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Gli enti di patronato legge di stabilita 2015: problemi e prospettive

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a tutti noto il problema che ha investito il mondo dei patronati con il disegno di Legge di Stabilità del 2015 che aveva preventivato una riduzione drastica del finanziamento degli enti di patronato di 150 milioni di euro. Negli anni scorsi i patronati avevano già fatto i conti con la riduzione del finanziamento di 90 milioni di euro ripartita in tre anni. Ma nel disegno di legge era altresì prevista una forte riduzione strutturale dell’aliquota di finanziamento. Si tratta di quell’aliquota di prelievo dai contributi dei lavorativi che costituisce il Fondo di finanziamento dei patronati, prevista dalla legge di riforma (la Legge 152/2001) nella misura dello 0,226% che prima d’ora non aveva mai subito modifiche. Sono altrettanto note le molteplici iniziative adottate con gli altri patronati ed in particolare con il CePa (Patronato ACLI, INCA CGIL, INAS CISL ed ITAL UIL) nei mesi di novembre e dicembre per contrastare questo disegno. Certamente questa capacità di mobilitazione, che ha coinvolto l’attenzione di molti cittadini ed utenti dei nostri servizi, l’attenzione trasversale di molti deputati e senatori, molte autorità locali compresi i prefetti, ha dato i suoi

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frutti in termini di consenso e sostegno all’interlocuzione politica per la modifica sostanziale del disegno iniziale. Importante è stato il messaggio non tanto e solamente inteso a preservare l’integrità delle nostre organizzazioni, ma anche e soprattutto a rivendicare un ruolo di cui beneficiano i lavoratori ed i cittadini sul versante dell’assistenza e della tutela, all’altezza delle sfide che il sistema previdenziale ed assistenziale pone. In questo senso sono necessari il ringraziamento e la riconoscenza verso quanti hanno messo il loro impegno ed hanno prestato attenzione al problema. Oltre un milione di firme di adesione alla petizione che ha sostenuto le ragioni degli enti di patronato sono la conferma del livello di mobilitazione che i patronati del CePa, ed il patronato ACLI per quanto ci riguarda, hanno saputo attivare, per altro in un contesto politico e sociale molto complesso e difficile. Ora, a Legge di Stabilità approvata, il taglio è stato assestato su un livello comunque rilevante di 35 milioni di euro e l’aliquota è stata rideterminata nella percentuale di 0,207. È evidente l’esigenza di fare i conti con la contrazione rilevante delle risorse economiche. Ma accanto agli aspetti negativi e problematici è anche importante sottolineare le ulteriori modifiche introdotte nella direzione di contenere e limitare l’attività dei patronati più piccoli che sono proliferati negli ultimi anni e che non danno garanzie di una organizzazione adeguata alle esigenze di qualità ed alla complessità delle attività di assistenza e di rapporto con gli enti previdenziali. Di grande rilievo anche la riscrittura completa dell’art. 10 della legge di riforma (attività diverse) sostanzialmente prevedendo, senza scopo di lucro:

• la possibilità di svolgere in favore di soggetti privati e pubblici attività di sostegno, informative, di consulenza, di supporto, di servizio e di assistenza tecnica in materia di previdenza e assistenza sociale, diritto del lavoro,

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sanità, diritto di famiglia e delle successioni, diritto civile e legislazione fiscale, risparmio, tutela e sicurezza sul lavoro; • tali attività oltre che nel supporto a servizi anagrafici e certificativi e nella gestione dei servizi di welfare territoriale possono essere svolte verso pubbliche amministrazioni ed organismi dell’Unione europea attraverso convenzione; • le attività indicate, a sostegno di processi di riorganizzazione della pubblica amministrazione e di sostegno alla popolazione nelle procedure di accesso telematico consistono in informazione, istruttoria, assistenza e invio di istanze attraverso convenzioni specifiche cui corrisponde un contributo all’erogazione del servizio sulla base di decreti ministeriali. Gli istituti di patronato possono svolgere attività di consulenza e trasmissione telematica di dati in materia di assistenza e previdenza sociale infortuni e malattie professionali che vengono ammesse in base a convenzione con il Ministero del lavoro a contributo per l’erogazione del servizio. Tali prestazioni possono essere quelle non già rientranti nel finanziamento pubblico e per esse è esigibile un contributo per l’erogazione del servizio calcolato su ciascuna prestazione da parte dell’utenza o degli enti pubblici beneficiari. È evidente che si tratta di un capitolo ancora aperto per delineare un ruolo più ampio e rinnovato della funzione degli enti di patronato che sarà definito con l’approvazione dei decreti ministeriali attuativi, previsti entro il 30 giungo 2015. Il Patronato ACLI ha già sviluppato diverse attività innovative ma l’interlocuzione con gli enti di patronato prevista per dare attuazione a questi contenuti di riforma sarà fondamentale a maggior ragione se i patronati avranno la capacità di esprimere orientamenti ed idee nuove condivise. Direzione Generale Paolo Ferri

Presidente Paola Vacchina

Vice Presidente delegato Fabrizio Benvignati

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NORMATIVA Legge n. 190 art. 1 del 23.12.2014, Commi 309-312 Comma 309. Con riferimento all’esercizio finanziario 2015 gli specifici stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per il finanziamento degli istituti di cui al comma 1 dell’articolo 13 della legge 30 marzo 2001, n. 152, sono complessivamente e proporzionalmente ridotti di 35 milioni di euro. I risparmi derivanti dal primo periodo conseguono a maggiori somme effettivamente affluite al bilancio dello Stato in deroga a quanto previsto dal citato articolo 13, comma 1, della legge n. 152 del 2001. Con effetto dall’esercizio finanziario 2016, ai commi 4 e 5 dell’articolo 13 della legge n. 152 del 2001, le parole: «dell’80 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «del 62 per cento 1» A valere sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dall’anno 2014, l’aliquota di prelevamento di cui al comma 1 dell’articolo 13 della legge n. 152 del 2001 è rideterminata nella misura dello 0,207 per cento 2. Comma 310. Alla legge 30 marzo 2001, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 2, comma 1, lettera b) 3, le parole: «in almeno un terzo delle regioni e in un terzo delle province del territorio nazionale» sono sostituite dalle seguenti: «in un numero di province riconosciute la cui somma della popolazione sia pari ad almeno il 60 per cento della popolazione italiana, come accertata nell’ultimo censimento nazionale, e che abbiano sedi di istituti di patronato in almeno otto Paesi stranieri»; b) all’articolo 3, comma 2 4, le parole: «in almeno un terzo delle regioni e in un terzo delle province del territorio nazionale» sono sostituite dalle seguenti: «in un numero di province riconosciute la cui somma della popolazione sia pari ad almeno il 60 per cento della popolazione italiana, come accertata nell’ultimo censimento nazionale, secondo criteri di adeguata distribuzione nel territorio nazionale individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali»; c) l’articolo 10 5 è sostituito dal seguente: «Art. 10. - (Attività diverse) -- 1. Gli istituti di patronato possono altresi’ svolgere senza scopo di lucro, in Italia e all’estero, con esclusione di quelle ammesse al finanziamento di cui all’articolo 13: a) in favore di soggetti privati e pubblici, attività di sostegno, informative, di consulenza, di supporto, di servizio e di assistenza tecnica in materia di: previdenza e assistenza sociale, diritto del lavoro, sanità, diritto di famiglia e delle successioni, diritto civile e legislazione fiscale, risparmio, tutela e sicurezza sul lavoro. Lo schema di convenzione che definisce le modalità di esercizio delle predette attività è approvato con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentiti gli enti di patronato e i Ministeri competenti per materia, da emanare entro il 30 giugno 2015; b) le attività e le materie di cui alla lettera a), oltre che in materia di supporto a servizi anagrafici o certificativi e di gestione di servizi di welfare territoriale, possono essere svolte in favore delle pubbliche amministrazioni e di organismi dell’Unione europea anche sulla base

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di apposite convenzioni stipulate con le amministrazioni interessate, secondo i criteri generali stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro il 30 giugno 2015, sentiti gli istituti di patronato e di assistenza sociale; c) in favore dei soggetti indicati nelle lettere a) e b), a sostegno del processo di riorganizzazione della pubblica amministrazione, con l’obiettivo di sostenere la popolazione nelle procedure di accesso telematico alla medesima, sulla base di convenzioni specifiche gli istituti di patronato possono svolgere attività di informazione, di istruttoria, di assistenza e di invio di istanze, con contributo all’erogazione del servizio secondo lo schema di convenzione definito con apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, da emanare entro il 30 giugno 2015, sentiti gli istituti di patronato e di assistenza sociale. 2. Gli istituti di patronato possono svolgere, ai sensi del deceto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, attività di informazione, consulenza e assistenza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro gratuitamente nei confronti dei lavoratori e, sulla base di apposite tariffe, nei confronti della pubblica amministrazione e dei datori di lavoro privati, sulla base di apposite convenzioni stipulate secondo le modalità e i criteri stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro il 30 giugno 2015. 3. Gli istituti di patronato possono svolgere attività di consulenza e trasmissione telematica di dati in materia di assistenza e previdenza sociale, infortuni e malattie professionali, in favore dei soggetti di cui all’articolo 7, comma 1, incluse nelle attività di cui all’articolo 13, che vengono ammesse, in base a convenzione sottoscritta con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, a contributo per l’erogazione del servizio. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti gli istituti di patronato e di assistenza sociale, sono individuate le prestazioni, non rientranti nel finanziamento di cui all’articolo 13, per le quali è ammessa l’esigibilità del citato contributo per l’erogazione del servizio, per ciascuna prestazione a favore dell’istituto di patronato, da parte dell’utenza o degli enti pubblici beneficiari. Con il medesimo decreto sono definite le modalità di partecipazione all’erogazione del servizio di cui all’articolo 6 del deceto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 6, e successive modificazioni. Con decreto del direttore generale per le politiche previdenziali e assicurative del Ministero del lavoro e delle politiche sociali l’elenco delle prestazioni e dei predetti contributi per l’erogazione del servizio è adeguato ogni quattro anni»; d) all’articolo 14, comma 1, lettera a) 7, dopo le parole: «documentazione contabile» sono aggiunte le seguenti: «attraverso l’adozione di uno schema di bilancio analitico di competenza definito dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, redatto secondo le disposizioni del codice civile, comprendente anche le attività svolte all’estero»; e) all’articolo 16, comma 2 8, dopo la lettera c) sono aggiunte le seguenti: «c-bis) l’istituto abbia realizzato per due anni consecutivi attività rilevante ai fini del finanziamento di cui all’articolo 13, comma 7, lettera b), sia in Italia sia all’estero, in una quota percentuale accertata in via definitiva dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali inferiore all’1,5 per cento

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del totale. Le disposizioni di cui alla presente lettera trovano applicazione nei confronti degli istituti di patronato riconosciuti in via definitiva e operanti da oltre cinque anni alla data di entrata in vigore della presente disposizione con effetto dall’attività’ dell’anno 2014, definitivamente accertata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali; c-ter) l’istituto non dimostri di svolgere attività, oltre che a livello nazionale, anche in almeno otto Stati stranieri, con esclusione dei patronati promossi dalle organizzazioni sindacali agricole». Comma 311. All’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) i commi 9, 10, lettere a), b) e c), 11 e 12 9 sono abrogati; b) al comma 13, le parole: «entro un anno dalla medesima data» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 30 giugno 2015». Comma 312. A seguito dell’entrata in vigore della riforma complessiva degli istituti di patronato, anche con riferimento alle attività diverse che possono svolgere e dei relativi meccanismi di finanziamento diversi di cui, rispettivamente, agli articoli 10 e 13 della legge 30 marzo 2001, n. 152, e successive modificazioni, nell’ambito della legge di bilancio per il triennio 2016-2018, sono rimodulate, nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, le modalità di sostegno degli istituti di patronato e di assistenza sociale, al fine di assicurare la semplificazione e la tempestività nell’erogazione dei trasferimenti pubblici in loro favore, nonché di definire aliquote di contribuzione e meccanismi di anticipazione delle risorse a valere sui contributi incassati dagli enti previdenziali atti a garantire la corretta ed efficiente gestione delle attività d’istituto. NB: sottolineature redazionali

1 Art. 13, Commi 4 e 5, Legge 152/2001 (Finanziamento) 4. A decorrere dall’anno 2002, al fine di assicurare tempestivamente agli istituti di patronato e di assistenza sociale le somme occorrenti per il regolare funzionamento, gli specifici stanziamenti, iscritti nelle unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sono determinati, in sede previsionale, nella misura del 80 per cento delle somme impegnate, come risultano nelle medesime unità previsionali di base nell’ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati, per l’anno di riferimento, con la legge di assestamento del bilancio dello Stato, in relazione alle somme effettivamente affluite all’entrata, per effetto dell’applicazione dell’aliquota di cui al comma 1, come risultano nel conto consuntivo dell’anno precedente. 5. In ogni caso, è assicurata agli istituti di patronato l’erogazione delle quote di rispettiva competenza, nei limiti del 80 per cento indicato nel comma 4, entro il primo trimestre di ogni anno. 2 Art. 13, Legge 152/2001 (Finanziamento) Comma 1 … mediante il prelevamento dell’aliquota pari allo 0,226 per cento ….. 3 Art. 2 Legge 152/2001 (Soggetti promotori) Comma 1 lett) b (requisito del numero di sedi per poter costituire un ente di patronato). 4 Art. 3 Legge 152/2001 (Costituzione e riconoscimento) Comma 2 Alla domanda deve essere allegato un progetto contenente tutte le indicazioni finanziarie, tecniche e organizzative per l’apertura di sedi in almeno due terzi delle regioni e in due terzi delle province del territorio nazionale, secondo criteri di adeguata distribuzione sul territorio nazionale individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

