05 2014

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La Federazione Anziani e Pensionati (FAP) delle ACLI

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aratterizzare lo sviluppo della Fap ritornando alla natura stessa della Federazione, una federazione sindacale: è questa la sfida che la Fap Acli pone a se stessa, alle Acli e alle comunità locali dopo il IV Congresso di Trento e nella piattaforma associativo-sindacale che riporta “ Tra rigore, riformismo e ripresa economica, tra corruzione sprechi ed equità sociale: l’impegno della FAP, il protagonismo dei territori e delle comunità locali”. La FAP è il sindacato promosso dalle Acli che ha funzioni di rappresentanza di anziani e pensionati. Le ACLI sono dunque ambito di appartenenza e di identificazione oltre che per la matrice cristiana e la tradizione associativa rivolta ai lavoratori, per la speciale dimensione di pratica ed utilità sociale che l’associazione promotrice svolge verso i ceti popolari e le famiglie e dunque verso la crescente componente anziana.

In particolare la dimensione della FAP verso gli iscritti e verso gli anziani e pensionati in genere si caratterizza per essere: • soggetto di rappresentanza; • soggetto che tutela e, attraverso il sistema aclista, propone una offerta di servizi; soggetto che promuove opportunità per i propri soci. •

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È dunque evidente come la FAP possa essere al tempo stesso sindacato ed organismo di promozione sociale specie con riferimento ad un sistema territoriale di welfare integrato, nel quale l’apporto sussidiario delle proprie competenze integra ed aiuta la funzione pubblica che deve rispondere rispetto alle proprie specifiche competenze, di programmazione e fornitura di servizi pubblici. La FAP è partecipe a pieno titolo del dibattito sull’evoluzione delle forme di welfare, rivendicando l’esigibilità dei diritti vigenti ma pronta a valutare le necessarie trasformazioni in grado di rendere meglio integrate prestazioni economiche e servizi territoriali al fine di finalizzare al meglio l’uso delle risorse e l’efficacia delle prestazioni. Questi concetti fondativi ed il profilo dell’impegno della Fap sono stati riassunti dal nuovo Segretario, Serafino Zilio subito dopo la sua elezione. Già nel suo intervento sono individuate le linee guida dell’impegno dei prossimi anni. Dopo aver sottolineato il bisogno di formazione e di riforme, Zilio ha indicato come il Paese si trovi sempre in una fase di transizione nella quale la situazione di crisi economica e la carenza di livelli occupazionali accettabili sono caratteristiche predominanti. Questo anche perché il senso dell’etica, legato alla legalità e alla responsabilità, sembrano diventati un optional mentre dovrebbero essere la base su cui si innesta l’agire di una classe dirigente degna di tale qualifica. Si vedano episodi impressionanti di malcostume e mala gestione come denunciato per l’ennesima volta dalla Corte dei Conti, a cui si va ad aggiungere una commistione politico affaristica correlata alla giungla delle quasi 10.000 società di scopo o di servizi in capo allo stato o ad altri enti di diverso livello. A nostro avviso, - ha detto Zilio - in tali frangenti, non servono nuove leggi o nuovi controlli. È necessario partire dai fondamentali del Bene Comune, laddove si coniuga onestà culturale e morale con la pratica quotidiana. Una riflessione ed una provocazione per ribadire l’urgenza di fare formazione nella FAP e nelle ACLI e per proporre un quadro di riferimento alle scelte programmatiche della Federazione che sono state riprese e definite nel progetto approvato dalla segreteria.

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PIATTAFORMA ASSOCIATIVA SINDACALE La FAP ACLI oggi: i compiti del sindacato nuovo Allo scopo di individuare e meglio precisare la soggettività, la funzione e il ruolo socioculturale e organizzativo di sindacato nuovo, non possiamo prescindere dal più ampio contesto demografico, economico e sociale che fa da cornice al nostro impegno di federazione sindacale. In altri termini, possiamo così sintetizzare: a) Al nostro paese serve più sostanza in quanto l’apparenza non basta più perché già spesa in abbondanza e senza risultati costruttivi negli ultimi 20 anni. L’Italia è ancora ostaggio di vecchie prassi e liturgie di estrazione culturale/sociale e politico/economica che ingessano gli inevitabili processi di un coraggioso e pragmatico riformismo sostenibile. b) I soggetti e gli spaccati della rappresentanza (quindi anche la FAP ACLI) non possono perdere la fiducia nel futuro ma attrezzarsi adeguatamente in tutti i sensi per un più ampio protagonismo che metta al centro la dignità della persona e di tutte le persone nei propri risvolti e implicazioni. c) La Fap sceglie l’ottica dei territori: la soglia di attenzione e di proposta progettuale oltre che di rappresentanza, dovrà avere come chiaro e prioritario riferimento la popolazione adulta e anziana, a partire dai territori, da sempre punto di forza e di ricchezza della nostra realtà associativa. Occorre sfruttare in termini positivi la fase di grande consapevolezza di tutto il sistema Acli, del ruolo della Fap, quale nuovo sindacato, come grande opportunità per tutte le Acli e per il sistema dei servizi e delle imprese sociali. Il ruolo e la funzione della FAP ACLI La forte e condivisa spinta propulsiva impressa dal Congresso Nazionale di Trento e il suo naturale evolversi verso il sindacato nuovo rappresentano motivo di soddisfazione ma esigono nel contempo altrettanta assunzione di responsabilità da parte dell’intera FAP Nazionale. D’altro canto fare sindacato, sia pure in termini settoriali come FAP, è stato fin dalle origini nell’impegno delle ACLI. Fare sindacato è sempre stato un impegno serio ed esigente e lo è oggi più che mai. Per la FAP il nucleo centrale del proprio impegno è la tutela e la rappresentanza delle persone anziane e pensionate.

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È necessario ribadire che la qualità, la quantità, l’impegno sociale e sindacale che la FAP riuscirà a mettere in campo, a partire da questa piattaforma programmatica, rappresenteranno il metro di misura della sua rappresentatività e alla lunga anche della sua consistenza e credibilità a partire dal rapporto con gli altri sindacati dei pensionati, dai tavoli decisionali istituzionali, e al confronto con le forze del volontariato e del privato sociale. Alla luce della mozione conclusiva del Quarto Congresso Nazionale e in perfetta sinergia con Le Acli, si ritiene opportuno mettere al centro dell’intera attività sindacale FAP i punti cardine in essa ricompresi, che sono:

1) Definizione di precise politiche sociali e culturali nell’attività dell’arco di tempo della vita che riguarda la terza e quarta età, condivise con le ACLI Nazionali nel rispetto del ruolo e della mission assegnate alla FAP. Appare sottinteso che le priorità e le migliori energie debbano essere indirizzate verso i temi cruciali legati alla previdenza, al comparto sempre più in evoluzione del sanitario e del socio- assistenziale, senza trascurare i momenti sempre più spendibili e graditi sul fronte dell’aggregazione dei soci, quali: la cultura, la formazione/informazione, l’attività fisico motoria, e un sano utilizzo del turismo sociale e del tempo libero.

2) Rispetto della rappresentanza democratica e delle espressività territoriali, per non depauperare quel desiderio di partecipazione da parte di molti, vero motore del consolidamento e dell’ulteriore sviluppo della FAP ACLI, nella piena valenza sociale, sindacale e politica.

3) Democrazia, partecipazione e formazione sono le parole chiave che dovranno accompagnare il percorso della nostra federazione anche allo scopo di costruire consenso e sostegno. Un’intensa e capillare proposta formativa che deve aiutare a costruire una FAP che sia più forte nei territori, più motivata nel promuovere partecipazione/militanza, più capace ad integrare funzioni diverse sia organizzative che negoziali, oltre che per utilizzare a pieno gli strumenti della conoscenza che permettono di svolgere al meglio il ruolo di cittadinanza consapevole e di rappresentanza autorevole.

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Nei nostri documenti congressuali prevalgono i toni della proposta, dell’impegno concreto e fattivo, per portare uno specifico contributo al bene comune. La FAP quindi, insieme alle ACLI, si propone come protagonista del cambiamento nei territori, in un ottica di welfare generativo e sussidiario attraverso nuove forme di mutualismo a livello popolare, con ciò accentuando, per parte nostra, la scelta di essere sindacato nuovo. Riassumiamo qui per brevità solo i titoli degli impegni specifici che ci attendono: Previdenza, Fiscalità, Salute, Famiglia, Democrazia. Risulta quindi necessario, data la valenza e la complessità dei temi citati, attivare un percorso di lavoro corale che coinvolga sia membri di Segreteria che di Comitato Nazionale e non solo, valorizzando per approfondimenti e parti specifiche le competenze e le professionalità già presenti all’interno del sistema ACLI. La FAP è dunque partecipe a pieno titolo del dibattito sull’evoluzione delle forme di Welfare, rivendicando l’esigibilità dei diritti vigenti ma pronta a valutare le necessarie trasformazioni in grado di rendere meglio integrate prestazioni economiche e servizi territoriali al fine di finalizzare al meglio l’uso delle risorse e l’efficacia delle prestazioni. Un orientamento per le politiche assistenziali Le politiche assistenziali, come ben evidenziato nella ricerca delle Acli per il sostegno alla proposta ‘‘Reddito di inclusione sociale’’, sono governate da normative prevalentemente nazionali attraverso le quali vengono erogate prestazioni economiche. Non esiste quasi mai un anello di congiunzione tra la destinazione di queste risorse e la loro effettiva efficacia verso situazioni che effettivamente meritano un sostegno sociale. Pertanto si tratta di salvaguardare diritti e risorse che non possono essere dispersi in mille rivoli incontrollabili da un lato e dall’altro si tratta di rendere efficaci queste risorse per le finalità cui sono destinate. In questa direzione dovrebbero andare i tentativi di revisione del sistema delle invalidità civili ed in particolare dell’indennità di accompagnamento.

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Le politiche di assistenza agli anziani non autosufficienti devono promuovere una serie di servizi che partano dai bisogni della persona e della famiglia che lo cura e lo assiste facilitando gli interventi multidisciplinari che permettano all’anziano di essere “curato” presso la propria casa sostenendo con tutte le forme possibili la comunità familiare che segue il proprio caro. Dall’assistenza domiciliare e infermieristica specializzata ai vaucher per le assistenti domestiche, a periodi di sollievo e ricoveri giornalieri in case di riposo, rendere la vita dignitosa agli anziani non autosufficienti deve essere la stella polare nella costruzione dei servizi alla persona. Questo tipo di impegno richiama anche e soprattutto il coordinamento con l’Associazione e anche lo stretto rapporto con il livello regionale della Fap. Le questioni dei fondi della non autosufficienza risiedono particolarmente a livello di Regione istituzione ed è su questo che occorre costruire competenze per analizzare, proporre, giudicare. Sul versante sanitario, la qualità dei servizi prestati nel sistema pubblico o convenzionato, deve mantenere obiettivi di elevata qualità. Occorre costruire un modello nuovo insieme a molti attori, dai malati alle aziende sanitarie, ai soggetti privati per far si che anche il modello organizzativo dell’assistenza e delle cura sia un ambito nella quale le comunità territoriali possano sentirsi protagoniste. È necessario contenere forme di evasione dal servizio pubblico attraverso l’incentivazione di spese aggiuntive a pagamento che non siano frutto di scelte individuali attraverso forme di coperture assicurative integrative. Per un servizio pubblico efficace è necessaria una politica dei ticket in grado di salvaguardare le fasce deboli della popolazione per età, per reddito e per condizioni di salute gravi. Particolare attenzione deve esser posta sull’uso dei farmaci al fine di informare correttamente sul loro uso, sull’utilizzo dei medicinali equivalenti, su una cultura che renda davvero il farmaco uno strumento prezioso per la salute. Pensare, in collaborazione con altri soggetti a vere e proprie campagne informative può essere un campo di impegno sul quale le Fap territoriali potrebbero trovare terreno fertile e cittadini attenti.

