Kenya ormai da alcuni mesi, ma tutte le immagini restano nitide nella mia mente. Colori, voci, volti… continuano a scorrere con la loro forza seduttrice. Quante volte ormai ho raccontato quest’esperienza eppure sono sempre pronta a ricominciare… Con la Madre e con don Mario siamo arrivati all’aeroporto di Nairobi poco dopo la mezzanotte del 29 novembre accolti da una pioggia che in brevissimo tempo si è fatta torrenziale. Ad attenderci, le sorelle di Karen che ci hanno subito fatti sentire i benvenuti. Così, con una benedizione naturale, inizia il mio primo soggiorno in Africa… Ho vissuto ogni giornata desiderosa di non perdere nulla di ciò che vedevo, sentivo, sperimentavo. Ho avuto l’opportunità, meglio dire la grazia, di fermarmi nella comunità di Karen per circa quindici giorni, condividendo i preparativi per la celebrazione della Prima Professione di cinque novizie, del venticinquesimo di Professione delle prime tre sorelle africane e del cinquantesimo di Professione di sr. Ida e sr. Fiorangela, la solenne celebrazione della Festa, la settimana di Esercizi Spirituali guidati da don Mario. È stato un periodo molto intenso, perché mi ha permesso di sentirmi sorella tra sorelle non conosciute prima, con le quali però sono entrata subito in sintonia. Mi
hanno fatto sperimentare, infatti, la gioia di una fraternità vera, ricca della loro giovinezza e del loro desiderio di comunione. La difficoltà della lingua non ha costituito un ostacolo insormontabile alla comunicazione; loro hanno cercato di utilizzare tutto il vocabolario di Italiano acquisito, aiutandosi reciprocamente là dove una non riusciva; io ho ripescato il mio “povero” inglese imparato a scuola, con allegre risate da entrambe le parti. La preparazione alla festa della Professione è stata molto pittoresca: le suore si sono organizzate perché tutto riuscisse al meglio, senza trascurare alcun aspetto. Le più giovani, in particolare, hanno lavorato per la preparazione del pranzo, offerto a tutti i partecipanti. Il mattino hanno cominciato a cucinare all’aperto quando ancora la luce era lontana, in modo che, per l’inizio della cerimonia, verso le 10.30. tutto fosse ormai pronto. Al termine della cerimonia; anch’io mi sono associata a preparare carote e patate… La Celebrazione è stata una vera, grande festa, sentita e partecipata da tutti con gioia e commozione, officiata in una bellissima cattedrale naturale, su un tappeto a prato di un verde brillante, contornata da alberi altissimi, coperti da bouganville di ogni colore… I canti e le danze eseguite dalle juniores, dalle aspiranti e dalle
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novizie e da un gruppo di bambini della casa di Talithà Kum hanno comunicato la bellezza dell’incontro molto più delle parole. Originalissima poi la presentazione delle sorelle festeggiate: rispondendo alla domanda del coro “Chi manderò?” sr. Ida e sr. Fiorangela sono entrate dal fondo spingendo sulle ruote un piccolo aereo che sorreggeva la Bibbia. Alla domanda ripetuta dal coro, si uniscono le sorelle del venticinquesimo di Professione; queste, ricevuta la Bibbia, la passano alle cinque sorelle professe che si aggiungono alla processione, le quali a loro volta la consegnano ad alcuni membri della Fraternità laicale. Questi depongono la Bibbia nelle mani del Celebrante. Ecco un modo davvero creativo per ringraziare il Signore del cammino di trasmissione della Parola, dalle prime sorelle arrivate in Kenya quasi cinquant’anni fa a oggi. Così, anche se la Celebrazione si protrae molto, non ci si accorge del tempo trascorso perché vissuto con intensità. La settimana di Esercizi Spirituali, guidati dal carissimo don Mario, vissuta da “uditrice” è stata per me davvero arricchente, per il clima di silenzio, di preghiera e di gioia… Molto coinvolgente l’Eucaristia celebrata a conclusione delle due giornate di incontri seguite agli Esercizi: ci siamo trovate tutte insieme, suore pro-
fesse, juniores, novizie, postulanti, aspiranti a lodare e benedire il Signore per la benevolenza con cui sta guardando alla nostra Famiglia in terra africana. È seguita una cena in gioiosa e vivace fraternità e una serata animata lodevolmente dalle aspiranti e novizie: hanno messo in scena la fanciullezza e la giovinezza di P. Antonio Pagani. Chissà come si è divertito anche Lui da lassù, vedendosi interpretato in modo tanto originale! Gli ultimi giorni di permanenza ho viaggiato da una comunità all’altra accompagnata dalle sorelle locali: Tabor Hill, Nyahururu, Talithà Kum, John Paul II school, Rumuruti, Njabini… dovunque un’accoglienza che stupisce, incontri che ti segnano, bellezze naturali che riempiono gli occhi e il cuore. Ho visto anche una povertà inimmaginabile per noi, tanta fatica di vivere, tanti contrasti inaccettabili secondo la nostra logica… Certo, l’Africa è una terra dove gli estremi si toccano e riescono, per ora a
convivere. Prima di concludere vorrei ringraziare innanzitutto la Madre che mi ha regalato questa indimenticabile opportunità e poi una ad una tutte le sorelle incontrate… Di ciascuna conservo un ricordo carissimo! Sr. Fabrizia
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Karen si cerca di rendere sempre più accogliente la casa di spiritualità rispondendo alle richieste dei vari convegni. L’aula Pagani (vedi foto) è attrezzata per ospitare gruppi numerosi anche multilingue. In occasioni specifiche può essere adibita a cappella, infatti vi si celebrano anche le prime professioni. Recentemente, per la richiesta di grossi gruppi internazionali convenuti, è stato rinnovato il sistema di traduzione simultanea (unico in Kenya). Inoltre, poiché l’acustica del salone provocava una forte eco, è stato necessario rivestire le pareti di pannelli fonoassorbenti. In questo ambiente nel mese di marzo 80 religiosi, in rappresentanza della congregazione dei Christian Brothers, vi hanno tenuto il loro Capitolo generale. 25
Sorelle care, desidero avvicinare ognuna di voi per esprimere il mio grazie e per lodare il nostro buon Signore con voi per tutte le meraviglie che ha fatto nella mia vita specialmente in questi due anni di malattia. Mi siete state sempre vicino con lettere, preghiere e parole di conforto. Vi ringrazio tanto. Ringraziamo insieme il Signore per il dono della nostra Famiglia religiosa e perché ognuna di noi vive secondo la volontà divina nella sofferenza e nella gioia. Voglio condividere con voi, sorelle care, una riflessione che ho fatto nei momenti di grave dolore della mia malattia. La intitolo: “Dio parla nel silenzio”. Gesù, riempie tutto il mio essere di grande gioia e serenità pur nella sofferenza! Nel buio di notti insonni, in cui tacciono anche le voci del creato, il silenzio calmo e tranquillo mi mette in comunicazione con il mio Creatore. Il silenzio parla, eleva il cuore, la mente e l’anima al di là di queste realtà terrene! Che belle notti ho passato, lunghe notti e ore che con mia grande sorpresa sembravano brevi come un battito di ciglia! Erano abitate da una misteriosa presenza, da un dolce, affettuoso, premuroso, consolante silenzio. L’oscurità mi parlava e mi faceva gustare la bontà e la bellezza del Signore. O Dio silenzioso, che sei il più grande medico, la più potente medicina, il compagno più dolce e amorevole, il miglior consolatore e amico. Sei il silenzio profondo e vero, che parla al corpo, al cuore e alla mente e che nessuno e niente può far tacere! O Dio silenzioso, di cui non posso fare a meno e in cui credo fermamente. Il tuo messaggio è sempre così forte che anche un orecchio che non vuole ascoltare non può evitare di sentirlo. O amabile silenzio, insegnaci come ascoltarti in mezzo a tanti rumori di dolore, di sofferenza, di disperazione del mondo in cui viviamo. Desideriamo vivere il tesoro della tua presenza, secondo la tua volontà che amorevolmente ci guida. Amen Sr. Margareth