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5 Art. 10, Legge 152/2001 (Attività diverse) 1. Gli istituti di patronato possono altresì svolgere senza scopo di lucro attività di sostegno, informative, di servizio e di assistenza tecnica: a) in favore dei soggetti di cui all’articolo 7, comma 1, finalizzate alla diffusione della conoscenza della legislazione, alla promozione dell’interesse dei cittadini in materia di sicurezza sociale, previdenza, lavoro, mercato del lavoro, risparmio previdenziale, diritto di famiglia e delle successioni e anche all’informazione sulla legislazione fiscale nei limiti definiti dal presente articolo; b) in favore delle pubbliche amministrazioni e di organismi comunitari, sulla base di apposite convenzioni stipulate con le amministrazioni interessate, secondo i criteri generali stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentiti gli istituti di patronato e di assistenza sociale. 2. In relazione alle materie di cui al comma 1, lettera a), gli istituti di patronato possono svolgere, anche mediante stipula di convenzione, attività finalizzate all’espletamento di pratiche con le pubbliche amministrazioni e con le istituzioni pubbliche e private e al conseguimento delle prestazioni e dei benefici contemplati dall’ordinamento amministrativo, anche con riferimento alle disposizioni di cui alla Legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, nonchè stipulare convenzioni con centri autorizzati di assistenza fiscale già costituiti. 3. Gli istituti di patronato svolgono, ai sensi dell’articolo 24 del D.L. 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, attività di informazione, consulenza e assistenza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro gratuitamente nei confronti dei lavoratori e, sulla base di apposite tariffe, emanate a norma del comma 4, nei confronti della pubblica amministrazione e dei datori di lavoro privati, sulla base di apposite convenzioni stipulate secondo le modalità e i criteri stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. 4. Le convenzioni di cui ai commi 1, lettera b), e 2, prevedono il rimborso delle spese sostenute dagli istituti di patronato e di assistenza sociale da parte delle istituzioni pubbliche e private convenzionate. 6 D.L. 10.9.2003 n. 276, Art. 6 Regimi particolari di autorizzazione (per lo svolgimento di attività di intermediazione, punto e) i patronati ….). 7 Art. 14, Legge 152/2001 comma 1, lettera a) (Adempinenti degli istituti di patronato e di assistenza sociale) 1. Gli istituti di patronato e di assistenza sociale: a) tengono regolare registrazione di tutti i proventi e di tutte le spese, corredata dalla documentazione contabile. 8 Art. 16, Legge 152/2001 (Commissariamento e scioglimento) Comma 2. L’istituto di patronato e di assistenza sociale è sciolto ed è nominato un liquidatore nel caso in cui: c) l’istituto non sia più, per qualsiasi motivo, in grado di funzionare 9 La legge di stabilità 2013 (228/2012) prevedeva ai commi abrogati a decorrere dal 2014, per un importo di 30 milioni di euro, il concorso al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso la riduzione delle dotazioni finanziarie “fino alla riforma degli istituti” di patronato. Prevedeva inoltre per la costituzione di nuovi patronati requisiti di distribuzione territoriale (vedi comma 310) diversi da quelli previsti nella nuova legge e l’adeguamento entro un anno. Il nuovo adeguamento è invece previsto entro il 30.6.2015.

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Le pensioni 2015

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LA PEREQUAZIONE AUTOMATICA DELLE PENSIONI Il decreto del Ministero dell’Economia del 20 novembre 2014, pubblicato in «Gazzetta Ufficiale» il 2 dicembre scorso, ha definito la perequazione automatica definitiva del 2014 e indicato la perequazione automatica provvisoria da applicare nel 2015. L’INPS ha illustrato le disposizioni attuative e allegato le relativa tabella con la circolare n. 1 del 9.1.2015. Il tasso di rivalutazione definitivo per il 2014 è stato del 1,1% invece dell’1,2% provvisorio applicato, mentre per il 2015 l’incremento provvisorio, a causa della brusca frenata dell’inflazione, è stato previsto nella misura esigua dello 0,3%. Vediamo il raffronto sugli importi dei trattamenti pensionistici più ricorrenti. TRATTAMENTI MINIMI, ASSEGNI VITALIZI, PENSIONI E ASSEGNI SOCIALI 2014 Provvisorio

Tratt. minimo Assegni vitalizi

Pensioni sociali Assegni sociali

2014 mensile

€ 501,38

€ 285,79

€ 368,89

€ 447,61

2014 annuo

€ 6.517,94

€ 3.715,27

€ 4.795,57

€ 5.818,93

2014 mensile

€ 500,88

€ 285,51

€ 368,52

€ 447,17

2014 annuo

€ 6.511,44

€ 3.711,63

€ 4.790,76

€ 5.813,21

Definitivo

TRATTAMENTI MINIMI, ASSEGNI VITALIZI, PENSIONI E ASSEGNI SOCIALI 2015 Provvisorio

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Tratt. minimo Assegni vitalizi

Pensioni sociali Assegni sociali

2015 mensile

€ 502,39

€ 286,37

€ 369,63

€ 448,52

2015 annuo

€ 6.531,07

€ 3.722,81

€ 4.805,19

€ 5.830,76

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Attualità Vediamo ora il raffronto per le pensioni che aumentano in percentuale. AUMENTI PER COSTO VITA - provvisori 2014 Fino a 3 volte il TM

1,2%

oltre € 1.486,29 e fino a € 1.488,06 garantiti 1.504,13

Fascia di Garanzia * Oltre 3 e fino a 4 volte il TM

Dal 1° gennaio 2014:

1,08%

0,90%

oltre € 1.981,72 e fino a € 2.477,15 oltre € 2.477,15 e fino a € 2.484,53 garantiti 2.499,44

Fascia di Garanzia * Oltre 5 e fino a 6 volte il TM Oltre a € 2. 972,58

oltre € 1.486,29 e fino a € 1.981,72 oltre € 1.981,72 e fino a € 1.985,25 garantiti 2.003,12

Fascia di Garanzia * Oltre 4 e fino a 5 volte il TM

fino a € 1.486,29

0,60%

oltre € 2.477,15 e fino a € 2.972,58

Importo fisso

Aumento di 17,84

*Le fasce di garanzia sono applicate quando, calcolando la perequazione con la percentuale della fascia, il risultato ottenuto è inferiore al limite della fascia precedente perequato.

AUMENTI PER COSTO VITA (Legge di Stabilità n. 147 del 27 dicembre 2013) Fino a 3 volte il TM

1,1%

oltre € 1.486,29 e fino a € 1.487,10 garantiti 1.502,64

Fascia di Garanzia * Oltre 3 e fino a 4 volte il TM

1,045%

Fascia di Garanzia *

Dal 1° gennaio 2014:

Oltre 4 e fino a 5 volte il TM

0,825%

oltre € 1.981,72 e fino a € 2.477,15 oltre € 2.477,15 e fino a € 2.483,93 garantiti 2.497,59

0,55%

oltre € 2.477,15 e fino a € 2.972,58 oltre € 2.972,58 e fino a € 2.975,85 garantiti 2.988,93

Fascia di Garanzia * Oltre 6 volte il TM

oltre € 1.486,29 e fino a € 1.981,72 oltre € 1.981,72 e fino a € 1.986,05 garantiti 2.002,43

Fascia di Garanzia * Oltre 5 e fino a 6 volte il TM

fino a € 1.486,29

Importo fisso

Aumento di 13,08

*Le fasce di garanzia sono applicate quando, calcolando la perequazione con la percentuale della fascia, il risultato ottenuto è inferiore al limite della fascia precedente perequato. 6 20

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Attualità ESEMPIO l’importo di 1486,30 euro rientra nella seconda fascia con rivalutazione 1,045% ma il risultato che ne deriva è 1501,82, inferiore al triplo del minimo del 2014, quindi entro il limite della fascia viene garantito, nel caso dell’esempio, comunque l’importo del triplo del minimo, e così via per gli scaglioni successivi.

I valori definitivi 2014 tengono conto, oltre che delle percentuali effettivamente accertate di inflazione anche della applicazione della Legge di Stabilità 2014 (147/2013), che aveva previsto nella versione definitiva alcuni criteri diversi rispetto agli importi messi in pagamento dall’INPS il quale aveva aggiornato gli importi sul disegno di legge. Più precisamente un incremento del 95% anzichè del 90% sul secondo scaglione; un incremento del 40% sullo scaglione superiore a sei volte il trattamento minimo che per il 2014 è rimasto sospeso (importo fisso di 13,08 per garantire l’importo di 2.988,93). AUMENTI PER COSTO VITA - provvisori 2015 Fino a 3 volte il TM

0,3%

Fascia di Garanzia * Oltre 3 e fino a 4 volte il TM

oltre € 1.502,64 e fino a € 1.502,87 garantiti 1.507,15 0,285%

Fascia di Garanzia * Dal 1° gennaio 2015:

Oltre 4 e fino a 5 volte il TM

0,225%

oltre € 2.003,52 e fino a € 2.504,40 oltre € 2.504,40 e fino a € 2.506,27 garantiti 2.510,03

0,15%

Fascia di Garanzia * Oltre 6 volte il TM

oltre € 1.502,64 e fino a € 2.003,52 oltre € 2.003,52 e fino a € 2.004,72 garantiti 2.009,23

Fascia di Garanzia * Oltre 5 e fino a 6 volte il TM

fino a € 1.502,64

oltre € 2.504,40 e fino a € 3.005,28 oltre € 3.005,28 e fino a € 3.005,73 garantiti 3.009,79

0,135%

nessun tetto di importo

*Le fasce di garanzia sono applicate quando, calcolando la perequazione con la percentuale della fascia, il risultato ottenuto è inferiore al limite della fascia precedente perequato.

Gli incrementi percentuali di perequazione 2015, sulla base della Legge di Stabilità 2014 (147/2013), non prevedono più alcun tetto sull’ultimo scaglione di incremento del 45% (0,3%*45%= 0,135%).

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Attualità Conguagli Sulle prime rate del 2015 sono trattenute le somme eccedenti erogate nel 2014, sulla base dell’applicazione definitiva del minore incremento.

PRESTAZIONI ASSISTENZIALI Le pensioni e gli assegni agli invalidi civili hanno la stessa rivalutazione delle pensioni (definitva 2014, 1,1%, provvisoria 2015, 0,3%) mentre le indennità hanno un criterio diverso basato sulla percentuale dell’indice delle retribuzioni contrattuali degli operai dell’industria ma su una base di riferimento ridotta stabilita dalla legge. PRESTAZIONI AGLI INVALIDI CIVILI E INDENNITà DI ACCOMPAGNAMENTO 2014-2015 Provvisorio

Ass. invalidità parziale

Ass. inabilità totale

Indennità accompagnamento

2014 mensile

€ 279,19

€ 279,19

€ 504,07

2014 annuo

€ 3.629,47

€ 3.629,47

€ 6.048,84 (12 mens.)

2014 mensile

€ 278,91

€ 278,91

€ 504,07 (12 mens.)

2014 annuo

€ 3.625,83

€ 3.625,83

€ 6.048,84

2015 mensile

€ 279,75

€ 279,75

€ 508,55

2015 annuo

€ 3.636,75

€ 3.636,75

€ 6.102,60 (12 mens.)

Definitivo

Provvisorio

REQUISITI PER IL DIRITTO A PENSIONE NEL 2015 Pensioni vecchiaia: requisiti uomini e donne introdotti dalla “riforma Fornero”

• lavoratrici dipendenti settore privato: 63 anni e 9 mesi (requisito adeguato alle speranze di vita).

A questo riguardo giova rammentare che con questi requisiti le donne nate nei primi tre mesi del 1952 potranno accedere al pensionamento, nella gestione dei lavoratori dipendenti, negli ultimi tre mesi del 2015.

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Attualità Inoltre - anticipando le possibilità di pensionamento del 2016 - ricordiamo la norma eccezionale prevista dalla riforma “Fornero” (comma 15 bis, art. 24 del D.L. 201/2011) per le lavoratrici dipendenti del settore privato che prevede il pensionamento con 64 anni di età. Ciò significa che le donne del 1952, nel 2016 potranno accedere a pensione anche con i requisiti contributivi in deroga sopra richiamati. In questo caso la forte limitazione a questo diritto deriva dall’interpretazione dell’INPS - non condivisibile - che considera lavoratrici dipendenti del settore privato coloro che alla data di entrata in vigore della riforma (28 dicembre 2011) svolgevano materialmente un’attività di lavoro dipendente. Ma quanto meno per le donne che erano in attività lavorativa questa è una opportunità per evitare l’inseguimento dei requisiti oltre i 66 anni di età.

• lavoratrici autonome e gestione separata: 64 anni e 9 mesi

(requisito adeguato alle speranze di vita); lavoratori dipendenti e lavoratrici dipendenti settore pubblico: • 66 anni e 3 mesi (requisito adeguato alle speranze di vita); • lavoratori autonomi e gestione separata: 66 anni e 3 mesi (requisito adeguato alle speranze di vita). Al requisito anagrafico suddetto, si aggiunge quello contributivo: dal 1 gennaio 2012 coloro che al 31 dicembre 1995 sono in possesso di anzianità contributiva, possono ottenere il diritto alla pensione di vecchiaia con un’anzianità contributiva minima di 20 anni. Restano comunque in vigore le deroghe previste dal D.L. 503/92 che permettono a determinate condizioni di accedere alla pensione con 15 anni di contributi. Inoltre è necessario avere presenti le norme di salvaguardia per le quali andava presentata istanza entro il 5 gennaio 2015 - per quanti ovviamente rientravano nel complesso dei casi previsti - sia per accedere con le norme precedenti la riforma (ma valutando attentamente i requisiti previgenti, l’incremento delle aspettative di vita e le “finestre”). (Vedi Bloc Notes 6/2013). Pensione anticipata: requisiti uomini e donne

• Uomini: 42 anni e 6 mesi (requisito adeguato alla speranza di vita). • Donne: 41 anni e 6 mesi (requisito adeguato alla speranza di vita). Pensione di vecchiaia, sistema contributivo Le norme indicate si riferiscono al sistema misto retributivo/contributivo ma vogliamo ricordare anche il diritto col sistema contributivo.

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Attualità I lavoratori e le lavoratrici con primo accredito contributivo successivo al 31.12.1995 possono ottenere la pensione di vecchiaia con il requisito minimo di 20 anni di anzianità contributiva e con gli stessi requisiti di età anagrafica sopra visti. Tuttavia, prima del compimento del 70° anno di età il diritto alla pensione di vecchiaia è subordinato alla condizione che il relativo importo non risulti inferiore a 1,5 volte l’Assegno Sociale. Il c.d. “importo soglia”, per il 2014, era fissato a € 645,00 (valore definitivo) e, per il 2015, è pari a € 672,78. Al compimento del 70° anno di età e 3 mesi, (comprensivo degli incrementi per aspettative di vita) i medesimi lavoratori hanno diritto alla pensione di vecchiaia anche con il possesso di un’anzianità contributiva minima effettiva di 5 anni e prescindendo da qualsiasi requisito di importo minimo. Per contribuzione effettiva deve intendersi la contribuzione obbligatoria, volontaria e da riscatto, con esclusione quindi della contribuzione figurativa.