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Ma tutto questo non deve esimere da ambiti di prevenzione. La vita sociale integrata è il maggior antidoto al decadimento psichico, fisico, di relazione. Il dibattito sul nuovo modello organizzativo sanitario e il piano salute deve vedere la riflessione attenta sulle implicazioni che potrà avere nelle comunità locali. Anche in questo caso il ruolo della Fap regionale potrà avere un ambito di impegno e di coordinamento. Sulla questione della tassazione locale infine, occorre che sappiamo tutelare la categoria che rappresentiamo, nei confronti degli enti locali che definiscono i livelli di tassazione e le tariffe sui servizi locali. Costruire insieme al nostro sistema di servizi, competenze per leggere proporre, contestare i livelli di tassazione locale può essere una sfida ardimentosa ma importante, anche in questo caso non con progetti generici ma con proposte mirate e specifiche. Una nuova socialità La FAP chiede e si mette in campo per ogni forma di promozione della libera iniziativa degli anziani attraverso forme di autorganizzazione, associative, di sviluppo, di iniziative sociali, sportive, culturali. In questa direzione occorre sviluppare un impegno degli anziani “più giovani” in grado di dare sviluppo e continuità ad iniziative associative. Si tratta di dare continuità alla vita adulta attraverso forme di promozione dello sport e dell’attività fisica (essenziale sul versante della prevenzione), sul versante dell’auto adeguamento all’evoluzione tecnologica, sul versante del tempo libero, ma anche per una crescita ed un recupero di vita culturale attiva. Occorre pensare a ipotesi di progetti reali che potrebbero avere al centro il tema del lavoro, della solidarietà intergenerazionale. Sono da sostenere sperimentazioni di staffetta generazionale che permettano di passare competenze dal lavoratore anziano, vicino alla pensione, ad un giovane. Gli impegni della FAP Insieme alle ACLI, la Fap si sente impegnata sul fronte delle riforme ed in particolare sul sistema di welfare, per superare dibattiti decennali che non

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hanno mai portato a realizzazioni concrete. Per questo intende aprire a livello territoriale confronti con realtà analoghe presenti sul territorio, al fine di costruire piattaforme di proposta e di rivendicazione, nel rapporto dialettico con gli enti territoriali a cominciare dalle amministrazioni comunali. Dal confronto e dalla rilevazione specifica dei bisogni locali nascono proposte da condividere per costruire piattaforme in grado di rilevare l’impegno e la volontà politica verso politiche di integrazione sociale. Non sempre, non solo è questione di risorse economiche. Spesso è la volontà di approfondimento, di verifica delle opportunità che possono contribuire alla soluzione di qualche problema. Accanto all’impegno verso l’esterno, verso le Istituzioni, accanto alla propria presenza nel sistema aclista, la FAP si propone come luogo di ascolto, di servizio, di informazione verso gli anziani e pensionati a cominciare dai propri iscritti. In sintesi, in ogni territorio è necessario costruire momenti di verifica con le Istituzioni locali su quattro temi che risultano essere oggi fondamentali: • il fondo non autosufficienza e la declinazione territoriale; • il sistema sanitario integrato; • le politiche della tassazione e delle tariffe locali; • progetti di nuova socialità per i diversamente giovani. (ottobre 2014)

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Attualità

Cittadinanza italiana al 18° anno di etA

La cittadinanza è la condizione giuridica - cioè l’insieme dei diritti e dei relativi obblighi - esistente in capo ad un soggetto appartenente ad un determinato Stato, il cittadino. La cittadinanza italiana è regolata dalla Legge 5 febbraio 1992 n. 91 “Nuove norme sulla cittadinanza”, che ha sostituito una normativa risalente al 1912, e dal suo regolamento di esecuzione, il Decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993 n. 572. Nel nostro ordinamento vige il principio generale dello ius sanguinis, cioè si diventa cittadini perché si è nati da padre o da madre cittadini italiani (art. 1 legge n. 91/92). Eccezione invece è l’applicazione dello ius soli e cioè il fatto di essere cittadini perché si nasce sul territorio italiano. Infatti è cittadino anche chi nasce nel territorio della Repubblica perché figlio di genitori ignoti o apolidi o se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge del loro Stato. Un minore può diventare cittadino italiano perché riconosciuto o dichiarato giudizialmente figlio di cittadino italiano (art. 2). La cittadinanza italiana si ottiene principalmente per: • nascita o adozione da cittadino italiano; • discendenza da cittadini italiani; • matrimonio con cittadino italiano; • residenza c.d. naturalizzazione (5 o 10 anni di regolare presenza e residenza in Italia); minore età; • beneficio di legge. • Uno dei casi più interessanti (per gli altri si rinvia alla normativa citata), e oggi attuali data la forte presenza di minori stranieri che nascono nel nostro Paese, è l’acquisto della cittadinanza italiana da parte di questi al raggiungimento della maggiore età.

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Attualità L’art. 4 comma 2 della Legge n. 91/92 recita: “Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.” Come risulta chiaro dalla lettura dell’articolo di legge i requisiti necessari sono: a) l’essere nati in Italia; b) l’essere stati residenti legalmente in Italia senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età; dichiarare di voler acquistare la cittadinanza entro un anno dall’aver comc) piuto i diciotto anni. Un serio ostacolo all’applicazione di tale modalità di acquisto della cittadinanza è spesso stata la dimostrazione da parte del richiedente della continuità della residenza in Italia dalla sua nascita fino al raggiungimento della maggiore età. Molte volte infatti è risultato impossibile produrre la documentazione attestante tale continuità e cioè il possesso di un regolare permesso di soggiorno (o l’inserimento del minore su quello dei genitori) e la registrazione nell’anagrafe del comune di residenza, ad esempio per precedente irregolarità di soggiorno dei genitori o per un periodo più o meno lungo di non iscrizione del minore all’anagrafe di alcun comune. A nulla valeva provare la continuità della presenza in Italia del minore attraverso altre attestazioni quali l’iscrizione scolastica o i certificati di vaccinazione. A mitigare tale problematica, che stava impedendo a centinaia di ragazzi divenuti maggiorenni di poter chiedere la cittadinanza italiana, è intervenuta la Circolare del Ministero dell’Interno n. 22 del 7.11.2007, prot. K64.2/13 la quale ha chiarito che l’iscrizione anagrafica tardiva del minore presso un comune italiano non è pregiudizievole ai fini dell’acquisto nel caso in cui si sia in grado di dimostrare con idonea documentazione l’effettiva presenza del minore in Italia nel periodo antecedente alla iscrizione anagrafica (es. certificati medici). Ma la definitiva risoluzione di tale problema si è avuta solo con l’articolo 33 del Decreto Legge n. 69 del 21 giugno 2013 cosiddetto “decreto del fare”. Infatti al comma 1, è previsto che “Ai fini di cui all’articolo 4, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, all’interessato non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della Pubblica Amministrazione, ed egli può dimostrare il possesso dei requisiti con ogni altra idonea documentazione” chiarendo in maniera definitiva quale debba essere il comportamento degli uffici, così come la giurisprudenza aveva in precedenza già affermato. Questo per evitare giustamente che errori od omissioni dovute ad altri, sia genitori che dipendenti della P.A., potessero ledere il diritto del minore straniero, una volta diventato maggiorenne, di far valere il suo diritto ad acquisire la cittadinanza italiana per mere mancanze formali rispetto alla effettiva

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Attualità regolare e continuativa presenza in Italia fino al compimento dei 18 anni. Al tempo stesso il decreto ha introdotto una ulteriore disposizione al comma 2, di particolare importanza, laddove si prevede che “gli ufficiali di stato civile sono tenuti al compimento del diciottesimo anno di età a comunicare all’interessato, nella sede di residenza quale risulta all’ufficio, la possibilità di esercitare il diritto di cui al comma 2 del citato articolo 4 della legge 91/92 entro il compimento del diciannovesimo anno di età. In mancanza, il diritto può essere esercitato anche oltre tale data”. La richiesta, cioè la dichiarazione di volontà di acquisire la cittadinanza italiana, deve essere resa dall’interessato all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di residenza. L’acquisto della cittadinanza decorrerà dal giorno successivo a quello in cui la dichiarazione è stata resa. È venuta così definitivamente meno quella prassi che aveva costretto molti a vedersi negato ingiustamente il diritto di essere riconosciuti cittadini nel Paese in cui sono nati e cresciuti. Resta comunque aperto il problema del riconoscimento della cittadinanza italiana al minore straniero nato in Italia, e quindi al riconoscimento dello ius soli, seppure con alcune lievi limitazioni.

RISORSE WEB

www.

www.normattiva.it

Legge n. 91 del 5.2.1992 Decreto Presidente Repubblica n. 572 del 12.10.1993 Art. 33, Decreto Legge n. 69 del 21.6.2013 convertito in Legge n. 98 del 9.8.2013

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Attualità

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Integrazione al minimo: lavoratori italiani, migranti e stranieri

Il numero crescente di stranieri che rientra nella categoria di lavoratori tutelati dalle convenzioni internazionali è sempre più in crescita, specialmente grazie all’allargamento della Unione europea e dunque alle pensioni da liquidare in regime comunitario. È dunque utile fare memoria delle disposizioni che regolano le pensioni in convenzione UE ed a livello bilaterale. In particolare giova soffermarsi sulle norme che regolano le pressoché residue possibilità di integrazione al trattamento minimo atteso che molti di questi soggetti possono raggiungere importi spesso molto modesti.

Premessa: pensioni in regime “autonomo” Pensioni in regime “autonomo”, contribuzione ante 96 In premessa giova ricordare che per il diritto e la misura della pensione, sia per i cittadini italiani che stranieri, il discrimine è rappresentato dalla legge di riforma Dini 335/95. Vale a dire che, in presenza di diritto a pensione con la sola contribuzione italiana, ove in presenza di almeno un contributo anteriore al 1995, si rientra nel sistema retributivo o misto le cui regole consentono l’acquisizione del trattamento minimo, alle condizioni vigenti dalla normativa italiana e modificatesi nel tempo (in particolare limiti reddito personali e del coniuge). Il trattamento minimo di queste pensioni “autonome” (è evidente che ogni attività prestata in paesi extraeuropei non convenzionati non ha alcuna rilevanza) si può percepire in Italia ovvero è esportabile al rientro in patria del cittadino straniero ovvero nello stato di espatrio del cittadino italiano.

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Attualità NOTA BENE In ambito europeo dal 1992, in tutti i 28 stati dell’Unione, non sono esportabili le integrazioni al trattamento minimo di pensioni anche in regime “autonomo” con la sola contribuzione italiana. (sono comprese nell’ambito UE anche l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia ed anche, dal 2002, la Svizzera in virtù degli accordi bilaterali tra quest’ultimo Stato e la UE). In questo divieto rientrano i molti cittadini stranieri neocomunitari (romeni, polacchi, bulgari, sloveni, etc.) al loro rientro in patria.

Pensioni in regime autonomo, contribuzione post 95 Sempre in premessa giova invece ricordare che in presenza di contribuzione solo successiva al 31.12.1995 vige per gli stranieri come per gli italiani, con le regole del sistema contributivo puro, l’impossibilità di acquisire ogni tipo di integrazione al minimo. Giova comunque ricordare che per i cittadini italiani o stranieri residenti in Italia ai fini del conferimento dell’assegno sociale non concorre a formare reddito la pensione liquidata secondo il sistema contributivo a carico di gestioni ed enti previdenziali pubblici e privati che gestiscono forme pensionistiche obbligatorie in misura corrispondente ad un terzo della pensione medesima e comunque non oltre un terzo dell’assegno sociale. Concretamente questo vuol dire, ad esempio, che una pensione contributiva di 300,00 € per un terzo (100,00 €, ma entro un massimo di 149,20 € - un terzo dell’assegno sociale -) non conta ai fini della percezione dell’assegno sociale. Dunque, in assenza di ogni altro reddito si potrebbe percepire un assegno sociale (importi 2014) di 227,60 € (derivante dall’importo dell’assegno sociale intero 447,60 € decurtato dall’importo della pensione contributiva che è di 200 € anziché 300 €).

Pensioni in convenzione internazionale A fronte di cittadini italiani e stranieri che, avendo lavorato in più stati tra loro non convenzionati possono ottenere la pensione in Italia solo in presenza di un requisito autonomo sopra indicato, e con diritto eventuale all’integrazione al minimo come sopra descritto, invece i cittadini italiani o stranieri che hanno lavorato in più paesi tra loro convenzionati possono acquisire il diritto a pensione con la totalizzazione dei periodi assicurativi maturati in ciascuno stato.

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Attualità A questo riguardo è possibile suddividere questa categoria in due grandi sottogruppi:

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requisito maturato con totalizzazione dei periodi assicurativi in ambito UE. Rientrano in questo raggruppamento tutti i lavoratori che hanno lavorato in più di uno stato dei 28 paesi aderenti alla UE. Essendo oramai molto numerosi è bene elencarli anche perché l’appartenenza ad uno di questi stati conferisce il requisito di cittadino comunitario: Italia, Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Regno Unito, Austria, Belgio, Paesi Bassi, Grecia, Irlanda, Malta, Lussemburgo, Cipro, Finlandia, Svezia, Danimarca, Romania, Polonia, Bulgaria, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania, Croazia (ultimo ingresso nel 2013). Sono inclusi nei paesi UE anche gli stati aderenti allo Spazio Economico Europeo e cioè l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia ed anche la Svizzera in virtù degli accordi bilaterali tra quest’ultimo stato e la UE). Il riferimento normativo è il regolamento UE 883/2004.