DIO PARLA NEL SILENZIO hi altri se non tu, o Signore, puoi parlare nel C silenzio profondo? Ci sono molti momenti in cui tutto sembra la fine di questa vita; le parole non possono spiegare questa esperienza, le lacrime non bastano a esprimere il dolore, nessuna protezione per il cuore, ma solo tremendo dolore, inspiegabile pena. Ma ecco il buio della mia mente, il silenzio del mio cuore..., quel silenzio profondo rivela la tua sicura presenza: la realtà della tua esistenza, o Signore! Oh, il silenzio parla! Tutto tace, ma la pace e la serenità riempiono tutto il mio essere! O Signore, nel silenzio parli in modo delicato, ma è forte la tua voce! Sei pienamente presente nei momenti più difficili della vita. Sei lì, nel profondo silenzio che va oltre la mia comprensione! Tu calmi le sofferenze, guarisci le ferite, sei la vera medicina nei momenti in cui niente può togliere il dolore. Tu sei il vero medico là dove i medici umani non sanno spiegare o guarire. Oh, il silenzio parla! Nel silenzio mi hai plasmato il corpo deperibile e mortale! Tuttavia nella grande vulnerabilità vive il "Tu", voce silenziosa, la cui vita è immortale ed eterna, dopo aver percorso la via della sofferenza e della Croce. O silenzio magnifico, in cui il tuo nome, Signore
whole of my being! Oh dear silence that speaks in such a gentle, swift and yet so strong a voice! You definitely are fully present in the most trying moments of life. Oh Lord, you have been there deep in the silence which is beyond my understanding! You cool the pains, you heal the hurts, you become the real medicine at a time when no medicine can cool the pains. You become the real doctor at a time when no doctor can explain injure nor the magnitude of the sickness. Oh the silence that speaks! In the silence you moulded and fashioned me, the perishable body, the mortal body! Yet in the very very vulnerability lives the "you" the silence that speaks whose life is immortal one, ever lasting one, of course, having trodden on the way of the Tree of
GOD, THE SILENCE THAT SPEAKS ho else than you O Lord who can speak in W the deep silence. There have been many moments when all seems an end to this life due to ailment, when no word can explain the real experience, no tears to express the pains, no gowning can come out of the heart, yet in tremendous pain, un explainable pain. But oh the silence that hovers the mind, the heart and all the surroundings. The deep silence explains your undoubtable presence, your unforgettable presence. The reality of your existence! Oh the silence that speaks! Nothing seemed to talk! But Oh Lord, the deep down peace and the serenity of heart that hovers the
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suffering, the Holy Cross. Oh what a wonderful silence you are! The mention of "you" feels my whole being with great joy, great serenity a great woe! Many many sleepless night, your silence speaks in the depth of the nights, in the deep quiet dark nights, where no sound is audible neither from the birds nor from the many creatures you created all is calm, quiet communicating with its creator God, the silence that speaks. Oh the silence that speaks, you elevate the heart, mind and soul beyond these earthly realities! Oh what beautiful nights I have passed, long long nights and hours but to my surprise seemed so short as a brink of the eye! What a mysterious presence. A sweet, loving, caring, consoling silence that exists in all its wonders. The darkness spoke of the goodness and the beauty of the Lord. Oh the deep silence that makes one
taste the sweetness of the Lord. Oh dear silence, you who proves to be the greatest doctor, the most strong healing medicine, the most sweet and loving companion, the best consoler, the best friend, the deepest silence that speaks to the depth of the heart body and mind you are and you live to be un indispensable silence, a credible silence. A silence that nobody and nothing in this world can silence you! Oh the silence that speaks! Your message is always so strong yet without sound. It is so loud that even an ear that doesn't want to listen can't avoid to listen to it. Oh lovely silence, teach us how to listen to you in the midst of many noise of pains, suffering, difficulties, desperations and confusions of the world we live in. May we live to treasure your presence and live according to your will and guidance. Amen Sr. Margareth
O NONNINA... HO ASPETTATO TANTO I TUOI BACI!
RACCONTI D’AFRICA
babbo in disparte e piangendo sottovoce gli chiese: -Papà, perché la mia nonna è così brutta? Che cosa le hanno fatto? Suo padre l’abbracciò forte con il pianto in gola, ma temeva di turbarla rivelandole la realtà della lebbra, così preferì un’innocente bugia e le raccontò: -La mia mamma, la tua nonna Giulia appunto, era una donna bellissima con meravigliosi capelli. Una notte la nostra capanna prese fuoco; nessuno sentiva le nostre grida; nel buio non si trovava la chiave del chiavistello che era caduta. Allora mi spinsi fuori dalla minuscola finestra chiamare aiuto; correvo, urlando, a svegliare la gente del villaggio. Le donne uscivano portando la loro misera riserva d’acqua e gli uomini afferravano qualche arnese, mentre io continuavo a gridare: -Salvate la mia mamma! Finalmente un uomo tirò fuori dalla capanna in fiamme la mamma che tossiva per il fumo e aveva male ovunque. Tom, il meccanico, con la sua auto sgangherata la portò all’ospedale, che si trova a 25 km. Dopo due lunghi mesi la mamma tornò come la vedi ora.-O povero papà- esclamò Gloria e corse ad abbracciare la nonna. Poco dopo esse cominciarono a parlottare e ogni tanto la bimba usciva in una bella risata: voleva insegnare alla nonna a parlare bene. Papà John era felice di vedere la figlioletta abbracciare e baciare la nonna. A un certo punto Gloria esclamò: -Nonnina, ho aspettato tanto i tuoi baci... ma non ce la fai vero? Così te ne do tanti io-. La nonna commossa rispose: -E io, gioia mia, te li darò in Paradiso, dove il mio corpo sarà più bello, sano e splendente!Sr. Anselma
appiamo che la lebbra è ancora una pandemia in Africa, meno estesa sugli altopiani e maggiormente presente nelle zone più basse. Un pomeriggio noi suore con il missionario ci recammo al villaggio di Kenton, distante circa 30 km dalla missione. La giornata era piovosa e scura, infatti si era nella stagione delle piogge. Dopo aver salutato i Cristiani riuniti, il missionario entrò nella piccola cappella per celebrare la santa Messa: c’era soltanto la luce di due candele nel buio totale. Il maltempo e la strada dissestata ci preoccupavano per il ritorno, perciò il padre non tenne l’omelia. All’invito “scambiatevi un segno di pace” stendemmo la mano a tanti fedeli. All’improvviso mi trovo di fronte una piccola donna, che mi offre il segno con il moncherino sinistro; faccio finta di niente, le do la pace e le dico: -Hai un bel vestito!- e lei di rimando -È un regalo di mio figlio John.Alla comunione mi avvicino all’altare per essere pronta a intonare il canto finale. Vedo la “nuova” amica farsi avanti per comunicarsi e scopro sul suo viso lo spettro della devastazione: la lebbra in forma gravissima le aveva “mangiato” labbra, naso, orecchie, palpebre e il suo volto era divenuto inespressivo! Alla fine della celebrazione promisi a Giulia che nella bella stagione l’avrei visitata nella sua casa guidata dal catechista. Nel frattempo John, l’unico figlio di Giulia, aveva percorso 300 km per venirla a trovare e aveva accompagnato anche le due nipotine, Gloria di 5 anni e Alice di 3. Dopo i primi convenevoli, Alice uscì a vedere i pulcini e l’agnellino, mentre Gloria fissava in silenzio la sua nonna. Ad un tratto chiamò il suo 27
Sr. Lucy è arrivata dal Kenya con destinazione la comunità internazionale di Roma. Sr. Rose, concluso il Corso di Teologia, è ritornata nella sua terra, arricchita di una nuova esperienza e pronta a dedicarsi all’opera che il Signore le chiederà.