OPZIONE DONNA Si rammenta che la cosiddetta “opzione donna” è quel particolare regime pensionistico riconosciuto in via sperimentale sino al 31 dicembre 2015 che permette alle sole lavoratrici di accedere alla pensione di anzianità con 35 anni di anzianità contributiva e un’età pari a 57 anni e 3 mesi se si tratta di lavoratrice dipendente, oppure 58 e 3 mesi se autonoma. Secondo la normativa vigente, la data di scadenza del regime sperimentale, il 31 dicembre 2015, è da intendersi come termine ultimo entro cui deve collocarsi la decorrenza del trattamento pensionistico, e non il solo raggiungimento dei requisiti di età e contribuzione, a prescindere dall’apertura della “finestra”. Ciò significa che, per effetto dell’applicazione della decorrenza differita secondo il regime della “finestra mobile”(12 mesi per le lavoratrici dipendenti e 18 per le lavoratrici autonome), il requisito d’età e contribuzione richiesti per l’”Opzione donna” devono essere maturati: per una lavoratrice dipendente del comparto privato (35 anni di contributi e 57 anni e 3 mesi di età) entro il 30 novembre 2014; per una lavoratrice del pubblico impiego (34 anni, 11 mesi e 16 giorni di contribuzione, e 57 anni e 3 mesi di età) da maturarsi entro il 30 dicembre 2014; per le lavoratrici autonome (35 anni di contributi e 58 anni e 3 mesi di età) entro il 31 maggio 2014. A questo scopo col messaggio n. 9231 del 28.11.2014, l’INPS ha precisato tuttavia che per quanto concerne la richiesta di accesso al pensionamento,

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Attualità previa cessazione del rapporto di lavoro, la domanda può essere presentata al momento della decorrenza del trattamento pensionistico. Di conseguenza, ai fini dell’accesso alla pensione di anzianità in regime sperimentale non è richiesta la presentazione della domanda e la cessazione del rapporto di lavoro subordinato alla data di perfezionamento dei requisiti anagrafici e contributivi ma anche successivamente quando - maturati i requisiti - si intende accedere effettivamente al pensionamento beninteso in tempo per fruire dell’ultima scadenza. L’INPS ha inoltre sottoposto all’attenzione del Ministero del Lavoro un parere affinché la data del 31 dicembre 2015 sia considerata come termine per la maturazione dei requisiti e non per la decorrenza della pensione. A favore di tale interpretazione si erano espresse anche le Commissioni lavoro di Camera e Senato con una risoluzione approvata all’unanimità a fine 2013. A nostro avviso è questa l’interpretazione corretta della norma. In tale evenienza la decorrenza sarebbe possibile ovviamente oltre il 2015. Sarà nostra cura ritornare sull’argomento qualora venisse recepito questo orientamento che, contrariamente a quanto indicato da alcuni organi di stampa, non ha ancora trovato alcuna decisione effettiva.

RISORSE WEB www.inps.it

Circolare INPS n. 1 del 9.1.2015 (allegato D.M. 20.11.2014 e Tabelle 2015)

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www.


Attualità

Legge di stabilita 2015 Normative previdenziali

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Illustriamo le principali novità sul versante previdenziale contenute nella Legge di Stabilità 2015, la n. 190 del 23.12.2014 che consta di un solo articolo.

Sospensione delle penalizzazioni per pensionamento prima dei 62 anni (comma 113) Per coloro che accedono alla pensione anticipata con un’età inferiore a 62 anni è prevista l’applicazione di una riduzione percentuale del trattamento pensionistico (c.d. “penalizzazione”). Tale riduzione è pari all’1% annuo per i primi due anni mancanti ai 62 (accesso a pensione dai 60 ai 62 anni), e sale al 2% per ogni ulteriore anno di anticipo qualora si scelga di andare in pensione con un’età inferiore a 60 anni. L’art. 6, comma 2-quater, del D.L. 216/2011 convertito con L. 14/2012 ha tuttavia disposto una sospensione di tale normativa sulla penalizzazione nei confronti dei lavoratori che maturino il requisito contributivo per il diritto alla pensione anticipata entro il 31.12.2017. Per effetto delle modifiche introdotte dalla Legge di Stabilità 2015 (art.1, comma 113), la predetta sospensione opera ora nei seguenti termini: • per le pensioni anticipate liquidate con decorrenza ricompresa entro il 31.12.2014 l’esclusione dalla penalizzazione opera soltanto a condizione che l’anzianità contributiva minima richiesta sia stata maturata considerando solo contribuzione derivante da “prestazione effettiva di lavoro”, includendo ulteriori periodi tassativamente indicati dalla norma: astensione obbligatoria per maternità, servizio militare, malattia, infortunio e cassa integrazione guadagni ordinaria, permessi per donazione sangue ed emo-

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Attualità

componenti, congedi parentali di maternità e paternità ex D.Lgs.151/2001, contribuzione da riscatto ex art. 13 L.1338/62, periodi di effettiva prestazione lavorativa derivanti da totalizzazione estera, ferie, congedi e permessi per handicap ex art. 33 L. 104/92; per le pensioni anticipate da liquidarsi con decorrenza dall’1.1.2015 (e beninteso limitatamente a requisiti maturati entro il 31.12.2017), non si avrà in ogni caso alcuna penalizzazione a prescindere dalla tipologia di contribuzione attraverso la quale viene maturato il diritto. In altri termini, per effetto delle norme di maggior favore introdotte dalla Legge di Stabilità 2015, nei confronti dei soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017 le disposizioni sulla riduzione percentuale delle pensioni anticipate trovano ora una generalizzata sospensione applicabile a tutti i trattamenti liquidati a partire dall’1.1.2015.

Si crea così una situazione di disparità tra quanti hanno avuto accesso alla pensione entro il 2014, i quali potrebbero aver avuto la penalizzazione e quanti accedono a pensione nel 2015/2017 che invece ne sono in ogni caso esenti. Verrà valutata al riguardo la possibilità di proporre contenzioso in merito per quanti hanno subito penalizzazioni negli anni 2012/2014.

Pagamento delle pensioni (comma 302) Il comma 302 prevede dal 2015, un pagamento unificato al 10 di ogni mese, “ove non esistano cause ostative” dei trattamenti pensionistici, degli assegni e pensioni ed indennità di accompagnamento erogate agli invalidi civili e le rendite vitalizie INAIL, nei confronti di beneficiari di più trattamenti. Tutto questo lascia impregiudicato il pagamento al 1° giorno del mese per coloro che hanno uno solo dei predetti trattamenti e lascia altresì impregiudicato il pagamento al 16 di ogni mese per coloro che percepiscono solo un trattamento ex INPDAP. Nel mesi di gennaio non si è avuta alcuna modifica, ma dovremo vedere le disposizioni attuative per i mesi successivi.

Trasmissione telematica dei certificati necroscopici e accrediti delle pensioni post mortem (commi 303 e 304) Il comma 303 pone in carico, al medico che accerta la morte, la trasmissione telematica all’INPS del certificato necroscopico, entro 48 ore dall’evento, come già previsto per i certificati di malattia. Sono estese ai medici le sanzioni

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Attualità già previste per i responsabili delle anagrafi comunali che omettono analogo obbligo verso l’INPS in caso di denuncia di morte. Il comma 304 introduce il principio dell’accredito con riserva nel caso di versamenti successivi alla data di morte su un conto corrente presso un istituto bancario o postale. L’istituto bancario e la società Poste italiane Spa sono tenuti alla loro restituzione all’INPS qualora esse siano state corrisposte senza che il beneficiario ne avesse diritto. L’obbligo di restituzione sussiste nei limiti della disponibilità esistente sul conto corrente e non possono essere utilizzate per l’estinzione di propri crediti da parte degli istitui bancari o delle Poste. Diventa obbligo di legge anche la restituzione delle somme riscosse dai parenti o dalle persone delegate alla riscossione, attraverso il reintegro del conto a favore dell’INPS; diversamente l’istituto bancario e le Poste sono tenute a fornire le generalità della persona beneficiaria o subentrata nella titolarità del conto.

Correttivo alle pensioni liquidate con pro quota contributivo dal 2012 (commi 707, 708, 709) Com’è noto la Riforma Previdenziale di cui all’art. 24 D.L. 6.12.2011 n. 201 convertito in Legge 22.12.2011 n. 214 ha introdotto in via generalizzata, ed in relazione a tutte le anzianità contributive maturate a partire dall’1.1.2012, il sistema di calcolo pensionistico con formula contributiva. Detto sistema era stato già previsto dalla Legge 335/1995 e risultava già applicabile alle seguenti situazioni: • assicurati con prima iscrizione contributiva successiva al 31.12.1995 nel regime dell’Assicurazione Generale Inps e in fondi sostitutivi, esclusivi ed esonerativi: applicazione del sistema di calcolo contributivo sulla totalità della pensione; assicurati in possesso di anzianità contributiva nei suindicati regimi inferiore a 18 anni alla data del 31.12.95: applicazione del sistema di calcolo contributivo in relazione alla quota di pensione derivante dalla contribuzione relativa ai periodi successivi al 31.12.1995; pensioni degli iscritti alla Gestione Separata Inps di cui all’art. 2, comma 26, della Legge 335/95 (co.co pro., liberi professionisti per i quali non è prevista una specifica cassa previdenziale etc…): applicazione del sistema di calcolo contributivo sulla totalità della pensione; assicurati che esercitino l’opzione al sistema contributivo (facoltà esercita• bile da coloro che abbiano meno di 18 anni di contribuzione al 31.12.95, e che siano in possesso di almeno 15 anni di contribuzione complessiva di cui almeno 5 successivi al 31.12.95): applicazione del sistema di calcolo contributivo sulla totalità della pensione;

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Attualità • •

assicurati che chiedano una prestazione in totalizzazione contributiva ex D. Lgs. 42/2006: applicazione del sistema di calcolo contributivo in relazione a tutti i pro quota di contribuzione accreditati nelle gestioni in cui non vengono autonomamente maturati i requisiti pensionistici “ordinari”; lavoratrici che esercitino il diritto a pensione di anzianità contributiva di cui all’art.1, comma 9, L. 243/2004 (c.d. opzione donna): applicazione del sistema di calcolo contributivo sulla totalità della pensione;

La “Riforma Fornero” di cui alla Legge 214/2011 ha quindi esteso il sistema di calcolo contributivo in pro-quota sulle anzianità maturate a partire dall’1.1.2012 nei confronti di tutti i lavoratori a prescindere dall’esercizio di opzione ovvero dalla consistenza della posizione assicurativa acquisita. L’introduzione generalizzata di questa modalità di calcolo ha comportato la possibilità di ottenere un rendimento pensionistico anche in relazione alle anzianità contributive maturate successivamente al 40° anno, con ciò determinando un beneficio precedentemente non previsto. è noto infatti che il sistema di calcolo retributivo comportava uno sbarramento del rendimento pensionistico al limite massimo dei 40 anni di contribuzione, con conseguente generale inutilizzabilità della contribuzione successiva. Il nuovo sistema del contributivo in pro quota, determinando un rendimento da liquidarsi in aggiunta alla quota di pensione retributiva, consentiva quindi una valutazione anche della anzianità contributive maturate successivamente al raggiungimento del limite massimo dei 40 anni per la verità in linea con le disposizioni previgenti che consideravano il tetto dei 40 anni solo in presenza di anzianità maturata in un’unica gestione e con un unico sistema di calcolo. Bisogna tuttavia considerare che il calcolo di pensione contributivo risulta più favorevole del retributivo in relazione a carriere lavorative caratterizzate da retribuzioni più elevate. è questo l’effetto delle c.d. fasce di retribuzione pensionabile, operanti nel solo sistema retributivo, cui corrispondono aliquote di rendimento pensionistico progressivamente decrescenti. Prendendo ad esempio una pensione da liquidarsi nel 2015, ed il rendimento ad essa applicabile in relazione alle anzianità contributive maturate fino al 31.12.1992, il superamento della prima fascia di retribuzione pensionabile (reddito annuo fino a € 46.169) comporta, sulla ulteriore fascia di reddito pari a € 15.235,77 (reddito quindi che si colloca tra € 46.170 e 61.404,77), l’abbattimento della aliquota annua di rendimento dal 2% all’1,5%. E via dicendo con ulteriori abbattimenti su successive fasce di retribuzione fino all’applicazione del rendimento annuo dell’1% su quote di retribuzione eccedenti i 76.640,54 euro annui. Analogo discorso per i rendimenti derivanti dalle anzianità contributive maturate successivamente al 31.12.1992.

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Attualità Il sistema di calcolo contributivo prevede invece un solo massimale della retribuzione contributiva e pensionabile, il quale risulta però applicabile ai soli lavoratori che hanno avuto prima iscrizione contributiva a partire dal 1° gennaio 1996 ed a coloro che esercitano l’opzione per il transito nel sistema contributivo. Massimale che, sempre per l’anno 2015, è fissato ad € 100.424. è chiaro quindi che, evitando pericolose generalizzazioni e quindi richiamando l’opportunità di procedere sempre di volta in volta a specifiche verifiche e calcoli di raffronto, in relazione a tutte quelle pensioni “miste” ordinariamente liquidabili a lavoratori che hanno iniziato la propria carriera assicurativa anteriormente all’1.1.1996 (quelli che giungono quindi a pensione attualmente), e che non esercitano opzione per il sistema contributivo, il possesso di retribuzioni già eccedenti la prima fascia di € 46.169 potrebbe iniziare a comportare un rendimento pensionistico più favorevole con sistema di calcolo in pro quota contributivo rispetto a quello retributivo. La nuova norma introdotta dalla attuale Legge di Stabilità interviene ora a porre un correttivo a tutti questi possibili ed effettivi benefici, e a limitarne quindi consistentemente l’operatività. Con questa viene infatti previsto che, in relazione a tutte le pensioni liquidate e da liquidarsi con pro quota contributivo a partire dall’1.1.2012 (derivanti quindi da posizioni contributive pari ad almeno 18 anni al 31.12.1995), deve essere operato un doppio calcolo sulla base anche delle previgenti regole di calcolo interamente retributivo, e deve essere quindi messo in pagamento il trattamento risultante di importo complessivamente inferiore. Essa si applica, a decorrere dall’1.1.2015, anche a tutte le pensioni già liquidate a partire dall’1.1.2012, e quindi comporterà una possibile riliquidazione dei trattamenti già in atto avente effetto dall’1.1.2015. Ciò che maggiormente dovrà essere chiarito è il termine di confronto che dovrà essere opposto alla pensione liquidata con pro quota contributivo secondo le regole introdotte dalla Riforma Fornero. In relazione a questo la norma infatti parla di trattamento pensionistico che sarebbe stato liquidato con l’applicazione delle regole di calcolo interamente retributive “computando, ai fini della determinazione della misura del trattamento, l’anzianità contributiva necessaria per il conseguimento del diritto alla prestazione, integrata da quella eventualmente maturata fra la data di conseguimento del diritto e la data di decorrenza del primo periodo utile per la corresponsione della prestazione stessa”. Ferma restando la necessità di chiarimenti attuativi da parte dell’INPS riteniamo che la norma faccia riferimento alla necessità di raffrontare il calcolo previsto dalla riforma (per tutti contributivo dal 2012) con il calcolo retributivo previgente ma considerando l’anzianità contributiva necessaria al pensionamento che non è più di 40 anni.