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requisito maturato con totalizzazione dei periodi assicurativi riconosciuti da convenzioni bilaterali tra Italia e ciascuno Stato convenzionato. Giova avere presenti gli stati convenzionati che sono i seguenti: Argentina, Australia, Brasile, Canada-Quebec, Bosnia Erzegovina, Repubblica di Capoverde, Jersey e isole del Canale, Macedonia, Principato di Monaco, Montenegro, San Marino, Serbia, Stati uniti d’America, Stato Città del Vaticano, Tunisia, Turchia, Uruguay, Venezuela. Il riferimento normativo in questa evenienza va ricercato i ciascuna convenzione bilaterale.

In linea di massima è comunque noto che il diritto a pensione si acquisisce tenendo conto della somma dei periodi contributivi o assicurativi maturati in ciascuno stato, fermo restando che poi ognuno di essi liquida la propria quota (pro-rata) alle condizioni e secondo le regole di calcolo di ciascuno stato. Tale metodo vale per le convenzioni bilaterali ma anche in ambito UE atteso che i regolamenti comunitari, ai fini della libera circolazione, coordinano i diversi regimi che sono e restano molto diversi tra loro. Per l’Italia il diritto a pensione, anche con il cumulo dei periodi contributivi ed assicurativi esteri, tiene conto delle norme che si sono succedute nel tempo, ivi comprese le disposizioni ora vigenti della “riforma Fornero”.

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Attualità L’integrazione al minimo Stabilito il diritto a pensione bisogna valutare a quali condizioni è possibile maturare l’integrazione al minimo prevista dalla normativa italiana e ferme restando le norme generali che regolano il diritto a questa integrazione (si ricorda ancora tra l’altro il limite reddituale personale e del coniuge). La pensione conseguita in convenzione è integrabile al trattamento minimo tenendo presente che l’integrazione scatta nelle situazioni nelle quali la somma dei pro-rata di pensione italiano ed estero non raggiunge il trattamento minimo.

ESEMPIO Pensione italiane 150,00 €, pensione estera 200,00 € Totale 350,00 € Integrazione possibile fino a 501,38 € (trattamento minimo 2014)

NOTA BENE Dal 1996, ai fini dell’integrazione della quota di pensione italiana si deve anche considerare, salvo poche eccezioni, l’aggiornamento dei pro-rata esteri con verifiche annuali anche a seguito della perequazione automatica.

Residenti in Italia Per gli italiani e gli stranieri residenti in Italia l’integrazione è possibile sia in presenza di totalizzazione in regime UE (quindi in presenza di pensione maturata con l’Italia e con ciascuno stato UE) che in regime di convenzione bilaterale: Argentina, Australia, Brasile, Bosnia Erzegovina, Repubblica di Capoverde, Macedonia, Principato di Monaco, Montenegro, San Marino, Serbia, Stati uniti d’America, Stato Città del Vaticano, Tunisia, Uruguay. Per i residenti in Italia solo la totalizzazione con alcuni Stati richiede, per la tipologia di convenzione bilaterale in essere che consente le limitazione poste in essere dalla legislazione italiana, anche un requisito contributivo minimo derivante da effettiva attività lavorativa italiana. Tale periodo contributivo minimo dal febbraio 1995 è di 10 anni (520 contributi settimanali).

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Attualità Si trattava di un anno di contributi fino al gennaio 1991 e di cinque anni per le pensioni con decorrenza successiva fino al gennaio 1995. Gli stati convenzionati con l’Italia ai quali si applica questa limitazione sono: Canada-Quebec, Jersey e isole del Canale, Turchia e Venezuela. Residenti all’estero Per gli italiani o gli stranieri titolari di una pensione italiana acquisita in totalizzazione con contribuzione di stati UE ovvero convenzionati è necessario distinguere il luogo di residenza: Residenza in ambito UE, Islanda, Liechetenstein, Norvegia e (dal 1.6.2002) Svizzera, l’integrazione al trattamento non è in ogni caso esportabile fin dal 1992, allorché apposito regolamento comunitario lo ha espressamente escluso. Residenza in altri stati convenzionati: l’integrazione al trattamento minimo è possibile dal febbraio 1995 a condizione che la pensione in totalizzazione sia stata conseguita con almeno 520 contributi settimanali di attività in costanza di rapporto di lavoro in Italia. Fino a settembre 1992 bastava un anno di contributi effettivi, divenuti cinque anni da ottobre 92 a gennaio 95.

NOTA BENE Prestazioni assistenziali È solo il caso di ricordare che non sono in ogni caso esportabili le prestazioni assistenziali (assegno sociale, invalidità civili, indennità di accompagnamento, etc.), nemmeno in ambito UE.

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Dossier 5 2014

Garanzia Giovani


Garanzia Giovani

L’Unione Europea, con Decisione C(2014) 4969 del 11/07/2014 ha approvato il “Programma Operativo Nazionale Iniziativa Occupazione Giovani” (in breve “Programma Garanzia Giovani”), cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo nell’ambito dell’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile. In tale ambito sono stati previsti dei finanziamenti per i Paesi Membri con tassi di disoccupazione superiori al 25%, che saranno investiti in politiche attive di orientamento, istruzione e formazione e inserimento al lavoro, a sostegno dei giovani che non sono impegnati in un’attività lavorativa, né inseriti in un percorso scolastico o formativo (i cosiddetti Neet - Not in Education, Employment or Training, ovvero non inseriti né in attività formative, né lavorative, né di tirocinio). Lo Stato italiano ha definito e sviluppato una strategia articolata su un insieme di azioni, la cui attuazione coinvolge le Regioni e la provincia Autonoma di Trento. È infatti noto come le situazioni di “scoraggiamento” da un lato non fanno nemmeno emergere il potenziale lavorativo, né danno luogo a forme occupazionali comunque esse siano, alimentando un sommerso che nemmeno viene evidenziato come stato di disoccupazione, stato che richiede l’iscrizione al centro per l’impiego per la ricerca del posto di lavoro. Sulla base di una Raccomandazione europea del 2013, (un atto normativo di indirizzo) l’Italia dovrà garantire ai giovani al di sotto dei 30 anni un’offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio, entro 4 mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema d’istruzione formale. Quindi per i giovani tra i 15 e i 29 anni, residenti in Italia - cittadini comunitari o stranieri extra UE, regolarmente soggiornanti - non impegnati in un’attività lavorativa né inseriti in un corso scolastico o formativo, la Garanzia Giovani è un’iniziativa “attiva” che si pone l’obiettivo di aiutare i giovani ad entrare nel mondo del lavoro rilevando capacità, attitudini e formazione acquisita. Dunque il programma è un insieme di iniziative, servizi informativi, percorsi personalizzati, incentivi che vedono l’attivazione di soggetti pubblici e privati

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e che potrà avere successo in relazione alla qualità ed alla concretezza di questi servizi e, certamente, in fondo, alla ricettività del sistema economico sfruttando gli incentivi che in verità non sono eccezionali e che le aziende dovranno confrontare con ogni altro incentivo disponibile incumulabile ma da verificare con la normativa sul lavoro in fase di approvazione. Popolazione INTERESSATA di 15-24 e 15-29 anni (dati in migliaia) ANNO 2012 Regione

15-24

15-29

Popolaz. totale

Non occupati

Piemonte

385

296

66

609

360

109

Valle d’Aosta

11

8

2

18

10

2

Lombardia

902

691

132

1.426

830

230

Trentino Alto Adige

110

74

12

169

89

22

Veneto

459

344

74

719

417

122

Friuli - Venezia Giulia

102

83

17

161

102

29

Liguria

131

104

20

203

129

36

Emilia - Romagna

372

283

55

596

347

94

Toscana

320

251

50

508

318

93

Umbria

82

64

14

132

82

25

Marche

146

115

22

231

144

41

Lazio

560

471

107

882

609

190

Abruzzo

135

108

24

214

143

42

Molise

34

29

6

53

40

13

Campania

738

650

225

1.122

904

397

Puglia

473

400

127

725

535

226

Basilicata

66

58

16

102

80

30

Calabria

240

214

72

373

295

126

Sicilia

611

538

192

933

747

352

Sardegna

165

139

42

263

190

75

6.041

4.920

1.274

9.439

6.370

2.254

Totale Italia

Neet

Popolaz. Non totale occupati

Neet

Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat-RCFL media 2012

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Ruolo delle regioni Accanto al Piano Nazionale le regioni devono tradurre il medesimo a livello territoriale, attraverso propri piani attuativi, in modo da garantire una strategia unitaria. In sostanza esse hanno una funzione di coordinamento dell’organizzazione della “rete” dei servizi pubblici per l’Impiego e dei servizi privati accreditati che hanno il compito di svolgere funzioni di accoglienza, orientamento e individuazione delle potenzialità dei giovani al fine di proporre percorsi in linea con le capacità professionali o di aggiornamento professionale. Oltre ai centri per l’impiego (pubblici) tra i servizi privati sono accreditati una molteplicità di soggetti tra cui più o meno tutte le agenzie di somministrazione di lavoro. Spetta alle Regioni quindi indirizzare i giovani ai diversi Servizi per l’Impiego presso cui dovranno fare il primo colloquio di orientamento. Il servizio è fruibile in qualunque punto del territorio nazionale, anche in una Regione diversa da quella di residenza. Ripartizione risorse Garanzia Giovani

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Regione

Risorse in migliaia di euro

% del totale

Abruzzo

31.200

2,2

Basilicata

17.200

1,2

Calabria

67.700

4,8

Campania

191.600

13,6

Emilia Romagna

74.200

5,2

Friuli Venezia Giulia

19.300

1,4

Lazio

137.200

9,7

Liguria

27.200

1,9

Lombardia

178.400

12,6

Marche

29.300

2,1

Molise

7.700

0,5

Piemonte

97.400

6,9

Puglia

120.400

8,5

Sardegna

54.200

3,8

Sicilia

178.800

12,7

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Toscana

64.900

4,6

P.A. Trento

8.400

0,6

Umbria

22.800

1,6

Valle D’Aosta

2.300

0,2

Veneto

83.200

5,9

Distribuzione nazionale risorse YG per misura (%) Tirocinio extra-curriculare, anche in mobilità geografica 21,3%

Accoglienza, presa in carico e orientamento 11,0%

Sostegno all’autoimpegno e all’autoimprenditorialità 5,7% Servizio civile 6,5%

Accompagnamento al lavoro 14,7%

Mobilità professionale transnazionale e territoriale 2,6% Apprendistato 4,5%

Formazione 20,3% Bonus occupazionale 13,5% Fonte: Elaborazioni Isfol su dati estratti dalle convenzioni stipulate fra Ministero del Lavoro e le singole Regioni

Iscrizione ed accoglienza Il punto di partenza è la registrazione al programma inserendo i dati personali in un modulo online nel portale nazionale o nei portali regionali. Se ci si rivolge ad un servizio accreditato (ad esempio centro per l’impiego, etc.) l’iscrizione online può avvenire anche con l’aiuto del centro stesso. In una prima fase nello sportello che verrà indicato dalla Regione, si potranno acquisire le informazioni sui contenuti e sui servizi previsti dal programma per avere un orientamento rispetto ai servizi disponibili. In altri termini questa fase informativa serve a far conoscere gli obiettivi del programma, la sua attuazione, la rete dei servizi autorizzati e accreditati. Servirà anche a conoscere le misure disponibili ed il loro funzionamento (tirocini, servizio civile, percorsi formativi utili, inserimenti lavorativi effettivi) e le modalità per accedervi.

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L’orientamento Dopo la fase informativa deve iniziare una effettiva attività di orientamento. Vi sarà pertanto un colloquio individuale con un operatore in grado di cogliere le esigenze dell’utente. Al termine l’operatore ha il compito di individuare un percorso di inserimento personalizzato coerente con le caratteristiche personali, formative e professionali. Verrà quindi consigliato il percorso più adatto che può essere ad esempio un approfondimento formativo, un tirocinio, o una vera e propria attività lavorativa disponibile. Quindi un primo livello di orientamento in sostanza consisterà nella compilazione di una scheda anagrafico-professionale contenente i dati personali e formativi professionali. Una informazione sui settori trainanti e le conseguenti possibilità di impiego nel territorio di riferimento, i requisiti richiesti, comprese le competenze, la formazione ed i titoli di studio più richiesti. Segue l’analisi del profilo e valutazione del tipo di bisogno (profiling) sulla base di variabili quali: il genere, l’età, il titolo di studio posseduto, la cittadinanza, la condizione (status) lavorativa dell’anno precedente, il tipo di nucleo familiare, la Regione e la Provincia di residenza, etc. L’individuazione del percorso più idoneo in relazione alle caratteristiche socio-professionali rilevate e alle opportunità offerte dalla Garanzia Giovani. La stipula del “Patto di servizio” con il Servizio per l’Impiego e registrazione delle misure e dei servizi individuati e progettati durante il colloquio. Un eventuale rinvio ad altri uffici per servizi o misure specifiche (ad esempio sviluppo di una competenza linguistica, o altro). Può essere possibile anche una fase di orientamento più complessa (2° livello) per costruire un progetto professionale con valutazioni anche più sofisticate in relazione alle esigenze richieste dai possibili sbocchi professionali disponibili.