dre Generale, sr. Arcangiola, sr. Annie, sr. Ottavina e sr. Dolores. Ci siamo recate subito in via del Sudario, per l’apertura della nuova Comunità Internazionale. Là, abbiamo vissuto momenti belli, inclusi alti e bassi che fanno parte della vita. Il Signore ha i suoi disegni, ma la sua presenza non ci è mai mancata. Ho sempre goduto stare con le sorelle. Ho vissuto come comunità internazionale tanti bei momenti. Conoscere le diverse culture è una ricchezza, un dono reciproco da accogliere e donare. Non ringrazierò mai abbastanza il Signore per le belle opportunità che mi ha dato da vivere qui a Roma, all’ombra di San Pietro.
UN’ESPERIENZA CHE SEGNA LA VITA Roma, 25 febbraio 2014 Com’è bello Signore stare insieme e amarci come ami tu! i viene spontaneo ringraziare il Signore per il suo immenso amore, che mi ha accompagnato particolarmente in questo tempo. Quando, circa sette anni fa, mi è giunta la notizia di venire in Italia, ero felice di poter fare una nuova esperienza fuori dal Kenya. Ero convinta che il Signore che ci chiama è lo stesso che ci accompagna in ogni momento della nostra vita. Sono partita dal Kenya il 6 maggio del 2007; mi hanno accompagnata all’aeroporto le suore, mio papà, mia mamma e due dei miei fratelli. Lì è arrivata sr. Celina dalla Tanzania e insieme abbiamo viaggiato verso l’Italia. Il giorno successivo siamo giunte a Venezia dove ci aspettavano la Madre e alcune sorelle. Che meravigliosa accoglienza!!!... Per me era tutto nuovo, tutto da scoprire. In Casa Madre a Padova tante sorelle ci hanno circondate e insieme abbiamo fatto festa. Così ho cominciato la mia nuova esperienza. Il 17 settembre 2007 sono partita per Roma assieme alla Ma-
“Sorelle, mi hanno fatto tanto bene la vostra vicinanza, il vostro sorriso, le vostre parole, tutti i gesti concreti del nostro volerci bene. È vero che il Signore è sempre con noi, ed è anche vero che si presenta e ci parla attraverso l’una o l’altra. Tante volte mi tornano nella mente e nel cuore le buone parole ascoltate, quanto bene mi hanno fatto! Per il fatto che mi sono sentita sempre a casa, parlando, mi succedeva di dire Karen invece di Casa Madre, o viceversa. Quante belle cose ho imparato da voi, care sorelle, in modo particolare la fraternità, la disponibilità, l’accoglienza e la collaborazione. Ge28
sostenuta e incoraggiata, così pure per le cartoline e le lettere ricevute con grande gioia. Quando leggerete queste mie righe, io sarò già in Kenya, nella mia patria, contenta e felice di rivederla. A ciascuna sorella dico ancora: tante grazie! Grazie mille a sr. Arcangiola e a sr. Pierfranca per quello che sono state per me. Un grazie tutto particolare alla cara madre Giampaola e al suo Consiglio. Ricordiamoci reciprocamente al Signore, teniamo viva la nostra fraternità e vogliamoci sempre tanto bene nel Signore. Abbraccio tutte con grande riconoscenza e con tanto affetto.”
sù, risponde ai due discepoli che gli hanno chiesto dove abitava: “Venite e vedete”. Le parole non bastano, l’unico modo è vivere personalmente queste esperienze. Ho goduto celebrazioni liturgiche molto toccanti, dove ho potuto attingere energia e forza spirituale per la mia vita. Non potrò mai dimenticare i momenti belli delle vacanze a Padova, a Enego, a Vicenza, di servizio al Cavallino... Lo studio è stato un grande dono che ho ricevuto; ringrazio il Signore e tutta la mia cara Famiglia religiosa che mi ha dato questa possibilità. Ora cercherò di mettere a frutto quanto ho ricevuto. Ringrazio per le preghiere che mi hanno sempre
Sr. Rose Wanjiru Gikanga
In alto in piedi: le postulanti In alto in prima fila: le aspiranti A destra: le novizie di primo anno
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INDIA
UNA TELEFONATA INASPETTATA “Pronto, sr. Pierfranca? Sono sr. Giampaola. Senti, noi abbiamo pensato che … tu a dicembre andrai in India. – Silenzio da parte mia - Non mi rispondi nulla? Non sei contenta?” Non è che non fossi contenta, ma chi mai se la sarebbe aspettata una telefonata simile? E così il giorno 17 dicembre sr. Ottavina e io abbiamo preso il volo per l’India. i parte da Venezia. Un po’ emozionata, ma non più S di tanto. Primo scalo a Dubai. Un paese dall’aspetto economico – culturale molto elevato. Lussuosi negozi e tutti addobbati con simboli natalizi. Lo stupore di sr. Ottavina è grande perché, essendoci stata ancora, non aveva mai visto nessuna traccia del Natale cristiano. - Bene, dice lei, segno che gli Emirati stanno aprendosi a nuovi orizzonti. All’arrivo, a Calicut, troviamo due Sorelle che ci accompagnano a Mavoor, dove siamo attese dalle Suore, dai ragazzi e da tutto il personale della scuola per il benvenuto. Alla sera del giorno seguente, con sr. Filomena iniziamo la nostra “peregrinatio”. Partite per il Tamil-Nadu, visitiamo le comunità di S. Pudur, dove ci è dato di conoscere tre giovani Aspiranti; poi quella di Kumbakonam, che più mi ha colpita interiormente: Sorelle gioiose, accoglienti, povere come i poveri dei loro villaggi. Le ricordo con stima e affetto. Nella nuova comunità di Pallam, accompagnate dal Parroco andiamo a visitare i villaggi e il luogo dove è stato ucciso barbaramente un cristiano, che non ha voluto rinnegare la sua fede ed è considerato da tutti un santo. Questo luogo è meta di tanti cristiani e non. Nel pomeriggio ci rechiamo a visitare una fortezza bellica, costruita proprio nel punto ove si incontrano i tre Oceani e infine il Kanniyakumari, uno dei templi indù più famosi e più belli del Kerala. L’indomani, viaggio da Manalikkad a Kappenkolly. Stra-
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Dal 17 dicembre al 3 gennaio sr. Ottavina e sr. Pierfranca hanno visitato la Delegazione dell’India
da facendo, ci fermiamo per un saluto alla mamma e familiari di sr. Filomena e al fratello di sr. Nisha. Trascorriamo il Natale nella comunità di sr. Filomena. Bello, ma quanta nostalgia in cuore! A pranzo ci scambiamo i doni; per fortuna c’è il parroco che sa un po’ l’Italiano. Nel pomeriggio egli ci conduce a fare un giro nella foresta, dove con stupore osserviamo centinaia e centinaia di scimmie, alcuni elefanti e cervi. Prima di Natale abbiamo raggiunto sua Eccellenza Mons. Varghese Chakkalakkal, Vescovo di Calicut, persona semplice, dal cuore grande. Il suo studio mi è sembrato un deposito della Caritas; per ognuno che entrava comprese noi aveva pronto un dono da offrire. Ha gradito la nostra richiesta di fare una foto ricordo. Dal giorno 26 al 30, finalmente un po’ di tregua per ascoltare e riflettere sul nostro Carisma, aiutate dal carissimo fratel Reginaldo, che, in febbraio, è venuto a trovarci qui a Roma. Un Corso accelerato il suo, ma entusiasmante, specialmente per le Sorelle indiane, tanto desiderose di conoscere e fare proprio il carisma del nostro Fondatore. Il 31