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Attualità Assegno per la nascita di un figlio (commi 125-129) Per ogni figlio nato o adottato tra il 1 gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017 è riconosciuto un assegno di importo pari a 960 euro annui erogato mensilmente (80 euro al mese) a decorrere dal mese di nascita o adozione. L’assegno, è corrisposto fino al compimento del terzo anno di età ovvero del terzo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell’adozione, per i figli di cittadini italiani, dell’Unione Europea o di cittadini extracomunitari con permesso UE di lungo periodo (carta di soggiorno) residenti in Italia in condizione economiche familiari corrispondente ad un valore ISEE di 25.000 euro annui. Il reddito ISEE di 25.000,00 euro in base alle disposizioni che regolamentano questo strumento di accertamento della capacità economica, così come ridefinito dal gennaio 2015 dividendo il reddito complessivo del nucleo familiare, comprendente redditi IRPEF, redditi esenti, redditi derivanti da patrimonio mobiliare ed immobiliare per i coefficienti della scala di equivalenza. Ferma restando la verifica che ciascun nucleo familiare in questa evenienza deve verificare circa il proprio specifico posizionamento ai fini ISEE attraverso un CAF, si rammenta, a titolo di esempio, che i coefficienti della scala di equivalenza di 2 (genitore e figlio), 3 (due genitori che lavorano e un figlio) e 4 componenti (due genitori che lavorano e due figli) sono rispettivamente 1,87, 2,34 e 2,73. Questo significa che il diritto è compatibile, nel medesimo esempio, comprendendo tutte le tipologie di reddito indicate con un reddito del nucleo familiare rispettivamente di 46.750 euro, 58.500 euro, 68.250 euro. In situazione che potremmo definire di povertà, ovvero in presenza di un valore ISEE di 7.000,00 euro determinato con gli stessi criteri, il bonus spettante è raddoppiato. L’assegno, non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini IRPEF di cui all’articolo 8 del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni Anche ai fini della verifica dei limiti di reddito complessivo di cui all’articolo 13, comma 1-bis, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come sostituito dal comma 12 del presente articolo (i famosi 80 euro), non si tiene conto delle somme erogate per questo bonus. In sostanza il bonus bebè, ove con questo si superasse il limite reddituale, non fa perdere il bonus di 80 euro.

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Attualità Il bonus è concesso dall’INPS, a seguiti di domanda, per ciascun figlio nato dal primo gennaio 2015 al 31 dicembre 2017 per la durata di tre anni a seguire, perdurando i requisiti. In ogni caso entro la fine di gennaio 2015 dovrebbe essere emanato il DPCM attuativo.

RISORSE WEB

www.

www. normattiva.it

Legge n. 190 del 23.12.2014

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Attualità

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Decreto flussi 2014

Con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 11 Dicembre 2014, registrato il giorno 18 dicembre 2014 dalla Corte dei Conti, è stata adottata la “Programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori non comunitari per lavoro non stagionale nel territorio dello Stato”. Il Decreto prevede l’ammissione in Italia, per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo, dei cittadini stranieri non comunitari entro una quota complessiva di 17.850 unità compresa la quota di 2.000 unità prevista dal DPCM del 12/03/2014 a titolo di anticipazione per l’ingresso di cittadini di Paesi non comunitari partecipanti all’Esposizione Universale di Milano (EXPO) 2015. Questa quota è così ripartita: • 1.000 cittadini stranieri residenti all’estero che abbiano completato programmi di formazione ed istruzione nei Paesi di origine ai sensi dell’art. 23 del D.Lgs n° 286/1998; • 2.400 cittadini stranieri non comunitari, per lavoro autonomo, residenti all’estero appartenenti alle seguenti categorie: imprenditori di società che svolgono attività di interesse per l’economia italiana e che effettuano un investimento significativo in Italia che sostiene o accresce i livelli di reddito; liberi professionisti riconducibili a professioni vigilate, oppure non regolamentate ma comprese negli elenchi curati dalla Pubblica Amministrazione; titolari di cariche di amministrazione e di controllo di società non cooperative, espressamente previste dalle disposizioni vigenti in materia di visti d’ingresso; artisti di chiara fama internazionale o di alta qualificazione professionale, ingaggiati da enti pubblici oppure da enti privati; cittadini stranieri per la costituzione di imprese “start-up innovative” ai sensi della Legge 17 Dicembre 2012 n. 221, in presenza dei requisiti previsti

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dalla stessa legge e titolari di un rapporto di lavoro di natura autonoma con l’impresa (art.3); 100 cittadini stranieri per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo per lavoratori di origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea diretta di ascendenza, residenti in Argentina, Uruguay,Venezuela e Brasile.

è autorizzata la conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato di: a) 4.050 permessi di soggiorno per lavoro stagionale;

b) 6.000 permessi di soggiorno per studio, tirocinio e/o formazione professionale;

c) 1.000 permessi di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo rilasciati ai cittadini di Paesi terzi da altro Stato membro dell’Unione europea.

è inoltre autorizzata la conversione in permessi di soggiorno per lavoro autonomo di: a) 1.050 permessi di soggiorno per studio, tirocinio e/o formazione professionale;

b) 250 permessi di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, rilasciati ai cittadini di Paesi terzi da altro Stato membro dell’Unione europea.

Riguardo all’ingresso dei lavoratori cittadini di Paesi non comunitari partecipanti all’Esposizione Universale di Milano del 2015, per lavoro subordinato non stagionale (art. 2, comma 2 del DPCM del 12/03/2014), il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno ha predisposto i relativi modelli di domanda EXPO-A, EXPO-D. Le procedure operative sono state diramate per la sola Provincia di Milano con Circolare n. 4663 del 21 Luglio 2014. La pubblicazione del DPCM 11.12.2014 è avvenuta sulla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 29.12.2014. Le domande telematiche potranno essere trasmesse fino al termine di otto mesi dalla data di pubblicazione. Di particolare interesse potranno essere, per quanto riguarda l’attività del Patronato, le pratiche relative alle conversioni.

RISORSE WEB

www.

www.gazzettaufficiale.it

DPCM 11.12.2014 in Gazzetta Ufficiale n. 300 del 29.12.2014 archivio completo, accedi all’elenco, dicembre 2014

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Dossier 6 2014

ISEE 2015

(1 parte)


ISEE 2015

(1 parte)

Col 1° gennaio 2015 è entrato in vigore il nuovo indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) già noto da tempo ma riformulato con disposizioni più stringenti sia nella rilevazione e quantificazione dei redditi rilevanti, sia nell’intento di adottare misure in grado di adeguare lo strumento ad esigenze diverse, precedentemente non previste e lasciate nei fatti alla regolamentazione dei servizi sociali locali, come nel caso dell’individuazione dei redditi rilevanti per le prestazioni socio sanitarie. Uno strumento, quindi, complesso che rientra in modo particolare nella competenza dei CAF, ma che richiede, tuttavia, una conoscenza articolata del nuovo dispositivo anche a livello di sedi e di sportelli del patronato, a cominciare da coloro che si trovano costantemente in prima linea, e quindi, i promotori sociali e gli operatori. Conoscenza necessaria in quanto si tratta di uno strumento che coinvolge anche il Patronato, in particolar modo per la sua rilevanza nella generalità delle prestazioni assistenziali, che sono strettamente collegate a questo nuovo misuratore della capacità economica del beneficiario. Tra tutte, ad esempio, citiamo il recentissimo bonus per i nuovi nati, introdotto dalla legge di stabilità 2015. Uno strumento, quindi, che coinvolge anche il Patronato, ma soprattutto le ACLI, nella loro attività di presidio nel settore delle politiche in materia di servizi sociali locali e di welfare, laddove è necessario esprimere non solo orientamenti politici ma, specialmente, anche competenza nel giudicare l’equità delle rilevazioni reddituali e la loro diretta incidenza sulla possibilità di fruire delle prestazioni sociali agevolate.

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Le nuove disposizioni ISEE - L’ISEE ordinario Premesse normative Art. 5 D.L. 6.12.2011 n. 201, convertito in Legge 22.12.2011 n. 214 L’art. 5 della manovra “Salva Italia” ha rivisto le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’ISEE al fine di: • adottare una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale e che tenga conto delle quote di patrimonio e di reddito dei diversi componenti della famiglia nonchè dei pesi dei carichi familiari, in particolare dei figli successivi al secondo e di persone disabili presenti nel nucleo; • migliorare la capacità selettiva dell’indicatore, valorizzando in misura maggiore la componente patrimoniale sita sia in Italia che all’estero, al netto, nel caso del patrimonio immobiliare, del debito residuo del mutuo stipulato per l’acquisto dello stesso; • permettere una differenziazione dell’indicatore per le diverse tipologie di prestazioni e in presenza di situazioni particolari. Le nuove disposizioni sono state affidate ad un DPCM attuativo che doveva essere emanato entro il 31.5 2012. La norma di legge ha previsto la consultazione delle commissioni parlamentari competenti, ma la Corte Costituzionale (sentenza 297/2012) ha obbligato all’intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni-autonomie locali. Dalla data di attuazione del nuovo ISEE sono abrogate le norme che regolavano il precedente strumento (D.lgs. 31.3.1998 n. 109 e DPCM 7.5.1999 n. 221).

Il DPCM 5.12.2013 n. 159 Il DPCM, emanato nel dicembre 2013, ha dato attuazione alle previsione di legge riformulando ex novo la materia, introducendo le disposizioni innovative ivi previste. Di seguito esplichiamo i contenuti del predetto decreto.

Il decreto interministeriale del 7.11.2014 Col decreto interministeriale del 7 novembre, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 17.11.2014, (S.O. n. 87 alla G.U. n. 267 del 17.11.2014) sono stati approvati i nuovi modelli di dichiarazione sostitutiva unica (DSU), le relative istruzioni e l’attestazione. A 30 giorni dalla sue entrata in vigore e quindi dal 1.1.2015 devono essere applicate le nuove disposizioni. L’INPS ha emanato le proprie istruzioni con Circolare n.171 del 18.12.2014.

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A cosa serve l’ISEE L’ISEE è lo strumento di valutazione, attraverso criteri unificati, della situazione economica di coloro che chiedono prestazioni sociali agevolate e serve per stabilire il diritto o il livello di compartecipazione al costo delle medesime. L’art. 2 del DPCM 159/2013 stabilisce che la determinazione e l’applicazione dell’ISEE costituisce livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’art. 117, secondo comma lettera m) della Costituzione, ovvero lo strumento necessario per ottenere il riconoscimento dei diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale “fatte salve le competenze regionali in materia di normazione, programmazione e gestione delle politiche sociali e socio-sanitarie e ferme restando le prerogative dei comuni”. Innanzi tutto l’ISEE è rilevante per le prestazioni di livello nazionale (anche se concesse dai comuni e comunque erogate dall’INPS) – previste dalla legge – che fanno riferimento a questo strumento, quali:

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assegno al nucleo familiare con almeno tre figli minori; assegno di maternità di base; assegno per la nascita di un figlio (bonus bebè, legge di stabilità 2015).

è in ogni caso prevista la possibilità, in funzione di caratteristiche specifiche delle prestazioni locali, di definire, accanto all’ISEE, criteri ulteriori di selezione volti a identificare specifiche platee di beneficiari. In altri termini potremmo dire che l’ISEE diventa ora una modalità “obbligata” e generalizzata per selezionare il diritto e la compartecipazione alle prestazioni anche se normate a livello regionale e locale, fermo restando la possibilità di livelli selettivi aggiuntivi ma, riteniamo, non alternativi, per particolari prestazioni. La competenza normativa di tipo locale si esercita a valle, dopo l’accertamento delle capacità economiche, in particolare per definire le soglie di accesso e di compartecipazione al costo dei servizi. Questo ruolo del sistema dei servizi sociali dovrà assestare le proprie decisioni alla luce delle risultanze di questo nuovo strumento che misura con variazioni significative il livello della capacità economica dei nuclei familiari. Entrano in gioco a questo punto le risorse di cui le politiche sociali degli enti locali possono disporre e le volontà politiche da esercitare nella programmazionei locale e territoriale.