La formazione Il progetto Garanzia Giovani contempla anche fasi formative per l’acquisizione di conoscenze e competenze immediatamente spendibili nel mercato del lavoro. La formazione prevista è di duplice tipo. Per l’inserimento lavorativo in relazione ai profili di fabbisogno espresso dalle imprese anche attraverso l’acquisizione di competenze dirette sul campo. Sono possibili dunque corsi individuali o collettivi di durata dalle 50 alle 200 ore.

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L’altro tipo di formazione si rivolge invece ai giovani dai 15 ai 19 anni privi di qualifica o diploma, in percorsi di istruzione e formazione professionale, allo scopo di consolidare le conoscenze di base e favorire il successivo inserimento nel mondo del lavoro e nella società. La transizione dei giovani verso il mercato dell’occupazione si basa, infatti, essenzialmente sul sistema d’istruzione e formazione. In sostanza un rimedio alla carenza di qualifiche formali ed effettive. Il programma Garanzia Giovani prevede anche corsi di formazione a distanza online. In questo caso è necessario consultare la sezione E-learning di ClicLavoro per avere maggiori informazioni.

L’accompagnamento al lavoro L’accompagnamento al lavoro è la fase più diretta di inserimento lavorativo di cui si occupano i soggetti autorizzati/accreditati che dovrebbero rappresentare un network in grado di individuare le opportunità offerte dalle aziende del territorio. Questa fase si può realizzare attraverso, ad esempio, un contratto di apprendistato, un supporto nella definizione di un progetto professionale, offrire un supporto al vero e proprio ingresso nel mercato del lavoro. Le modalità procedurali prevedono l’individuazione delle opportunità occupazionali più adatte (scouting), l’incrocio domanda offerta (matching) tra lavoratore ed azienda ed alla conseguente definizione della tipologia contrattuale più funzionale e possibile.

Apprendistato Ove venga stipulato un contratto di apprendistato valgono le regole generali che caratterizzano questo tipo di rapporto di lavoro. Si ricorda comunque che l’apprendistato è un contratto di lavoro finalizzato alla formazione, all’occupazione e al primo inserimento lavorativo: l’azienda è obbligata a trasmettere le competenze pratiche e le conoscenze tecnicoprofessionali attraverso un’attività formativa che va ad aggiungersi alle competenze acquisite in ambito scolastico/universitario/di ricerca. Può usufruire di questa misura chi rientra nella fascia d’età 15-29 anni. Esistono tre tipi di apprendistato: • apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale; • apprendistato professionalizzante o Contratto di mestiere; • apprendistato per l’Alta formazione e la Ricerca.

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La durata minima del periodo di formazione in apprendistato è di 6 mesi. Il livello di inquadramento contrattuale non potrà essere inferiore di due livelli rispetto a quello del lavoratore che svolge la stessa mansione. Al termine del periodo di apprendistato, l’impresa stabilirà se proseguire il rapporto di lavoro oppure recedere, fornendo il preavviso secondo i termini stabiliti dal contratto collettivo.

Tirocini Se nel percorso di accompagnamento viene individuata la possibilità e l’opportunità di un tirocinio presso una azienda si applicano le disposizioni dei tirocini in base a linee guida che regolano la materia (definite nell’accordo tra Governo e Regioni del 24.1.2013). Il tirocinio ha durata di 6 mesi. I mesi sono invece dodici per le persone disabili o svantaggiate. Il tirocinio non è un rapporto di lavoro; il reddito derivante è assimilabile a reddito IRPEF, è incompatibile con la eventuale percezione di ammortizzatori sociali (ASPI/mobilità) e consente il mantenimento dello status di disoccupato. I tirocini hanno l’obiettivo di agevolare scelte professionali e di aumentare le possibilità occupazionali, saldando il rapporto tra formazione ed attività lavorativa anche nell’ipotesi di reinserimento lavorativo. Sono possibili tirocini anche al di fuori del proprio ambito geografico o addirittura a livello transnazionale per rafforzare il proprio curriculum e verificare a livello più ampio le proprie possibilità professionali ed anche uno spettro più ampio di possibilità occupazionali. Il tirocinio comporta il riconoscimento di una un’indennità mensile fino a 500 euro e quindi non superiore a 3.000 euro in tutto il periodo (fino a 6.000 euro per disabili e soggetti svantaggiati). Il contributo sarà più alto ove il tirocinio si svolga fuori dal territorio nazionale, grazie a un voucher parametrato sulla base delle attuali tabelle CE dei programmi di mobilità. Per ogni persona assunta con un rapporto di lavoro subordinato entro 60 giorni dalla conclusione del tirocinio, il datore di lavoro riceverà un incentivo economico.

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Servizio Civile Nazionale Volontario È stata inserita in questo programma anche l’opportunità di fruire del Servizio Civile Nazionale Volontario ben noto per la realizzazione di principi di solidarietà sociale, per la salvaguardia del patrimonio, per progetti di formazione civica, di attività sociale, culturale e professionale. Il servizio civile, quindi, permette l’esplicazione di una esperienza formativa di crescita civica e di partecipazione sociale, operando concretamente all’interno di progetti di solidarietà, cooperazione e assistenza. Un’esperienza che può aiutare ad entrare in contatto sia con realtà di volontariato sia con diversi ambiti lavorativi, favorendo l’acquisizione di competenze trasversali che facilitano l’ingresso nel mercato del lavoro. Ai progetti di servizio civile possono partecipare cittadini italiani, maschio o femmina, tra i 18 e i 28 anni (28 anni e 364 giorni) di età. È necessario rivolgersi ad organizzazioni pubbliche o private che abbiano presentato idonei progetti all’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile (UNSC) o all’Ufficio di competenza regionale e fare domanda di partecipazione alla selezione. La fascia di età può variare a seconda dei singoli programmi regionali. Il servizio ha la durata di 12 mesi. È possibile scegliere tra i progetti presenti sul territorio regionale o addirittura provinciale e comunale. Le aree di intervento in cui prestare il servizio civile sono i settori dell’assistenza alle persone, protezione civile, ambiente, patrimonio artistico e culturale, educazione e promozione culturale e servizio civile all’estero. Il guadagno mensile netto è di 433,80 euro. In caso di progetti svolti all’estero, in aggiunta al compenso mensile, è prevista un’indennità di 15 euro giornalieri per tutto il periodo di effettiva permanenza all’estero. L’orario di svolgimento del servizio è stabilito in relazione alla natura del progetto, e prevede comunque un impegno settimanale dalle 24 alle 36 ore o monte ore annuo non inferiore alle 1.400 ore complessive. Possono presentare progetti di servizio civile tutti i soggetti pubblici e privati accreditati presso l’Albo nazionale, gli Albi regionali e delle Province autonome del Servizio Civile Nazionale. La formazione, suddivisa in due fasi, si effettua negli Enti presso i quali si svolge il servizio stesso. La prima (formazione generale) consiste nella presentazione del Servizio Civile e dei principi che lo regolano. La seconda fase (formazione specifica) entra nello specifico degli argomenti trattati dal pro-

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getto definendo e fornendo informazioni, metodi e supporti per lo svolgimento delle attività del servizio. Tutto questo in capo alla figura del formatore, dell’Operatore Locale di Progetto (OLP) che deve essere punto di riferimento.

Assistenza per la creazione di impresa Rientrano nel piano Garanzia Giovani anche le attività volte a promuovere e a dare attuazione a idee di attività imprenditoriali. Per i giovani fino a 29 anni, sono previsti servizi in grado di rispondere ai diversi bisogni in fase di startup e nelle fasi successive, favorendo l’accesso a incentivi per la creazione di impresa (ad esclusione del contributo a fondo perduto) e/o l’attivazione degli incentivi pubblici nazionali e regionali. Questa forma di supporto è in capo ad operatori qualificati dei Servizi per l’Impiego che dovranno offrire assistenza personalizzata nelle varie fasi del progetto imprenditoriale: dallo startup all’accesso agli strumenti di credito e microcredito, alla fruizione degli incentivi. Dopo le azioni preliminari, informative e di consulenza, verrà proposto un percorso mirato che si svolgerà nelle seguenti fasi: • formazione per il business plan (il documento che sintetizza le caratteristiche del progetto imprenditoriale); assistenza personalizzata per la stesura del business plan; • supporto all’accesso al credito e alla finanziabilità; • servizi a sostegno della costituzione dell’impresa; • sostegno allo startup. • Se l’idea imprenditoriale sarà valutata positivamente, sarà possibile ottenere facilitazioni nell’accesso al credito attraverso un Fondo di Garanzia, anche non disponendo delle garanzie necessarie per ottenere un prestito bancario. Sarà possibile ottenere aiuto diretto o indiretto da: Sistema delle Camere di Commercio, Invitalia, Servizi per l’autoimpiego e l’autoimpresa avviati presso i Servizi competenti al lavoro, Regioni ed Enti locali, con particolare riguardo per i SUAP (Sportelli Unici delle Attività Produttive) dei Comuni, Associazioni di categoria, Università, organismi non profit etc.

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Mobilità professionale nazionale e transnazionale Con il programma Garanzia Giovani è anche possibile fare un’esperienza di lavoro all’estero, o anche solo in un’altra Regione. Il programma incoraggia la mobilità dei giovani lavoratori in Italia e negli altri paesi dell’Unione Europea attraverso un voucher che copre i costi di viaggio e alloggio per la durata di 6 mesi. Chi è interessato può rivolgersi al Servizio per l’Impiego per avere: • informazioni sulle possibilità di lavoro in Italia e in Europa; • supporto alla ricerca dei posti di lavoro; • assistenza nelle pratiche di assunzione. Questo sostegno alla mobilità professionale si rivolge sia ai giovani alla ricerca di sbocchi professionali in Europa sia alle imprese interessate ad assumere personale in altri paesi europei. Al fine di facilitare la libera circolazione dei lavoratori nell’UE, è fondamentale il ruolo dei Servizi competenti, come la Rete EURES, la rete europea dei Servizi Per l’Impiego, coordinata dalla Commissione Europea, a cui partecipano anche i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro. La Rete Eures in Italia si compone di 64 consulenti (Eures Advisers) e circa 400 referenti dislocati su tutto il territorio nazionale che svolgono attività di consulenza e servizio di collocamento: gli Eures Adviser forniscono informazioni sul mercato del lavoro europeo e favoriscono l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Promuovono, inoltre, la cooperazione transnazionale e transfrontaliera, aiutando a rimuovere gli ostacoli alla mobilità come ad esempio le differenze nella legislazione e nelle procedure amministrative tra i diversi paesi europei. Per informazioni più articolate è necessario fare riferimento al portale Eures con le numerose offerte di lavoro provenienti da tutta Europa e scoprire i progetti di selezione promossi dalle rete Eures Italia. Più in specifico per le condizioni di vita e di lavoro in ogni paese europeo si può fare riferimento alla sezione “Living and working in Europe”.

Bonus occupazionale per le imprese Il progetto prevede infine agevolazioni concrete (economiche) per le imprese che assumono i giovani in questione.

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Sono previste diminuzioni del costo del lavoro per specifiche tipologie contrattuali, in modo da supportare economicamente l’ingresso e la stabilizzazione nel mercato del lavoro. Il Decreto Direttoriale n. 1709 dell’8 agosto 2014 disciplina l’attuazione della misura fissando anche le risorse finanziarie disponibili, a livello regionale e provinciale, entro cui l’incentivo può essere concesso e che, nell’insieme, sono pari a euro 188.755.343,66. Grazie a questa misura, le aziende ottengono un bonus se attivano: • un contratto a tempo determinato o in somministrazione per 6-12 mesi • un contratto a tempo determinato o in somministrazione superiore a 12 mesi un • contratto a tempo indeterminato (anche in somministrazione) L’agevolazione non spetta per l’assunzione a scopo di somministrazione qualora l’agenzia somministrante fruisca, in relazione alla medesima assunzione, di una remunerazione per l’attività di intermediazione ed accompagnamento al lavoro, nell’ambito del Programma Garanzia Giovani o di altri programmi a finanziamento pubblico. L’INPS è stato individuato come soggetto intermedio per l’attuazione della misura “Bonus occupazione”. L’INPS dunque è competente alla completa gestione mediante le risorse attribuite. Ripercorriamo la disciplina del bonus così come illustrata nella circolare INPS n. 118/2014 che dà attuazione al decreto direttoriale sopra citato e che rende concretamente fruibili i benefici. Datori di lavoro ai quali può essere concesso o meno L’incentivo è escluso per il contratto di apprendistato, per il lavoro domestico, intermittente, ripartito e accessorio. Non rientrano, altresì, nella misura i tirocini e il servizio civile. L’incentivo può essere riconosciuto ai datori di lavoro privati, a prescindere dalla circostanza che siano imprenditori. Lavoratori per i quali spetta l’incentivo L’incentivo spetta per l’assunzione di giovani che si registrano al Programma tramite iscrizione al portale Garanzia Giovani avendone i requisiti sopra indicati. I minorenni possono registrarsi se hanno assolto al diritto dovere all’istruzione e formazione; il requisito di età si intende posseduto se, il giorno della registrazione al “Programma”, il giovane non ha ancora compiuto il trentesimo anno di età. Il giovane all’atto dell’assunzione viceversa, anche se iscritto prima, deve aver compiuto i 16 anni di età.