dicembre eccoci di nuovo in viaggio verso Pallikara. Suore e ragazzi ci fanno un’accoglienza in grande stile. Sr. Ottavina forse è abituata; io invece mi sento quasi in imbarazzo. 400 ragazzi si esibiscono con numeri da vero spettacolo. Sono cristiani, musulmani e indù, tutti insieme da veri amici. Il nostro Capodanno in India è giorno lavorativo, perciò con nessun segno di festa. Il parroco celebra la S. Messa proprio per noi. Nel pomeriggio, passeggiata obbligatoria lungo la spiaggia, incontro e scambio di foto con alcune donne musulmane, quindi visita al villaggio dei pescatori per un saluto ai parenti di sr. Ruby e Sr.Nirmala. Nel viaggio di ritorno verso Mavoor ci fermiamo a salutare la mamma e i familiari di sr. Sherly e vi troviamo anche i genitori di sr. Ani. Per loro, la nostra visita è evento eccezionale: tutto è preparato come per una grande festa. Per ultima cosaci resta da dare un saluto alla sorella di sr. Celina. Ovunque siamo accolte con tanta gioia e cordialità. A tarda sera arriviamo a Mavoor e il pomeriggio seguente siamo pronte per il viaggio di ritorno.
Ciò che più mi ha colpito è sicuramente la povertà materiale, soprattutto dei cristiani; fra loro e gli indù c’è un forte divario. Le comunità cristiane sono povere, a volte anche di numero, ma ricche di una grande fede. Nei loro villaggi, la presenza della suora è vista come una benedizione del cielo: bastano dieci secondi e tutto il villaggio si raduna attorno a lei. Nel periodo natalizio, non potendo permettersi grandi addobbi, ogni casa, ogni capanna e ogni chiesa è illuminata da una stella luminosa. Nei lunghi e notturni percorsi da un luogo all’altro sr. Ottavina e io ci divertivamo a scoprire quelle luci tra il folto verde dell’India. Un grazie grande a tutte le sorelle per la loro fraterna e grande accoglienza. Io mi sono sentita come a casa mia. Porto viva in cuore questa meravigliosa esperienza. Grazie a Madre Giampaola e al Consiglio Generale che mi hanno dato questa opportunità, utile anche per comprendere e capire meglio le sorelle che vivono con me. Il Signore benedica la nostra Famiglia religiosa. Sr. Pierfranca
RICORDANDO P. VITTORIO VITTOR IO PIOVESAN “La gloria di Dio è l’uomo vivente” (S. Ireneo). ueste parole furono pienamente realizzate nella vita di P. Vittorio Piovesan, sacerdote gesuita, che dedicò totalmente la sua vita a Dio e alla missione in India. Dal cuore grande e aperto, sempre attento ad accogliere tutti: per lui non esistevano barriere di razza, religione o ceto sociale. Quando, il 3 giugno1984, dopo molte peripezie, la salma di P. Pietro Bertolla arrivò al seminario dei Gesuiti di Mangalore, dove allora era rettore P. Vittorio Piovesan, egli, quale uomo di Dio ricco di fede, lesse in quell’avvenimento una chiamata del Signore e disse: “Se il Signore l’ha mandato qui, è
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segno che io devo prendere il suo posto”. E così fu il padre spirituale di noi Dimesse in India. È da ricordare che lui ha incontrato noi Dimesse per la prima volta in quella dolorosa circostanza e ignorava l’esistenza del nostro Istituto. Da quel giorno mai ci ha lasciato mancare la sua presenza. Almeno due volte all’anno veniva a Mavoor affrontando viaggi, non certo confortevoli, di 6 o 7 ore, nonostante l’età e i problemi di salute. Tra noi, oltre all’animazione spirituale della nuova delegazione, seguiva le giovani in formazione con lezioni di teologia e spiritualità. Grande uomo di orazione, era fedelissimo alla preghiera personale e alle 5 del mattino era già in cappella. Desiderava che ogni liturgia fosse preparata con cura e perché non
fosse solo uno show, alla fine ci diceva: “Tutto bene, ma avete incontrato il Signore?” . “Carissimo Padre, tu hai combattuto la buona battaglia, hai terminato la tua corsa, ricevi ora la corona che il Signore ti ha preparato. Tu ci hai preceduto nel raggiungere la meta. Sei stato per noi lampada nei momenti di difficoltà, nei nostri dubbi, nelle nostre incertezze vocazionali; la tua parola saggia e sicura è stata per noi forza e incoraggiamento per continuare il cammino. Come un padre che ha a cuore il bene dei propri figli, non hai esitato a correggerci, a guidarci a un discernimento sincero e costruttivo, a illuminarci e a incoraggiarci. Ci hai educate a vivere con fedeltà e in pienezza la nostra consacrazione a Dio per il bene della Chiesa e di
tutti i fratelli. Nella nostra visita dell’agosto 2013 a Gallarate, ci hai accolte con gioia ed entusiasmo, interessandoti di ciascuna, sebbene le tue forze fisiche stessero spegnendosi. Tutte eravamo presenti nel tuo pensiero e nel tuo cuore, come se tu fossi ancora tra noi in India. Potremmo scrivere un libro sulla tua vita e missione in India, ma è già stampato nei nostri cuori. Cercheremo di realizzare con semplicità e umiltà il sogno che avevi per ciascuna di noi. Ancora un grazie, Padre, nell’attesa del giorno in cui tutte, riunite, parteciperemo al banchetto celeste. Goodbye, pinne canam, arrivederci.” Suore Dimesse India
segnante-formatore del clero e di laici impegnati in varie località indiane, nello Sri Lanka e nel Bangladesh. Ricordava volentieri il soggiorno a Roma, coinciso con i lavori del Concilio Vaticano II, periodo in cui aveva incontrato teologi e vescovi che, come diceva egli stesso, lo avevano aiutato ad approfondire la fede. Fu poi per lunghi anni rettore del St. Joseph Seminary di Mangalore. Ciò non gli impedì di praticare la carità. Basti pensare alle oltre mille casette con giardino fatte costruire per i fuori casta, senza contare le persone e le famiglie che aiutò nella quotidianità, magari semplicemente rifornendole di un po’ di cibo o di medicinali per curarsi. Persona eminente e di straordinaria apertura mentale, padre Piovesan si batteva per l’ecumenismo. È stato un testimone dei buoni rapporti del cattolicesimo con le altre religioni, con cui spesso si confrontava e dialogava da membro del Consiglio comunitario interreligioso, per la costruzione di una pacifica convivenza. Dal 2009 padre Vittorio era ospite dell’Istituto Aloisianum dei Gesuiti di Gallarate, dove condivideva l’amicizia e la grande sintonia spirituale e sacerdotale con il cardinale Carlo Maria Martini, suo coetaneo e già compagno di noviziato. Anche in questa sede, il missionario aveva il suo bel daffare, dato che oltre la metà dei suoi confratelli lo avevano scelto come confessore e padre spirituale. “Un uomo grande nella fede. Padre Vittorio era impegnato a presentare l’Amore di Dio oltre ogni debolezza, ogni assurdità, con una convinzione che trascinava anche i più scettici”, così lo ha ancora ricordato il suo confratello.