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Cosa è l’ISEE Come è noto, l’ISE, anche nelle nuove disposizioni, è l’indicatore della situazione economica della famiglia. Esso è la somma dei redditi percepiti e di una quota del 20% del patrimonio mobiliare e immobiliare dei componenti il nucleo familiare. L’SEE è il rapporto tra l’ISE e la scala di equivalenza, ovvero il divisore che tiene conto del numero dei componenti il nucleo e di altri fattori indicati nella scala prevista dallo specifico allegato al DPCM. La nuova normativa ha però introdotto una pluralità di situazioni per le quali è stato individuato un ISEE specifico. Così potremmo dire che si ha una pluralità di ISEE in base all’utilizzo per cui viene predisposto. Si ha un ISEE standard o ordinario per la generalità delle prestazioni sociali agevolate. Un ISEE Università che individua il nucleo familiare effettivo che concorrere a sostenere i costi delle prestazioni per il diritto allo studio universitario. Un ISEE Sociosanitario per l’accesso alle prestazioni socio sanitarie individuando in tal modo a livello generale (a fronte di molti regolamenti comunali che in passato hanno cercato di differenziare queste situazioni dai criteri ISEE standard) un nucleo familiare ristretto in grado di sostenere i costi o la partecipazione ai costi per quelle prestazioni di natura socio sanitaria quali assistenza domiciliare, ecc. per persone con grado di invalidità o di non autosufficienza. Un ISEE Sociosanitario-residenze volto a regolare la considerazione dei redditi ed il tipo di familiari da coinvolgere (compresi i figli non appartenenti al nucleo del beneficiario della prestazione), nei casi di ricoveri in strutture sanitarie residenziali o semi residenziali (RSA, Centri diurni, ecc.) di persone disabili o non autosufficienti. ISEE Minorenni con genitori non coniugati tra loro e non conviventi al fine di prendere in considerazione, per prestazioni agevolate rivolte ai minori non solo il reddito del genitore convivente e del nucleo familiare tradizionale (marito e moglie) ma anche i redditi dell’altro genitore convivente o meno sia per le prestazioni sociali in generale rivolte ai minori che per le prestazioni del diritto allo studio universitario. ISEE corrente. Viene in questo caso normata la possibilità, già presente nella normativa precedente, di definire un ISEE più ravvicinato al momento di richiesta delle prestazioni, quando nei 18 mesi precedenti si sia verifica-

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ta una variazione della situazione lavorativa di un componente del nucleo (ad esempio risoluzione o sospensione di un rapporto di lavoro).

La composizione del nucleo familiare Il nucleo familiare standard di riferimento è quello costituito dai soggetti che compongono la famiglia anagrafica alla data di presentazione della dichiarazione.Rammentiamo per l’esattezza il concetto di famiglia anagrafica come definita dall’art 4, DPR 30.5.1989 n.223 (regolamento anagrafico della popolazione residente).

Agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune. Una famiglia anagrafica può essere costituita da una sola persona

Rispetto a questo, l’art. 3 del DPCM 159/2013 prevede alcune specificità. In particolare: • i coniugi fanno parte dello stesso nucleo familiare anche se hanno diversa residenza anagrafica. In questo caso va scelta di comune accordo la residenza anagrafica del nucleo. In caso di mancato accordo va individuata l’ultima residenza comune ovvero, in assenza, quella del coniuge di maggior durata; anche il coniuge residente all’estero (iscritto nell’AIRE) entra nel nucleo del • coniuge residente in Italia. Il coniuge che ha diversa residenza non rientra nel nucleo soltanto nei seguenti casi: • separazione giudiziale ovvero omologazione della separazione consensuale, ovvero separazione ordinata in attesa di giudizio di nullità del matrimonio; • provvedimento temporaneo ed urgente del giudice nel corso della procedura di separazione; quando il coniuge è stato escluso dalla patria potestà o è stato allontanato; • quando è stata proposta domanda di scioglimento o cessazione degli • effetti civili del matrimonio nei casi di condanne dell’altro coniuge; • quando sussiste abbandono accertato in sede giurisdizionale o dalla pubblica autorità.

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Il figlio minore di 18 anni fa parte del nucleo familiare del genitore col quale convive. Il minore in affidamento preadottivo fa parte del nucleo familiare dell’affidatario anche se risulta nella famiglia dell’altro genitore. Sono considerati nuclei familiari a sé stanti, fatta salva la facoltà del genitore affidatario di considerarlo parte del proprio nucleo, i minori in affido temporaneo. Se il minore in affidamento è collocato presso enti o comunità, è considerato nucleo familiare a sé stante. Sono considerati appartenenti al nucleo familiare, se a carico ai fini IRPEF, solo i figli maggiorenni non conviventi, non coniugati e senza prole. Ove il figlio maggiorenne non convivente sia a carico di entrambi i genitori che non appartengono allo stesso nucleo familiare, lo stesso sceglie di far parte del nucleo di uno dei genitori. Altri soggetti non conviventi, a carico fiscale, non fanno parte del nucleo familiare rilevante. Nei casi di convivenza anagrafiche o coabitazioni per motivi religiosi, di cura di assistenza, militari, ecc. i soggetti in tale condizione fanno nucleo a sé. Se in queste convivenze vi sono dei coniugi, essi costituiscono nucleo a sé stante. Nei casi di convivenza anagrafica, il figlio minorenne fa parte del nucleo del genitore con cui conviveva prima dell’ingresso in convivenza anagrafica, fatto salvo il caso di minore in affidamento e collocato presso comunità poiché in tal caso il minorenne è considerato nucleo familiare a se stante. Se nella stessa convivenza anagrafica vi è un genitore con figlio minore, entrambi fanno parte dello stesso nucleo familiare.

I redditi I redditi formano l’indicatore della situazione reddituale (ISR). Con questa sigla si intende la somma dei redditi di ciascun componente il nucleo familiare. Il reddito di ciascun componente il nucleo è relativo al secondo anno precedente (dichiarazione 2015, reddito 2013) la presentazione della DSU, la dichiarazione sostituiva unica, e si ottene sommando:

a) il reddito complessivo ai fini IRPEF; b) i redditi soggetti a imposta sostitutiva o a ritenuta a titolo d’imposta; 6 20

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ESEMPIO compensi percepiti da soggetti impegnati in lavori socialmente utili, prestazioni di previdenza complementare percepite sotto forma di rendita, redditi da prestazioni degli incaricati alle vendite a domicilio, compensi per incrementi produttività.

c) ogni altra componente reddituale esente da imposta (ogni tipo di reddito esente, nonché i redditi da lavoro dipendente prestato all’estero tassati esclusivamente nello stato estero in base alle vigenti convenzioni contro le doppie imposizioni);

d) i proventi derivanti da attività agricole, svolte anche in forma associata,

per le quali sussiste l’obbligo alla presentazione della dichiarazione IVA; a tal fine va assunta la base imponibile determinata ai fini dell’IRAP, al netto dei costi del personale a qualunque titolo utilizzato;

e) gli assegni per il mantenimento di figli, effettivamente percepiti; f) trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche, laddove non siano già inclusi nel reddito complessivo di cui alla lettera a);

g)

redditi fondiari relativi ai beni non locati soggetti alla disciplina dell’IMU, non indicati nel reddito complessivo ai fini IRPEF. A tal fine i redditi dei fabbricati si assumono rivalutando la rendita catastale del 5 per cento e i redditi dei terreni si assumono rivalutando il reddito dominicale dell’80 per cento. Nell’importo devono essere considerati i redditi relativi agli immobili all’estero non locati soggetti alla disciplina dell’imposta sul valore degli immobili situati all’estero (IVIE);

h) il reddito figurativo delle attività finanziarie, determinato applicando al patrimonio mobiliare complessivo del nucleo familiare (con la sola esclusione dei depositi e conti correnti bancari e postali), il tasso di rendimento medio annuo dei titoli decennali del Tesoro ovvero, ove inferiore, il tasso di interesse legale vigente al 1° gennaio maggiorato di un punto percentuale;

NOTA BENE Per l’individuazione dei beni mobili vedi il capitolo relativo al patrimonio atteso che questi beni, individuati al 31 dicembre dell’anno precedente la dichiarazione ovvero in base alla giacenza media, sono da valutare nell’insieme dei beni patrimoniali ai fini della valutazione del patrimonio nella misura del 20%, mentre il loro rendimento va indicato nei redditi col rendimento sopra indicato.

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i) il reddito lordo dichiarato ai fini fiscali nel paese di residenza da par-

te degli appartenenti al nucleo iscritti nelle anagrafi dei cittadini italiani residenti all’estero (AIRE), convertito in euro al cambio vigente al 31 dicembre dell’anno di riferimento del reddito.

All’ammontare dei redditi come sopra specificati devono essere sottratti fino a concorrenza, sempre con riferimento al secondo anno precedente la dichiarazione:

a)

l’importo degli assegni periodici effettivamente corrisposti al coniuge separato o divorziato secondo il provvedimento dell’autorità giudiziaria considerando anche gli assegni destinati al mantenimento dei figli;

b) l’importo degli assegni periodici effettivamente corrisposti per i figli conviventi con l’altro genitore nel caso in cui non siano coniugati né legalmente separati;

c) fino ad un massimo di 5.000,00 euro di spese sanitarie per disabili, per

l’acquisto di cani guida (non vedenti), per costi di interpretariato (sordi) nonché spese mediche e di assistenza specifica per disabili indicate in dichiarazione dei redditi per le quali spetta detrazione d’imposta o deduzione dal reddito complessivo;

d) l’importo redditi agrari relativi alle attività degli imprenditori agricoli titolari di partita IVA ed obbligati alla presentazione della relativa dichiarazione;

e) fino ad un massimo di 3.000,00 euro per redditi da lavoro dipendente o ad essi assimilati fino al 20% dei redditi medesimi;

f)

fino ad un massimo di 1.000,00 euro per redditi da pensione o trattamento assistenziale pari al 20% dei redditi o dei trattamenti medesimi.

Dalla somma dei redditi sopra indicata, al netto della somma delle detrazioni, pure indicate in precedenza, si sottraggono, fino a concorrenza, le seguenti spese o franchigie riferite al nucleo familiare, riferite in questo caso all’anno precedente (non ai due anni precedenti):

a)

in caso di abitazione in locazione il valore del canone annuo previsto nel contratto di locazione (con indicazione degli estremi di registrazione) per un importo massimo fino a concorrenza di 7.000,00 euro, incrementato di 500,00 euro per ogni figlio convivente successivo al secondo. La detrazione per la casa di abitazione in affitto è alternativa a quella prevista per la casa di abitazione in proprietà.

Altre detrazioni e franchigie per le situazioni di disabilità saranno specificate nella IIa parte del dossier.

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Il patrimonio Per l’individuazione del valore del patrimonio del nucleo familiare (da considerare per il 20%), si sommano per ciascun componente, il valore degli immobili e del patrimonio mobiliare, in modo da ottenere l’indicatore della situazione patrimoniale (ISP). Il patrimonio immobiliare è pari al valore dei fabbricati, delle aree fabbricabili e dei terreni intestati a persone fisiche che non esercitano attività d’impresa, quale definito ai fini IMU al 31 dicembre dell’anno precedente la presentazione della DSU, indipendentemente dal periodo di possesso e da eventuali esenzioni di pagamento della tassa. Il valore IMU, ben più rilevante del valore ICI, si ottiene partendo dalla rendita catastale rivalutata del 5% moltiplicata per i diversi moltiplicatori in base alla categoria del fabbricato (in genere 160 per le abitazioni). Il valore IMU dei terreni agricoli si ottiene moltiplicando il reddito dominicale per 1,15 per 135 (o per 75 se posseduti e condotti da coltivatori). Dal valore dell’immobile si detrae fino a concorrenza l’ammontare del debito residuo del mutuo. Per i nuclei residenti in abitazione di proprietà, il valore della casa di abitazione sopra determinato, al netto del mutuo residuo, non rileva ai fini del calcolo del patrimonio immobiliare se inferiore alla soglia di 52.500,00 euro, soglia incrementata di 2.500,00 euro per ogni figlio convivente successivo al secondo. Se superiore alle predette soglie il valore rileva per 2/3 della parte eccedente. Il patrimonio immobiliare all’estero è pari a quello definito ai fini dell’IVIE riferito al 31 dicembre dell’anno precedente l’inoltro della DSU ed indipendentemente dal periodo di possesso. Anche in questo caso si detrae fino a concorrenza il debito residuo del mutuo per l’acquisto o la costruzione.

Il patrimonio mobiliare Il patrimonio mobiliare è costituito dalle seguenti componenti: • depositi e conti correnti bancari e postali (valore contabile attivo, al lordo degli interessi, al 31 dicembre dell’anno precedente la DSU ovvero il valore della giacenza media annua riferita al medesimo anno). La giacenza media si desume dagli estratti conto; in ogni caso si ottiene moltiplicando per il numero dei giorni l’importo di ogni giacenza invariata e si divide per 365. Ove la giacenza media sia superiore al saldo si indica la giacenza media. Se tuttavia sono stati acquisiti beni immobili o mobili,

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• • • • • •

si può indicare il saldo minore precisando tuttavia quale sia stato l’incremento del patrimonio immobiliare o mobiliare; titoli di stato ed equiparati, obbligazioni, certificati di deposito e credito, buoni fruttiferi ed assimilati nel loro valore nominale alla data del 31 dicembre dell’anno precedente; azioni o quote di organismi di investimento collettivo di risparmio (OICR) italiani ed esteri per i quali va assunto il valore risultante dall’ultimo prospetto risultante alla medesima data del 31 dicembre; partecipazioni azionarie in società italiane ed estere per le quali va assunto il valore alla data del 31 dicembre ovvero il valore del giorno antecedente più prossimo; partecipazioni azionarie in società non quotate in mercati regolamentati e partecipazioni in società non azionarie per le quali va assunto il valore della frazione del patrimonio netto; masse patrimoniali costituite da somme di denaro o beni non relativi all’impresa per le quali va assunto il valore delle consistenze risultanti dall’ultimo rendiconto; altri strumenti e rapporti finanziari per i quali va assunto il valore corrente al 31 dicembre dell’anno precedente, nonché contratti di assicurazione a capitalizzazione o mista sulla vita e di capitalizzazione per i quali va assunto l’importo dei premi complessivamente versati alla medesima data del 31 dicembre al netto di eventuali riscatti. Sono comprese le polizze a premio unico anticipato indicando l’importo del premio versato, sono esclusi i contratti di assicurazione sulla vita per i quali al 31 dicembre non sia esercitabile il diritto di riscatto; il valore del patrimonio netto per le imprese individuali in contabilità ordinaria, ovvero il valore delle rimanenze finali e del costo dei beni ammortizzabili per le imprese individuali in contabilità semplificata.

In caso di cointestazione il valore di questi beni è assunto per la quota di spettanza. Dal valore del patrimonio mobiliare, come sopra indicato si detrae, fino a concorrenza, una franchigia di 6.000,00 euro accresciuta di 2.000,00 euro per ogni componente familiare successivo al primo fino ad un massimo di 10.000,00 euro. La predetta soglia è incrementata di 1.000, euro per ogni figlio successivo al secondo. Poiché i beni mobiliari (ad eccezione depositi e conti correnti bancari e postali) vanno assunti anche nel loro rendimento figurativo ai fini della indicazione della situazione reddituale (come indicato nel capitolo precedente) le franchigie predette non valgono a quel fine. Esse valgono solo per individuare il valore del patrimonio da utilizzare nella sua consistenza al 20%.