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La condizione di “NEET” ovvero non inserito in programmi formativi o di lavoro deve essere posseduta anche al momento dell’assunzione. Come più sopra accennato i giovani iscritti a seguito dei colloqui presso i centri per l’impiego ovvero con soggetti privati accreditati, vengono “profilati” ovvero ottengono l’attribuzione di un indice che stima il grado di difficoltà del giovane nella ricerca di un’occupazione. Le 4 classi previste: Classe di profilazione

Difficoltà

1

Bassa

2

Media

3

Alta

4

Molto alta

Al termine dei colloqui individuali, il giovane “profilato” viene “preso in carico” dal centro per l’impiego o dal soggetto privato accreditato. La registrazione del giovane al Programma, le informazioni fornite e la classe di profilazione attribuita vengono trascritte informaticamente - a cura dei servizi informatici del Ministero del lavoro e delle Regioni interessate - in una scheda allegata alla Scheda anagrafico professionale del lavoratore prevista dal D.Lgs. 181/2000 e successive modifiche e integrazioni. Rapporti incentivati L’incentivo spetta per le assunzioni a tempo determinato - anche a scopo di somministrazione - di durata pari o superiore a sei mesi e per le assunzioni - anche a scopo di somministrazione - a tempo indeterminato; l’incentivo spetta anche per i rapporti di lavoro subordinato instaurati in attuazione del vincolo associativo con una cooperativa di lavoro. L’incentivo spetta per le assunzioni effettuate dal 3 ottobre 2014 - giorno successivo alla pubblicazione del decreto direttoriale nella sezione legale del sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - al 30 giugno 2017. L’incentivo spetta anche in caso di rapporto a tempo parziale, purché sia concordato un orario di lavoro pari o superiore al 60% dell’orario normale. L’incentivo spetta a condizione che il rapporto di lavoro si svolga in una delle regioni o nella provincia autonoma elencate nell’allegato 1 del decreto direttoriale. Per i rapporti - compresi quelli a scopo di somministrazione - che si svolgono in Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia o Puglia, l’incentivo spetta solo per le assunzioni a tempo indeterminato.

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Si precisa che l’incentivo spetta anche se il rapporto di lavoro si svolge al di fuori della provincia di competenza del centro per l’impiego o dell’ambito territoriale di accreditamento del soggetto privato, responsabili dell’attuazione del Programma “Garanzia Giovani” nei confronti dello specifico giovane. In favore dello stesso lavoratore l’incentivo può essere riconosciuto per un solo rapporto: una volta concesso, non è possibile rilasciare nuove autorizzazioni né per proroghe dello stesso rapporto né per nuove assunzioni, effettuate dallo stesso o da altro datore di lavoro. In deroga al principio - appena illustrato - per cui l’incentivo è autorizzabile una sola volta per ogni lavoratore, è possibile rilasciare una seconda autorizzazione per lo stesso lavoratore nelle ipotesi di trasformazione a tempo indeterminato - anche a scopo di somministrazione - di un precedente rapporto a tempo determinato, per il quale sia già autorizzato l’incentivo. Sempre in deroga al suddetto principio, è possibile rilasciare una seconda autorizzazione per lo stesso lavoratore in favore del datore di lavoro che assuma a tempo indeterminato il lavoratore precedentemente utilizzato mediante somministrazione già agevolata; la deroga opera se la somministrazione si sia svolta nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo determinato e a condizione che l’assunzione a tempo indeterminato sia effettuata senza soluzione di continuità rispetto alla somministrazione. L’incentivo spetta anche per i rapporti di lavoro con operai agricoli a tempo indeterminato (OTI) e determinato (OTD). Per i rapporti a tempo determinato l’incentivo spetta a condizione che la prestazione si svolga senza soluzione di continuità per il periodo minimo di sei mesi stabilito dal decreto. Misura dell’incentivo L’ammissibilità e l’importo dell’incentivo sono determinati dalla classe di profilazione attribuita al giovane e dal contratto di lavoro concluso, secondo il seguente schema. Rapporto di lavoro

Bassa

Media

Alta

Molto alta

Rapporto di lavoro a tempo determinato di durata superiore a sei mesi ed inferiore a dodici mesi

-

-

€ 1.500

€ 2.000

Rapporto di lavoro di durata pari o superiore a dodici mesi

-

-

€ 3.000

€ 4.000

€ 1.500

€ 3.000

€ 4.500

€ 6.000

Rapporto a tempo indeterminato

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Classe di profilazione

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Come si evince dal prospetto, non spetta alcun incentivo per l’assunzione a tempo determinato - di qualunque durata - di giovani cui sono attribuite la classe di profilazione “1-BASSA” o “2-MEDIA”. In caso di rapporto a tempo parziale gli importi sopra indicati sono proporzionalmente ridotti: l’importo spettante si ottiene moltiplicando l’importo pieno per la percentuale che indica l’orario parziale rispetto all’orario normale. Nell’ipotesi in cui un datore di lavoro trasformi a tempo indeterminato un rapporto a tempo determinato, per il quale sia stato già autorizzato l’incentivo, spetterà al datore di lavoro un secondo incentivo, il cui importo è pari alla differenza tra la misura prevista per il rapporto a tempo indeterminato e l’importo già fruito per il tempo determinato; in tal caso si fa riferimento alla classe di profilazione utilizzata per la determinazione del primo incentivo. Ai fini della spettanza del secondo incentivo, la trasformazione può avvenire durante o dopo la scadenza del periodo (semestrale o annuale) di godimento del primo incentivo, purché entro la scadenza del rapporto a tempo determinato. Nell’ipotesi in cui un datore di lavoro assuma a tempo indeterminato un lavoratore già utilizzato mediante somministrazione agevolata, spetta al datore di lavoro - qualora ricorrano le condizioni descritte nel paragrafo precedente - l’incentivo previsto per il rapporto a tempo indeterminato, diminuito dell’importo già autorizzato in favore dell’agenzia di somministrazione; anche in questo caso si fa riferimento alla classe di profilazione utilizzata per la determinazione dell’incentivo concesso all’Agenzia di somministrazione. Nel caso di assunzione a tempo indeterminato da parte del datore di lavoro che ha già utilizzato il giovane mediante somministrazione non agevolata, il beneficio spetterà per intero con o senza soluzione di continuità del rapporto. L’incentivo, nei limiti delle risorse stanziate, è autorizzato dall’INPS in base all’ordine cronologico di presentazione delle istanze. È anche previsto un procedimento per accertare la disponibilità delle risorse prima di procedere alla vera assunzione. Condizioni di spettanza dell’incentivo L’incentivo è subordinato: • alla regolarità del rapporto di lavoro, inerente; • l’adempimento degli obblighi contributivi; • l’osservanza delle norme poste a tutela delle condizioni di lavoro; • il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle or-

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• •

ganizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; all’applicazione dei principi stabiliti dall’articolo 4, commi 12, 13 e 15, della Legge 92/2012 ovvero volti in linea di massima ad evitare comportamenti opportunistici o duplicazione di benefici del datore di lavoro; alla circostanza che il relativo importo non superi i limiti complessivamente previsti per gli aiuti di stato in base ai regolamenti comunitari in vigore.

L’incentivo non è cumulabile con altri incentivi all’assunzione, siano essi di natura economica o contributiva. Laddove ricorrano i presupposti per l’applicazione della “Garanzia Giovani” e di sgravi contributivi in senso stretto (es. sgravi per l’assunzione di disoccupati da almeno 24 mesi ex art. 8, co. 9, Legge 407/1990, sgravi per l’assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, ex Legge 223/1991, sgravi ex art. 4, commi da 8 a 11, Legge 92/2012), dovranno essere applicati gli sgravi in senso stretto; laddove ricorrano i presupposti per l’applicazione della “Garanzia Giovani” e di altri benefici non contributivi in senso stretto - anche se concretamente fruibili mediante conguaglio nelle denunce contributive (es. benefici per l’assunzione di giovani genitori ex Decreto del Ministro della Gioventù del 19 novembre 2010, di giovani tout court ex art. 1 D.L. 76/2013) - il datore di lavoro potrà scegliere quale incentivo chiedere. Il datore di lavoro inoltra all’INPS una domanda preliminare di ammissione all’incentivo tramite il modulo di istanza on-line “GAGI” (vedi sul sito INPS). Fatte le opportune verifiche circa l’iscrizione e la profilazione del giovane in via telematica, determina l’importo dell’incentivo, verifica la disponibilità di risorse e comunica che è stato prenotato in favore del datore di lavoro l’incentivo calcolato per il lavoratore nell’istanza preliminare. La comunicazione è accessibile all’interno di apposita applicazione sempre sul sito INPS. Entro sette giorni lavorativi dalla ricezione della comunicazione di prenotazione dell’INPS, il datore di lavoro deve - se ancora non lo ha fatto - effettuare l’assunzione. A pena di decadenza, entro quattordici giorni lavorativi dalla ricezione della comunicazione di prenotazione dell’Istituto, il datore di lavoro ha l’onere di comunicare l’avvenuta assunzione, chiedendo la conferma della prenotazione effettuata in suo favore. L’istanza di conferma costituisce domanda definitiva di ammissione al beneficio.

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Quadro riepilogativo dello stato di avanzamento del progetto a fine ottobre Lo stato di avanzamento del progetto può essere rilevato dai report pubblicati periodicamente. Alla fine di ottobre 2014, risultano iscritti al programma circa 262.000 giovani (il 52% circa uomini ed il 48% donne). Il 51% riguarda giovani di età tra 19 e 24 anni, il 39% giovani dai 25 ai 29 anni ed il 10% dai 15 ai 18 anni. Le iscrizioni sono arrivate, suddivise più o meno a metà, attraverso i portali regionali ed a quello nazionale. Il 19% di questi giovani risulta laureato, il 57% diplomato e, ben il 24%, titolare del solo titolo di terza media. La provenienza maggiore è dalla Sicilia (14,9%) e dalla Campania (13,8%). Essendo previsto dalla normativa, l’8% si è iscritto anche al di fuori della propria regione di residenza. Le regioni che hanno raccolto il maggior numero di iscrizioni dalle regioni esterne sono la Lombardia, il Lazio, la Toscana e l’Emilia Romagna. Dei giovani aderenti al programma, fino ad ora ne sono stati presi in carico circa 65.000. Tra i giovani presi in carico suddivisi per classe di profilazione (stima del grado di difficoltà nella ricerca di una occupazione) al 37% è stato attribuito un indice medio basso, al 33% un indice basso, al 23% un indice medio alto e al 8% un indice alto. La maggiore concentrazione di indici alto o medio alto si trova nel Mezzogiorno. Gli stranieri residenti iscritti al programma sono circa 13.000 (il 22% provenienti da Paesi comunitari - per lo più Polonia, Romania e Bulgaria - ed il 78% da paesi extra UE). Pur considerando i chiarimenti operativi (vedi Circolare 118/2014), molto recenti, relativi agli incentivi erogabili alle aziende, sono comunque state inserite spontanee occasioni di lavoro da parte delle

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aziende. Le offerte sono state inserite sul portale ovvero tramite le agenzie del lavoro per un totale di 19.000 circa opportunità e 27000 posti disponibili. Il 71,6% delle occasioni di lavoro è concentrato al Nord. Le forme principali di offerte riguardano 20.000 posti circa di lavoro a tempo determinato, 3.000 a tempo indeterminato, 2.000 tirocini, 600 contratti di apprendistato. Il dipartimento per la gioventù ed il servizio civile ha emanato un avviso di selezione dei progetti per 7.362 giovani NEET. È in fase di definizione il bando.

RISORSE WEB

www.