Missionario gesuita originario di Paese (TV), Padre Vittorio Piovesan ha vissuto a lungo in India. Ha conosciuto madre Teresa e il card. Martini. Ha fatto scuola ad almeno 1.200 sacerdoti, tra cui 11 vescovi e 2 arcivescovi, senza contare le migliaia di suore: ma non è stato questo che lo ha fatto grande. A fare grande quel sacerdote, colto insegnante di teologia, è stata “la sua concreta testimonianza nella carità, espressione del grande Amore di Dio, nel quale ha confidato fino alla fine”. Così P. Roberto Cazzaniga, vice provinciale della Compagnia di Gesù della Lombardia, lo ha ricordato durante le esequie a Paese. Padre Vittorio, classe 1927, è deceduto il 1° giorno dell’anno corrente. Prima di abbracciare la Compagnia di Gesù era stato seminarista del Seminario diocesano di Treviso. Inviato missionario in India, vi rimase per quasi sessant’anni, dal 1949 al 2009. Era partito da Genova su una nave mercantile egiziana, arrivando dopo un mese a Bombay per portarsi in Kerala, tra i fuori casta. Manifestando un’intelligenza non comune, fu poi dirottato a Ceylon a completare gli studi, quindi a Calicut, quale docente in una scuola anglo-indiana e da qui in un istituto sui monti dell’Himalaya per prepararsi al presbiterato. Ordinato sacerdote nel 1958, rientrò per la prima volta a Paese nel 1964, dopo 15 anni e si fece festa grande. Intanto però la mamma era morta senza che padre Vittorio potesse rivederla. Dopo l’ordinazione, e una pausa per il dottorato in Teologia all’Università Gregoriana di Roma, fu in32
La fede semplice di una donna povera
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Questo era il modo consueto del “Canto della stella”. Mentre eravamo in cammino, ci siamo fermati presso una famiglia, dove c’era una coppia che non aveva figli, dopo quattro anni di matrimonio. Recitata la preghiera, la signora che non aveva figli, mettendosi il Bambino Gesù in grembo, piangeva di nostalgia per un bambino. Noi eravamo dispiaciute e abbiamo pregato Dio con le lacrime di darle un figlio. Per grazia di Dio, dopo un mese abbiamo avuto la notizia che la signora era rimasta incinta. Ora lei ha un bambino e vive felicemente con il cuore pieno di gratitudine a Dio, che è onnipotente ed è sempre con noi, cammina con noi e realizza molte opere meravigliose, se abbiamo una forte fede in lui.
a nostra comunità di Amalorpava Annai (Madre Immacolata) è stata avviata il 19 novembre 2011 a Sivapuram in Tamil Nadu. Stiamo lavorando in questo villaggio della Diocesi di Kumbakonam da circa due anni. Ci sono circa 150 famiglie. In questo villaggio la gente è molto povera e appartiene alla casta più bassa; anche se hanno studiato, non trovano lavoro in base alla loro qualificazione; la situazione socio- economica di questo paese è molto povera e il resto della società li respinge totalmente. L’anno scorso, nel periodo di Natale, siamo andate per il Christmas Carol in ogni famiglia di questo luogo, portando il Bambino Gesù e ponendolo nelle loro case, dopo una breve preghiera, distribuendo dolci e scambiandoci gli auguri di Natale.
Sr. Alice Mavelil (Sivapuram)
“CASA SPERANZA” - Luvigliano (Italia)
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i sono aperte le porte di Casa Speranza, dando inizio a una interessante attività di doposcuola per bambini che presentano difficoltà e necessitano di essere aiutati nei compiti. Il nostro impegno non si ferma a una semplice esecuzione di lezioni da svolgere, ma innanzitutto vuole donare un ambiente sereno e familiare, dove i ragazzi possano sperimentare amorevolezza, pazienza, bontà,
gentilezza nelle modalità e nei linguaggi. Questo progetto è partito a fine gennaio 2014 in collaborazione con i servizi sociali del territorio, e vede impegnati in prima linea un piccolo e disponibile gruppo di amici della Fraternità Laicale di Luvigliano e Torreglia: Bianca e Roberto, Annamaria, Imerio e Laura. Non manca l’apporto competente dell’insegnante Maria. Ringrazio la Famiglia Religiosa, che ha voluto gettare questo seme di speranza, dandomi l’opportunità e la fiducia nel collaborare a questo progetto, che è un cammino fatto insieme come risposta a nuove realtà. Pur nella fatica dell’impegno e della novità, cogliamo già segni positivi per i bambini e le loro famiglie che apprezzano l’aiuto. La Fraternità Laicale ha assunto l’impegno con grande responsabilità, donando tempo, energie e tanta pazienza a questi bambini. Coltiviamo la fiducia nel Signore che a piccoli passi conduce il nostro cammino e ci provoca a trovare strade sempre nuove per aiutare e dare speranza in particolare ai più poveri, ai più disagiati, agli ultimi. Sr. Mariacristina 33
BRASILE
È PER LA LIBERTÀ CHE CRISTO CI HA LIBERATO
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are sorelle desideriamo condividere le notizie e le realtà che abbiamo vissuto in questi ultimi mesi: la Campagna della Fraternità di questa Quaresima, l’espressione di gratitudine da parte della Fraternità Laicale in occasione del 50º di sr. Annapaola, una meditazione sull’icona della Lavanda dei piedi di Giotto, che ci è stata proposta come preparazione al Capitolo. Auguriamo a tutte che questa Pasqua sia una vera esperienza di partecipazione al mistero della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù per rinascere con Lui e in Lui come nuove creature. Le sorelle della Delegazione del Brasile
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on tanta gioia condividiamo con voi le gioie e le grazie che abbiamo vissuto in questo tempo favorevole che il Signore ci ha donato. Durante la Quaresima abbiamo avuto come Parola di vita la proclamazione paolina: “È per la libertà che Cristo ci ha liberato!” (Gal 5,2) e il tema: “La fraternità e il traffico di persone umane”. La Chiesa ci ha invitate a riflettere su una realtà
che tocca ovunque tante persone. Diverse famiglie qui in Brasile vivono la sofferenza di perdere i loro cari in situazione di prostituzione infantile e perfino di traffico internazionale di bambini. Abbiamo riflettuto insieme a tutta la Chiesa sull’urgenza di una conversione che metta la persona umana al primo posto per contrastare le regole di mercato, che sono causa di schiavitù e sofferenza per tanti.