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L’ISEE corrente In presenza di un ISEE in corso di validità può essere calcolato un ISEE riferito ad un periodo di tempo più ravvicinato al momento della richiesta della prestazione (evitando di utilizzare il reddito del secondo anno precedente), qualora vi sia una rilevante variazione nell’indicatore. Le condizioni per presentare e far valere un ISEE corrente sono le seguenti: • avere già in corso un ISEE ordinario; • far valere una variazione rilevante nell’attività lavorativa, anche di un solo componente il nucleo; • variazioni reddituali in diminuzione superiori al 25% rispetto alla situazione rilevata nell’ISEE ordinario. La variazione rilevante dell’attività lavorativa per almeno un componente nei 18 mesi precedenti la richiesta della prestazione si riferisce a:

a) lavoratore dipendente a tempo indeterminato per il quale sia intervenuta una risoluzione del rapporto di lavoro o una sospensione dell’attività lavorativa o una riduzione della stessa;

b) lavoratori dipendenti a tempo determinato ovvero impiegati con tipo-

logie contrattuali flessibili che risultano non occupati alla data di prestazione della DSU e che possano dimostrare di essere stati occupati per almeno 120 giorni nei dodici mesi precedenti la conclusione dell’ultimo rapporto di lavoro;

c) lavoratori autonomi non occupati alla data di presentazione della DSU che abbiano cessato la propria attività dopo aver svolto l’attività in via continuativa per almeno dodici mesi.

In queste fattispecie, attraverso la compilazione di apposito modulo, si deve fare riferimento ai seguenti redditi: • redditi da lavoro dipendente, pensione ed assimilati nei dodici mesi precedenti la richiesta della prestazione; • redditi derivanti da attività di impresa o di lavoro autonomo individuati secondo il principio di cassa come differenza tra i ricavi e i compensi percepiti nei dodici mesi precedenti la richiesta di prestazione e le spese sostenute nello stesso periodo per l’esercizio dell’attività; • trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari conseguiti nei dodici mesi precedenti la prestazione. Nel caso di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato cessati, il reddito può essere ottenuto moltiplicando per 6 i redditi conseguiti nei due mesi precedenti la presentazione della DSU.

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I redditi come sopra individuati sostituiscono i redditi dell’indicatore della situazione reddituale ordinaria mentre resta invariato l’indicatore della situazione patrimoniale e la scala di equivalenza. L’ISEE corrente ha validità di due mesi ai fini della richiesta di erogazione delle prestazioni.

La scala di equivalenza La scala di equivalenza è il parametro dal quale, a fronte dell’ISE (valore complessivo dei redditi e del 20% del patrimonio) si ricava l’ISEE (l’Indicatore della situazione economica equivalente). Essa è individuata nell’allegato 1 del DPCM 159/2013 ed è la seguente: I parametri della scala di equivalenza corrispondenti al numero di componenti il nucleo familiare, come definito ai sensi dell’articolo 3, del presente decreto, sono i seguenti: Numero componenti

Parametro

1

1

2

1,57

3

2,04

4

2,46

5

2,85

Il parametro della scala di equivalenza è incrementato di 0,35 per ogni ulteriore componente. Sono inoltre applicate le seguenti maggiorazioni: a) 0,2 in caso di nuclei familiari con tre figli, 0,35 in caso di quattro figli, 0,5 in caso di almeno cinque figli; b) 0,2 per nuclei familiari con figli minorenni, elevata a 0,3 in presenza di almeno un figlio di età inferiore a tre anni compiuti, in cui entrambi i genitori o l’unico presente abbiano svolto attività di lavoro o di impresa per almeno sei mesi nell’anno di riferimento dei redditi dichiarati; c) la maggiorazione di cui alla lettera b) si applica anche in caso di nuclei familiari composti esclusivamente da genitore solo non lavoratore e da figli minorenni; ai soli fini della verifica del requisito di cui al periodo precedente, fa parte del nucleo familiare anche il genitore non convivente, non coniugato con l’altro genitore, che abbia riconosciuto i figli, a meno che non ricorra uno dei casi di cui all’articolo 7, comma 1, lettere dalla a) alla e). Ai fini della determinazione del parametro della scala di equivalenza, qualora tra i componenti il nucleo familiare vi sia un componente per il quale siano erogate prestazioni in ambiente residenziale a ciclo continuativo ovvero un componente in convivenza anagrafica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1989, che non sia considerato nucleo familiare a se stante ai sensi dell’articolo 3, comma 6, tale componente incrementa la scala di equivalenza, calcolata in sua assenza, di un valore pari ad 1.

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La DSU La DSU è la dichiarazione sostituiva unica ovvero l’insieme della modulistica approntata per richiedere e documentare informazioni anagrafiche, redditi e patrimoni all’INPS al fine di ottenere l’attestazione ovvero la dichiarazione della situazione ISEE del nucleo. A seguito della DSU consegue il rilascio dell’attestazione dove si rilevano i contenuti sintetici della DSU ed il valore ISEE finale. La modulistica in oggetto è stata approvata col decreto interministeriale del 7 novembre 2014 sopra richiamato. La DSU ha validità dalla data di presentazione fino al 15 gennaio dell’anno successivo. L’art. 10 del DPCM159/2013 prevede la possibilità di presentare una nuova dichiarazione per far valere mutamenti delle condizioni familiari (ad esempio nascita di un figlio) ed economiche (riteniamo in situazioni diverse da quelle normate dall’ISEE corrente). Gli enti erogatori delle prestazioni possono stabilire gli effetti delle nuove dichiarazioni ed essi stessi possono richiedere DSU aggiornate in caso di variazioni del nucleo familiare ovvero al verificarsi della possibilità di far valere un ISEE corrente. Le informazioni sono limitate ai dati anagrafici ed alle altre molteplici informazioni richieste, mentre i dati complessivi IRPEF ed i trattamenti INPS (assistenziali, previdenziali e indennitari) sono acquisiti direttamente. Il dichiarante indica la situazione anche degli altri componenti il nucleo assumendone la responsabilità civile e penale. Così come l’ISEE si preoccupa di individuare diverse articolazioni di dati per adattare lo strumento a diverse tipologie di prestazioni anche l’attestazione prevede il rilascio di una certificazione di base e diverse certificazioni per le situazioni specifiche (ISEE per studenti universitari, ISEE per residenze socio-sanitarie, ISEE per minori on genitori non conviventi, ecc.). La dichiarazione va presentata all’INPS attraverso vari canali. Quello più frequente è attraverso i centri di assistenza fiscale (CAF). La dichiarazione può essere presentata anche attraverso il Comune ovvero direttamente attraverso l’ente che eroga la prestazione. Il cittadino può inoltrare la richiesta anche personalmente con il proprio PIN. La dichiarazione va trasmessa per via telematica. Tempistica I soggetti incaricati dell’inoltro della dichiarazione all’INPS la inviano entro 4 giorni. Entro il 4° giorno lavorativo successivo a quella della completa e valida ricezione dei dati autocertificati l’INPS attiva le procedure di scambio telematico delle informazioni con l’Agenzia delle Entrate.

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L’attestazione riportante l’ISEE, il contenuto della DSU nonché gli elementi informativi acquisiti dagli archivi amministrativi, è resa disponibile dall’INPS al dichiarante mediante accesso all’area servizi del portale web ovvero mediante posta elettronica certificata o mediante le sedi territoriali entro il secondo giorno lavorativo dall’acquisizione dei dati, ovvero tramite i soggetti incaricati. L’incrocio con i dati dell’anagrafe tributaria serve ad acquisire i dati necessarie alla determinazione ISEE ed anche a rilevare eventuali difformità con i contenuti autodichiarati, ad esempio per il patrimonio mobiliare. In tale evenienze, in assenza di integrazioni o rettifiche, la difformità viene indicata nell’attestazione. Di seguito illustriamo la DSU per l’ISEE ordinario e per l’ISEE corrente. Il legislatore, considerata la complessità delle informazioni richieste, ha predisposto un modello di dichiarazione modulare in modo da distinguere i dati essenziali previsti nelle situazioni più semplici da quelli meno frequenti richiesti in situazioni specifiche.

DSU MINI La DSU Mini si compone dei seguenti moduli. • Modello MB.1 contiene le informazioni relative al nucleo familiare nel suo complesso da autodichiarare, ivi compresi quelli che servono per stabilire la scala di equivalenza da applicare e il tipo di casa di abitazione (proprietà o affitto).

• Modello FC.1 contiene per ciascun familiare (che non sia un minore senza

redditi) il dato anagrafico, la posizione relativa al reddito (lavoratore, pensionato, ecc.), la situazione e gli importi del patrimonio mobiliare, il patrimonio immobiliare ed il relativo valore, i redditi assoggettati ad imposta sostituiva o a ritenuta d’imposta, i redditi esenti (non le prestazioni INPS), i proventi agrari, gli assegni percepiti per coniuge e figli, gli autoveicoli e beni durevoli.

La sottoscrizione della DSU da parte del dichiarante. In caso di impedimento temporaneo, la dichiarazione può essere sottoscritta dal parente (coniuge, figlio, altro parente), ovvero in caso di incapacità dal rappresentante legale. In questo caso sarà necessario indicare, nella sezione specifica, i dati anagrafici della persona che dichiara nell’interesse del soggetto impedito o incapace. In questo caso sarà necessario conservare i documenti di identità di entrambi i soggetti (delegato e delegante). In ogni caso la dichiarazione anche al di fuori dei casi di impedimento può essere resa in proprio da qualunque componente maggiorenne del nucleo.

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La dichiarazione contiene l’informativa sull’uso dei dati personali e sui diritti del dichiarante. L’informativa precisa che i dati saranno oggetto di scambio telematico con l’Agenzia delle entrate per acquisire i dati reddituali e le informazioni presenti nell’Anagrafe tributaria anche al fine di rilevare omissioni o difformità rispetto ai dati autodichiarati per ciascun componente.

DSU INTEGRALE

• Modello MB.1 (come sopra). La serie di altri modelli MB si riferisce a situa• •

zioni particolari che illustreremo nella seconda parte. Modello FC.1 (come sopra). Modello FC.3 (modulo integrativo). Questo modulo va presentato in caso di esonero dalla presentazione della dichiarazione dei redditi (ovvero in caso di sospensione dell’obbligo dichiarazione per eventi eccezionali) ed anche in caso di rilevazione di dati acquisiti direttamente in prima battuta (presso le banche dati INPS o dell’Agenzia delle Entrate) ma rivelatisi inesatti. Se permangono discordanze non giustificate i dati vengono trasmessi alla guardia di Finanza per i controlli del caso. In questo modulo vengono dunque indicati i dati reddituali che si ritengono esatti. Sottoscrizione della DSU come sopra, ed eventualmente sottoscrizione del modello FC.3 integrativo.

DSU ISEE Corrente

• Modello MS Il modello MS indica gli estremi della DSU, a suo tempo pre-

sentata, per la quale si intedono dichiarare redditi aggiornati come sopra illustrato, la variazione della situazione lavorativa, la situazione reddituale aggiornata, la documentazione a corredo da allegare. Sottoscrizione della DSU (come sopra).

RISORSE WEB www.normattiva.it

www.

Art. 5 D.L. n. 201 del 6.12.2011, convertito in Legge n. 214 del 22.12.2011 DPCM n. 159 del 5.12.2013

www.gazzettaufficiale.it Decreto n. 267 del 17.11.2014 (S.O. n. 87) accedi all’elenco, serie generale 2014, novembre.

www.inps.it

Circolare INPS n.171 del 18.12.2014

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Gestione ex ENPALS I Lavoratori dello Spettacolo e gli Sportivi Professionisti

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Il D.L. 6.12.2011 n. 201, convertito in Legge 22.12.2011 n. 214 (riforma Fornero) ha modificato le disposizioni previdenziali relative alla generalità dei lavoratori assicurati all’ex ENPALS (oggi PALS), estendendo anche a questi ultimi i nuovi requisiti di accesso alle prestazioni pensionistiche introdotti per gli iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria dell’INPS. Nei confronti di costoro, a decorrere dal 1 gennaio 2012, sono stati dunque applicati i nuovi requisiti assicurativi, contributivi e anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia e per quella anticipata, relativi agli iscritti nel Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, a prescindere dal fatto che l’attività svolta sia strettamente subordinata od autonoma. Appartengono alla suddetta generalità le seguenti figure professionali: • bandisti; • produttori cinematografici e audiovisivi; • amministratori di formazioni artistiche; • arredatori e costumisti; • truccatori e parrucchieri; • tecnici della produzione cinematografica; • operatori e maestranze; • impiegati di imprese esercenti pubblici spettacoli, audiovisivi, produzione cinematografica e doppiaggio; • impiegati di ippodromi, scuderie, cinodromi e addetti alla ricezione delle scommesse; • impiegati di imprese di spettacoli viaggianti; • addetti agli impianti sportivi; • dipendenti delle case da gioco; • dipendenti da imprese di noleggio film; • tecnici del montaggio; • scenografi.

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News Da tale armonizzazione erano stati esclusi i lavoratori appartenenti alle categorie artistiche strettamente connesse con la produzione e la realizzazione dello spettacolo (indicate all’art.4, commi 2 e 3 del D.lgs 182/97) e gli sportivi professionisti, nei confronti dei quali, fino al 31/12/2013, l’accesso al pensionamento di vecchiaia o di anzianità era rimasto quello fissato dalla precedente normativa. Ora, il DPR 28.10.2013 n. 157 ha modificato anche le condizioni di accesso al pensionamento degli assicurati “non armonizzati” con anzianità contributiva al 31/12/1995. L’intervento ha coinvolto sia il trattamento di vecchiaia che la pensione anticipata, relativamente alle quali, il regolamento ha previsto l’eliminazione della finestra mobile introdotta dall’art.12, commi 1 e 2 del D.L. 78/10 che, dunque dal 1/1/2014, non trova più applicazione. Vediamo in dettaglio come sono stati modificati i requisiti pensionistici delle suddette categorie artistiche che riguardano gli appartenenti ai seguenti gruppi: • gruppo ballo; • gruppo attori; • gruppo conduttori; • gruppo direttori d’orchestra; • gruppo figurazione e moda; • gruppo canto; • gruppo artisti lirici e orchestrali; • gruppo sportivi professionisti.