Il programma è consultabile sul sito del governo e sul sito di ciascuna regione che ha dato attuazione al programma. I richiami indicati nel testo consentono l’accesso ad altri siti di utilità:

www.inps.it

Circolare n. 118 del 3 ottobre 2014 Decreto Direttoriale n. 1709 dell’8 agosto 2014 (allegato alla circolare 118/2014) Messaggio n. 7598 del 9 ottobre 2014

www.garanziagiovani.gov.it

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SESTA SALVAGUARDIA

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Premessa Il quadro delle misure in materia di “salvaguardia” pensionistica si è arricchito di un nuovo intervento normativo. La Legge 10 ottobre 2014 n. 147, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 246 del 22 ottobre scorso, individua ulteriori categorie di lavoratori cui applicare le disposizioni in materia di requisiti di accesso al pensionamento e regime delle decorrenze vigenti prima dell’entrata in vigore del D.L. 201/2011. La “sesta” operazione di salvaguardia interesserà una platea complessiva di 32.100 beneficiari dei quali 8.100 costituiscono nuove unità, mentre le restanti 24.000 unità sono state ricavate mediante un’operazione di razionalizzazione delle risorse stanziate per il secondo e il quarto intervento di salvaguardia. In particolare, con riferimento alla seconda salvaguardia la Legge 147/2014 opera una modifica delle condizioni di accesso ai benefici per la categoria dei lavoratori collocati in mobilità a seguito di accordi stipulati in sede governativa. L’ulteriore allargamento della platea dei salvaguardati interessa anche una nuova categoria di lavoratori, diversa da quelle fin qui contemplate dai provvedimenti legislativi che hanno disciplinato le operazioni di salvaguardia precedenti. Si tratta dei soggetti cessati da un rapporto di lavoro a tempo determinato per scadenza del contratto. Per le modalità di accesso alla “sesta salvaguardia”, la Legge 147/2014 non prevede un decreto attuativo. La norma stabilisce già, nel limite del contingente numerico assegnato, la ripartizione dei soggetti tra le singole categorie di lavoratori interessati, prevedendo per ciascuna requisiti e condizioni di ammissione al beneficio.

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News In merito poi alle modalità di presentazione dell’istanza per l’accesso alla salvaguardia, la legge opera un rinvio alle procedure operative già precedentemente adottate nella quinta operazione di salvaguardia, stabilite dal D.L. 14 febbraio 2014. Per tutti i lavoratori interessati è previsto l’obbligo della presentazione di una preventiva domanda da inoltrare all’INPS o alla Direzione Territoriale del Lavoro (DTL), a seconda della categoria di appartenenza. Le domande devono essere presentate entro il termine del 5 gennaio 2015 (60 giorni dopo la data di entrata in vigore della Legge 147/2014) già comunicato da tempo a tutte le sedi.

Categorie di lavoratori interessati e condizioni per l’ammissione al beneficio Modifiche alla seconda salvaguardia: accordi entro il 31.12.2011 in sede governativa. Con riferimento alla seconda salvaguardia la Legge 147/2014 opera una modifica delle condizioni di accesso al beneficio per la categoria dei lavoratori collocati in mobilità a seguito di accordi stipulati entro il 31 dicembre 2011 da imprese in sede governativa, nei quali sia stato previsto, ai fini della gestione delle eccedenze occupazionali, il ricorso agli ammortizzatori sociali. Per questa categoria di lavoratori la norma non aveva previsto un termine preciso per il collocamento in mobilità. La cessazione del rapporto di lavoro e il conseguente collocamento in mobilità poteva intervenire anche in un periodo successivo al 4 dicembre 2011. Per i lavoratori in mobilità ordinaria era richiesta inoltre l’ulteriore condizione che la maturazione dei requisiti di età e contribuzione, secondo le disposizioni vigenti prima della legge di riforma, avvenisse entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità. La Legge 147/2014 pone ora un termine temporale ben preciso entro il quale il lavoratore deve essere collocato in mobilità. A decorrere dal 6 novembre 2014 i lavoratori per i quali le imprese abbiano stipulato in sede governativa entro il 31 dicembre 2011 accordi finalizzati alla gestione delle eccedenze occupazionali con utilizzo di ammortizzatori sociali sono ammessi alla salvaguardia a condizione che: • siano cessati dall’attività lavorativa e collocati in mobilità entro la data del 31dicembre 2014; oppure • siano percettori alla data del 21 novembre 2014 del trattamento di Cassa integrazione guadagni straordinaria e collocati direttamente in mobilità entro il 30 dicembre 2016; • perfezionino i requisiti per il diritto a pensione entro il periodo di fruizione della mobilità (solo per i lavoratori collocati in mobilità ordinaria).

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News Per le modalità di accesso alla salvaguardia continua a trovare applicazione la particolare procedura in base alla quale le imprese sono tenute a comunicare al Ministero del Lavoro l’elenco dei lavoratori posti in mobilità entro determinati termini. L’estensione della platea dei salvaguardati ad ulteriori 32.100 beneficiari riguarda alcune categorie di lavoratori già individuate dalle precedenti norme sulla “salvaguardia” e, rispetto a queste, la Legge 147/2014 prevede criteri di ammissione al beneficio più favorevoli. Di seguito si elencano le ulteriori categorie di lavoratori e i relativi criteri di ammissione al beneficio.

a) Lavoratori collocati in mobilità ordinaria a seguito di accordi governa

tivi e non governativi stipulati entro il 31 dicembre 2011 (5.500 unità) (art. 2, co. 1, lett. a) Legge 147/2014).

I soggetti appartenenti a questa categoria possono essere ammessi alla salvaguardia a condizione che: • la mobilità ordinaria sia riconosciuta sulla base di accordi sindacali stipulati entro il 31 dicembre 2011 sia in sede governativa che non governativa; il • lavoratore sia cessato dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012; • risultino perfezionati i requisiti per il pensionamento (solo i requisiti, non la decorrenza) entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità ordinaria ovvero gli stessi siano maturati entro i 12 mesi dal termine di fruizione dell’indennità di mobilità anche mediante il versamento di contribuzione volontaria. Come si ricorderà, già il quinto provvedimento di “salvaguardia” (art. 1, comma 194, lett. e) della Legge 147/2013) aveva previsto per i lavoratori collocati in mobilità la possibilità di perfezionare i requisiti entro i 6 mesi successivi dalla fruizione della mobilità. In quel caso, però, la norma faceva espresso riferimento al perfezionamento dei requisiti “mediante versamento dei contributi volontari”. Pertanto l’INPS aveva precisato che potevano rientrare nella salvaguardia soltanto quei lavoratori che al termine della fruizione della mobilità si trovassero nella condizione di dover perfezionare esclusivamente il requisito contributivo per raggiungere il diritto a pensione e non quello anagrafico (vedi messaggio INPS n. 4373/2014 punto 3.5). Rispetto alla salvaguardia precedente la Legge 147/2014 per questa tipologia di lavoratori estende a 12 mesi il periodo successivo al termine della fruizione della mobilità entro cui possono essere perfezionati i requisiti per il diritto al pensionamento secondo le regole previgenti e supera il vincolo

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News dell’utilizzo esclusivo della contribuzione volontaria per il perfezionamento del diritto a pensione. La formulazione letterale della norma ci induce a ritenere che il diritto a pensione possa essere perfezionato anche mediante accredito di contribuzione diversa da quella volontaria, ovvero, laddove il requisito contributivo risulti già maturato, con il semplice raggiungimento del requisito anagrafico minimo richiesto per il perfezionamento della “quota”. Al solo fine della copertura del periodo dei 12 mesi successivi alla mobilità mediante la contribuzione volontaria la norma riconosce delle deroghe alla disciplina generale sui versamenti volontari. Per un lavoratore non ancora autorizzato ai versamenti volontari che presenti la domanda di autorizzazione entro il 5 gennaio 2015 è consentito, in deroga a quanto previsto dall’art. 6 comma 1 D.Lgs. 184/1997, versare i contributi volontari oltre i 6 mesi antecedenti alla data di presentazione della domanda di autorizzazione. Mentre per un soggetto già autorizzato ai versamenti volontari per i quali siano scaduti i termini di pagamento, potranno a domanda essere riaperti i termini dei versamenti volontari utili a coprire i 12 mesi successivi al termine di fruizione della mobilità. È utile ricordare che la possibilità di versare i contributi volontari oltre il semestre anteriore alla domanda di autorizzazione non modifica la “decorrenza giuridica” dell’autorizzazione stessa, che rimane fissata al primo sabato successivo alla domanda per i lavoratori dipendenti e i Coltivatori Diretti, ovvero dal primo giorno del mese in cui si presenta la domanda per Artigiani e Commercianti. Di conseguenza la prestazione pensionistica potrà essere liquidata solo con una decorrenza successiva a quella giuridica dell’autorizzazione ai versamenti volontari. Si richiama l’attenzione delle Sedi sull’opportunità offerta da tali disposizioni che consentono di coprire mediante versamenti volontari i 12 mesi successivi al periodo di fruizione della mobilità, soprattutto in relazione a quei casi di lavoratori in mobilità già valutati in relazione alle precedenti salvaguardie, i quali non abbiano perfezionato i requisiti pensionistici entro la mobilità ma li possano maturare nei 12 mesi successivi. Per le cinque tipologie di lavoratori di seguito elencate comprendenti i soggetti autorizzati ai versamenti volontari entro il 4 dicembre 2011 e i c.d. ‘‘esodati’’, vale a dire i lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto in ragione di accordi individuali o in applicazione di accordi collettivi, ovvero sia cessato per risoluzione unilaterale, la Legge 147/2014 ripropone le condizioni stabilite per le medesime categorie dalle disposizioni sulla “quinta salvaguardia”, modificando solamente il termine entro cui deve collocarsi la decorrenza del trattamento di pensione.

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News Questo viene esteso al 48° mese successivo alla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011, vale a dire al 6 gennaio 2016.

b) Per i soggetti autorizzati ai versamenti volontari entro il 4 dicembre

2011, il beneficio è riconosciuto nel limite numerico di 12.000 lavoratori da distribuirsi tra le due seguenti categorie (art. 2, co. 1, lett. b) Legge 147/2014:

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lavoratori autorizzati ai versamenti volontari entro il 4 dicembre 2011 con almeno un contributo volontario alla data del 6.12.2011. I soggetti appartenenti a questa categoria possono essere ammessi alla salvaguardia a condizione che: • siano in possesso di un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data del 6 dicembre 2011; • maturino i requisiti, anagrafico e contributivo, utili a comportare la decorrenza della pensione entro il 6 gennaio 2016; • non abbiano prestato dopo il 4 dicembre 2011 un’attività lavorativa riconducibile ad un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.

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Lavoratori autorizzati ai versamenti volontari in data antecedente il 4 dicembre 2011 e privi di un contributo volontario alla data del 6 dicembre 2011. Per gli assicurati appartenenti a tale categoria occorre invece far valere le seguenti condizioni: • nel periodo tra il 1° gennaio 2007 e il 30 novembre 2013 deve risultare accreditato un contributo derivante da effettiva attività lavorativa; essere in possesso dei requisiti anagrafici e contribuitivi che in base alla • precedente normativa consentano di ottenere la pensione con decorrenza compresa entro il 6 gennaio 2016; • alla data del 30 novembre 2013 non deve essere in corso lo svolgimento di un’attività lavorativa riconducibile ad un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.

Per entrambe le categorie dei soggetti autorizzati ai versamenti volontari l’unica limitazione nei casi di ripresa di un’attività lavorativa riguarda la tipologia del rapporto di lavoro dipendente intrapreso dopo il 4 dicembre 2011 o il 30 novembre 2013, il quale non deve essere riconducibile ad un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. A titolo di esempio possiamo ricordare che rientrano in questa “proroga” di salvaguardia, in presenza di autorizzazione ai versamenti volontari quei lavoratori che hanno fruito anche della deroga dei requisti contributivi in base al D.Lgs. 503/92.

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News ESEMPIO una donna ex lavoratrice dipendente nata nel febbraio 1954 autorizzata ai v.v. entro il 4.12.2011 che ha versato entro il 6.12.2011 un contributo volontario, che non ha ripreso attività lavorativa a tempo indeterminato e che ha 15 anni di contributi maturati entro il 1992 (norma di deroga ex D.Lgs. 503/92) potrà accedere al pensionamento con decorrenza luglio 2015 (60 anni e 1 mese* requisito ante Fornero + 3 mesi aspettative di vita + finestra di un anno). una donna nata nel febbraio 1954 autorizzata ai vv entro il 4.12.2011, con contribuzione mista (lavoro dipendente e autonomo) senza aver mai versato contributi volontari ma avendo fatto un lavoro a tempo determinato nel 2010 e 2011 in presenza del requisito contributivo di 20 anni di contributi, potrà accedere al pensionamento nel gennaio 2016 (60 anni e 1 mese* requisito ante Fornero + 3 mesi aspettative di vita + 18 mesi finestra).