GRATITUDINE
È per la libertà che Cristo ci ha liberato! Questa Parola ci mette davanti all’amore del Signore, che ci offre una speranza e insieme ci invita a cercare in Lui la vita e la libertà piena. Insieme a tutte le persone, che sono trattate come schiave, vogliamo chiedere al Signore che ci converta e ci mostri una strada di vita per tutti.
A sr. Annapaola
iciassette anni fa è arrivato a Cobilândia, Vila D Velha, un angelo di Dio chiamato: “sr. Annapaola Zuin”. È giunta pian pianino con il suo modo
Sr. Annapaola ha fatto rinascere qui quel germoglio sbocciato in Italia più di quattrocento anni fa. La Fraternità Laicale di Cobilândia ringrazia il Signore per il dono della vita di Sr. Annapaola, per la grazia della sua vocazione, per celebrare il suo giubileo d’oro di vita religiosa e, inoltre, per l’esempio di fede fondato nella conformità a Gesù Cristo Crocifisso. Anche se parlassimo in tutte le lingue, non riusciremmo a esprimere l’amore che sentiamo per questa sorella: è madre anche senza aver generato figli nella carne e qui ne ha più di cento. È “nostra mamma”, è pre-
mansueto, seguendo gli insegnamenti del Fondatore della Congregazione delle Suore Dimesse Figlie di Maria Immacolata, P. Antonio Pagani. Con semplicità e umiltà, dimostrando di amare e servire, in poco tempo ha conquistato un grande numero di discepoli. Il suo ideale di trasmettere e insegnare il Carisma delle Suore Dimesse è diventato realtà nella nascita della Fraternità Laicale, che è cresciuta lungo questi anni. 34
ziosissima, paziente, gioiosa, semplice, generosa e piena di carità... Sa riconoscere il buono che c’è nelle persone senza distinzione. Trasforma la sua sofferenza in un niente con il suo coraggio. È sempre con le braccia aperte per accogliere i suoi figli e tutti coloro che incontra nella sua strada. Grazie, “mamma”, perché ci hai adottati e perché sei tanto umana e divina nello stesso tempo. Noi ti
amiamo! Che la nostra fraternità non si chiuda in se stessa, ma sia disponibile, aperta e sensibile ai problemi di ciascuno, come tu ci insegni. Auguriamo che in futuro qualcuno possa parlare del tuo esempio come oggi dopo 400 anni sentiamo parlare del Ven. Padre Antonio Pagani. Salute, pace, gioia oggi e per sempre! Fraternità Laicale di Cobilândia
Conformarci a Cristo Crocifisso , come missionarie dell’amore del Padre
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a preparazione al Capitolo Generale ci invita a contemplare e rivivere con lo sguardo di Giotto il momento in cui il Signore si è fatto servo dei suoi discepoli come segno di un amore che arriva all’estremo: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine.” Questa meditazione ci invita a una “conformità di amore” a Cristo che prima di arrivare alla croce passa per il servizio umile e generoso alle sorelle. È un invito che la Famiglia religiosa ci fa in questo tempo di grazia a rinnovare il dono della nostra vocazione come missionarie dell’amore in Cristo, missionario dell’amore del Padre e così vivere: “Unite in
Cristo Gesù per servire donandoci ai fratelli”. Nell’immagine di Giotto gli sguardi dei discepoli: sono tutti rivolti al Signore, mostrano la loro perplessità davanti al gesto del Maestro. Infatti, non era comune nel tempo di Gesù, né in quello di Giotto e, può darsi, neanche oggi, che il Signore, il Maestro, si pieghi davanti ai suoi discepoli per lavare loro i piedi... Questo è il gesto dei servi e non dei Maestri. Se ci fermiamo qui, possiamo pensare alla Buona Novella di Gesù: Lui, il Maestro e Signore, si fa servo e ci insegna che tra noi il più grande dev’essere colui che serve. Mentre uno dei discepoli tiene l’acqua per la lavanda dei piedi, Gesù parla al cuore di Simone invitandolo a lasciarsi lavare da Lui. Mettiamoci al posto di Simon Pietro... Come lui, anche noi tante volte poniamo resistenze davanti al gesto d’amore che il
SOLIDARIET SOLIDARIETÀ À
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urante la novena di Natale, qui in Brasile é costume pregare nelle famiglie. Anche l’anno scorso (2013) le comunità della nostra parrocchia di S. Cruz si sono organizzate per realizzare questi momenti molto significativi, che preparano alla grande festa. Io ho accompagnato alcuni giorni la comunità di Cristo Libertador che é la più vicina alla
nostra casa. Un giorno Suzete, una signora che coordinava uno dei gruppi, mi ha invitato a recarci a pregare nella casa di una signora, dicendomi: “Pare che abbia avuto un problema con il tetto della propria casa?... non so bene... ma é meglio andare di giorno, perché la donna non
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Signore ci offre lavandoci dai nostri peccati, dalle nostre debolezze. Non riusciamo a lasciarci amare per questo chiudiamo il cuore a Lui, ai fratelli e alle sorelle. La vita fraterna è un costante lasciarsi lavare i piedi. È un costante metterci al servizio le une le altre donando e ricevendo piccoli gesti di solidarietà, servizio, accoglienza. Gesù, prima di lavare i piedi dei discepoli, si è lasciato lavare i suoi da una donna... Ma Simone non riusciva ad accettare che il Suo Maestro lavasse i suoi piedi, finché Gesù non ha messo questo gesto di fiducia come condizione per partecipare con Lui della sua vita.. Lasciarsi lavare i piedi è morire con il Signore per rinascere con Lui e in Lui. Questo è l’invito che ci fa questo tempo di preparazione al Capitolo Generale. Lo Spirito Santo apra i nostri cuori, ci aiuti a vincere le nostre resistenze e ci faccia essere “unite in Cristo per servire donandoci ai fratelli”. Camminiamo insieme!
sta sempre a casa”. Così una mattina siamo partite! Arrivate sul luogo, i nostri occhi non potevano credere a quello che vedevamo: la casa di quella signora non aveva il tetto!! La signora Maria ha accettato la nostra presenza: ci ha fatto “entrare” in casa e ha dato a me una sedia costruita al momento. Lì non c’é elettricità e quindi Maria non ha nemmeno il fornello per cuocere. Vive facendo qualche pulizia nelle famiglie e con i pochi soldi che guadagna si compra una confezione di cibo già pronto, che qui é molto economico e mangia una sola volta al giorno. Abbiamo pregato in quella “casa” con il cuore stretto dalla pena.