La pensione di vecchiaia Per il trattamento di vecchiaia è stato introdotto il graduale innalzamento dell’età pensionabile che, tuttavia, anche a regime (dal 1/1/2022), resta comunque inferiore a quella prevista per la generalità degli iscritti all’ex ENPALS. Per gli appartenenti ai gruppi attori, conduttori, direttori d’orchestra, figurazione e moda, cantanti, artisti lirici e orchestrali e per gli sportivi professionisti è stato dunque rivisto il requisito anagrafico per uomini e donne, prevedendo rispettivamente l’elevazione di 1 anno per i primi e (a regime) di 6 anno per le seconde. Per i ballerini invece è stato previsto l’innalzamento di 1 anno per entrambi i sessi. A tutte le categorie sopra indicate resta poi applicata l’aspettativa vita di cui all’art.12 del D.L. 78/10 con i futuri adeguamenti.

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45


News Illustriamo di seguito come opera il meccanismo di elevazione graduale e con l’occasione, quali sono gli altri requisiti di accesso al pensionamento di vecchiaia per i suddetti lavoratori.

Gruppo Ballo Rientrano in tale categoria anche i coreografi. Per costoro il regolamento ha modificato l’art.4, comma 4 del D.lgs. 182/97 prevedendo per uomini e donne un’età pensionabile di 46 anni con le seguenti decorrenze. Gruppo Ballo (Uomini e Donne) Incrementi speranza di vita

Requisito anagrafico con aumento

-

45

3 mesi

45 + 3 mesi

2014

3 mesi

46 + 3 mesi

2015

3 mesi

46 + 3 mesi

2016

7 mesi

46 + 7 mesi

2017

7 mesi

46 + 7 mesi

7 mesi

46 + 7 mesi

2019

11 mesi (*)

46 + 11 mesi

2020

11 mesi (*)

46 + 11 mesi

2021

14 mesi (*)

47 + 2 mesi

2022

14 mesi (*)

47 + 2 mesi

anno 2012 2013

2018

Nuovi limiti di età 45

46

* valori provvisori stimati dal Governo nella relazione tecnica allegata al D.L. 201/2011. Unitamente al suddetto requisito questa categoria accede al pensionamento in presenza di almeno: • 20 anni di iscrizione al Fondo con la qualifica di ballerino o coreografo (sono utili a tal fine anche i contributi ricongiunti ai sensi dell’art.2 della Legge 29/79); 2.400 giornate di contribuzione derivante da lavoro svolto nel ballo (sono • utili a tal fine anche i contributi d’ufficio accreditati ai sensi del comma 15, art.1, del D.lgs 182/97).

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News Gruppo Attori, Conduttori, Direttori d’orchestra, Figurazione e Moda Il regolamento ha sostituito la tabella “C” allegata all’art.4, comma 2, del D.lgs. 182/97. Conseguentemente costoro accedono al pensionamento secondo l’età anagrafica di seguito indicata. Età anagrafica DonnE anno 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022

*

Nuovi Incrementi limiti speranza di età di vita 58

60 61 62 63 64

Requisito anagrafico con aumento

-

Età anagrafica UOMINI Nuovi Incrementi limiti speranza di età di vita 63

Requisito anagrafico con aumento

-

3 mesi

60 + 3 mesi

3 mesi

64 + 3 mesi

3 mesi

60 + 3 mesi

3 mesi

64 + 3 mesi

7 mesi

61 + 7 mesi

7 mesi

64 + 7 mesi

7 mesi

61 + 7 mesi

7 mesi

64 + 7 mesi

7 mesi

61 + 7 mesi

7 mesi

64 + 7 mesi

11 mesi (*)

62 + 11 mesi

11 mesi (*)

64 + 11 mesi

11 mesi (*)

63 + 11 mesi

11 mesi (*)

64 + 11 mesi

14 mesi (*)

64 + 2 mesi

14 mesi (*)

65 + 2 mesi

14 mesi (*)

65 + 2 mesi

14 mesi (*)

65 + 2 mesi

64

valori provvisori stimati dal Governo nella relazione tecnica allegata al D.L. 201/2011

Per questi soggetti l’accesso al pensionamento è condizionato anche al possesso di almeno: • 20 anni di assicurazione (il primo contributo è valido anche se accreditato all’INPS nel F.p.l.d., se relativo al servizio militare, alla maternità, se riscattato o ricongiunto ai sensi dell’art.2 della Legge 29/79); 20 • anni di contribuzione, per l’individuazione dei quali occorre tener presente che fino al 31/12/1992 un anno era coperto con 60 giornate, dal 1/1/1993 al 31/07/1997 con 120 giornate e dal 1/8/1997 in poi con 312 giorni solo se assunti con un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

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News Gruppo Cantanti, Artisti lirici ed Orchestrali Appartengono a questa categoria anche i professori d’orchestra, i coristi, i concertisti e i cantanti di musica leggera nei confronti dei quali il regolamento ha modificato l’art. 4, comma 3 del D.lgs. 182/97. L’accesso al pensionamento risulta pertanto subordinato al perfezionamento dei requisiti anagrafici di seguito indicati. Età anagrafica DonnE anno 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022

*

Nuovi Incrementi limiti speranza di età di vita 55

57 58 59 60 61

Requisito anagrafico con aumento

-

Età anagrafica UOMINI Nuovi Incrementi limiti speranza di età di vita 60

Requisito anagrafico con aumento

-

3 mesi

57 + 3 mesi

3 mesi

61 + 3 mesi

3 mesi

57 + 3 mesi

3 mesi

61 + 3 mesi

7 mesi

58 + 7 mesi

7 mesi

61 + 7 mesi

7 mesi

58 + 7 mesi

7 mesi

61 + 7 mesi

7 mesi

59 + 7 mesi

7 mesi

61 + 7 mesi

11 mesi (*)

59 + 11 mesi

11 mesi (*)

61 + 11 mesi

11 mesi (*)

60 + 11 mesi

11 mesi (*)

61 + 11 mesi

14 mesi (*)

61 + 2 mesi

14 mesi (*)

62 + 2 mesi

14 mesi (*)

62 + 2 mesi

14 mesi (*)

62 + 2 mesi

61

valori provvisori stimati dal Governo nella relazione tecnica allegata al D.L. 201/2011

Anche costoro per ottenere la pensione di vecchiaia devono risultare in possesso di almeno: • 20 anni di assicurazione (il primo contributo è valido anche se accreditato all’INPS nel F.p.l.d., se relativo al servizio militare, alla maternità, se riscattato o ricongiunto con l’art.2 della Legge 20/79); • 20 anni di contribuzione, per l’individuazione dei quali occorre tener presente che fino al 31/12/1992 un anno era coperto con 60 giornate, dal 1/1/1993 al 31/07/1997 con 120 giornate e dal 1/8/1997 con 312 giorni solo se il lavoratore è stato assunto con un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

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News Gruppo Sportivi professionisti In questo caso la modifica ha coinvolto l’art. 3, comma 1 del D.lgs. 166/97. Di conseguenza l’accesso al pensionamento di vecchiaia risulta ora condizionato alle seguenti condizioni anagrafiche. Età anagrafica DonnE anno 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022

Nuovi Incrementi limiti speranza di età di vita 47

49 50 51 52 53

Requisito anagrafico con aumento

-

Età anagrafica UOMINI Nuovi Incrementi limiti speranza di età di vita 52

Requisito anagrafico con aumento

-

3 mesi

49 + 3 mesi

3 mesi

53 + 3 mesi

3 mesi

49 + 3 mesi

3 mesi

53 + 3 mesi

7 mesi

50 + 7 mesi

7 mesi

53 + 7 mesi

7 mesi

50 + 7 mesi

7 mesi

53 + 7 mesi

7 mesi

51 + 7 mesi

7 mesi

53 + 7 mesi

11 mesi (*)

51 + 11 mesi

11 mesi (*)

53 + 11 mesi

11 mesi (*)

52 + 11 mesi

11 mesi (*)

53 + 11 mesi

14 mesi (*)

53 + 2 mesi

14 mesi (*)

54 + 2 mesi

14 mesi (*)

54 + 2 mesi

14 mesi (*)

54 + 2 mesi

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* valori provvisori stimati dal Governo nella relazione tecnica allegata al D.L. 201/2011 Tali lavoratori per accedere al pensionamento di vecchiaia devono poi avere almeno: • 20 anni di assicurazione con la qualifica di sportivo professionista (il primo contributo è utile anche se relativo al servizio militare); • 20 anni di contribuzione con la qualifica di sportivo professionista, per l’individuazione dei quali occorre sapere che fino al 31/12/1992 un anno di contribuzione era coperto con 180 giornate e dal 1/1/1993 in poi con 260 giorni.

La pensione anticipata Come sopra indicato, per le suddette categorie, l’armonizzazione è intervenuta a decorrere dal 1/1/2014. Di conseguenza i lavoratori in possesso entro

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News il 31/12/2013 dei requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla normativa antecedente l’entrata in vigore del DPR 157/13, ai fini del diritto e della decorrenza del trattamento di anzianità, conseguono la prestazione secondo tale normativa (ossia con il sistema delle quote o con i 40 anni di contribuzione e l’applicazione in entrambi i casi della finestra mobile di 12 mesi e dell’aspettativa vita di cui all’art.12 del D.L. 78/10 e successive modificazioni e integrazioni). Per i lavoratori che maturano il diritto alla pensione a decorrere dal 1/1/2014 in poi trovano, invece, applicazione le disposizioni vigenti per la generalità dei lavoratori dipendenti iscritti all’ex ENPALS. Viene dunque eliminata la finestra mobile di accesso al pensionamento e introdotta la prestazione anticipata in presenza dei seguenti requisiti. REQUISITO CONTRIBUTIVO DonnE

REQUISITO CONTRIBUTIVO UOMINI

Incrementi speranza di vita

Requisito anagrafico con aumento

2014

3 mesi

41 + 3 mesi

3 mesi

42 + 3 mesi

2015

3 mesi

41 + 3 mesi

3 mesi

42 + 3 mesi

7 mesi

41 + 7 mesi

7 mesi

42 + 7 mesi

7 mesi

41 + 7 mesi

7 mesi

42 + 7 mesi

7 mesi

41 + 7 mesi

11 mesi (*)

2020

anno

Nuovi limiti di età

2016 2017

41 anni + 3 mesi

Nuovi Incrementi limiti speranza di età di vita

Requisito anagrafico con aumento

41 + 11 mesi

42 7 mesi + 3 mesi 11 mesi (*)

42 + 11 mesi

11 mesi (*)

41 + 11 mesi

11 mesi (*)

42 + 11 mesi

2021

14 mesi (*)

42 + 2 mesi

14 mesi (*)

43 + 2 mesi

2022

14 mesi (*)

42 + 2 mesi

14 mesi (*)

43 + 2 mesi

2018 2019

42 + 7 mesi

* valori provvisori stimati dal Governo nella relazione tecnica allegata al D.L. 201/2011

RISORSE WEB www.normattiva.it

Decreto Presidente della repubblica n. 157 del 28.10.2013

www.inps.it

Circolare INPS n. 36 del 14.3.2012 Circolare INPS n. 86 del 3.7.2014

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www.


News

Fondi pensione: limiti di investimento e conflitti di interesse

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Sul finire dello scorso anno è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il DM 2 settembre 2014, n.166, che detta ai fondi pensionistici complementari il regolamento da seguire in merito ai criteri e ai limiti di investimenti, nonché ai conflitti di interesse: si tratta di un provvedimento che sostituisce il DM 21 novembre 1996, n.703, che fino ad ora aveva dettato disposizioni con riferimento ai medesimi argomenti.

Operazioni e procedure Il DM si applica a tutti i fondi pensione, con alcune eccezioni, in tema di operazioni e limiti agli investimenti, per quanto riguarda i “Pip” (Piani individuali pensionistici), e i fondi pensione “preesistenti”, che gestiscono le attività tramite la stipula di contratti assicurativi di cui ai rami vita I, III e V previsti dal Codice delle assicurazioni private: com’è noto, l’espressione “fondi preesistenti” indica i fondi istituiti prima del 15 novembre 1992. In base a quanto prescritto dal nuovo DM, i fondi, nel rispetto dei principi di sana e prudente gestione, dovranno tendere a ottimizzare il rapporto tra redditività e rischi di portafoglio, scegliendo, in coerenza con le politiche d’investimento adottate, gli strumenti migliori per qualità, liquidabilità, rendimenti e livelli di rischio. A tal fine occorre adottare una adeguata diversificazione del portafoglio per contenere i rischi e ’’la dipendenza del risultato della gestione da determinati emittenti, gruppi di imprese, settori di attività e aree geografiche’’. In tale prospettiva i fondi avranno cura di perseguire risultati ottimizzati dal contenimento dei costi di transazione e di gestione, con particolare riferimento alla complessità e alle caratteristiche del portafoglio.

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News Nel medesimo rispetto dei principi di sana e prudente gestione, i fondi pensione sono tenuti ad effettuare investimenti che presentino profili di rischio coerenti con la dimensione temporale delle passività detenute, nella prospettiva di perseguire l’equilibrio finanziario, privilegiando strumenti con basso grado di rischio, come ad esempio titoli di debito emessi o garantiti da Stati membri dell’Unione europea, o aderenti all’Ocse, ovvero da organismi internazionali pubblici di cui facciano parte uno o più Stati appartenenti all’Unione europea. A tal fine i fondi pensione sono tenuti a dotarsi di strutture organizzative e professionali che siano adeguate alla dimensione dei portafogli, alle politiche di investimento adottate, ai rischi assunti, alle modalità di gestione e alla misura percentuale degli investimenti effettuati in strumenti non negoziati sui mercati regolamentati. In questo senso i fondi avranno cura di adottare procedure di monitoraggio finalizzate al controllo costante dei rischi, avendo presente che la gestione diretta richiede qualifiche professionali capaci di interpretare i rischi specificamente connessi agli strumenti finanziari utilizzati, e di verificare periodicamente il contesto, adottando ove necessario misure correttive. Gli investimenti vanno effettuati in coerenza con gli obiettivi e i criteri definiti con le politiche adottate, anche in relazione ai singoli comparti, verificando con cadenza almeno triennale la coerenza tra le politiche di investimento e gli interessi degli iscritti, ai quali va data esauriente informativa di tali obiettivi e criteri, nonché dei parametri adottati nelle verifiche di gestione, comunicando inoltre alla Covip le modifiche adottate, nonché gli aspetti etici, ambientali, sociali e di governo societario alla base delle attività di investimento. La Covip, dal canto suo, effettua i controlli sull’adeguatezza delle strutture organizzative e professionali, nonché delle azioni di monitoraggio finalizzate al controllo dei rischi.