* I requisiti prima della riforma Fornero erano già stati innalzati in modo molto graduale dal d.l. 98/2011 e poi dal d.l. 138/2011 anche se prima di entrare in vigore sono stati soppiantati dalla riforma “Fornero”.

c) Per le tipologie dei lavoratori che intendono far valere la cessazione

del rapporto di lavoro legata ad un accordo individuale o collettivo di incentivo all’esodo, ovvero per risoluzione unilaterale, il contingente numerico complessivo assegnato è pari a 8.800 unità da computare alle seguenti categorie (art. 2, co. 1, lett. c) Legge 147/2014:

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lavoratori cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 giugno 2012 con accordo individuale o collettivo di incentivo all’esodo. Per questa categoria di lavoratori “esodati”, l’ammissione alla salvaguardia è riconosciuta a condizione che: • la risoluzione del rapporto di lavoro sia avvenuta entro il 30 giugno 2012; • l’accordo collettivo in base al quale è stato risolto il rapporto di lavoro sia intervenuto entro il 31.12.2011 (tale condizione non è prevista nei casi di accordo individuale); • risulti maturato il diritto alla pensione con una decorrenza compresa entro il 6 gennaio 2016; • non ci sia stata, dopo il 30 giugno 2012, la ripresa di un’attività lavorativa riconducibile ad un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

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Lavoratori cessati dal rapporto di lavoro dopo il 30 giugno 2012 ed entro il 31 dicembre 2012 con accordo individuale o collettivo di incentivo all’esodo. Per quest’altra tipologia di lavoratori “esodati”, invece, per l’ammissione alla salvaguardia è necessario che: • la risoluzione del rapporto di lavoro sia avvenuta tra il 30 giugno 2012 ed entro il 31 dicembre 2012; • l’accordo collettivo in base al quale è stato risolto il rapporto di lavoro sia intervenuto entro il 31.12.2011 (tale condizione non è prevista nei casi di accordo individuale); • risulti maturato il diritto alla pensione con decorrenza compresa entro il 6 gennaio 2016; • non ci sia stata, dopo la cessazione del rapporto di lavoro, la ripresa di un’attività lavorativa riconducibile ad un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

In relazione alle due categorie appena richiamate, è utile ricordare la differenza tra i lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro in seguito ad accordi individuali, anche in esito a procedure di conciliazione o lodo arbitrale ai sensi dell’art. 410, 411 e 412 ter del c.p.c., e quelli cessati con accordi collettivi di incentivo all’esodo. Solo per questi ultimi, infatti, è richiesto che l’accordo in base al quale è stato risolto il rapporto di lavoro sia intervenuto entro il 31 dicembre 2011. Per coloro che intendono far valere la cessazione del rapporto di lavoro in esito ad un accordo individuale non sussiste tale limitazione.

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Lavoratori cessati per risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro. Per rientrare in questa categoria occorre: • aver cessato il rapporto di lavoro a seguito di risoluzione unilaterale in una data compresa tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011; essere in possesso dei requisiti anagrafici e contribuitivi che in base alla • precedente normativa consenta di ottenere la pensione con decorrenza compresa entro il 6 gennaio 2016; non • aver prestato, dopo la cessazione del rapporto di lavoro, un’attività lavorativa riconducibile ad un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Per tutte e tre le tipologie di lavoratori “esodati” la limitazione in caso di nuova occupazione riguarda solo la tipologia di attività lavorativa intrapresa (non deve essere riconducibile ad un contratto a tempo indeterminato) e viene meno ogni riferimento al reddito conseguito da tale attività.

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News d) lavoratori che abbiano usufruito di permessi della Legge 104/92 o del

congedo straordinario nel corso del 2011 (1.800 unità) (art. 2, co. 1, lett. d) Legge 147/2014). Per questa categoria di lavoratori unica condizione richiesta per essere ammessi alla salvaguardia è: • essere in possesso dei requisiti anagrafici e contribuitivi che in base alla precedente normativa consenta di ottenere la pensione con decorrenza compresa entro il 6 gennaio 2016. In merito alla due tipologie di sospensione del rapporto di lavoro che danno titolo alla salvaguardia (permessi della Legge 104/92 e congedo straordinario previsto dall’art. 42, comma 5 del D.Lgs. 151/2001) la norma non prevede una durata minima di fruizione del congedo biennale o dei giorni di permesso; pertanto anche la fruizione di un solo giorno di congedo o di permesso, nel corso dell’anno 2011, può consentire l’accesso alla salvaguardia. In merito ai permessi della Legge 104/1992 è utile precisare che il beneficio è riconosciuto non solo a coloro che hanno fruito dei tre giorni di permesso per assistere un familiare in situazione di handicap grave, ma anche ai lavoratori disabili che abbiano fruito dei permessi per se stessi (art. 33, comma 6 Legge 104/92). L’INPS con il messaggio n. 8881/2014 ha stabilito che i lavoratori appartenenti a questa categoria i quali abbiano già presentato domanda di ammissione al beneficio per la “quarta salvaguardia” entro il termine del 26.02.2014 (art. 11 bis, Legge 124/2013) e, pur essendo in possesso di un provvedimento di accoglimento da parte della DTL competente, non siano rientrati nella salvaguardia per incapienza numerica, non sono tenuti a ripresentare l’istanza preventiva alla DTL entro il 5 gennaio 2015. L’Istituto provvederà a riesaminare d’ufficio le posizioni di tali soggetti e a verificare la loro ammissione nella graduatoria delle 1.800 unità stabilite dalla Legge 147/2014.

e) lavoratori a tempo determinato cessati dal rapporto di lavoro per sca-

denza del contratto (4.000 unità) (art. 2, co. 1, lett. e) Legge 147/2014). Per gli assicurati appartenenti a tale categoria è richiesto che: • la cessazione del rapporto di lavoro sia avvenuta tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011; risultino in possesso dei requisiti anagrafici e contribuitivi che in base alla • precedente normativa consenta di ottenere la pensione con decorrenza compresa entro il 6 gennaio 2016; non abbiano prestato, dopo la cessazione del rapporto di lavoro, un’atti• vità lavorativa riconducibile ad un rapporto di lavoro a tempo indeterminato;

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News Per tutti i soggetti che rientrano in una delle categorie sopra elencate la data di decorrenza del trattamento pensionistico, liquidato in applicazione delle disposizioni di salvaguardia in esame, non potrà essere antecedente alla data di entrata in vigore della Legge 147/2014 (6 novembre 2014). Pertanto anche per i soggetti che avessero maturato una decorrenza anteriore la pensione sarà comunque riconosciuta con decorrenza successiva a tale data. Tale principio, già adottato nella quarta e quinta salvaguardia è stabilito dalla norma stessa (art. 2, comma 3 della Legge 147/2014).

Le procedure per essere ammessi alla salvaguardia Come già ricordato in premessa, la Legge 147/2014 prevede per tutte e otto le categorie di lavoratori potenzialmente ammessi alla salvaguardia l’obbligo della presentazione di una preventiva domanda. A seconda della categoria di appartenenza la domanda va presentata o alla DTL o all’INPS. Per tutti il termine ultimo per l’inoltro dell’istanza è fissato il 5 gennaio 2015.

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Domande da presentare alla DTL Sono tenuti a presentare la domanda alla DTL: • lavoratori cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 giugno 2012 con accordo individuale o collettivo di incentivo all’esodo (lett. c); • lavoratori cessati dal rapporto di lavoro dopo il 30 giugno 2012 ed entro il 31 dicembre 2012 con accordo individuale o collettivo di incentivo all’esodo (lett. c); • lavoratori cessati per risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro (lett. c); • lavoratori che abbiano usufruito di permessi della Legge 104/92 o del congedo straordinario nel corso del 2011 (lett. d); • lavoratori con contratto a tempo determinato cessati dal rapporto di lavoro (lett. e).

In via generale, per tutte e tre la categorie di lavoratori cessati dal rapporto di lavoro (categorie lett. c) l’istanza di accesso ai benefici va presentata alle Direzioni Territoriali del Lavoro competenti per territorio sulla base della residenza del lavoratore. Solo nei casi in cui il rapporto di lavoro si sia risolto in ragione di accordi individuali, stipulati a seguito di una procedura di conciliazione o di arbitrato, la domanda va presentata alla DTL innanzi alla quale detto accordo è stato sottoscritto. In merito alla categoria dei lavoratori che hanno fruito nel 2011 di permessi della Legge 104/92 o del congedo straordinario (categoria lett. d) e alla categoria dei lavoratori cessati da un rapporto a tempo determinato (categoria

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News lett. e) l’istanza di ammissione va sempre presentata alla DTL competente per residenza del lavoratore. Con la circolare n. 27 del 07/11/2014 il Ministero del Lavoro ha indicato le modalità di presentazione delle domande e ha reso disponibile la specifica modulistica. La domanda va inviata alla DTL competente secondo le medesime modalità già utilizzate per le precedenti operazioni di salvaguardia (via PEC o mediante Raccomandata A/R). Ovviamente si utilizzeranno le procedure in dotazione alle sedi di patronato. Per la categoria dei lavoratori cessati dal rapporto di lavoro in ragione di accordi individuali o collettivi di incentivo all’esodo, ovvero per risoluzione unilaterale (categorie lett. c), la circolare ministeriale dispone poi che il richiedente alleghi alla domanda una dichiarazione di responsabilità relativa all’eventuale ripresa dell’attività lavorativa dopo la cessazione e copia dell’accordo individuale o collettivo cha ha dato luogo alla cessazione del rapporto lavorativo, ovvero dell’atto di cessazione del rapporto di lavoro tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011 (lettera di licenziamento o di dimissioni). È utile ricordare che la cessazione del rapporto di lavoro deve risultare da elementi certi e oggettivi, quali comunicazioni obbligatorie. Per i lavoratori che nel 2011 abbiano usufruito di permessi della Legge 104/92 o del congedo straordinario, invece, all’istanza di accesso al beneficio dovrà essere allegata dichiarazione di responsabilità relativa ai provvedimenti di riconoscimento del congedo straordinario (art. 42, comma 5 D.Lgs. 151/2001) o dei permessi mensili (art. 33, co. 3 Legge 104/92) con indicazione degli estremi degli stessi. È utile richiamare l’attenzione su alcune fattispecie riguardanti le categorie di lavoratori sopra richiamate, al fine di individuare le situazioni per le quali è opportuno inoltrare l’istanza alla DTL entro il 5 gennaio 2015. Anzitutto, sono tenuti a presentare la domanda tutti quei lavoratori appartenenti alla suddette categorie, i quali, pur essendo in possesso dei requisiti per accedere ad una delle precedenti salvaguardie, non abbiano mai presentato la relativa domanda alla DTL o l’abbiano presentata oltre i termini previsti. Devono poi presentare la domanda tutti coloro che pur appartenendo ad una delle medesime categorie siano rimasti esclusi dalle precedenti salvaguardie per mancanza di uno dei requisiti (nel maggior parte dei casi riguardano la ripresa dell’attività lavorativa) e soddisfino invece le condizioni previste dalle nuove disposizioni di salvaguardia.

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Domande da presentare all’INPS Le categorie di lavoratori che devono presentare la domanda all’INPS sono: • lavoratori collocati in mobilità ordinaria a seguito di accordi governativi e non governativi stipulati entro il 31 dicembre 2011 (lett. a); • lavoratori autorizzati ai versamenti volontari entro il 4 dicembre 2011 con almeno un contributo volontario alla data del 6.12.2011 (lett. b); • lavoratori autorizzati ai versamenti volontari entro il 4 dicembre 2011 e privi di un contributo volontario alla data del 6 dicembre 2011 (lett. b).

Le domande alla DTL e all’INPS vanno presentate in via telematica a cura delle nostre sedi sulla base della nostra procedura. La norma affida all’INPS il compito di predisporre la graduatoria dei lavoratori ammessi alla salvaguardia e il monitoraggio delle domande di pensionamento, con l’obbligo di bloccare l’accoglimento di ulteriori domande nel caso venga raggiunto il limite numerico fissato dalla norma. Il criterio che disciplinerà le operazioni di monitoraggio nell’ambito del contingente numerico assegnato a ciascuna categoria è quello legato alla data di cessazione del rapporto di lavoro. Solo per la categoria dei lavoratori che hanno usufruito dei permessi della Legge 104/92 o del congedo straordinario nel 2011 l’INPS formerà la graduatoria adottando il criterio della maggiore prossimità al perfezionamento dei requisiti per il diritto alla pensione. È anche e soprattutto necessario procedere alla presentazione delle domande di pensionamento in data antecedente a quella in cui risulta o comunque si ritiene perfezionato il diritto alla decorrenza della pensione Ciò in quanto le domande alla DTL o all’INPS per il riconoscimento del diritto alla salvaguardia, come è noto, non consentono di preservare la decorrenza per altro già limitata dalla data di entrata in vigore della nuova legge (6.11.2014) in assenza della vera e propria domanda di pensione. L’INPS ha diramato disposizioni di non procedere alla reiezione di questa domande ma di tenerle in evidenza in attesa dell’accertamento del diritto.