Sulla strada del ritorno, Suzete ha detto: “Suor Anna, non possiamo lasciare così Maria, dobbiamo fare qualcosa, sensibilizzare la nostra Comunità”. Subito le persone si sono rese disponibili a dare offerte e aiuti. Questo per noi era il vero Natale: stare vicino a Gesù incarnato nei più poveri! Le offerte stanno ancora arrivando e il prossimo mese cominceranno i lavori per ricostruire la casa della signora Maria. La grande solidarietà sta coinvolgendo molti! Ringraziamo il Signore che suscita nei cuori sentimenti di umanità e aiuta a concretizzarli! Sr. Anna
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in dai tempi del noviziato, ho potuto sperimentare che è una grande opportunità vivere delle esperienze insieme a membri di altri Istituti religiosi, perché permette di condividere risorse, idee e anche progetti. A quei tempi era stata possibile la formazione intercongregazionale, che in seguito è diventata la proposta dell’USMI di partecipare a incontri di formazione per religiose di vari Istituti. E proprio con questo stato d’animo sto vivendo ora la mia esperienza all’interno del Coordinamento per la Pastorale Vocazionale della nostra diocesi di Padova. Ritengo davvero un dono questa possibilità che la Famiglia religiosa mi ha concesso, perché questo compito mi permette di incontrarmi con i giovani sacerdoti a cui il vescovo ha affidato il Coordinamento e con animatori vocazionali degli altri Istituti, sia maschili che femminili. Dallo scorso settembre, poi, al gruppo si stanno aggiungendo i rappresentanti laici dei vari vicariati,
che hanno il compito di fare da tramite tra gli uffici diocesani e i vicariati stessi. In questo modo ci stiamo arricchendo di presenze, di proposte, di scambi reciproci. Lunedì 17 febbraio una parte del gruppo si è ritrovata proprio nella nostra Casa Madre di Padova: lo scopo era quello di preparare alcune tracce di preghiera da diffondere poi alle varie parrocchie per la Giornata Mondiale per le Vocazioni, che sarà l’11 maggio prossimo. Approfittando di ciò, tutta la nostra Comunità di Padova ha condiviso dei momenti con questi animatori; abbiamo infatti celebrato insieme i Vespri e in questa occasione il direttore del Coordinamento, il giovane sacerdote don Michele Bagatella, ha spiegato il senso profondo del nostro servizio: anzitutto quello di pregare perché i giovani possano davvero lasciarsi incontrare dal Signore, e poi quello di organizzare qualche attività per loro. Il gruppo ha avuto, in seguito, la possibilità di cenare nel nostro Pensio-
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locato solo nella IV domenica di Pasqua, ma coinvolge la realtà locale per tutto l’anno pastorale. Le altre parrocchie avranno appunto la possibilità di ricevere il materiale e di organizzarsi come meglio è possibile. Per la nostra Famiglia, l’appuntamento è per il 15 maggio. Ci accompagni sempre il ricordo dei giovani: la nostra preghiera per loro ha bisogno solo del nostro cuore. E di un grande desiderio che ciascuno di essi possa incontrare degli adulti significativi che siano davvero testimoni dalla profonda bellezza che l’incontro con Cristo ha riversato sulla nostra vita.
nato universitario e quindi di preparare le proposte da inviare alle varie parrocchie. Per quanto riguarda le iniziative in riferimento alla Giornata per le Vocazioni, da alcuni anni la diocesi le sta vivendo nei vari vicariati; quest’anno sarà in quello di Piovene Rocchette. Lì si terranno la Veglia diocesana il 9 maggio, il pellegrinaggio vocazionale il 10 maggio e l’animazione della domenica con varie proposte e attività. Ma la sensibilizzazione dei gruppi giovani e giovanissimi del vicariato è già iniziata da alcuni mesi e questa è la novità più importante: perché l’evento della Giornata Mondiale per le Vocazioni non è col-
Sr. Lorella
Weekend per le giovani: 1-2 marzo
“INCROCIAMOCI” questo il titolo del weekend svoltosi a Villa Assunta l’1 e il 2 marzo scorsi, a cui hanno partecipato con entusiasmo le “nostre” giovanissime. Il titolo che abbiamo scelto ha un duplice significato: da una parte vuole evidenziare l’incontro che avviene tra le ragazze, che provengono da paesi e situazioni di vita diversi; dall’altra mette al centro del cammino la Croce come via per “incrociare” Gesù nella propria strada e scoprirlo come modello di Vita e di Amore per ciascuno. Ogni ragazza è stata invitata a soffermarsi sulle proprie paure e difficoltà del momento, per arrivare a capire che Dio entra nella storia di ognuno, facendosi compagno e portando con noi “ogni giorno” quella che
è la nostra croce. È importante ricordarsi che ogni dolore, piccolo o grande che sia, per il Signore non è MAI banale, perché Egli sa prendersi cura di ogni suo figlio con rispetto e tenerezza di Padre. È stata davvero una condivisione edificante per tutte! Organizziamo ogni anno questo weekend con la speranza che possa essere per le ragazze un momento di “pausa” dalla frenesia della quotidianità, un momento per alimentare o riscoprire il proprio desiderio di Dio. Riportiamo alcune loro riflessioni che riassumono il frutto di questa esperienza … buona lettura! Le animatrici Irene e Nicole Ringrazio sempre di più le persone che ogni anno ci accompagnano nel nostro cammino spirituale. I nostri incontri sono 37
un’occasione per capire che non sono mai sola: le animatrici, le suore, le mie compagne di viaggio … e Gesù! Quest’ultimo nostro incontro, anche se purtroppo breve, è stato ricco di spunti di riflessione che mi sono serviti a uscire più forte di prima. Ogni pensiero condiviso è stato per me importante per la crescita spirituale e non solo! È stato, come gli anni scorsi, un weekend meraviglioso, perché mi ha permesso di ritrovare le mie care amiche che non vedevo da molto tempo. Ma soprattutto perché, oltre a risate, scherzi e giochi, abbiamo veramente avuto momenti di riflessione. Questi mi hanno fatto comprendere che Dio ha un progetto per noi e che forse certe difficoltà che affrontiamo sono solo uno scalino da superare
per arrivare alla meta da Lui prestabilita. Ecco, più che altro per me questi giorni sono stati una conferma! L’esperienza trascorsa a Villa Assunta è stata significativa e impegnativa. Mi ha colpito il fatto di aver ascoltato una canzone, aver evidenziato la frase per me importante e avere poi rappresentato in un cartellone ciò che esprimeva la nostra situazione attuale. In quei due giorni ho capito che stare assieme è una risorsa importante; mi è piaciuto molto esprimere idee e pensieri davanti a nuove ragazze, senza aver paura del loro giudizio. È come se fossi stata in una grande famiglia. Per me questo weekend è stato interessante, perché ho avuto la possibilità di scoprire i punti di vista delle altre ragazze, di capire come si sentono e sapere che ognuna di loro, in parte, prova ciò che provo io. Quindi nessuno è solo, perché ci si può ritrovare in altre persone all’apparenza diverse.
Come a ogni incontro a Villa Assunta, Nicole e le suore riescono a trasmetterci qualcosa di profondo. Questa volta ha contribuito anche Irene ad arricchirci. Da questa esperienza ho portato a casa il titolo in particolare: "incrociamoci". Eh sì, perché ogni giorno in base alle nostre scelte, anche più piccole come girare a destra o a sinistra per strada, comporta l’incontro con qualcuno. “L’incontro” più significativo per me è stato la testimonianzavideo di una ragazza che è sopravvissuta nonostante la madre avesse tentato di abortire; anche se è rimasta fisicamente lesionata, gira per il mondo proclamando la bellezza della vita, dono di Dio. Credo comunque che non sia immediata la scoperta di che cosa ci siamo portate nel cuore dopo questa esperienza ... lo vedremo solo con il tempo. In ogni caso, grazie!
to spesso durante l’anno ci sono mille cose a cui badare e mai un momento per pensare a Dio nel tuo quotidiano. Mi è servito per farmi presente che Lui c’è, anche se io spesso nelle settimane che si susseguono non Lo ascolto o non Lo sento vicino a me; è servito come momento per respirare e chiarirsi le idee, per ripartire con un’attenzione e una forza nuova, grazie! Mi è piaciuto tutto di questo weekend, che anche se è durato poco è stato intenso e in grado di aiutarmi ancora una volta a superare un brutto momento! Come sempre, è stato divertente e piacevole ritrovarmi con persone speciali! È stato un weekend bellissimo che non dimenticherò, anzi! Quando avrò bisogno di sostegno basterà pensare alle vostre parole per ricordarmi che c’è sempre qualcuno che mi sostiene!