Investimenti: operazioni e limiti I fondi non possono assumere o concedere prestiti, nè prestare garanzie in favore di terzi, o investire le disponibilità in titoli azionari in misura superiore a determinati limiti. In questo senso è previsto, tra l’altro, l’obbligo per i fondi pensione di effettuare investimenti “in misura predominante su mercati regolamentati”, mantenendo a livelli prudenziali gli investimenti in attività non ammesse su tali mercati. Dopo aver ribadito tali vincoli, il DM precisa che i fondi pensione possono effettuare operazioni di pronti contro termine ed il prestito titoli, ma anche,

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News in coerenza con le politiche di investimento adottate, detenere liquidità, e utilizzare derivati, mentre non sono ammesse vendite allo scoperto, nè operazioni in derivati equivalenti a vendite allo scoperto. Il DM afferma in particolare che il prestito titoli e le operazioni di pronti contro termine vanno realizzati all’interno di un sistema promosso da un “organismo riconosciuto di compensazione e garanzia”, da concludere comunque “con controparti di primaria affidabilità, solidità e reputazione e sottoposte alla vigilanza di un’autorità pubblica”. Per quanto riguarda i derivati, il DM dispone che essi possano essere stipulati solo con l’obiettivo di ridurre rischi di investimento, o per efficientare la gestione, a condizione che vi siano adeguati e coerenti motivi in relazione alle politiche di investimento adottate e alle esigenze degli iscritti. Il fondo è in ogni caso tenuto a valutare costantemente i rischi connessi con l’operatività in derivati e a monitorare l’andamento delle operazioni. Per quanto concerne più specificamente i limiti agli investimenti, il DM ribadisce che le risorse dei fondi pensione vanno investite in misura prevalente in strumenti finanziari negoziati sui mercati regolamentati, con il vincolo di mantenere entro il limite del 30% delle disponibilità complessive del singolo fondo gli investimenti in strumenti finanziari non negoziati su tali mercati, precisando che i depositi bancari si considerano strumenti finanziari negoziati sui mercati regolamentati. Altro vincolo è costituito dall’obbligo, per ciascun fondo, di non superare il limite di investimento del 5% delle disponibilità complessive in strumenti finanziari emessi da uno stesso soggetto, e non più del 10% in strumenti finanziari emessi da soggetti appartenenti a un unico gruppo, nel rispetto di basilari principi di diversificazione degli investimenti: tale vincolo non si applica agli investimenti in quote o azioni di “Oicvm” (organismi di investimento collettivo in valori mobiliari), e altri prodotti similari, nonchè in strumenti finanziari emessi o garantiti da uno Stato membro dell’Unione europea, da uno Stato aderente all’Ocse, o da organismi internazionali di carattere pubblico di cui fanno parte uno o più Stati membri dell’Unione europea. Sono inoltre consentiti investimenti in “Oicr” (organismi di investimento collettivo del risparmio) purchè adeguatamente motivati con riferimento alle caratteristiche dimensionali e alle politiche di investimento del singolo fondo, e a condizione che non si realizzi una concentrazione del rischio, nè vi siano oneri aggiuntivi rispetto a quelli comunicati agli iscritti, e purchè il fondo disponga della struttura professionale per monitorare i rischi.

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News Per quanto riguarda poi l’esposizione valutaria, si precisa che sia contenuta, al netto di coperture attraverso derivati, entro il 30% delle disponibilità complessive. Il DM demanda alla Covip la possibilità di stabilire i casi in cui i limiti posti all’investimento dei fondi pensione possono essere superati per comprovate esigenze del fondo, pur nel rispetto dei criteri di gestione sopra esposti. In ogni caso la Covip può stabilire limiti più stringenti all’operatività dei fondi pensione tenuto conto della situazione economico-patrimoniale e all’adeguatezza della struttura organizzativa dei fondi medesimi. Il DM precisa infine che qualora i fondi pensione abbiano previsto l’articolazione di più comparti, i criteri degli investimenti, e i limiti agli stessi siano ricondotti alle disponibilità complessive dei singoli comparti, pur nel rispetto dei limiti riferiti alle disponibilità dell’intero fondo pensione.

Fondi negoziali e conflitti di interesse Il DM afferma innanzi tutto che gli amministratori dei fondi pensione negoziali, nell’adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo Statuto, devono perseguire l’interesse degli aderenti e dei beneficiari delle prestazioni pensionistiche. Il DM dispone quindi che i consigli di amministrazione dei fondi negoziali adottino le misure necessarie per evitare che gli iscritti e i beneficiari delle prestazioni possano subire danni da eventuali conflitti di interesse provocati da soggetti interni o esterni al fondo, in rapporto agli incarichi assunti da tali soggetti per conto dei fondi stessi. A tal fine, i consigli di amministrazione dei fondi sono tenuti a trasmettere alla Covip un documento contenente le misure da attivare per individuare le possibili cause di conflitti di interesse, e le modalità per gestire tali conflitti.

Fondi aperti e Pip, e conflitti di interesse Anche in questo caso, il DM ribadisce che gli amministratori dei fondi aperti e dei Pip hanno innanzi tutto l’obbligo di perseguire l’interesse degli aderenti e dei beneficiari delle prestazioni pensionistiche. Le società e gli enti che hanno istituito fondi aperti o Pip sono quindi tenuti a predisporre misure adeguate per identificare e gestire conflitti di interesse che possano riferirsi alle società o agli enti medesimi, o comunque a soggetti

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News esterni che prestano attività per loro conto, con particolare riferimento ai conflitti che potrebbero insorgere con imprese appartenenti al loro gruppo; nel caso di fondi aperti ad adesioni collettive, le misure andranno estese anche ai soggetti obbligati ai versamenti contributivi a favore degli iscritti a tali fondi. Anche in questo caso il DM dispone che società ed enti promotori di fondi pensione aperti e forme individuali riportino in uno specifico documento, da trasmettere alla Covip, le condizioni che potrebbero condurre a conflitti di interesse, nonché le azioni da seguire per identificare e gestire tali conflitti: nell’ipotesi in cui tali azioni non siano ritenute sufficienti, occorre darne tempestiva comunicazione alla Covip. Il DM precisa infine che lo svolgimento di funzioni di amministrazione, direzione e controllo di un fondo pensione sono incompatibili con la prestazione di analoghe funzioni nel soggetto gestore convenzionato, o nel soggetto depositario, come pure in altre società di gruppi ai quali appartengono il gestore convenzionato e il soggetto depositario.

RISORSE WEB

www.

www.normattiva.it

DM Ministero Economia e Finanze n. 166 del 2.9.3014

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News

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Patologia dell apparato muscoloscheletrico Infortuni e malattie professionali

Premessa Il sistema assicurativo delle malattie professionali, così come la tassatività dell’elenco delle malattie professionali tutelate, è previsto dal D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 che ha approvato il Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Il Testo Unico prevede che sia riconosciuta per legge la tutela assicurativa alle tecnopatie elencate in apposite liste o tabelle a condizione che le stesse si manifestino nell’esercizio e a causa delle lavorazioni espressamente indicate ed entro il termine massimo dalla cessazione dell’esposizione previsto sempre in tali liste. Questo sistema, definito “sistema tabellare”, con elencazione delle malattie professionali tipiche e delle relative lavorazioni morbigene, comporta il vantaggio per il lavoratore della presunzione legale riguardo l’origine professionale della malattia contratta, spettando eventualmente all’Istituto assicuratore (INAIL) l’onere della prova contraria. Una grande innovazione in materia di tutela delle malattie professionali è stata però determinata dall’intervento nel 1988 della Corte Costituzionale. Con la sentenza n. 179 del 10 febbraio 1988 [9], la Corte Costituzionale ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale del sistema di tutela laddove non viene previsto che l’assicurazione (e quindi l’indennizzo) è obbligatoria anche per malattie diverse da quelle comprese nelle tabelle, sempreché si tratti di malattie per le quali sia provata la causa di lavoro.

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News Con tale pronuncia della Corte, si è passati quindi da un “sistema chiuso” ad un “sistema misto”, che consente l’ammissione alla tutela assicurativa di ogni malattia di cui venga dimostrata dal lavoratore l’origine lavorativa: per le malattie non tabellate, l’onere della prova sarà a carico del lavoratore, il quale dovrà dimostrare che la patologia dalla quale è affetto è dipendente dalle lavorazioni alle quali è o è stato addetto, mentre per le malattie tabellate la tutela è automatica. Nel corso degli anni il numero delle malattie riconosciute per legge e delle attività lavorative protette e delle persone tutelate è stato progressivamente ampliato. Di seguito una prima illustrazione di patologie da infortunio o malattia professionale - a cura della dott.ssa Benedetta Spiga e del servizio Tutela Salute e Disabilità - che ove non rientrante nello schema tabellare (ad esempio voce 78 della tabella MP industria e voce 23 della tabella MP agricoltura) può comunque essere oggetto di denuncia come malattia non tabellata.

La patologia Le patologie a carico dell’apparato muscoloscheletrico e i disturbi che ne conseguono sono una delle cause più frequenti di assenza dal lavoro e derivano spesso da infortuni che avvengono durante lo svolgimento dell’attività lavorativa o si configurano come vere e proprie malattie professionali. I lavori maggiormente implicati con la comparsa di queste patologie sono, appunto, quelli particolarmente faticosi ed “usuranti” per le varie sedi corporee utilizzate nello svolgimento, lavori nel corso dei quali compaiono fattori di rischio e fattori complementari di rischio. Fattori di rischio: • prolungata durata del compito lavorativo; • frequenza e/o ripetitività delle azioni lavorative; • elevata forza impiegata; • postura incongrua; • tempi di recupero insufficienti; • tipo di presa non adeguato. Fattori complementari di rischio: • alta precisione; • compressioni localizzate delle strutture anatomiche; • uso di dispositivi individuali incongrui (guanti, calzature, ecc.); • uso di attrezzature di lavoro non ergonomiche;

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News • esposizione a freddo; • azioni che implicano contraccolpi; • uso di strumenti vibranti. I disturbi lamentati sono di vario tipo: dolore, sensazione di fastidio, rigidità articolare, intorpidimento, alterazione della sensibilità, nonché deficit funzionali con difficoltà nel compiere i movimenti e riduzione della forza. Una delle sedi corporee maggiormente coinvolte nello sviluppo di tali patologie è senz’altro la spalla che può essere definita come la struttura tramite la quale l’arto superiore si articola con il tronco. è composta da:

1) ossa: scapola, clavicola e parte prossimale dell’omero; 2) muscoli e strutture capsulo legamentose: trapezio, infraspinato, grande

pettorale, deltoide e i muscoli i cui tendini danno origine alla “cuffia dei rotatori” sovraspinato (superiormente), sottoscapolare (anteriormente), sottospinato e piccolo rotondo (posteriormente).

Numerose attività lavorative sono associate al sovraccarico biomeccanico della spalla e dell’arto superiore in generale alla comparsa di patologie acute e croniche. Le lavorazioni maggiormente interessate sono: • montaggio, assemblaggio, microassemblaggio su linea; • preparazioni manuali, confezionamento, imballaggi, ecc. su linea; • levigatura e/o sbavatura e/o rifinitura ecc. manuale e/o con strumenti vibranti nella lavorazione del legno, plastica, ceramica, ecc.; approvvigionamento e/o scarico su linea o macchina (torni, frese, presse, • macchine da stampa, macchine tessili, filatoi, ecc.) per il trattamento superficiale di manufatti (in metallo, legno, resine, plastica, stoffa, ecc.); operazioni di cernita, selezione con uso degli arti superiori (ad esempio • nell’industria ceramica, del bottone, alimentare, ecc.); • operazioni di taglio manuale o con taglierine elettriche, cucitura manuale e/o a macchina, orlatura e altre rifiniture, stiratura a mano o con presse nel settore abbigliamento, nelle lavanderie, nell’industria calzaturiera e pelletterie, ecc.; lavorazione delle carni: macellazione, taglio e confezionamento; • lavorazioni a ritmi prefissati e/o con obiettivi; • decorazione, rifinitura su tornio; •

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News • uso di martello o mazza per almeno 1/3 del turno di lavoro; • uso di badile per almeno 1/3 del turno di lavoro; • uso di attrezzi manuali che comportano uso di forza (leve, pinze, tenaglie,

taglierini, raschietti, punteruoli, ecc.); scultura, incisione, taglio manuale di marmi, pietre, metalli, legni, ecc.; • lavorazioni con operazioni di taglio manuale (coltelli, forbici, ecc.); • operazioni di posatura (pavimenti, tegole, ecc.); • lavoro al videoterminale (limitatamente ad operazioni di data-entry, cad• cam, grafica); • imbiancatura, verniciatura, stuccatura, raschiatura ecc. nel trattamento di superfici; lavorazioni con uso di strumenti vibranti quali mole, frese, martelli, scalpelli • pneumatici, ecc.; • alcune lavorazioni agricole e/o di allevamento bestiame, quali potatura, raccolta e cernita, tosatura, mungitura, sessatura pollame, ecc.; musicista professionista; • massofisioterapista; • • parrucchiere; • addetti a cucine e ristorazione collettiva; • addetti alle pulizie quando l’attività sia svolta con continuità per buona parte della giornata lavorativa. Le patologie che compaiono più frequentemente sono: • tendinite della cuffia dei muscoli rotatori; • rottura della cuffia dei rotatori; • tendiniti calcifiche; • capsulite adesiva o “spalla congelata”; • tendinite del capo lungo del m. bicipite: • patologia degenerativa dell’articolazione acromion-claveare o di quella gleno-omerale.

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Bloc Notes è stampato su carta Fedrigoni “Symbol Freelife Satin” certificata con Marchio Europeo di Qualità Ecologica Ecolabel Rif. Nr. It/011/04




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