RISORSE WEB

www.

www.normattiva.it

Legge n. 147 del 10.10.2014

www.inps.it

Messaggio INPS n. 8881 del 19.112014 (allegata circolare Ministero Lavoro e Politiche Sociali n. 27 del 7.11.2014)

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FONDO DI GARANZIA INPS per l’insolvenza dei datori di lavoro

Nel numero precedente abbiamo presentato l’argomento dei fallimenti e delle procedure concorsuali in genere, con particolare riguardo alla posizione dei lavoratori dipendenti da aziende sottoposte a tali procedimenti. Sono state illustrate le caratteristiche che un’azienda deve possedere per essere sottoposta a procedure concorsuali ed in seguito è stato presentato l’iter complessivo che conduce al fallimento. Infine l’attenzione è stata posta sulla prassi da seguire, per un lavoratore, al fine di recuperare i suoi crediti dall’azienda fallita, sulle tempistiche da rispettare e sulle caratteristiche della domanda di ammissione al passivo. Si riprende ora l’argomento, partendo dalla considerazione che molto spesso la procedura fallimentare non permette al lavoratore di recuperare tutti i suoi crediti. Infatti, in moltissimi casi, i creditori concorsuali non vengono soddisfatti nelle loro richieste, in tutto o in parte. Come detto, la legge considera come privilegiati i crediti dei lavoratori e assicura ad essi una tutela superiore alla generalità dei crediti. Innanzitutto essi devono essere presi in considerazione e liquidati per primi; in secondo luogo è previsto uno strumento avente lo scopo di assicurare in ogni caso la soddisfazione di tali crediti, almeno in parte.

Il fondo di garanzia TFR È la direttiva europea 80/987/CEE del 1980 ad aprire la strada affinché i lavoratori dipendenti da aziende insolventi abbiano diritto ad una tutela in relazione ai loro crediti. La direttiva afferma, infatti, che “Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché gli organismi di garanzia assicurino il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, risultanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro e relativi alla retribuzione del periodo situato prima di una data determinata”.

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News Sulla materia, nel nostro paese, il legislatore è intervenuto più volte, e ci sono state a riguardo anche delle sentenze della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale. I due provvedimenti principali che tutelano i lavoratori nei casi di insolvenza del datore di lavoro sono la Legge 25.5.1982 n. 297, che mira a garantire il TFR ed il Decreto Legislativo 27.1992 n. 80, che ha esteso la tutela alle ultime tre mensilità, seppure con dei limiti. A partire dal 1982 dunque è stato istituito presso l’INPS il fondo di garanzia per il TFR, esteso poi ai crediti da lavoro. Detto fondo è alimentato con un contributo a carico dei soli datori di lavoro pari allo 0,20% della retribuzione imponibile, elevato allo 0,40% per i dirigenti di aziende industriali.

I soggetti assicurati Possono richiedere l’intervento del fondo tutti i lavoratori dipendenti da datori di lavoro tenuti al versamento all’INPS del contributo che alimenta la gestione, compresi i lavoratori con la qualifica di apprendista, i dirigenti di aziende industriali e i soci delle cooperative di lavoro. In caso di decesso del lavoratore, l’intervento del fondo può essere richiesto dagli aventi diritto, così come individuati dall’articolo 2122 del Codice Civile.

I crediti garantiti Come detto, il fondo garantisce sia il trattamento di fine rapporto, sia le ultime tre retribuzioni, seppure con dei limiti. Il trattamento di fine rapporto Il TFR del lavoratore è garantito integralmente dal fondo di garanzia. Si precisa (circolare INPS n.74 del 15.7.2008) che la dichiarazione di fallimento, l’apertura di una procedura di liquidazione coatta amministrava, o di amministrazione straordinaria, non determinano di per sé la risoluzione del rapporto di lavoro, essendo a tal fine necessario il licenziamento da parte del responsabile della procedura o le dimissioni del lavoratore stesso. I crediti da lavoro I crediti garantiti dal fondo sono le retribuzioni maturate dal lavoratore e non pagate dal datore di lavoro insolvente relative agli ultimi 90 giorni del rapporto di lavoro (tre mesi di calendario o, più precisamente, l’intervallo compreso tra la data di cessazione del rapporto di lavoro e la stessa data del terzo mese precedente) e rientranti nei dodici mesi che precedono la data della domanda diretta all’apertura della procedura concorsuale o la data di deposito in tribunale del relativo ricorso.

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News Il legislatore nel corso degli anni ha normato i casi particolari che si possono verificare, come ad esempio quello in cui gli ultimi tre mesi coincidano in parte o in toto con un periodo di sospensione lavorativa (per esempio cassa integrazione), oppure se gli ultimi tre mesi siano collocati in un periodo successivo all’apertura della procedura concorsuale, o ancora se il lavoratore ha cessato il rapporto di lavoro prima dell’apertura della procedura, o altri casi particolari. In situazioni come queste è bene prestare ancora maggiore attenzione alla compilazione della domanda e farsi assistere dagli uffici del patronato Acli, al fine di inserire nella domanda stessa i crediti effettivamente imputabili. In ogni caso, stabilito il periodo dal quale far decorrere i 90 giorni, i crediti che possono essere posti a carico del fondo di garanzia sono: • la retribuzione propriamente detta; • i ratei di tredicesima e di altre mensilità aggiuntive; • le somme dovute dal datore di lavoro a titolo di prestazioni di malattia e maternità. Sono invece escluse: • l’indennità di preavviso; • l’indennità per ferie non godute; • l’indennità di malattia a carico dell’INPS che il datore di lavoro avrebbe dovuto anticipare. Il limite massimo indennizzabile è pari a tre volte la misura massima del trattamento straordinario di integrazione salariale mensile al netto delle trattenute previdenziali e assistenziali. Gli eventuali acconti percepiti durante il periodo in esame non sono detratti dal massimale CIGS, ma dal totale dei crediti relativi al periodo suddetto. (Sentenza Corte di Giustizia Europea del 04/03/2004).

Requisiti per l’intervento del fondo Come descritto nel numero precedente, non tutte le aziende sono assoggettabili a procedure concorsuali: per essere sottoposti a procedura bisogna avere dei ricavi superiori ad un certo valore ed un livello di indebitamento notevole. Occorre dunque distinguere, relativamente all’intervento del fondo di garanzia, fra l’ipotesi nella quale il datore di lavoro sia assoggettabile a procedura concorsuale oppure no: la documentazione da produrre per richiedere l’intervento del fondo è ovviamente diversa, nel senso che nel primo caso sarà necessaria una certificazione da parte del tribunale della non solvibilità dell’azienda, mentre nel secondo caso la non solvibilità dovrà essere dimostrata dal lavoratore.

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News Dipendenti da datori di lavoro assoggettabili a procedure concorsuali Nel caso il datore di lavoro sia assoggettabile a procedura concorsuale (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria) i requisiti per l’intervento del fondo sono i seguenti:

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cessazione del rapporto di lavoro subordinato la garanzia del fondo opera indipendentemente dalla causa che ha determinato la cessazione del rapporto (dimissioni, licenziamento e scadenza del termine in caso di contratto a tempo determinato);

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apertura di una procedura concorsuale la circolare 74/2008 dell’INPS specifica i casi nei quali, nonostante il datore di lavoro sia assoggettabile a procedura, la procedura stessa non venga aperta; essi sono: • quando, a norma degli artt. 10 e 11 Legge Fallimentare l’imprenditore non può essere dichiarato fallito essendo trascorso più di un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese; nel • caso, previsto dall’art. 15, comma 9, Legge Fallimentare, in cui risulti che il complessivo ammontare dei debiti scaduti e non pagati accertati nel corso dell’istruttoria pre - fallimentare è inferiore a Euro 30.000.

In questi casi è comunque possibile richiedere l’intervento del fondo;

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accertamento dell’esistenza del credito rimasto insoluto l’accertamento del credito in caso di procedure concorsuali avviene con l’ammissione del credito nello stato passivo della procedura. Da tale requisito, non si può prescindere neanche nel caso in cui il lavoratore non sia responsabile della mancata ammissione.

Dipendenti da datori di lavoro non assoggettabili a procedure concorsuali Nel caso in cui il datore di lavoro non sia assoggettabile a procedure concorsuali, il lavoratore dovrà comunque dimostrare, al fine di ottenere l’intervento del fondo di garanzia, l’esistenza di un credito nei confronti dell’azienda e l’insolvenza del datore di lavoro relativamente a quel credito. I requisiti per l’intervento del fondo sono i seguenti:

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cessazione del rapporto di lavoro subordinato

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inapplicabilità al datore di lavoro delle procedure concorsuali la valutazione che non sono stati superati i parametri economici minimi di legge, può essere dimostrata dal lavoratore presentando copia del decreto del Tribunale di reiezione dell’istanza di fallimento per insussistenza dei presupposti. Sempre la circolare 74 elenca i casi nei quali la presentazione di tale decreto non è necessaria. dimostrazione dell’insufficienza delle garanzie patrimoniali la prova dell’insolvenza del datore di lavoro deve essere fornita attraverso la dimostrazione che, a seguito dell’esecuzione forzata sul patrimonio dello stesso, le garanzie patrimoniali siano risultate in tutto o in parte insufficienti a soddisfare il credito del lavoratore. Dal punto di vista operativo la giurisprudenza ritiene che la dimostrazione dell’insufficienza delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro sia soddisfatta quando il lavoratore esibisca il verbale di pignoramento negativo nei confronti del datore di lavoro; accertamento dell’esistenza del credito rimasto insoluto in tutti i casi in cui il fondo interviene ai sensi dell’art. 2, comma 5 Legge 297/82, ovvero al di fuori di una procedura concorsuale, il credito del lavoratore deve essere stato accertato in giudizio.

Modalità di presentazione della domanda La richiesta di intervento del fondo di garanzia va presentata esclusivamente per via telematica alla sede INPS nella cui competenza territoriale l’assicurato ha la propria residenza (circolare INPS 46/2012). Per quanto concerne fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria, la domanda può essere presentata dal sedicesimo giorno successivo al deposito dello stato passivo. In caso di concordato preventivo, il termine è il giorno successivo alla pubblicazione del decreto di omologazione. Nel caso di datori di lavoro non assoggettabili a procedure concorsuali, il termine decorre dal giorno successivo al verbale di pignoramento negativo. La documentazione da allegare alla domanda è diversa a seconda che il datore di lavoro sia assoggettabile o meno a procedure concorsuali (e ulteriori specifiche varranno a seconda della procedura): l’INPS richiede da un lato le prove dell’esistenza del credito e dall’altro del tentativo, non andato a buon fine, di recuperare quel credito. Per quanto attiene alle procedure concorsuali tali prove vengono fornite dal lavoratore attraverso la copia autentica dello stato passivo (ottenibile dal 5 20

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News tribunale), dal modello SR52 compilato dal responsabile della procedura e dall’attestazione della cancelleria che il credito del lavoratore non è stato oggetto di impugnazione o opposizione. (per quanto attiene il concordato preventivo la documentazione è ovviamente diversa ma rispondente agli stessi obiettivi). In caso di esecuzione individuale sono invece necessari: • il decreto del tribunale di reiezione dell’istanza di fallimento perché trattasi di piccolo imprenditore; l’originale del titolo esecutivo in base al quale è stata esperita l’esecuzione • forzata; • copia del ricorso sulla base del quale è stato ottenuto il titolo esecutivo; • copia del verbale di pignoramento negativo.

Prescrizione Il trattamento di fine rapporto si prescrive, come previsto dall’articolo 2948 del Codice Civile, in cinque anni. La prescrizione inizia a decorrere dalla data di chiusura della procedura (a condizione che il lavoratore abbia insinuato il proprio credito nel termine di cinque anni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro). Per quanto riguarda i crediti da lavoro diversi dal TFR, la richiesta d’intervento al fondo di garanzia si prescrive in un anno a decorrere dalla data in cui il lavoratore può richiedere l’intervento.

RISORSE WEB www.inps.it

www.

Circolare INPS n. 74 del 15.7.2008 (allegati Legge 297/82 e D.Lgs. 80/1992) Circolare INPS n. 43 del 27.3.2012 (trasmissione telematica)

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