È vero, sono stati solo due giorni, ma una pausa in cui ho potuto far ordine nei miei pensieri. Mol-
Chiara, Francesca, Giulia, Sara, Emma, Gloria, Maria, Eleonora, Sara, Violante, Valeria, Marta, Martina, Chiara, Irene, Francesca.
PASQUA DI RISURREZIONE Bella Notizia: sì, la morte è finita, in ciascuno di noi irrompe gioiosa la Vita! Oggi è questa la Pasqua che viviamo, se nel bene, nel futuro, nella persona, crediamo, alla luce di Cristo Risorto, il Vivente da Lui viene ogni vita pienamente!
Gesù è risorto! Questo è il messaggio che ci viene donato, l’annuncio in questa notte fino a noi è arrivato. Un uomo in modo definitivo ha vinto la morte, ecco, esplode la Vita: apriamo le porte! Spesso lo spirito di morte ci ha accecati e noi siamo rimasti davvero disorientati. In questa notte la vita ci viene annunciata, la Vita, quella di Dio, ci viene donata! Bando alle paure, via ogni incertezza, trionfa l’amore di Dio, la sua tenerezza.
Pasqua: passa il Signore e va oltre ogni momento, non ti devi fermare a un solo suo intervento. Subito dopo non Lo vedi più, diventa l’Assente, ma se guardi bene lo scopri sempre presente. Se sei in sintonia è tutta un’altra cosa, l’esperienza con Lui si fa meravigliosa!
Questa Buona Notizia, questo dono, cosa dice? Fiducia nel bene: sul male sempre vince! Noi vediamo ancora egoismo, menzogna, violenza, nonostante tutto Dio ci guarda con benevolenza.
Non Lo possiedi mai, eppur si fa trovare, se tu Lo sai costantemente cercare. Quel che riesci a percepire nella tua persona è minima parte di ciò che la Grazia ti dona.
Questa Bella Notizia dice fiducia nel futuro, nella novità nessuno si aspettava la risurrezione, ma è diventata realtà. Questo fatto dice ancora fiducia nella persona umana, com’è nei fratelli, negli altri, nel mondo, in se stessi, in me.
Sì, credo, Signore, Tu sei la mia Vita, la ricerca di Te non è mai esaurita. Grazie del quaresimale, intenso cammino, che per ciascuno inizia ogni nuovo mattino! Sr. Ermanna 38
NELLA LUCE DEL RISORTO SUOR TEOFILA MARIA ALTOVITI (1921-2014)
Lunedì, 6 gennaio 2014, il Signore ha chiamato a sé suor Teofila. La nostra cara sorella rivestita di luce divina è entrata nella dimora eterna. Suor Teofila, al battesimo Maria Altoviti, nata a Carrara San Giorgio PD l’8 luglio 1921, era l’ultimogenita. È stata circondata subito dal grande affetto dei genitori e dalla tenerezza del fratello e delle due sorelle, che l’avevano preceduta. In famiglia ha respirato un clima di vita cristiana con l’esempio di risposte generose al Signore. I suoi genitori hanno consentito senza esitazione alla scelta delle prime due
figlie di consacrarsi a Dio: suor Annunciata tra le Suore Dimesse Figlie di Maria Immacolata e suor Adele tra le Suore Salesiane Figlie di Maria Ausiliatrice. Intanto anche Maria cercava di capire per quale via il Signore l’avrebbe condotta. La serenità e il tratto gentile, sue caratteristiche, la rendevano una presenza gradita in casa, tra le coetanee e nella comunità parrocchiale. Il suo nome racchiudeva già una chiamata e una risposta e lei si è lasciata condurre da Dio e ha detto sì. Nel 1939 è entrata nel noviziato di questo Istituto con la freschezza dei suoi 18 anni. Ha compiuto i suoi studi e ha conseguito il diploma di Scuola Magistrale. Di carattere aperto e socievole, era entusiasta del cammino intrapreso, godeva per le cose belle, era felice di partecipare e di contribuire con i suoi talenti alle varie iniziative. Dopo la Professione religiosa (8 settembre 1942) è stata inviata a prestare il suo
servizio apostolico in varie comunità parrocchiali. Si dimostrava cordiale, disponibile al dialogo, attenta alle necessità delle persone: con semplicità e accoglienza si metteva a disposizione di quanti avessero bisogno di consiglio e conforto. Era fedele e premurosa nello svolgimento dei compiti a lei affidati. Nella scuola materna, da brava educatrice, amava teneramente i bambini e si preparava con scrupolosa diligenza per poter dare il meglio di sé. A Conco (VI) e ad Altichiero (PD) è stata anche responsabile di comunità. Condivideva gioie, fatiche ed esperienze con le sorelle, le guidava con cuore materno pronta a servire umilmente; invitava alla collaborazione, dando per prima l’esempio. La sua presenza attiva, discreta e serena creava armonia; la sua preghiera puntuale e fervorosa incoraggiava e affascinava. Suor Teofila ha partecipato con il suo consiglio lungimirante e
saggio a vari Capitoli Generali della nostra Congregazione. La sua disponibilità a donare tutta se stessa la stava preparando a una ulteriore richiesta del Signore: la progressiva e lunga vasculopatia cerebrale, che l’ha condotta all’immobilità totale e alla perdita dell’uso della parola. Per questo già nel 1994 è stata trasferita nell’infermeria di Casa Madre a causa dei primi sintomi della malattia. Lucidamente lei percepiva il suo lento decadimento e lo accettava con sereno abbandono. Nei venti anni di immobilità totale ha dato esempio di adesione al misterioso disegno che la conformava a Gesù crocifisso e riaccendeva in quanti la visitavano la volontà di essere dono per gli altri. Le sorelle infermiere l’hanno accudita con amorevole sollecitudine fino all’epilogo, vedendo in lei il volto del Salvatore. Suor Teofila si è spenta, serenamente, assistita da alcune sorelle e dai suoi familiari.
n questi primi giorni di aprile il Signore ci ha I visitato, chiamando alla vita eterna due nostre carissime sorelle: sr. Rosa e sr. Adelma. SUOR ROSA (Giovanna Sella), responsabile della comunità “Casa Mater Ecclesiae” di Molvena è mancata l’1 aprile e SUOR ADELMA (Giuseppina Frigo), responsabile della Comunità “Casa Maria Alberghetti” di Luvigliano, il 3 aprile. Nel dolore del distacco le affidiamo al Signore e, pregando a loro suffragio, chiediamo anche la loro intercessione per la nostra Famiglia Religiosa. (Ci ripromettiamo di pubblicare nel prossimo giornalino una loro breve biografia.) Nella foto: suor Rosa e suor Adelma durante la celebrazione del 50° di vita religiosa nel 2011. 39
Solo dove si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita.
Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio.
Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario.
Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con Lui. Benedetto XVI